Catechismo Tridentino 1090

1090

ARTICOLO NONO Credo la santa Chiesa Cattolica, la comunione dei santi.

Senso dell'articolo.

103. Facilmente s'intenderà la diligenza che i Parroci devono mettere nello spiegare ai fedeli la verità di questo nono articolo, considerando principalmente due cose: innanzi tutto che i profeti, come nota sant'Agostino (Sul Ps 30,2-8), hanno più chiaramente e apertamente parlato della Chiesa che di N. S. Gesù Cristo, prevedendo che molti più potevano errare ed esser ingannati su questo punto che sul mistero dell'Incarnazione. Infatti non sarebbero mancati uomini empi, i quali, a somiglianzà della scimmia che si finge uomo, avrebbero dichiarato di esser essi soli Cattolici, affermando, con non minore empietà che superbia, che la Chiesa Cattolica si trova solo presso di loro. Qualora si abbia bene impressa nell'animo questa verità, facilmente si potrà evitare il terribile scoglio dell'eresia. Poiché non si deve chiamare subito eretico uno che abbia peccato contro la fede, ma se, disprezzata l'autorità della Chiesa, difende pertinacemente le sue empie opinioni. E poiché non può macchiarsi di eresia, se presterà fede a quanto in questo articolo gli vien proposto a credere, adoperino ogni cura i Pastori affinché i fedeli, premuniti, grazie alla cognizione di questo articolo, contro le arti del nemico, perseverino nella verità. Questo articolo dipende dal precedente: ivi infatti abbiamo dimostrato che lo Spirito santo è fonte munifica di ogni santità; qui professiamo che Egli ha donato la santità alla Chiesa.

Significato generico del termine chiesa.

104. Il termine chiesa viene dal greco ed è stato dai latini applicato alla religione, dopo la divulgazione del vangelo: importa quindi conoscerne il significato. Chiesa significa convocazione; ma gli scrittori hanno poi usato il vocabolo nel senso di assemblea o riunione, senza badare se vi si adorasse il vero Dio o le false divinità. Leggiamo invero negli Ac a proposito degli Efesini, che un funzionario, quietata la folla, disse: " Se poi chiedete qualche cosa d'altro, si risolverà in una chiesa (adunanza) legittima" (Ac 19,39). E si trattava del popolo efesino, votato al culto di Diana. E non soltanto i popoli che non conoscono Dio, ma anche le congreghe di uomini empi sono a volte chiamate chiesa: " Io ho in odio, dice David, la chiesa (compagnia) dei malvagi, e non mi metto a sedere accanto agli empi " (Ps 25,5).

Significato speciale del termine chiesa.

105. L'uso ordinario della sacra Scrittura volse poi questa parola a significare soltanto la società cristiana eie assemblee dei fedeli: di coloro cioè che per mezzo della fede sono chiamati alla luce della verità e alla cognizione di Dio, per adorare lui, vivo e vero, con pia e santa mente, e servirlo di tutto cuore. La Chiesa dunque, per dir tutto con una frase di sant'Agostino, è il popolo fedele sparso per l'universo intero (Sul Ps 149,2-10).

Grandi misteri sono compresi in questo vocabolo. Nel senso di convocazione infatti vi rifulgono la benignità e lo splendore della grazia divina e fa rilevare la differenza grande che corre tra la Chiesa e le altre pubbliche società. Queste si basano sulla ragione e la prudenza umana; quella è fondata sulla sapienza e il consiglio di Dio. Egli ci ha chiamato internamente col soffio dello Spirito santo che schiude il cuore degli uomini, ed esternamente con l'opera e il ministero dei Pastori e dei predicatori. Quale sia il fine a noi proposto da questa chiamata, cioè la cognizione e il possesso dei beni eterni, s'intenderà bene da chi noterà la ragione per cui in antico il popolo fedele, posto sotto la Legge, si chiamava sinagoga, o congrega. Codesto nome gli fu imposto, secondo sant'Agostino, perché a modo di gregge, cui si addice esser congregato, era rivolto solo ai beni terreni e caduchi. Ma il popolo cristiano giustamente è detto Chiesa e non sinagoga, perché, disprezzate le cose terrene e mortali, aspira solo a quelle celesti ed eterne.

Altri nomi della Chiesa.

106. Vi sono molti altri nomi, pieni di significato, che servono a designare la società cristiana. L'Apostolo la chiama casa ed edificio di Dio: Qualora io tardassi, sappi come diportarti nella casa di Dio, che è la Chiesa del Dio vivo, colonna e fondamento della verità (1Tm 3,15).

La Chiesa vien detta casa in quanto è come una famiglia retta da un solo capo, in cui v'è comunione di tutti i beni spirituali. E anche chiamata gregge delle pecorelle di Cristo, di cui Cristo è porta e pastore (Jn 10,1-2).

E detta anche sposa di Cristo. Cosi l'Apostolo ai Corinzi: Vi ho sposati per presentarvi, qual pura vergine, a un sol uomo, a Cristo (2Co 11,2); e agli Efesini: Uomini, amate le vostre mogli, come Cristo amo la Chiesa; e più sotto parlando del matrimonio: Questo sacramento è grande; lo dico in rapporto a Cristo ed alla Chiesa (Ep 5,25 Ep 5,32). Infine la Chiesa è detta anche corpo di Cristo, nelle lettere a quei di Efeso (Ep 1,23) e di Colossi (Col 1,24). Il che deve validamente stimolare i fedeli a mostrarsi degni dell'immensa clemenza e bontà di Dio, che li ha eletti ad essere suo popolo.

