Ai cattolici di Cina


LETTERA DEL SANTO PADRE

BENEDETTO XVI

AI VESCOVI, AI PRESBITERI

ALLE PERSONE CONSACRATE

E AI FEDELI LAICI

DELLA CHIESA CATTOLICA

NELLA REPUBBLICA POPOLARE CINESE




Saluto


1 Venerati confratelli Vescovi, carissimi presbiteri, persone consacrate e fedeli tutti della Chiesa cattolica in Cina, « noi rendiamo continuamente grazie a Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, nelle nostre preghiere per voi, per le notizie ricevute circa la vostra fede in Cristo Gesù, e la carità che avete verso tutti i santi, in vista della speranza che vi attende nei cieli. [...] Non cessiamo di pregare per voi e di chiedere che abbiate una piena conoscenza della sua volontà con ogni sapienza e intelligenza spirituale, perché possiate comportarvi in maniera degna del Signore, per piacergli in tutto, portando frutto in ogni opera buona e crescendo nella conoscenza di Dio; rafforzandovi con ogni energia secondo la sua gloriosa potenza per poter essere forti e pazienti in tutto » (Col 1,3-5 Col 1,9-11).

Queste parole dell'Apostolo Paolo sono quanto mai appropriate per dare voce ai sentimenti che, come Successore di Pietro e Pastore universale della Chiesa, nutro nei vostri confronti. Voi sapete bene quanto siete presenti nel mio cuore e nella mia preghiera quotidiana e quanto è profondo il rapporto di comunione che ci unisce spiritualmente.

Scopo della Lettera


2 Desidero, pertanto, far giungere a tutti voi le espressioni della mia fraterna vicinanza. Intensa è la gioia per la vostra fedeltà a Cristo Signore e alla Chiesa, fedeltà che avete manifestato « a volte anche a prezzo di gravi sofferenze »[1], poiché « per Cristo vi è stato dato il dono non solo di credere in lui, ma anche di patire per lui » (Ph 1,29). Tuttavia, non manca la preoccupazione per alcuni importanti aspetti della vita ecclesiale nel vostro Paese.

Senza pretendere di trattare ogni particolare di complesse problematiche da voi ben conosciute, con questa Lettera vorrei offrire alcuni orientamenti in merito alla vita della Chiesa e all'opera di evangelizzazione in Cina, per aiutarvi a scoprire ciò che da voi vuole il Signore e Maestro, Gesù Cristo, « la chiave, il centro e il fine di tutta la storia umana »[2].

PRIMA PARTE

SITUAZIONE DELLA CHIESA

ASPETTI TEOLOGICI


Globalizzazione, modernità e ateismo


3 Volgendo un attento sguardo al vostro Popolo, che si è distinto fra gli altri popoli dell'Asia per lo splendore della sua millenaria civiltà, con tutta la sua esperienza sapienziale, filosofica, scientifica e artistica, mi piace rilevare come, specialmente negli ultimi tempi, esso si sia anche proiettato verso il raggiungimento di significative mete di progresso economico-sociale, attirando l'interesse del mondo intero.

Come già sottolineava il mio venerato Predecessore, il Papa Giovanni Paolo II, anche « la Chiesa cattolica, da parte sua, guarda con rispetto a questo sorprendente slancio e a questa lungimirante progettazione di iniziative ed offre con discrezione il proprio contributo nella promozione e nella difesa della persona umana, dei suoi valori, della sua spiritualità e della sua vocazione trascendente. Alla Chiesa stanno particolarmente a cuore valori ed obiettivi che sono di primaria importanza anche per la Cina moderna: la solidarietà, la pace, la giustizia sociale, il governo intelligente del fenomeno della globalizzazione »[3].

La tensione verso il desiderato e necessario sviluppo economico e sociale, e la ricerca di modernità sono accompagnate da due fenomeni diversi e contrapposti ma da valutare ugualmente con prudenza e con positivo spirito apostolico. Da una parte, si nota, specie tra i giovani, un crescente interesse per la dimensione spirituale e trascendente della persona umana, con il conseguente interesse per la religione, particolarmente per il cristianesimo. Dall'altra parte, si avverte, anche in Cina, la tendenza al materialismo e all'edonismo, che dalle grandi città si stanno diffondendo all'interno del Paese[4].

In questo contesto, in cui siete chiamati ad operare, desidero ricordarvi quanto il Papa Giovanni Paolo II ha sottolineato con voce forte e vigorosa: la nuova evangelizzazione esige l'annuncio del Vangelo [5] all'uomo moderno, con la consapevolezza che, come durante il primo millennio cristiano la Croce fu piantata in Europa e durante il secondo in America e in Africa, così durante il terzo millennio una grande messe di fede sarà raccolta nel vasto e vitale continente asiatico[6].

« “Duc in altum” (
Lc 5,4). Questa parola risuona oggi per noi, e ci invita a fare memoria grata del passato, a vivere con passione il presente, ad aprirci con fiducia al futuro: “Gesù Cristo è lo stesso, ieri, oggi e sempre!” (He 13,8) »[7]. Anche in Cina la Chiesa è chiamata ad essere testimone di Cristo, a guardare in avanti con speranza e a misurarsi — nell'annuncio del Vangelo — con le nuove sfide che il Popolo cinese deve affrontare.

