Discorsi 2005-13 24040

A S.E. IL SIGNOR CHARLES GHISLAIN, AMBASCIATORE DEL BELGIO PRESSO LA SANTA SEDE Sabato 24 aprile 2010

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Signor Ambasciatore,

Sono lieto di accoglierla in questa circostanza della presentazione delle Lettere che l'accreditano come Ambasciatore straordinario e plenipotenziario del Belgio presso la Santa Sede. La ringrazio delle parole che mi ha rivolto. A mia volta, le chiedo di voler cortesemente esprimere a Sua Maestà Alberto ii, Re del Belgio, che recentemente ho potuto salutare di persona, i miei voti cordiali per la Sua Persona, nonché per la felicità e il successo del popolo belga. Attraverso di lei saluto anche il Governo e tutte le autorità del Regno.

Il suo Paese ha vissuto, all'inizio di quest'anno, le due tragedie dolorose di Liegi e di Buizingen. Desidero rinnovare alle famiglie colpite e alle vittime le assicurazioni della mia vicinanza spirituale. Queste catastrofi ci fanno misurare la fragilità dell'esistenza umana e la necessità, per proteggerla, di una coesione sociale autentica, che non indebolisca la legittima diversità delle opinioni. Essa si basa sulla convinzione che la vita e la dignità umane costituiscono un bene prezioso che occorre difendere e promuovere con decisione, appoggiandosi al diritto naturale. Da molto tempo, la Chiesa s'inscrive pienamente nella storia e nel tessuto sociale della sua nazione. Desidera continuare a essere un fattore di armoniosa convivenza fra tutti. A questo contribuisce in modo molto attivo, specialmente attraverso le sue numerose istituzioni educative, le sue opere di carattere sociale e l'impegno volontario di tantissimi fedeli. La Chiesa è quindi lieta di mettersi al servizio di tutte le componenti della società belga.

Tuttavia, non pare inutile sottolineare che essa ha, in quanto istituzione, il diritto di esprimersi pubblicamente. Lo condivide con tutti gli individui e tutte le istituzioni, al fine di dire il suo parere sulle questioni di interesse comune. La Chiesa rispetta la libertà di tutti di pensarla in modo diverso da lei; le farebbe anche piacere che venisse rispettato il suo diritto d'espressione. La Chiesa è depositaria di un insegnamento, di un messaggio religioso che ha ricevuto da Cristo Gesù. Può essere riassunto con le seguenti parole della Sacra Scrittura: "Dio è amore" (
1Jn 4,16) e proietta la sua luce sul senso della vita personale, familiare e sociale dell'uomo. La Chiesa, avendo come obiettivo il bene comune, non chiede altro che la libertà di poter proporre questo messaggio, senza imporlo a nessuno, nel rispetto della libertà delle coscienze.

È nutrendosi di questo insegnamento ecclesiale in modo radicale che Giuseppe de Veuster è divenuto colui che ormai viene chiamato "San Damiano". L'eccezionale destino di quest'uomo mostra fino a che punto il Vangelo suscita un'etica amica della persona, soprattutto se essa è nel bisogno o emarginata. La canonizzazione di questo sacerdote e la fama universale di cui gode è un motivo di legittimo orgoglio per il popolo belga. Questo personaggio attraente non è frutto di un percorso solitario. È bene ricordare le radici religiose che hanno alimentato la sua educazione e la sua formazione, nonché i pedagoghi che hanno risvegliato in lui quella ammirevole generosità. Essa gli farà condividere la vita emarginata dei lebbrosi, fino ad esporsi al male di cui soffrono. Alla luce di simili testimoni, tutti possono capire che il Vangelo è una forza di cui non c'è ragione di avere paura. Sono convinto che, malgrado gli sviluppi sociologici, l'humus cristiano sia ancora ricco nella sua terra. Può nutrire generosamente l'impegno di un numero crescente di volontari che, ispirati dai principi evangelici di fraternità e di solidarietà, accompagnano le persone che vivono delle difficoltà e che, per questa ragione, hanno bisogno di essere aiutate.

