Caterina, Lettere 202

202

A maestro Jacomo medico, in Asciano.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

A voi, reverendissimo e carissimo fratello in Cristo Gesù, io Caterina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi e conforto nel prezioso sangue del Figliuolo di Dio, con desiderio di vedervi vero cavaliere di Dio, sempre seguitando la via de le virtù, non vollendovi adietro a mirare l'arato, ma sempre raguardando quello che avete a fare, perciò che colui che si vòlle adietro, segno è che è stanco.

E però noi, fratello carissimo, non ci dobbiamo mai stancare ne le sante e vere operazioni. E veramente così è, che colui che comincia e non persevera, non è degno di corona. Così disse el nostro dolce Salvatore: che de' perseveranti e violenti - cioè che fanno forza e violenzia a le loro male cogitazioni -, di coloro è el reame del cielo (Mt 11,12). Dicovi, fratello e figliuolo carissimo, che non potreste avere voi questa perseveranzia della virtù, né avere Dio nell'anima vostra, avendo le conversazioni de' dimoni visibili e incarnati, cioè de le creature che vi volessero ritrare dal santo proponimento, traendovi fuore di voi. E sappiate che 'l dimonio non vuole altro che trarvi fuore di voi, e poi che l'anima è tratta di sé medesima, perde ogni essercizio e cade nel perverso vizio de la superbia; non può sostenere sé, né neuna creatura con pazienzia per riverenzia di quella dolce virtù piccola de la vera umilità. Colui che non è umile, non può essere obbediente a Dio. O quanto sarebbe cosa sconvenevole che voi, che sete eletto a sempre lodare Dio, voi seguitaste le perverse volontà degli uomini, essendo amatore degli uomini e non di Dio! Oimé, non sarebbe altro che diventare servo del dimonio. Pregovi per l'amore di Cristo crocifisso, che siate non crudele ma pietoso verso dell'anima vostra: allora dimostrarete la pietà, quando trarrete la puzza de' peccati mortali dell'anima vostra, e piantaretevi le vere e reali virtù, come uomo virile.

Non facciamo come animale che seguita le sue volontà senza neuna ragione: ma, come uomo virile, seguitate la via de le virtù. E none indugiate a dire: «Dimane farò», ché non sete sicuro d'avere el tempo; sì come disse el nostro Salvatore: «Non vogliate pensare del dì di domane, basti al dì la sollecitudine sua» (Mt 6,34). O quanto dolcemente ci manifestò el poco tempo che l' uomo à! e noi miseri miserabili, tutta la nostra sollecitudine e con molti affanni spendiamo, e 'l tempo nostro, che è la più cara cosa che noi abbiamo. Destianci agiumai dal sonno e non dormiamo più, ché none è tempo da dormire; ma destatevi dal sonno de la negligenzia e ignoranzia.

Ò inteso che voi e misser Sozzo volete andare al Santo sepolcro: la quale cosa molto mi piace. D'una cosa vi prego per l'amore di Cristo crocifisso, voi e misser Sozzo: che voi vi disponiate, prima che andiate, a questo santo viaggio, e che ordeniate prima la santa confessione; e scaricate le conscienzie vostre con modo e ordine, come se fuste ne la 'stremità de la morte: non aspettate di disponarvi per via. E se questo non faceste, meglio sarebbe che non metteste piè fuore d'uscio. Pregovi, padri e fratelli in Cristo Gesù, che non vi lassiate ingannare a la fragilità umana, né a la lebbra de la cupidità, però che né avere né neuna creatura rispondarà per voi: solamente la virtù virile, e la buona conscienzia. Altro non dico. Abbiate sempre Dio dinanzi agli occhi vostri. Io m'offero a voi per continua orazione.

Permanete ne la santa dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù Gesù.




203

Ad alquanti novizii di Monte Oliveto nel convento di Perogia.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimi figliuoli in Cristo dolce Gesù, io Caterina, schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi grati e cognoscenti verso il vostro Creatore degl'infiniti beneficii ricevuti da lui, acciò che per ingratitudine non si disecchi in voi la fonte della pietà, ma nutrichisi con gratitudine.

Ma attendete che gratitudine solamente di parole non è quella che risponde, ma le buone e sante operazioni. In che la mostrarete? In osservare i dolci comandamenti di Dio, e oltre a' comandamenti osservarete e' consigli mentalmente e attualmente. Voi avete eletta questa vita perfetta de' consigli, e però ve gli conviene osservare infino a la morte, altrimenti offendereste Dio; ma l'anima grata sempre gli osserva. Sapete che nella vostra professione prometteste d'osservare obedienzia continenzia e povertà volontaria; e se voi non gli osservaste diseccareste in voi la fonte della pietà.