La Chiesa militante e quella trionfante.

107. Dopo questo, è necessario enumerare le singole parti della Chiesa, e far rilevare le reciproche differenze; affinché il popolo intenda meglio la natura, le proprietà, i doni e le grazie della Chiesa a Dio diletta, e mai cessi di lodare il nome santissimo di lui.

Due sono le parti principali della Chiesa: la trionfante e la militante. La prima è l'assemblea illustre e felice degli spiriti beati, e di coloro che hanno trionfato del mondo, della carne e del perfido demonio. Liberi e sicuri dalle molestie di questa vita, essi godono la beatitudine eterna. La seconda è l'insieme di tutti i fedeli che ancora vivono sulla terra. Si chiama militante, perché i suoi membri devono sempre combattere con quei terribili nemici che sono il mondo, la carne e il demonio. Ma non si deve per questo ritenere che siano due chiese; bensi, come abbiam detto, due parti della medesima Chiesa, una delle quali ha preceduto ed è già in possesso della patria celeste; l'altra segue sulla terra fino al giorno in cui, ricongiunta al Salvatore, si riposerà nella felicità eterna.

Chi è compreso nella Chiesa.

108. Nella Chiesa militante vi sono due specie di uomini: i buoni e i cattivi. I cattivi partecipano dei medesimi sacramenti e professano la stessa fede dei buoni, ma ne differiscono per la vita e i costumi. Buoni sono quelli i quali sono congiunti e stretti tra loro non solo dalla professione della fede e dalla comunione dei sacramenti, ma anche dal soffio della grazia e dal vincolo della carità. Di essi è scritto:Il Signore conosce quelli che sono i suoi (2Th 2,19). Gli uomini possono congetturare chi siano gli appartenenti a questa schiera di buoni, non già saperlo con sicurezza. Quindi non si deve credere che Cristo abbia voluto alludere a questa parte della Chiesa quando ci ha rimesso alla Chiesa, ordinandoci di ubbidire alla medesima (Mt 15,3-17). Essendo sconosciuta, come potrebbe uno esser certo a qual giudice debba ricorrere e a quale autorità debba ubbidire? La Chiesa abbraccia i buoni e i cattivi, come attestano la sacra Scrittura e gli scritti dei santi Padri. Questo volle intendere l'Apostolo scrivendo: Un solo corpo, un solo spirito (Ep 4,4).

Questa Chiesa è manifesta e visibile e viene paragonata ad una città posta sopra un monte, che si vede dappertutto; poiché, dovendo tutti ubbidirle, è necessario conoscerla. E abbraccia non solo i buoni ma anche i cattivi, come molte parabole del Vangelo c'insegnano; per esempio là dove il regno dei cieli, cioè la Chiesa militante, è paragonato alla rete che si getta nel mare, o al campo in cui viene sopraseminato il loglio (Mt 13,47 Mt 13,24); o all'aia in cui si ammucchiano frumento e pula (Lc 3,17); o alle dieci vergini, metà fatue e metà savie (Mt 15,1-2). Si deve vedere una figura ed un'immagine della Chiesa anche nell'antica arca di Noè (Gn 7), dov'erano chiusi non solo gli animali mondi, ma ancora gli immondi. E sebbene la fede cattolica affermi con verità e costanza, che alla Chiesa appartengono i buoni e i cattivi, bisogna tuttavia spiegare ai fedeli che, secondo le medesime norme di fede, è ben diversa la condizione di entrambi. I cattivi sono compresi nella Chiesa come la pula sta insieme col frumento sull'aia, o come le membra guaste restano congiunte al corpo vivo.

Chi è escluso dalla Chiesa.

109. Segue da ciò che solo tre categorie di uomini sono escluse dalla Chiesa: gli infedeli, gli eretici e scismatici, gli scomunicati. Gli infedeli, perché non sono mai entrati nella Chiesa, mai l'hanno conosciuta, né mai sono stati fatti partecipi dei sacramenti nella comunione del popolo cristiano. Gli eretici e gli scismatici, perché si sono separati dalla Chiesa e non appartengono più alla medesima; come i disertori non appartengono più all'esercito da cui sono fuggiti. Non si deve però ritenere che essi non soggiacciano alla potestà della Chiesa, che li chiama in giudizio, li punisce e li anatematizza. Gli scomunicati, infine; perché, essendo stati esclusi dalla Chiesa in seguito a un giudizio della medesima, non appartengono più ad essa, fino a resipiscenza. Quanto agli altri uomini, pur peccatori e scellerati, è certo che essi continuano ad essere nella Chiesa. E questo lo si deve ricordare spesso ai fedeli, affinché essi siano ben persuasi che anche quando la vita di certi prelati della Chiesa fosse viziosa, costoro sono sempre nella Chiesa, né resta diminuita la loro potestà.

Vari significati del termine Chiesa.

110. Col nome di chiesa si sogliono anche designare le varie parti della Chiesa universale, come fa l'Apostolo quando nomina le chiese di Corinto (1Co 1,2), della Galazia (Ga 1,2), di Laodicea (Col 4,16), di Tessalonica (1Th 1,1). Talora chiama chiesa anche le private famiglie dei fedeli, come quando dice di salutare la chiesa domestica di Prisca e di Aquila (Rm 16,4); " Vi salutano nel Signore grandemente Aquila e Priscilla con la loro Chiesa domestica (1Co 16,19); e la stessa parola adopera scrivendo a Filemone (Phm 1,2).