La Parola di Dio ci aiuta, ancora una volta, a scoprire il senso misterioso e profondo del cammino della Chiesa nel mondo. Infatti, « una delle principali visioni dell'Apocalisse ha per oggetto [l']Agnello nell'atto di aprire un libro, prima chiuso con sette sigilli che nessuno era in grado di sciogliere. Giovanni è addirittura presentato nell'atto di piangere, perché non si trovava nessuno degno di aprire il libro e di leggerlo (cfr Ap Ap 5,4). La storia rimane indecifrabile, incomprensibile. Nessuno può leggerla. Forse questo pianto di Giovanni davanti al mistero della storia così oscuro esprime lo sconcerto delle Chiese asiatiche per il silenzio di Dio di fronte alle persecuzioni a cui erano esposte in quel momento. È uno sconcerto nel quale può ben riflettersi il nostro sbigottimento di fronte alle gravi difficoltà, incomprensioni e ostilità che pure oggi la Chiesa soffre in varie parti del mondo. Sono sofferenze che la Chiesa certo non si merita, così come Gesù stesso non meritò il suo supplizio. Esse però rivelano sia la malvagità dell'uomo, quando si abbandona alle suggestioni del male, sia la superiore conduzione degli avvenimenti da parte di Dio »[8].

Oggi, come ieri, annunciare il Vangelo significa annunciare e testimoniare Gesù Cristo crocifisso e risorto, l'Uomo nuovo, vincitore del peccato e della morte. Egli permette agli esseri umani di entrare in una nuova dimensione, dove la misericordia e l'amore rivolto anche al nemico testimoniano la vittoria della Croce su ogni debolezza e miseria umana. Anche nel vostro Paese, l'annuncio di Cristo crocifisso e risorto sarà possibile nella misura in cui con fedeltà al Vangelo, nella comunione con il Successore dell'Apostolo Pietro e con la Chiesa universale, saprete realizzare i segni dell'amore e dell'unità (« come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri. [...] Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato »: Gv Jn 13,34-35 Jn 17,21).

Disponibilità a un dialogo rispettoso e costruttivo


4 Come Pastore universale della Chiesa, desidero manifestare viva riconoscenza al Signore per la sofferta testimonianza di fedeltà, offerta dalla comunità cattolica cinese in circostanze veramente difficili. Nello stesso tempo sento, come mio intimo ed irrinunciabile dovere e come espressione del mio amore di padre, l'urgenza di confermare nella fede i cattolici cinesi e di favorire la loro unità con i mezzi che sono propri della Chiesa.

Seguo con particolare interesse anche le vicende di tutto il Popolo cinese, verso il quale nutro un vivo apprezzamento e sentimenti di amicizia, sino a formulare l'auspicio « di vedere presto instaurate vie concrete di comunicazione e di collaborazione fra la Santa Sede e la Repubblica Popolare Cinese », poiché « l'amicizia si nutre di contatti, di condivisione di sentimenti nelle situazioni liete e tristi, di solidarietà, di scambio di aiuto »[9]. Ed è in tale prospettiva che il mio venerato Predecessore aggiungeva: « Non è un mistero per nessuno che la Santa Sede, a nome dell'intera Chiesa cattolica e — credo — a vantaggio di tutta l'umanità, auspica l'apertura di uno spazio di dialogo con le Autorità della Repubblica Popolare Cinese, in cui, superate le incomprensioni del passato, si possa lavorare insieme per il bene del Popolo cinese e per la pace nel mondo »[10].

Sono consapevole che la normalizzazione dei rapporti con la Repubblica Popolare Cinese richiede tempo e presuppone la buona volontà delle due Parti. Dal canto suo, la Santa Sede rimane sempre aperta alle trattative, necessarie per superare il difficile momento presente.

Questa pesante situazione di malintesi e di incomprensione, infatti, non giova né alle Autorità cinesi né alla Chiesa cattolica in Cina. Come ha dichiarato il Papa Giovanni Paolo II ricordando quanto padre Matteo Ricci scriveva da Pechino[11], « anche la Chiesa cattolica di oggi non chiede alla Cina e alle sue Autorità politiche nessun privilegio, ma unicamente di poter riprendere il dialogo, per giungere a una relazione intessuta di reciproco rispetto e di approfondita conoscenza »[12]. Lo sappia la Cina: la Chiesa cattolica ha il vivo proposito di offrire, ancora una volta, un umile e disinteressato servizio, in ciò che le compete, per il bene dei cattolici cinesi e per quello di tutti gli abitanti del Paese.

Per quanto concerne poi i rapporti tra la comunità politica e la Chiesa in Cina, giova ricordare l'illuminante insegnamento del Concilio Vaticano II che dichiara: « La Chiesa, che, in ragione del suo ufficio e della sua competenza, non si identifica in nessun modo con la comunità politica e non è legata a nessun sistema politico, è ad un tempo segno e tutela della trascendenza della persona umana ». E così continua: « Nel proprio campo, la comunità politica e la Chiesa sono indipendenti e autonome l'una dall'altra. Però tutte e due, sebbene a titolo diverso, sono al servizio della vocazione personale e sociale dei medesimi uomini. Esse svolgeranno questo loro servizio a vantaggio di tutti in maniera tanto più efficace quanto meglio entrambe coltivano una sana collaborazione tra di loro, considerando anche le circostanze di luogo e di tempo »[13].

