Caterina, Lettere 314

314

1) Epistola de la beata Caterina da Siena a certi suoi divoti figliuoli.

2) A monna Gostanza donna di Nicolò Soderini da Fiorenza


Al nome di Gesù Cristo e di Maria dolce.

Dilettissimi figliuoli in Cristo dolce Gesù, io Caterina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi el cuore e l'affetto vostro spogliato da l'amore miserabile del mondo, sì e per sì-fatto modo ch'ogni cosa miserabile vi venga a tedio e a dispiacere, in tanto che voi diciate coll'apostolo dolce Pavolo: «Io disidero d'essare disciolto dal corpo e d'essare con Cristo»(Ph 1,23).

Conosceva Pavolo che la vita corporale gli era grande impedimento fra Dio e lui, per due modi. L'uno, ché 'l corpo sempre ribella a lo spirito: esendo ribello a lo spirito è ribello al suo Creatore. L'altro si è che la vita corporale non ci lassa vedere la visione di Dio infino che l'anima non è sciolta da questo legame, e perciò Pavolo e gli altri servi di Dio ànno la morte in desiderio e la vita in pazienzia. Ma pensate che due morti ci conviene avere prima che giogniamo a la vita: la prima si è che la criatura muoia ad ogni propria e perversa sua volontà, la quale volontà sensitiva, a chi non l' uccide, el conduce ne la morte eternale. è di bisogno che l' uomo se ne lievi e tolga il coltello de l'odio e de l'amore: odio del peccato e amore de le virtù; a questo modo aspetarà l'anima la seconda morte corporale, la quale è fine d'ogni fadiga, termina ogni tenebre, e fa giognare l'anima a la luce de la visione dello Dio suo.

Ma pensate, figliuogli miei, che se non fuste vissuti co' la volontà morta, come detto è, non sarebbe tanto gloriosa la morte corporale sua, anco sarebbe molto penosa. Voglio adunque che seguitiate le vere e reali virtù, fugendovi dal mondo e da le dilizie sue, acostandovi a Dio, e ricevarete somma allegrezza e gaudio e sicurtà, perdendo ogni timore servile, ma conceparete una fede viva, e con essa guardarete la divina misericordia; ne la fede trovarete che Dio non vuole altro che la vostra santificazione. E perché noi fussimo santificati in lui, donocci el Verbo del Figliuolo suo e volse che morisse de l'obrobiosa morte de la croce: ine si truova tanta larghezza di misericordia che né lingua umana né cuore non è soficiente a poterlo dire né imaginare. E così si perde ne la misericordia el timore e la pena.

Alcuna volta è che l'anima, per tenerezza e timore che à de la morte, à grandissima pena, e questo è per illusione di dimonio, dicendo il dimonio ne la mente sua: «Vedi che tu morrai e non ài fatto veruno bene, che sai tu dove tu n'andarai? L'uopare tue non meritano altro che l'inferno». E da l'altra parte gli dà una tenerezza di se medesimo, dicendo: «Or ch'è a pensare, che 'l corpo tuo è stato in tante dilicatezze e dilizie del mondo, e testé sarai morto e più ladio che neuno altro animale!» La perversità del dimonio dà questo pensiero e cogitazione nel cuore solo per farlo venire a disperazione e a confusione di mente, e per fargli vedere solo e' difetti e peccati suoi, e nascondare la divina misericordia.

Convienesi ponare rimedio a tanta malizia del dimonio, e rispondare in sé medesimo a queste cogitazioni che gli vengono, vollendo l'occhi al suo Creatore e dire: Io conosco ch'io so' mortale, la qual cosa m'è grandissima grazia, ché per la morte io giognarò al mio fine, a Dio, ch'è mia vita. E anco ti confesso che la vita mia, co' l'operazioni ch'i' ò fatte, non meritano altro che lo 'nferno; ma io ò fede e speranza nel mio Creatore e nel sangue del consumato e svenato Agnello, che mi perdonarà e' miei peccati e darammi grazia, e io m'ingegnarò di coregere la vita mia per lo tempo presente. E se pure la morte ora mi venisse prima ch'io coregessi la vita mia - cioè ch'io non avessi anco fatta penetenzia de' peccati miei -, dico: io mi confido (), vego che none à veruna comparazione da la divina misericordia a' peccati miei; anco più, che se tutti e' peccati che si possono comettere fussero raunati in una creatura, sono quanta una gocciola d'aceto in mezzo del mare: così e' peccati a rispetto de la divina misericordia, pur che l'anima voglia tornare a ricevarla con pura e santa disposizione, con dispiacimento de la colpa comessa, nel quale dispiacimento perde la tenerezza del corpo suo e d'ogni cosa creata. A questo modo l'anima s'asicura e cresce l'amore nel fine suo, e perde el timore servile de la confusione; dilettasi con grandissima giocondità col diletto suo Cristo crucifisso, aspettando con grandissima letizia e riposo a l'ora de la morte, e non tanto che 'l 'spetti, ma desidera de vedersi levare del mondo ed esser con Cristo.

Or su, figliuogli miei dolci, non più timore, ma co' letizia passate questo punto del tempo, con uno desiderio de la virtù, con una vera pazienzia, sostenendo ogni pena corporale e mentale, o per infermità o per qualunque altro modo Dio ve le concedesse. Non mi schifate pene, ma stregnetevi e abraciatevi co' la croce e co' le pene, ché ogni pena che voi avarete v'è conceduta da Dio per vostra utilità, perché vuole avere di che rimunerarvi quando 'scirete del mare tempestoso di questa tenebrosa vita: andarete a luoghi di riposi, a la città vera di Yerusalem, visione di pace, dove ogni bene è rimunerato, cioè ogni pazienzia e buona operazione la quale noi adoperiamo in questa vita.