Grande vergogna è al religioso a desiderare quello che già à spregiato: ché non tanto che egli non debba desiderare o possedere substanzia temporale, ma della memoria si de' trare eziandio il ricordamento del mondo, de le ricchezze e diletti suoi, e impirla del povero umile e immaculato Agnello; e con una carità fraterna vivere caritativamente. Così vuole la carità fare utilità al prossimo suo: che quando l'anima raguarda e vede non potere fare utilità a Dio, perché non à bisogno di noi, e volendoli mostrare che in verità cognosce le grazie che à ricevute e riceve da lui, il mostra verso la creatura che à in sé ragione; e in tutte quante le cose s'ingegna di mostrare nel prossimo la gratitudine a Dio.

Unde tutte le virtù sonno essercitate per gratitudine: cioè per amore che l'anima à al suo Creatore è fatta grata, perché col lume à ricognosciute le grazie che à ricevute e riceve da lui in sé. Chi la fa paziente a portare le ingiurie, strazii, rimproverii e villanie dagli uomini, e le molestie e battaglie dalle dimonia? La gratitudine. Chi el fa annegare la propria volontà, e soggiogarla a la santa obbedienzia, e conservare l'obbedienzia sua infino alla morte? Essa gratitudine. Chi gli fa osservare il terzo voto della continenzia? La gratitudine: ché, per osservarla, mortifica il corpo suo con la vigilia, digiuno e con l'umile fedele e continua orazione. E con l'obbedienzia ucide la propria volontà, acciò che, mortificato il corpo e morta la volontà, la potesse osservare, e in essa osservanzia mostrare la gratitudine. Sì che le virtù sono uno segno dimostrativo, che dimostrano che l'anima non è scognoscente d'essere creata alla imagine e similitudine di Dio (Gn 1,26), e della ricreazione che à ricevuta nel sangue de l'umile, dolce, crociato e amoroso Agnello, ricreandola a grazia, la quale avevamo, per la colpa, perduta. E così di tutte l'altre grazie che à ricevute, spirituali e temporali, in comune e in particulare: ma tutte con gratitudine le ricognosce dal suo Creatore.

Alora cresce un fuoco nell'anima d'uno santissimo desiderio, che sempre si notrica di cercare l'onore di Dio e la salute de l'anime, con pena, sostenendo infino a la morte. Se fusse ingrata, non tanto ch'ella si dilettasse di sostenere per onore di Dio e salute de l'anime, ma, se la paglia se gli vollesse tra' piei, sarebbe incomportabile a sé medesimo; l'onore vorrebbe dare a sé, notricandosi del cibo della morte - cioè dell'amore proprio di sé medesimo -, el quale germina la ingratitudine privando l'anima della grazia.

Unde, considerando me quanto è pericoloso questo cibo che ci dà morte, dissi ch'io desideravo di vedervi grati e cognoscenti di tante grazie quante avete ricevute dal vostro Creatore, e massimamente della smisurata grazia che v'à fatta: d'avervi tratti fuore delle miserie del mondo, e messi nel giardino della santa religione, posti ad essere angeli terrestri in questa vita.

Questa è una grazia alla quale Idio vi richiede che gli mostriate segno di gratitudine con la vera e santa obedienzia, ché tanto dimostra el religioso di cognoscere lo stato suo quanto egli è obediente; e così per lo contrario il disobediente dimostra la sua ingratitudine. Bene se n'avede il vero obediente, che tutta la sua sollicitudine pone in osservare l'Ordine suo, l'observanzie e costumi e ogni cerimonia, e di compire la volontà del suo prelato con allegrezza, non volendo giudicare né investigare la sua intenzione, né dire: «Perché pone egli maggiore peso a me che a colui?»; ma semplicemente obedisce con pace, quiete e tranquillità di mente. E già non è questo grande fatto; però che egli à tolta da sé la propria volontà che gli faceva guerra.

Non fa così il disobediente, che dinanzi a sé non pone altro che la propria volontà, e tutti quegli modi e' quali possa pigliare per compirla in quello che desidera; egli diventa non osservatore de l'Ordine ma trapassatore: fassi giudice della volontà del suo prelato. Questi gusta l'arra de lo 'nferno, e sempre sta in amaritudine, ed è atto a cadere in ogni male; non è constante né perseverante, ma vòlle il capo adietro a mirare l'arato. Egli cerca la congregazione e fugge la solitudine; cerca la pace della volontà sua che gli dà morte, e fugge quella che gli dà vita, cioè la pace della conscienzia, e l'abitazione della cella, e il diletto del coro. Però che 'l coro gli pare che sia drittamente uno serpente venenoso, o cibo che gli abbi a dare morte: con tanto tedio vi sta e con tanta pena, perché la superbia e disobbedienzia e ingratitudine sua gli ànno ripieno lo stomaco, e guasto il gusto dell'anima.

