Caterina, Lettere 214

214

A Caterina dello Spedaluccio e a Giovanna di Capo.

Al nome di Gesù Cristo crucifisso e di Maria dolce.

Carissime figliuole in Cristo dolce Gesù, io Caterina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi fondate in vera pazienzia e con profonda umilità, a ciò che potiate seguitare el dolce e immaculato Agnello, però che in altro modo non potreste seguitarlo.

Ora è el tempo, figliuole mie, di mostrare se noi aviamo virtù e se sete figliuole, o sì o no. Con pazienzia vi conviene portare le persecuzioni e le detrazioni infamie e mormorazioni de le creature, con umilità vera, e non con scandalo né con impazienzia; né levare el capo per superbia contra ad alcuna persona.

Sapete bene che questa è la dottrina che v'è stata data: che in sulla croce si conviene pigliare el cibo de l'onore di Dio e della salute dell'anime, e con vera e santa pazienzia.

Oimé, figliuole dolcissime, io vi invito, da parte de la prima dolce Verità, che voi vi destiate dal sonno della negligenzia e amore proprio di voi; e offerite umili e continue orazioni, con molta vigilia e con vero cognoscimento di voi medesime, però che el mondo perisce per la moltitudine di molte iniquità e inreverenzia che si fa a la dolce Sposa di Cristo. Or diamo dunque l'onore a Dio e la fadiga al prossimo.

Oimé, non vogliate, né voi né l'altre serve di Dio, che termini la vita vostra altro che in pianto e in sospiri, però che con altro mezzo non si può placare l'ira di Dio, la quale manifestamente si vede venire sopra di noi. O disaventurata me, figliuole mie: io credo essere quella miserabile che so' cagione di tanti mali, per la molta ingratitudine e altri defetti che io ò commessi contra el mio Creatore.

Oimé oimé, chi è Dio che è offeso da le sue creature? è colui che è somma ed etterna bontà, el quale per la carità sua creò l'uomo alla imagine e similitudine sua (Gn 1,26), e recreollo a grazia doppo el peccato, nel sangue dello immaculato e amoroso Agnello unigenito suo Figliuolo. E chi è l'uomo mercennaio ignorante, che offende el suo Creatore? Siamo coloro che non siamo noi per noi, se non quanto siamo fatti da Dio, ma per noi siamo pieni d'ogni miseria. E non pare che si cerchi se non in che modo si possa offendere Dio, e l'una creatura l'altra, in dispregio del Creatore.

Vediamo co' miserabili occhi nostri perseguitare el sangue nella santa Chiesa di Dio, el quale sangue ci à data la vita. Scoppino dunque e' cuori nostri, per ansietato e penoso desiderio; none stia più la vita nel corpo, ma inanzi morire che vedere tanto vituperio di Dio. Io muoio vivendo e dimando la morte al mio Creatore e non la posso avere; meglio mi sarebbe a morire che a vivere, inanzi che vedere tanta ruina quanta è venuta ed è per venire nel popolo cristiano. Traiamo fuore l'arme de la santa orazione, però che altro remedio io non ci veggo.

Venuto è quello tempo della persecuzione de' servi di Dio, e' quali si conviene che si nascondano nella caverna del cognoscimento di loro e di Dio, chiamando a lui misericordia per li meriti del sangue del suo Figliuolo. Io non voglio dire più, però che se io andasse alla voglia, figliuole mie, io non mi ristarei mai infine che Dio mi trarrebbe di questa vita.

A te dico ora, Andrea, che colui che comincia non riceve mai la corona della gloria, ma colui che persevera infine alla morte. O figliuola mia, tu ài cominciato a mettere mano all'aratro delle virtù, partendoti dal bomico del peccato mortale; convienti dunque perseverare a ricevere el frutto della tua fadiga, la quale porta l'anima, volendo raffrenare la sua gioventudine che non scorra a essere membro del dimonio. Oimé, figliuola mia, e non ài tu considerazione che tu eri membro del dimonio, dormendo nel fracidume della immondizia, e Dio per la sua misericordia ti trasse di tanta miseria, l'anima e 'l corpo, nella quale tu eri? Non ti conviene dunque essere ingrata né scognoscente, però che male te ne pigliarebbe, e tornarebbe el demonio con sette compagni, più forte che di prima.

Allora mostrarai la grazia che ài ricevuta, d'essere grata e cognoscente, quando sarai forte contra le battaglie del dimonio, contra el mondo e la carne tua, che ti dà molestia, e sarai perseverante nella virtù.