Talora il vocabolo chiesa designa i suoi capi e pastori: Se non ti ascolta, dillo alla Chiesa (Mt 18,17); volendo intendere qui i capi della Chiesa. Si dice chiesa anche il luogo ove il popolo si aduna per la predica o altra funzione religiosa (1Co 11,18). Ma in questo articolo per Chiesa s'intende principalmente il popolo cristiano composto di buoni e di cattivi, e non solo coloro che sono a capo, ma anche quelli che devono ubbidire.

Note caratteristiche della Chiesa.

111. Santa, Cattolica. Si spieghino ai fedeli le proprietà di questa Chiesa, dalle quali si rileva quanto sia grande il beneficio di Dio verso coloro che in essa nascono e sono educati.

Unità della Chiesa.

112. La prima proprietà ricordata nel Simbolo dei Padri (Nicéni) è l'unità. Sta scritto: Una è la mia colomba, una è la mia bella (Ct 6,8). Una cosi grande moltitudine di uomini, diffusa per ogni dove, è detta una per i motivi elencati dall'Apostolo agli Efesini; Uno è il Signore, una la fede, uno il Battesimo (Ep 4,5). Uno è anche il suo capo e moderatore: quello invisibile è Cristo S. N., che l'eterno Padre ha costituito capo di tutta la Chiesa suo mistico corpo (Ep 1,22); e quello visibile che siede sulla cattedra di Roma quale successore legitti mo di Pietro, principe degli Apostoli.

Unanime fu il consenso dei Padri nel ritenere necessario questo capo visibile, per costituire e conservare l'unità della Chiesa. San Girolamo lo vide chiaramente e ne scrisse in questi termini contro Gioviniano: Uno solo viene eletto affinché, costituito il capo, sia tolta ogni occasione di scisma (I Contr. Giovinian. I,26). E a Damaso: Taccia l'invidia, receda l'ambizione della romana dignità; io parlo con il successore del Pescatore, col discepolo della croce. Io non seguo altri che Cristo come primo duce: ma mi unisco in comunione con la tua Beatitudine, cioè con la cattedra di Pietro, sapendo che su questa pietra è stata edificata la Chiesa. Chiunque mangerà l'agnello fuori di questa casa è un estraneo; chiunque non starà nell'arca di Noè, perirà nelle acque del diluvio (Ep 15,2). Molto tempo prima avevano detto la stessa cosa Ireneo (Contro le eresie 3,3) e Cipriano. Il quale ultimo, parlando dell'unità della Chiesa, scrive: Il Signore dice a Pietro: Io, o Pietro, dico a te che tu sei Pietro e sopra questa pietra edifichero la mia Chiesa. Edifica la Chiesa sopra uno solo; e, sebbene attribuisca a tutti gli apostoli, dopo la risurrezione, uguale potestà e dica: come il Padre ha mandato me, cosi io mando voi; ricevete lo Spirito santo; pure, volendo far manifesta l'unità, dispose con la sua autorità, che l'origine di detta unità derivasse da uno solo (Cipr. Unità della Chiesa,4).

Ottato di Milevi scrive: Non ti può scusar l'ignoranza, sapendo bene che in Roma, a Pietro per primo, fu data la cattedra episcopale sulla quale sedette il capo di tutti gli Apostoli, affinché tutti conservassero in lui solo l'unità della sede, e i singoli apostoli non estollessero ciascuno la propria. perciò è scismatico e prevaricatore chi contro quest'unica cattedra ne colloca un'altra (Ottato, Scisma Donat. 2,2). Anche san Basilio scrive: Pietro è stato collocato nel fondamento. Egli aveva detto: Tu sei il Cristo figlio del Dio vivente; e in cambio aveva udito di dover essere la pietra; non però nella stessa maniera di Cristo. Cristo è la pietra veramente immobile; Pietro è immobile per virtù di quella. Gesù largisce agli altri le sue dignità; è sacerdote e fa i sacerdoti; è pietra e costituisce la pietra: cosi largisce ai suoi servi le cose sue (Basii. Orti. (fals. ascritta) Della penit. n. 4). Infine san-t'Ambrogio afferma: Pietro è anteposto a tutti, perché solo fra tutti confessa (la divinità di Cristo) (In Lc 10,175).

Se uno obietta che la Chiesa, paga dell'unico capo e sposo Gesù Cristo, non ne debba cercare un altro, la risposta è pronta. Gesù Cristo è non solo l'autore, ma ancora l'interiore ministro dei singoli sacramenti; perché è lui che battezza e che assolve; eppure ha istituito degli uomini come ministri esteriori dei sacramenti. perciò ha preposto alla Chiesa, che egli regge col suo intimo soffio, un uomo quale vicario e ministro della sua potestà. Una Chiesa visibile ha bisogno di un capo visibile: quindi il nostro Salvatore, dando a Pietro, con solenni parole, l'incarico di pascolare le sue pecore, lo ha costituito capo e pastore della grande famiglia dei fedeli; nel senso che il suo successore avesse la medesima potestà di reggere e governare tutta la Chiesa.