Pertanto, anche la Chiesa cattolica che è in Cina ha la missione non di cambiare la struttura o l'amministrazione dello Stato, bensì di annunziare agli uomini il Cristo, Salvatore del mondo, appoggiandosi — nel compimento del proprio apostolato — sulla potenza di Dio. Come ricordavo nella mia Enciclica Deus caritas est, « la Chiesa non può e non deve prendere nelle sue mani la battaglia politica per realizzare la società più giusta possibile. Non può e non deve mettersi al posto dello Stato. Ma non può e non deve neanche restare ai margini nella lotta per la giustizia. Deve inserirsi in essa per la via dell'argomentazione razionale e deve risvegliare le forze spirituali, senza le quali la giustizia, che sempre richiede anche rinunce, non può affermarsi e prosperare. La società giusta non può essere opera della Chiesa, ma deve essere realizzata dalla politica. Tuttavia l'adoperarsi per la giustizia lavorando per l'apertura dell'intelligenza e della volontà alle esigenze del bene la interessa profondamente »[14].

Alla luce di questi irrinunciabili principi, la soluzione dei problemi esistenti non può essere perseguita attraverso un permanente conflitto con le legittime Autorità civili; nello stesso tempo, però, non è accettabile un'arrendevolezza alle medesime quando esse interferiscano indebitamente in materie che riguardano la fede e la disciplina della Chiesa. Le Autorità civili sono ben consapevoli che la Chiesa, nel suo insegnamento, invita i fedeli ad essere buoni cittadini, collaboratori rispettosi e attivi del bene comune nel loro Paese, ma è altresì chiaro che essa chiede allo Stato di garantire ai medesimi cittadini cattolici il pieno esercizio della loro fede, nel rispetto di un'autentica libertà religiosa.

Comunione tra le Chiese particolari nella Chiesa universale


5 Chiesa cattolica in Cina, piccolo gregge presente ed operante nella vastità di un immenso Popolo che cammina nella storia, come risuonano incoraggianti e provocanti per te le parole di Gesù: « Non temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto di darvi il suo regno » (Lc 12,32)! « Voi siete il sale della terra, [...] la luce del mondo »: perciò « risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli » (Mt 5,13 Mt 5,14 Mt 5,16).

Nella Chiesa cattolica che è in Cina si fa presente la Chiesa universale, la Chiesa di Cristo, che nel Simbolo confessiamo una, santa, cattolica ed apostolica, vale a dire l'universale comunità dei discepoli del Signore.

Come voi sapete, la profonda unità, che lega fra di loro le Chiese particolari esistenti in Cina e che le pone in intima comunione anche con tutte le altre Chiese particolari sparse per il mondo, è radicata, oltre che nella stessa fede e nel comune Battesimo, soprattutto nell'Eucaristia e nell'Episcopato[15]. E l'unità dell'Episcopato, di cui « il Romano Pontefice, quale successore di Pietro, è il perpetuo e visibile principio e fondamento »[16], continua lungo i secoli mediante la successione apostolica ed è fondamento anche dell'identità della Chiesa di ogni tempo con la Chiesa edificata da Cristo su Pietro e sugli altri Apostoli[17].

La dottrina cattolica insegna che il Vescovo è principio e fondamento visibile dell'unità nella Chiesa particolare, affidata al suo ministero pastorale[18]. Ma in ogni Chiesa particolare, affinché essa sia pienamente Chiesa, deve essere presente la suprema autorità della Chiesa, vale a dire il Collegio episcopale insieme con il suo Capo il Romano Pontefice, e mai senza di esso. Pertanto il ministero del Successore di Pietro appartiene all'essenza di ogni Chiesa particolare dal « di dentro »[19]. Inoltre, la comunione di tutte le Chiese particolari nell'unica Chiesa cattolica e, quindi, l'ordinata comunione gerarchica di tutti i Vescovi, successori degli Apostoli, con il Successore di Pietro, sono garanzia dell'unità della fede e della vita di tutti i cattolici. È perciò indispensabile, per l'unità della Chiesa nelle singole nazioni, che ogni Vescovo sia in comunione con gli altri Vescovi, e che tutti siano in comunione visibile e concreta con il Papa.

Nessuno nella Chiesa è straniero, ma tutti sono cittadini dello stesso Popolo, membri dello stesso Corpo Mistico di Cristo. Vincolo di comunione sacramentale è l'Eucaristia, garantita dal ministero dei Vescovi e dei presbiteri[20].

Tutta la Chiesa che è in Cina è chiamata a vivere e a manifestare questa unità in una più ricca spiritualità di comunione, che, tenendo conto delle complesse situazioni concrete in cui la comunità cattolica si trova, cresca anche in un'armonica comunione gerarchica. Pertanto, Pastori e fedeli sono chiamati a difendere e a salvaguardare ciò che appartiene alla dottrina e alla tradizione della Chiesa.