Ma l'obbediente del coro si fa giardino; dell'officio, dolci e soavi frutti; e della cella si fa uno cielo; della solitudine si diletta per meglio accostarsi al suo Creatore, e non mettere mezzo tra lui e sé; e del cuore suo fa tempio di Dio. Col lume della santissima fede raguarda dove meglio truovi questa virtù, e con che mezzo meglio la possa imparare quando l'à trovata. Cercando, la truova nell'umile, svenato e consumato per amore, dolce Agnello, el quale per obbedienzia del Padre e salute nostra corse all'obrobriosa morte della santissima croce, con tanta pazienzia che il grido suo non fu udito per veruna mormorazione.

Vergogninsi e confondansi nella superbia loro tutti i disobbedienti, a raguardare l'obbedienzia del Figliuolo di Dio.

Poi che l'à truovata, con che l'acquista? Col mezzo dell'orazione, la quale è una madre che concipe e parturisce le virtù ne l'anima. Però che quanto più ci accostiamo a Dio, più participiamo della sua bontà e più sentiamo l'odore delle virtù, perché solo egli è il maestro delle virtù, e da lui le riceviamo, e l'orazione è quella che ci unisce col sommo bene. Adunque con questo mezzo acquistiamo la virtù della vera obbedienzia: ella ci fa forti e perseveranti nella santa religione, che per veruna cosa non rivoltiamo il capo adietro. Ella ci dà lume a cognoscere noi medesimi, e l'affetto della carità di Dio, e gl'inganni delle dimonia.

Ella ci fa umili tanto che per umilità l'anima si fa serva de' servi; fa aprire tutto sé medesimo nelle mani del suo maggiore: e se per lo tempo passato o per lo presente il dimonio avesse obumbrata la conscienzia sua per battaglie, o eziandio fusse attualmente caduto in colpa di peccato mortale, umilemente manifesta la sua infirmità, sì come a medico, tante volte quante egli vi cadesse, e per vergogna non se ne ritrae, né debba ritrare; ma con pazienzia riceve la medicina e correzione che 'l medico suo spirituale gli desse, credendo con fede viva che Dio gli darà tanto lume quanto è bisogno alla sua salute. Così debba fare a ciò che tagli la via al dimonio, che non vorrebbe altro se non ponere una vergogna negli occhi nostri a ciò che tenessimo dentro ne l'anima nostra i difetti e le cogitazioni, e non gli manifestassimo. Questa madre de l'orazione ci leva questa vergogna, come detto è. Ella è di tanta dolcezza che la lingua nostra nol potrebbe narrare, adunque doviamo con sollicitudine essercitarci in essa e riposarci al petto suo, e mai non lassarla.

E perché alcuna volta el dimonio, stando noi in orazione o dicendo l'officio, obumbrasse la mente nostra d'una tenebre con diverse e laide cogitazioni, non doviamo però mai lassare la nostra orazione ma perseverare in essa, e col pensiero santo cacciare il pensiero cattivo, e conservare la buona e santa volontà che non consenta a quelle cogitazioni. Facendo così, non cadrà mai in confusione ma pigliarà speranza in Dio, e con pazienzia portarà quelle fadighe della mente. Umiliandosi, dirà: «Signore, io cognosco che io non so' degno della pace e quiete della mente come gli altri servi tuoi, pure che tu mi conservi la buona e santa volontà sì che mai io non offenda te».

Allora Dio, che raguarda alla perseveranzia e umilità de' servi suoi, dona in quella anima il dono della fortezza: infunde in essa uno lume di verità e uno accrescimento di desiderio di virtù, con una allegrezza cordiale che tutto pare che vi si dissolva con uno ardore di carità verso Dio e verso el prossimo suo. Tante sono le grazie e doni che si ricevono da Dio col mezzo de l'orazione che la lingua nostra non è sufficiente a narrarle: ma vuole essere umile, fedele e continua, cioè col continuo santo desiderio. Con questo santo desiderio fare tutte le nostre operazioni manuali e spirituali: facendolo, sarà uno continuo orare - perché òra nel conspetto di Dio el santo e vero desiderio -; faràvi dilettare nelle fadighe e abracciare la viltà, dilettarvi nella mortificazione che vi fusse fatta fare per lo vostro maggiore.

Non mi distendo più sopra questa materia, ché troppo avaremmo che dire, ma pregovi che v'inebriate del sangue di Cristo crocifisso, dove trovarete l'ardore dell'obedienzia. Tiratelo a voi co' l'amo de l'orazione, acciò che mostriate d'essere grati e cognoscenti a Dio, sì come egli vi richiede per la grazia che avete ricevuta. Non facendolo, vi tornarebbe a morte quel che egli v'à dato in vita. Altro non vi dico.

Permanete etc. Gesù dolce, Gesù amore.



