Catechismo Chiesa Catt. 421


CAPITOLO SECONDO

CREDO IN GESU' CRISTO,

UNICO FIGLIO DI DIO




La Buona Novella: Dio ha mandato il suo Figlio

422 « Ma quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la Legge, per riscattare coloro che erano sotto la Legge, perché ricevessimo l'adozione a figli » (Ga 4,4-5). Ecco la Buona Novella riguardante Gesù Cristo, Figlio di Dio: (1) Dio ha visitato il suo popolo, (2) ha adempiuto le promesse fatte ad Abramo ed alla sua discendenza; (3) ed è andato oltre ogni attesa: ha mandato il suo Figlio prediletto. (4)

423 Noi crediamo e professiamo che Gesù di Nazaret, nato ebreo da una figlia d'Israele, a Betlemme, al tempo del re Erode il Grande e dell'imperatore Cesare Augusto, di mestiere carpentiere, morto crocifisso a Gerusalemme, sotto il procuratore Ponzio Pilato, mentre regnava l'imperatore Tiberio, è il Figlio eterno di Dio fatto uomo, il quale è « venuto da Dio » (Jn 13,3), « disceso dal cielo » (Jn 3,13 Jn 6,33), venuto nella carne; (5) infatti « il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi vedemmo la sua gloria, gloria come di unigenito dal Padre, pieno di grazia e di verità. [...] Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto e grazia su grazia » (Jn 1,14 Jn 1,16).

(1) Cf Mc 1,1.
(2) Cf Lc 1,68.
(3) Cf Lc 1,55.
(4) Cf Mc 1,11.

424 Mossi dalla grazia dello Spirito Santo e attirati dal Padre, noi, riguardo a Gesù, crediamo e confessiamo: « Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente » (Mt 16,16). Sulla roccia di questa fede, confessata da san Pietro, Cristo ha fondato la sua Chiesa. (6)

(5) Cf 1Jn 4,2.
(6) Cf Mt 16,18 San Leone Magno, Sermo 4,3, CCL 88,19-20; Sermo 51,1, CCL 88A, 296-297; Sermo 62,2, CCL 88A, 377-378; Sermo 83,3, CCL 88A, 521-522.


« Annunziare... le imperscrutabili ricchezze di Cristo »

(Ep 3,8)

425 La trasmissione della fede cristiana è innanzi tutto l'annunzio di Gesù Cristo, allo scopo di condurre alla fede in lui. Fin dall'inizio, i primi discepoli sono stati presi dal desiderio ardente di annunziare Cristo:

« Noi non possiamo tacere quello che abbiamo visto e ascoltato » (
Ac 4,20). Essi invitano gli uomini di tutti i tempi ad entrare nella gioia della loro comunione con Cristo: « Ciò che noi abbiamo udito, ciò che noi abbiamo veduto con i nostri occhi, ciò che noi abbiamo contemplato e ciò che le nostre mani hanno toccato, ossia il Verbo della vita (poiché la vita si è fatta visibile, noi l'abbiamo veduta e di ciò rendiamo testimonianza e vi annunziamo la vita eterna, che era presso il Padre e si è resa visibile a noi), quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunziamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione con noi. La nostra comunione è col Padre e col Figlio suo Gesù Cristo. Queste cose vi scriviamo, perché la nostra gioia sia perfetta » (1Jn 1,1-4).


Al centro della catechesi: Cristo

426 « Al centro della catechesi noi troviamo essenzialmente una persona: quella di Gesù di Nazaret, unigenito del Padre [...]; il quale ha sofferto ed è morto per noi e ora, risorto, vive per sempre con noi. [...] Catechizzare [...] è, dunque, svelare nella persona di Cristo l'intero disegno di Dio [...]. È cercare di comprendere il significato dei gesti e delle parole di Cristo, dei segni da lui operati ». (7) Lo scopo della catechesi: « Mettere [...] in comunione [...] con Gesù Cristo: egli solo può condurre all'amore del Padre nello Spirito e può farci partecipare alla vita della Santa Trinità». (8)

(7) Giovanni Paolo II, Esort. ap. Catechesi tradendae,
CTR 5: AAS 71 (1979) 1280-1281.
(8) Giovanni Paolo II, Esort. ap. Catechesi tradendae, CTR 5: AAS 71 (1979) 1281.

