Caterina, Lettere 300

300

A monna Agnesa di Francesco di Pipino predetta.

Al nome di Gesù Cristo crucifisso e di Maria dolce. Carissima figliuola in Cristo dolce Gesù, io Caterina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a te nel prezioso sangue suo, con desiderio di vederti bagnata e annegata nel sangue di Cristo crucifisso, a ciò che per amore del sangue tu dia el sangue, e la vita per amore de la vita.

O carissima figliuola, ora è il tempo da morire spasimata per onore di Dio e per salute dell'anime; e offerire lagrime umili e continue orazioni dinanzi a Dio per la necessità di tutto quanto el mondo. Voglio dunque, a ciò che meglio si possa fare sacrificio a Dio di noi, che tu ti nasconda nel costato di Cristo crucifisso; e bàgnati nel sangue dolcissimo suo. Altro non dico.

Permane ne la santa e dolce dilezione di Dio.

Comandoti che tu non digiuni se non come io ti lassai, e che tu non facci disciplina: dell'orazione del santo e affocato desiderio, e dell'altre vere e reali virtù, piglia tu quantunque tu vuoli, e de la vigilia, ma di queste no. E, Centa, voglio che tu tenga una catenella come quella che io avevo, ma non quella che tu tieni; e tienla sì larga che tu vi possa mettere el dito, e fa' che tu non passi questa obedienzia.

Permane nella santa e dolce dilezione di Dio.

Racomandaci a tutte coteste figliuole, a Ginevra e a tutte l'altre, e benedimmi Bastiano. Dio el riempia de la sua dolcissima grazia. Gesù dolce, Gesù amore.

Fatta a dì quattro d'ottobre.



301

A messere Ristoro Canigiani, dottore di Decreto da Fiorenze.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimo figliuolo in Cristo dolce Gesù, io Caterina, schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi essercitare il lume che Dio v'à dato, acciò che cresca in voi, però che senza il perfetto lume non potremmo cognoscere né amare né vestirci della verità. E se noi non ce ne vestissimo, a tenebre ci tornerebbe quello lume; e però è bisogno che egli sia perfetto in qualunque stato l'uomo è.

In che dimostra la sua perfezione - cioè che perfettamente vegga, col quale vedere cognosce e discerne la verità dalla bugia e dalle vanità del mondo -? Cognoscesi in questo: che egli strigne e abraccia con affetto d'amore quella verità che egli à cognosciuta, facendosi amatore delle virtù, e odiando il vizio e la propria sensualità che n'è cagione, perché è una legge perversa che sempre impugna contra lo spirito. Allora mostra che in verità cognosca, e sia perfetto il suo vedere, e che la nuvila della infidelità non abbia offuscata la pupilla dell'occhio de l'intelletto, la quale è il lume della santissima fede. Ma se fosse imperfetto, vederebbelo con uno lume naturale, ma per altro modo nol metterebbe in effetto, non essercitando questo lume con l'affetto delle virtù. E però ci dobiamo studiare d'essercitare il lume naturale, acciò che sia tolta da noi la imperfezione e veniamo a perfezione di cognoscimento, come detto è.

Ma in che modo, carissimo figliuolo, potiamo pervenire a questo perfetto lume? Dicovelo: col lume, in questo modo: noi abiamo in noi uno lume naturale, il quale Dio ci à dato che discerniamo il bene dal male, la cosa perfetta dalla imperfetta, la pura dalla immonda, la luce dalle tenebre, e la cosa finita dalla infinita. Questo è un cognoscimento il quale Dio ci à dato per natura, e noi il gustiamo continuamente per pruova che così è. E voi mi direte: «Se questo cognoscimento è in noi, unde viene che noi ci attacchiamo alla parte contraria alla nostra salute?». Io vi rispondo che questo procede dal proprio amore, che à ricoperto questo lume, sì come la nuvila ricuopre la luce, unde il nostro errore non è per difetto del lume, ma della nuvila. Allora il libero arbitrio piglia quelle cose che sono nocive all'anima, e non quelle che le sono utili.

L'anima di sua natura appetisce bene e cosa buona, ma dove sta il suo errore? Sta in questo, che perché le tenebre de l'amore proprio l'ànno tolto il lume, non cerca il bene dove egli è. E però questi cotali vanno come farnetichi, ponendo l'affetto e 'l desiderio loro in cose transitorie, che passano come vento. O stolto uomo sopra ogni stoltizia, che cerchi il bene dove è sommo male; dove sono le tenebre cerchi la luce; dove è la morte cerchi la vita; la ricchezza dove è somma povertà, e lo infinito cerchi nelle cose finite! Malagevolemente potrebbe questi trovare il bene, cercando colà dove egli non è. Conviencelo cercare in Dio, il quale è sommo ed eterno bene; e cercandolo in lui, il troveremo, perché il dolce Dio nostro niuno male à in sé, ma tutto perfetto bene, unde non sarebbe possibile che egli desse a noi altro che di quello che egli à in sé: sì come il sole il quale, perché in sé à luce, non può dare tenebre.

