Catechismo Chiesa Catt. 184

Il Credo



Simbolo degli Apostoli (226) - Credo niceno-costantinopolitano (227)

(226) DS 30.
(227) DS 150.


Io credo in Dio, Padre onnipotente, Creatore del cielo e della terra. Credo in un solo Dio, Padre onnipotente,
Creatore del cielo e della terra,
di tutte le cose visibili e invisibili.

E in Gesù Cristo, suo unico Figlio,nostro Signore, Credo in un solo Signore, Gesù Cristo,
Unigenito Figlio di Dio,
nato dal Padre prima di tutti i secoli:
Dio da Dio, Luce da Luce,
Dio vero da Dio vero,
generato, non creato,
della sostanta del Padre;
per mezzo di Lui tutte le cose
sono state create.
Per noi uomini e per la nostra salvezza
discese dal cielo,

il quale fu concepito di Spirito Santo,
nacque da Maria Vergine, e per opera dello Spirito Santo
si è incarnato nel seno della Vergine Maria
e si è fatto uomo.

patì sotto Ponzio Pilato,
fu crocifisso, morì e fu sepolto;
discese agli inferi; Fu crocifisso per noi sotto Ponzio Pilato
morì e fu sepolto.

il terzo giorno risuscitò da morte;
salì al cielo,
siede alla destra di Dio Padre onnipotente:
di là verrà a giudicare i vivi e i morti. Il terzo giorno è risuscitato,
secondo le Scritture,
è salito al cielo, siede alla destra del Padre.
E di nuovo verrà, nella gloria
per giudicare i vivi e i morti
e il suo regno non avrà fine.

Credo nello Spirito Santo, Credo nello Spirito Santo,
che è Signore e dà la vita,
e procede dal Padre e dal Figlio.
Con il Padre e il Figlio
è adorato e glorificato,
e ha parlato per mezzo dei profeti.

la santa Chiesa cattolica,
la comunione dei santi, Credo la Chiesa,
una santa cattolica e apostolica.

la remissione dei peccati,
la risurrezione della carne,
la vita eterna.

Amen Professo un solo Battesimo
per il perdono dei peccati.
Aspetto la risurrezione dei morti
e la vita del mondo che verrà.

Amen




SEZIONE SECONDA:

LA PROFESSIONE DELLA FEDE CRISTIANA


I SIMBOLI DELLA FEDE

185 Chi dice: « Io credo », dice: « Io aderisco a ciò che noi crediamo ». La comunione nella fede richiede un linguaggio comune della fede, normativo per tutti e che unisca nella medesima confessione di fede.

186 Fin dalle origini, la Chiesa apostolica ha espresso e trasmesso la propria fede in formule brevi e normative per tutti. (228) Ma molto presto la Chiesa ha anche voluto riunire l'essenziale della sua fede in compendi organici e articolati, destinati in particolare ai candidati al Battesimo.

« Il simbolo della fede non fu composto secondo opinioni umane, ma consiste nella raccolta dei punti salienti, scelti da tutta la Scrittura, così da dare una dottrina completa della fede. E come il seme della senape racchiude in un granellino molti rami, così questo compendio della fede racchiude tutta la conoscenza della vera pietà contenuta nell'Antico e nel Nuovo Testamento ». (229)

(228) Cf
Rm 10,9 1Co 15,3-5.
(229) San Cirillo di Gerusalemme, Catecheses illuminandorum, 5, 12: Opera, v. 1, ed. G.C. Reischl (Monaco 1848) p. 150 (PG 33,521-524).

187 Tali sintesi della fede vengono chiamate « professioni di fede », perché riassumono la fede professata dai cristiani. Vengono chiamate « Credo » a motivo di quella che normalmente ne è la prima parola: « Io credo ». Sono anche dette « Simboli della fede ».

188 La parola greca “symbolon” indicava la metà di un oggetto spezzato (per esempio un sigillo) che veniva presentato come un segno di riconoscimento. Le parti rotte venivano ricomposte per verificare l'identità di chi le portava. Il « Simbolo della fede » è quindi un segno di riconoscimento e di comunione tra i credenti. “Symbolon” passò poi a significare raccolta, collezione o sommario. Il « Simbolo della fede » è la raccolta delle principali verità della fede. Da qui deriva il fatto che esso costituisce il primo e fondamentale punto di riferimento della catechesi.

189 La prima « professione di fede » si fa al momento del Battesimo. Il « Simbolo della fede » è innanzi tutto il Simbolo battesimale. Poiché il Battesimo viene dato « nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo » (Mt 28,19), le verità di fede professate al momento del Battesimo sono articolate in base al loro riferimento alle tre Persone della Santa Trinità.