Tensioni e divisioni all'interno della Chiesa: perdono e riconciliazione


6 Rivolgendosi a tutta la Chiesa con la Lettera Apostolica Novo millennio ineunte, il mio venerato Predecessore, il Papa Giovanni Paolo II, affermava che un « grande ambito in cui occorrerà esprimere un deciso impegno programmatico, a livello di Chiesa universale e di Chiese particolari, [è] quello della comunione (koinonía)che incarna e manifesta l'essenza stessa del mistero della Chiesa. La comunione è il frutto e la manifestazione di quell'amore che, sgorgando dal cuore dell'eterno Padre, si riversa in noi attraverso lo Spirito che Gesù ci dona (cfr Rm Rm 5,5), per fare di tutti noi “un cuore solo e un'anima sola” (Ac 4,32). È realizzando questa comunione di amore che la Chiesa si manifesta come “sacramento”, ossia “segno e strumento dell'intima unione con Dio e dell'unità di tutto il genere umano”. Le parole del Signore, a questo proposito, sono troppo precise per poterne ridurre la portata. Tante cose, anche nel nuovo secolo, saranno necessarie per il cammino storico della Chiesa; ma se mancherà la carità (agape), tutto sarà inutile. È lo stesso apostolo Paolo a ricordarcelo nell'inno alla carità: se anche parlassimo le lingue degli uomini e degli angeli, e avessimo una fede “da trasportare le montagne”, ma poi mancassimo della carità, tutto sarebbe “nulla” (cfr 1Co 13,2). La carità è davvero il “cuore” della Chiesa »[21].

Queste indicazioni, che riguardano la natura stessa della Chiesa universale, hanno un particolare significato per la Chiesa che è in Cina. A voi, infatti, non sfuggono i problemi, che essa sta affrontando per superare — al suo interno e nei suoi rapporti con la società civile cinese — tensioni, divisioni e recriminazioni.

A questo proposito, già l'anno scorso, parlando della Chiesa nascente, ebbi modo di ricordare che « la comunità dei discepoli conosce fin dagli inizi non solo la gioia dello Spirito Santo, la grazia della verità e dell'amore, ma anche la prova, costituita soprattutto dai contrasti circa le verità di fede, con le conseguenti lacerazioni della comunione. Come la comunione dell'amore esiste sin dall'inizio e vi sarà fino alla fine (cfr 1Jn 1, 1ss), così purtroppo fin dall'inizio subentra anche la divisione. Non dobbiamo meravigliarci che essa esista anche oggi [...]. Quindi c'è sempre il pericolo, nelle vicende del mondo e anche nelle debolezze della Chiesa, di perdere la fede, e così anche di perdere l'amore e la fraternità. È quindi un preciso dovere di chi crede alla Chiesa dell'amore e vuol vivere in essa, riconoscere anche questo pericolo »[22].

La storia della Chiesa ci insegna, poi, che non si esprime un'autentica comunione senza un travagliato sforzo di riconciliazione[23]. Infatti, la purificazione della memoria, il perdono di chi ha fatto del male, la dimenticanza dei torti subiti e la rappacificazione dei cuori nell'amore, da realizzare nel nome di Gesù crocifisso e risorto, possono esigere il superamento di posizioni o visioni personali, nate da esperienze dolorose o difficili, ma sono passi urgenti da compiere per accrescere e manifestare i legami di comunione tra i fedeli e i Pastori della Chiesa in Cina.

Perciò, già il mio venerato Predecessore vi aveva rivolto, a più riprese, un pressante invito al perdono e alla riconciliazione. Al riguardo, mi piace richiamare un passo del messaggio che egli vi inviò all'approssimarsi dell'Anno Santo del 2000: « Preparandovi alla celebrazione del Grande Giubileo, ricordate che nella tradizione biblica un tale momento ha sempre portato con sé l'obbligo di condonare i debiti gli uni agli altri, di riparare le ingiustizie commesse e di riconciliarsi con il vicino. Anche a voi è stata annunciata la “grande gioia preparata per tutti i popoli”: l'amore e la misericordia del Padre, la Redenzione operata in Cristo. Nella misura in cui voi stessi sarete disponibili ad accettare tale gioioso annuncio, potrete trasmetterlo, con la vostra vita, a tutti gli uomini e le donne che vi sono accanto. E il mio desiderio più ardente è che assecondiate gli interiori suggerimenti dello Spirito Santo perdonandovi gli uni gli altri tutto ciò che deve essere perdonato, avvicinandovi l'uno all'altro, accettandovi reciprocamente, superando le barriere per andare al di là di tutto ciò che può dividervi. Non dimenticate la parola di Gesù durante l'Ultima Cena: “Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri” (Jn 13,35). Ho appreso con gioia che volete offrire, come dono più prezioso per la celebrazione del Grande Giubileo, l'unità tra di voi e con il Successore di Pietro. Un tale proposito non può che essere frutto dello Spirito, che conduce la Sua Chiesa sui non facili cammini della riconciliazione e dell'unità »[24].