Or quanto sarebbe stolto e matto quello mercatante a cui fusse messo in mano el tesoro perché guadagnasse con esso, ed egli per timore de la pena il sotterasse sotto la terra (Mt 25,25): degno sarebbe di grande riprensione, e che gli fusse tolta la vita. Noi siamo quegli mercatanti, a cui è comesso il tesoro del tempo, co' libero arbitrio - volontà libera la quale Dio ci à data e comessa perché noi guadagniamo - però che, mentre ch'aviamo el tempo, siamo atti a perdare e a guadagnare, secondo che piace a la volontà nostra. Saremmo stolti se, per timore de la pena e per paura, noi sotterassimo questo tempo e questa volontà, la quale ci è data perché noi guadagniamo vita eterna - vivendo vertudiosamente - e non ne comprassimo lo 'nferno, vivendo viziosamente: alora vive viziosamente, quando soterra il tempo e la volontà ne la terra, cioè ne l'afetto e desiderio terreno, disordinato fuore di Dio. E però dissi io a voi che 'l cuore e l'afetto fusse spogliato d'ogni amore e affetto del mondo e timore servile, ma voglio che siate vestiti solo di Cristo crocifisso, e ine ponete la fede e la speranza vostra, acciò ch'el dimonio co' suoi ingani non vi possa pigliare co' la disordinata paura de la morte, ma con desiderio vogliate tornare al fine vostro. Altro non dico.

Bagnatevi nel sangue di Cristo dolce Gesù. Benedicete la fanciulla in Cristo dolce Gesù. Racomandatemi a monna Nera e a Nicolò, e dite lo' che sappino furare el tempo, e spendarlo con vero e santo desiderio mentre che l'ànno.

Permanete ne la santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.



315

A don Pietro da Melano, monaco de l'ordine di Certosa.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimo figliuolo in Cristo dolce Gesù, io Caterina, schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi laudare e benedicere Dio in ogni tempo.

Ma non so vedere che questa laude, la quale siamo tenuti di fare a Dio per debito, si possa mai fare senza el lume, el quale lume à a discernere quale è quella cosa che sia degna di laude e quale di biasimo. Senza el lume, sarebbe l'uomo ingannato dalla tenebre: el bianco li parebe nero, e 'l nero bianco. Adunque molto ci è necessario el lume. è da levarsi con ragione sopra la sedia della conscienzia nostra, e con lume tenersi ragione, e dissolvere la nuvila de l'amore proprio di noi medesimi, cioè de l'amore sensitivo che l'uomo à a se medesimo, el quale amore è uno veleno che atosca l'anima, guastale il gusto del santo desiderio, sì che le cose amare gli parono dolci, e le dolci amare: accieca l'anima, che non le lassa cognoscere né discernere la verità. Non cognoscendola, non l'ama, e però questi cotali non rendono gloria a Dio, né benedicono il nome suo. Anco, vanno con tedio, dispiacimento e giudicio verso di Dio e verso il prossimo loro; giudicano secondo il loro basso e infermo parere e vedere, e non secondo verità.

Unde il servo del mondo giudica gli stati e delizie sue essere grande dignità, ed elle sono il contrario, ché, per l'amore disordinato che l'uomo ci pone, sono strumento di farlo venire a grande indegnità, privandolo di Dio per grazia. E le tribulazioni e persecuzioni del mondo paiono amare ed elle sono di grandissima dolcezza, perché in esse, se vuole, può scontare e meritare; fannolo riducere a Dio, fannoli cognoscere sé, e la poca fermezza e stabilità del mondo. Ma tanto sono accecati, questi cotali, che fugono la virtù per fuggire fadiga; e per trovare diletto se ne privano, e caggiono in molte pene; sono incomportabili a loro medesimi; fatti si sono martiri del dimonio. E così in ogni cosa vanno al contrario.

Così e' servi di Dio, e' quali anco sono nella tenerezza e amore proprio di loro medesimi, il quale è una nuvila che in tutto non tolle il lume, ma rimangli alcuno chiarore; ma la ruota del sole non vede. E però a costoro è fadigoso il tòllere da sé gli appetiti sensuali spiritualmente e temporalmente, cioè quando alcuna volta la sensualità s'amantella col manto dello spirito. Massimamente, tra l'altre cose, tre ne gli pone innanzi, cioè, in tre cose: l'una è nel tempo delle tentazioni e privazione delle consolazioni della mente.

Allora sì pone questo mantello il dimonio, per la tenerezza di sé: pongli innanzi uno timore parendoli, nel tempo delle tentazioni, offendere, per lo timore che à di non offendere. E questo fa per farli venire a tedio la via dello spirito, dicendo: «Questo non sentivi tu innanzi che tu fossi in questo stato. Ài mutato stato per essere megliore; e tu se' pegiore»; dicendo: «Il tuo essercizio el quale tu debbi fare con pace e quiete, col cuore libero e non legato di tante diverse cogitazioni, tu el fai in grandissima guerra. Meglio ti sarebbe a lassarlo stare».

Questo fa per privarlo de l'essercizio de l'orazione, la quale è la madre delle virtù a l'anima illuminata, e questo manto molto prezioso; e non allenta però la gloria di Dio, ma molto più virilmente essercita la vita sua, reputandosi indegno della pace, quiete e consolazione della mente, come gli altri servi di Dio, e degno della pena, e però si gloria nelle pene: questi è colui che benedice Dio in ogni tempo.