190 Il Simbolo è quindi diviso in tre parti: « La prima è consacrata allo studio di Dio Padre e dell'opera mirabile della creazione; la seconda allo studio di Gesù Cristo e del mistero della redenzione; la terza allo studio dello Spirito Santo, principio e sorgente della nostra santificazione ». (230) Sono questi « i tre capitoli del nostro sigillo [battesimale] ». (231)

(230) Catechismo Romano, 1, 1, 4: ed. P. Rodríguez (Città del Vaticano-Pamplona 1989) p. 20.
(231) Sant'Ireneo di Lione, Demonstratio apostolicae praedicationis, 100: SC 62,170.

191 « Queste tre parti sono distinte, sebbene legate tra loro. In base a un paragone spesso usato dai Padri, noi li chiamiamo articoli. Infatti, come nelle nostre membra ci sono certe articolazioni che le distinguono e le separano, così, in questa professione di fede, giustamente e a buon diritto si è data la denominazione di articoli alle verità che dobbiamo credere in particolare e in maniera distinta». (232) Secondo un'antica tradizione, attestata già da sant'Ambrogio, si è anche soliti contare dodici articoli del Credo, simboleggiando con il numero degli Apostoli l'insieme della fede apostolica. (233)

(232) Catechismo Romano, 1, 1, 4: ed. P. Rodríguez (Città del Vaticano-Pamplona 1989) p. 20.
(233) Cf Sant'Ambrogio, Explanatio Symboli, 8: CSEL 73, 10-11 (PL 17, 1196).

192 Nel corso dei secoli si sono avute numerose professioni o simboli della fede, in risposta ai bisogni delle diverse epoche: i Simboli delle varie Chiese apostoliche e antiche, (234) il Simbolo « Quicumque », detto di sant'Atanasio, (235) le professioni di fede di certi Concili (di Toledo; (236) Lateranense; (237) di Lione; (238) di Trento (239)), o di alcuni Sommi Pontefici, come: la « fides Damasi » (240) o « Il Credo del popolo di Dio » di Paolo VI (1968). (241)

(234) Cf Symbola fidei ab Ecclesia antiqua recepta:
DS 1-64.
(235) Cf DS 75-76.
(236) Concilio di Toledo XI: DS 525-541.
(237) Concilio Lateranense IV: DS 800-802.
(238) Concilio di Lione II: DS 851-861.
(239) Professione di fede tridentina: DS 1862-1870).
(240) Cf DS 71-72.
(241) Credo del popolo di Dio: AAS 60 (1968) 433-445.

193 Nessuno dei Simboli delle diverse tappe della vita della Chiesa può essere considerato sorpassato ed inutile. Essi ci aiutano a vivere e ad approfondire oggi la fede di sempre attraverso i vari compendi che ne sono stati fatti. Fra tutti i Simboli della fede, due occupano un posto specialissimo nella vita della Chiesa:

194 Il Simbolo degli Apostoli, così chiamato perché a buon diritto è ritenuto il riassunto fedele della fede degli Apostoli. È l'antico Simbolo battesimale della Chiesa di Roma. La sua grande autorità gli deriva da questo fatto: « È il Simbolo accolto dalla Chiesa di Roma, dove ebbe la sua sede Pietro, il primo tra gli Apostoli, e dove egli portò l'espressione della fede comune ». (242)

(242) Sant'Ambrogio, Explanatio Symboli, 7: CSEL 73, 10 (PL 17, 1196).

195 Il Simbolo detto niceno-costantinopolitano, il quale trae la sua grande autorità dal fatto di essere frutto dei primi due Concili Ecumenici (325 e 381). È tuttora comune a tutte le grandi Chiese dell'Oriente e dell'Occidente.

196 La nostra esposizione della fede seguirà il Simbolo degli Apostoli, che rappresenta, per così dire, « il più antico catechismo romano ». L'esposizione però sarà completata con costanti riferimenti al Simbolo niceno-costantinopolitano, in molti punti più esplicito e più dettagliato.

197 Come al giorno del nostro Battesimo, quando tutta la nostra vita è stata affidata « a quella forma di insegnamento » (Rm 6,17), accogliamo il Simbolo della nostra fede, la quale dà la vita. Recitare con fede il Credo significa entrare in comunione con Dio, il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, ed anche con tutta la Chiesa che ci trasmette la fede e nel seno della quale noi crediamo:

« Questo Simbolo è un sigillo spirituale, è la meditazione del nostro cuore e ne è come una difesa sempre presente: senza dubbio è il tesoro che custodiamo nel nostro animo». (243)

(243) Sant'Ambrogio, Explanatio Symboli, 1: CSEL 73, 3 (PL 17, 1193).



CAPITOLO PRIMO

IO CREDO IN DIO PADRE

198 La nostra professione di fede incomincia con Dio, perché Dio è « il primo e l'ultimo » (Is 44,6), il principio e la fine di tutto. Il Credo incomincia con Dio Padre, perché il Padre è la prima Persona divina della Santissima Trinità. Il nostro Simbolo incomincia con la creazione del cielo e della terra, perché la creazione è l'inizio e il fondamento di tutte le opere di Dio.