427 « Nella catechesi è Cristo, Verbo incarnato e Figlio di Dio, che viene insegnato, e tutto il resto lo è in riferimento a lui; solo Cristo insegna, mentre ogni altro lo fa nella misura in cui è il suo portavoce, consentendo a Cristo di insegnare per bocca sua. [...] Ogni catechista dovrebbe poter applicare a se stesso la misteriosa parola di Gesù: "La mia dottrina non è mia, ma di colui che mi ha mandato" (Jn 7,16) ».(9)

(9) Giovanni Paolo II, Esort. ap. Catechesi tradendae, CTR 6: AAS 71 (1979) 1281-1282.

428 Colui che è chiamato a « insegnare Cristo » deve dunque cercare innanzi tutto quel guadagno che è la « sublimità della conoscenza di Cristo »; bisogna accettare di perdere tutto, « al fine di guadagnare Cristo e di essere trovato in lui », e di « conoscere lui, la potenza della sua risurrezione, la partecipazione alle sue sofferenze, diventandogli conforme nella morte con la speranza di giungere alla risurrezione dai morti » (Ph 3,8-11).

429 Da questa amorosa conoscenza di Cristo nasce irresistibile il desiderio di annunziare, di «evangelizzare », e di condurre altri al « sì » della fede in Gesù Cristo. Nello stesso tempo si fa anche sentire il bisogno di conoscere sempre meglio questa fede. A tal fine, seguendo l'ordine del Simbolo della fede, saranno innanzi tutto presentati i principali titoli di Gesù: Cristo, Figlio di Dio, Signore (articolo 2). Il Simbolo successivamente confessa i principali misteri della vita di Cristo: quelli della sua incarnazione (articolo 3), quelli della sua pasqua (articoli 4 e 5), infine quelli della sua glorificazione (articoli 6 e 7.



ARTICOLO 2

«E IN GESÙ CRISTO, SUO UNICO FIGLIO, NOSTRO SIGNORE»




I. Gesù

430 Gesù in ebraico significa: « Dio salva ». Al momento dell'annunciazione, l'angelo Gabriele dice che il suo nome proprio sarà Gesù, nome che esprime ad un tempo la sua identità e la sua missione. (10) Poiché nessuno « può rimettere i peccati se non Dio solo » (Mc 2,7), in Gesù, il suo Figlio eterno fatto uomo, egli « salverà il suo popolo dai suoi peccati » (Mt 1,21). Così, in Gesù, Dio ricapitola tutta la sua storia di salvezza a vantaggio degli uomini.

(10) Cf Lc 1,31.

431 Nella storia della salvezza, Dio non si è limitato a liberare Israele « dalla condizione servile » (Dt 5,6) facendolo uscire dall'Egitto; lo salva anche dal suo peccato. Poiché il peccato è sempre un'offesa fatta a Dio, (11) solo Dio lo può cancellare. (12) Per questo Israele, prendendo sempre più coscienza dell'universalità del peccato, non potrà più cercare la salvezza se non nell'invocazione del nome del Dio Redentore. (13)

(11) Cf Ps 51,6.
(12) Cf Ps 51,11.
(13) Cf Ps 79,9.

432 Il nome di Gesù significa che il nome stesso di Dio è presente nella Persona del Figlio suo (14) fatto uomo per l'universale e definitiva redenzione dei peccati. È il nome divino che solo reca la salvezza, (15) e può ormai essere invocato da tutti perché, mediante l'incarnazione, egli si è unito a tutti gli uomini (16) in modo tale che « non vi è altro nome dato agli uomini sotto il cielo nel quale è stabilito che possiamo essere salvati » (Ac 4,12). (17)

(14) Cf Ac 5,41 3Jn 7.
(15) Cf Jn 3,18 Ac 2,21.
(16) Cf Rm 10,6-13.
(17) Cf Ac 9,14 Jc 2,7.

433 Il nome del Dio Salvatore era invocato una sola volta all'anno, per l'espiazione dei peccati d'Israele, dal sommo sacerdote, dopo che questi aveva asperso col sangue del sacrificio il propiziatorio del Santo dei Santi. (18) Il propiziatorio era il luogo della presenza di Dio. (19) Quando san Paolo dice di Gesù: « Dio l'ha stabilito a servire come strumento di espiazione... nel suo sangue » (Rm 3,25), intende affermare che nella sua umanità « era Dio a riconciliare a sé il mondo in Cristo » (2Co 5,19).

(18) Cf Lv 16,15-16 Si 50,20 He 9,7.
(19) Cf Ex 25,22 Lv 16,2 Nb 7,89 He 9,5.

434 La risurrezione di Gesù glorifica il nome di Dio « Salvatore » (20) perché ormai è il nome di Gesù che manifesta in pienezza la suprema potenza del « Nome che è al di sopra di ogni altro nome » (Ph 2,9-10). Gli spiriti malvagi temono il suo nome (21) ed è nel suo nome che i discepoli di Gesù compiono miracoli; (22) infatti tutto ciò che essi chiedono al Padre nel suo nome, il Padre lo concede. (23)

(20) Cf Jn 12,28.
(21) Cf Ac 16,16-18 Ac 19,13-16.
(22) Cf Mc 16,17.
(23) Cf Jn 15,16.