Del resto, scrive l'Apostolo ai Corinzi, uno e identico è lo spirito che infonde la grazia ai fedeli, come l'anima da vita alle membra del corpo (1Co 12,11). E, invitando quelli di Efeso a mantenere questa unità scrive: Siate solleciti di conservare l'unità dello spirito mediante il vincolo della pace: un solo corpo e un solo spirito (Ep 4,3-4). Come il corpo umano si compone di molte membra, tutte avvivate da una sola anima che da vista agli occhi, udito alle orecchie, e agli altri sensi le rispettive virtù, cosi il corpo mistico di Cristo, la Chiesa, si compone di molti fedeli. Unica è anche la speranza, come ivi l'Apostolo testifica, alla quale siamo stati chiamati, poiché tutti speriamo la medesima cosa: la vita eterna e beata. Una è infine la fede che tutti devonoricevere e professare. Non ci siano scismi tra voi, dice l'Apostolo (1Co 1,10); e uno pure è il Battesimo, cheè il sacramento della fede cristiana.

Santità della Chiesa.

113. La seconda proprietà della Chiesa è la santità, come insegna il Principe degli Apostoli scrivendo: " Ma voi, stirpe eletta, gente santa... " (1P 2,9). E detta santa, perché consacrata e dedicata a Dio, com'è consuetudine chiamare sante tutte le cose di questo genere, anche materiali, purché ordinate e destinate al culto divino; come, per esempio, nell'antica Legge, i vasi sacri, le vesti, gli altari, e anche i primogeniti che venivano dedicati all'Altissimo. Né deve recare meraviglia che la Chiesa sia detta santa, sebbene contenga molti peccatori; giacché i fedeli si chiamano santi, in quanto sono divenuti popolo di Dio e, mediante la fede e il Battesimo, si sono consacrati a Cristo, anche se poi peccano e non mantengono le promesse fatte. Allo stesso modo chi esercita un'arte è sempre chiamato artefice, anche se non osserva i precetti dell'arte sua. perciò san Paolo chiama i fedeli di Corinto santificati e santi (1Co 1,2), sebbene sia noto che ve ne fossero taluni, che egli acerbamente rimprovera come carnali e peggio (1Co 3,3).

Santa è la Chiesa, perché congiunta come corpo al suo santissimo capo, che è Cristo S. N., fonte di ogni santità, dal quale ci vengono i carismi dello Spirito santo e le ricchezze della divina bontà. Molto efficacemente sant'Agostino, interpretando quelle parole del Profeta: " Proteggi l'anima mia perché sono santo ", dice: Osi pure il corpo mistico di Cristo, osi, come un solo uomo, gridare dagli estremi confini della terra e dire col suo Capo e sotto il suo Capo: " Io sono santo " poiché ha ricevuto la grazia di santità, la grazia del Battesimo e della remissione dei peccati (Sul Ps 85,2). E dopo poco aggiunge: " Se è vero che tutti i Cristiani e i fedeli, battezzati in Cristo, hanno rivestito Cristo, come dice l'Apostolo: Tutti voi che siete stati battezzati in Cristo, vi siete rivestiti di Cristo (Ga 3,27); se è vero che sono divenuti membra del suo corpo, eppure dicono di non esser santi, allora fanno ingiuria al Capo le cui membra sono sante ".

Infine si aggiunga che solo la Chiesa possiede il culto legittimo del sacrificio e l'uso salutare dei sacramenti. Per essi, come per efficaci strumenti della grazia divina, Dio produce la vera santità, di guisa tale che i veramente santi non possono essere fuori di questa Chiesa. E chiaro dunque che la Chiesa è santa; e santa perché è il corpo di Cristo, da cui viene santificata e dal cui sangue viene lavata.

Cattolicità della Chiesa.

114. Terza proprietà della Chiesa è il dirsi cattolica ossia universale; epiteto che le conviene a buon diritto, perché, come attesta sant'Agostino: da O-riente a Occidente si diffonde con lo splendore di un'unica fede (Discorso CCXLII,4). Essa non è, come le nazioni civili o le conventicole eretiche, ristretta nei confini di un regno o nell'ambito di una razza; ma abbraccia nel seno della sua carità tutti gli uomini: Barbari o Sciti, schiavi o liberi, maschi o femmine (Ga 3,28). perciò sta scritto: Ci hai ricomperati per Dio col tuo sangue, da tutte le tribù e lingue e popoli e nazioni; e ci hai fatti regno per il nostro Dio (Ap 5,9). David dice della Chiesa: Chiedimi e ti daro in retaggio i popoli, in possesso le più lontane regioni (Ps 2,8); e altrove: Porro Rahab e Babilonia tra coloro che mi han conosciuto; e: Ogni uomo è nato in essa (Ps 86,4-5).

Del resto tutti i fedeli, da Adamo a oggi e da oggi alla fine del mondo, i quali professano la vera fede, appartengono alla medesima Chiesa, che è stata edificata sopra il fondamento degli Apostoli e dei Profeti. Tutti questi sono stati costituiti e fondati su quella pietra angolare che è Cristo, il quale delle due cose ne ha fatta una ed ha annunciato la pace ai vicini ed ai lontani (Ep 2,14-20). Si dice universale anche perché quanti vogliono conseguire la salute eterna, devono aderire alla Chiesa, non diversamente da coloro che, per non perire nel diluvio, entrarono nell'Arca.

Apostolicità della Chiesa.