Unde vediamo, se con questo lume vorremo vedere, che ciò che Dio dà a noi e permette in questa vita - di qualunque fatiga o tribolazione o angoscia si sia -, tutto il fa per conducerci al sommo bene, e acciò che noi cerchiamo il bene in lui e non nel mondo, perché non si truova nelle ricchezze, stati e delizie sue; anco ci si truova amaritudine e tristizia e privazione della grazia, a quella che 'l possede fuore della voluntà di Dio. Sì che per cosa buona e perfetta, perché cerchiamo lui in verità, ce le permette; e l'uomo accecato dalla propria passione reputa in male quello che è suo bene, e la colpa che 'l priva di Dio e della vita della grazia non pare che la vegga in male; e così inganna sé medesimo. Convienci dunque essercitare questo lume naturale; spregiare il vizio e abracciare le virtù; e con esso lume cercare il bene dove egli è.

Cercandolo, il troveremo in Dio; vedremo l'amore ineffabile che egli ci à mostrato col mezzo del Figliuolo suo, e il Figliuolo col sangue sparto per noi con tanto fuoco d'amore.

Con questo primo lume naturale, il quale è imperfetto, acquisteremo uno lume sopranaturale perfetto, infuso per grazia nell'anima nostra, il quale ci legherà nelle virtù: conformerenci in ogni tempo e in ogni stato e luogo che Dio ci concederà, accordati sempre con la voluntà sua, la quale vedemmo che non vuole altro che la nostra santificazione. Il primo lume, essercitandolo, come detto è, ci taglia dal vizio; e il secondo ci lega e unisce con la virtù. Oh grandissima allegrezza e cordiale gaudio della salute vostra, perché mi pare - secondo che io posso vedere nel conspetto di Dio, e per la lettera che io ò ricevuta da voi - che il lume naturale non sia offuscato in voi dalle tenebre della infedelità. Che se fosse offuscato, non cognoscereste tanto bene il mondo fetido, la inconstanzia sua, e le percosse che egli dà a colui che se ne vuole fare Idio; né vi terreste ragione con tanto rimproverio, né vi tagliereste dal vizio, né desiderereste la virtù e lo stato perfetto: cioè dallo stato del matrimonio, imperfetto, venire allo stato della continenzia, il quale è perfetto.

Poiché Dio per la sua infinita misericordia v'à renduto questo lume - del quale, per la vostra ignoranzia e difetto, tanto tempo siete stato privato -, voglio che l'essercitiate, tagliandovi da' vizii e da l'amore sensitivo col coltello dell'odio e dell'amore; e con lume vi leghiate nelle virtù col legame della perfetta carità, amando Dio sopra ogni cosa e il prossimo come voi medesimo, postponendo ogni ingiuria e danno che da lui avessi ricevuto o ricevessimo; e con la dilezione cacciare l'odio e il dispiacere che la propria sensualità volesse avere inverso loro. Oh quanto sarà beata l'anima mia, quando io vi vedrò continuamente crescere di virtù in virtù con uno desiderio che non allenti mai né per battaglie che riceveste dal dimonio - il quale so che spesse volte ve ne dà, ponendovi innanzi molte e diverse cose -, e le creature dalla parte loro, e anco la propria passione. Ma con questo dolce lume tutte queste battaglie conculcherete sotto a' piedi dell'affetto.

Voglio, acciò che cresciate in lume, che quattro cose principali vi poniate per obiecto dinanzi all'occhio de l'intelletto vostro, acciò che s'augmenti la virtù e il lume nell'anima. La prima è che voi raguardiate quanto sete amato da Dio, il quale amore v'à creato alla imagine e similitudine sua (Gn 1,26), e ricreatovi a grazia nel sangue del suo Figliuolo; per amore v'à conservato il tempo, acciò che abiate spazio di correggere la vita vostra; e tutte le grazie e doni spirituali e temporali - le quali non mi pongo a narrare - tutte vi sono date per affetto d'amore, per grazia e non per debito. Se voi le raguarderete, costretto sarete ad amare, perché naturalmente l'anima è tratta ad amare colui dal quale si vede essere amata; unde - vedendosi amare tanto ineffabilemente da Dio - corre dopo l'amore, amando lui e quello che egli più ama: piacegli quello che a Dio piace, e dispiacegli quello che a lui dispiace. E perché egli vede che il Creatore sommamente ama la sua creatura che à in sé ragione, però egli anco l'ama; e quella utilità e servizio che a Dio non può fare, fallo alla creatura per lo suo amore.