ARTICOLO 1

«IO CREDO IN DIO, PADRE ONNIPOTENTE,

CREATORE DEL CIELO E DELLA TERRA»



Paragrafo 1. IO CREDO IN DIO

199 « Io credo in Dio »: questa prima affermazione della professione di fede è anche la più importante, quella fondamentale. Tutto il Simbolo parla di Dio, e, se parla anche dell'uomo e del mondo, lo fa in rapporto a Dio. Gli articoli del Credo dipendono tutti dal primo, così come i comandamenti sono l'esplicitazione del primo. Gli altri articoli ci fanno meglio conoscere Dio, quale si è rivelato progressivamente agli uomini. « Giustamente quindi i cristiani affermano per prima cosa di credere in Dio ». (244)

(244) Catechismo Romano, 1, 2, 6: ed. P. Rodríguez (Città del Vaticano-Pamplona 1989) p. 23.



I. «Credo in un solo Dio»

200 Con queste parole incomincia il Simbolo niceno-costantinopolitano. La confessione dell'unicità di Dio, che ha la sua radice nella rivelazione divina dell'Antica Alleanza, è inseparabile da quella dell'esistenza di Dio ed è altrettanto fondamentale. Dio è uno: non c'è che un solo Dio: « La fede cristiana crede e professa un solo Dio, uno per natura, per sostanza e per essenza ». (245)

(245) Catechismo Romano, 1, 2, 8: ed. P. Rodríguez (Città del Vaticano-Pamplona 1989) p. 26.

201 A Israele, suo eletto, Dio si è rivelato come l'Unico: « Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, il Signore è uno solo. Tu amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutte le forze » (Dt 6,4-5). Per mezzo dei profeti, Dio invita Israele e tutte le nazioni a volgersi a lui, l'Unico: « Volgetevi a me e sarete salvi, paesi tutti della terra, perché io sono Dio; non ce n'è altri... davanti a me si piegherà ogni ginocchio, per me giurerà ogni lingua. Si dirà: "Solo nel Signore si trovano vittoria e potenza" » (Is 45,22-24). (246)

(246) Cf Ph 2,10-11.

202 Gesù stesso conferma che Dio è « l'unico Signore » e che lo si deve amare con tutto il cuore, con tutta l'anima, con tutta la mente, con tutte le forze. (247) Nello stesso tempo lascia capire che egli pure è « il Signore ». (248) Confessare che « Gesù è Signore » è lo specifico della fede cristiana. Ciò non contrasta con la fede nel Dio Uno. Credere nello Spirito Santo « che è Signore e dà la vita » non introduce alcuna divisione nel Dio Uno:

« Crediamo fermamente e confessiamo apertamente che uno solo è il vero Dio, eterno e immenso, onnipotente, immutabile, incomprensibile e ineffabile, Padre, Figlio e Spirito Santo: tre Persone, ma una sola essenza, sostanza, cioè natura assolutamente semplice ». (249)

(247) Cf
Mc 12,29-30.
(248) Cf Mc 12,35-37.
(249) Concilio Lateranense IV, Cap. 1, De fide catholica: DS 800.


II. Dio rivela il suo nome

203 Dio si è rivelato a Israele, suo popolo, facendogli conoscere il suo nome. Il nome esprime l'essenza, l'identità della persona e il senso della sua vita. Dio ha un nome. Non è una forza anonima. Svelare il proprio nome è farsi conoscere agli altri; in qualche modo è consegnare se stesso rendendosi accessibile, capace d'essere conosciuto più intimamente e di essere chiamato personalmente.

204 Dio si è rivelato al suo popolo progressivamente e sotto diversi nomi; ma la rivelazione del nome divino fatta a Mosè nella teofania del roveto ardente, alle soglie dell'Esodo e dell'Alleanza del Sinai, si è mostrata come la rivelazione fondamentale per l'Antica e la Nuova Alleanza.


Il Dio vivente

205 Dio chiama Mosè dal mezzo di un roveto che brucia senza consumarsi, e gli dice: « Io sono il Dio di tuo padre, il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe » (Ex 3,6). Dio è il Dio dei padri, colui che aveva chiamato e guidato i patriarchi nelle loro peregrinazioni. È il Dio fedele e compassionevole che si ricorda di loro e delle sue promesse; egli viene per liberare i loro discendenti dalla schiavitù. Egli è il Dio che, al di là dello spazio e del tempo, può questo e lo vuole e che, per questo disegno, metterà in atto la sua onnipotenza.


«Io sono colui che sono»

Mosè disse a Dio: « Ecco, io arrivo dagli Israeliti e dico loro: "Il Dio dei vostri padri mi ha mandato a voi". Ma mi diranno: "Come si chiama?". E io che cosa risponderò loro? ». Dio disse a Mosè: « Io sono colui che sono! ». Poi disse: « Dirai agli Israeliti: "Io-Sono" mi ha mandato a voi. [...] Questo è il mio nome per sempre: questo è il titolo con cui sarò ricordato di generazione in generazione » (Ex 3,13-15).

