Caterina, Dialogo 17

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CAPITOLO XVII.

Allora Dio, come ebbro d'amore verso la salute nostra, teneva modo da accendere maggiore amore e dolore in quella anima in questo modo, mostrando con quanto amore aveva creato l'uomo, sì come di sopra alcuna cosa dicemmo, e diceva: - Or non vedi tu che ogni uno mi percuote, (Is 50,6 Ps 101,5) e Io gli ò creati con tanto fuoco d'amore, e dotatili di grazia, e molti quasi infiniti doni ò dato a loro per grazia e non per debito? Or vedi figliuola, con quanti e diversi peccati essi mi percuotono, e spezialmente col miserabile e abominevole amore proprio di loro medesimi, unde procede ogni male.

Con questo amore ànno avvelenato tutto quanto il mondo, però che come l'amore di me tiene in sé ogni virtù partorita nel prossimo, sì come Io ti mostrai, così l'amore proprio sensitivo, perché procede dalla (17v) superbia come il mio procede da carità, contiene in sé ogni male. § 7 , 338) E questo male fanno col mezzo della creatura, separati e divisi da la carità del prossimo, però che me non ànno amato né il prossimo amano, però che sono uniti l'uno e l'altro insieme. E però ti dissi che ogni bene ed ogni male era fatto col mezzo del prossimo; sì come Io di sopra questa parola ti spianai. § 6 ) Molto mi posso lagnare de l'uomo, che da me non à ricevuto altro che bene e a me dà odio facendo ogni male, per che Io ti dissi che con le lagrime de' servi miei mitigarei l'ira mia, e così ti ridico: voi servi miei paratevi dinanzi con le molte orazioni e ansietati desideri e dolore dell'offesa fatta a me e della dannazione loro, e così mitigarete l'ira mia del divino giudicio.



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CAPITOLO XVIII.

Sappi che veruno può escire delle mie mani, però che Io sono colui che so', (Ex 3,14) e voi non sete per voi medesimi, se non quanto sete fatti da me, il quale so' creatore di tutte le cose che participano essere, eccetto che del peccato che non è, e però non è fatto da me. E perché non è in me, non è degno d'essere amato. E però offende la creatura, perché ama quello che non debba amare, cioè il peccato, e odia me; ché è tenuta e obligata d'amarmi, ché so' sommamente buono e ògli dato l'essere con tanto fuoco d'amore. Ma di me non possono escire: o eglino ci stanno per giustizia, per le colpe loro, o eglino ci stanno per misericordia.

Apre dunque l'occhio dello 'ntelletto e mira nella mia mano, e vedrai ch'egli è la verità quello che Io t'ò detto. - Allora ella, levando l'occhio per obedire al sommo Padre, vedeva nel pugno suo rinchiuso tutto l'universo mondo, dicendo Dio: - Figliuola mia, or vedi e sappi che veruno me ne può essere tolto, però che tutti ci stanno, o per giustizia o per misericordia (Tb 13,2 Sg 16,15) come detto è, però che sono miei e creati da me, e amogli ineffabilmente. E però, non ostanti le iniquità loro, Io lo' farò misericordia col mezzo de' servi miei, e adempirò la petizione tua, che con tanto amore e dolore me l'ài addimandata. - (18r)


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CAPITOLO XIX.

Allora quella anima, come ebbra e quasi fuore di sé, crescendo il fuoco, stava quasi beata e dolorosa. § 78 , 1571ss.; § 89 , 133ss.) Beata stava per l'unione che aveva fatta in Dio gustando la larghezza e bontà sua, tutta annegata nella sua misericordia; e dolorosa era vedendo offendere tanta bontà.

E rendeva grazie alla divina Maiestà, quasi cognoscendo che Dio avesse manifestato i difetti delle creature perché fosse costretta a levarsi con più sollicitudine e maggiore desiderio.

Sentendosi rinovare il sentimento dell'anima nella Deità eterna, crebbe tanto il santo e amoroso fuoco, che il sudore dell'acqua, il quale ella gittava per la forza che l'anima faceva al corpo - perché era più perfetta l'unione che quella anima aveva fatta in Dio, che non era l'unione fra l'anima e il corpo e però sudava per forza e caldo d'amore - ma ella lo spregiava per grande desiderio che aveva di vedere escire del corpo suo sudore di sangue, (Let 293) dicendo a se medesima: - O anima mia, oimè, tutto il tempo della vita tua ài perduto, e però sono venuti tanti mali e danni nel mondo e nella santa Chiesa, molti in comune ed in particulare; e però io voglio che tu ora remedisca col sudore del sangue. - Veramente questa anima aveva bene tenuta a mente la dottrina che le dié la Verità, di sempre cognoscere sé e la bontà di Dio in sé, e 'l rimedio che si voleva a remediare tutto quanto il mondo, a placare l'ira e 'l divino giudicio, cioè con umili e continue e sante orazioni.