204

A frate Bartolomeo Dominici dell'ordine de' Predicatori, quando predicava ad Asciano.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

A voi, dilettissimo e carissimo fratello mio in Cristo Gesù: io Caterina, serva e schiava de' servi di Dio, scrivo a voi e confortovi nel prezioso sangue del Figliuolo di Dio, con desiderio di vedervi tanto annegato e affogato in Cristo Gesù, sì che al tutto perdiate voi medesimo.

E questo non vego che potiate avere, se l'occhio dello intendimento del vero desiderio non si leva sopra di voi a raguardare ell'occhio ineffabile de la divina carità, col quale Dio raguardò e raguarda la sua creatura prima che ci creasse. Poi che raguardò in sé medesimo, inamorossene smisuratamente, sì che per amore ci creò; e volendo che noi godessimo e participassimo quello bene che aveva in sé medesimo, per lo peccato d'Adamo non s'adempiva el desiderio suo. Constretto Dio dal fuoco de la divina carità, mandò el dolce Verbo incarnato del Figliuolo suo a ricomprare ell'uomo e trarlo di servitudine; e 'l Figliuolo corre e dassi all'obrobio de la croce, e a conversare co' peccatori e publicani (Mt 9,11 Mc 2,16) e scomunicati, e con ogni maniera di gente, però che a la carità non si può ponare legge né misura: non vede sé, né cerca le cose sue proprie (1Co 13,5). Perché el primo uomo cadde dell'altezza de la grazia per l'amore proprio di sé medesimo, così fu di bisogno che Dio usasse uno modo contrario a questo, e però mandò questo Agnello immaculato, con una larga ineffabile carità, non cercando sé, ma solo l'onore del Padre e la salute nostra.

O dolce e amoroso cavaliere, tu non raguardi né a tua morte né a tua vita né a tuo vitoperio, anco giuochi in su la croce a le braccia co' la morte del peccato, e la morte vince la vita del corpo tuo, e la tua morte distrusse la morte nostra. L'amore n'è cagione che voi vedete: però che l'occhio tuo non si riposava in altro che nell'onore del Padre tuo e in adempire el desiderio suo in noi, cioè che noi godessimo Dio, per lo quale fine elli ci creò.

O carissimo e dolcissimo mio figliuolo, io voglio che vi conformiate in questo Verbo che è nostra regola, e ne' santi che l'ànno seguitato: così diventarete una cosa con lui e participarete la sua larghezza e non la 'stremità. Dicovi, come detto è, che se l'anima non si leva e v'apre ell'occhio, e pongasi per oggetto la smisurata bontà e amore di Dio el quale dimostra a la sua creatura, mai non verrebbe a tanta larghezza e perfezione, ma sarebbe tanto stretto che non vi capirebbe né sé né 'l prossimo. E però vi dissi e voglio che stiate anegato e affogato in lui, raguardando sempre ell'occhio dolce de la sua carità: allora perfettamente amarete quello ched egli ama, e odiarete quello ched egli odia. Levate levate el cuore vile e la disordenata e stretta conscienzia; non date luogo al perverso dimonio che vuole impedire tanto bene: non vorrebbe essare cacciato de la città sua; ma io voglio che con cuore virile e sollecitudine perfetta vediate che altra legge è quella de lo Spirito santo che quella degli uomini.

Acordatevi con quello dolce inamorato di Pavolo: siate uno vasello di dilezione a portare e a bandire el nome di Gesù. Ben mi pare che Pavolo si specchiasse in questo occhio e ine perdesse sé; e riceve tanta larghezza ched e' desidera e vuole essare scomunicato e partito da Dio per li fratelli suoi (Rm 9,3). Era inamorato Pavolo di quello che Dio s'innamorò; vede che la carità non offende né riceve confusione.

Moisè guardò all'onore di Dio, e però voleva essere cacciato del libro de la vita prima che 'l popolo avesse morte. Per la quale cosa io vi constrengo e voglio in Cristo Gesù che stiate fermo a stirpare e' vizii e a piantare le virtù, seguitando la prima verità come detto è, e' santi ch'ànno seguitato le vestigie sue, non ponendo né regola né misura al desiderio che vuole essare senza misura.

Fate ragione d'essare tra uno popolo infedele e scomunicato, pieno d'iniquità: convienvi per forza d'amore participare con loro, ch'io vi fo sapere che a questo modo participarete con la carità e non con loro, cioè l'amore ch'avete alla salute loro. Ché se el vostro conversare fusse con amore proprio o diletto che ne traeste - o spirituale o temporale - che fusse fuore di questa fame, sarebbe da fuggire e temere la loro conversazione. Levate adunque ogni amaritudine ristrettiva, e credete più altrui che a voi medesimo. E se 'l dimonio volesse pure stimolare la conscienzia vostra, ditegli che faccia ragione con meco di questo e d'ogni cosa: la madre à a rendare ragione del figliuolo. E così voglio che siate sollecito, ché veruno caso o ponto sarà sì forte che la carità non rompa, e voi fortificarà.