La seconda si è che noi raguardiamo quanto siamo tenuti e obligati a Dio d'amarlo schiettamente, tutti liberi, e non finti - mostrando una in atto e in parole, e un'altra avessimo in cuore -. All'occhio di Dio non ci possiamo nascondere, e però il dobiamo servire molto schiettamente.

La terza è che noi vediamo quanto è abominevole a Dio e al mondo, e nociva all'anima, la colpa del peccato mortale; quanto è piacevole e utile la virtù. Tanto gli fu ispiacevole il peccato, che del corpo de l'umile e immaculato Agnello fece una ancudine, fabricandovi su le nostre iniquità. Ècci tanto nocivo che ci tolle il lume, privaci della vita della grazia, e dacci l'eterna dannazione. La virtù gli è tanto piacevole che de l'uomo virtuoso egli ne fa un altro sé per affetto d'amore; in questa vita gli fa gustare vita eterna: stando nel mare tempestoso delle molte fatighe e amaritudini gusta la pace e la dolcezza.

La quarta e ultima è che noi raguardiamo che ogni colpa è punita, e ogni bene è remunerato: però che Dio sa può e vuole punire la colpa, e remunerare le pene che in questa vita sosteniamo per gloria e loda del nome suo. Della quale remunerazione parla il glorioso Paulo, dicendo: «Non sono condegne le passioni di questa vita a quella futura gloria la quale Dio à apparecchiata a' servi suoi» (Rm 8,18). Questo obiecto, diviso in quattro, regolerà e ordinerà la vita vostra in amore e in santo timore; seguiterete e crescerete l'ordine che avete cominciato a tenere nel vivere vostro.

Cresca in voi il fuoco del santo desiderio, e daravvi quello che vi manca alla perfezione; e Dio, come giusto medico, porrà remedio a quello che a voi pare che ve l'impedisca. Date di calcio al mondo; cacciatelo del cuore e dell'affetto vostro come egli caccia voi. Legatevi con Cristo crocifisso, acciò che riceviate il frutto del prezioso sangue suo col lume sopranaturale, al quale lume verrete essercitando il naturale, come detto è, e adempirete tutte le dette cose, altrimenti no. E però vi dissi che io desiderava di vedervi essercitare il lume che Dio v'à dato, acciò che continuamente cresca in voi, però che sanza il lume anderemmo in tenebre.

Con questo lume voglio che alleviate la famiglia vostra con santo e vero timore di Dio. Nello stato del matrimonio state come uomo ordinato, e non come animale, avendo in debita reverenzia i dì che sono comandati dalla santa Chiesa, acciò che l'arbore vostro produca buoni frutti. La confessione santa voglio che usiate spesso, e la comunione per le pasque, sì come debbe fare la persona che teme Dio. Allora sarete il gaudio e l'allegrezza mia, vedendovi andare in luce e non in tenebre. Essendomi di lunga corporalmente, mi sarete molto di presso, perché non è né sarà tolta da voi la continua orazione né il desiderio con che sete offerto nel conspetto di Dio, e anco corporalmente potrà ancora essere, perché Dio non è spregiatore de' santi desiderii. Confortatevi, confortatevi nel prezioso sangue di Cristo, ché l'adiutorio è presso a voi. Dilettatevi di ritrovarvi spesso col vostro Creatore con l'orazione attuale, e co' santi pensieri, e con l'orazione continua e mentale del santo e vero desiderio. E questo medesimo dico alla donna vostra. Levatevi dal vivere umano, e pigliate al tutto vita angelica; ché a questo siete chiamati da Dio. Rispondete adunque, e siate una coppia d'angeli terrestri. Altro non vi dico.

Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.



302

Al padre santo Urbano VI sopradetto.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Santissimo e dolcissimo padre in Cristo dolce Gesù, io Caterina, schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi vero e reale pastore, governatore delle vostre pecorelle, le quali avete a notricare del sangue di Cristo crocifisso.

El quale sangue è da vedere con grande diligenzia dalla Santità vostra a cui egli si ministra, e per cui mezzo egli si dà: cioè, dico, santissimo padre, quando s'à a mettere e' pastori in questo giardino della santa Chiesa, che essi sieno persone che cerchino Dio e non prelazioni; e il mezzo che lo impetra anco sia sì-fatto, che vada schiettamente in verità, e non in bugia.