435 Il nome di Gesù è al centro della preghiera cristiana. Tutte le orazioni liturgiche terminano con la formula: « Per Dominum nostrum Iesum Christum... – Per il nostro Signore Gesù Cristo... ». L'« Ave, Maria » culmina con le parole: « E benedetto il frutto del tuo seno, Gesù ». La preghiera del cuore, consueta presso gli orientali e chiamata « preghiera di Gesù », dice: « Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio, abbi pietà di me peccatore ». Parecchi cristiani muoiono con la sola parola « Gesù » sulle labbra, come santa Giovanna d'Arco. (24)

(24) Cf La réhabilitation de Jeanne la Pucelle. L'enquête ordonnée par Charles VII en 1450 et le codicille de Guillaume Bouillé, ed. P. Doncoeur-Y. Lanhers (Paris 1956) p. 39. 45. 56.


II. Cristo

436 Cristo viene dalla traduzione greca del termine ebraico « Messia » che significa « unto ». Non diventa il nome proprio di Gesù se non perché egli compie perfettamente la missione divina da esso significata. Infatti in Israele erano unti nel nome di Dio coloro che erano a lui consacrati per una missione che egli aveva loro affidato. Era il caso dei re, (25) dei sacerdoti (26) e, raramente, dei profeti. (27) Tale doveva essere per eccellenza il caso del Messia che Dio avrebbe mandato per instaurare definitivamente il suo Regno. (28) Il Messia doveva essere unto dallo Spirito del Signore, (29) ad un tempo come re e sacerdote (30) ma anche come profeta. (31) Gesù ha realizzato la speranza messianica di Israele nella sua triplice funzione di sacerdote, profeta e re.

(25) Cf
1S 9,16 1S 10,1 1S 16,1 1S 16,12-13 1R 1,39.
(26) Cf Ex 29,7 Lv 8,12.
(27) Cf 1R 19,16.
(28) Cf Ps 2,2 Ac 4,26-27.
(29) Cf Is 11,2.
(30) Cf Za 4,14 Za 6,13.
(31) Cf Is 61,1 Lc 4,16-21.

437 L'angelo ha annunziato ai pastori la nascita di Gesù come quella del Messia promesso a Israele: « Oggi vi è nato nella città di Davide un Salvatore che è il Cristo Signore » (Lc 2,11). Fin da principio egli è « colui che il Padre ha consacrato e mandato nel mondo » (Jn 10,36), concepito come « santo » nel grembo verginale di Maria. (32) Giuseppe è stato chiamato da Dio a prendere con sé Maria sua sposa, incinta di « quel che è generato in lei [...] dallo Spirito Santo » (Mt 1,20), affinché Gesù, « chiamato Cristo » (Mt 1,16), nasca dalla sposa di Giuseppe nella discendenza messianica di Davide. (33)

(32) Cf Lc 1,35.
(33) Cf Rm 1,3 2Tm 2,8 Ap 22,16.

438 La consacrazione messianica di Gesù rivela la sua missione divina. « È, d'altronde, ciò che indica il suo stesso nome, perché nel nome di Cristo è sottinteso colui che ha unto, colui che è stato unto e l'unzione stessa di cui è stato unto: colui che ha unto è il Padre, colui che è stato unto è il Figlio, ed è stato unto nello Spirito che è l'unzione ». (34) La sua consacrazione messianica eterna si è rivelata nel tempo della sua vita terrena nel momento in cui fu battezzato da Giovanni, quando Dio lo « consacrò in Spirito Santo e potenza » (Ac 10,38) « perché egli fosse fatto conoscere a Israele » (Jn 1,31) come suo Messia. Le sue opere e le sue parole lo riveleranno come « il Santo di Dio ». (35)

(34) Sant'Ireneo di Lione, Adversus haereses, 3, 18, 3: SC 211,350.
(35) Cf Mc 1,24 Jn 6,69 Ac 3,14.

439 Numerosi ebrei ed anche alcuni pagani che condividevano la loro speranza hanno riconosciuto in Gesù i tratti fondamentali del « figlio di Davide » messianico promesso da Dio a Israele. (36) Gesù ha accettato il titolo di Messia cui aveva diritto, (37) ma non senza riserve, perché una parte dei suoi contemporanei lo intendevano secondo una concezione troppo umana, (38) essenzialmente politica. (39)

(36) Cf
Mt 2,2 Mt 9,27 Mt 12,23 Mt 15,22 Mt 20,30 Mt 21,9 Mt 21,15.
(37) Cf Jn 4,25-26 Jn 11,27.
(38) Cf Mt 22,41-46.
(39) Cf Jn 6,15 Lc 24,21.