115. Questa pertanto è la norma più sicura per distinguere la vera Chiesa dalla falsa. Ma la verità della Chiesa si può riconoscere anche dall'origine che, per una grazia evidente, deriva dagli Apostoli. La verità della sua dottrina non è recente né nata ora, ma trasmessa un tempo dagli Apostoli e disseminata poi per tutto il mondo. Segue da ciò che nessuno deve dubitare che le empie teorie degli eretici, contrarie alla dottrina della Chiesa, predicata dal tempo degli Apostoli fino ad oggi, si allontanano dalla fede della vera Chiesa.

Percio, affinché tutti capissero quale fosse la Chiesa cattolica, per divina ispirazione aggiunsero i Padri nel Simbolo l'epiteto di apostolica. Infatti lo Spirito santo che presiede alla Chiesa non la governa con altra sorta di ministri all'infuori di quelli apostolici. Questo Spirito fu prima donato agli apostoli ed è poi sempre rimasto nella Chiesa, grazie all'infinita benignità di Dio. Ma come soltanto questa Chiesa non può errare nell'insegnare la disciplina della fede e dei costumi, perché governata dallo Spirito santo, cosi tutte le altre, che si arrogano il nome di chiese, essendo guidate dallo spirito del demonio, devono necessariamente cadere in perniciosissimi errori di fede e di costumi.

Figure della Chiesa nel vecchio Testamento.

116. Le figure del vecchio Testamento sono efficacissime per eccitare l'animo dei fedeli e per richiamare alla memoria bellissimi insegnamenti; per questo soprattutto gli Apostoli le hanno adoperate. I Parroci non trascurino questa parte dell'insegnamento, che offre molte utilità. Un chiaro significato ha l'arca di Noè, la quale fu costruita per divino comando, solo perché nessun dubbio rimanesse circa il suo significato relativo alla Chiesa.

Questa infatti Dio l'ha costituita in guisa tale che chiunque entra in essa attraverso il Battesimo rimane salvo da ogni pericolo di morte eterna; mentre quelli che ne sono fuori rimangono sommersi dai loro delitti: appunto come avvenne a quelli che non entrarono nell'arca. Altra figura è quella della grande città di Gerusalemme, il cui nome nella Scrittura designa spesso la Chiesa. In essa soltanto era lecito offrire sacrifici a Dio, perché nella sola Chiesa, e non fuori, si trova il vero culto e il vero sacrificio accetto a Dio.

La Chiesa stessa è oggetto di fede.

117. Da ultimo bisogna insegnare in quale senso sia articolo di fede il credere la Chiesa. Certo, ognuno con l'intelligenza e con i sensi percepisce l'esistenza terrena della Chiesa, cioè l'esistenza di un'assemblea di uomini, addetti e consacrati a Gesù Cristo; né sembra vi sia bisogno della fede a capirlo, poiché nemmeno i Giudei o i Turchi lo pongono in dubbio. Ma soltanto la mente illuminata dalla fede, e non dietro considerazioni umane, può comprendere i misteri contenuti nella santa Chiesa di Dio, parte dei quali abbiamo già spiegato, parte vedremo poi, spiegando il sacramento dell'Ordine. Dunque se anche questo articolo, come gli altri, supera la facoltà e le forze della nostra intelligenza, a buon diritto professiamo di considerare la fondazione, gli uffici e la dignità della Chiesa, non con gli occhi dell'umana ragione, ma anche con quelli della fede.

Infatti non furono gli uomini i fondatori di questa Chiesa, ma lo stesso Dio immortale, che l'ha edificata sopra saldissima roccia, come disse il profeta: Lo stesso Altissimo l'ha fondata (Ps 86,5). perciò si chiama eredità di Dio (Ps 2,8), p o p o 1 o di Dio (Os 2,1). La potestà che ha ricevuta non è umana, ma di attribuzione divina. E come non si può acquistare con le forze umane, cosi solo la fede ci fa intendere che nella Chiesa vi sono le chiavi del regno dei cieli (Mt 16,19); che essa ha ricevuto il potere di rimettere i peccati (Jn 20,23), di scomunicare (Mt 15,3 Mt 15,17), di consacrare il vero corpo di Cristo (Lc 22,19); e che i cittadini in essa dimoranti non hanno qui dimora stabile, ma ne vanno cercando una futura (He 13,14).

Bisogna pertanto credere necessariamente la Chiesa una, santa e cattolica. Noi crediamo nelle tre Persone della Trinità, Padre, Figliuolo e Spirito santo, in guisa tale da collocare in essi tutta la nostra fede. Ma qui, mutando il modo di dire, professiamo di credere "la santa Chiesa ", e non "nella santa Chiesa"; questo per distinguere, anche con la diversità della frase, Dio creatore dell'universo, dalle cose create, e per attribuire a un dono della sua bontà gli immensi benefici che sono stati conferiti alla Chiesa.

In che consista la comunione dei santi.

118. La comunione dei Santi. San Giovanni evangelista, scrivendo ai fedeli intorno ai misteri divini, da questa ragione del suo insegnamento: affinché voi pure abbiate società con noi, e la nostra società sia col Padre e col Figliuolo di lui, Gesù Cristo (1Jn 1,3). Questa società consiste nella comunione dei santi, oggetto del presente articolo. Sarebbe davvero desiderabile che i responsabili delle chiese imitassero la diligenza di Paolo e degli altri apostoli nello spiegare questo articolo, che non solo è come un'interpretazione del precedente, ed è fecondo di frutti assai ubertosi, ma anche chiarisce qual uso debba farsi dei misteri contenuti nel Simbolo. Noi dobbiamo investigarli ed accettarli appunto per esser ammessi nella grandiosa e beata società dei santi e una volta ammessi perseverarvi costantemente, rendendo grazie con gaudio a Dio Padre, che ci ha fatti degni di partecipare alla sorte dei santi nella luce (Col 1,12).