Benedicetemi el mio figliuolo frate Simone, e dite che corra col bastone del santo desiderio, cioè de la santa croce. Mandatemi a dire come vi riposate, e come si vede l'onore di Dio. Dice Alessa grassotta che voi preghiate Dio per lei, e molto vi si racomanda che preghiate Dio per lei, e per me Cecca perditrice di tempo. Pregate Dio per Lisa.

Permanete ne la santa pace e dilezione di Dio.



205

A Stefano sopradetto poverello d'ogni virtù.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimo figliuolo in Cristo dolce Gesù, io Caterina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a te nel prezioso sangue suo, con desiderio di vederti con tanto lume e conoscimento che tu vega che tu ài bisogno di tagliare, e non di sciogliere, però che chi non taglia sempre sta legato; e chi non fugge, sempre rimane preso.

Non fare più resistenzia allo Spirito santo che ti chiama, ché duro ti sarà a ricalcitrare a lui; e non ti lassare legare alla tiepidezza del cuore, né all'amore compassionevole feminile, spesse volte colorato col colore della virtù. Ma sia uomo virile che virilmente esca al campo della battaglia, ponendoti dinanzi all'occhio dell'intelletto el sangue sparto con tanto fuoco d'amore, acciò che, tutto libero, sia inanimato alla battaglia. Risponde, risponde, figliuolo negligente; apre la porta del cuore tuo: ché grande villania è che Dio sta alla porta dell'anima tua, e non gli sia aperto. Non gli essere mercennaio, ma fedele.

Bagnati nel sangue di Cristo crocifisso, dove tu trovarai el coltello dell'odio e dell'amore, che taglierà ogni legame - il quale fusse fuore della volontà di Dio - e impedimento di perfezione; e trovarai el lume con che tu ài bisogno di vedere che t'è necessario il tagliare. Altro non ti dico.

Permane etc. Conforta etc. Gesù dolce, Gesù amore.



206

Al santo padre papa Gregorio XI.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Santissimo e carissimo e dolcissimo padre in Cristo Gesù, la vostra indegna figliuola Caterina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrive a voi nel prezioso sangue suo: con desiderio io ò desiderato (Lc 22,15) di vedere in voi la plenitudine della divina grazia sì e per sì-fatto modo che voi siate strumento e cagione, mediante la divina grazia, di pacificare tutto l'universo mondo.

E però vi prego, babbo mio dolce, che voi, con solecitudine e affamato desiderio della pace e onore di Dio e salute dell'anime, voi usiate lo strumento della potenzia e virtù vostra. E se voi mi diceste, padre: «El mondo è tanto travagliato: in che modo verrò a pace?», dicovi, da parte di Cristo crocifisso: tre cose principali vi conviene adoperare con la potenzia vostra. Cioè, che nel giardino della santa Chiesa voi, governatore d'esso giardino, ne traiate e' fiori puzzolenti, pieni d'immondizia e di cupidità, infiati di superbia: cioè e' mali pastori e rettori, che atoscano e imputridiscono questo giardino.

Oimé, governatore nostro, usate la vostra potenzia: divellete questi fiori, gittateli di fuori, che non abino a governare; vogliate ch'egli studino a governare loro medesimi in santa e buona vita. Piantateci in questo giardino fiori odoriferi, pastori e governatori che sieno veri servi di Gesù Cristo, che non atendano ad altro che all'onore di Dio e salute dell'anime, e sieno padri de' povari. Oimé, che grande confusione è questa di vedere coloro che debano essere specchio in povertà volontaria, umili agnelli, distribuire della sustanzia della santa Chiesa a' povari: ed eglino si vegono in tante delizie e stati e pompe e vanità del mondo, più che s'eglino fussero mille volte nel secolo! Anco, molti secolari fanno vergogna a loro, vivendo in buona e santa vita.

Ma e' pare che la somma ed etterna bontà facci fare per forza quello che non è fatto per amore: pare che permetta che gli stati e dilizie sieno tolti alla Sposa sua, quasi mostrasse che volesse che la Chiesa santa tornasse nel suo primo stato povarello, umile, mansueto, com'era in quello tempo santo quando non attendevano a altro che a l'onore di Dio e alla salute dell'anime, avendo cura delle cose spirituali e non delle temporali; ché, poi ch'ella à guardato più alle temporali che alle spirituali, le cose sonno andate di male in peggio. Però vedete che Dio per giusto giudicio gli à permesso molte perseguizioni e tribulazioni.