440 Gesù ha accettato la professione di fede di Pietro che lo riconosceva quale Messia, annunziando la passione ormai vicina del Figlio dell'uomo. (40) Egli ha così svelato il contenuto autentico della sua regalità messianica, nell'identità trascendente del Figlio dell'uomo « che è disceso dal cielo » (Jn 3,13), (41) come pure nella sua missione redentrice quale Servo sofferente: « Il Figlio dell'uomo [...] non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la sua vita in riscatto per molti » (Mt 20,28). (42) Per questo il vero senso della sua regalità si manifesta soltanto dall'alto della croce. (43) Solo dopo la risurrezione, la sua regalità messianica potrà essere proclamata da Pietro davanti al popolo di Dio: « Sappia dunque con certezza tutta la casa d'Israele che Dio ha costituito Signore e Cristo quel Gesù che voi avete crocifisso! » (Ac 2,36).

(40) Cf Mt 16,16-23.
(41) Cf Jn 6,62 Da 7,13.
(42) Cf Is 53,10-12.
(43) Cf Jn 19,19-22 Lc 23,39-43.


III. Figlio unico di Dio

441 Figlio di Dio, nell'Antico Testamento, è un titolo dato agli angeli, (44) al popolo dell'elezione, (45) ai figli d'Israele (46) e ai loro re. (47) In tali casi ha il significato di una filiazione adottiva che stabilisce tra Dio e la sua creatura relazioni di una particolare intimità. Quando il Re-Messia promesso è detto « figlio di Dio », (48) ciò non implica necessariamente, secondo il senso letterale di quei testi, che egli sia più che umano. Coloro che hanno designato così Gesù in quanto Messia d'Israele (49) forse non hanno inteso dire di più. (50)

(44) Cf
Dt 32,8 Jb 1,6.
(45) Cf Ex 4,22 Os 11,1 Jr 3,19 Si 36,14 Sg 18,13.
(46) Cf Dt 14,1 Os 2,1.
(47) Cf 2S 7,14 Ps 82,6.
(48) Cf 1Ch 17,13 Ps 2,7.
(49) Cf Mt 27,54.
(50) Cf Lc 23,47.

442 Non è la stessa cosa per Pietro quando confessa Gesù come « il Cristo, il Figlio del Dio vivente » (Mt 16,16), perché Gesù risponde con solennità: « Né la carne né il sangue te l'hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei cieli » (Mt 16,17). Parallelamente Paolo, a proposito della sua conversione sulla strada di Damasco, dirà: « Quando colui che mi scelse fin dal seno di mia madre e mi chiamò con la sua grazia si compiacque di rivelare a me suo Figlio perché lo annunziassi in mezzo ai pagani... » (Ga 1,15-16). « Subito nelle sinagoghe proclamava Gesù Figlio di Dio » (Ac 9,20). Questo sarà fin dagli inizi (51) il centro della fede apostolica (52) professata prima di tutti da Pietro quale fondamento della Chiesa. (53)

(51) Cf 1Th 1,10.
(52) Cf Jn 20,31.
(53) Cf Mt 16,18.

443 Se Pietro ha potuto riconoscere il carattere trascendente della filiazione divina di Gesù Messia, è perché egli l'ha lasciato chiaramente intendere. Davanti al Sinedrio, alla domanda dei suoi accusatori: « Tu dunque sei il Figlio di Dio? », Gesù ha risposto: « Lo dite voi stessi: io lo sono » (Lc 22,70). (54) Già molto prima, egli si era designato come « il Figlio » che conosce il Padre, (55) che è distinto dai « servi » che Dio in precedenza ha mandato al suo popolo, (56) superiore agli stessi angeli. (57) Egli ha differenziato la sua filiazione da quella dei suoi discepoli non dicendo mai « Padre nostro » (58) tranne che per comandare loro: « Voi dunque pregate così: Padre nostro » (Mt 6,9); e ha sottolineato tale distinzione: « Padre mio e Padre vostro (Jn 20,17).

(54) Cf Mt 26,64 Mc 14,62.
(55) Cf Mt 11,27 Mt 21,37-38.
(56) Cf Mt 21,34-36.
(57) Cf Mt 24,36.
(58) Cf Mt 5,48 Mt 6,8 Mt 7,21 Lc 11,13.