Il suo Paese, che già accoglie la sede delle Istituzioni comunitarie, ha visto riaffermare ancora una volta la sua vocazione europea attraverso la scelta di uno dei suoi connazionali come presidente del Consiglio Europeo. Certamente queste scelte successive non sono legate solamente alla posizione geografica del suo Paese e al suo multilinguismo. Membro del nucleo originale dei Paesi fondatori, la sua nazione ha dovuto impegnarsi e distinguersi nella ricerca di un consenso in situazioni molto complesse. Questa qualità deve essere incoraggiata al momento di affrontare, per il bene di tutti, le sfide interne del Paese. Desidero oggi sottolineare che, per dare frutto a lungo termine, l'arte del consenso non si riduce a una capacità puramente dialettica, ma deve ricercare il vero e il bene. Perché "senza verità, senza fiducia e amore per il vero, non c'è coscienza e responsabilità sociale, e l'agire sociale cade in balia di privati interessi e di logiche di potere, con effetti disgregatori sulla società, tanto più in una società in via di globalizzazione, in momenti difficili come quelli attuali" (Caritas in veritate ).

Approfittando del nostro incontro, desidero salutare calorosamente i vescovi del Belgio, che avrò il piacere di accogliere molto presto in occasione della loro visita ad limina Apostolorum. Il mio pensiero va in particolare a Sua Eccellenza monsignor Léonard che, con entusiasmo e generosità, ha iniziato da poco la sua nuova missione di arcivescovo di Malines-Bruxelles. Desidero anche salutare i sacerdoti del suo Paese, nonché i diaconi e tutti i fedeli che costituiscono la comunità cattolica belga. Li invito a testimoniare con audacia la loro fede. Nei loro impegni nella società, facciano valere pienamente il loro diritto di proporre valori che rispettino la natura umana e che corrispondano alle aspirazioni spirituali più profonde e autentiche della persona!

Nel momento in cui assume ufficialmente le sue funzioni presso la Santa Sede, formulo i migliori auspici per il felice svolgimento della sua missione. Sia certo, Signor Ambasciatore, di trovare sempre presso i miei collaboratori un'attenzione e una comprensione cordiali. Invocando l'intercessione della Vergine Maria e di san Damiano, prego il Signore di effondere generose benedizioni su di lei, sulla sua famiglia e sui suoi collaboratori, nonché sul popolo belga e sui suoi governanti.






AI PARTECIPANTI AL CONVEGNO NAZIONALE "TESTIMONI DIGITALI. VOLTI E LINGUAGGI NELL’ERA CROSSMEDIALE", PROMOSSO DALLA CEI Sabato, 24 aprile 2010

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Eminenza,
Venerati Confratelli nell’episcopato,
cari amici,

sono lieto di questa occasione per incontrarvi e concludere il vostro convegno, dal titolo quanto mai evocativo: “Testimoni digitali. Volti e linguaggi nell’era crossmediale”. Ringrazio il Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, Cardinale Angelo Bagnasco, per le cordiali parole di benvenuto, con le quali, ancora una volta, ha voluto esprimere l’affetto e la vicinanza della Chiesa che è in Italia al mio servizio apostolico. Nelle sue parole, Signor Cardinale, si rispecchia la fedele adesione a Pietro di tutti i cattolici di questa amata Nazione e la stima di tanti uomini e donne animati dal desiderio di cercare la verità.

Il tempo che viviamo conosce un enorme allargamento delle frontiere della comunicazione, realizza un’inedita convergenza tra i diversi media e rende possibile l’interattività. La rete manifesta, dunque, una vocazione aperta, tendenzialmente egualitaria e pluralista, ma nel contempo segna un nuovo fossato: si parla, infatti, di digital divide. Esso separa gli inclusi dagli esclusi e va ad aggiungersi agli altri divari, che già allontanano le nazioni tra loro e anche al loro interno. Aumentano pure i pericoli di omologazione e di controllo, di relativismo intellettuale e morale, già ben riconoscibili nella flessione dello spirito critico, nella verità ridotta al gioco delle opinioni, nelle molteplici forme di degrado e di umiliazione dell’intimità della persona. Si assiste allora a un “inquinamento dello spirito, quello che rende i nostri volti meno sorridenti, più cupi, che ci porta a non salutarci tra di noi, a non guardarci in faccia…” (Discorso in Piazza di Spagna, 8 Dicembre 2009). Questo Convegno, invece, punta proprio a riconoscere i volti, quindi a superare quelle dinamiche collettive che possono farci smarrire la percezione della profondità delle persone e appiattirci sulla loro superficie: quando ciò accade, esse restano corpi senz’anima, oggetti di scambio e di consumo.