Ma a l'amatore di sé questo mantello, che in sé è buono, per lo poco lume e gusto mal disposto gli è pericoloso, perché v'intepidisce dentro; e, privato del diletto, el quale egli appetisce, gli pare essere privato di Dio; e con la tepidezza e col legame della negligenzia lega e' piei dell'affetto, e le mani de l'orazione allenta, e posa giù. Unde, quando e' nemici veggono el braccio de l'orazione posto a terra, e non in alto a cercare con umilità e a dimandare l'aiutorio divino - el quale non è dinegato a chiunque il dimanda -, e ad investigare l'etterna volontà sua - che ogni cosa ci dà e permette per nostra santificazione -, entrano alora dentro, e abitano per li borghi della città dell'anima, e talora pigliano tutta la città con la rocca della volontà sua. A lei diviene come al popolo di Dio, el quale vinceva mentre che Moisè orava; e quando le mani di Moisè si posavano giù, el popolo perdeva. (Ex 17,11) Quale è il popolo di Dio, che sta nella città de l'anima nostra? sono le vere e reali virtù. Queste virtù vincono e' vizii, mentre che la ragione, la quale è il nostro Moisè, sta nel monte della inestimabile carità di Dio, e, col cognoscimento di sé, leva in alto le braccia de l'orazione. Che converrebbe fare al tiepido amatore di sé per ponere rimedio alla sua stanchezza? Come Moisè, appoggiare le braccia, acciò che elle non tornino in giù, con due forcelle, una d'odio, col timore santo di Dio dallato, e l'altra d'amore, con la nutrice della vera umilità, e riposarsi sopra queste due forcelle, tenendo levata la faccia de l'anima col lume della santissima fede. Allora el popolo di Dio, cioè l'affetto delle virtù, sconfiggerà il principale nemico del proprio amore, e tutti gli altri che doppo lui seguitano. Ogni imperfezione sarà dibarbicata de l'anima e 'l dimonio non potrà avere la intenzione con la quale gittò il mantello colorato di molti colori.

Un altro ne pone sopra la carità del prossimo: che, per privarlo della dilezione della carità, el fa levare dal debito di servire e subvenire al prossimo suo - el quale debito ogni creatura ragionevole è tenuta di rendere -, e per farli concipere dispiacere e pena, colà dove egli debbe trovare diletto, gli pone il mantello della dolcezza, ponendo dinanzi a l'affetto de l'anima la consolazione e quiete della mente sua, e il debito dell'orazione, che debba rendere a l'ore diputate e ordinate, e 'l diletto che ne sente l'anima e 'l corpo.

Questo mantello à si bello colore e tanto dilettevole che gl'ignoranti, con poco lume, in tutto ci si rompono el capo dentro, e peggio lo' fa ancora, che, non cognoscendolo per loro medesimi, non vogliono credere a chi el cognosce, né cercano che lo' sia mostrato. E se pure l'è mostrato, che nol possino dinegare, non si studiano di tenere i debiti modi per levarsene: ma come accecati dal proprio diletto s'aviluppano nella tepidezza loro, quasi parendo lo' impossibile di giognervi mai. Questi non benedicono Dio con perfezione, ma imperfettamente; poco danno e poco ricevono.

Questo perché l'adiviene? Perché 'l gusto de l'anima anco non è bene vòto di sé, e perché dinanzi all'occhio loro ànno posto solo e' razzi delle consolazioni, e non la ruota del sole, cioè l'etterna volontà di Dio, l'etterna verità sua, l'etterno Verbo, e l'etterna dottrina sua; il quale è sole di giustizia,che illumina ogni anima che da lui vuole essere illuminata. Unde nel lume suo vediamo lume, col caldo suo si consuma ogni fredezza e tepidezza del cuore, pure che col libero arbitrio apra la finestra della volontà sua, acciò che 'l sole possa intrare nella casa de l'anima, con una giustizia che giustamente renda onore a Dio, e gloria e loda alla parola del Padre etterno, cioè al Verbo. Alora gli rende gloria, quando seguita la dottrina sua; a sé dia odio e rimproverio, svergognando la propia passione sensitiva, o spirituale o temporale, in qualunque modo ella ricalcitrasse di non rendere il debito al prossimo suo, al quale debba rendere dilezione e benivolenzia, mostrandolo nel tempo della sua necessità in subvenirlo caritativamente, portando e sopportando i difetti suoi, non solamente con la parola, ma con l'operazione, abandonando sé medesimo: non che egli abandoni sé per colpa ma per diletto, abracciando la pena per onore di Dio, in salute del prossimo suo. Questo fa colui che à posto l'occhio de l'intelletto in questo dolce e glorioso sole, perché col lume à veduto che per altra via non potiamo mostrare l'affetto che doviamo avere a Dio; e anco cognosce che, essendo privato della dilezione del prossimo, sarebbe privato di Dio. Ma l'amatore di sé, amantellato col ditto manto, risponde: «Io non ne voglio essere privato, né me ne voglio privare, innanzi vorrei morire io: ma non me ne truovo bene. Sentomene la mente svagolata e non me ne sento altro che tenebre, scandalo e confusione di mente, e colà dove io il debbo amare, egli mi viene a tedio e dispiacere; e non pare ch'io possa sostenere né me né lui, unde meglio m'è, e più mel sentirò amare, a starmi nella pace mia».

Questi in verità dimostra che egli è cieco, e non vede altro che alba. E come potrò io dire che io ami el prossimo, se, quando io vedrò la necessità, io mi dilongo da lui e, per la propria consolazione, farò vista di non vederlo? Veramente in costui non è verità. E come dirò io che io non dica menzogna, che 'l sovenire al prossimo in qualunque modo, in qualunque stato o luogo si sia, m'abbi a dare amaritudine, e conturbare la mente mia? Egli non è la verità, ché né creatura né dimonio né essercizio, né privazione di consolazioni per qualunque modo si sia - o per sovenire al prossimo, o perché Dio la ritraga a sé per farla umiliare - non la possono contristare né darle amaritudine di colpa. Ed ella non si debba contristare se non della colpa. E se ella offende non è difetto altrui, ma è suo. El suo difetto e la propria volontà che offende, sempre porta l'uomo seco: se per fuggire luoghi o creature, nel tempo che ànno bisogno, lassasse la propria volontà, dolce cosa e utile sarebbe il fuggire, ma egli la fugge e porta insieme con seco; e, così mantellata, truova sempre vivi e' sentimenti suoi, e quando gli viene il tempo del bisogno, cioè quando è ribellata alla volontà sua, ella sente il morso per siffatto modo, che non può tenere il veleno della impazienzia che non si senta. Adunque è da fuggire il proprio sentimento e la propria perversa volontà.