444 I Vangeli riferiscono in due momenti solenni, il battesimo e la trasfigurazione di Cristo, la voce del Padre che lo designa come il suo « Figlio prediletto ». (59) Gesù presenta se stesso come il Figlio unigenito di Dio (60) e con tale titolo afferma la sua preesistenza eterna. (61) Egli chiede la fede « nel nome dell'unigenito Figlio di Dio » (Jn 3,18). Questa confessione cristiana appare già nell'esclamazione del centurione davanti a Gesù in croce: « Veramente quest'uomo era il Figlio di Dio » (Mc 15,39); infatti soltanto nel mistero pasquale il credente può dare al titolo «Figlio di Dio» il suo pieno significato.

(59) Cf Mt 3,17 Mt 17,5.
(60) Cf Jn 3,16.
(61) Cf Jn 10,36.

445 Dopo la risurrezione la sua filiazione divina appare nella potenza della sua umanità glorificata: egli è stato costituito « Figlio di Dio con potenza secondo lo Spirito di santificazione mediante la risurrezione dai morti » (Rm 1,4). (62) Gli Apostoli potranno confessare: « Noi vedemmo la sua gloria, gloria come di unigenito dal Padre, pieno di grazia e di verità » (Jn 1,14).

(62) Cf Ac 13,33.


IV. Signore

446 Nella traduzione greca dei libri dell'Antico Testamento, il nome ineffabile sotto il quale Dio si è rivelato a Mosè, (63) YHWH, è reso con “Kyrios” (« Signore »). Da allora Signore diventa il nome più abituale per indicare la stessa divinità del Dio di Israele. Il Nuovo Testamento utilizza in questo senso forte il titolo di « Signore » per il Padre, ma, ed è questa la novità, anche per Gesù riconosciuto così egli stesso come Dio. (64)

(63) Cf
Ex 3,14.
(64) Cf 1Co 2,8.

447 Gesù stesso attribuisce a sé, in maniera velata, tale titolo allorché discute con i farisei sul senso del salmo 110, (65) ma anche in modo esplicito rivolgendosi ai suoi Apostoli. (66) Durante la sua vita pubblica i suoi gesti di potenza sulla natura, sulle malattie, sui demoni, sulla morte e sul peccato, manifestavano la sua sovranità divina.

(65) Cf
Mt 22,41-46 cf anche Ac 2,34-36 He 1,13.
(66) Cf Jn 13,13.

448 Molto spesso, nei Vangeli, alcune persone si rivolgono a Gesù chiamandolo « Signore ». Questo titolo esprime il rispetto e la fiducia di coloro che si avvicinano a Gesù e da lui attendono aiuto e guarigione. (67) Pronunciato sotto la mozione dello Spirito Santo, esprime il riconoscimento del mistero divino di Gesù. (68) Nell'incontro con Gesù risorto, diventa espressione di adorazione: « Mio Signore e mio Dio! » (Jn 20,28). Assume allora una connotazione d'amore e d'affetto che resterà peculiare della tradizione cristiana: « È il Signore! » (Jn 21,7).

(67) Cf Mt 8,2 Mt 14,30 Mt 15,22 e altrove.
(68) Cf Lc 1,43 Lc 2,11.

449 Attribuendo a Gesù il titolo divino di Signore, le prime confessioni di fede della Chiesa affermano, fin dall'inizio, (69) che la potenza, l'onore e la gloria dovuti a Dio Padre convengono anche a Gesù, (70) perché egli è di « natura divina » (Ph 2,6) e perché il Padre ha manifestato questa signoria di Gesù risuscitandolo dai morti ed esaltandolo nella sua gloria. (71)

(69) Cf Ac 2,34-36.
(70) Cf Rm 9,5 Tt 2,13 Ap 5,13.
(71) Cf Rm 10,9 1Co 12,3 Ph 2,9-11.

450 Fin dall'inizio della storia cristiana, l'affermazione della signoria di Gesù sul mondo e sulla storia (72) comporta anche il riconoscimento che l'uomo non deve sottomettere la propria libertà personale, in modo assoluto, ad alcun potere terreno, ma soltanto a Dio Padre e al Signore Gesù Cristo: Cesare non è « il Signore ». (73) La Chiesa « crede di trovare nel suo Signore e Maestro la chiave, il centro e il fine di tutta la storia umana ». (74)

(72) Cf
Ap 11,15.
(73) Cf Mc 12,17 Ac 5,29.
(74) Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes GS 10, AAS 58 (1966) 1033; cf Ibid., GS 45: AAS 58 (1966) 1066.