Allora questa anima, speronata dal santo desiderio, si levava molto maggiormente aprendo l'occhio dello 'ntelletto e speculavasi nella divina carità, dove vedeva e gustava quanto siamo tenuti d'amare e di cercare la gloria e loda del nome di Dio nella salute dell'anime. A questo vedeva chiamati i servi di Dio, e singularmente chiamava ed eleggeva la Verità eterna il padre dell'anima sua, (Let 272) il quale ella portava dinnanzi alla divina Bontà pregandolo che infondesse in lui uno lume di grazia, acciò che in verità seguitasse essa Verità. (18v)

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CAPITOLO XX.

Allora Dio rispondendo alla terza petizione (Let 272) cioè della fame della salute sua, diceva: - Figliuola, questo voglio che egli cerchi: di piacere a me, Verità, nella fame della salute dell'anime con ogni sollicitudine. Ma questo non potrebbe, né egli né tu né veruno altro, avere senza le molte persecuzioni, sì come Io ti dissi di sopra, § 4 -V) secondo che Io ve le concedarò.

Sì come voi desiderate di vedere il mio onore nella santa Chiesa, così dovete concipere amore a volere sostenere con vera pazienzia; ed a questo m'avedrò che egli e tu e gli altri miei servi cercarete il mio onore in verità. Allora sarà egli il carissimo mio figliuolo, e riposarassi, egli e gli altri, sopra al petto de l'unigenito mio Figliuolo, del quale Io ò fatto ponte perché tutti potiate giognere al fine vostro, e ricevere il frutto d'ogni vostra fadiga che avrete sostenuta per lo mio amore. Sicché portate virilmente.



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CAPITOLO XXI.

E perché Io ti dissi che del Verbo de l'unigenito mio Figliuolo avevo fatto ponte, e così è la verità, voglio che sappiate, figliuoli miei, che la strada si ruppe per lo peccato e disobedienzia di Adam, (Is 59,2) per sì fatto modo che veruno poteva giognere a vita durabile, e non mi rendevano gloria per quel modo che dovevano, non participando quel bene per lo quale Io gli avevo creati, e non avendolo non s'adempiva la mia verità.

Questa verità è che Io l'avevo creato a la imagine e similitudine mia perché egli avesse vita eterna, e participasse me e gustasse la somma ed eterna dolcezza e bontà mia. Per lo peccato suo non giogneva a questo termine, e non s'adempiva la verità mia; e questo era però che la colpa aveva serrato il cielo e la porta della mia misericordia.

Questa colpa germinò spine e tribolazioni con molte molestie, la creatura trovò rebellione a se medesima: subito che l'uomo ebbe ribellato a me, esso medesimo si fu ribello.

La carne ribellò subito contra lo spirito perdendo lo stato della innocenzia, e diventò animale immondo, e tutte le cose create le furono ribelle, dove in prima gli sarebbero state obedienti se egli si fosse conservato nello stato dove Io el posi. Non conservandosi, trapassò l'obedienzia mia e meritò morte eternale ne (19r) l'anima e nel corpo. (Gn 1,28 Gn 3,17-19) E corse, di subito che ebbe peccato, un fiume tempesto che sempre el percuote con l'onde sue, portando fadighe e molestie da sé e molestie dal dimonio e dal mondo. Tutti annegavate, però che veruno, con tutte le sue giustizie, non poteva giognere a vita eterna.

E però Io, volendo remediare a tanti vostri mali, v'ò dato il ponte del mio Figliuolo, acciò che passando il fiume non annegaste; il qual fiume è questo mare tempestoso di questa tenebrosa vita.

Vedi quanto è tenuta la creatura a me, e quanto è ignorante a volersi pure annegare e non pigliare il rimedio che Io l'ò dato.



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CAPITOLO XXII.

Apre l'occhio de l'intelletto tuo e vedrai gli accecati e ignoranti; e vedrai gl'imperfetti, e perfetti che in verità seguitano me, acciò che tu ti doglia della dannazione degli ignoranti, e rallegriti della perfezione de' diletti figliuoli miei. Ancora vedrai che modo tengono quelli che vanno a lume e quelli che vanno a tenebre.

Ma innanzi voglio che raguardi il ponte de l'unigenito mio Figliuolo, e vede la grandezza sua che tiene dal cielo alla terra; cioè riguarda che è unita con la grandezza della deità la terra della vostra umanità. E però dico che tiene dal cielo alla terra: ciò è per l'unione che Io ò fatta ne l'uomo. § 14 ,74ss.) Questo fu di necessità a volere rifare la via che era rotta, sì come Io ti dissi, acciò che giogneste a vita e passaste l'amaritudine del mondo. Pure di terra non si poteva fare di tanta grandezza che fosse sufficiente a passare il fiume e darvi vita eterna; ciò è che pure la terra della natura de l'uomo non era sufficiente a satisfare la colpa e tollere via la marcia del peccato d'Adam, la quale marcia corruppe tutta l'umana generazione e trasse puzza da lei, sì come di sopra ti dissi. Convennesi dunque unire con l'altezza della natura mia, Deità eterna, acciò che fusse sufficiente a satisfare a tutta l'umana generazione: la natura umana sostenesse la pena, e la natura divina unita con essa natura umana accettasse il sacrificio del mio Figliuolo (19v) offerto a me per voi, per tollervi la morte e darvi la vita.

