Catechismo Chiesa Catt. 121

L'Antico Testamento

121 L'Antico Testamento è una parte ineliminabile della Sacra Scrittura. I suoi libri sono divinamente ispirati e conservano un valore perenne, (147) poiché l'Antica Alleanza non è mai stata revocata.

(147) Cf Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Dei Verbum
DV 14, AAS 58 (1966) 825.

122 Infatti, « l'economia dell'Antico Testamento era soprattutto ordinata a preparare [...] l'avvento di Cristo Salvatore dell'universo ». I libri dell'Antico Testamento, « sebbene contengano anche cose imperfette e temporanee », rendono testimonianza di tutta la divina pedagogia dell'amore salvifico di Dio. Essi « esprimono un vivo senso di Dio, una sapienza salutare per la vita dell'uomo e mirabili tesori di preghiere »; in essi infine « è nascosto il mistero della nostra salvezza ». (148)

(148) Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Dei Verbum
DV 15, AAS 58 (1966) 825.

123 I cristiani venerano l'Antico Testamento come vera Parola di Dio. La Chiesa ha sempre energicamente respinto l'idea di rifiutare l'Antico Testamento con il pretesto che il Nuovo l'avrebbe reso sorpassato (Marcionismo).


Il Nuovo Testamento

124 « La Parola di Dio, che è potenza divina per la salvezza di chiunque crede, si presenta e manifesta la sua forza in modo eminente negli scritti del Nuovo Testamento ». (149) Questi scritti ci consegnano la verità definitiva della rivelazione divina. Il loro oggetto centrale è Gesù Cristo, il Figlio di Dio incarnato, le sue opere, i suoi insegnamenti, la sua passione e la sua glorificazione, come pure gli inizi della sua Chiesa sotto l'azione dello Spirito Santo. (150)

(149) Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Dei Verbum
DV 17, AAS 58 (1966) 826.
(150) Cf Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Dei Verbum DV 20, AAS 58 (1966) 827.

125 I Vangeli sono il cuore di tutte le Scritture « in quanto sono la principale testimonianza relativa alla vita e alla dottrina del Verbo incarnato, nostro Salvatore ». (151)

(151) Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Dei Verbum
DV 18, AAS 58 (1966) 826.

126 Nella formazione dei Vangeli si possono distinguere tre tappe:

1. La vita e l'insegnamento di Gesù. La Chiesa ritiene con fermezza che i quattro Vangeli, « di cui afferma senza esitazione la storicità, trasmettono fedelmente quanto Gesù Figlio di Dio, durante la sua vita tra gli uomini, effettivamente operò e insegnò per la loro salvezza eterna, fino al giorno in cui ascese al cielo ».
2. La tradizione orale. « Gli Apostoli poi, dopo l'ascensione del Signore, trasmisero ai loro ascoltatori ciò che egli aveva detto e fatto, con quella più completa intelligenza di cui essi, ammaestrati dagli eventi gloriosi di Cristo e illuminati dalla luce dello Spirito di verità, godevano ».
3. I Vangeli scritti. « Gli autori sacri scrissero i quattro Vangeli, scegliendo alcune cose tra le molte tramandate a voce o già per iscritto, redigendo una sintesi delle altre o spiegandole con riguardo alla situazione delle Chiese, conservando infine il carattere di predicazione, sempre però in modo tale da riferire su Gesù cose vere e sincere ». (152)

(152) Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Dei Verbum
DV 19, AAS 58 (1966) 826-827.

127 Il Vangelo quadriforme occupa nella Chiesa un posto unico; lo testimonia la venerazione di cui lo circonda la liturgia e la singolarissima attrattiva che in ogni tempo ha esercitato sui santi.

« Non c'è dottrina che sia migliore, più preziosa e più splendida del testo del Vangelo. Considerate e custodite [nel cuore] quanto Cristo, nostro Signore e Maestro, ha insegnato con le sue parole e realizzato con le sue azioni ». (153) « Ma è soprattutto il Vangelo che mi intrattiene durante le orazioni, in esso trovo tutto ciò che è necessario alla mia povera anima. Vi scopro sempre nuove luci, significati nascosti e misteriosi ». (154)

(153) Santa Cesaria la Giovane, Epistula ad Richildam et Radegundem: SC 345,480.
(154) Santa Teresa di Gesù Bambino, Manoscritto A,
MSA 83v: Manoscritti autobiografici: Opere complete (Libreria Editrice Vaticana, 1997) p. 209.