O santissimo padre, abbiate pazienzia quando di queste cose vi fusse detto, però che elle non vi sonno dette se non per onore di Dio e salute vostra, sì come debba fare il figliuolo che à tenerezza e amore al padre suo, che non può sostenere che si facci cose che torni a danno o a vergogna del suo padre, ma, come sollecito, sempre se ne sta inteso, perché vede bene che 'l padre che à a governare la molta fameglia non può vedere più che per uno uomo, unde se i legittimi figliuoli non fussero solliciti di raguardare a l'onore e utilità del padre, spesse volte sarebbe ingannato. Così è, santissimo padre: voi sete padre e signore de l'universale corpo della religione cristiana; tutti stiamo sotto l'ale della Santità vostra; ad autorità potete tutto, ma, a vedere, non più che per uno, unde è di necessità ch'e' figliuoli vostri veggano e procurino con schiettezza di cuore, senza timore servile, quello che sia onore di Dio, salute e onore vostro, e delle pecorelle che stanno sotto la vostra verga. E so che la Santità vostra à grande desiderio d'avere degli aitatori che v'aitino, ma convienvi avere pazienzia ne l'udire.

So' certa che per due cose vi dà pena e fàvi alterare la mente; e non me ne maraviglio punto. L'una si è perché - udendo ch'e' difetti si comettano - vi duole che Dio sia offeso, perché l'offesa e le colpe vi dispiacciono, e però v'è una puntura nel cuore. Qui non ci si debba essere paziente - d'avere pazienzia e non dolersi dell'offese che sono fatte a Dio -, no: ché così parrebbe che noi ci conformassimo con quegli vizii medesimi.

L'altra cosa che vi farebbe pena si è, quando el figliuolo che viene a voi a dirvi quello che egli sente che torna in offesa di Dio, e danno de l'anime, e poco onore alla Santità vostra, che egli commetta ignoranzia: che per conscienzia contenda dinanzi alla vostra Santità a non dirvi schiettamente la verità pura come ella giace, però che neuna cosa debba essere secreta né occulta a voi. Questa pena vi prego, santo padre, che quando lo ignorante figliuolo offendesse in questo, sia senza turbazione vostra; e correggetelo della sua ignoranzia.

Questo dico perché, secondo che mi disse el maestro Giovanni di frate Bartolomeo, egli per suo difetto e per la scropolosa conscienzia vi dié pena, e fecevi alterare; unde egli e io n'ò avuta grandissima pena, parendoli avere offeso a la Santità vostra. Pregovi, per l'amore di Cristo crocifisso, che ogni pena che egli v'avesse data voi la puniate sopra di me; e io so' apparecchiata ad ogni disciplina e correzione che piacerà alla Santità vostra. Credo che i miei peccati gli furono cagione che egli commisse tanta ignoranzia, e però io debbo portare la pena; egli à grande desiderio di rendersi in colpa dinanzi a voi, colà dove piacesse alla vostra Santità che egli venisse. Abbiate pazienzia a comportare e' suoi difetti e i miei.

Bagnatevi nel sangue di Cristo crocifisso; confortatevi nel fuoco dolce della carità sua. Perdonate a la mia ignoranzia. Umilemente v'adimando la vostra benedizione.

Ringrazio la divina bontà, e la Santità vostra, di quanta grazia il dì di santo Giovanni mi concedeste. Gesù dolce, Gesù amore.



303

A Sano di Maco e a tutti gli altri suoi in Cristo figliuoli secolari da Siena, essendo essa in Firenze.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimi figliuoli in Cristo dolce Gesù, io Caterina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi figliuoli veri che realmente serviate el nostro dolce Salvatore, acciò che più sollicitamente rendiate grazie e lode al nome suo.

O figliuoli carissimi, Dio à udito el grido e la voce de' servi suoi - che tanto tempo ànno gridato nel conspetto suo -, e il mughio che tanto tempo à gridato sopra e' figliuoli morti: ora sono risuscitati, e dalla morte sono venuti alla vita, e da la cechità a la luce. O figliuoli carissimi, e' zoppi vanno, e' sordi odono, l'occhio cieco vede (Mt 11,5 Lc 7,22), e' muti parlano, gridando con grandissima voce: «Pace, pace, pace!» con grande allegrezza, vedendosi tornare essi figliuoli nell'obbedienzia e grazia del padre, pacificate le menti loro. E, come persone che già cominciano a vedere, dicono: «Grazia sia a te, Signore, che ci ài pacificati col nostro santo padre».