Attaccati, figliuola mia, se vuoli campare da tante molestie, all'arbolo della santissima croce, con l'astinenzia del corpo tuo, con la vigilia e con l'orazione, bagnandoti per santo desiderio nel sangue di Cristo crucifisso: e così acquistarai la vita della grazia e farai la volontà di Dio, e adempirai el desiderio mio, el quale desidera che tu sia vera serva di Cristo crucifisso. Unde io ti prego che tu non sia più fanciulla, e che tu vogli per sposo Cristo, che t'à ricomprata del sangue suo. E se tu vorrai pur el mondo, convienti aspettare tanto che si possa avere el modo di dartelo, per modo che sia onore di Dio e bene di te.

Sia suddita e obediente infine alla morte, e non escire della volontà di Caterina e di Giovanna, ché so che elle non ti consigliaranno né diranno cosa che sia altro che onore di Dio e salute dell'anima e del corpo tuo; e se tu nol farai, fara'mi grandissimo dispiacere e a te poca utilità. Spero nella bontà di Dio che tu farai sì che elli n'avarà onore e tu n'avarai el frutto, e a me darai grande consolazione.

A te dico, Caterina, e Giovanna, che per onore di Dio e salute sua adoperiate infine alla morte. Figliuole dolci, ora è tempo di fadighe, le quali ci debbono essere consolazioni per Cristo crucifisso. Altro non dico.

Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.



215

A certi monasterii di donne in Bologna.

Al nome di Gesù Cristo crucifisso e di Maria dolce.

Carissime suore in Cristo dolce Gesù, io Caterina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi fondate in vera e perfetta carità. La quale carità è el vestimento nuziale el quale debba avere l'anima che è invitata alle nozze della vita durabile, però che senza questo vestimento saremmo sbandite da le nozze di vita etterna.

Cristo benedetto ci à tutti invitati, e a tutti ci à dato el vestimento della grazia sua, la quale grazia ricevemmo nel santo battesimo. Questo è invitare e dare insiememente, però che nel battesimo c'è tolta la marcia del peccato originale e data la grazia; però che con quello battesimo, morendo el fanciullo nella puerizia sua, à vita etterna, in virtù del sangue di Cristo crucifisso, el quale sangue fa valere el battesimo.

Ma vivendo la creatura che à in sé ragione, e giugnendo al tempo della discrezione, può tenere la invitata che gli fu fatta nel santo battesimo; e se non la tiene, è reprovato dal signore delle nozze, ed è cacciato fuore, essendo trovato senza el vestimento nuziale. Perché non l'à? perché non volse osservare quello che promise nel santo battesimo, cioè di renunziare al mondo e alle sue delizie, al demonio e a sé medesimo, cioè alla propria sensualità. Questo debba fare ogni creatura che à in sé ragione, in qualunque stato si sia; però che Dio non è acettatore delli stati, ma de' santi desiderii.

E chi non rende questo debito, el quale à promesso d'osservare e di rendere, è furo, però che imbola quello che non debba; e però giustamente Dio el caccia, comandando che gli sia legato le mani e piei, e gittato nelle tenebre di fuore. Songli legati e' piei de l'affetto, però che non può desiderare Dio; e a colui che è morto in peccato mortale e gionto allo stato della dannazione, gli sono legate le mani delle sue operazioni, però che non possono pigliare el frutto di vita etterna - el quale si dà a' veri combattitori, e' quali combattono co' vizii per amore della virtù -, ma pigliano quello frutto che seguita di ricevere per le sue gattive operazioni, el quale è cibo di morte.

O carissime suore, e se tanto duramente sarà punito generalmente ogni persona che non renderà questo così-fatto debito, che diremo di noi misere e ignoranti spose, le quali siamo state invitate alle nozze di vita etterna, e al giardino della santa religione - la quale è uno giardino odorifero pieno di dolci e suavi frutti -, nel quale giardino la sposa, se ella attiene quello che ella à promesso, diventa uno angelo terrestro in questa vita? Però che, come gli altri uomini del mondo, vivendo nella carità comune, sono uomini giusti, e se fussero in peccato mortale sarebbero animali bruti, così quelli che si conservano nello stato della continenzia, ed entrano nel giardino della santa religione, sono fatti angeli, e se non osservassero quello che ànno promesso, sarebbero peggio che dimonia. (E non ànno questi cotali el vestimento predetto).

Oh quanto sarà dura e aspra quella reprensione che sarà fatta alla sposa di Cristo dinanzi al sommo giudice! Serrata le sarà la porta da lo sposo etterno. Or che rimproverio sarà quello di vedersi privata di Dio e della conversazione delli angeli, solo per suo defetto? O carissime suore, chi punto la considerasse eleggiarebbe prima la morte che offendere la sua perfezione: non tanto che offendere Dio, ma io dico d'offendere la perfezione sua.