L'unità dell'Antico e del Nuovo Testamento

128 La Chiesa, fin dai tempi apostolici, (155) e poi costantemente nella sua Tradizione, ha messo in luce l'unità del piano divino nei due Testamenti grazie alla tipologia.Questa nelle opere di Dio dell'Antico Testamento ravvisa prefigurazioni di ciò che Dio, nella pienezza dei tempi, ha compiuto nella Persona del suo Figlio incarnato.

(155) Cf
1Co 10,6 1Co 10,11 He 10,1 1P 3,21.

129 I cristiani, quindi, leggono l'Antico Testamento alla luce di Cristo morto e risorto. La lettura tipologica rivela l'inesauribile contenuto dell'Antico Testamento. Questa non deve indurre però a dimenticare che esso conserva il valore suo proprio di rivelazione che lo stesso nostro Signore ha riaffermato. (156) Pertanto, anche il Nuovo Testamento esige d'essere letto alla luce dell'Antico. La primitiva catechesi cristiana vi farà costantemente ricorso. (157) Secondo un antico detto, il Nuovo Testamento è nascosto nell'Antico, mentre l'Antico è svelato nel Nuovo: « Novum in Vetere latet et in Novo Vetus patet ». (158)

(156) Cf
Mc 12,29-31.
(157) Cf 1Co 5,6-8 1Co 10,1-11.
(158) Sant'Agostino, Quaestiones in Heptateucum, 2, 73: CCL 33, 106 (PL 34, 623); cf Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Dei Verbum, 16: AAS 58 (1966) 825.

130 La tipologia esprime il dinamismo verso il compimento del piano divino, quando « Dio sarà tutto in tutti » (1Co 15,28). Anche la vocazione dei patriarchi e l'Esodo dall'Egitto, per esempio, non perdono il valore che è loro proprio nel piano divino, per il fatto di esserne, al tempo stesso, tappe intermedie.



V. La Sacra Scrittura nella vita della Chiesa

131 « Nella Parola di Dio è insita tanta efficacia e potenza da essere sostegno e vigore della Chiesa, e per i figli della Chiesa saldezza della fede, cibo dell'anima, sorgente pura e perenne della vita spirituale ». (159) « È necessario che i fedeli abbiano largo accesso alla Sacra Scrittura ». (160)

(159) Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Dei Verbum
DV 21, AAS 58 (1966) 828.
(160) Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Dei Verbum DV 22, AAS 58 (1966) 828.

132 « Lo studio della Sacra Scrittura sia dunque come l'anima della sacra teologia. Anche il ministero della parola, cioè la predicazione pastorale, la catechesi e tutta l'istruzione cristiana, nella quale l'omelia liturgica deve avere un posto privilegiato, si nutre con profitto e santamente vigoreggia con la parola della Scrittura ». (161)

(161) Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Dei Verbum
DV 24, AAS 58 (1966) 829.

133 La Chiesa « esorta con forza e insistenza tutti i fedeli [...] ad apprendere "la sublime scienza di Gesù Cristo" (Ph 3,8) con la frequente lettura delle divine Scritture. "L'ignoranza delle Scritture, infatti, è ignoranza di Cristo" ». (162)

(162) Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Dei Verbum DV 25, AAS 58 (1966) 829; cf San Girolamo, Commentarii in Isaiam, Prologus: CCL 73, 1 (PL 24, 17).


In sintesi

134 Omnis Scriptura divina unus liber est, et hic unus liber est Christus, « quia omnis Scriptura divina de Christo loquitur, et omnis Scriptura divina in Christo impletur » – Tutta la divina Scrittura è un libro solo e quest'unico libro è Cristo; « infatti tutta la divina Scrittura parla di Cristo e in lui trova compimento ». (163)

(163) Ugo di San Vittore, De Arca Noe, 2, 8: PL 176, 642; cf Ibid. 2, 9: PL 176, 642-643.

135 « Le Sacre Scritture contengono la Parola di Dio e, perché ispirate, sono veramente Parola di Dio ». (164)

(164) Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Dei Verbum
DV 24, AAS 58 (1966) 829.

136 Dio è l'autore della Sacra Scrittura nel senso che ispira i suoi autori umani; egli agisce in loro e mediante loro. Così ci dà la certezza che i loro scritti insegnano senza errore la verità salvifica. (165)

(165) Cf Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Dei Verbum
DV 11, AAS 58 (1966) 822-823.