Ora è chiamato santo l'agnello dolce, Cristo in terra, dove prima era chiamato eretico e pattarino; ora l'accettano per padre, dove prima el rifiutavano. Non me ne maraviglio, però che la nuvila è caduta ed è rimaso il tempo sereno. Godete, godete, carissimi figliuoli, con uno dolcissimo pianto di ringraziamento, dinanzi al sommo ed eterno Padre, non chiamandovi contenti a questo, ma pregandolo che tosto levi el gonfalone de la santissima croce. Godete ed essultate in Cristo dolce Gesù; scoppino e' cuori nostri di vedere la larghezza della infinita bontà di Dio. Ora è fatta la pace, a malgrado di chi la voleva impedire; sconfitto è il dimonio infernale.

Sabbato a sera gionse l'ulivo a una ora di notte; e oggi a vespero gionse l'altro. E sabbato a sera l'amico nostro con uno compagno fu preso, sì che a una otta si rinchiuse buonamente la eresia, e venne la pace; ed è ora nella pregione. Pregate Dio per lui, che gli dia vero lume e vero cognoscimento. Annegatevi nel sangue di Cristo crocifisso, e bagnatevi nel sangue di Cristo crocifisso; nascondetevi nelle piaghe di Cristo crocifisso. Amatevi, amatevi insieme. Mandovi de l'ulivo della pace.

Permanete etc. Gesù dolce etc.



304

A monna Lodovica di Granello Tolomei.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissima figliuola in Cristo dolce Gesù, io Caterina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi fondata in vera e perfetta carità, però che senza la carità veruno atto virtuoso avarebbe in sé vita: però che ogni virtù à vita da la carità. Ella è quella madre che parturisce e' figliuoli de le virtù vivi - ché ci dà vita di grazia - e non morti.

Questa dolce carità à seco el lume de la santissima fede, ché per l'amore che à al suo Creatore crede in verità che Dio non voglia altro che 'l suo bene; e ciò che gli dà e permette, dà per sua santificazione. Per questo cognoscimento e lume, el quale riceve da l'affetto de la carità, viene a pazienzia, non si scandalizza né turba ne la mente sua di veruna cosa che avenga, anco l'à in debita reverenzia.

O carissima figliuola e suoro in Cristo dolce Gesù, parmi che la divina bontà vi permetta assai fadighe molestie e tentazioni da le demonia - per vostro bene, non perché siate vinta, ma perché voi vinciate -, per le quali pene e bataglie v'è grande necessità d'avere in voi questo amore col lume de la santissima fede. E se voi l'avete, l'amaritudine ritornarà in grande dolcezza, ed e' gran pesi diventaranno leggieri (Mt 11,30), perché col lume cognoscerete che Dio ve gli dà per vostro bene: del vostro bene, dolere non vi poterete.

Ma voi mi direte: «Poich'è tanto diletto, e di tanta necessità è avere questa carità, in che modo la posso avere, e dove la trovarò?». Io vi rispondo breve breve che amore non si può avere se non da l'amore, e senza el lume non si può trovare: però che, andando senza el lume, el cercaremo colà dove non è, e così andaremo in tenebre. Dunque ci conviene tòllare da noi quella cosa che ci tolle el lume, cioè proprio amore, che è una nuvila che non ci lassa cognoscere né vedere la verità di quello che doviamo amare.

Questa è quella nuvila che in tenebre fa amare ciò che ama, perché l'ama fuore di Dio: non con amore di ragione, ma con amore de la propria sensualità. Bene è da disolvere questa nuvila, levandoci con odio e dispiacimento di questa legge perversa, che sempre impugna contra lo spirito (Rm 7,23) con questo perverso e disordinato amore.

Poi che l'occhio de lo 'ntelletto sarà rimaso chiaro col lume de la fede, porrassi per obietto l'amore inefabile, ché Dio gli à manifestato questo amore col mezzo del Verbo incarnato, unigenito suo Figliuolo; e questo dolce e amoroso Verbo, Agnello immaculato, ce 'l manifestò col mezzo del sangue suo. In questo sangue l'anima vi s'inebria, vedendolo sparto per sé con tanto fuoco d'amore. In questo sangue cognosce la Verità eterna: che, per compire questa verità ne l'anima - di darci el fine per lo quale egli ci creò -, egli dà e permette che 'l mondo, el dimonio e 'l nemico de la carne nostra ci molestino, solo perché l'affetto nostro non si dilati a ponere el suo fine nel mondo, né ne la propria sensualità, ma perché si levi da le tenebrose spine del mondo: di questi diletti transitori che drittamente sono spine, e passano come vento. Oh quanto è matto e stolto colui che ci pone el desiderio e l'affetto suo! Per veruna cosa ci si debba ponere (ma die, la creatura che à in sé ragione, apprezzarle per quello che elle vagliono, e più no: amarle e tenerle per Dio, e non senza Dio; usarle come cosa prestata, e non come cosa sua): ma la grazia e l'affetto de le virtù, le quali à trovate ne l'affetto de la carità, la quale carità e amore concepe dentro ne l'anima sua col lume col quale egli cognobbe sé essere amato da Dio. Sì ché vedete che da l'amore, col lume, s'acquista l'amore.