Che debba fare e farà, se vorrà vedere lume? Salga sopra la sedia della conscienzia sua, e tengasi ragione; non lassi passare i movimenti che non sieno corretti: dare la sentenzia contro sé medesima. E che sentenzia debba dare? non di moneta, ma di morte; e con la morta volontà gitti el falso mantello sotto e' piei dell'affetto; e rivestisi di pene, d'obbrobrii e villanie, e della dolce etterna volontà di Dio: facendo questo, gli renderà onore, e benedicerà il nome suo.

La terza e ultima è sopra l'obedienzia, ponendogli la passione sua, e 'l dimonio, uno mantello di molti colori, ma singolarmente d'uno giudizio falso, facendo sé discreto, e il prelato indiscreto; ché se egli non si giudicasse discreto, non giudicarebbe il prelato indiscreto. Unde l'amatore di sé vorrà giudicare la intenzione del prelato suo fuore della volontà di Dio. E sempre porta la sorella de l'amore proprio, cioè la disobedienzia, dicendo: «Questi comanda indiscretamente; io non posso portare la sua indiscrezione. Tale ora mi voglio stare in cella nella quiete mia: ed egli me ne trae, non guardando luogo né tempo». Per questo giudicio, in che cade? (che come egli è di questo, così è di molte altre cose, le quali passo, per non attediarvi di parole). Cadene in questo, che o egli disobedisce, e non fa quello che gli è imposto; o s'egli el fa, fallo con impazienzia, con mormorazione, e con scandalo di mente: viene ad infedelità, ad irreverenzia: e perde il santo timore che debba avere verso Dio e verso il prelato. E con lo scandalo che piglia la propia volontà, si priva della pace e quiete della mente sua. Tutto gli adiviene perché egli ama sé, e col proprio amore s'è fatto giudice della volontà del suo maggiore, fuore della dolce volontà di Dio. Ma se egli avesse lume di fede, eziandio se 'l suo prelato fusse uno dimonio incarnato, giudicarebbe che la clemenzia dello Spirito santo gli facesse adoperare inverso lui quello che fusse la sua salute; ma la propria tenerezza non gli li lassa vedere, perché l'occhio suo non s'è specolato nell'obedienzia del Verbo, el quale fu obbediente infino all'obrobriosa morte della croce.

O disobidiente giudicatore, tiepido e amatore di te, e ché non ti poni dinanzi el sangue sparto con tanto fuoco d'amore per l'obedienzia che pose il Padre etterno a l'unigenito suo Figliuolo? Questo dolce Gesù non si pose ad investigare la volontà del Padre - né chi l'à seguitato -, cioè che per tenerezza di sé non rifiutò labore, né disse: «Padre, truova un altro modo, che io non sostenga pena, e compirò l'obedienzia tua». Nol disse ponto ma, come ebbro d'amore de l'onore del Padre etterno e salute nostra, prese il giogo dell'obedienzia, e per compirla bene si satolla d'obrobrii scherni e rimproverii. Colui che sazia ogni anima sostiene sete; per vestir noi della vita della grazia, si spoglia della vita del corpo suo; fassi trare a segno in su' legno della santissima croce. Tutto s'uopre il corpo suo: che drittamente pare uno agnello svenato che da ogni parte versa sangue. El sangue manifesta questa pronta obbedienzia; el sangue manifesta quella verità antica nuovamente mostrata a noi. Antica è in quanto ab-eterno fummo nella santa mente di Dio, e nuova ci fu, quando ci creò alla imagine e similitudine sua (Gn 1,26), dandoci l'essere perché godessimo el suo sommo etterno bene, el quale egli à in sé medesimo. Ma noi non la intendemmo bene questa nuova verità: cioè che in verità credessimo che egli ci aveva creati per darci vita etterna. Volendo Dio compire questa verità ne l'uomo, e farlili intendere, mandò a noi questo dolce e amoroso Verbo vestito della nostra umanità, fabricando le iniquità nostre sopra la 'ncudine del corpo suo; e ricreocci a grazia nel sangue, sì che il sangue nuovamente ci à manifestato questa verità.

Nel sangue troviamo la fonte della misericordia, nel sangue la clemenzia, nel sangue il fuoco, nel sangue la pietà, nel sangue è fatta la giustizia delle colpe nostre, nel sangue è saziata la misericordia, nel sangue si dissolve la duricia nostra, nel sangue le cose amare diventano dolci, e li grandi pesi leggieri. E però quelli che col lume della fede raguarda questo sangue, porta il grave peso dell'obedienzia con dolcezza e soavità. E perché nel sangue sono maturate le virtù, però l'anima che se inebria e anniega nel sangue si veste delle vere e reali virtù, per onore di Dio, e per compire in sé la verità nuovamente mostrata col mezzo del sangue.

Questo non considera el disobediente, giudicatore della volontà del suo maggiore: che se egli el considerasse, annegarebbe in tutto e per tutto la sua volontà, e ogni proprio volere e sapere porrebbe nella volontà di Dio e del suo prelato; ma perché egli non il fa, sta in continua pena, e sempre permane nella tiepidezza e imperfezione sua: rimangli el mantello del proprio amore, perché non l'à consumato nel sangue, nel fuoco, e ne l'obbedienzia del Verbo. E però non benedice Dio ne l'obbedienzia la quale Dio richiede a' secolari, a' religiosi, a' prelati, e a' sudditi, vecchi e giovani, in ogni stato, in ogni tempo e luogo, in consolazione e tribolazione, in pace di mente e in molestie e guerra: in ogni modo vuole, e doviamo benedicere Dio con affetto di virtù, e con la parola quando bisogna. O carissimo figliuolo, a questo v'invito, però che questa è la via e 'l modo da renderli gloria e benedicerlo ogni tempo, non solo con la parola, ma con l'opera, come detto è, la quale cosa io dissi ch'io desideravo di vedere in voi; e così voglio che sempre permanga nel cuore, nella mente, e nell'anima vostra.