451 La preghiera cristiana è contrassegnata dal titolo « Signore », sia che si tratti dell'invito alla preghiera :« Il Signore sia con voi », sia della conclusione della preghiera: « Per il nostro Signore Gesù Cristo », o anche del grido pieno di fiducia e di speranza: « Maran atha » (« Il Signore viene! »), oppure « Maran atha » (« Vieni, Signore! ») (1Co 16,22), « Amen, vieni, Signore Gesù! » (Ap 22,20).



In sintesi

452 Il nome « Gesù » significa « Dio salva ». Il Bambino nato dalla Vergine Maria è chiamato « Gesù » « perché salverà il suo popolo dai suoi peccati » (Mt 1,21): « Non vi è altro nome dato agli uomini sotto il cielo nel quale è stabilito che possiamo essere salvati » (Ac 4,12).

453 Il nome « Cristo » significa « unto », « Messia ». Gesù è il Cristo perché Dio lo « consacrò in Spirito Santo e potenza » (Ac 10,38). Egli era « colui che deve venire » (Lc 7,19), l'oggetto della speranza d'Israele. (75)

(75) Cf Ac 28,20.

454 Il nome « Figlio di Dio » indica la relazione unica ed eterna di Gesù Cristo con Dio suo Padre: egli è il Figlio unigenito del Padre (76) e Dio egli stesso. (77) Per essere cristiani si deve credere che Gesù Cristo è il Figlio di Dio. (78)

(76) Cf
Jn 1,14 Jn 1,18 Jn 3,16 Jn 3,18.
(77) Cf Jn 1,1.
(78) Cf Ac 8,37 1Jn 2,23.

455 Il nome « Signore » indica la sovranità divina. Confessare o invocare Gesù come Signore, è credere nella sua divinità. « Nessuno può dire "Gesù è il Signore" se non sotto l'azione dello Spirito Santo » (1Co 12,3).





ARTICOLO 3

GESU' CRISTO « FU CONCEPITO DI SPIRITO SANTO, NACQUE DA MARIA VERGINE »



Paragrafo 1. IL FIGLIO DI DIO SI E' FATTO UOMO


I. Perché il Verbo si è fatto carne?

456 Con il Credo niceno-costantinopolitano rispondiamo confessando: « Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo; per opera dello Spirito Santo si è incarnato nel seno della Vergine Maria e si è fatto uomo ». (79)

(79)
DS 150.

457 Il Verbo si è fatto carne per salvarci riconciliandoci con Dio: è Dio « che ha amato noi e ha mandato il suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati » (1Jn 4,10). « Il Padre ha mandato il suo Figlio come salvatore del mondo » (1Jn 4,14). « Egli è apparso per togliere i peccati » (1Jn 3,5): « La nostra natura, malata, richiedeva d'essere guarita; decaduta, d'essere risollevata; morta, di essere risuscitata. Avevamo perduto il possesso del bene; era necessario che ci fosse restituito. Immersi nelle tenebre, occorreva che ci fosse portata la luce; perduti, attendevamo un salvatore; prigionieri, un soccorritore; schiavi, un liberatore. Tutte queste ragioni erano prive d'importanza? Non erano tali da commuovere Dio sì da farlo discendere fino alla nostra natura umana per visitarla, poiché l'umanità si trovava in una condizione tanto miserabile ed infelice? ». (80)

(80) San Gregorio di Nissa, Oratio catechetica, 15, 3: TD 7, 78 (PG 45,48).

458 Il Verbo si è fatto carne perché noi così conoscessimo l'amore di Dio: « In questo si è manifestato l'amore di Dio per noi: Dio ha mandato il suo unigenito Figlio nel mondo perché noi avessimo la vita per lui » (1Jn 4,9). « Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna » (Jn 3,16).

459 Il Verbo si è fatto carne per essere nostro modello di santità: « Prendete il mio giogo su di voi e imparate da me... » (Mt 11,29). « Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me » (Jn 14,6). E il Padre, sul monte della trasfigurazione, comanda: «Ascoltatelo » (Mc 9,7). (81) In realtà, egli è il modello delle beatitudini e la norma della Legge nuova: « Amatevi gli uni gli altri come io vi ho amati» (Jn 15,12). Questo amore implica l'effettiva offerta di se stessi alla sua sequela. (82)

(81) Cf Dt 6,4-5.
(82) Cf Mc 8,34.