Come è possibile, oggi, tornare ai volti? Ho cercato di indicarne la strada anche nella mia terza Enciclica. Essa passa per quella caritas in veritate, che rifulge nel volto di Cristo. L’amore nella verità costituisce “una grande sfida per la Chiesa in un mondo in progressiva e pervasiva globalizzazione” (n. 9). I media possono diventare fattori di umanizzazione “non solo quando, grazie allo sviluppo tecnologico, offrono maggiori possibilità di comunicazione e di informazione, ma soprattutto quando sono organizzati e orientati alla luce di un’immagine della persona e del bene comune che ne rispetti le valenze universali” (n. 73). Ciò richiede che “essi siano centrati sulla promozione della dignità delle persone e dei popoli, siano espressamente animati dalla carità e siano posti al servizio della verità, del bene e della fraternità naturale e soprannaturale” (ibid.). Solamente a tali condizioni il passaggio epocale che stiamo attraversando può rivelarsi ricco e fecondo di nuove opportunità. Senza timori vogliamo prendere il largo nel mare digitale, affrontando la navigazione aperta con la stessa passione che da duemila anni governa la barca della Chiesa. Più che per le risorse tecniche, pur necessarie, vogliamo qualificarci abitando anche questo universo con un cuore credente, che contribuisca a dare un’anima all’ininterrotto flusso comunicativo della rete.

È questa la nostra missione, la missione irrinunciabile della Chiesa: il compito di ogni credente che opera nei media è quello di “spianare la strada a nuovi incontri, assicurando sempre la qualità del contatto umano e l’attenzione alle persone e ai loro veri bisogni spirituali; offrendo agli uomini che vivono questo tempo «digitale» i segni necessari per riconoscere il Signore” (Messaggio per la 44a Giornata mondiale delle comunicazioni sociali, 16 maggio 2010). Cari amici, anche nella rete siete chiamati a collocarvi come “animatori di comunità”, attenti a “preparare cammini che conducano alla Parola di Dio”, e ad esprimere una particolare sensibilità per quanti “sono sfiduciati ed hanno nel cuore desideri di assoluto e di verità non caduche” (ibid.). La rete potrà così diventare una sorta di “portico dei gentili”, dove “fare spazio anche a coloro per i quali Dio è ancora uno sconosciuto” (ibid.).

Quali animatori della cultura e della comunicazione, voi siete segno vivo di quanto “i moderni mezzi di comunicazione siano entrati da tempo a far parte degli strumenti ordinari, attraverso i quali le comunità ecclesiali si esprimono, entrando in contatto con il proprio territorio ed instaurando, molto spesso, forme di dialogo a più vasto raggio” (ibid.). Le voci, in questo campo, in Italia non mancano: basti qui ricordare il quotidiano Avvenire, l’emittente televisiva TV2000, il circuito radiofonico inBlu e l’agenzia di stampa SIR, accanto ai periodici cattolici, alla rete capillare dei settimanali diocesani e agli ormai numerosi siti internet di ispirazione cattolica. Esorto tutti i professionisti della comunicazione a non stancarsi di nutrire nel proprio cuore quella sana passione per l’uomo che diventa tensione ad avvicinarsi sempre più ai suoi linguaggi e al suo vero volto. Vi aiuterà in questo una solida preparazione teologica e soprattutto una profonda e gioiosa passione per Dio, alimentata nel continuo dialogo con il Signore. Le Chiese particolari e gli istituti religiosi, dal canto loro, non esitino a valorizzare i percorsi formativi proposti dalle Università Pontificie, dall’Università Cattolica del Sacro Cuore e dalle altre Università cattoliche ed ecclesiastiche, destinandovi con lungimiranza persone e risorse. Il mondo della comunicazione sociale entri a pieno titolo nella programmazione pastorale.

Mentre vi ringrazio del servizio che rendete alla Chiesa e quindi alla causa dell’uomo, vi esorto a percorrere, animati dal coraggio dello Spirito Santo, le strade del continente digitale. La nostra fiducia non è acriticamente riposta in alcuno strumento della tecnica. La nostra forza sta nell’essere Chiesa, comunità credente, capace di testimoniare a tutti la perenne novità del Risorto, con una vita che fiorisce in pienezza nella misura in cui si apre, entra in relazione, si dona con gratuità.

Vi affido alla protezione di Maria Santissima e dei grandi Santi della comunicazione e di cuore tutti vi benedico.