Tutti siamo consapevoli del fatto che questo cammino non potrà compiersi dall'oggi al domani, ma siate certi che la Chiesa intera eleverà un'insistente preghiera per voi a tale scopo.

Tenete inoltre presente che il vostro cammino di riconciliazione è sostenuto dall'esempio e dalla preghiera di tanti « testimoni della fede » che hanno sofferto e hanno perdonato, offrendo la loro vita per l'avvenire della Chiesa cattolica in Cina. La loro stessa esistenza rappresenta una permanente benedizione per voi presso il Padre celeste e la loro memoria non mancherà di produrre frutti abbondanti.

Comunità ecclesiali e organismi statali:

rapporti da vivere nella verità e nella carità


7 Un'attenta analisi della già menzionata dolorosa situazione di forti contrasti (cfr n. 6), che vede coinvolti fedeli laici e Pastori, mette in evidenza, tra le varie cause, il ruolo significativo svolto da organismi, che sono stati imposti come principali responsabili della vita della comunità cattolica. Ancora oggi, infatti, il riconoscimento da parte di detti organismi è il criterio per dichiarare una comunità, una persona o un luogo religioso, legali e quindi « ufficiali ». Tutto questo ha causato divisioni sia tra il clero sia tra i fedeli. È una situazione, che dipende soprattutto da fattori esterni alla Chiesa, ma che ne ha condizionato seriamente il cammino, dando adito anche a sospetti, accuse reciproche e denunce, e che continua ad essere una sua preoccupante debolezza.

Per quanto riguarda la delicata questione dei rapporti da intrattenere con gli organismi dello Stato, è particolarmente illuminante l'invito del Concilio Vaticano II a seguire la parola e il modo di agire di Gesù Cristo. Egli infatti, « non volendo essere un messia politico e dominatore con la forza[25], preferì chiamarsi Figlio dell'Uomo, venuto “per servire e dare la propria vita in riscatto per molti” (
Mc 10,45). Si presentò come il perfetto Servo di Dio[26], che “non spezzerà la canna infranta e non spegnerà il lucignolo fumigante” (Mt 12,20). Riconobbe l'autorità civile e i suoi diritti, comandando di pagare il tributo a Cesare; ammonì però chiaramente che vanno rispettati i superiori diritti di Dio: “Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare, e a Dio quello che è di Dio” (Mt 22,21). Infine completò la sua rivelazione consumando sulla croce l'opera della redenzione, con la quale meritare agli uomini la salvezza e la vera libertà. Rese testimonianza alla verità[27], ma non volle imporla con la forza ai contestatori. Il suo Regno non si difende con la spada[28], ma si stabilisce testimoniando ed ascoltando la Verità, e si dilata con l'amore, con il quale Cristo, esaltato sulla Croce, attira a sé gli uomini (cfr Jn 12,32) »[29].

Verità e amore sono le due colonne portanti della vita della comunità cristiana. Per questo motivo ricordavo che « la Chiesa dell'amore è anche la Chiesa della verità, intesa anzitutto come fedeltà al Vangelo affidato dal Signore Gesù ai suoi. [...] Ma la famiglia dei figli di Dio, per vivere nell'unità e nella pace, ha bisogno di chi la custodisca nella verità e la guidi con discernimento sapiente e autorevole: è ciò che è chiamato a fare il ministero degli Apostoli. E qui arriviamo ad un punto importante. La Chiesa è tutta dello Spirito, ma ha una struttura, la successione apostolica, cui spetta la responsabilità di garantire il permanere della Chiesa nella verità donata da Cristo, dalla quale viene anche la capacità dell'amore. [...] Gli Apostoli e i loro successori sono pertanto i custodi e i testimoni autorevoli del deposito della verità consegnato alla Chiesa, come sono anche i ministri della carità: due aspetti che vanno insieme. [...] La verità e l'amore sono due volti dello stesso dono, che viene da Dio e che grazie al ministero apostolico è custodito nella Chiesa e ci raggiunge fino al nostro presente! »[30].

Perciò il Concilio Vaticano II sottolinea che « il rispetto e l'amore devono estendersi anche a coloro che pensano o agiscono diversamente da noi nelle cose sociali, politiche e persino religiose, poiché quanto più con onestà e carità saremo intimamente comprensivi verso il loro modo di pensare, tanto più facilmente potremo instaurare il dialogo con loro ». Ma, ci ammonisce il medesimo Concilio, « questa carità e amabilità non devono in alcun modo renderci indifferenti verso la verità e il bene »[31].

Considerando « il disegno originario di Gesù »[32], risulta evidente che la pretesa di alcuni organismi, voluti dallo Stato ed estranei alla struttura della Chiesa, di porsi al di sopra dei Vescovi stessi e di guidare la vita della comunità ecclesiale, non corrisponde alla dottrina cattolica, secondo la quale la Chiesa è « apostolica », come ha ribadito anche il Concilio Vaticano II. La Chiesa è apostolica « per la sua origine, essendo costruita sul “fondamento degli Apostoli” (Ep 2,20); per il suo insegnamento, che è quello stesso degli Apostoli; per la sua struttura, in quanto istruita, santificata e governata, fino al ritorno di Cristo, dagli Apostoli, grazie ai loro successori, i Vescovi, in comunione con il successore di Pietro »[33]. Pertanto, in ogni singola Chiesa particolare, solo « il Vescovo diocesano pasce nel nome del Signore il gregge a lui affidato come Pastore proprio, ordinario e immediato » [34] e, a livello nazionale, soltanto una legittima Conferenza Episcopale può formulare orientamenti pastorali, validi per l'intera comunità cattolica del Paese interessato[35].