Però che altro è stare in peccato mortale - per lo quale allora sta in offesa di Dio -, e altro è offendere la perfezione sua, la quale à promessa di compire: cioè, che oltre a osservare e' comandamenti di Dio, à promesso d'osservare i consigli attualmente e mentalmente. Gli uomini che stanno nella carità comune osservano e' comandamenti e i consigli, però che sono legati insieme, e non si può osservare l'uno senza l'altro; ma osservangli mentalmente. Ma quelli che à promesso di compire la vita perfetta, gli osserva mentalmente e attualmente. Unde io dico che, se attualmente poi non gli osserva, ma osservali pur mentalmente, offende la sua perfezione, per la quale elli promisse d'osservarli attuali e mentali.

Che promettemmo noi, carissime suore? promettemmo d'osservare e' consigli quando nella professione facemmo tre voti: però che noi promettemmo povertà voluntaria, obedienzia e continenzia. E' quali non osservando, offendiamo Dio per la promessione e voto fatto; e offendiamo la perfezione la quale aviamo eletta. Però che se un altro che non gli avesse promessi d'osservare non gli osserva attualmente, non offende, ma offende la perfezione, la quale si poneva in cuore di volere tenere; ma quelli che à fatto voto, offende.

E quale è la cagione per che, doppo el voto fatto, e' non si osserva? è per l'amore proprio di noi medesimi, el quale amore proprio ci tolle el vestimento nuziale; e tolleci la luce - e dacci la tenebre -; la vita, e dacci la morte e l'appetito delle cose transitorie vane e caduche; e tolleci el desiderio santo di Dio. Oh quanto è miserabile questo amore! Però che ci fa essere perditori del tempo, el quale è tanto caro a noi; e partianci dal cibo delli angeli, e andiamo al cibo delli animali bruti, cioè della creatura fatta animale bruto per la sua disordenata vita, el cui cibo sono e' vizii e i peccati; e il cibo delli angeli terrestri sono le vere e reali virtù. Quanto è differente l'uno da l'altro? quanto da la morte alla vita, quanto da la cosa infinita alla cosa finita.

Or vediamo di che si diletta quella che è vera sposa di Cristo crucifisso, la quale gusta questo dolce e amoroso cibo; e di che si diletta quella che è fatta animale bruto. La vera sposa di Cristo si diletta di cercare lo sposo suo non tra la congregazione, ma nel cognoscimento santo di sé, dove ella el truova - cioè cognoscendo e gustando la bontà dello sposo etterno in sé, amandolo con tutto el cuore, con tutta l'anima e con tutte le forze sue -; dilettandosi di stare in su la mensa della santissima croce; volendo acquistare più tosto le virtù con pena e con battaglie che con pace e senza pena, per conformarsi con Cristo crucifisso, seguitando le vestigie sue: in tanto che, se possibile le fusse di servirli senza pene, non vuole ma, come vero cavaliere, con forza, e violenzia fare a sé medesima, gli vuole servire, perché ella è spogliata dall'amore proprio di sé, e vestita dell'affettuosa carità; e passa per la porta stretta (Mt 7,13 Lc 13,24) e bassa di Cristo crucifisso, e però promisse e attiene d'osservare povertà voluntaria obedienzia e continenzia.

Ella à gittato a terra el carico e 'l peso delle ricchezze del mondo, delizie e stati suoi; e quanto più se ne vede privata, più gode. E perché ella è umile, à obedienzia pronta, e non ricalcitra alla obedienzia sua; né vuole passare mai el tempo che ella non si ponga dinanzi a l'occhio suo e' costumi dell'Ordine e la promessione fatta. Lo studio suo è della vigilia e dell'orazione, e della cella si fa uno cielo, con una dolce psalmodia; l'offizio suo non dice solamente con le labbra, ma coralmente; e vuole essere sempre la prima che entri in coro e l'ultima che n'esca. Ed èlle in abominazione la grate e 'l parlatòro, e la dimestichezza de' devoti. Non studia in fare celle murate, né fornite di molto ornamento; ma bene si studia di murare la cella del cuore suo, a ciò che i nemici non vi possano entrare; e questa cella fornisce dell'adornamento delle virtù. Ma nella cella attuale, non tanto che ella vi metta molto adornamento, ma se v'à alcuna cosa, sì ne la trae, per desiderio della povertà, e per lo bisogno delle suore.