PRANZO CON I MEMBRI DEL COMITATO "VOX CLARA" Casina Pio IV Mercoledì 28 aprile 2010

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Cari Fratelli Vescovi,
Membri e Consiglieri
del Comitato Vox Clara,
Reverendi Padri,

vi ringrazio per l'opera che Vox Clara ha compiuto negli ultimi otto anni, assistendo e consigliando la Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti nell'adempimento delle sue responsabilità relativamente alle traduzioni in inglese di testi liturgici. Si è trattato di un'impresa veramente collegiale. Non solo fra i membri del Comitato sono rappresentati tutti i cinque continenti, ma siete stati assidui nel trarre contributi dalle Conferenze episcopali nei territori anglofoni in tutto il mondo. Vi ringrazio per il grande impegno profuso nel vostro studio delle traduzioni e nell'elaborazione dei risultati delle numerose consultazioni fatte. Ringrazio gli esperti per aver offerto i frutti del loro studio al fine di rendere un servizio alla Chiesa universale. Ringrazio i Superiori e i Funzionari della Congregazione per la loro faticosa opera quotidiana di supervisione della redazione e della traduzione di testi che proclamano la verità della nostra redenzione in Cristo, il Verbo Incarnato di Dio.

Sant'Agostino ha parlato in modo molto bello del rapporto fra Giovanni Battista, la vox clara che risuonava sulle sponde del Giordano, e la Parola che annunciava. Una voce, diceva, serve a condividere con chi ascolta il messaggio che è già nel cuore di chi parla. Una volta pronunciata la parola, essa è presente nel cuore di entrambi e quindi la voce, dopo aver svolto il suo compito, può svanire (cfr Sermone 293). Accolgo con favore la notizia che la traduzione inglese del Messale Romano sarà presto pronta per la pubblicazione cosicché i testi che avete faticato tanto a preparare possano essere proclamati nella liturgia che si celebra nel mondo anglofono. Attraverso questi testi sacri e le azioni che li accompagnano, Cristo sarà reso presente e attivo fra la sua gente. La voce che ha contribuito a far scaturire queste parole avrà completato il suo compito.

Poi si presenterà un nuovo compito, che non rientra nelle competenze dirette di Vox Clara, ma che, in un modo o nell'altro, coinvolgerà tutti voi, il compito di preparare la ricezione della nuova traduzione da parte del clero e dei fedeli laici. Molti troveranno difficile adattarsi a testi insoliti dopo quasi quarant'anni di uso costante della traduzione precedente. Il cambiamento dovrà essere introdotto con la dovuta sensibilità e l'opportunità di catechesi che esso presenta dovrà essere colta con fermezza. Prego affinché in questo modo venga evitato qualsiasi rischio di confusione o disorientamento e il cambiamento serva invece come trampolino per un rinnovamento e per un approfondimento della devozione eucaristica in tutto il mondo anglofono.

Cari Fratelli Vescovi, Reverendi Padri, Amici, voglio che sappiate quanto apprezzo il grande sforzo collaborativo al quale avete contribuito. Presto i frutti delle vostre fatiche saranno resi disponibili alle congregazioni anglofone ovunque. Come le preghiere del popolo di Dio stanno davanti a Lui come incenso (cfr
Ps 140,2), che la benedizione del Signore discenda su tutti coloro che hanno impiegato il proprio tempo e la propria esperienza per la redazione dei testi in cui quelle preghiere sono espresse. Grazie, e che possiate essere abbondantemente ripagati per il vostro servizio generoso al popolo di Dio.




A S.E. IL SIGNOR JEAN-PIERRE HAMULI MUPENDA, AMBASCIATORE DELLA REPUBBLICA DEMOCRATICA DEL CONGO PRESSO LA SANTA SEDE Giovedì 29 aprile 2010

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Signor ambasciatore,

Sono lieto di riceverla in occasione della presentazione delle Lettere che la accreditano come ambasciatore straordinario e plenipotenziario della Repubblica Democratica del Congo presso la Santa Sede. La ringrazio per le sue cordiali parole, attraverso le quali mi ha trasmesso l'omaggio rispettoso del presidente della Repubblica, Sua Eccellenza il signor Joseph Kabila Kabange, e del popolo congolese. Ho avuto il piacere d'incontrare il suo presidente nel giugno 2008. Le sarei grato se volesse trasmettergli i voti che formulo per la sua persona e per lo svolgimento del suo compito al servizio della nazione. Che Dio lo guidi nei suoi sforzi per giungere alla pace, garante di un'esistenza degna e di uno sviluppo integrale! Saluto anche con cordialità i vari responsabili e tutti gli abitanti del suo paese.

La sua presenza, signor ambasciatore, a capo della sua ambasciata, dopo lunghi anni di sede vacante, mostra il desiderio del Capo di Stato e di Governo di rafforzare le relazioni con la Santa Sede e per questo lo ringrazio. Osservo anche che questa decisione si situa nell'anno del cinquantesimo anniversario dell'indipendenza della sua patria. Possa questo giubileo permettere alla nazione di ripartire su nuove basi.