460 Il Verbo si è fatto carne perché diventassimo « partecipi della natura divina » (2P 1,4): « Infatti, questo è il motivo per cui il Verbo si è fatto uomo, e il Figlio di Dio, Figlio dell'uomo: perché l'uomo, entrando in comunione con il Verbo e ricevendo così la filiazione divina, diventasse figlio di Dio ». (83) « Infatti il Figlio di Dio si è fatto uomo per farci Dio ». (84) « Unigenitus [...] Dei Filius, Suae divinitatis volens nos esse participes, naturam nostram assumpsit, ut homines deos faceret factus homo – L'unigenito [...] Figlio di Dio, volendo che noi fossimo partecipi della sua divinità, assunse la nostra natura, affinché, fatto uomo, facesse gli uomini dei ». (85)

(83) Sant'Ireneo di Lione, Adversus haereses, 3, 19, 1: SC 211,374.
(84) Sant'Atanasio di Alessandria, De Incarnatione, 54, 3: SC 199,458.
(85) San Tommaso d'Aquino, Officium de festo corporis Christi, Ad Matutinas, In primo Nocturno, Lectio 1: Opera omnia, v. 29 (Parigi 1876) p. 336.


II. L'incarnazione

461 Riprendendo l'espressione di san Giovanni (« Il Verbo si fece carne »: Jn 1,14), la Chiesa chiama « incarnazione » il fatto che il Figlio di Dio abbia assunto una natura umana per realizzare in essa la nostra salvezza. La Chiesa canta il mistero dell'incarnazione in un inno riportato da san Paolo: « Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù, il quale, pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio; ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini; apparso in forma umana, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce » (Ph 2,5-8). (86)

(86) Cf Cantico dei Primi Vespri della Domenica: Liturgia delle Ore, v. 1 p. 651, 739, 834, e 930; v. 2 p. 988, 1089, 1200 e 1300; v. 3, p. 665, 789, 920 e 1.48; v. 4, p. 603, 727, 858 e 986 (Libreria Editrice Vaticana 1981-1988).


462 Dello stesso mistero parla la lettera agli Ebrei:

« Per questo, entrando nel mondo, Cristo dice: "Tu non hai voluto né sacrificio né offerta, un corpo invece mi hai preparato. Non hai gradito né olocausti né sacrifici per il peccato. Allora ho detto: Ecco, io vengo... per fare la tua volontà" » (
He 10,5-7 citando Ps 40,7-9 LXX).

463 La fede nella reale incarnazione del Figlio di Dio è il segno distintivo della fede cristiana: « Da questo potete riconoscere lo spirito di Dio: ogni spirito che riconosce che Gesù Cristo è venuto nella carne, è da Dio » (1Jn 4,2). È la gioiosa convinzione della Chiesa fin dal suo inizio, allorché canta « il grande mistero della pietà »: « Egli si manifestò nella carne » (1Tm 3,16).



III. Vero Dio e vero uomo

464 L'evento unico e del tutto singolare dell'incarnazione del Figlio di Dio non significa che Gesù Cristo sia in parte Dio e in parte uomo, né che sia il risultato di una confusa mescolanza di divino e di umano. Egli si è fatto veramente uomo rimanendo veramente Dio. Gesù Cristo è vero Dio e vero uomo. La Chiesa nel corso dei primi secoli ha dovuto difendere e chiarire questa verità di fede contro eresie che la falsificavano.

465 Le prime eresie più che la divinità di Cristo hanno negato la sua vera umanità (docetismo gnostico). Fin dall'epoca apostolica la fede cristiana ha insistito sulla vera incarnazione del Figlio di Dio « venuto nella carne ». (87) Ma nel terzo secolo, la Chiesa ha dovuto affermare contro Paolo di Samosata, in un Concilio riunito ad Antiochia, che Gesù Cristo è Figlio di Dio per natura e non per adozione. Il primo Concilio Ecumenico di Nicea nel 325 professò nel suo Credo che il Figlio di Dio è « generato, non creato, della stessa sostanza (homousios)del Padre », (88) e condannò Ario, il quale sosteneva che « il Figlio di Dio veniva dal nulla » (89) e che sarebbe « di un'altra sostanza o di un'altra essenza rispetto al Padre ». (90)

(87) Cf
1Jn 4,2-3 2Jn 1,7.
(88) Simbolo niceno: DS 125.
(89) Concilio di Nicea, Epistula synodalis ad Aegyptios: DS 130.
(90) Simbolo Niceno: DS 126.