Ma confortatevi, padre, e non temete per neuna cosa che fusse avenuta o avenisse, ché Dio el fa per rendarle lo stato perfetto suo; perché in questo giardino ci si paschino agnelli, e non lupi divoratori dell'onore che deba essere di Dio, el quale furano e danno a loro medesimi. Confortatevi in Cristo dolce Gesù, ch'io spero che l'aiutorio suo, la plenitudine della divina grazia, el sovenimento e l'aiutorio divino sarà apresso di voi. Tenendo el modo detto di sopra, da guerra verrete a grandissima pace, da perseguizione a grandissima unione, non con potenzia umana ma con la virtù santa, e sconfigiarete e' dimonii visibili delle inique creature e gli invisibili dimonii, che mai non dormono sopra di noi.

Ma pensate, babbo dolce, che malagevolmente potreste far questo, se voi non adempiste l'altre due cose che avanzano a compire le tre: e questo si è dell'avenimento vostro, e del dirizzare el gonfalone della santissima croce. E non vi manchi el santo desiderio per neuno scandolo né ribellione di città che voi vedeste o sentiste; anco, più s'acenda el fuoco del santo desiderio a tosto volere fare. E non tardate però la venuta vostra. Non credete al dimonio, che s'avede del suo danno, e però s'ingegna di scandalezzarvi e di farvi tòllare le cose vostre, perché perdiate l'amore e la carità, e impedire el venire vostro.

Io vi dico, padre in Cristo Gesù, che voi veniate tosto, come agnello mansueto: rispondete allo Spirito santo, che vi chiama. Io vi dico: venite venite venite e non aspettate el tempo, ché 'l tempo non aspetta voi.

Allora farete come lo svenato Agnello, la cui vece voi tenete, che con la mano disarmata uccise e' nemici nostri, venendo come agnello mansueto, usando solo l'arme della virtù dell'amore, mirando solo d'avere cura delle cose spirituali, e rendare la grazia all'uomo che l'aveva perduta per lo peccato. Oimé, dolce babbo mio, con questa dolce mano vi prego e vi dico che veniate a sconfigiare e' nostri nemici: da parte di Cristo crocifisso ve 'l dico. Non vogliate credare a' consiglieri del dimonio che volessero impedire el santo e buono proponimento. Siatemi uomo virile, e non timoroso.

Rispondete a Dio che vi chiama che veniate a tenere e possedere el luogo del glorioso pastore santo Piero, di cui vicario sete rimaso, e ine drizzate el gonfalone della santa croce: ché, come per la croce fumo liberati - così disse Pavoloccio -, così levando questo gonfalone, el quale mi pare refrigerio de' cristiani, saremo liberati: noi della guerra e divisione e molte iniquità, e 'l popolo infedele della sua infedelità. E con questi modi voi verrete, e arete la riformazione de' buoni pastori della santa Chiesa; riponaretele el colore, ch'ella à perduto, dell'ardentissima carità: ché tanto sangue l'è stato succhiato per l'iniqui divoratori che tutta è impalidita. Ma confortatevi e venite, padre, e non fate più aspettare e' servi di Dio, che s'afrigono per desiderio. E io, misera miserabile, non posso più aspettare: vivendo, mi pare morire stentando, vedendo tanto vituperio di Dio. Non vi dilongate però dalla pace, per questo caso, che è avenuto, di Bologna, ma venite: ch'io vi dico ch'e' lupi feroci vi mettarano el capo in grembo come agnelli mansueti, e domandaranovi misericordia. Padre, non dico più.

Pregovi che udiate e ascoltiate quello che vi dirà frate Ramondo padre, e gli altri figliuoli che sonno con lui, che vengono da parte di Cristo crocifisso e da mia; ché sonno veri servi di Dio e figliuoli della santa Chiesa. Perdonate, padre, alla mia ignoranza, e scusimi dinanzi alla vostra benignità l'amore e 'l dolore che me 'l fa dire. Datemi la vostra benedizione.

Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù, dolce Gesù.



207

A' Signori di Fiorenza.

Al nome di Gesù Cristo crucifisso e di Maria dolce, madre del Figliuolo di Dio.

A voi, dilettissimi e carissimi fratelli in Cristo Gesù, io Caterina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, risovenendomi de la parola che disse el nostro Salvatore a' discepoli suoi, quando disse: «Con desiderio io ò desiderato di fare la Pasqua con voi, prima che io muoia» (Lc 22,15).

Longo tempo aveva pasquato el nostro Salvatore con loro, dunque di che Pasqua dice? diceva dell'ultima Pasqua, la quale fece comunicando sé medesimo a loro. Bene mostra che facci come inamorato de la salute nostra; non dice: «Io desidero», ma dice: «Con desiderio io ò desiderato»; quasi dica: «Io ò longo tempo desiderato di compire la vostra redenzione e di darmivi in cibo, e dare a me la morte per rendervi la vita».