137 L'interpretazione delle Scritture ispirate dev'essere innanzi tutto attenta a ciò che Dio, attraverso gli autori sacri, vuole rivelare per la nostra salvezza. Ciò che è opera dello Spirito, non viene pienamente compreso se non sotto l'azione dello Spirito. (166)

(166) Cf Origene, Homiliae in Exodum, 4, 5: SC 321,128.

138 La Chiesa riceve e venera come ispirati i 46 libri dell'Antico Testamento e i 27 libri del Nuovo Testamento.

139 I quattro Vangeli occupano un posto centrale, per la centralità che Cristo ha in essi.

140 Dall'unità del progetto di Dio e della sua rivelazione deriva l'unità dei due Testamenti: l'Antico Testamento prepara il Nuovo, mentre il Nuovo compie l'Antico; i due si illuminano a vicenda; entrambi sono vera Parola di Dio.

141 « La Chiesa ha sempre venerato le divine Scritture come ha fatto per il Corpo stesso del Signore »; (167) in ambedue le realtà tutta la vita cristiana trova il proprio nutrimento e la propria regola. « Lampada per i miei passi è la tua parola, luce sul mio cammino » (Ps 119,105). (168)

(167) Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Dei Verbum DV 21, AAS 58 (1966) 827.
(168) Cf Is 50,4.



CAPITOLO TERZO

LA RISPOSTA DELL'UOMO A DIO

142 Con la sua rivelazione, « Dio invisibile nel suo immenso amore parla agli uomini come ad amici e si intrattiene con essi per invitarli ed ammetterli alla comunione con sé ». (169) La risposta adeguata a questo invito è la fede.

143 Con la fede l'uomo sottomette pienamente a Dio la propria intelligenza e la propria volontà. Con tutto il suo essere l'uomo dà il proprio assenso a Dio rivelatore. (170) La Sacra Scrittura chiama « obbedienza della fede » questa risposta dell'uomo a Dio che rivela. (171)

(169) Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Dei Verbum
DV 2, AAS 58 (1966) 818.
(170) Cf Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Dei Verbum DV 5, AAS 58 (1966) 819.
(171) Cf Rm 1,5 Rm 16,26.


ARTICOLO 1

IO CREDO



I. L'obbedienza della fede

144 Obbedire (« ob-audire ») nella fede è sottomettersi liberamente alla parola ascoltata, perché la sua verità è garantita da Dio, il quale è la verità stessa. Il modello di questa obbedienza propostoci dalla Sacra Scrittura è Abramo. La Vergine Maria ne è la realizzazione più perfetta.


Abramo – « padre di tutti i credenti »

145 La lettera agli Ebrei, nel solenne elogio della fede degli antenati, insiste particolarmente sulla fede di Abramo: « Per fede Abramo, chiamato da Dio, obbedì partendo per un luogo che doveva ricevere in eredità, e partì senza sapere dove andava » (He 11,8). (172) Per fede soggiornò come straniero e pellegrino nella Terra promessa. (173) Per fede Sara ricevette la possibilità di concepire il figlio della Promessa. Per fede, infine, Abramo offrì in sacrificio il suo unico figlio. (174)

(172) Cf Gn 12,1-4.
(173) Cf Gn 23,4.
(174) Cf He 11,17.

146 Abramo realizza così la definizione della fede data dalla lettera agli Ebrei: « La fede è fondamento delle cose che si sperano e prova di quelle che non si vedono » (He 11,1). « Abramo ebbe fede in Dio e ciò gli fu accreditato come giustizia » (Rm 4,3). (175) « Forte in [questa] fede » (Rm 4,20), Abramo è diventato « padre di tutti quelli che credono » (Rm 4,11 Rm 4,18). (176)

(175) Cf Gn 15,6.
(176) Cf Gn 15,5.

147 Di questa fede, l'Antico Testamento è ricco di testimonianze. La lettera agli Ebrei fa l'elogio della fede esemplare degli antichi che « ricevettero » per essa « una buona testimonianza » (He 11,2 He 11,39). Tuttavia « Dio aveva in vista qualcosa di meglio per noi »: la grazia di credere nel suo Figlio Gesù, « autore e perfezionatore della fede » (He 11,40 He 12,2).


Maria - «Beata colei che ha creduto»

148 La Vergine Maria realizza nel modo più perfetto l'obbedienza della fede. Nella fede, Maria accolse l'annunzio e la promessa a lei portati dall'angelo Gabriele, credendo che « nulla è impossibile a Dio » (Lc 1,37), (177) e dando il proprio consenso: « Sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto » (Lc 1,38). Elisabetta la salutò così: « Beata colei che ha creduto nell'adempimento delle parole del Signore » (Lc 1,45). Per questa fede tutte le generazioni la chiameranno beata. (178)

(177) Cf Gn 18,14.
(178) Cf Lc 1,48.