E per questo conserva l'anima e 'l corpo suo nello stato della continenzia, però che à tolte le cagioni per le quali la potesse perdere. E sta con una carità fraterna, amando ogni creatura che à in sé ragione, e porta e sopporta e' difetti del prossimo suo con vera e santa pazienzia. Ella sta come el riccio, con vera guerra con la propria sensualità: ella è timorosa di non offendere lo Sposo suo. Ella perde la tenerezza della patria e il ricordamento de' parenti; solo coloro che fanno la volontà di Dio le sono congionti per affetto d'amore. Oh quanto è beata l'anima sua! ella è fatta una cosa con lo Sposo suo, e non può volere né desiderare se non quello ched e' vuole. Allora, mentre che così dolcemente ella passa el mare tempestoso, e gitta odore di virtù nel giardino della santa religione, chi dimandasse Cristo crucifisso: «Chi è questa anima?», direbbe: «è uno altro me, fatta per affetto d'amore». Questa à el vestimento nuziale, unde non è cacciata da le nozze, ma con gaudio e giocondità è ricevuta da lo sposo etterno. Questa gitta odore non tanto dinanzi a Dio, ma dinanzi alli iniqui uomini del mondo, però che, voglia el mondo o no, l'ànno in debita reverenzia.

El contrario è di coloro che vivono in tanta miseria, fondate in amore proprio della propria sensualità, le quali sono tutte accecate, unde la vita loro gitta puzza a Dio e alle creature; e per li loro defetti e' secolari diminuiscono la reverenzia alla santa religione. Oimé, dove è el voto della povertà? ché con disordenata sollicitudine e amore e appetito delle ricchezze del mondo cercano di possedere quello che l'è vetato, con una cupidità d'avarizia e crudeltà del prossimo. Però che vedranno el convento e le suore inferme e in grande necessità, e non se ne curano, come se esse avessero a reggere la brigata de' figliuoli, e lassare loro eredi.

O misera, tu non ài questo attacco, ma tu vuoli fare ereda la propria sensualità; e vuo'ne reggere l'amistà e la conversazione de' tuoi devoti, notricandoli con presenti, ed el dì stare a cianciare e novellare, e perdere el tempo tuo con parole lascive e oziose. E così non te n'avedi; o tu te ne avedi, e fai vista di non vedere, unde contamini la mente e l'anima tua. Tu diventi frenetica con le impugne e molestie della carne, consentendo con la perversa e deliberata volontà. Oh misera! E debba fare questo la sposa di Cristo? Oh vituperata a Dio e al mondo! Quando tu dici l'offizio tuo, el cuore va a piacere a te di piacimento sensitivo, e delle creature che tu ami di quello amore medesimo. O carissime suoro, questa s'affadiga nel servigio del dimonio, e sta tutto dì attaccata alle grate e al parlatòro sotto colore di devozione. O maladetto vocabolo, el quale regna oggi nella Chiesa di Dio e nella santa religione, chiamando devoti e devote quelli e quelle che fanno l'operazioni delle demonia! Egli è dimonio incarnato, ed ella demonia. Oimé, oimé, a che partito è venuto el giardino, nel quale è seminata la puzza della immondizia! E il corpo, che debba essere mortificato col digiuno e con la vigilia, con la penitenzia e con molta orazione, ed egli sta in delizie e adornato, e con lavamenti di corpo e con disordenati cibi, e con giacere non come sposa di Cristo, ma come serva del demonio, e publica meritrice. E con la puzza della disonestà sua corrompe le creature e fatta è nemica de l'onestà, e de' servi di Dio; ed è trapassatrice della obedienzia.

Ella non vuole legge né priora sopra a capo; el dimonio e la propria sensualità è fatta sua priora: a lei obbedisce, e cerca di servirla con ogni sollicitudine.

Ella desidera la pena e la morte di chi la volesse ritrare dalla morte del peccato mortale; e tanto è forte questa miseria che in ogni male corre sì come sfrenata e senza el freno della ragione. Ella assottiglia lo intendimento suo per compire e' suoi disordenati desiderii: el dimonio non ne truova tante, quante ne truovano queste dimonie incarnate. Elle non si curano di fare nuove fatture alli uomini per invitarli a disordenato amore verso di loro, in tanto che spesse volte s'è veduto che - dentro nel luogo che in sé è luogo di Dio - à fatto stalla, commettendo attualmente el peccato mortale. Questa è fatta adultera, e con molta miseria à ribellato allo Sposo suo, unde ella cade dalla grande altezza del cielo nel profondo de l'inferno. Ella fugge la cella come nemico mortale; ella trapassa l'offizio suo; e non si diletta di mangiare in refettorio con la congregazione delle povarelle, ma per vivere più largamente e con più dilicatezza di cibi, mangia in particulare; e fatta è crudele a sé medesima, e però non à pietà d'altrui.