Sì che l'altezza s'aumiliò alla terra della vostra umanità, e unita l'una con l'altra se ne fece ponte e rifece la strada. Perché si fece via? Acciò che in verità veniste a godere con la natura angelica. E non basterebbe a voi, ad avere la vita, perché il Figliuolo mio vi sia fatto ponte, se voi non teneste per esso.



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CAPITOLO XXIII.

Qui mostrava, la Verità eterna, che egli ci aveva creati senza noi, ma non ci salvarà senza noi. Ma vuole che noi ci mettiamo la volontà libera, col libero arbitrio esercitando il tempo con le vere virtù. E però soggiunse, a mano a mano, dicendo: - Tutti vi conviene tenere per questo ponte, cercando la gloria e loda del nome mio nella salute dell'anime, con pena sostenendo le molte fadighe, seguitando le vestigie di questo dolce e amoroso Verbo: in altro modo non potreste venire a me.

Voi siete miei lavoratori, ché v'ò messi a lavorare nella vigna della santa Chiesa. (Mt 20,1-16) Voi lavorate nel corpo universale della religione cristiana, messi da me per grazia, avendovi dato il lume del santo baptesmo, il quale baptesmo aveste nel corpo mistico della santa Chiesa per le mani de' ministri, i quali Io ò messi a lavorare con voi.

Voi sete nel corpo universale, ed essi sono nel corpo mistico, posti a pascere l'anime vostre ministrandovi il sangue ne' sacramenti che ricevete da lei traendone essi le spine de' peccati mortali e piantandovi la grazia. Essi sono miei lavoratori nella vigna dell'anime vostre, legati nella vigna della santa Chiesa.

Ogni creatura che à in sé ragione à la vigna per se medesima, cioè la vigna dell'anima sua, della quale la volontà, col libero arbitrio, nel tempo n'è fatto lavoratore, ciò è mentre che egli vive. Ma poi che è passato il tempo niuno lavorio può fare né buono né gattivo; ma mentre che egli vive può lavorare la vigna sua, nella quale Io l'ò messo. E à ricevuto tanta fortezza questo lavoratore dell'anima, che né dimonio né altra creatura gliel può tollere se elli non vuole; però che ricevendo il santo baptesmo si fortificò, § 14 ,116-120; § 14 ,130-133) e fugli dato uno coltello (20r) d'amore di virtù e odio del peccato.

il quale amore e odio truova nel sangue, però che per amore di voi e odio del peccato morì l'unigenito mio Figliuolo dandovi il sangue, per lo qual sangue aveste vita nel santo baptesmo. § 75 ; § 115 ,484-5) Sì che avete il coltello, il quale dovete usare col libero arbitrio, mentre che avete il tempo, per divellere le spine de' peccati mortali e piantare le virtù. Però che in altro modo da essi lavoratori che Io ò messi nella santa Chiesa, de' quali ti dissi che tollevano il peccato mortale della vigna dell'anima e davanvi la grazia ministrandovi il sangue ne' sacramenti che ordinati sono nella santa Chiesa, non ricevereste il frutto del sangue.

Conviensi dunque che prima vi leviate con la contrizione del cuore, dispiacimento del peccato e amore della virtù e allora riceverete il frutto d'esso sangue. Ma in altro modo no'l potreste ricevere, non disponendovi dalla parte vostra come tralci uniti nella vite de l'unigenito mio Figliuolo, il quale disse: «Io so' vite vera e voi siete tralci, e il Padre mio è il lavoratore». (Jn 15,1) E così è la verità, che Io so' il lavoratore, però che ogni cosa che à essere è escito ed esce di me. La potenzia mia è inestimabile, e con la mia potenzia e virtù governo tutto l'universo mondo: niuna cosa è fatta o governata senza me. Sì che Io so' il lavoratore che piantai la vite vera de l'unigenito mio Figliuolo nella terra della vostra umanità, acciò che voi, tralci, uniti con la vite, faceste frutto.

E però chi non farà frutto di sante e buone operazioni sarà tagliato da questa vite e seccarassi. § 11 ,630ss.) Però che, separato da essa vite, perde la vita della grazia ed è messo nel fuoco eternale, sì come il tralcio che non fa frutto, che è tagliato subito dalla vite ed è messo nel fuoco, perché non è buono ad altro. (Jn 15,6) Or così questi cotali tagliati per l'offese loro, morendo nella colpa del peccato mortale, la divina giustizia, non essendo buoni ad altro, gli mette nel fuoco il quale dura eternalmente.