Innanzi tutto si dovrà insegnare ai fedeli che il presente articolo è come una spiegazione di quello precedente intorno alla Chiesa, una, santa e cattolica; poiché l'unità di spirito da cui è retta, fa si che sia comune tutto quanto essa possiede. Il frutto di tutti i sacramenti appartiene a tutti i fedeli, i quali con essi, come per mezzo di catene, vengono legati e uniti a Cristo: soprattutto col Battesimo, per il quale, come attraverso una porta, entrano nella Chiesa.

Che questa comunione dei santi indichi quella dei sacramenti, è manifesto dalle parole del simbolo: Confesso un solo Battesimo. Seguono a questo, prima l'Eucaristia, poi tutti gli altri sacramenti. Infatti sebbene il nome di comunione convenga a tutti i sacramenti, in quanto ci congiungono a Dio e ci fanno partecipi di lui, la cui grazia riceviamo, pure si appropria meglio all'Eucaristia, la quale attua questa comunione.

La comunione dei santi illustrata dall'esempio del corpo umano.

119. Nella Chiesa c'è da considerare anche un'altra comunione. Tutto quanto viene praticato con devota e santa mente da uno, appartiene a tutti e a tutti giova, in virtù della carità, che non cerca il proprio vantaggio (1Co 13,5). Lo prova la testimonianza di sant'Ambrogio, il quale commentando quel passo del salmo: " Io sono il compagno di quelli che ti temono ", osserva: Come diciamo che un membro è partecipe di tutto il corpo, cosi diciamo che ciascuno è unito a tutti gli altri che temono il Signore. perciò G. Cristo prescrivendo la formola di preghiera ci fece dire: il nostro pane e non i 1 mio pane, e cosi via; affinché considerassimo non soltanto il nostro bene individuale, ma quello di tutti (Sul Ps 118, Disc. 8, n. 54).

La comunione dei beni viene spesso illustrata nella sacra Scrittura con l'appropriata similitudine delle membra del corpo umano. Nel corpo vi sono molte membra, che tuttavia formano un solo corpo, nel quale ciascuno compie l'ufficio proprio, non tutti il medesimo. Dette membra non hanno uguale dignità né compiono funzioni ugualmente utili e decorose; e ciascuna bada non al comodo proprio ma all'utilità di tutto il corpo. E sono congiunte cosi bene tra loro, che se ne duole una, soffrono anche le altre, per una certa affinità e consenso di natura; mentre se gode, provano anche le altre membra un senso di benessere. Il medesimo si verifica nella Chiesa. Anche in lei vi sono membra diverse, cioè le varie nazioni di giudei e di gentili, liberi e schiavi, poveri e ricchi; ma, una volta ricevuto il Battesimo, diventano un solo corpo, con Cristo per capo. Inoltre a ognuno nella Chiesa è assegnato il suo ufficio. Vi sono alcuni apostoli, altri dottori, costituiti tali per la pubblica utilità; ad alcuni spetta il governare e insegnare, ad altri l'obbedire ed essere soggetti.

Quali membri della Chiesa godono dei suoi beni spirituali.

120. Coloro che vivono una vita cristiana nella carità, godono tanti e preziosi doni e benefici divini, e sono giusti e cari a Dio. Mentre le membra morte, e cioè gli uomini peccatori e lontani dalla grazia di Dio, pur non venendo privati del beneficio di essere membra del corpo della Chiesa, non percepiscono, perché morti, quel frutto spirituale, di cui godono gli uomini giusti e pii. Nondimeno, restando sempre nella Chiesa, vengono aiutati da coloro, che vivono secondo lo spirito, perché possano ricuperare la grazia e la vita perduta, cogliendo quei frutti, di cui restano privi coloro che sono del tutto separati dalla Chiesa.

E sono comuni non soltanto quei doni che rendono gli uomini cari a Dio e giusti, ma anche le grazie cosidette gratis date, tra cui si annoverano la scienza, la profezia, il dono delle lingue e dei miracoli, e simili: doni che sono concessi anche ai cattivi per motivo non di utilità privata ma pubblica, a edificazione della Chiesa. Infatti la virtù delle guarigioni è concessa non a beneficio di chi la possiede, ma per chi è malato.

Del resto l'individuo veramente cristiano nulla possiede di cosi strettamente suo, che non lo debba ritenere in comune con gli altri. Quindi deve essere pronto a sollevare la miseria dei poveri, essendo chiaro che non possiede la carità di Dio chi, fornito di sostanze, non aiuta il fratello che vede nel bisogno (Jn 3,17). Cosi stando le cose, è evidente che quelli i quali vivono in questa santa comunione, sono in certo modo felici e possono a buon diritto esclamare: Quanto sono amabili le tue tende, o Signore degli eserciti! L'anima mia sospira e sviene negli atrii del Signore; e ancora: Beati coloro che abitano nella tua casa, o Signore (Ps 83,2-5).

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ARTICOLO DECIMO La remissione dei peccati.

Significato dell'articolo.