Unde nascono tanti mali? da l'amore proprio sensitivo, el quale à offuscato l'occhio della ragione: unde non cognosce, né le lassa vedere, el suo male, né in quello che ella è venuta, né in quello che ella viene, se ella non si corregge. Però che se ella vedesse che la colpa la fa serva e schiava di quella cosa che non è, e conducela all'etterna dannazione, eleggiarebbe prima la morte che offendere el suo Creatore e l'anima sua.

Ma per l'amore proprio ella trapassa e non osserva el voto promesso, però che per amore di sé ella possede e desidera le ricchezze, e gli onori del mondo: la quale cosa è povertà e vergogna della religione.

Sapete che ne viene per possedere le ricchezze contra el voto fatto della povertà, e contra i costumi dell'ordine? Escene disonestà e disobedienzia. Perché disonestà? per la conversazione che seguita per lo possedere, però che, se ella non avesse che dare, non avarebbe amistà altro che di servi di Dio, e' quali non amano per propria utilità, ma solo per Cristo crucifisso. E non avendo che dare, e' servi del mondo, che non attendono ad altro che a propria utilità - per lo dono che ricevono, o per disordenato diletto e piacere -, se ella non à, e non vuole piacere ad altri che a Dio, non v'andaranno mai. Unde ipso-facto che la mente sua è corrotta e superba, subbito è fatta disobediente, e non vuole credere ad altri che a sé; e così va sempre di male in peggio, in tanto che di tempio di Dio è fatto tempio del dimonio. Unde è sbandita delle nozze di vita etterna, perché è spogliata del vestimento della carità.

Adunque, carissime suore, poi che tanto è pericoloso el non rendere el debito d'osservare el voto promesso, studianci d'osservarlo e raguardiamo la nudità nostra, quanto ella è misera cosa, a ciò che noi l'odiamo; e vediamo el vestimento nuziale, quanto è utile a noi e piacevole a Dio, a ciò che pienamente ne siamo vestite. E non vedendo io altro modo, però vi dissi che io desideravo di vedervi fondate in vera e perfetta carità; e così vi prego, per amore di Cristo crucifisso, che facciate. Destatevi dal sonno; e poniamo ogimai termine e fine a la miseria e alla nostra imperfezione, però che non ci à tempo. Elli è sonato a condennagione, e data c'è la sentenzia che noi doviamo morire, e non sappiamo quando. Già è posta la scure alla radice dell'arbolo nostro, adunque non è da aspettare quello tempo che noi non siamo sicuri d'avere, ma nel tempo presente annegare la nostra volontà, e morire spasimate per amore della virtù.

A voi dico, priora, che voi diate essemplo di santa e onesta vita, a ciò che in verità diate dottrina alle vostre figliuole e suddite, e reprensione e punizione, quando bisogna, vietando lo' le dimestichezze de' secolari e la conversazione de' divoti, serrando la grate e 'l parlatòro, se non per necessità, e con modo ordenato. E invitatele a votiare le celle, a ciò che non abbiano che dare, e l'adornamento delle cortine, e i letti della piuma, e i superchi e dissoluti vestimenti, se vi sono; ché temo che non ve n'abbi. E voi siate la primaia, carissima madre, a ciò che per essemplo di voi l'altre ci si dispongano. Morda e abbai el cane della conscienzia vostra, pensando che n'avete a rendere ragione dinanzi a Dio; e non chiudete gli occhi per non vedere, però che Dio vi vede; e non sarete però scusata: perciò che vi conviene avere dodici occhi sopra le suddite vostre. So' certa che se sarete vestita del vestimento detto, voi el farete; e io ve ne prego, e obligomi a sempre pregare Dio per voi, e ad aitarvi a portare e' pesi, con quello affetto della carità che Dio mi darà. Fate che io n'oda buone novelle. Altro non vi dico.

Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.



216

A Nigi di Doccio Arzocchi.

Al nome di Gesù Cristo crucifisso e di Maria dolce.

Carissimo figliuolo in Cristo dolce Gesù, io Caterina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi seguitatore de le vestigie di Cristo crocifisso, però che per altra via non potiamo tenere in modo che ci desse vita.

Quale è la via sua? è questa: scherni, oprobii, ingiurie, strazii e villania, e sostenere con vera e perfetta pazienzia infine alla morte, e non vòllere el capo indietro per alcuna ingiuria o mormorazione che el mondo ci volesse dare. E non doviamo però allentare e' passi, ma con una vera perseveranzia rendere bene a coloro che ci fanno male: questa è la via la quale c'insegna e à fatta elli, questo dolce e inamorato Agnello. Così disse elli, che elli era via verità e vita (Jn 14,6), e veramente dà vita a coloro che vanno per questa via, però che ci dà dottrina che in questa vita ci fa gustare l'arra di vita etterna, participando la vita della grazia.