Il suo Paese in questi stessi anni ha conosciuto momenti particolarmente difficili e tragici. La violenza si è abbattuta, cieca e spietata, su una larga frangia della popolazione, piegandola sotto il suo giogo brutale e insostenibile e seminando rovine e morti. Penso in particolare alle donne, ai giovani e ai bambini, la cui dignità è stata schernita a oltranza attraverso la violazione dei loro diritti. Desidero esprimere loro la mia sollecitudine e assicurare loro la mia preghiera. La Chiesa cattolica stessa è stata ferita in molti suoi membri e nelle sue strutture. Essa desidera favorire la guarigione interiore e la fraternità. La Conferenza episcopale ne ha ampiamente parlato nel suo Messaggio dello scorso giugno. Sarebbe dunque ora opportuno impiegare tutti i mezzi politici e umani per porre fine alla sofferenza. Sarebbe altresì opportuno riparare e rendere giustizia, come invitano a fare le parole giustizia e pace scritte nel motto nazionale. L'impegno assunto a Goma nel 2008 e l'applicazione degli accordi internazionali, in particolare del Patto sulla sicurezza, la stabilità e lo sviluppo della Regione dei Grandi Laghi, certamente sono necessari, ma è ancora più urgente lavorare alle condizioni preliminari alla loro applicazione. Questa non potrà realizzarsi se non ricostruendo poco a poco il tessuto sociale così gravemente leso, incoraggiando la prima società naturale, che è la famiglia, e consolidando i rapporti interpersonali tra congolesi fondati su un'educazione integrale, fonte di pace e di giustizia. La Chiesa cattolica, signor ambasciatore, desidera continuare a dare il suo contributo a questo nobile compito attraverso l'insieme delle strutture di cui dispone grazie alla sua tradizione spirituale, educativa e sanitaria.

Invito le autorità pubbliche a non tralasciare nulla per porre fine alla situazione di guerra che, purtroppo, ancora persiste in alcune province del Paese, e a dedicarsi alla ricostruzione umana e sociale della nazione nel rispetto dei diritti umani fondamentali. La pace non significa solo assenza totale di conflitti, ma è anche un compito che impegna i cittadini e lo Stato. La Chiesa è convinta che essa non può realizzarsi che nel "rispetto della "grammatica" scritta nel cuore dell'uomo dal divino suo Creatore", vale a dire attraverso una risposta umana in armonia con il disegno divino. Questa ""grammatica", vale a dire l'insieme di regole dell'agire individuale e del reciproco rapportarsi delle persone secondo giustizia e solidarietà, è iscritta nelle coscienze, nelle quali si rispecchia il progetto sapiente di Dio" (Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace, 2007, n. 3). Invito la comunità internazionale, implicata in diverso grado nei conflitti successivi vissuti dalla sua nazione, a mobilitarsi per contribuire in modo efficace a riportare nella Repubblica Democratica del Congo la pace e la legalità.

Dopo tanti anni di sofferenze, Eccellenza, il suo Paese ha bisogno di impegnarsi in modo risoluto sulla via della riconciliazione nazionale. I vostri vescovi hanno dichiarato quest'anno di anniversario della nazione, anno di grazia, di rinnovamento e di gioia, anno di riconciliazione per costruire un Congo solidale, prospero e unito. Uno dei mezzi migliori per realizzare ciò è di promuovere l'educazione delle giovani generazioni. Lo spirito di riconciliazione e di pace, nato nella famiglia, si afferma e si estende alla scuola e all'università. I congolesi desiderano una buona educazione per i propri figli, ma il peso del finanziamento diretto da parte delle famiglie è grande e addirittura insostenibile per molti. Sono certo che si potrà trovare una giusta soluzione. Aiutando economicamente i genitori e assicurando il finanziamento regolare degli educatori, lo Stato farà un investimento proficuo per tutti. È fondamentale che i bambini e i giovani vengano educati con pazienza e tenacia, soprattutto quelli che sono stati privati dell'istruzione e addestrati a uccidere. È opportuno non solo inculcare in loro un sapere che li sosterrà nella futura vita adulta e professionale, ma anche dare loro basi morali e spirituali che li aiuteranno a respingere la tentazione della violenza e del risentimento per scegliere ciò che è giusto e vero. Attraverso le sue strutture educative e secondo le sue possibilità, la Chiesa può aiutare e completare quelle dello Stato.