149 Durante tutta la sua vita, e fino all'ultima prova, (179) quando Gesù, suo Figlio, morì sulla croce, la sua fede non ha mai vacillato. Maria non ha cessato di credere « nell'adempimento » della parola di Dio. Ecco perché la Chiesa venera in Maria la più pura realizzazione della fede.

(179) Cf
Lc 2,35.


II. «So a chi ho creduto» (@2TM 1,12@)


Credere in un solo Dio

150 La fede è innanzi tutto una adesione personale dell'uomo a Dio; al tempo stesso ed inseparabilmente, è l'assenso libero a tutta la verità che Dio ha rivelato. In quanto adesione personale a Dio e assenso alla verità da lui rivelata, la fede cristiana differisce dalla fede in una persona umana. È bene e giusto affidarsi completamente a Dio e credere assolutamente a ciò che egli dice. Sarebbe vano e fallace riporre una simile fede in una creatura. (180)

(180) Cf
Jr 17,5-6 Ps 40,5 Ps 146,3-4.


Credere in Gesù Cristo, Figlio di Dio

151 Per il cristiano, credere in Dio è inseparabilmente credere in colui che egli ha mandato, il suo Figlio prediletto nel quale si è compiaciuto; (181) Dio ci ha detto di ascoltarlo. (182) Il Signore stesso dice ai suoi discepoli: « Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me » (Jn 14,1). Possiamo credere in Gesù Cristo perché egli stesso è Dio, il Verbo fatto carne: « Dio nessuno l'ha mai visto: proprio il Figlio unigenito, che è nel seno del Padre, lui lo ha rivelato » (Jn 1,18). Poiché egli « ha visto il Padre » (Jn 6,46), è il solo a conoscerlo e a poterlo rivelare. (183)

(181) Cf Mc 1,11.
(182) Cf Mc 9,7.
(183) Cf Mt 11,27.


Credere nello Spirito Santo

152 Non si può credere in Gesù Cristo se non si ha parte al suo Spirito. È lo Spirito Santo che rivela agli uomini chi è Gesù. Infatti « nessuno può dire: "Gesù è Signore" se non sotto l'azione dello Spirito Santo » (1Co 12,3). « Lo Spirito scruta ogni cosa, anche le profondità di Dio. [...] Nessuno ha mai potuto conoscere i segreti di Dio se non lo Spirito di Dio » (1Co 2,10-11). Dio solo conosce pienamente Dio. Noi crediamo nello Spirito Santo perché è Dio.
La Chiesa non cessa di confessare la sua fede

in un solo Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo.




III. Le caratteristiche della fede


La fede è una grazia

153 Quando san Pietro confessa che Gesù è il Cristo, il Figlio del Dio vivente, Gesù gli dice: « Né la carne né il sangue te l'hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei cieli » (Mt 16,17). (184) La fede è un dono di Dio, una virtù soprannaturale da lui infusa. « Perché si possa prestare questa fede, è necessaria la grazia di Dio che previene e soccorre, e gli aiuti interiori dello Spirito Santo, il quale muova il cuore e lo rivolga a Dio, apra gli occhi della mente, e dia "a tutti dolcezza nel consentire e nel credere alla verità" ». (185)

(184) Cf Ga 1,15-16 Mt 11,25.
(185) Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Dei Verbum DV 5, AAS 58 (1966) 819.


La fede è un atto umano

154 È impossibile credere senza la grazia e gli aiuti interiori dello Spirito Santo. Non è però meno vero che credere è un atto autenticamente umano. Non è contrario né alla libertà né all'intelligenza dell'uomo far credito a Dio e aderire alle verità da lui rivelate. Anche nelle relazioni umane non è contrario alla nostra dignità credere a ciò che altre persone ci dicono di sé e delle loro intenzioni, e far credito alle loro promesse (come, per esempio, quando un uomo e una donna si sposano), per entrare così in reciproca comunione. Conseguentemente, ancor meno è contrario alla nostra dignità « prestare, con la fede, la piena sottomissione della nostra intelligenza e della nostra volontà a Dio quando si rivela » (186) ed entrare in tal modo in intima comunione con lui.

(186) Concilio Vaticano I, Cost. dogm. Dei Filius, c. 3:
DS 3008.