Costoro non ànno lavorata la vigna loro, anco l'ànno disfatta, la loro e l'altrui: non solo che ci abbino messa alcuna pianta buona di virtù ma essi n'ànno (20v) tratto il seme della grazia, il quale avevano ricevuto nel lume del santo battesmo participando il sangue del mio Figliuolo, il quale fu il vino che vi porse questa vite vera. Ma essi ne l'ànno tratto, questo seme, e datolo a mangiare agli animali, cioè a diversi e molti peccati, e messolo sotto a' piei del disordinato affetto. (Lc 8,6 Lc 8,12) Col quale affetto ànno offeso me e fatto danno a loro e al prossimo.

Ma i servi miei non fanno così, e così dovete fare voi, cioè essere uniti e innestati in questa vite, e allora riportarete molto frutto perché participarete de l'umore di questa vite; (Rm 11,17; OrazX) e stando nel Verbo del mio Figliuolo state in me perché Io so' una cosa con lui ed egli con meco. (Jn 10,30) Stando in lui seguiterete la dottrina sua; seguitando la sua dottrina participate della sustanzia di questo Verbo, cioè participate della deità eterna unita nell'umanità, traendone voi uno amore divino dove l'anima s'inebria. E però ti dissi che participate della sustanzia della vite.



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CAPITOLO XXIV.

Sai che modo Io tengo, poi che i servi miei sono uniti in seguitare la dottrina del dolce e amoroso Verbo? Io gli poto, acciò che faccino molto frutto, e il frutto loro sia provato e non insalvatichisca. Sì come il tralcio che sta nella vite, che il lavoratore el pota perché facci migliore vino e più, e quello che non fa frutto taglia e mette nel fuoco, e così fo Io, lavoratore vero. I servi miei, che stanno in me, Io gli poto con le molte tribolazioni, acciò che faccino piú frutto e migliore, e sia provata in loro la virtù. (Jn 15,2; § 145 , 1345) E quegli che non fanno frutto sono tagliati e messi nel fuoco, come detto t'ò.

Questi cotali sono lavoratori veri, e lavorano bene l'anima loro, traendone ogni amore proprio, rivoltando la terra dell'affetto loro in me. E nutricano e crescono il seme della grazia, il quale ebbero nel santo battesmo. Lavorando la loro, lavorano quella del prossimo, e non possono lavorare l'una senza l'altra.

E già sai che Io ti dissi che ogni male si faceva col mezzo del prossimo e ogni bene. Sì che voi siete miei lavoratori esciti di me, sommo ed eterno lavoratore, il quale v'ò uniti e innestati nella vite per l'unione che Io ò fatta (21r) con voi.

Tiene a mente che tutte le creature che ànno in loro ragione ànno la vigna loro di per sé, la quale è unita senza veruno mezzo col prossimo loro, cioè l'uno con l'altro; e sono tanto uniti, che niuno può fare bene a sé che non facci al prossimo suo, né male che no'l facci a lui.

Di tutti quanti voi è fatta una vigna universale, cioè di tutta la congregazione cristiana, i quali sete uniti nella vigna del corpo mistico della santa Chiesa, unde traete la vita. Nella quale vigna è piantata questa vite de l'unigenito mio Figliuolo, in cui dovete essere innestati. Non essendo voi innestati in lui, sete subito ribelli alla santa Chiesa e sete come membri tagliati dal corpo, che subito imputridisce.

è vero che, mentre che avete il tempo, vi potete levare dalla puzza del peccato col vero dispiacimento e ricorrire a' miei ministri, i quali sono lavoratori che tengono le chiavi del vino, cioè del sangue, escito di questa vite; il quale sangue è sì fatto e di tanta perfezione, che per veruno difetto del ministro non vi può essere tolto il frutto d'esso sangue. § 115 ,463ss.) Il legame della carità è quello che li lega con vera umilità, acquistata nel cognoscimento di sé e di me. Sì che vedi che tutti v'ò messi per lavoratori. Ed ora di nuovo v'invito, perché il mondo già viene meno, tanto sono multiplicate le spine che ànno affogato il seme, (Lc 8,7) in tanto che niuno frutto di grazia vogliono fare.

Voglio dunque che siate lavoratori veri, che con molta sollicitudine aitiate a lavorare l'anime nel corpo mistico della santa Chiesa. A questo v'eleggo, perché Io voglio fare misericordia al mondo, per lo quale tu tanto mi preghi. - Allora l'anima con ansietato amore diceva:

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CAPITOLO XXV.