Le importanti ricchezze naturali di cui Dio ha dotato la sua terra e che purtroppo sono diventate fonte di avidità e di profitti sproporzionati per molti all'interno e al di fuori del suo Paese, permettono largamente, grazie a una giusta ripartizione dei guadagni, di aiutare la popolazione a uscire dalla povertà e di provvedere alla sua sicurezza alimentare e sanitaria. Le famiglie congolesi e l'educazione dei giovani ne saranno i primi beneficiari. Questo dovere di giustizia promosso dallo Stato consoliderà la riconciliazione e la pace nazionale e permetterà alla popolazione di condurre una vita serena, base necessaria alla prosperità.

Attraverso lei, desidero anche esprimere voti cordiali ai membri della comunità cattolica del suo Paese, in modo particolare ai Vescovi, invitandoli a essere testimoni generosi dell'amore di Dio e a contribuire all'edificazione di una nazione unita e fraterna in cui ognuno si senta pienamente amato e rispettato.

Nel momento in cui ha inizio la sua missione, le esprimo, signor Ambasciatore, i miei migliori auguri per il nobile compito che l'attende, assicurandole che troverà sempre una accoglienza attenta e una comprensione cordiale presso i miei collaboratori.

Su di lei, Eccellenza, sulla sua famiglia, su tutto il popolo congolese e sui suoi governanti, invoco di tutto cuore l'abbondanza delle Benedizioni divine.




AI VESCOVI DELLA CONFERENZA EPISCOPALE DI GAMBIA, LIBERIA E SIERRA LEONE IN VISITA "AD LIMINA APOSTOLORUM" Giovedì, 29 aprile 2010

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Cari fratelli vescovi,

sono lieto di accogliervi, vescovi della Liberia, del Gambia e della Sierra Leone in occasione della vostra visita ad limina sulle tombe degli apostoli Pietro e Paolo. Sono grato per i sentimenti di comunione e di affetto espressi dal vescovo Koroma a nome vostro e vi chiedo di trasmettere i miei affettuosi saluti e il mio incoraggiamento al vostro amato popolo che lotta per una vita degna della sua chiamata (cfr. Ef
Ep 4,1).

La seconda assemblea speciale per l'Africa del Sinodo dei vescovi è stata un'esperienza ricca di comunione e un'occasione provvidenziale per rinnovare il vostro ministero episcopale e per riflettere sul suo compito essenziale, ovvero, "aiutare il Popolo di Dio a rendere alla parola della rivelazione l'obbedienza della fede e ad abbracciare integralmente l'insegnamento di Cristo" (Pastores gregis ). Sono lieto di appurare dai vostri resoconti quinquennali che, pur dedicandovi all'amministrazione delle vostre diocesi, vi siete anche adoperati per predicare il vangelo nelle confermazioni, nelle visite alle parrocchie, negli incontri con gruppi di sacerdoti, religiosi e laici e nelle lettere pastorali. Attraverso il vostro insegnamento il Signore preserva i membri del vostro popolo dal male, dall'ignoranza e dalla superstizione e le trasforma in figli del suo Regno. Lottate per edificare comunità vibranti e aperte di uomini e donne saldi nella fede, contemplativi e gioiosi nella liturgia e ben istruiti sul "modo di comportarsi e di piacere a Dio" (1Th 4,1). In un ambiente segnato dal divorzio e dalla poligamia, promuovete l'unità e il benessere della famiglia cristiana basata sul sacramento del matrimonio. Iniziative e associazioni dedicate alla santificazione di questa comunità fondamentale meritano il vostro pieno sostegno. Continuate a sostenere la dignità delle donne nel contesto dei diritti umani e difendete il vostro popolo contro i tentativi di introdurre una mentalità antinatalista mascherata da forma di progresso culturale (cfr. Caritas in veritate ).

La vostra missione richiede anche che prestiate attenzione all'adeguato discernimento e alla preparazione delle vocazioni e alla formazione permanente di sacerdoti che sono i vostri più stretti collaboratori nel compito dell'evangelizzazione. Continuate a guidarli con le parole e con l'esempio affinché siano uomini di preghiera, sani e chiari nell'insegnare, maturi e rispettosi nei loro rapporti con gli altri, fedeli ai propri impegni spirituali, forti nella compassione verso tutti i bisognosi. Nello stesso modo, non esitate a invitare missionari di altri Paesi per contribuire alla buona opera compiuta dal vostro clero, dai vostri religiosi e catechisti.