206 Rivelando il suo nome misterioso di YHWH, « Io sono colui che è » oppure « Io sono colui che sono » o anche « Io sono chi Io sono », Dio dice chi egli è e con quale nome lo si deve chiamare. Questo nome divino è misterioso come Dio è mistero. E ad un tempo un nome rivelato e quasi il rifiuto di un nome; proprio per questo esprime, come meglio non si potrebbe, la realtà di Dio, infinitamente al di sopra di tutto ciò che possiamo comprendere o dire: egli è il « Dio nascosto» (Is 45,15), il suo nome è ineffabile, (250) ed è il Dio che si fa vicino agli uomini.

(250) Cf Jg 13,18.

207 Rivelando il suo nome, Dio rivela al tempo stesso la sua fedeltà che è da sempre e per sempre, valida per il passato (« Io sono il Dio dei tuoi padri », Ex 3,6), come per l'avvenire (« Io sarò con te », Ex 3,12). Dio che rivela il suo nome come « Io Sono » si rivela come il Dio che è sempre là, presente accanto al suo popolo per salvarlo.

208 Di fronte alla presenza affascinante e misteriosa di Dio, l'uomo scopre la propria piccolezza. Davanti al roveto ardente, Mosè si toglie i sandali e si vela il viso (251) al cospetto della santità divina. Davanti alla gloria del Dio tre volte santo, Isaia esclama: « Ohimè! Io sono perduto, perché un uomo dalle labbra impure io sono » (Is 6,5). Davanti ai segni divini che Gesù compie, Pietro esclama: « Signore, allontanati da me che sono un peccatore » (Lc 5,8). Ma poiché Dio è santo, può perdonare all'uomo che davanti a lui si riconosce peccatore: « Non darò sfogo all'ardore della mia ira, [...] perché sono Dio e non uomo, sono il Santo in mezzo a te » (Os 11,9). Anche l'apostolo Giovanni dirà: « Davanti a lui rassicureremo il nostro cuore, qualunque cosa esso ci rimproveri. Dio è più grande del nostro cuore e conosce ogni cosa » (1Jn 3,19-20).

(251) Cf Ex 3,5-6.

209 Il popolo d'Israele non pronuncia il nome di Dio, per rispetto alla sua santità. Nella lettura della Sacra Scrittura il nome rivelato è sostituito con il titolo divino « Signore » (Adonai, in greco “Kyrios”). Con questo titolo si proclamerà la divinità di Gesù: « Gesù è il Signore ».


«Dio di misericordia e di pietà»

210 Dopo il peccato di Israele, che si è allontanato da Dio per adorare il vitello d'oro, (252) Dio ascolta l'intercessione di Mosè ed acconsente a camminare in mezzo ad un popolo infedele, manifestando in tal modo il suo amore. (253) A Mosè che chiede di vedere la sua gloria, Dio risponde: « Farò passare davanti a te tutto il mio splendore e proclamerò il mio nome: Signore [YHWH], davanti a te » (Ex 33,18-19). E il Signore passa davanti a Mosè e proclama: « Il Signore, il Signore [YHWH, YHWH], Dio misericordioso e pietoso, lento all'ira e ricco di grazia e di fedeltà » (Ex 34,6). Mosè allora confessa che il Signore è un Dio che perdona. (254)

(252) Cf Ex 32.
(253) Cf Ex 33,12-17.
(254) Cf Ex 34,9.

211 Il nome divino « Io Sono » o « Egli E' » esprime la fedeltà di Dio il quale, malgrado l'infedeltà degli uomini e il castigo che il loro peccato merita, « conserva il suo favore per mille generazioni » (Ex 34,7). Dio rivela di essere « ricco di misericordia » (Ep 2,4) arrivando a dare il suo Figlio. Gesù, donando la vita per liberarci dal peccato, rivelerà che anch'egli porta il nome divino: « Quando avrete innalzato il Figlio dell'uomo, allora saprete che "Io Sono" » (Jn 8,28).


Dio solo è

212 Lungo i secoli, la fede d'Israele ha potuto sviluppare ed approfondire le ricchezze contenute nella rivelazione del nome divino. Dio è unico, fuori di lui non ci sono dei. (255) Egli trascende il mondo e la storia. È lui che ha fatto il cielo e la terra: « Essi periranno, ma tu rimani, tutti si logorano come veste [...] ma tu resti lo stesso e i tuoi anni non hanno fine » (Ps 102,27-28). In lui « non c'è variazione né ombra di cambiamento » (Jc 1,17). Egli è « colui che è » da sempre e per sempre, e perciò resta sempre fedele a se stesso ed alle sue promesse.

(255) Cf Is 44,6.

213 La rivelazione del nome ineffabile: « Io sono colui che sono » contiene dunque la verità che Dio solo È. In questo senso già la traduzione dei Settanta e, sulla sua scia, la Tradizione della Chiesa hanno inteso il nome divino: Dio è la pienezza dell'Essere e di ogni perfezione, senza origine e senza fine. Mentre tutte le creature hanno ricevuto da lui tutto ciò che sono e che hanno, egli solo è il suo stesso essere ed è da se stesso tutto ciò che è.