Questa era la Pasqua desiderata da lui, e però à letizia e gode e fa festa in sé, perché si vede adempire el suo desiderio, el quale tanto aveva desiderato, e, in segno che ne sente letizia, dice «Pasqua». E lassa a loro la pace (Jn 14,27) e l'unione (Jn 17,11), e che si debbino amare insieme: questo lassa per testamento e per segno, che a questo segno sono cognosciuti e' figliuoli e veri discepoli di Cristo (Jn 13,34-35).

Questo vero padre ce 'l dà per testamento: noi figliuoli non doviamo renunziare al testamento del padre, ché chi renunzia non debba avere la eredità.

Però io desidero con grandissimo desiderio di vedervi figliuoli veri e non ribelli al padre vostro, non renunziatori al testamento de la pace, ma adempitori d'essa pace, legati e uniti nel legame e amore dell'ardentissima carità. Stando in questa dilezione, elli vi darà sé medesimo in cibo, e ricevarete el frutto del sangue del Figliuolo di Dio, per lo cui mezzo riceviamo la eredità di vita etterna; però che, inanzi che 'l sangue fusse sparto, vita etterna era serrata, e neuno poteva andare al fine suo, 'l quale fine era Dio, e però era creato l'uomo. Ma perché l'uomo non era stato al giogo dell'ubbidienzia, ma inubbidiente e ribello al comandamento suo, però venne la morte nell'uomo.

Mosso Dio dal fuoco de la sua divina carità, donocci il Verbo dell'unigenito suo Figliuolo, el quale per l'ubidienzia del Padre suo ci dié el sangue con tanto caldo d'amore, in tanto che ogni cuore superbo e ignorante si doverebbe vergognare, non ricognoscendo tanto smisurato benefizio. El sangue c'è fatto bagno a lavare le nostre infermitadi, e li chiovi ci sono fatti chiave che ànno diserrata la porta del cielo. Dunque, figliuoli e fratelli miei, non voglio che siate ingrati né scognoscenti a tanto inestimabile amore quanto Dio vi mostra: voi sapete bene che la ingratitudine fa seccare la fonte de la pietà. Questa è la Pasqua che desidera l'anima mia di fare con voi: che voi siate figliuoli pacifici, e non siate ribelli al capo vostro, ma sudditi e obedienti infine a la morte.

Voi sapete bene che Cristo lassò il vicario suo, e questo lassò per remedio dell'anime nostre; in altro non possiamo avere la salute se non nel corpo mistico de la santa Chiesa - il cui capo è Cristo, e noi siamo le membra -; e chi sarà disubediente a Cristo in terra, il quale è in vece di Cristo in cielo, non participarà el sangue del Figliuolo di Dio, però che Dio à posto che per le sue mani ci sia comunicato e dato questo sangue e tutte le sacramenta de la santa Chiesa, le quali ricevono vita da esso sangue; e non potiamo andare per altra via né intrare per altra porta, però che disse la prima verità: «Io so' via verità e vita» (Jn 14,6). Chi tiene per questa via, va per la verità e non per la menzogna. è una via d'odio del peccato d'amore proprio di sé medesimo, el quale amore è cagione d'ogni male. Questa via ci dà amore delle virtù, le quali danno vita all'anima che essa riceve una unione e dilezione col prossimo suo, che inanzi elegge la morte che voglia offendare el prossimo. E bene vede che, se elli offende la creatura, elli offende el Creatore; adunque bene è via di verità. Parmi anco che sia porta, unde ci conviene entrare poi che aviamo fatta la via. Così disse elli: «Neuno può andare al Padre se none per me» (Jn 14,6). Adunque vedete, figliuoli miei dolcissimi, che colui che ribella, come membro putrido, a la santa Chiesa e padre nostro Cristo in terra, è caduto nel bando de la morte, però che quello che facciamo a lui, facciamo a Cristo in cielo, per reverenzia o vitoperio che noi facessimo.

Vedete bene che per la disubbidienzia e persecuzione che avete fatta - credetemi, fratelli miei, che con dolore e pianto di cuore ve 'l dico -, voi sete caduti nella morte e in odio e in dispiacere di Dio, e peggio non potete avere che essare privati de la grazia sua: poco ci valrebbe la potenzia umana, se non ci fusse la divina. Oimé, che invano s'affadiga colui che guarda la città, se Dio non la guarda! (Ps 126,1) Se Dio à fatta guerra con voi per la ingiuria che avete fatta al padre vostro, vicario suo, sete indebiliti, perdendo l'aiutorio suo; poniamo che molti sono quelli che non si credono per questo offendare Dio, ma pare a loro fare sacrifizio a lui: sì perseguitano la Chiesa e' pastori suoi, e difendonsi dicendo: e' sono gattivi e fanno ogni male.