Ma dove el trovaremo? Nel cognoscimento santo di noi, vedendoci amati prima che noi fussimo: però che l'amore che Dio ebbe a noi el constrinse a crearci a la imagine e similitudine sua (Gn 1,26). In noi troviamo el sangue che manifestò l'amore che Dio ci à, nel quale sangue ricevemmo la nostra redenzione: avendo perduto l'essere de la grazia, fummo ricreati a grazia. Noi siamo quello vasello che à ricevuto el sangue, perché solo fu sparto per noi. Adunque non ci partiamo da la abitazione del cognoscimento di noi, nel quale cognoscimento saremo guidati dal lume de la santissima fede; nel quale lume - per l'affetto de la carità che acquistaremo dal lume - portaremo con vera e reale pazienzia, non dispregiando né schifando fadighe in qualunque modo elle ci vengono: ma acetarle con amore, perché per amore vediamo che ce le dà, e non per odio; non perché perdiamo la nostra salute, ma perché noi l'acquistiamo.

Adunque voglio, carissima e dolcissima figliuola, che voi v'ingegniate con grande solicitudine d'acquistare questo amore, col lume de la fede: permanere nella dilezione de la carità, ché, in altro modo, e' figliuoli de le virtù non sarebbono parturiti vivi, ma morti; e gustaremmo in questa vita l'arra de lo 'nferno.

Considerando me che altro modo non ci era, dissi ch'io desideravo di vedervi fondata in vera carità e perfetta: questa vi farà portare ogni vostra fadiga, e Idio - che non è dispregiatore del santo desiderio, e de le fadighe nostre portate per gloria e loda del nome di Dio -, ci levarà le fadighe, porràci fine e termine, ponendo noi fine a la propria volontà che ella s'acordi co' la volontà dolce di Dio.

Non voglio che veniate a confusione di mente né a disperazione per veruna illusione o molestia che 'l dimonio vi volesse dare, mettendo ne la mente vostra laide e diverse fantasie, con molte disoneste cogitazioni: ma con una speranza vera e fede viva abbracciarvi co' la santissima croce, dove voi vederete che elle vi son date per amore; e non vi dà più che voi potiate portare. E voglio che voi sappiate che veruna bataglia e cogitazione, sia laida quanto si vuole, è peccato, se non quando noi aconsentissimo volontariamente, dilettandoci dentro. Adunque conserviamo la volontà - e de le cogitazioni ci facciamo beffe - fortificandola ne la dolce eterna volontà di Dio, con la memoria del sangue di Cristo crocifisso.

Levatevi ogni fadiga de la mente vostra, e lassatela a me, ch'io son colei che voglio portare dinanzi da Dio e' pesi e le gravezze vostre, pure che voi da la parte vostra non facciate resistenzia a Dio che vi chiama col mezzo di queste fadighe. Siatemi virtuosa, usando spesso la santa confessione, dilettandovi d'udire la parola di Dio e la messa, almeno e' dì che son comandati da la santa Chiesa. Quando potete, portate virilmente, sperando che, se Dio è per voi, né dimonio né creatura sarà contra di voi. Bagnatevi nel sangue di Cristo crocifisso. Altro non vi dico.

Permanete etc.

Ringrazio la divina bontà e voi de la limosina che avete fatta, e pare che vogliate fare, a' servi di Dio religiosi, e' quali danno l'orazione, che ci dà infinito bene, per questa substanzia temporale finita. Fate bene il debito vostro però che, di quello che potete fare, dovete essere dispensatrice de' povari, voi e chi n'à, perché e' povari sonno quelle mani - con l'affetto de la carità, con che si dà la limosina -, che ci fanno andare a vita eterna: sì che siate solicita per la salute vostra. Gesù dolce, Gesù amore.

Fatta in Siena a dì xxvj d'agosto Mccclxxviij.