III. Dio, «colui che è», è verità e amore

214 Dio, « colui che è », si è rivelato a Israele come colui che è « ricco di grazia e di fedeltà » (Ex 34,6). Questi due termini esprimono in modo sintetico le ricchezze del nome divino. In tutte le sue opere Dio mostra la sua benevolenza, la sua bontà, la sua grazia, il suo amore; ma anche la sua affidabilità, la sua costanza, la sua fedeltà, la sua verità. « Rendo grazie al tuo nome per la tua fedeltà e la tua misericordia » (Ps 138,2). (256) Egli è la verità, perché « Dio è luce e in lui non ci sono tenebre » (1Jn 1,5); egli è « amore », come insegna l'apostolo Giovanni (1Jn 4,8).

(256) Cf Ps 85,11.


Dio è verità

215 « La verità è principio della tua parola, resta per sempre ogni sentenza della tua giustizia » (Ps 119,160). « Ora, Signore, tu sei Dio, e le tue parole sono verità » (2S 7,28); per questo le promesse di Dio si realizzano sempre. (257) Dio è la stessa verità, le sue parole non possono ingannare. Proprio per questo ci si può affidare con piena fiducia alla verità e alla fedeltà della sua parola in ogni cosa. L'origine del peccato e della caduta dell'uomo fu una menzogna del tentatore, che indusse a dubitare della parola di Dio, della sua bontà e della sua fedeltà.

(257) Cf Dt 7,9.

216 La verità di Dio è la sua sapienza che regge tutto l'ordine della creazione e del governo del mondo. (258) Dio che, da solo, ha creato il cielo e la terra, (259) può donare, egli solo, la vera conoscenza di ogni cosa creata nella sua relazione con lui. (260)

(258) Cf
Sg 13,1-9.
(259) Cf Ps 115,15.
(260) Cf Sg 7,17-21.

217 Dio è veritiero anche quando rivela se stesso: « un insegnamento fedele » è « sulla sua bocca » (Ml 2,6). Quando manderà il suo Figlio « nel mondo », sarà « per rendere testimonianza alla verità» (Jn 18,37): « Sappiamo che il Figlio di Dio è venuto e ci ha dato l'intelligenza per conoscere il vero Dio » (1Jn 5,20). (261)

(261) Cf Jn 17,3.

Dio è amore

218 Israele, nel corso della sua storia, ha potuto scoprire che uno solo era il motivo per cui Dio gli si era rivelato e lo aveva scelto fra tutti i popoli perché gli appartenesse: il suo amore gratuito. (262) Ed Israele, per mezzo dei profeti, ha compreso che, ancora per amore, Dio non ha mai cessato di salvarlo (263) e di perdonargli la sua infedeltà e i suoi peccati. (264)

(262) Cf
Dt 4,37 Dt 7,8 Dt 10,15.
(263) Cf Is 43,1-7.
(264) Cf Os 2.

219 L'amore di Dio per Israele è paragonato all'amore di un padre per il proprio figlio. (265) È un amore più forte dell'amore di una madre per i suoi bambini. (266) Dio ama il suo popolo più di quanto uno sposo ami la propria sposa; (267) questo amore vincerà anche le più gravi infedeltà; (268) arriverà fino al dono più prezioso: « Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito » (Jn 3,16).

(265) Cf Os 11,1.
(266) Cf Is 49,14-15.
(267) Cf Is 62,4-5.
(268) Cf Ez 16 Os 11.

220 L'amore di Dio è « eterno » (Is 54,8): « Anche se i monti si spostassero e i colli vacillassero, non si allontanerebbe da te il mio affetto » (Is 54,10). « Ti ho amato di un amore eterno, per questo ti conservo ancora pietà » (Jr 31,3).

221 Ma san Giovanni si spingerà oltre affermando: « Dio è amore » (1Jn 4,8 1Jn 4,16): l'Essere stesso di Dio è amore. Mandando, nella pienezza dei tempi, il suo Figlio unigenito e lo Spirito d'amore, Dio rivela il suo segreto più intimo: (269) è lui stesso eterno scambio d'amore: Padre, Figlio e Spirito Santo, e ci ha destinati ad esserne partecipi.

(269) Cf 1Co 2,7-16 Ep 3,9-12.


IV. Conseguenze della fede in un solo Dio

222 Credere in Dio, l'Unico, ed amarlo con tutto il proprio essere comporta per tutta la nostra vita enormi conseguenze:

223 Conoscere la grandezza e la maestà di Dio: « Ecco, Dio è così grande, che non lo comprendiamo » (Jb 36,26). Proprio per questo Dio deve essere « servito per primo ». (270)

(270) Santa Giovanna d'Arco, Dictum: Procès de condamnation, ed. P. Tisset-Y. Lanhers, v. 1 (Paris 1960) p. 280 et 288.