121. Nessuno, che vede questo articolo sulla remissione dei peccati annoverato tra gli altri articoli di fede, potrà dubitare che esso contenga un mistero divino e pergiunta necessarissimo a conseguire la salvezza. Come in fatti abbiamo già spiegato, senza la ferma fede di tutto quello che il Simbolo ci propone a credere, non si apre la porta della misericordia di Cristo. Se fosse necessario confermare con qualche testimonianza ciò che deve esser noto a tutti, basterà ricordare quanto attesto ai discepoli il Salvatore poco prima dell'ascensione quando apri loro la mente a intendere le Scritture, e disse che Cristo doveva patire e il terzo giorno risorgere dai morti; e che sarebbe stata predicata nel nome di lui la penitenza per la remissione dei peccati a tutte le genti, cominciando da Gerusalemme (Lc 24,46-47). I Parroci riflettendo bene a queste parole, facilmente intenderanno che, se è necessario esporre ai fedeli le altre verità della religione, è necessarissimo per obbligo loro fatto da Dio, spiegare con diligenza il presente articolo.

Il potere di rimettere i peccati nella Chiesa.

122. Dovere del Parroco, su questo punto, è di insegnare che nella Chiesa Cattolica si trova non solo la remissione dei peccati, di cui Isaia aveva predetto:Il popolo che abita (in Sion) riceverà il perdono della sua iniquità (Is 33,24), ma anche la potestà di rimettere i peccati. Per essa, ove i sacerdoti ne facciano uso secondo le leggi prescritte da Gesù Cristo S. N., si deve credere che i peccati vengono veramente rimessi e perdonati.

Questo perdono ci viene donato cosi abbondantemente, professando per la prima volta la fede, con l'acqua del Battesimo, che non vi rimane più né colpa da cancellare (sia quella contratta per origine, sia quella commessa per propria opera, od omissione), né pena da scontare. Ma la grazia del Battesimo non libera da ogni infermità della natura; che anzi non si trova quasi nessuno che nella lotta contro i moti della concupiscenza, perenne incitatrice al peccato, resista con tanta energia e difenda con tanta vigilanza la sua integrità, da evitare ogni ferita.

Essendo pertanto necessario che nella Chiesa vi fosse la potestà di rimettere i peccati anche per una via diversa dal sacramento del Battesimo, le furono consegnate le chiavi del regno dei cieli, in virtù delle quali fossero perdonati a qualsiasi penitente i peccati commessi anche fino all'ultimo giorno della vita.

La Scrittura ne contiene chiarissima testimonianza in san Matteo, dove il Signore cosi parla a S. Pietro: Daro a te le chiavi del regno de' cieli; qualunque cosa avrai legato sulla terra sarà legata anche nei cieli; e qualunque cosa avrai sciolta sulla terra, sarà sciolta anche nei cieli (Mt 16,19). E altrove: Quanto legherete sulla terra, sarà legato nel cielo; e quanto scioglierete sulla terra, sarà sciolto nel cielo (ib. Mt 18,18). San Giovanni attesta che il Signore, dopo aver alitato sugli apostoli, disse: Ricevete lo Spirito santo. A chi rimetterete i peccati, saranno rimessi; e a chi li riterrete saranno ritenuti (Jn 20,23).

Nessun peccato è irremissibile nella Chiesa.

123. Questa potestà della Chiesa non è ristretta a certe specie di peccati; mentre invece non si può ammettere o pensare delitto cosi enorme, che la Chiesa non abbia potestà di rimetterlo, come non c'è uomo cosi in fame e scellerato che, qualora si penta davvero dei suoi misfatti, non debba avere speranza certa di perdono. E nemmeno tale potestà è circoscritta a un dato tempo. A qualunque ora il peccatore vorrà tornare a salvezza, non dovrà essere respinto, come ha insegnato il nostro Salvatore, quando rispose al Principe degli apostoli, che lo interrogava: quante volte - sette forse? - si dovesse perdonare ai peccatori: Non sette, ma settanta volte sette (Mt 18,21).

A chi è riservata la potestà di rimettere i peccati.

124. Se consideriamo i ministri di questo potere, lo vedremo restringersi, perché il Signore non lo concesse a tutti, ma soltanto ai vescovi e ai sacerdoti. Lo stesso si dica sul modo di esercitarlo, giacché solo mediante i sacramenti, e osservandone la forma, si possono rimettere i peccati. Non è stato dato alla Chiesa il diritto di sciogliere dai peccati in altra maniera. Ne segue che i sacerdoti e i sacramenti servono come strumenti per perdonare i peccati: sono strumenti con i quali Cristo N. S., autore e donatore della salute, opera in noi la remissione dei peccati e la giustizia.

La remissione dei peccati avviene solo per autorità divina.

125. affinché i fedeli meglio apprezzino questo dono celeste, largito alla Chiesa per la singolare misericordia di Dio verso di noi, e lo usino con più ardente slancio di pietà, curi il Parroco di dimostrare la dignità e l'ampiezza di questa grazia, che si rileva sopratutto esponendo con diligenza quanto grande sia la virtù di rimettere i peccati e fare gli uomini da ingiusti, giusti. E noto che ciò avviene per l'infinita e immensa potenza di Dio; quella medesima che crediamo necessaria per risuscitare dai morti e creare il mondo. E se, come vuole sant'Agostino (Su Jn tr. LXXII,3), deve considerarsi maggiore opera render giusto un uomo che creare dal nulla il cielo e la terra, essendo la creazione opera solo di infinita virtù, ne segue a maggior ragione, che la remissione dei peccati sia da attribuire alla potenza infinita.