Nei vostri Paesi, la Chiesa è tenuta in alta considerazione perché contribuisce al bene della società, in particolare nell'educazione, nello sviluppo e nell'assistenza sanitaria, offerta a tutti senza distinzioni. Questo contributo descrive bene la vitalità della vostra carità cristiana, quell'eredità divina offerta alla Chiesa universale in maniera speciale (cfr. Caritas in veritate ). Apprezzo in modo particolare l'assistenza prestata ai rifugiati e agli immigrati e vi esorto a cercare, quando possibile, la cooperazione pastorale dei loro Paesi d'origine. La lotta contro la povertà deve essere condotta nel rispetto della dignità di tutti gli interessati, incoraggiandoli a essere protagonisti del proprio sviluppo integrale. Si può fare molto con impegni comunitari su piccola scala e iniziative di microeconomia al servizio delle famiglie. Nello sviluppare e sostenere queste strategie, un'educazione migliorata sarà sempre un fattore decisivo. Quindi vi incoraggio a continuare a offrire programmi scolastici che preparino e motivino le nuove generazioni a divenire cittadini responsabili e socialmente attivi per il bene della loro comunità e del loro Paese. Giustamente incoraggiate chi occupa posizioni di autorità a lottare contro la corruzione, richiamando l'attenzione sulla gravità e sull'ingiustizia di questi peccati. A questo proposito, un contributo importante al bene comune è la formazione morale e spirituale alla leadership di laici, uomini e donne, attraverso corsi specializzati in Dottrina Sociale cattolica.

Vi lodo per l'attenzione che prestate al grande dono della pace. Prego affinché il processo di riconciliazione nella giustizia e nella verità, che avete giustamente sostenuto nella regione, possa produrre un rispetto duraturo per tutti i diritti umani dati da Dio e neutralizzare le tendenze alla rappresaglia e alla vendetta. Nel servire la pace continuate a promuovere il dialogo con altre religioni, in particolare con l'Islam per sostenere i buoni rapporti esistenti e prevenire qualsiasi forma di intolleranza, ingiustizia e oppressione, dannosa per la promozione della fiducia reciproca. Cooperare alla difesa della vita e contro la malattia e la malnutrizione non mancherà di suscitare comprensione, rispetto e accettazione. Soprattutto, un clima di dialogo e comunione deve caratterizzare la Chiesa locale. Con il vostro esempio, portate sacerdoti, religiosi e laici ad accrescere comprensione e cooperazione, ascolto reciproco e condivisione di iniziative. La Chiesa, segno e strumento dell'unica famiglia di Dio, deve recare una chiara testimonianza dell'amore di Gesù, nostro Signore e Salvatore, che va al di là dei confini etnici e comprende tutti gli uomini e tutte le donne.

Cari fratelli vescovi, so che trovate ispirazione e incoraggiamento nelle parole del Cristo risorto ai suoi apostoli: "Pace a voi. Come il padre ha mandato me, anche io mando voi" (Jn 20,21). Al vostro ritorno a casa, continuate la vostra missione di successori degli apostoli. Vi prego di trasmettere i miei affettuosi e ferventi buoni auspici ai sacerdoti, ai religiosi, ai catechisti e a tutto il vostro amato popolo. A ognuno di voi e a quanti sono affidati alla vostra sollecitudine pastorale imparto di cuore la mia benedizione apostolica.




CONCERTO OFFERTO DAL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA ITALIANA IN OCCASIONE DEL V ANNIVERSARIO DI PONTIFICATO Aula Paolo VI Giovedì 29 aprile 2010

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Signor Presidente della Repubblica,
Signori Cardinali,
Onorevoli Ministri e Autorità,
Venerati Fratelli nell’Episcopato e nel presbiterato,
Gentili Signori e Signore!

ancora una volta il Presidente della Repubblica Italiana, Onorevole Giorgio Napolitano, con tratto di squisita cortesia, ha voluto offrire a tutti noi la possibilità di ascoltare dell’ottima musica in occasione dell’anniversario di inizio del mio Pontificato. Nel salutarLa con deferenza, Signor Presidente, unitamente alla sua gentile Signora, desidero esprimere il mio vivo ringraziamento per l’omaggio davvero gradito di questo concerto e per le cordiali parole che Ella mi ha rivolto. In questo atto premuroso vedo anche un ulteriore segno dell’affetto che il popolo italiano nutre nei confronti del Papa, affetto che fu così fervido in santa Caterina da Siena, Patrona d’Italia, di cui oggi ricorre la festa. Sono lieto di salutare le altre Autorità dello Stato italiano, i Signori Ambasciatori, le diverse Personalità e tutti voi che avete preso parte a questo momento di alto valore culturale e musicale.