224 Vivere in rendimento di grazie: se Dio è l'Unico, tutto ciò che siamo e tutto ciò che abbiamo viene da lui: « Che cosa mai possiedi che tu non abbia ricevuto? » (1Co 4,7). « Che cosa renderò al Signore per quanto mi ha dato? » (Ps 116,12).

225 Conoscere l'unità e la vera dignità di tutti gli uomini: tutti sono fatti « a immagine e somiglianza di Dio » (Gn 1,26).

226 Usare rettamente le cose create: la fede nell'unico Dio ci conduce ad usare tutto ciò che non è lui nella misura in cui ci avvicina a lui, e a staccarcene nella misura in cui da lui ci allontana. (271)

« Mio Signore e mio Dio, togli da me quanto mi allontana da te.
Mio Signore e mio Dio, dammi tutto ciò che mi conduce a te.
Mio Signore e mio Dio, toglimi a me e dammi tutto a te ». (272)

(271) Cf
Mt 5,29-30 Mt 16,24 Mt 19,23-24.
(272) San Nicolao di Flüe, Bruder-Klausen-Gebet, in R. Amschwand, Bruder Klaus. Ergänzungsband zum Quellenwerk von R. Durrer (Sarnen 1987) p. 215.

227 Fidarsi di Dio in ogni circostanza, anche nelle avversità. Una preghiera di santa Teresa di Gesù esprime ciò mirabilmente:

« Niente ti turbi niente ti spaventi.
Tutto passa Dio non cambia.
La pazienza ottiene tutto.
Chi ha Dio non manca di nulla.
Dio solo basta ». (273)

(273) Santa Teresa di Gesù, Poesía, 9: Biblioteca Mística Carmelitana, v. 6 (Burgos 1919) p. 90.


In sintesi

228 « Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, il Signore è uno solo... » (Dt 6,4 Mc 12,29). « L'Essere supremo deve necessariamente essere unico, cioè senza eguali. [...] Se Dio non è unico, non è Dio ». (274)

(274) Tertulliano, Adversus Marcionem, 1, 3, 5: CCL 1, 444 (PL 2, 274).

229 La fede in Dio ci conduce a volgerci a lui solo come alla nostra prima origine e al nostro ultimo fine, e a non anteporre o sostituire nulla a lui.

230 Dio, mentre si rivela, rimane un mistero ineffabile: « Se lo comprendessi, non sarebbe Dio ». (275)

(275) Sant'Agostino, Sermo, 52, 6, 16: ed. P. Verbraken: Revue Bénédictine 74 (1964) 27 (PL 38, 360).

231 Il Dio della nostra fede si è rivelato come colui che è; si è fatto conoscere come « ricco di grazia e di misericordia » (Ex 34,6). Il suo Essere stesso è verità e amore.






Paragrafo 2. IL PADRE




I. «Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo»

232 I cristiani vengono battezzati « nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo » (Mt 28,19). Prima rispondono: « Credo » alla triplice domanda con cui ad essi si chiede di confessare la loro fede nel Padre, nel Figlio e nello Spirito: « Fides omnium christianorum in Trinitate consistit – La fede di tutti i cristiani si fonda sulla Trinità ». (276)

(276) San Cesario d'Arles, Expositio vel traditio Symboli (sermo 9): CCL 103, 47.

233 I cristiani sono battezzati « nel nome » e non « nei nomi » del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo; (277) infatti non vi è che un solo Dio, il Padre onnipotente e il Figlio suo unigenito e lo Spirito Santo: la Santissima Trinità.

(277) Cf Papa Vigilio, Professione di fede (552):
DS 415.

234 Il mistero della Santissima Trinità è il mistero centrale della fede e della vita cristiana. È il mistero di Dio in se stesso. È quindi la sorgente di tutti gli altri misteri della fede; è la luce che li illumina. È l'insegnamento fondamentale ed essenziale nella « gerarchia delle verità » di fede. (278) «Tutta la storia della salvezza è la storia del rivelarsi del Dio vero e unico: Padre, Figlio e Spirito Santo, il quale riconcilia e unisce a sé coloro che sono separati dal peccato ». (279)

(278) Cf Congregazione per il Clero, Direttorio catechistico generale, 43: AAS 64 (1972) 123.
(279) Congregazione per il Clero, Direttorio catechistico generale, 47: AAS 64 (1972) 125.

235 In questo paragrafo, si esporrà in breve in qual modo è stato rivelato il mistero della Beata Trinità (I), come la Chiesa ha formulato la dottrina della fede in questo mistero (II), e infine, come, attraverso le missioni divine del Figlio e dello Spirito Santo, Dio Padre realizza il suo « benevolo disegno » di creazione, redenzione e santificazione (III).