Verissime sono pertanto le parole degli antichi Padri, con cui professano che solo Dio perdona agli uomini i peccati, né si può riferire ad altri che alla sua somma bontà e potenza un'opera cosi mirabile. Io sono, dice il Signore stesso per bocca del Profeta, quegli che cancella le tue iniquità (Is 43,25). Come, dunque, nessuno può rimettere il debito, se non il creditore, cosi essendo noi obbligati a Dio per i nostri peccati - e perciò preghiamo ogni giorno: " rimetti a noi i nostri debiti " (Mt 6,12) - è evidente che nessuno, tranne lui, può perdonare i nostri peccati.

Questo dono mirabile e divino non fu concesso a nessuna creatura umana prima che Dio si facesse uomo. Primo di tutti, G. Cristo salvatore nostro, come uomo, essendo ugualmente vero Dio, ricevette questo dono dal Padre celeste: affinché sappiate, disse, che il Figlio dell'uomo ha potere sulla terra di rimettere i peccati, levati su, disse al paralitico, piglia il tuo letto e vàttene a casa (Mt 9,6 Mc 2,9).

Fattosi uomo per largire agli uomini il perdono dei peccati, il Redentore, prima di salire al cielo a sedervi in perpetuo alla destra del Padre, concesse questa potestà ai vescovi e ai sacerdoti nella Chiesa. Non dimentichiamo pero, come abbiamo già detto, che Cristo perdona i peccati di propria autorità, mentre i sacerdoti solo in quanto sono suoi ministri. Percio, se è vero che noi dobbiamo ammirare e considerare profondamente le cose operate dalla Potenza infinita, è chiaro che dovremo ammirare questo preziosissimo dono, che, per benignità di Cristo, è stato elargito alla Chiesa.

Benignità di Dio nel modo di rimettere i peccati.

126. Ma il modo stesso che Dio, padre clementis-simo, ha stabilito per cancellare i peccati del mondo, deve efficacemente eccitare l'animo dei fedeli a contemplare la grandezza di questo beneficio. Egli infatti volle che i nostri peccati venissero espiati col sangue del suo Figlio unigenito, affinché questi pagasse la pena da noi meritata per i nostri peccati ed Egli, giusto, fosse condannato per i peccatori; innocente, subisse una acerbissima morte per i colpevoli. Quante volte perciò ricorderemo che noi non fummo già riscattati con vile moneta, ma col prezioso sangue di Cristo, agnello incontaminato e senza macchia (1P 1,18-19), ci sarà facile dedurre che nulla di più salutare ci poteva essere concesso da Dio, di questa facoltà di rimettere i peccati; dono che mostra tutta la misteriosa provvidenza di Dio e il suo immenso amore per noi.

E altresi necessario che ciascuno ritragga da questa meditazione il maggior frutto possibile, poiché chi offende Dio col peccato mortale, perde i meriti che gli venivano dalla passione e morte di Cristo; cosi gli è negato l'accesso a quel paradiso, che il Redentore gli avea aperto a prezzo del suo preziosissimo sangue. perciò ogni volta che pensiamo a questo, non possiamo non pensare seriamente alla profonda miseria nostra. Ma se consideriamo quale ammirabile potere fu da Dio concesso alla sua Chiesa; e se, fermi in questo articolo di fede, crediamo che a ognuno è dato, con l'aiuto divino, di ritornare al primitivo stato di grazia e dignità, allora col cuore pieno di esultanza, ci sentiamo spinti a rivolgere a Dio le più vive grazie. Se quando siamo gravemente malati, ci sembrano buoni e gradevoli perfino i farmaci che la scienza medica ci somministra, quanto più soavi dovranno essere per noi quei rimedi, che la sapienza di Dio istitui a cura delle anime e quindi a restaurazione della vita? Soprattutto perché portano con sé non già una dubbia speranza di salvezza, come le medicine che si prendono per il corpo, ma una sicura salvezza a coloro che bramano di essere sanati.

Con guanto impegno deve essere accolto il beneficio del perdono.

127. I fedeli, dopo aver conosciuto la preziosità di cosi insigne beneficio, saranno esortati a sforzarsi di usarne religiosamente. Poiché è impossibile evitare che chi rifiuta uno strumento utile, anzi necessario, non ne risulti suo spregiatore. Tanto più che il Signore affido alla Chiesa questa potestà di rimettere i peccati, appunto perché tutti facessero ricorso al salutifero rimedio. Come infatti senza il Battesimo nessuno può riacquistare l'innocenza, cosi chiunque voglia ricuperare la grazia del Battesimo, perduta con colpe mortali, dovrà ricorrere a un altro genere di espiazione, e precisamente al sacramento della Penitenza.

Però si devono ammonire i fedeli perché, essendo stata prospettata una possibilità di perdono cosi ampia da non essere circoscritta da alcun limite di tempo, non si sentano più proclivi al peccato o più pigri alla resipiscenza. Nel primo caso, evidentemente irrispettosi e sprezzanti verso tale divina potestà, sarebbero indegni della misericordia di Dio; nel secondo, dovrebbero vivamente paventare che, colti dalla morte, non si trovino ad avere inutilmente creduto in un perdono dei peccati, che il continuo procrastinare ha fatto loro perdere per sempre.






Catechismo Tridentino 1090