- O inestimabile, dolcissima carità, chi non s'accende a tanto amore? qual cuore si può difendere che non venga meno? Tu, abisso di carità, pare che impazzi delle tue creature, come se tu senza loro non potessi vivere, con ciò sia cosa che tu sia lo Idio nostro (21v) che non ài bisogno di noi. Del nostro bene a te non cresce grandezza, però che tu se' immobile; del nostro male a te non è danno, però che tu se' somma ed eterna bontà. Chi ti muove a fare tanta misericordia? L'amore, e non debito né bisogno che tu abbi di noi, però che noi siamo rei e malvagi debitori.

Se io veggo bene, somma ed eterna Verità, io so' il ladro e tu se' lo 'mpiccato per me, perché veggo il Verbo tuo Figliuolo confitto e chiavellato in croce, del quale m'ài fatto ponte, secondo che ài manifestato a me, miserabile tua serva. Per la quale cosa il cuore scoppia e non può scoppiare per la fame e desiderio che à conceputo in te.

Ricordomi che tu volevi mostrare chi sono coloro che vanno per lo ponte e chi non vi va; § 22 ,398) e però, se piacesse alla bontà tua di manifestarlo, volentieri el vedrei e udirei da te.-



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CAPITOLO XXVI.

Allora Dio eterno, per fare più inamorare e inanimare quella anima verso la salute dell'anime, § 20 le rispose e disse: - Prima che Io ti mostri quello che Io ti voglio mostrare, e di che tu mi dimandi, ti voglio dire come il ponte sta.

Detto t'ò che egli tiene dal cielo alla terra: ciò è per l'unione che Io ò fatta ne l'uomo, il quale Io formai del limo della terra. (Gn 2,7) Questo ponte, unigenito mio Figliuolo, à in sé tre scale, delle quali le due furono fabricate in sul legno della santissima croce, e la terza anco sentì la grande amaritudine quando gli fu dato bere fiele e aceto.

In questi tre scaloni cognoscerai tre stati dell'anima, i quali Io ti dichiararò di sotto.

Il primo scalone sono i piei, i quali significano l'affetto, però che, come i piei portano il corpo, così l'affetto porta l'anima. I piei confitti ti sono scalone acciò che tu possa giognere al costato, il quale ti manifesta il segreto del cuore. Però che, salito in su' piei de l'affetto, l'anima comincia a gustare l'affetto del cuore ponendo l'occhio de l'intelletto nel cuore aperto del mio Figliuolo, dove truova consumato e ineffabile amore.

Consumato dico, ché non v'ama per propria (22r) utilità, però che utilità a lui non potete fare, però che egli è una cosa con meco. Allora l'anima s'empie d'amore, vedendosi tanto amare. Salito al secondo giogne al terzo, cioè alla bocca, dove truova la pace della grande guerra che prima aveva avuta per le colpe sue. (Let 34; Let74; Let75; Let 120) Per lo primo scalone, levando i piei dell'affetto dalla terra, si spogliò del vizio, nel secondo si vestì d'amore con virtù, e nel terzo gustò la pace.

Sì che il ponte à tre scaloni, acciò che salendo il primo e 'l secondo potiate giognere all'ultimo. Ed è levato in alto, sì che correndo l'acqua non l'offende però che in lui non fu veleno di peccato. (1Jn 3,5 Jn 8,46) Questo ponte è levato in alto, e non è separato perciò dalla terra. Sai quando si levò in alto? Quando fu levato in sul legno della santissima croce, non separandosi però la natura divina dalla bassezza della terra della vostra umanità. E però ti dissi che essendo levato in alto non era levato dalla terra, perché ella era unita e impastata con essa. Non era veruno che sopra al ponte potesse andare infino che egli non fu levato in alto, e però disse egli: «Se io sarò levato in alto ogni cosa tirerò a me». (Jn 12,32) Vedendo la mia bontà che in altro modo non potavate essere tratti, manda'lo perché fosse levato in alto in sul legno della croce, facendone una ancudine dove si fabricasse il figliuolo dell'umana generazione, (Ps 128,3) per tollargli la morte e restituirlo alla vita della grazia. E però trasse ogni cosa a sé per questo modo, per dimostrare l'amore ineffabile che v'aveva, perché il cuore de l'uomo è sempre tratto per amore.

Maggiore amore mostrare non vi poteva, che dare la vita per voi. (Jn 15,13) Per forza dunque è tratto da l'amore, se già l'uomo ignorante non fa resistenzia in non lassarsi trare.

Disse dunque ch'essendo levato in alto ogni cosa trarebbe a sé, e così è la verità, e questo s'intende in due modi.