Questo dolce maestro è salito in su la catreda della croce per darci dottrina fondata in verità. Noi dunque scolari doviamo stare abasso per impararla, cioè nella bassezza della vera umilità, ché con superbia non si potrebbe imparare: però che ella ingrossa lo intelletto de l'uomo e nol lassa essere capace in cognoscere Dio. Ma l'umile non è così; anco à l'occhio dell'intelletto purificato, e ànne tratta la terra d'ogni amore proprio e tenerezza sensitiva, ed èssi fondato in vero cognoscimento di sé; nel quale cognoscimento vede meglio, e più sottilmente cognosce de la somma etterna bontà di Dio. Più cognoscendo, più ama, e quanto più ama, tanto acquista più perfetta umilità e pazienzia, però che l'umilità è baglia e nutrice della carità.

Sì che vedete, carissimo figliuolo, che e' ci conviene sedere abasso come veri discepoli: e per questo modo impararemo la dottrina, e corriremo, morti a ogni propria volontà, per la via della verità dolce, e dilettarenci in croce, con ansietato e spasimato desiderio cercando l'onore di Dio e la salute dell'anime.

Ora è el tempo, carissimo figliuolo, di levarsi dal sonno della negligenzia e della ingratitudine, e con sollicitudine essere grato e cognoscente, servendo e amando el prossimo nostro, però che la nostra gratitudine non potiamo mostrare a Dio per utilità che se li possa fare, ma potianla bene mostrare in servire al prossimo.

Quando fu tempo, figliuolo carissimo, che Dio ci richiedesse tanto el desiderio del suo onore e de la salute dell'anime, quanto ora? D'ogni tempo cel richiede Dio, però che senza la carità del prossimo non potremmo avere vita etterna, ma quanto è più bisogno, tanto è più richiesto. Unde, perché ora vediamo e' maggiori bisogni che si vedessero forse mai fra' cristiani, doviamo non ristare mai di continuamente offerire lagrime e umili orazioni: e a questo saremo cognosciuti se saremo veri servi di Dio, e che noi teniamo per la via de la verità e sappiamo bene la sua dottrina. Oimé, non è più tempo da cercare sé per sé, ma di cercare Cristo crucifisso, e non terminare el pianto nostro sopra le miserabili anime che si veggono ne le mani de le dimonia, tanto che Dio volla l'occhio della sua misericordia, e plachisi l'ira sua verso di noi miserabili. Oimé, che el mondo perisce per tante miserie quante si comettono, e inreverenzia e persecuzione della santa Chiesa.

Io miserabile, cagione d'ogni male, vi prego per l'amore di Cristo crocifisso che voi e gli altri figliuoli, con pianto e sospiri e sante e umili orazioni, preghiate el dolce e immaculato Agnello che degni di farci misericordia e donici la reformazione della Sposa sua; e a noi miserabili cristiani dia lume e cognoscimento, obedienzia e reverenzia vera alla santa Chiesa, sì che vivino in pace e in quiete e in unione, sì come debbono fare e' veri figliuoli al padre loro, sì che noi none stiamo più come membri del dimonio.

Oimé, che el cuore scoppia e non può scoppiare! Per l'amore di Cristo crocifisso, ora che è el tempo, date l'onore a Dio e la fadiga al prossimo, e così m'avedrò se sarete veri figliuoli o no; ché io vi prometto che, se noi nol faremo, che elli ci sarà richiesto con grande rimproverio da la prima Verità. Dio vuole che noi strettamente el preghiamo, e così disse elli a uno servo suo: «Col mezzo delle molte orazioni e ansietati e amorosi desiderii de' servi miei farò misericordia al mondo».

Dunque non siate avari, ma siate larghi nella larghezza de la carità, dove tutte le virtù riceveno vita, e senza essa neuna operazione ci dà frutto di grazia. Per questo modo diventarete buono e perfetto, e sarà tolta da voi ogni ignoranzia, negligenzia e ingratitudine, sedendo in terra umile, come detto è; e seguitarete le vestigie di Cristo crucifisso, e adempirete el desiderio mio che dissi che io desideravo di vedervi seguitatore delle vestigie di Cristo crucifisso. Altro non dico.

Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio.

Racomandateci a tutti e' figliuoli e figliuole, e dite lo' che elli è tempo di pianto, d'orazione e di sospiri per la dolce Sposa di Cristo e per tutto el popolo cristiano, che si vede in tanta afflizione per li nostri peccati.

Confortate in Cristo dolce Gesù Thommè di Corradino, e diteli che sempre si ponga Dio dinanzi agli occhi suoi, a ciò che quello che elli fa, facci sempre col santo timore di Dio, portando con vera pazienzia ciò che Dio permette, e spregi le consolazioni del mondo, e abraccichi le persecuzioni con santo e vero desiderio infine alla morte. Gesù dolce, Gesù amore.