Figliuolo, el tempo ci invita a non aspettare tempo a perdere noi medesimi, e però vi prego che 'l desiderio che Dio v'à dato del santo passaggio, per ponere la vita per lui, mai non allenti ne l'anima vostra, ma voglio che continuamente cresca, cominciando ora tra' cristiani a sostenere per la verità della santa Chiesa e di papa Urbano VI, el quale è vero sommo pontefice. Per questa verità ci conviene apparecchiare a sostenere, e nel sostenere, benediceremo Dio nella santa Chiesa; e Dio per la sua misericordia doppo questa tenebre ci darà luce, e con la luce si compirà la volontà di Dio, e i desiderii nostri. Sì che confortatevi, e siate virile cavaliere. Altro non vi dico.

Permanete etc. Gesù dolce Gesù amore

316

A Daniella da Orvieto vestita de l'abito di santo Domenico.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissima figliuola in Cristo dolce Gesù, io Caterina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vederti con vero e perfettissimo lume, acciò che in perfezione cognosca la verità.

Oh quanto ci è necessario, carissima figliuola, questo lume! però che senza esso non potiamo andare per la via di Cristo crocifisso, che è una via lucida che ci dà vita; e senza questo andaremo in tenebre, e staremo in grandissima tempesta e amaritudine. Ma, se io considero bene, in due modi ci conviene avere questo lume: cioè uno lume generale, che generalmente ogni creatura che à in sé ragione el debba avere, di vedere e cognoscere quello che egli debba amare, e quello a che debba ubedire; vedendolo col lume de l'intelletto, con la pupilla de la santissima fede, che egli è tenuto d'amare e servire el suo Creatore, amandolo con tutto el cuore e con tutto l'affetto senza mezzo, e obedire a' comandamenti de la legge d'amare Dio sopra ogni cosa, e 'l prossimo come noi medesimi (Mc 12,30-31 Mt 22,37-39 Lc 10,27).

Questi sonno quegli principali, dove sonno legati tutti quanti gli altri. Questo è uno lume generale, che tutti ci siamo obligati, e senza questo avaremo morte; privati de la vita de la grazia, seguitaremo la via tenebrosa del dimonio.

Ma uno altro lume c'è, el quale non è separato da questo, ma è unito con questo: anco, da questo primo se giogne al secondo. Ciò sonno quegli che osservando e' comandamenti di Dio, crescono in uno altro perfettissimo lume; e' quali con grande e santo desiderio si levano da la imperfezione, e vengono a la perfezione, osservando i comandamenti e consigli mentalmente e attualmente. Questo lume si debba essercitare con la fame e desiderio de l'onore di Dio e salute de l'anime, specolandosi col lume nel lume del dolce e amoroso Verbo: dove l'anima gusta l'amore inefabile che Dio à a la sua creatura, manifestato a noi col mezzo di questo Verbo, el quale corse, come inamorato, a l'obrobriosa morte de la croce per onore del Padre e salute nostra.

Quando l'anima à cognosciuta con lume perfetto questa verità, sì leva sé sopra di sé, sopra el sentimento sensitivo; con spasimati dolci e amorosi desiderii corre, seguitando le vestigie di Cristo crocifisso, con pene, con obrobrii, scherni e villanie, con molta persecuzione dal mondo, e spesse volte da' servi di Dio sotto colore di virtù. Con fame cerca l'onore di Dio e la salute de l'anime; e tanto si diletta di questo glorioso cibo, che sé e ogni altra cosa spregia: solo questo cerca, e sé abbandona. In questo perfetto lume erano quelle gloriose vergini e gli altri santi, che si dilettavano solo a la mensa de la croce con lo Sposo loro a prendere questo cibo.

Noi dunque, carissima figliuola e suoro mia dolce in Cristo dolce Gesù, poiché egli ci à fatto tanto di grazia e di misericordia che ci à messe nel numero di quelle che passate so' dal lume generale al particulare - cioè, che ci à fatto elegere lo stato perfetto de' consigli -, e però noi doviamo con vero lume seguitare con perfezione questa dolce e dritta via; e non vòllare el capo a dietro per veruna cosa che sia, né andare a nostro modo, ma al modo di Dio, con pene sostenendo senza colpa infino a la morte; e trare l'anima de le mani de le dimonia. Perché questa è la via e la regola che t'à data la Verità eterna; e scrissela nel corpo suo con lettere sì grosse, che veruno è di sì basso intendimento che si possa scusare: non con oncostro, ma col sangue suo. Bene vedi tu e' capoversi di questo libro, quanto essi sonno grandi; e tutti ti manifestano la verità del Padre eterno, l'amore inefabile con che fummo creati - questa è la verità -: solo perché noi participiamo el suo sommo bene e eterno (2P 1,4). è levato in alto questo maestro nella catedra de la croce, acciò che meglio la potiamo studiare, che noi non c'ingannassimo di dire: «Egli me la 'nsegnò in terra, e none in alto»; non è così: ché egli è salito in croce, e con pena cerca l'altezza de l'onore del Padre, e di ristituire la bellezza de l'anima.

Suso in croce, dunque, e leggiamo l'amore cordiale, fondato in verità, in questo libro de la vita. In tutto perde te medesima, e quanto più ti perdarai, più ti trovarai; e Dio none spregiarà el desiderio tuo, anco ti drizzarà e amaestrarà di quello che tu debbi fare; e darà lume a quello a cui tu fusse suddita, facendo tu per suo consiglio. Però che l'anima che à e debba avere una santa gelosia, sempre si diletta di far ciò che ella fa col mezzo de l'orazione e del consiglio.