305

Al santo padre Urbano VI, a dì xviij di settembre Mccclxxviij.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Santissimo e dolcissimo padre in Cristo dolce Gesù, io Caterina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi fondato in vero lume, acciò che - illuminato l'occhio dello 'ntelletto vostro -, potiate cognosciare e vedere la verità: ché, cognoscendola, l'amarete; amando, riluceranno in voi le virtù.

E che verità cognosciaremo, santissimo padre? Cognosciaremo una verità eterna, con la quale verità fummo amati prima che noi fussimo. Dove la cognosceremo? Nel cognoscimento di noi medesimi: vedendo che Dio ci à creati alla imagine e similitudine sua (Gn 1,26), constretto dal fuoco della sua carità.

Questa è la verità: che ci creò perché noi participassimo di lui (2P 1,4), e godessimo el suo eterno e sommo bene. Chi ce l'à dichiarata e manifestata questa verità? El sangue de l'umile e immaculato Agnello, di cui sete fatto vicario, e cellario che tenete le chiavi del sangue, nel quale sangue fumo recreati a grazia; e ogni dì che l'uomo esce della colpa del peccato mortale, e riceve el sangue nella santa confessione, si può dire che ogni volta rinasca di nuovo. E così troviamo continovamente che la verità ci è manifestata nel sangue, ricevendo el frutto del sangue.

Chi la cognosce questa verità? L'anima che s'à tolta la nuvila de l'amore proprio, e à la pupilla del lume de la santissima fede ne l'occhio dello 'ntelletto suo, col quale lume - nel cognoscimento di sé e della bontà di Dio in sé - cognosce questa verità. E coll'affocato desiderio gusta la dolcezza e suavità sua, ché tanta è la sua dolcezza che ogni amaro spegne, ogni grande peso fa essere leggiero (Mt 11,30), ogni tenebre dissolve e leva via, lo innudo veste, l'affamato sazia, unisce e divide, perch'è ne la verità eterna; nella quale verità cognosce che Dio non vuole altro che 'l suo bene, e però subbito dà uno giusto giudicio, tenendo che ciò che Dio dà e permette in questa vita el dà per amore, acciò che siamo santificati in lui, e per necessità della salute nostra, o per accrescimento di perfezione.

Avendo cognosciuto questo nella verità col lume, à in reverenzia ogni fadiga, detrazioni, beffe, scherni, ingiurie, obbrobrii, villanie e rimproverio: tutte le trapassa con vera pazienzia, cercando solo la gloria e loda del nome di Dio ne la salute de l'anime; e più si duole dell'offesa di Dio e del danno dell'anime che della ingiuria propria. À pazienzia in sé, ma non nel vituperio del suo Creatore: nella pazienzia dimostra allora l'anima che, spogliata dell'amore proprio di sé, ella è rivestita del fuoco della divina carità. Nella quale carità e amore ineffabile l'amaritudine a voi, santissimo padre, nella quale voi sete, essendo così dolcemente vestito, vi tornarà a grandissima dolcezza e suavità; e 'l peso che è così grave, l'amore ve lo farà essere leggiero, cognoscendo che senza el molto sostenere non si può saziare la fame vostra e de' servi di Dio: fame di vedere riformata la santa Chiesa di buoni onesti e santi pastori.

E sostenendo voi senza colpa le percosse di questi iniqui, che col bastone della 'resia vogliono percuotare la Santità vostra, ricevarete la luce. Però che la verità è quella cosa che ci dilibera (Jn 8,32), e perché verità è che, eletto dallo Spirito santo e da loro, vicario suo sete, la tenebre della bugia e della eresia, la quale ànno levata, non potrà contra questa luce; anco quanto più le vorranno dare tenebre, tanto più riceverà perfettissima luce.

Questa luce porta seco el coltello dell'odio del vizio e dell'amore della virtù, el quale è uno legame che lega l'anima in Dio e nella dilezione del prossimo. O santissimo e dolcissimo padre, questo è el coltello che io voglio che voi usiate; ora è el tempo vostro da sguainare questo coltello: odiare el vizio in voi e ne' sudditi vostri, e ne' ministri della santa Chiesa. In voi dico, perché in questa vita veruno è senza peccato, e la carità si debba prima muovare da sé, usarla prima in sé con l'affetto delle virtù, e nel prossimo nostro: sì che tagliate el vizio.