155 Nella fede, l'intelligenza e la volontà umane cooperano con la grazia divina: « Credere est actus intellectus assentientis veritati divinae ex imperio voluntatis a Deo motae per gratiam – Credere è un atto dell'intelletto che, sotto la spinta della volontà mossa da Dio per mezzo della grazia, dà il proprio consenso alla verità divina ». (187)

(187) San Tommaso d'Aquino, Summa theologiae,
II-II 2,9, c: Ed. Leon. 8, 37; cf Concilio Vaticano I, Cost. dogm. Dei Filius, c. 3: DS 3010.

La fede e l'intelligenza

156 Il motivo di credere non consiste nel fatto che le verità rivelate appaiano come vere e intelligibili alla luce della nostra ragione naturale. Noi crediamo « per l'autorità di Dio stesso che le rivela, il quale non può né ingannarsi né ingannare ». (188) « Nondimeno, perché l'ossequio della nostra fede fosse "conforme alla ragione", Dio ha voluto che agli interiori aiuti dello Spirito Santo si accompagnassero anche prove esteriori della sua rivelazione ». (189) Così i miracoli di Cristo e dei santi, (190) le profezie, la diffusione e la santità della Chiesa, la sua fecondità e la sua stabilità « sono segni certissimi della divina rivelazione, adatti ad ogni intelligenza », (191) sono motivi di credibilità i quali mostrano che l'assenso della fede non è « affatto un cieco moto dello spirito ». (192)

(188) Concilio Vaticano I, Cost. dogm. Dei Filius, c. 3:
DS 3008.
(189) Concilio Vaticano I, Cost. dogm. Dei Filius, c. 3: DS 3009.
(190) Cf Mc 16,20 He 2,4.
(191) Concilio Vaticano I, Cost. dogm. Dei Filius, c. 3: DS 3009.
(192) Concilio Vaticano I, Cost. dogm. Dei Filius, c. 3: DS 3010.

157 La fede è certa, più certa di ogni conoscenza umana, perché si fonda sulla Parola stessa di Dio, il quale non può mentire. Indubbiamente, le verità rivelate possono sembrare oscure alla ragione e all'esperienza umana, ma « la certezza data dalla luce divina è più grande di quella offerta dalla luce della ragione naturale ». (193) « Diecimila difficoltà non fanno un solo dubbio ». (194)

(193) San Tommaso d'Aquino, Summa theologiae,
II-II 171,5, ad 3: Ed. Leon. 10, 373.
(194) John Henry Newman, Apologia pro vita sua, c. 5, ed. M.J. Svaglic (Oxford 1967) p. 210.

158 « La fede cerca di comprendere »: (195) è caratteristico della fede che il credente desideri conoscere meglio colui nel quale ha posto la sua fede, e comprendere meglio ciò che egli ha rivelato; una conoscenza più penetrante richiederà a sua volta una fede più grande, sempre più ardente d'amore. La grazia della fede apre « gli occhi della mente » (Ep 1,18) per una intelligenza viva dei contenuti della Rivelazione, cioè dell'insieme del disegno di Dio e dei misteri della fede, dell'intima connessione che li lega tra loro e con Cristo, centro del mistero rivelato. Ora, « affinché l'intelligenza della Rivelazione diventi sempre più profonda, lo [...] Spirito Santo perfeziona continuamente la fede per mezzo dei suoi doni ». (196) Così, secondo il detto di sant'Agostino: « Credi per comprendere: comprendi per credere ». (197)

(195) Sant'Anselmo d'Aosta, Proslogion, Prooemium: Opera omnia, ed. F.S. Schmitt, v. 1 (Edimburgo 1946) p. 94.
(196) Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Dei Verbum DV 5, AAS 58 (1966) 819.
(197) Sant'Agostino, Sermo 43, 7, 9: CCL 41, 512 (PL 38, 258).

159 Fede e scienza. « Anche se la fede è sopra la ragione, non vi potrà mai essere vera divergenza tra fede e ragione: poiché lo stesso Dio che rivela i misteri e comunica la fede, ha anche deposto nello spirito umano il lume della ragione, questo Dio non potrebbe negare se stesso, né il vero contraddire il vero ». (198)

« Perciò la ricerca metodica di ogni disciplina, se procede in maniera veramente scientifica e secondo le norme morali, non sarà mai in reale contrasto con la fede, perché le realtà profane e le realtà della fede hanno origine dal medesimo Dio. Anzi, chi si sforza con umiltà e perseveranza di scandagliare i segreti della realtà, anche senza che egli se ne avveda, viene come condotto dalla mano di Dio, il quale, mantenendo in esistenza tutte le cose, fa che siano quello che sono ». (199)

(198) Concilio Vaticano I, Cost. dogm. Dei Filius, c. 4:
DS 3017.
(199) Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes GS 36, AAS 58 (1966) 1054.