217

A la priora e l'altre suore di Santa Maria de le Vergini.

E a la priora di Santo Giorgio e l'altre suore, in Perogia.

Al nome di Gesù Cristo crucifisso e di Maria dolce.

Carissima madre e figliuole in Cristo dolce Gesù, io Caterina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi spose unite e legate nel legame della vera e ardentissima carità, el quale legame tenne confitto e chiavellato Dio e Uomo in su el legno della santissima croce.

Elli è quello legame che unì Dio ne l'uomo e l'uomo in Dio, e unisce l'anima col suo Creatore, e falla amatrice de le vere e reali virtù. Questo legame che è? è uno amore che lega, taglia e divide: però che, come unisce e lega l'anima con Dio, così la divide e taglia dal peccato e dal proprio amore sensitivo, unde procede divisione e ogni male; e tolle l'acqua morta e dà l'acqua viva della grazia. Elli ci separa da la tenebre e dacci el lume, el quale lume ci fa vedere e gustare la verità. O fuoco dolcissimo d'amore, che empi l'anima d'ogni dolcezza e soavità, ché neuna pena né amaritudine può cadere in quella mente che arde di così dolce e glorioso fuoco! La carità non giudica male: non giudica la volontà de l'uomo, ma giudica la volontà di Dio, vedendo e cognoscendo che elli non vuole altro che la nostra santificazione. Poi, dunque, che elli non vuole altro che el nostro bene, e ogni cosa procede da lui - e tribulazione e tentazione, e ogni molestia pena e tormento -, e ogni cosa permette Dio per nostro bene, di neuna cosa l'anima può avere pena se non solo del peccato, che non è, e perché non è in Dio non è degno d'essere amato, anco die essere odiato: e inanzi eleggere la morte che offendere el suo Creatore.

O dolcezza d'amore, come si può tenere el cuore de la sposa tua che non t'ami, considerando che tu se' Sposo di vita? Tu, Dio etterno, ci ài creati all'imagine e similitudine tua (Gn 1,26), solo per amore; e avendo perduta la grazia per lo miserabile peccato, tu ci donasti el Verbo dell'unigenito tuo Figliuolo, ed el Figliuolo ci à data la vita, e à punite le nostre iniquitadi sopra el corpo suo, pagando quello debito che elli non contrasse mai. Oimé oimé, miserabili a noi: noi siamo e' ladri, ed esso è impiccato per noi! Vergognisi vergognisi la ignorante e indurata e acecata sposa di non amare, poi che tanto si vede amare da Dio, ed è di tanto diletto questo dolce e suave legame. Questo è el segno dell'amore: che se ama Dio con la ragione seguita le vestigie del Verbo dell'unigenito suo Figliuolo, e se non ama, seguita el dimonio e la propria sensualità, e conformasi con gli costumi del secolo, che sono contrarii a Dio.

Unde gusta la morte e non se n'avede, e giace nella tenebre perché s'è privato del lume, e sta in continua pena e discordia col prossimo suo e in continua divisione, perché è privato del legame de la carità. E truovasi intro le mani delle dimonia perché, non come sposa di Cristo crucifisso, ma come adultera, à lassato lo sposo etterno; però che per altro non è detta la sposa adultera, se non quando parte l'amore da lo sposo, e ama e uniscesi con quello che non die. Sì che bene è cosa pericolosa, ed è mercennaia colei che si vede amare e non ama. E dunque amatevi amatevi insieme, ché a questo sarete cognosciute se sete spose e figliuole di Cristo o no: e non si cognosce ad altro se non all'amore fondato in Dio, e ch'elli à al prossimo suo. Con questo mezzo ci conviene giognere al termine e fine nostro, seguitando le vestigie di Cristo crucifisso: none el Padre ma el Figliuolo, perché nel Padre non cadde pena, ma sì nel Figliuolo.

Adunque ci conviene seguitare per la via della santissima croce - sostenendo obrobrii scherni e villanie, spregiando el mondo con tutte le delizie e stati suoi, sostenendo fame e sete, con povertà volontaria, e con obedienzia ferma e perseverante, con purità di mente e di corpo, con la conversazione de le persone che temano Dio in verità, e con la solitudine della cella -, e fuggire el parlatorio come el veleno, e la conversazione de' divoti e de' seculari, però che non si confà a la sposa di Cristo; e non conversazione di frati incappucciati, ma de' veri servi di Dio! Non è convenevole che sotto el capo spinato stieno e' membri dilicati, come fanno le stolte che si dilungano dal loro capo Cristo, e none studiano altro che in delizie e in dilicatezze di corpo; e spezialmente noi che siamo levate dal secolo e poste nel giardino de la santa religione, spose consecrate a lui: fiori odoriferi doviamo essere. E veramente, se voi osservarete quello che prometteste per gittare bene grande odore, participarete della bontà di Dio, vivendo in grazia, e gustaretelo nell'etterna visione sua. Se nol faceste, gittareste puzza di grande vituperio, e in questa vita gustareste lo 'nferno e nell'ultimo la visione de le dimonia.