Anche la dichiarata finalità dei suddetti organismi di attuare « i principi di indipendenza e autonomia, autogestione e amministrazione democratica della Chiesa »[36], è inconciliabile con la dottrina cattolica, che fin dagli antichi Simboli di fede professa la Chiesa « una, santa, cattolica e apostolica ».

Alla luce dei principi suesposti, i Pastori e i fedeli laici ricorderanno che la predicazione del Vangelo, la catechesi e l'opera caritativa, l'azione liturgica e cultuale, nonché tutte le scelte pastorali, competono unicamente ai Vescovi insieme con i loro sacerdoti nella continuità permanente della fede, trasmessa dagli Apostoli nelle Sacre Scritture e nella Tradizione, e perciò non possono essere soggette a nessuna interferenza esterna.

Attesa tale difficile situazione, non pochi membri della comunità cattolica si domandano se il riconoscimento da parte delle Autorità civili — necessario per operare pubblicamente — comprometta in qualche modo la comunione con la Chiesa universale. So bene che questa problematica inquieta dolorosamente il cuore dei Pastori e dei fedeli. Al riguardo ritengo, in primo luogo, che la doverosa e strenua salvaguardia del deposito della fede e della comunione sacramentale e gerarchica non si opponga, di per sé, al dialogo con le Autorità circa quegli aspetti della vita della comunità ecclesiale che ricadono nell'ambito civile. Non si vedono poi particolari difficoltà per l'accettazione del riconoscimento concesso dalle Autorità civili, a condizione che esso non comporti la negazione di principi irrinunciabili della fede e della comunione ecclesiastica. In non pochi casi concreti, però, se non quasi sempre, nella procedura di riconoscimento intervengono organismi che obbligano le persone coinvolte ad assumere atteggiamenti, a porre gesti e a prendere impegni che sono contrari ai dettami della loro coscienza di cattolici. Comprendo, perciò, come in tali varie condizioni e circostanze sia difficile determinare la scelta corretta da fare. Per questo motivo la Santa Sede, dopo avere riaffermato i principi, lascia la decisione al singolo Vescovo che, sentito il suo presbiterio, è meglio in grado di conoscere la situazione locale, di soppesare le concrete possibilità di scelta e di valutare le eventuali conseguenze all'interno della comunità diocesana. Potrebbe darsi che la decisione finale non incontri il consenso di tutti i sacerdoti e i fedeli. Mi auguro, tuttavia, che essa venga accolta, anche se con sofferenza, e che si mantenga l'unità della comunità diocesana col proprio Pastore.

Sarà bene, infine, che Vescovi e presbiteri, con vero cuore di pastori, si adoperino in tutti i modi per non dare adito a situazioni di scandalo, cogliendo le occasioni per formare la coscienza dei fedeli, con particolare attenzione ai più deboli: il tutto sarà vissuto nella comunione e nella comprensione fraterna, evitando giudizi e condanne reciproche. Anche in questo caso si deve tener presente che, specialmente in assenza di un vero spazio di libertà, per valutare la moralità di un atto occorre conoscere con particolare cura le reali intenzioni della persona interessata, oltre alla mancanza oggettiva. Ogni caso dovrà essere, quindi, vagliato singolarmente, tenendo conto delle circostanze.

L'Episcopato cinese


8 Nella Chiesa, Popolo di Dio, solo ai sacri ministri, debitamente ordinati dopo un'adeguata istruzione e formazione, spetta l'esercizio dell'ufficio di « insegnare, santificare e governare ». Fedeli laici possono, con la missione canonica da parte del Vescovo, svolgere un utile ministero ecclesiale di trasmissione della fede.

Negli anni recenti, per varie cause, voi, Fratelli nell'episcopato, avete incontrato difficoltà, poiché persone non « ordinate », e a volte anche non battezzate, controllano e prendono decisioni circa importanti questioni ecclesiali, inclusa la nomina dei Vescovi, in nome di vari organismi statali. Di conseguenza, si è assistito a uno svilimento dei ministeri petrino ed episcopale in forza di una visione della Chiesa, secondo la quale il Sommo Pontefice, i Vescovi e i sacerdoti, rischiano di diventare di fatto persone senza ufficio e senza potere. Invece, come si diceva, i ministeri petrino ed episcopale sono elementi essenziali e integrali della dottrina cattolica sulla struttura sacramentale della Chiesa. Questa natura della Chiesa è un dono del Signore Gesù, perché « è lui che ha stabilito alcuni come apostoli, altri come profeti, altri come evangelisti, altri come pastori e maestri, per rendere idonei i fratelli a compiere il ministero, al fine di edificare il corpo di Cristo, finché arriviamo tutti all'unità della fede e della conoscenza del Figlio di Dio, allo stato di uomo perfetto, nella misura che conviene alla piena maturità di Cristo » (
Ep 4,11-13).