L'uno si è che, tratto il cuore dell'uomo per affetto d'amore, come detto t'ò, è tratto con tutte le potenzie dell'anima, cioè la memoria lo 'ntelletto e la voluntà. Accordate queste tre potenzie e congregate nel nome mio, tutte le altre operazioni che l'uomo fa, attuali e mentali, sono tratte piacevoli, e unite in me per affetto d'amore, perché s'è levato in alto seguitando l'amore crociato. (22v) Sì che bene disse verità la mia Verità dicendo: «Se io sarò levato in alto ogni cosa trarrò a me», ciò è che, tratto il cuore e le potenzie dell'anima, saranno tratte tutte le sue operazioni. (Mt 12,33-35; § 89 ,34ss.) L'altro modo si è, perché ogni cosa è creata in servigio de l'uomo. Le cose create sono fatte perché servino e sovenghino alla necessità delle creature; e non la creatura che à in sé ragione è fatta per loro, anco per me, acciò che mi serva con tutto il cuore e con tutto l'affetto suo. Sì che vedi che essendo tratto l'uomo ogni cosa è tratta, perché ogni cosa è fatta per lui. § 21 ,360-67-375-383) Fu dunque di bisogno che il ponte fosse levato in alto e abbi le scale, acciò che si possa salire con più agevolezza.



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CAPITOLO XXVII.

Questo ponte si à le pietre murate acciò che venendo la piova non impedisca l'andatore. Sai quali pietre son queste? Sono le pietre delle vere e reali virtù. Le quali pietre non erano murate inanzi alla passione di questo mío Figliuolo, e però erano impediti che niuno poteva giognere al termine suo, quantunque essi andassero per la via delle virtù.

Non era ancora diserrato il cielo con la chiave del sangue, e la piova della giustizia non gli lassava passare. Ma poi che le pietre furono fatte e fabricate sopra'l corpo del Verbo del dolce mio Figliuolo, di cui Io t'ò detto che è ponte, egli le mura e intride la calcina per murarle col sangue suo, ciò è che 'l sangue è intriso con la calcina della deità e con la fortezza e fuoco della carità. (Ep 2,20-22) Con la potenzia mia murate sono le pietre delle virtù sopra di lui medesimo, però che niuna virtù è che non sia provata in lui, e da lui ànno vita tutte le virtù. E però niuno può avere virtù che dia vita di grazia se non da lui, ciò è seguitando le vestigie e la dottrina sua. (Jn 15,5 Ac 4,12) Egli à maturate le virtù ed egli l'à piantate come pietre vive, murate col sangue suo, acciò che ogni fedele possa andare espeditamente e senza veruno timore servile di piova della divina giustizia, perché è ricoperto con misericordia. (23r) La quale misericordia discese di cielo nella incarnazione di questo mio Figliuolo.

Con che s'aperse? Con la chiave del sangue suo. Sì che vedi che il ponte è murato ed è ricuperto con la misericordia, e su v'è la bottiga del giardino della santa Chiesa, la quale tiene e ministra il pane della vita e dà bere il sangue acciò che i viandanti peregrini delle mie creature, stanchi, non vengano meno nella via. E per questo à ordinato la mia carità che vi sia ministrato il sangue e 'l corpo de l'unigenito mio Figliuolo, tutto Dio e tutto uomo.

E passato il ponte si giogne alla porta, la quale porta è esso ponte, per la quale tutti vi conviene entrare. (Jn 10,9) E però disse egli: «Io so' via, verità, e vita; chi va per me non va per la tenebre ma per la luce».

E in altro luogo disse la mia Verità che niuno poteva venire a me se non per lui, (Jn 14,6 Jn 8,12) e così è.

E, se bene ti ricorda, così ti dissi e mostrato te l'ò, volendoti fare vedere la via. Unde, se egli dice che è via, egli dice la verità; e già te l'ò mostrato che egli è via, in forma d'uno ponte. E dice che è verità, e così è, perciò che egli è unito con meco che so' somma Verità, e chi el seguita va per la verità.

Ed è vita, e chi seguita questa verità riceve la vita della grazia e non può perire di fame, perché la Verità vi s'è fatto cibo; né può cadere in tenebre perché egli è luce, privato della bugia, anco con la verità confuse e distrusse la bugia del dimonio, la quale egli disse ad Eva. La quale bugia ruppe la strada del cielo e la Verità l'à racconcia e murata col sangue.

Quegli che seguitano questa via sono figliuoli della verità, perché seguitano la verità, e passano per la porta della verità, e truovansi in me, unito con la porta e via del mio Figliuolo, Verità eterna, mare pacefico.

Ma chi non tiene per questa via tiene di sotto per lo fiume, il quale è via non posta con pietre ma con acqua. E perché l'acqua non à ritegno veruno, nessuno vi può andare che non annieghi.