Tu mi scrivesti e, secondo ch'io intesi, ne la lettera pare che tu sia passionata; e non è picciola, anco è forse magiore che veruna altra, quando da l'uno lato ti senti chiamare ne la mente tua per nuovi modi da Dio, e' servi suoi si pongono al contrario, dicendo che non è bene. Io t'ò compassione pur assai grande, perché non so che fadiga sia simile a quella, per la gelosia che l'anima à di sé medesima: che a Dio resistenzia non può fare, e la volontà de' servi suoi vorebbe compire, fidandosi più del lume e cognoscimento loro che del suo; e nondimeno non pare che possa. Ora io ti rispondo semplicemente secondo el mio basso e poco vedere - non ponendoti cavelle affermativamente -: ma, come ti senti chiamare senza te, così risponde. Unde, se tu vedi el pericolo de l'anime, e tu le puoi subvenire, non chiudare gli occhi, ma con perfetta solicitudine t'ingegna di sovenirle infino a la morte. E non curare di tuoi proponimenti, né di silenzio né d'altro, a ciò che non ti fusse detto poi: «Maladetta sia tu, che tacesti!».

Ogni nostro principio è fondato e fatto solo nella carità di Dio e del prossimo; tutti gli altri essercizii sonno instrumenti e edificii posti sopra questo fondamento: e però non debbi, per lo diletto de lo instrumento e de l'edificio, lassare el principale fondamento de l'onore di Dio e dilezione del prossimo.

Lavora adunque, figliuola mia, in quello campo che tu vedi che Dio ti chiama a lavorare, e non pigliare pena né tedio ne la mente tua per quello che t'è detto, ma porta virilmente; teme e serve Dio senza te, e non curare poi el detto de le creature, se non d'aver lo' compassione.

Del desiderio che ài d'escire di casa e d'essere a Roma, gittalo ne la volontà dello Sposo tuo; e se sarà suo onore e salute tua, ti mandarà modo e la via a ora che non tel pensarai, e in modo che mai non l'avaresti imaginato. Lassa fare pure a lui, e perde te; e guarda che tu non ti perda altro che in su la croce, e ine ti trovarai perfettissimamente. Ma questo non poteresti fare senza el lume perfetto: e però ti dissi ch'io desideravo di vederti con vero e perfettissimo lume, oltre al lume generale, come detto è. Non dormiamo più, destianci dal sonno de la negligenzia, mugghiando con umili e continue orazioni sopra el corpo mistico de la santa Chiesa, e sopra el vicario di Cristo. Non cessare d'orare per lui, che gli dia lume e fortezza a risistare a' colpi de' dimoni incarnati, amatori di loro medesimi, e' quali vogliono contaminare la fede nostra. Tempo è di pianto ().

Del mio venire costà, prega la somma eterna bontà di Dio che ne facci quello che sia suo onore e salute de l'anima; e specialmente ora, che so' per andare a Roma per compire la volontà di Cristo crocifisso e del vicario suo. Non so qual via io mi terrò: prega Cristo dolce Gesù che ci mandi per quella che è più suo onore, con pace e quiete de l'anime nostre. Altro non ti dico.

Permane etc. Gesù dolce, Gesù amore.



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Alla soprascritta reina di Napoli, poi che essa Caterina fu giunta a Roma.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissima madre in Cristo dolce Gesù, io Caterina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi fondata in verità, la quale verità c'è necessaria di cognoscere e d'amarla per salute nostra. Chi sarà fondato nel cognoscimento della verità - Cristo dolce Gesù (Jn 14,6) - riceverà e gustarà la pace e la quiete dell'anima sua nell'affetto della carità, la quale carità riceve l'anima in questo cognoscimento.

In due modi principali ci conviene cognoscere questa verità, poniamo che in ogni cosa ce la convenga cognoscere: cioè che ogni cosa che à in sé essere s'ami in Dio e per Dio, che è essa verità, e senza lui nulla, perché si scordarebbe dalla verità e andarebbe per la bugia, seguitando il dimonio che n'è padre (Jn 8,44). Dicevo che singularmente in due modi ce la conviene cognoscere: el primo è che noi cognosciamo la verità di Dio, il quale ci ama inestimabilmente e amò prima che fossimo; anco, per amore ci creò - questa fu, ed è la verità - perché noi avessimo vita etterna e gustassimo el suo sommo etterno bene. Chi ci manifesta che in verità sia così? Il sangue sparto per noi con tanto fuoco d'amore: nel sangue dolce del Verbo del Figliuolo di Dio cognosceremo la verità della dottrina sua, la quale dà vita e lume, disolvendo ogni tenebre d'amore sensitivo e diletto o di piacere umano; ma col cuore schietto cognosce e seguita la dottrina di Cristo crocifisso, che è fondata in verità.

La seconda e ultima cosa è che noi doviamo cognoscere e vedere la verità nel prossimo nostro - o grande o piccolo che sia, o sudditi o signori -, cioè che quando vediamo che essi fanno alcuna operazione a la quale invitassero noi a farla, noi doviamo vedere e cognoscere se ella è fondata in verità o no, e che fondamento à fatto quegli che si muove a fare questa operazione. E chi non el fa, fa come matto e cieco che va dietro alla guida cieca (Mt 15,14 Lc 6,39) fondata in bugia; e mostra che in sé non abia verità, e però non cerca la verità. E alcuna volta è che sonno tanto pazzi e animali che, per quella operazione, se ne vegono perdere la vita dell'anima e del corpo e la substanzia temporale, e non se ne curano, perché acecati sono e non cognoscono quello che debbono cognoscere; vanno in tenebre con la natura feminile senza alcuna fermezza o stabilità.