La comunione e l'unità — mi sia consentito di ripeterlo (cfr n. 5) — sono elementi essenziali e integrali della Chiesa cattolica: pertanto il progetto di una Chiesa « indipendente », in ambito religioso, dalla Santa Sede è incompatibile con la dottrina cattolica.

Sono consapevole delle gravi difficoltà, alle quali dovete far fronte nella suddetta situazione per mantenervi fedeli a Cristo, alla sua Chiesa e al Successore di Pietro. Ricordandovi che — come già affermava san Paolo (cfr Rm 8,35-39) — nessuna difficoltà può separarci dall'amore di Cristo, nutro la fiducia che saprete fare tutto il possibile, confidando nella grazia del Signore, per salvaguardare l'unità e la comunione ecclesiale anche a costo di grandi sacrifici.

Molti membri dell'Episcopato cinese, che in questi ultimi decenni hanno guidato la Chiesa, hanno offerto, e offrono, alle proprie comunità e alla Chiesa universale una luminosa testimonianza. Ancora una volta, sgorga dal cuore un inno di lode e di ringraziamento al « Pastore supremo » del gregge (1P 5,4): non si può infatti dimenticare che molti di loro hanno subito la persecuzione e sono stati impediti nell'esercizio del loro ministero, e alcuni di loro hanno reso feconda la Chiesa con l'effusione del proprio sangue. I nuovi tempi e la conseguente sfida della nuova evangelizzazione pongono in risalto la funzione del ministero episcopale. Come diceva Giovanni Paolo II ai Pastori di ogni parte del mondo convenuti a Roma per la celebrazione del Giubileo, « il Pastore è il primo responsabile e animatore della comunità ecclesiale sia nell'esigenza di comunione che nella proiezione missionaria. Di fronte al relativismo e al soggettivismo che inquinano tanta parte della cultura contemporanea, i Vescovi sono chiamati a difendere e promuovere l'unità dottrinale dei loro fedeli. Solleciti per ogni situazione in cui la fede è smarrita o ignorata, essi si adoperano con tutte le forze in favore dell'evangelizzazione, preparando a tal fine sacerdoti, religiosi e laici e mettendo a disposizione le necessarie risorse »[37].

Nella medesima occasione il mio venerato Predecessore ricordava che « il Vescovo, successore degli Apostoli, è uno per il quale Cristo è tutto. Con Paolo egli può ripetere ogni giorno: “Per me vivere è Cristo... (Ph 1,21)”. Questo egli deve testimoniare con tutto il suo comportamento. Il Concilio Vaticano II insegna: “I Vescovi devono compiere il loro dovere apostolico come testimoni di Cristo davanti a tutti gli uomini” (Decr. Christus Dominus CD 11) »[38].

Riguardo poi al servizio episcopale, colgo l'occasione per ricordare quanto dicevo recentemente: « I Vescovi hanno la prima responsabilità di edificare la Chiesa come famiglia di Dio e come luogo di aiuto vicendevole e di disponibilità. Per poter compiere questa missione, avete ricevuto, con la consacrazione episcopale, tre peculiari uffici: il munus docendi, il munus sanctificandi e il munus regendi, che nel loro insieme costituiscono il munus pascendi. In particolare, la finalità del munus regendi è la crescita nella comunione ecclesiale, cioè la costruzione di una comunità concorde nell'ascolto dell'insegnamento degli apostoli, nella frazione del pane, nelle preghiere e nell'unione fraterna. Strettamente congiunto con gli uffici di insegnare e di santificare, quello di governare — ilmunus regendi appunto — costituisce per il Vescovo un autentico atto di amore verso Dio e verso il prossimo che si esprime nella carità pastorale »[39].

Come avviene nel resto del mondo, anche in Cina la Chiesa è governata da Vescovi che, mediante l'ordinazione episcopale a loro conferita da altri Vescovi validamente ordinati, hanno ricevuto, insieme con l'ufficio di santificare, pure gli uffici di insegnare e di governare il popolo loro affidato nelle rispettive Chiese particolari, con una potestà che viene conferita da Dio mediante la grazia del sacramento dell'Ordine. Gli uffici di insegnare e di governare, però, « per loro natura, non possono essere esercitati se non nella comunione gerarchica con il Capo e con i membri del Collegio » dei Vescovi[40]. Infatti — precisa il medesimo Concilio Vaticano II — « una persona viene costituita membro del Corpo episcopale in virtù della consacrazione sacramentale e della comunione gerarchica con il Capo e con i membri del Collegio »[41].

Attualmente, tutti i Vescovi della Chiesa cattolica in Cina sono figli del Popolo cinese. Nonostante molte e gravi difficoltà, la Chiesa cattolica in Cina, per una particolare grazia dello Spirito Santo, non è stata mai privata del ministero di legittimi Pastori che hanno conservato intatta la successione apostolica. Dobbiamo ringraziare il Signore per questa presenza costante e sofferta di Vescovi, che hanno ricevuto l'ordinazione episcopale in conformità con la tradizione cattolica, vale a dire in comunione con il Vescovo di Roma, Successore di Pietro, e per mano di Vescovi, validamente e legittimamente ordinati, nell'osservanza del rito della Chiesa cattolica.