Cosí sono fatti i diletti e gli stati del mondo (23v), e perché l'affetto non è posto sopra la pietra, (Mt 7,24-27) ma è posto con disordinato amore nelle creature e nelle cose create, amandole e tenendole fuore di me, ed elle son fatte come l'acqua che continuamente corre, così corre l'uomo come elleno; ben che a lui pare che corrano le cose create che egli ama, ed egli è pure egli che continuamente corre verso il termine della morte. Vorrebbe tenere sé, cioè la vita sua e le cose che egli ama, che non corrissero venendogli meno: o per la morte, che egli lassi loro, o per mia dispensazione, che le cose create sieno tolte dinanzi alle creature; ed egli non può tenerle.

Costoro seguitano la bugia, tenendo per la via della bugia, e sono figliuoli del dimonio il quale è padre delle bugie (Jn 8,4) e perché passano per la porta della bugia ricevono eterna dannazione. Sì che vedi che Io t'ò mostrata la verità e mostrata la bugia, cioè la via mia che è verità, e quella del dimonio che è bugia.

Queste sono due strade, e per ciascuna si passa con fadiga.



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CAPITOLO XXVIII.

Mira quanta è l'ignoranzia e cechità dell'uomo che, essendogli fatta la via, vuole tenere per l'acqua. La quale via è di tanto diletto a coloro che vanno per essa, che ogni amaritudine lo' diventa dolce e ogni grande peso lo' diventa leggiero. (Mt 11,30) Essendo nella tenebre del corpo truovano il lume, ed essendo mortali truovano la vita immortale, gustando per affetto d'amore, col lume della fede, la Verità eterna che promette di dare refrigerio a chi s'affadiga per me che so' grato e cognoscente e sono giusto, che a ogni uno rendo giustamente secondo che merita, unde ogni bene è remunerato e ogni colpa punita.

El diletto che à colui che va per questa via non sarebbe la lingua tua sufficiente a poterlo narrare, né l'orecchie a poterlo udire, né l'occhio a poterlo vedere, però che in questa vita gusta e participa di quello bene che gli è apparecchiato nella vita durabile. (1Co 2,9) Bene è (24r) dunque matto colui che schifa tanto bene ed elegge innanzi di gustare in questa vita l'arra de l'inferno tenendo per la via di sotto dove va con molte fadighe e sanza niuno refrigerio e senza veruno bene; però che per lo peccato loro sono privati di me che so' sommo ed eterno bene.

Bene ài dunque ragione, e voglio, che tu e gli altri servi miei stiate in continua amaritudine dell'offesa mia, e compassione della ignoranzia e danno loro, con la quale ignoranzia m'offendono.

Ora ài veduto e udito del ponte come egli sta, e questo ò detto per dichiarare quello che Io ti dissi, che era ponte l'unigenito mio Figliuolo, e così vedi che è la verità, fatto per lo modo che Io t'ò detto cioè unita l'altezza con la bassezza.



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CAPITOLO XXIX.

Poi che l'unigenito mio Figliuolo ritornò a me doppo la resurrezione quaranta dì, questo ponte si levò dalla terra, ciò è dalla conversazione degli uomini, e salse in cielo per la virtù della natura mia divina, e siede dalla mano dritta di me, Padre eterno. Sì come disse l'angelo a' discepoli il dì dell'ascensione stando quasi come morti, perché i cuori loro erano levati in alto e saliti in cielo colla Sapienzia del mio Figliuolo.

Disse: «Non state più qui, ché egli siede dalla mano dritta del Padre». (Ac 1,11) Levato in alto e tornato a me, Padre, Io mandai il maestro, cioè lo Spirito santo, il quale venne con la potenzia mia e con la sapienza del mio Figliuolo, e con la clemenzia sua, d'esso Spirito santo. (Let94) Egli è una cosa con meco Padre e col Figliuolo mio. Unde fortificò la via della dottrina che lassò la mia Verità nel mondo. E però, partendosi la presenzia, non si partì la dottrina né le virtù, vere pietre fondate sopra questa dottrina, la quale è la via che v'à fatto questo dolce e glorioso ponte. Prima adoperò egli e con le sue operazioni fece la via, dando la dottrina a voi per esemplo più che per parole; anco prima fece che egli dicesse. (Ac 1,1) Questa dottrina certificò la clemenzia dello Spirito santo, (Let 164) fortificando le menti dei discepoli a confessare la verità e annunziare questa via, cioè la dottrina (24v) di Cristo crocifisso, riprendendo per mezzo di loro il mondo delle ingiustizie e de' falsi giudicii, delle quali ingiustizie e giudicio di sotto più distesamente ti narrarò. (Jn 16,8; § 35 -XXXVI) Òtti detto questo acciò che nelle menti di chi ode non potesse cadere veruna tenebre che obfuscasse la mente, ciò è che volessero dire che di questo corpo di Cristo se ne fece ponte per l'unione della natura divina unita con la natura umana; questo veggo che egli è la verità. Ma questo ponte si partì da noi salendo in cielo. Egli c'era una via che c'insegnava la verità, vedendo l'esemplo e costumi suoi, ora che ci è rimaso? e dove truovo la via? Dicotelo, cioè dico a coloro a cui cadesse questa ignoranzia.