Per seguitare Cristo esciste del secolo, renunziaste al mondo e alle ricchezze sue, promettendo vera povertà, e renunziaste alla propria volontà, promettendo vera e santa obedienzia, e partistevi da lo stato comune: cioè di non volere essere sposate al mondo, per conservare la vera continenzia e virginità, che è uno odore dove Dio e gli angeli si dilettano, e lo' piace d'abitare in quella mente che sta nell'odore della purità. Sete congregate non perché voi stiate divise, né in odio né in rancore né in dispiacimento l'una con l'altra, ma perché siate unite e legate nel legame della carità; però che altrimenti non potreste piacere a Dio, né avere in voi alcuna virtù che fusse perfetta. Quanta confusione e vergogna è e sarà in quella mente e in quella anima che à promesso e non attiene, ma fa tutto el contrario? Questa non seguita Cristo e non va per la via della croce, ma vuole andare per la via de' diletti. Non è questo el modo; ma Cristo umile ci conviene seguitare, Agnello immaculato, Agnello povero, e tanta è la povertà sua che non à luogo dove riposare el capo. Purissimo è, però che in lui non à veleno di peccato, ed è obediente al Padre per la salute nostra, infine all'obrobiosa morte della croce.

E però e' santi e il glorioso padre nostro santo Domenico ànno fondati l'ordini loro in su queste tre colonne, cioè povertà obedienzia e continenzia, solo per potersi meglio conformare con Cristo e seguitare la dottrina e i consigli suoi. Però che da queste tre procede ogni virtù, e dal contrario procedono tutti e' vizii. Nella povertà abandoni la superbia e la conversazione del secolo, e de le perverse amistà - che non s'acquistano se non per doni, e se tu non ài che donare non truovi amistà se non de' veri servi di Dio, e' quali amano el dono dell'anima tua -; priviti della vanità del cuore e leggerezza di mente, e vieni all'abitazione de la cella, unde gusti la madre de l'orazione - la quale ti conserva e cresce nelle virtù -, e vieni a perfetta purità.

E così osserva el voto della continenzia, e non tanto che da uno peccato ma da tutti s'astiene, conculcando la propria sensualità, maciarando e astenendo el corpo da' proprii diletti sensitivi. Maciarando dico col digiuno, con la vigilia, e con l'orazione, e così diventa umile, paziente e caritativa, e porta e soporta e' difetti del prossimo suo, e uniscesi col suo Creatore per amore e col prossimo per Dio, sostenendone ogni pena e disagio corporale, purché elli possa guadagnare l'anima sua. E poi che sì dolcemente, per lo modo detto, è stirpato da la superbia, gusta l'odore della santa obedienzia; e tanto è obediente quanto umile, e tanto è umile quanto obediente. Chi non è superbo, seguita che è umile, e se elli è umile, adunque è vero obediente.

E così à la terza colonna che conserva la città dell'anima sua, però che el vero obediente osserva l'ordine e i costumi suoi. L'obediente non alza el capo della propria volontà al prelato suo, e nol contasta di parole, ma alla prima voce l'obedisce e di subbito china el capo al giogo; e non dice: «Perché comanda a me e dice a me questo, e non a quell'altra?», ma pensa pur in che modo possa essere pronta a osservare l'obedienzia.

O obedienzia dolce, che non ài mai pena, tu fai vivere e corrire gli uomini morti, perché uccidi la propria volontà: e tanto quanto è più morto, più corre velocemente, perché la mente e l'anima che è morta all'amore proprio d'una perversa volontà sensitiva più leggiermente fa el corso suo, e uniscesi col suo sposo etterno con affetto d'amore. E viene a tanta elevazione e dolcezza di mente che, essendo mortale, comincia a gustare l'odore e 'l frutto de li immortali. Adunque siate siate obedienti infine a la morte.

Amatevi amatevi insieme. Legatevi nel legame della carità, però che in altro modo non potremmo giognere al termine nostro, né avere el fine per lo quale noi fummo creati. E però vi dissi che io desideravo di vedervi spose unite e legate nel legame de la vera e ardentissima carità. Altro non dico.

Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.




Caterina, Lettere 214