466 L'eresia nestoriana vedeva in Cristo una persona umana congiunta alla Persona divina del Figlio di Dio. In contrapposizione ad essa san Cirillo di Alessandria e il terzo Concilio Ecumenico riunito a Efeso nel 431 hanno confessato che « il Verbo, unendo a se stesso ipostaticamente una carne animata da un'anima razionale, [...] si fece uomo ». (91) L'umanità di Cristo non ha altro soggetto che la Persona divina del Figlio di Dio, che l'ha assunta e fatta sua al momento del suo concepimento. Per questo il Concilio di Efeso ha proclamato nel 431 che Maria in tutta verità è divenuta Madre di Dio per il concepimento umano del Figlio di Dio nel suo seno; « Madre di Dio [...] non certo perché la natura del Verbo o la sua divinità avesse avuto origine dalla santa Vergine, ma, poiché nacque da lei il santo corpo dotato di anima razionale a cui il Verbo è unito sostanzialmente, si dice che il Verbo è nato secondo la carne ». (92)

(91) Concilio di Efeso, Epistula II Cyrilli Alexandrini ad Nestorium:
DS 250.
(92) Concilio di Efeso, Epistula II Cyrilli Alexandrini ad Nestorium: DS 251.

467 I monofisiti affermavano che la natura umana come tale aveva cessato di esistere in Cristo, essendo stata assunta dalla Persona divina del Figlio di Dio. Opponendosi a questa eresia, il quarto Concilio Ecumenico, a Calcedonia, nel 451, ha confessato:

« Seguendo i santi Padri, all'unanimità noi insegniamo a confessare un solo e medesimo Figlio, il Signore nostro Gesù Cristo, perfetto nella sua divinità e perfetto nella sua umanità, vero Dio e vero uomo, [composto] di anima razionale e di corpo, consustanziale al Padre per la divinità, e consustanziale a noi per l'umanità, "simile in tutto a noi, fuorché nel peccato"; (93) generato dal Padre prima dei secoli secondo la divinità, e in questi ultimi tempi, per noi e per la nostra salvezza, nato da Maria Vergine e Madre di Dio, secondo l'umanità. Un solo e medesimo Cristo, Signore, Figlio unigenito, che noi dobbiamo riconoscere in due nature, senza confusione, senza mutamento, senza divisione, senza separazione. La differenza delle nature non è affatto negata dalla loro unione, ma piuttosto le proprietà di ciascuna sono salvaguardate e riunite in una sola persona e una sola ipostasi ». (94)

(93) Cf
He 4,15.
(94) Concilio di Calcedonia, Symbolum: DS 301-302.

468 Dopo il Concilio di Calcedonia, alcuni fecero della natura umana di Cristo una sorta di soggetto personale. Contro costoro, il quinto Concilio Ecumenico, a Costantinopoli, nel 553, ha confessato riguardo a Cristo: vi è « una sola ipostasi [o Persona]..., cioè il Signore (nostro) Gesù Cristo, uno della Trinità ». (95) Tutto, quindi, nell'umanità di Cristo deve essere attribuito alla sua Persona divina come al suo soggetto proprio, (96) non soltanto i miracoli ma anche le sofferenze (97) e così pure la morte: « Il Signore nostro Gesù Cristo, crocifisso nella sua carne, è vero Dio, Signore della gloria e uno della Santa Trinità ». (98)

(95) Concilio di Costantinopoli II, Sess. 8a, Canone 4:
DS 424.
(96) Cf già Concilio di Efeso, Anathematismi Cyrilli Alexandrini, 4: DS 255.
(97) Cf Concilio di Costantinopoli II, Sess. 8a, Canone 3: DS 423.
(98) Concilio di Costantinopoli II, Sess. 8a, Canone 10: DS 432.

469 La Chiesa così confessa che Gesù è inscindibilmente vero Dio e vero uomo. Egli è veramente il Figlio di Dio che si è fatto uomo, nostro fratello, senza con ciò cessare d'essere Dio, nostro Signore:

« Id quod fuit remansit et quod non fuit assumpsit – Rimase quel che era e quel che non era assunse », canta la liturgia romana. (99) E la liturgia di san Giovanni Crisostomo proclama e canta: « O Figlio unigenito e Verbo di Dio, tu, che sei immortale, per la nostra salvezza ti sei degnato d'incarnarti nel seno della santa Madre di Dio e sempre Vergine Maria; tu, che senza mutamento sei diventato uomo e sei stato crocifisso, o Cristo Dio, tu, che con la tua morte hai sconfitto la morte, tu che sei uno della Santa Trinità, glorificato con il Padre e lo Spirito Santo, salvaci! ». (100)

(99) Solennità di Maria SS. Madre di Dio, Antifona al « Benedictus »: Liturgia delle Ore, v. 1 (Libreria Editrice Vaticana 1981) p. 475; cf San Leone Magno, Sermo, 21, 2: CCL 138, 87 (PL 54, 192).
(100) Liturgia delle Ore bizantina, Inno (Roma 1876) p. 82.



Catechismo Chiesa Catt. 421