La libertà della fede

160 Perché la risposta di fede sia umana, « è elemento fondamentale [...] che gli uomini devono volontariamente rispondere a Dio credendo; che perciò nessuno può essere costretto ad abbracciare la fede contro la sua volontà. Infatti l'atto di fede è volontario per sua stessa natura». (200) « Dio chiama certo gli uomini a servirlo in spirito e verità, per cui essi sono vincolati in coscienza, ma non coartati. [...] Ciò è apparso in sommo grado in Cristo Gesù ». (201) Infatti, Cristo ha invitato alla fede e alla conversione, ma a ciò non ha affatto costretto. « Ha reso testimonianza alla verità, ma non ha voluto imporla con la forza a coloro che la respingevano. Il suo regno [...] cresce in virtù dell'amore, con il quale Cristo, esaltato in croce, trae a sé gli uomini ». (202)

(200) Concilio Vaticano II, Dich. Dignitatis humanae
DH 10, AAS 58 (1966) 936; cf CIC canone CIC 748 § 2.
(201) Concilio Vaticano II, Dich. Dignitatis humanae DH 11, AAS 58 (1966) 936.
(202) Concilio Vaticano II, Dich. Dignitatis humanae DH 11, AAS 58 (1966) 937.


La necessità della fede

161 Credere in Gesù Cristo e in colui che l'ha mandato per la nostra salvezza, è necessario per essere salvati. (203) « Poiché "senza la fede è impossibile essere graditi a Dio" (He 11,6) e condividere la condizione di suoi figli, nessuno può essere mai giustificato senza di essa e nessuno conseguirà la vita eterna se non "persevererà in essa sino alla fine" (Mt 10,22 Mt 24,13) ». (204)

(203) Cf Mc 16,16 Jn 3,36 Jn 6,40 e altrove.
(204) Concilio Vaticano I, Cost. dogm. Dei Filius, c. 3: DS 3012 cf Concilio di Trento, Sess. 6a, Decretum de iustificatione, c. 8: DS 1532.


La perseveranza nella fede

162 La fede è un dono che Dio fa all'uomo gratuitamente. Noi possiamo perdere questo dono inestimabile. San Paolo, a questo proposito, mette in guardia Timoteo: Combatti « la buona battaglia con fede e buona coscienza, poiché alcuni che l'hanno ripudiata hanno fatto naufragio nella fede » (1Tm 1,18-19). Per vivere, crescere e perseverare nella fede sino alla fine, dobbiamo nutrirla con la Parola di Dio; dobbiamo chiedere al Signore di accrescerla; (205) essa deve operare «per mezzo della carità» (Ga 5,6), (206) essere sostenuta dalla speranza (207) ed essere radicata nella fede della Chiesa.

(205) Cf Mc 9,24 Lc 17,5 Lc 22,32.
(206) Cf Jc 2,14-26.
(207) Cf Rm 15,13.


La fede - inizio della vita eterna

163 La fede ci fa gustare come in anticipo la gioia e la luce della visione beatifica, fine del nostro pellegrinare quaggiù. Allora vedremo Dio « a faccia a faccia » (1Co 13,12), « così come egli è » (1Jn 3,2). La fede, quindi, è già l'inizio della vita eterna:

« Fin d'ora contempliamo come in uno specchio, quasi fossero già presenti, le realtà meravigliose che le promesse ci riservano e che, per la fede, attendiamo di godere ». (208)

(208) San Basilio Magno, Liber de Spiritu Sancto, 15, 36: SC 17bis, 370 (PG 32,132); cf San Tommaso d'Aquino, Summa theologiae, II-II 4,1, c: Ed. Leon. 8, 44.

164 Ora, però, « camminiamo nella fede e non ancora in visione » (2Co 5,7), e conosciamo Dio « come in uno specchio, in maniera confusa..., in modo imperfetto » (1Co 13,12). La fede, luminosa a motivo di colui nel quale crede, sovente è vissuta nell'oscurità. La fede può essere messa alla prova. Il mondo nel quale viviamo pare spesso molto lontano da ciò di cui la fede ci dà la certezza; le esperienze del male e della sofferenza, delle ingiustizie e della morte sembrano contraddire la Buona Novella, possono far vacillare la fede e diventare per essa una tentazione.