Desidero ringraziare quanti hanno generosamente cooperato alla realizzazione di questo evento, in particolare i Dirigenti della Fondazione Scuola di Musica di Fiesole, di cui è componente significativa l’Orchestra Giovanile Italiana, validamente diretta dal maestro Nicola Paszkowski. Certo di interpretare i sentimenti di tutti i presenti, rivolgo un sincero apprezzamento agli orchestrali, che hanno eseguito con abilità ed efficacia brani impegnativi del compositore milanese Giovanni Battista Sammartini, di Wolfgang Amadeus Mozart e di Ludwig van Beethoven.

Abbiamo avuto la gioia di ascoltare questa sera dei giovani concertisti allievi della Scuola musicale di Fiesole, fondata da Piero Farulli, che nel corso degli anni si è affermata quale eccellente centro nazionale di formazione orchestrale, offrendo a numerosi bambini, adolescenti, giovani e adulti la possibilità di compiere un qualificato percorso formativo teso alla preparazione di musicisti per le migliori orchestre italiane ed europee. Lo studio della musica riveste un alto valore nel processo educativo della persona, in quanto produce effetti positivi sullo sviluppo dell’individuo, favorendone l’armonica crescita umana e spirituale. Sappiamo come sia comunemente riconosciuto il valore formativo della musica nelle sue implicazioni di natura espressiva, creativa, relazionale, sociale e culturale.

Pertanto, l’esperienza ultra trentennale della Scuola di Musica di Fiesole assume una particolare rilevanza anche di fronte alla realtà quotidiana che ci dice come non sia facile educare. Nell’odierno contesto sociale, infatti, ogni opera di educazione sembra diventare sempre più ardua e problematica: spesso tra genitori ed insegnanti si parla delle difficoltà che s’incontrano nel trasmettere alle nuove generazioni i valori basilari dell’esistenza e di un retto comportamento. Tale situazione problematica coinvolge sia la scuola sia la famiglia, come pure le varie agenzie che operano nel campo formativo.

Le condizioni attuali della società richiedono uno straordinario impegno educativo in favore delle nuove generazioni. I giovani, anche se vivono in contesti diversi, hanno in comune la sensibilità ai grandi ideali della vita, ma incontrano molte difficoltà nel viverli. Non possiamo ignorare i loro bisogni e le loro attese, nemmeno gli ostacoli e le minacce che incontrano. Essi sentono l'esigenza di accostarsi ai valori autentici quali la centralità della persona, la dignità umana, la pace e la giustizia, la tolleranza e la solidarietà. Ricercano anche, in modi a volte confusi e contraddittori, la spiritualità e la trascendenza, per trovare equilibrio e armonia. A tale riguardo, mi piace osservare che proprio la musica è capace di aprire le menti e i cuori alla dimensione dello spirito e conduce le persone ad alzare lo sguardo verso l’Alto, ad aprirsi al Bene e al Bello assoluti, che hanno la sorgente ultima in Dio. La festosità del canto e della musica sono altresì un costante invito per i credenti e per tutti gli uomini di buona volontà ad impegnarsi per dare all’umanità un avvenire ricco di speranza. Inoltre, l’esperienza di suonare in un’orchestra aggiunge anche la dimensione collettiva: le prove continue condotte con pazienza; l’esercizio dell’ascolto degli altri musicisti; l’impegno di non suonare "da soli", ma di far sì che i diversi "colori orchestrali" – pur mantenendo le proprie caratteristiche – si fondano insieme; la ricerca comune della migliore espressione, tutto questo costituisce una "palestra" formidabile, non solo sul piano artistico e professionale, ma sotto il profilo umano globale.

Cari amici, auspico che la grandezza e la bellezza dei brani musicali magistralmente eseguiti questa sera possano donare a tutti nuova e continua ispirazione per tendere a mete sempre più alte nella vita personale e sociale. Rinnovo al Signor Presidente della Repubblica Italiana, agli organizzatori e a tutti i presenti l’espressione della mia sincera gratitudine per questo apprezzato omaggio!

Ricordatemi nelle vostre preghiere, perché iniziando il sesto anno del mio Pontificato, possa compiere sempre il mio Ministero come vuole il Signore. Egli, che è la nostra forza e la nostra pace, benedica tutti voi e le vostre famiglie.







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