E se 'l cuore della creatura non si può mutare né trarlo de' difetti suoi - se none quanto Dio nel trae e la creatura si sforzi con l'aiutorio di Dio a trarne el veleno del vizio -, almeno, santissimo padre, siano levati dalla Santità vostra el disordinato vivare, e' scellerati modi e costumi loro. Piaccia alla vostra Santità di regolarli secondo che è loro richiesto dalla divina bontà, ognuno nel grado suo. Non sostenete l'atto della immondizia - non dico el desiderio suo, ché nol potete ordinare più che si voglia -, ma almeno l'atto - che si può - sia regolato da voi. Non simonia, non le grandi delizie; non giocatori del sangue, che quello de' povari e quello della santa Chiesa sia giocato tenendo barattaria, nel luogo che debba essere tempio di Dio (non come cherici né come calonaci - che debbono essere fiore e specchio di santità -: egli stanno come barattieri, gittando puzza di immondizia e essemplo di miseria).

Oimé, oimé, oimé, babbo mio dolce, con pena dolore e grande amaritudine e pianto scrivo questo; e perciò, se io parlo quello che pare che sia troppo e suoni presunzione, el dolore e l'amore mi scusi dinanzi da Dio e la Santità vostra, ché, innunque io mi vollo, non ò dove riposare el capo mio. Se io mi vollo costì - che dove è Cristo debba essere vita eterna -, e io veggo che nel luogo vostro, che sete Cristo in terra, si vede lo 'nferno di molte iniquità, col veleno de l'amore proprio; el quale amore proprio gli à mossi a levare el capo contra di voi, non volendo sostenere la Santità vostra che vivessero in tanta miseria. Non lassate però: riluca nel petto vostro la margarita della santa giustizia (Ex 28,15), senza veruno timore - ché non bisogna temere - ma con cuore virile: ché se Dio è per noi, veruno sarà contra noi (Rm 8,31). Godete e essultate, che l'alegrezza vostra sarà piena in cielo (Mt 5,12 Lc 6,23). In queste fadighe vi rallegrate, perché dipo' questo, cioè dipo' le fadighe, verrà el riposo, e la riformazione della santa Chiesa.

Per veruna pena né sollecitudine - perché vi vedete abandonato da quelli che debbono essere colonne -, non allentate e' passi; ma molto più corrite fortificandovi sempre col lume della santissima fede in cognosciare la verità, e con l'orazione e compagnia de' servi di Dio. Vogliate vederveli dallato: ché in questa vita, tra le fadighe saranno el vostro refrigerio. Cercate d'avere, oltre a l'aiutorio divino, l'aiuto de' suoi servi, che vi consigliaranno con fede e schiettamente, non passionati, né contaminato el consiglio loro per amore proprio: parmi che vi sia grandissima necessità d'averlo. Certa so' che, avendo voi alluminato l'occhio dello 'ntelletto nella verità, che voi gli cercarete con grande sollecitudine; in altro modo no.

Piantate le virtù vere ne' sudditi vostri: almeno d'ordinarli e di mettare piante buone e virtuose nella santa Chiesa.

Dicevo che inunque io mi vollo non truovo dove io mi riposi, e così è la verità. Sì come egli è costì, così si trova in ogni altro luogo, e spezialmente in questa nostra città: che del tempio di Dio, che è luogo d'orazione, ànno fatto spelonca di ladroni (Mt 21,13 Mc 11,17 Lc 19,46 Jn 2,16), con tanta miseria che è maraviglia che la terra non c'inghiottisce. Tutto è per difetto de' gattivi pastori che non ànno ripresi e' difetti, né con la parola né con buona e santa vita. O pastore mio dolce, dato agl'ignoranti cristiani dalla dolcezza della inestimabile carità di Dio, quanta necessità avete del lume, acciò che col lume cognosciate el difetto dove è el difetto, e la virtù dove è la virtù, acciò che con discrezione a ciascuno diate el debito suo! Considerando me, misera miserabile, che senza il lume non potreste dibarbicare le spine e piantare le virtù, però vi dissi che io desideravo di vedervi fondato in vero e perfettissimo lume, però che nel lume cognosciarete la verità; cognoscendola, l'amarete; amandola, ne sarete vestito. Con questo vestimento si ripararà a' colpi: non nociaranno a voi, ma a coloro che ve gli gittano.

Abracciate le pene con grande conforto; bagnatevi nel sangue di Cristo crocifisso, di cui sete fatto vicario.

Altro non vi dico, che se io andasse alla volontà io non mi ristarei ancora. Non vorrei più parole, ma trovarmi nel campo della battaglia, sostenendo le pene e combattendo con voi insieme per la verità infino alla morte, per gloria e laude del nome di Dio e reformazione della santa Chiesa.

Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio.

Perdonate, santissimo padre, alla mia ignoranzia, che ignorantemente presummo di parlare a voi.

Umilemente vi domando la vostra benedizione. Gesù dolce, Gesù amore.




Caterina, Lettere 300