165 Allora dobbiamo volgerci verso i testimoni della fede: Abramo, che credette, « sperando contro ogni speranza » (Rm 4,18); la Vergine Maria che, nel « cammino della fede », (209) è giunta fino alla « notte della fede » (210) partecipando alla sofferenza del suo Figlio e alla notte della sua tomba; (211) e molti altri testimoni della fede: « Circondati da un così gran numero di testimoni, deposto tutto ciò che è di peso e il peccato che ci assedia, corriamo con perseveranza nella corsa che ci sta davanti, tenendo fisso lo sguardo su Gesù, autore e perfezionatore della fede » (He 12,1-2.

(209) Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium LG 58, AAS 57 (1965) 61.
(210) Giovanni Paolo II, Lett. enc. Redemptoris Mater RMA 17, AAS 79 (1987) 381.
(211) Cf Giovanni Paolo II, Lett. enc. Redemptoris Mater RMA 18, AAS 79 (1987) 382-383.



ARTICOLO 2

NOI CREDIAMO

166 La fede è un atto personale: è la libera risposta dell'uomo all'iniziativa di Dio che si rivela. La fede però non è un atto isolato. Nessuno può credere da solo, così come nessuno può vivere da solo. Nessuno si è dato la fede da se stesso, così come nessuno da se stesso si è dato l'esistenza. Il credente ha ricevuto la fede da altri e ad altri la deve trasmettere. Il nostro amore per Gesù e per gli uomini ci spinge a parlare ad altri della nostra fede. In tal modo ogni credente è come un anello nella grande catena dei credenti. Io non posso credere senza essere sorretto dalla fede degli altri, e, con la mia fede, contribuisco a sostenere la fede degli altri.

167 « Io credo »: (212) è la fede della Chiesa professata personalmente da ogni credente, soprattutto al momento del Battesimo. « Noi crediamo »: (213) è la fede della Chiesa confessata dai Vescovi riuniti in Concilio, o, più generalmente, dall'assemblea liturgica dei credenti. « Io credo »: è anche la Chiesa, nostra Madre, che risponde a Dio con la sua fede e che ci insegna a dire: « Io credo », « Noi crediamo ».

(212) Simbolo degli Apostoli:
DS 30.
(213) Simbolo niceno-costantinopolitano: DS 150.


I. «Guarda, Signore, alla fede della tua Chiesa»

168 È innanzi tutto la Chiesa che crede, e che così regge, nutre e sostiene la mia fede. È innanzi tutto la Chiesa che, ovunque, confessa il Signore, (« Te per orbem terrarum sancta confitetur Ecclesia La santa Chiesa proclama la tua gloria su tutta la terra », cantiamo nel « Te Deum ») e con essa e in essa anche noi siamo trascinati e condotti a confessare: « Io credo », « Noi crediamo ». Dalla Chiesa riceviamo la fede e la vita nuova in Cristo mediante il Battesimo. Nel « Rituale Romano » il ministro del Battesimo domanda al catecumeno: « Che cosa chiedi alla Chiesa di Dio? ». E la risposta è: « La fede » – « Che cosa ti dona la fede? » – « La vita eterna ». (214)

(214) Rito dell'iniziazione cristiana degli adulti, 75 (Libreria Editrice Vaticana, 1989) p. 58; Ibid., 247, p. 144.

169 La salvezza viene solo da Dio; ma, poiché riceviamo la vita della fede attraverso la Chiesa, questa è nostra Madre: « Noi crediamo la Chiesa come Madre della nostra nuova nascita, e non nella Chiesa come se essa fosse l'autrice della nostra salvezza ». (215) Essendo nostra Madre, la Chiesa è anche l'educatrice della nostra fede.

(215) Fausto di Riez, De Spiritu Sancto 1, 2: CSEL 21, 104 (1, 1: PL 62, 11).


II. Il linguaggio della fede

170 Noi non crediamo in alcune formule, ma nelle realtà che esse esprimono e che la fede ci permette di « toccare ». « L'atto [di fede] del credente non si ferma all'enunciato, ma raggiunge la realtà [enunciata] ». (216) Tuttavia, noi accostiamo queste realtà con l'aiuto delle formulazioni della fede. Esse ci permettono di esprimere e di trasmettere la fede, di celebrarla in comunità, di assimilarla e di viverla sempre piùintensamente.

(216) San Tommaso d'Aquino, Summa theologiae,
II-II 1,2, ad 2: Ed. Leon. 8, 11.