236 I Padri della Chiesa fanno una distinzione tra la “Teologia” e l’”Oikonomia” designando con il primo termine il mistero della vita intima del Dio-Trinità, e con il secondo tutte le opere di Dio, con le quali egli si rivela e comunica la sua vita. Attraverso l'Economia ci è rivelata la Teologia; ma, inversamente, è la Teologia che illumina tutta l'Economia. Le opere di Dio rivelano chi egli è in se stesso; e, inversamente, il mistero del suo Essere intimo illumina l'intelligenza di tutte le sue opere. Avviene così, analogicamente, tra le persone umane. La persona si mostra attraverso le sue azioni, e, quanto più conosciamo una persona, tanto più comprendiamo le sue azioni.

237 La Trinità è un mistero della fede in senso stretto, uno dei « misteri nascosti in Dio, che non possono essere conosciuti se non sono divinamente rivelati ». (280) Indubbiamente Dio ha lasciato tracce del suo essere trinitario nell'opera della creazione e nella sua rivelazione lungo il corso dell'Antico Testamento. Ma l'intimità del suo Essere come Trinità Santa costituisce un mistero inaccessibile alla sola ragione, come pure alla fede d'Israele, prima dell'incarnazione del Figlio di Dio e dell'invio dello Spirito Santo.

(280) Concilio Vaticano I, Cost. dogm. Dei Filius, c. 4:
DS 3015.


II. La rivelazione di Dio come Trinità


Il Padre rivelato dal Figlio

238 In molte religioni Dio viene invocato come « Padre ». Spesso la divinità è considerata come « padre degli dèi e degli uomini ». Presso Israele, Dio è chiamato Padre in quanto Creatore del mondo. (281) Ancor più Dio è Padre in forza dell'Alleanza e del dono della Legge fatto a Israele, suo « figlio primogenito » (Ex 4,22). È anche chiamato Padre del re d'Israele. (282) In modo particolarissimo egli è « il Padre dei poveri », dell'orfano, della vedova, che sono sotto la sua protezione amorosa. (283)

(281) Cf Dt 32,6 Ml 2,10.
(282) Cf 2S 7,14.
(283) Cf Ps 68,6.

239 Chiamando Dio con il nome di « Padre », il linguaggio della fede mette in luce soprattutto due aspetti: che Dio è origine primaria di tutto e autorità trascendente, e che, al tempo stesso, è bontà e sollecitudine d'amore per tutti i suoi figli. Questa tenerezza paterna di Dio può anche essere espressa con l'immagine della maternità, (284) che indica ancor meglio l'immanenza di Dio, l'intimità tra Dio e la sua creatura. Il linguaggio della fede si rifà così all'esperienza umana dei genitori che, in certo qual modo, sono per l'uomo i primi rappresentanti di Dio. Tale esperienza, però, mostra anche che i genitori umani possono sbagliare e sfigurare il volto della paternità e della maternità. Conviene perciò ricordare che Dio trascende la distinzione umana dei sessi. Egli non è né uomo né donna, egli è Dio. Trascende pertanto la paternità e la maternità umane, (285) pur essendone l'origine e il modello: (286) nessuno è padre quanto Dio.

(284) Cf
Is 66,13 Ps 131,2.
(285) Cf Ps 27,10.
(286) Cf Ep 3,14-15 Is 49,15.

240 Gesù ha rivelato che Dio è « Padre » in un senso inaudito: non lo è soltanto in quanto Creatore; egli è eternamente Padre in relazione al Figlio suo unigenito, il quale non è eternamente Figlio se non in relazione al Padre suo: « Nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare » (Mt 11,27).

241 Per questo gli Apostoli confessano Gesù come « il Verbo » che « in principio [...] era presso Dio e il Verbo era Dio » (Jn 1,1), come colui che « è immagine del Dio invisibile » (Col 1,15) e « irradiazione della sua gloria e impronta della sua sostanza » (He 1,3).

242 Sulla loro scia, seguendo la Tradizione apostolica, la Chiesa nel 325, nel primo Concilio Ecumenico di Nicea, ha confessato che il Figlio è « consostanziale al Padre », (287) cioè un solo Dio con lui. Il secondo Concilio Ecumenico, riunito a Costantinopoli nel 381, ha conservato tale espressione nella sua formulazione del Credo di Nicea ed ha confessato « il Figlio unigenito di Dio, generato dal Padre prima di tutti i secoli, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero, generato non creato, della stessa sostanza del Padre ». (288)

(287) Simbolo di Nicea:
DS 125.
(288) Simbolo niceno-costantinopolitano: DS 150.


Il Padre e il Figlio rivelati dallo Spirito

243 Prima della sua pasqua, Gesù annunzia l'invio di un « altro Paraclito » (Difensore), lo Spirito Santo. Lo Spirito che opera fin dalla creazione, (289) che già aveva « parlato per mezzo dei profeti», (290) dimorerà presso i discepoli e sarà in loro, (291) per insegnare loro ogni cosa (292) e guidarli « alla verità tutta intera » (Jn 16,13). Lo Spirito Santo è in tal modo rivelato come un'altra Persona divina in rapporto a Gesù e al Padre.