La via della dottrina sua, la quale Io t'ò detta, confermata dagli apostoli e dichiarata nel sangue dei martiri, alluminata col lume dei dottori e confessata per li confessori, e trattane la carta per gli evangelisti, i quali stanno tutti come testimoni a confessare la verità nel corpo mistico della santa Chiesa. (Ep 4,7-12; § 85 ,1993) Essi sono come lucerna posta in sul candelabro (Mt 5,15 Mc 4,21 Lc 8,16) per mostrare la via della verità, la quale conduce a vita con perfetto lume, come detto t'ò.

E come te la dicono? Per pruova, perché l'ànno provata in loro medesimi. Sì che ogni persona è alluminata in cognoscere la verità, se egli vuole, ciò è che egli non si voglia tollere il lume della ragione col proprio disordinato amore. Sì che egli è verità che la dottrina sua è vera, ed è rimasa come navicella a trare l'anime fuore del mare tempestoso e conducerle a porto di salute.

Sì che in prima Io vi feci il ponte del mio Figliuolo attualmente, come detto ò, conversando con gli uomini; e levato il ponte attuale rimase il ponte e la via della dottrina, como detto è, essendo la dottrina unita con la potenzia mia, con la sapienzia del Figliuolo e con la clemenzia dello Spirito santo.

Questa potenzia dà virtù di fortezza a chi seguita questa via, la sapienzia gli dà lume (25r) che in essa via cognosce la verità, e lo Spirito santo gli dà amore, il quale consuma e tolle ogni amore sensitivo dell'anima, e solo gli rimane l'amore delle virtù. Sì che in ogni modo, o attuale o per dottrina, egli è via verità e vita, la quale via è il ponte che vi conduce all'altezza del cielo.

Questo volse egli dire quando disse: «Io venni dal Padre e ritorno al Padre» e «tornerò a voi». (Jn 16,28) Ciò è a dire: il Padre mio mi mandò a voi e àmmi fatto vostro ponte acciò che esciate del fiume e potiate giognere alla vita. Poi dice: «E tornarò a voi: Io non vi lassarò orfani ma mandaròvi el Paraclito». (Jn 14,18 Jn 14,26) Quasi dicesse la mia Verità: Io n'andarò al Padre e tornarò, ciò è che, venendo lo Spirito santo, il quale è detto Paraclito, vi mostrerà piú chiaramente e vi confermerà me, via di verità, cioè la dottrina che io v'ò data.

Disse che tornarebbe ed egli tornò, però che lo Spirito santo non venne solo, ma venne con la potenzia di me Padre, con la sapienzia del Figliuolo, e con essa clemenzia di Spirito santo. (Let94) Vedi dunque che torna, non attualmente ma con la virtù come detto t'ò, fortificando la strada della dottrina. La quale via e strada non può venire meno, né essere tolta a colui che la vuole seguitare, perché ella è ferma e stabile e procede da me che non mi muovo.

Adunque virilmente dovete seguitare la via e senza alcuna nuvila, ma col lume della fede, la quale v'è data per principale vestimento nel santo battesmo.

Ora t'ò mostrato a pieno e dichiarato il ponte attuale e la dottrina, la quale è una cosa insieme col ponte; ed ò mostrato all'ignorante chi gli manifesta questa via, che ella è verità, e dove stanno coloro che la 'nsegnano. E dissi che erano gli apostoli ed evangelisti, martiri e confessori e santi dottori, posti nel luogo della santa Chiesa come lucerne. (Mt 5,14-15) E òtti mostrato e detto come venendo a me egli tornò a voi, non presenzialmente ma con (25v) la virtù, come detto è, cioè venendo lo Spirito santo sopra discepoli, però che presenzialmente non tornarà se none ne l'ultimo dì del giudicio, quando verrà colla mia maiestà e potenzia divina a giudicare il mondo, e a rendere bene a' buoni e remunerargli delle loro fadighe, l'anima e 'l corpo insieme, e a rendere male di pena eternale a coloro che iniquamente sono vissuti nel mondo.

Ora ti voglio dire quello che Io, Verità, ti promisi, § 22 ,398) ciò è di mostrarti quelli che vanno imperfettamente e quelli che vanno perfettamente e altri con la grande perfezione, e in che modo vanno; e gli iniqui che con le iniquità loro s'anniegano nel fiume, giognendo ai crociati tormenti.

Ora dico a voi, carissimi figliuoli miei, che voi teniate sopra il ponte e non di sotto, però che quella non è la via della verità, anco è quella della bugia dove vanno gl'iniqui peccatori, per li quali Io vi prego che voi mi preghiate, e per li quali Io vi richieggo lacrime e sudori, acciò che da me ricevano misericordia. -


Caterina, Dialogo 17