Alcuni di essi, non volendo sottostare a un indebito controllo, esercitato sulla vita della Chiesa, e desiderosi di mantenere una piena fedeltà al Successore di Pietro e alla dottrina cattolica, si sono visti costretti a farsi consacrare clandestinamente. La clandestinità non rientra nella normalità della vita della Chiesa, e la storia mostra che Pastori e fedeli vi fanno ricorso soltanto nel sofferto desiderio di mantenere integra la propria fede e di non accettare ingerenze di organismi statali in ciò che tocca l'intimo della vita della Chiesa. Per tale motivo la Santa Sede auspica che questi legittimi Pastori possano essere riconosciuti come tali dalle Autorità governative anche per gli effetti civili — in quanto necessari — e che i fedeli tutti possano esprimere liberamente la propria fede nel contesto sociale in cui si trovano a vivere.

Altri Pastori, invece, sotto la spinta di circostanze particolari hanno acconsentito a ricevere l'ordinazione episcopale senza il mandato pontificio ma, in seguito, hanno chiesto di poter essere accolti nella comunione con il Successore di Pietro e con gli altri Fratelli nell'episcopato. Il Papa, considerando la sincerità dei loro sentimenti e la complessità della situazione, e tenendo presente il parere dei Vescovi viciniori, in virtù della propria responsabilità di Pastore universale della Chiesa ha concesso ad essi il pieno e legittimo esercizio della giurisdizione episcopale. Questa iniziativa del Papa nasceva dalla conoscenza delle particolari circostanze della loro ordinazione e dalla sua profonda preoccupazione pastorale di favorire il ristabilimento di una piena comunione. Purtroppo, il più delle volte, i sacerdoti e i fedeli non sono stati adeguatamente informati dell'avvenuta legittimazione del loro Vescovo, e ciò ha dato luogo a non pochi e gravi problemi di coscienza. Per di più, alcuni Vescovi legittimati non hanno posto gesti, che comprovassero chiaramente l'avvenuta legittimazione. Per questo motivo è indispensabile che, per il bene spirituale delle comunità diocesane interessate, l'avvenuta legittimazione possa essere resa di pubblico dominio a tempi brevi e che i Presuli legittimati pongano sempre di più gesti inequivocabili di piena comunione con il Successore di Pietro.

Non mancano infine alcuni Vescovi — in un numero molto ridotto — che sono stati ordinati senza il mandato pontificio e non hanno chiesto, o non hanno ancora ottenuto, la necessaria legittimazione. Secondo la dottrina della Chiesa cattolica essi sono da ritenere illegittimi, ma validamente ordinati, qualora ci sia la certezza che hanno ricevuto l'ordinazione da Vescovi validamente ordinati e che è stato rispettato il rito cattolico dell'ordinazione episcopale. Essi pertanto, pur non essendo in comunione con il Papa, esercitano validamente il loro ministero nell'amministrazione dei sacramenti, anche se in modo illegittimo. Quale grande ricchezza spirituale ne deriverebbe per la Chiesa in Cina se, in presenza delle necessarie condizioni, anche questi Pastori pervenissero alla comunione con il Successore di Pietro e con tutto l'Episcopato cattolico! Non solo sarebbe legittimato il loro ministero episcopale, ma anche risulterebbe più ricca la loro comunione con i sacerdoti e con i fedeli che considerano la Chiesa in Cina parte della Chiesa cattolica, unita con il Vescovo di Roma e con tutte le altre Chiese particolari sparse per il mondo.

Nelle singole nazioni tutti i Vescovi legittimi costituiscono una Conferenza Episcopale, retta secondo uno statuto proprio che, a norma del diritto canonico, deve essere approvato dalla Sede Apostolica. Tale Conferenza Episcopale esprime la comunione fraterna di tutti i Vescovi di una nazione e tratta le questioni dottrinali e pastorali, che sono rilevanti per l'intera comunità cattolica nel Paese, senza però interferire nell'esercizio della potestà ordinaria e immediata di ogni Vescovo nella sua diocesi propria. Inoltre, ogni Conferenza Episcopale mantiene opportuni e utili contatti con le Autorità civili del luogo, anche per favorire la collaborazione tra la Chiesa e lo Stato, ma è ovvio che una Conferenza Episcopale non può essere sottoposta a nessuna Autorità civile nelle questioni di fede e di vita secondo la fede (fides et mores, vita sacramentale), che sono esclusivamente di competenza della Chiesa.

Alla luce dei principi sopra esposti, l'attuale Collegio dei Vescovi Cattolici di Cina [42] non può essere riconosciuto come Conferenza Episcopale dalla Sede Apostolica: non ne fanno parte i Vescovi « clandestini », cioè non riconosciuti dal Governo, che sono in comunione con il Papa; include Presuli, che sono tuttora illegittimi, ed è retta da Statuti, che contengono elementi inconciliabili con la dottrina cattolica.


Ai cattolici di Cina