O carissima madre - in quanto voi siate amatrice della verità e obbediente alla santa Chiesa; ma in altro modo non vi chiamo madre, né con reverenzia parlo a voi, perché vegio grande mutazione nella persona vostra: che di donna sete fatta serva e schiava di quella cosa che non è, sottopostavi alla bugia e al dimonio che n'è padre (Jn 8,44); lassato el consiglio dello Spirito santo, e preso el consiglio de' dimoni incarnati; di membro legato nella vite vera (Jn 15,1-5), vi sete tagliata da essa vite col coltello de l'amore proprio; di figliola legittima amata teneramente dal padre, vicario di Cristo in terra, papa Urbano VI - el quale è veramente papa sommo pontefice - partita vi sete dal petto della madre vostra della santa Chiesa, dove tanto tempo vi sete nutricata. Oimé, oimé, piangere si può sopra di voi sì come morta, staccata dalla vita della grazia: morta a l'anima e morta al corpo, se voi non escite di tanto errore. Non pare che aviate cognosciuta la verità di Dio per lo modo che detto è: ché, se l'aveste cognosciuta, elegereste inanzi la morte che offendere Dio mortalmente. E non l'avete cognosciuta nel prossimo vostro, ma con molta ignoranzia, mossa dalla propria passione, avete seguitato el più miserabile e vituperoso consiglio - avendolo mandato in operazione - che già mai poteste avere.

E che magiore vergogna si può ricevere che d'una che fusse cristiana, tenuta catolica e virtuosa donna, e poi facci come il cristiano che riniega la fede, esce di buoni e santi costumi e debita reverenzia usata? Oimé, uprite l'occhio dello 'ntelletto vostro, e non dormite più in tanta miseria. Non aspettate il punto della morte, doppo il quale non vi gioverà lo scusare, né dire: «Io mi credetti fare bene», però che voi cognoscete che voi fate male, ma come inferma e passionata vi lassate guidare a la passione. Credo bene che 'l consiglio sia venuto da altrui che da voi. Vogliate, vogliate cognoscere la verità: e chi sono coloro, e perché vi fanno cognoscere la bugia per verità - dicendo che papa Urbano VI non sia vero papa -; e l'antipapa, dirittamente anticristo membro del diavolo, vi faccino vedere che sia Cristo in terra. E con che verità vel possono dire? Non con veruna, ma con bugia e falsità el dicono, mentendo sopra el capo loro.

E che possono dire gl'iniqui uomini - non uomini ma dimoni incarnati -, che da qualunque lato essi si volgono non possono vedere d'avere fatto altro che male? Eziandio se fusse vero - che non è - che papa Urbano VI non fusse papa (che se non fusse papa solo di questo meritareboro mille morti, come menzonieri trovati nella falsità: ché se di principio essi l'avessero eletto per paura, e non in verità con elezione ordinata - ed essi el mostrarono a noi vero papa -, ecco che già già ci avereboro mostrata la bugia e falsità per verità, facendoci obedire a fare reverenzia - ed eglino con esso noi insieme - a quello che non si debba; ché già gli fecero reverenzia e chieserli grazie e usârle, sì come da sommo pontefice che egli è).

Dico che s'egli fusse vero che egli non fusse papa - la qual cosa non è, per la grande bontà di Dio che ci à fatto misericordia -, di questo solo non se ne potrebbe dare loro troppo grande disciplina; ma degni sono di mille migliaia di morti, a dire che per paura essi dicessero d'avere eletto papa, e non fusse. Ma essi non dicono la verità, come uomini fondati in bugia che non la possono tanto ocultare che la tenebre e puzza sua non si senta e vegia. Bene apparbe manifesto quello che mostrarono per paura avere eletto papa - poi che ebbero eletto il vero papa, messer Bartolomeo arcivescovo di Bari -: ciò fu messer di San Pietro. Ma egli, come buono e giusto uomo, confessava che non era papa ma messer Bartolomeo arcivescovo di Bari, el quale oggi è papa Urbano VI, chiamato e reverito come sommo pontifice e giustissimo uomo da' fideli cristiani; a malgrado degli iniqui non cristiani - che non portano el nome di Cristo in bocca né nel cuore loro - ma infideli partiti della fede e obedienzia della santa Chiesa e del vicario di Cristo in terra, membri tagliati dalla vera vite (Jn 15,6), seminatori di scisma e di grandissima eresia.

Aprite, aprite l'occhio dello 'ntelletto, e non dormite più in tanta cechità. Non dovareste essere tanto ignorante, né tanto separata dal vero lume, che voi non cognosceste la vita scellerata senza veruno timore di Dio di questi che v'ànno messa in tanta eresia: ché e' frutti che escono di loro vi manifestano che arbori essi sono (Mt 12,33 Lc 6,44). La vita loro vi manifesta che non dicono la verità, e' consiglieri che essi ànno atorno, di fuore e dentro, e' quali possono essere uomini di scienzia ma essi non sono di virtù, né uomini che la vita loro sia laudabile, ma più tosto riprensibili per molti difetti. Dove è il giusto uomo che essi ànno eletto per antipapa, se in verità el sommo nostro pontefice papa Urbano VI non fusse vero vicario di Cristo? Che uomo ànno eletto? Uomo di santa vita? No, ma uomo iniquo, dimonio; e però fa l'offizio delle dimonia: el dimonio s'ingegna di sottrarci dalla verità, ed esso fa quello medesimo. E perché non elessero uno giusto uomo? Perché ben sapevano che un giusto uomo avarebbe eletto inanzi la morte che averlo acettato, perché in loro non avarebbe veduto veruno colore di verità: e però e' dimoni presero el dimonio, e' bugiardi la bugia. Tutte queste cose manifestano che papa Urbano VI è veramente papa, e che essi sono privati della verità e amatori della bugia.

E se voi mi diceste: «Per tutte queste cose la mente mia non è chiara», e perché non vi state almeno di mezzo? (Poniamo che ella è chiara quanto dire si può più). E se non volete sovenirlo della substanzia temporale infino che non avete altra dichiarazione - el quale aiuto sete tenuta di dare per debito, perché noi figlioli doviamo sovenire el padre quando egli à bisogno -, almeno l'obedite nelle cose spirituali, e ne le altre cose vi state di mezzo. Ma voi fate come passionata; e l'odio e lo desdegno e 'l timore di non perdere quello di che voi stessa vi sete privata - el quale avete acquistato da' maledetti ridicitori -, v'à tolto el lume e 'l cognoscimento che non cognoscete la verità, ostinata in questo male: e con questa ostinazione voi non vedete el giudizio che viene sopra di voi.