171 La Chiesa, che è « colonna e sostegno della verità » (1Tm 3,15), conserva fedelmente la fede, che fu trasmessa ai credenti una volta per tutte. (217) È la Chiesa che custodisce la memoria delle parole di Cristo e trasmette di generazione in generazione la confessione di fede degli Apostoli. Come una madre che insegna ai suoi figli a parlare, e quindi a comprendere e a comunicare, la Chiesa nostra Madre ci insegna il linguaggio della fede per introdurci nell'intelligenza della fede e nella vita.

(217) Cf Jud 1,3.


III. Una sola fede

172 Da secoli, attraverso molte lingue, culture, popoli e nazioni, la Chiesa non cessa di confessare la sua unica fede, ricevuta da un solo Signore, trasmessa mediante un solo Battesimo, radicata nella convinzione che tutti gli uomini non hanno che un solo Dio e Padre. (218) Sant'Ireneo di Lione, testimone di questa fede, dichiara:

(218) Cf
Ep 4,4-6.

173 « In realtà, la Chiesa, sebbene diffusa in tutto il mondo fino alle estremità della terra, avendo ricevuto dagli Apostoli e dai loro discepoli la fede [...], conserva questa predicazione e questa fede con cura e, come se abitasse un'unica casa, vi crede in uno stesso identico modo, come se avesse una sola anima ed un cuore solo, e predica le verità della fede, le insegna e le trasmette con voce unanime, come se avesse una sola bocca ». (219)

(219) Sant'Ireneo di Lione, Adversus haereses, 1, 10, 1-2: SC 264,154-158.

174 « Infatti, se le lingue nel mondo sono varie, il contenuto della Tradizione è però unico e identico. E non hanno altra fede o altra Tradizione né le Chiese che sono in Germania, né quelle che sono in Spagna, né quelle che sono presso i Celti (in Gallia), né quelle dell'Oriente, dell'Egitto, della Libia, né quelle che sono al centro del mondo ». (220) « Il messaggio della Chiesa è dunque veridico e solido, poiché essa addita a tutto il mondo una sola via di salvezza ». (221)

(220) Sant'Ireneo di Lione, Adversus haereses, 1, 10, 2: SC 264,158-160.
(221) Sant'Ireneo di Lione, Adversus haereses, 5, 20, 1: SC 153,254-256.

175 « Conserviamo con cura questa fede che abbiamo ricevuto dalla Chiesa, perché, sotto l'azione dello Spirito di Dio, essa, come un deposito di grande valore, chiuso in un vaso prezioso, continuamente ringiovanisce e fa ringiovanire anche il vaso che la contiene ». (222)

(222) Sant'Ireneo di Lione, Adversus haereses, 3, 24, 1: SC 211,472.


In sintesi

176 La fede è un'adesione personale di tutto l'uomo a Dio che si rivela. Comporta un'adesione dell'intelligenza e della volontà alla Rivelazione che Dio ha fatto di sé attraverso le sue opere e le sue parole.

177 « Credere » ha perciò un duplice riferimento: alla persona e alla verità; alla verità per la fiducia che si accorda alla persona che l'afferma.

178 Non dobbiamo credere in nessun altro se non in Dio, il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo.

179 La fede è un dono soprannaturale di Dio. Per credere, l'uomo ha bisogno degli aiuti interiori dello Spirito Santo.

180 « Credere » è un atto umano, cosciente e libero, che ben s'accorda con la dignità della persona umana.

181 « Credere » è un atto ecclesiale. La fede della Chiesa precede, genera, sostiene e nutre la nostra fede. La Chiesa è la Madre di tutti i credenti. « Nessuno può avere Dio per Padre, se non ha la Chiesa per Madre ». (223)

(223) San Cipriano di Cartagine, De Ecclesiae catholicae unitate, 6: CCL 3, 253 (PL 4, 519).

182 « Noi crediamo tutto ciò che è contenuto nella Parola di Dio, scritta o tramandata, e che è proposto dalla Chiesa come divinamente rivelato ». (224)

(224) Paolo VI, Credo del popolo di Dio, 20: AAS 60 (1968) 441.

183 La fede è necessaria alla salvezza. Il Signore stesso lo afferma: « Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, ma chi non crederà sarà condannato » (Mc 16,16).

184 «La fede [...] è una pregustazione della conoscenza che ci renderà beati nella vita futura». (225)

(225) San Tommaso d'Aquino, Compendium theologiae
OTT 1,2, Ed. Leon. 42, 83).



Catechismo Chiesa Catt. 121