E io vi dico che Dio vuole e à comandato così che, eziandio s'e' pastori e Cristo in terra fussero dimoni incarnati - non tanto che buono e benigno padre -, e' ci conviene essare sudditi e ubbidienti a lui - non per loro in quanto loro, ma, per l'ubbidienzia di Dio - come vicario di Cristo, che vuole che facciamo così.

Sapete che 'l figliuolo non à mai ragione contra del padre, sia gattivo e riceva ingiuria da lui quanta si vuole, ché è tanto smisurato el benefizio dell'essare, che elli à avuto del padre, che per neuna cosa gli può rendare tanto debito. Or così pensate che elli è tanto l'essare e 'l benefizio de la grazia che traiamo del corpo mistico de la santa Chiesa, che neuna reverenzia né operazione che noi facessimo potrebbe essere sufficiente a rendare questo debito. Oimé oimé, figliuoli miei, piangendo ve 'l dico, e ve ne prego e constringo da parte di Cristo crucifisso, che vi riconciliate e facciate pace con lui, e none state più in guerra: none aspettate che l'ira di Dio venga sopra di voi, ché io vi dico che questa ingiuria elli la riputa fatta a sé, e così è. Vogliate ricoverare sotto l'ale dell'amore e timore di Dio, umiliandovi e volendo cercare la pace e unione del padre vostro.

Aprite aprite gli occhi del cognoscimento e none andate in tanta cechità, però che noi non siamo giuderi né saracini, ma siamo cristiani batteggiati e ricomprati del sangue di Cristo. Non doviamo dunque andare contra al capo nostro per neuna ingiuria ricevuta, né l'uno cristiano contra all'altro, ma doviamo fare questo contra li infedeli, che ci fanno ingiuria, però che possegono quello che none è loro, anco è nostro.

Or non più dormire, per l'amore di Dio, in tanta ignoranzia e ostinazione: levatevi su e corrite a le braccia del padre vostro, che vi ricevarà benignamente se 'l farete, e avarete pace e riposo spiritualmente e temporalmente, voi e tutta la Toscana; tutta la guerra che è di qua, andarà sopra l'infedeli, rizzandosi il gonfalone de la santissima croce.

E se non faceste di recarvi a buona pace, avarete il peggiore tempo, voi e tutta la Toscana, che avessero mai i nostri antichi. Non pensate che Dio dorme sopra l'ingiurie che sono fatte a la Sposa sua, ma vegghia, e non ci paia perché vediamo andare la prosperità inanzi, però che sotto la prosperità è nascosa la disciplina de la potente mano di Dio. Poi che Dio è disposto a porgiarci la misericordia sua, none state, fratelli miei, più indurati, ma umiliatevi ora, mentre che avete el tempo, però che l'anima che s'aumilia sarà sempre essaltata - così disse Cristo -, e chi s'essaltarà sarà umiliato (Mt 23,12 Lc 14,11 Lc 18,14) con la disciplina e flagelli e battiture di Dio.

Andate con pace e unione: questa è la Pasqua che io ò desiderio di fare con voi, considerando che in altra corte non potiamo fare questa Pasqua se none nel corpo de la santa Chiesa, ché ine è il bagno del sangue del Figliuolo di Dio, dove si lavano i fracidumi de' peccati nostri; ine si trova il cibo dove l'anima si sazia e si notrica; e trovianvi il vestimento nuziale, il quale ci conviene avere, se vogliamo intrare a le nozze di vita etterna (Mt 22,11), a le quali siamo invitati dall'Agnello svenato e derelitto in croce per noi. Questo è el vestimento de la pace, che pacifica el cuore e ricuopre la vergogna de la nostra nudità, cioè di molte miserie e difetti e divisioni le quali noi abbiamo l'uno con l'altro, le quali sono cagione e strumento di tollerci el vestimento de la grazia.

Poi che la benignità dolce di Dio ci rende el vestimento, non siate negligenti ad andare per esso con sollicitudine virile al capo vostro, acciò che la morte non vi truovi nudi, però che noi doviamo morire e non sappiamo quando. Non aspettate el tempo, ché 'l tempo none aspetta voi. Grande simplicità sarebbe d'aspettare e fidarmi di quello che io non ò, né sono securo d'avere. Non dico più.

Perdonate a la mia presunzione, e incolpatene l'amore che io ò a la salute vostra e dell'anima e del corpo, e il dolore che io ò del danno che ricevete, spiritualmente e temporalmente: pensate che più tosto ve 'l direi a bocca che per lettara. Se per me si può adoperare alcuna cosa che sia onore di Dio e unione di voi e de la santa Chiesa, sono apparecchiata a dare la vita, se bisogna.

Permanete ne la santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù.




Caterina, Lettere 202