Oimè! con dolore cordiale, perché amo teneramente la salute vostra, dico queste parole. Se voi non mutate modo, e non corregete la vita vostra escendo di tanto errore - e in ogni altra cosa -, el sommo giudice che non lassa passare le colpe nostre impunite - se l'anima non le purga con la contrizione del cuore e confessione e satisfazione -, ve ne darà sì-fatta punizione che voi sarete posta in segno a dare tremore a chi volesse mai levare il capo contra la santa Chiesa. Non aspettate questa verga, ché duro vi sarà ricalcitrare alla divina giustizia (Ac 26,14): voi dovete morire, e non sapete quando. Non richezza, none stato - el grande stato -, né dignità mondana, baroni, né popolo, che sono vostri sudditi quanto al corpo, vi potranno difendere dinanzi al sommo giudice; né riparare a la divina giustizia. Ma alcuna volta Dio gli sa mettere per manigoldi perché faccino giustizia de l'inimico suo.

Voi avete invitato e invitate el popolo e tutti e' sudditi vostri d'essere più contra voi che con voi, avendo trovata ne la persona vostra poca verità, non condizione d'uomo con cuore virile ma di femina sanza alcuna fermezza o stabilità, sì come femina che si volge come la foglia al vento. Bene ànno a mente che quando papa Urbano VI, vero papa, fu creato con grande e vera elezione, e coronato con grande solennità, voi faceste fare la grande e magna festa, sì come debba fare el figliolo per la essaltazione del padre, e la madre di quella del figliolo; ché egli era a voi figliolo e padre: padre, per la dignità sua nella quale è venuto; figliuolo, perché era suddito a voi, cioè del reame vostro, e però faceste bene. Anco, comandaste a tutti che dovessero obedire alla Santità sua, sì come a sommo pontefice. Ora vi vego voltata, con la condizione della femina che non à fermezza, e volete che faccino el contrario. O miserabile passione! Quello male che avete in voi, volete dare a loro: e come credete che essi vi possano amare ed essere fideli a voi, quando essi vegono che voi lo' sete cagione di partirli dalla vita e conducerli nella morte, dalla verità mettere nella bugia? Separategli da Cristo in cielo e da Cristo in terra, e voletegli legare col dimonio e con anticristo, amatore e annunziatore della bugia egli, e voi, e gli altri che 'l seguitate.

Non più così, per amore di Cristo crocifisso: voi chiamate in tutto el divino giudizio; duolmi se voi non riparate alla ruina che viene sopra di voi. Voi non potete uscire delle mani di Dio; o per giustizia o per misericordia sete nelle mani sue: correggete la vita vostra, acciò che esciate delle mani della giustizia e permaniate nella misericordia. E non aspettate el tempo: ché tale ora vorrete, che voi non potrete. O pecorella, ritornate a l'ovile vostro, lassatevi governare al pastore; se non che, il lupo infernale vi divorarà.

Ripigliate le guardie de' servi di Dio - che v'amano in verità più che non v'amate voi medesima -, e buoni e maturi e discreti consigliatori; ché il consiglio de' dimoni incarnati, col disordinato timore che v'ànno messo, con paura di non perdere lo stato temporale - che passa come vento, senza fermezza: ché o egli lassa noi, o noi lui per lo mezzo della morte -, v'à condotta colà dove voi sete.

Voi piangerete, ancora, dicendo: «Oimé, oimé! - se voi non mutate modo - di quello che mi fu messo timore da malvagi consiglieri, io so' colei che me ne so' privata io medesima». Ma anco ci à tempo a riparare, carissima madre, al giudizio di Dio. Tornate all'obedienzia della Santa Chiesa, cognoscete il male che avete fatto, umiliatevi sotto la potente mano di Dio; e Dio, che raguarda l'umilità dell'ancilla sua (Lc 1,48), ci farà misericordia: placarà l'ira ch'egli à sopra e' difetti vostri; mediante il sangue di Cristo v'inestarete e legarete in lui col vinculo della carità, nella quale carità cognoscerete e amarete la verità; la verità vi levarà da la bugia, dissolverà ogni tenebre, daravi lume e cognoscimento nella misericordia di Dio. In questa verità sarete diliberata, in altro modo, no; e perché la verità ci dilibera (Jn 8,32), avendo desiderio della salute vostra dissi ch'io desideravo di vedervi fondata nella verità, acciò che non fuste offesa dalla bugia. Pregovi che compiate in voi la volontà di Dio e il desiderio de l'anima mia, col quale io desidero, con tutte le interiora e con tutta la forza de l'anima mia, la salute vostra. E però, costretta dalla divina bontà, che v'ama ineffabilemente, mi so' mossa a scrivere a voi con grande dolore.

Altra volta anco vi scrissi di questa simile materia. Abbiate pazienzia se io vi gravo troppo di parole, e se con voi parlo sicuramente e irreverentemente: l'amore che io ò a voi mi fa parlare con sicurtà, e 'l difetto vostro commesso mi fa partire dalla debita reverenzia e parlare irreverentemente. Molto più tosto con la voce viva desiderarei di dirvi la verità - per la salute vostra e principalmente per onore di Dio -, che per scripta; e più tosto farei di fatto che di parole a chi ve n'à colpa, benché colpa e cagione ve ne sete voi medesima, perché neuno è, né dimonio né creatura, che vi possa constringere a una minima colpa, se voi non volete: e però vi dissi che voi ne sete la cagione. Annegatevi un poco nel sangue di Cristo crocifisso: quine si dissolva la nuvila dell'amore proprio, e 'l timore servile, e 'l veleno dell'odio e del proprio sdegno.

Altro non vi dico.

Permanete etc. Gesù dolce, Gesù amore.




Caterina, Lettere 314