(289) Cf Gn 1,2.
(290) Simbolo niceno-costantinopolitano: DS 150.
(291) Cf Jn 14,17.
(292) Cf Jn 14,26.

244 L'origine eterna dello Spirito si rivela nella sua missione nel tempo. Lo Spirito Santo è inviato agli Apostoli e alla Chiesa sia dal Padre nel nome del Figlio, sia dal Figlio in persona, dopo il suo ritorno al Padre. (293) L'invio della Persona dello Spirito dopo la glorificazione di Gesù (294) rivela in pienezza il mistero della Santissima Trinità.

(293) Cf
Jn 14,26 Jn 15,26 Jn 16,14.

245 La fede apostolica riguardante lo Spirito è stata confessata dal secondo Concilio Ecumenico nel 381 a Costantinopoli: crediamo « nello Spirito Santo, che è Signore e dà la vita, e procede dal Padre ». (295) Così la Chiesa riconosce il Padre come « la fonte e l'origine di tutta la divinità ». (296) L'origine eterna dello Spirito Santo non è tuttavia senza legame con quella del Figlio: « Lo Spirito Santo, che è la terza Persona della Trinità, è Dio, uno e uguale al Padre e al Figlio, della stessa sostanza e anche della stessa natura. [...] Tuttavia, non si dice che egli è soltanto lo Spirito del Padre, ma che è, ad un tempo, lo Spirito del Padre e del Figlio ». (297) Il Credo del Concilio di Costantinopoli della Chiesa confessa: « Con il Padre e il Figlio è adorato e glorificato ». (298)

(294) Cf
Jn 7,39.
(295) Simbolo niceno-costantinopolitano: DS 150.
(296) Concilio di Toledo VI (anno 638), De Trinitate et de Filio Dei Redemptore incarnato: DS 490.
(297) Concilio di Toledo XI (anno 675), Symbolum: DS 527.
(298) Simbolo niceno-costantinopolitano: DS 150.

246 La tradizione latina del Credo confessa che lo Spirito « procede dal Padre e dal Figlio [Filioque] ». Il Concilio di Firenze, nel 1439, esplicita: « Lo Spirito Santo ha la sua essenza e il suo essere sussistente ad un tempo dal Padre e dal Figlio e [...] procede eternamente dall'uno e dall'altro come da un solo principio e per una sola spirazione [...]. E poiché tutto quello che è del Padre, lo stesso Padre lo ha donato al suo unico Figlio generandolo, ad eccezione del suo essere Padre, anche questo procedere dello Spirito Santo a partire dal Figlio, lo riceve dall'eternità dal suo Padre che ha generato il Figlio stesso ». (299)

(299) Concilio di Firenze, Decretum pro Graecis:
DS 1300-1301.

247 L'affermazione del Filioque mancava nel Simbolo confessato a Costantinopoli nel 381. Ma, sulla base di un'antica tradizione latina e alessandrina, il Papa san Leone l'aveva già dogmaticamente confessata nel 447, (300) prima che Roma conoscesse e ricevesse, nel 451, durante il Concilio di Calcedonia, il Simbolo del 381. L'uso di questa formula nel Credo è entrato a poco a poco nella liturgia latina (tra i secoli VIII e XI). L'introduzione della parola Filioque nel Simbolo niceno-costantinopolitano da parte della liturgia latina costituisce tuttavia, ancora oggi, un punto di divergenza con le Chiese ortodosse.

(300) Cf San Leone Magno, Lettera Quam laudabiliter:
DS 284.

248 La tradizione orientale mette innanzi tutto in rilievo che il Padre, in rapporto allo Spirito, è l'origine prima. Confessando che lo Spirito « procede dal Padre » (Jn 15,26), afferma che lo Spirito procede dal Padre attraverso il Figlio. (301) La tradizione occidentale dà maggior risalto alla comunione consustanziale tra il Padre e il Figlio affermando che lo Spirito procede dal Padre e dal Figlio (Filioque). Lo dice « lecitamente e ragionevolmente »; (302) infatti l'ordine eterno delle Persone divine nella loro comunione consustanziale implica che il Padre sia l'origine prima dello Spirito in quanto « principio senza principio », (303) ma pure che, in quanto Padre del Figlio unigenito, egli con lui sia « l'unico principio dal quale procede lo Spirito Santo ». (304) Questa legittima complementarità, se non viene inasprita, non scalfisce l'identità della fede nella realtà del medesimo mistero confessato.

(301) Cf Concilio Vaticano II, Decr. Ad gentes AGD 2, AAS 58 (1966) 948.
(302) Concilio di Firenze, Decretum pro Graecis (anno 1439): DS 1302.
(303) Concilio di Firenze, Decretum pro Iacobitis (anno 1442): DS 1331.
(304) Concilio di Lione II, Constitutio de Summa Trinitate et fide catholica (1274): DS 850.



Catechismo Chiesa Catt. 184