Catechismo Chiesa Catt. 1471

X. Le indulgenze

1471 La dottrina e la pratica delle indulgenze nella Chiesa sono strettamente legate agli effetti del sacramento della Penitenza.


Che cos'è l'indulgenza?

« L'indulgenza è la remissione dinanzi a Dio della pena temporale per i peccati, già rimessi quanto alla colpa, remissione che il fedele, debitamente disposto e a determinate condizioni, acquista per intervento della Chiesa, la quale, come ministra della redenzione, autoritativamente dispensa ed applica il tesoro delle soddisfazioni di Cristo e dei santi ». (79)

« L'indulgenza è parziale o plenaria secondo che libera in parte o in tutto dalla pena temporale dovuta per i peccati ». (80) « Ogni fedele può acquisire le indulgenze [...] per se stesso o applicarle ai defunti ». (81)

(79) Paolo VI, Cost. ap. Indulgentiarum doctrina, Normae, 1: AAS 59 (1967) 21.
(80) Paolo VI, Cost. ap. Indulgentiarum doctrina, Normae, 2: AAS 59 (1967) 21.
(81) CIC canone CIC 994.


Le pene del peccato

1472 Per comprendere questa dottrina e questa pratica della Chiesa bisogna tener presente che il peccato ha una duplice conseguenza. Il peccato grave ci priva della comunione con Dio e perciò ci rende incapaci di conseguire la vita eterna, la cui privazione è chiamata la « pena eterna » del peccato. D'altra parte, ogni peccato, anche veniale, provoca un attaccamento malsano alle creature, che ha bisogno di purificazione, sia quaggiù, sia dopo la morte, nello stato chiamato purgatorio. Tale purificazione libera dalla cosiddetta « pena temporale » del peccato. Queste due pene non devono essere concepite come una specie di vendetta, che Dio infligge dall'esterno, bensì come derivanti dalla natura stessa del peccato. Una conversione, che procede da una fervente carità, può arrivare alla totale purificazione del peccatore, così che non sussista più alcuna pena. (82)

(82) Cf Concilio di Trento, Sess. 14a, Canones de sacramento Paenitentiae, canoni 12-13:
DS 1712-1713 Id., Sess. 25a, Decretum de purgatorio: DS 1820.

1473 Il perdono del peccato e la restaurazione della comunione con Dio comportano la remissione delle pene eterne del peccato. Rimangono, tuttavia, le pene temporali del peccato. Il cristiano deve sforzarsi, sopportando pazientemente le sofferenze e le prove di ogni genere e, venuto il giorno, affrontando serenamente la morte, di accettare come una grazia queste pene temporali del peccato; deve impegnarsi, attraverso le opere di misericordia e di carità, come pure mediante la preghiera e le varie pratiche di penitenza, a spogliarsi completamente dell'« uomo vecchio » e a rivestire « l'uomo nuovo ». (83)

(83) Cf
Ep 4,24.


Nella comunione dei santi

1474 Il cristiano che si sforza di purificarsi del suo peccato e di santificarsi con l'aiuto della grazia di Dio, non si trova solo. « La vita dei singoli figli di Dio in Cristo e per mezzo di Cristo viene congiunta con legame meraviglioso alla vita di tutti gli altri fratelli cristiani nella soprannaturale unità del corpo mistico di Cristo, fin quasi a formare una sola mistica persona ». (84)

(84) Paolo VI, Cost. ap. Indulgentiarum doctrina, 5: AAS 59 (1967) 11.

1475 Nella comunione dei santi « tra i fedeli, che già hanno raggiunto la patria celeste o che stanno espiando le loro colpe nel purgatorio, o che ancora sono pellegrini sulla terra, esiste certamente un vincolo perenne di carità ed un abbondante scambio di tutti i beni ». (85) In questo ammirabile scambio, la santità dell'uno giova agli altri, ben al di là del danno che il peccato dell'uno ha potuto causare agli altri. In tal modo, il ricorso alla comunione dei santi permette al peccatore contrito di essere in più breve tempo e più efficacemente purificato dalle pene del peccato.

(85) Paolo VI, Cost. ap. Indulgentiarum doctrina, 5: AAS 59 (1967) 12.

1476 Questi beni spirituali della comunione dei santi sono anche chiamati il tesoro della Chiesa, che non « si deve considerare come la somma di beni materiali, accumulati nel corso dei secoli, ma come l'infinito ed inesauribile valore che le espiazioni e i meriti di Cristo hanno presso il Padre, offerti perché tutta l'umanità sia liberata dal peccato e pervenga alla comunione con il Padre; è lo stesso Cristo Redentore, in cui sono e vivono le soddisfazioni ed i meriti della sua redenzione ». (86)

(86) Paolo VI, Cost. ap. Indulgentiarum doctrina, 5: AAS 59 (1967) 11.

1477 « Appartiene inoltre a questo tesoro il valore veramente immenso, incommensurabile e sempre nuovo che presso Dio hanno le preghiere e le buone opere della beata Vergine Maria e di tutti i santi, i quali, seguendo le orme di Cristo Signore per grazia sua, hanno santificato la loro vita e condotto a compimento la missione affidata loro dal Padre; in tal modo, realizzando la loro salvezza, hanno anche cooperato alla salvezza dei propri fratelli nell'unità del corpo mistico ». (87)

(87) Paolo VI, Cost. ap. Indulgentiarum doctrina, 5: AAS 59 (1967) 11-12.


Ottenere l'indulgenza di Dio mediante la Chiesa

1478 L'indulgenza si ottiene mediante la Chiesa che, in virtù del potere di legare e di sciogliere accordatole da Gesù Cristo, interviene a favore di un cristiano e gli dischiude il tesoro dei meriti di Cristo e dei santi perché ottenga dal Padre delle misericordie la remissione delle pene temporali dovute per i suoi peccati. Così la Chiesa non vuole soltanto venire in aiuto a questo cristiano, ma anche spingerlo a compiere opere di pietà, di penitenza e di carità. (88)

(88) Cf Paolo VI, Cost. ap. Indulgentiarum doctrina, 8: AAS 59 (1967) 16-17; Concilio di Trento, Sess. 25a, Decretum de indulgentiis:
DS 1835.

1479 Poiché i fedeli defunti in via di purificazione sono anch'essi membri della medesima comunione dei santi, noi possiamo aiutarli, tra l'altro, ottenendo per loro indulgenze, in modo tale che siano sgravati dalle pene temporali dovute per i loro peccati.



XI. La celebrazione del sacramento della Penitenza

1480 Come tutti i sacramenti, la Penitenza è un'azione liturgica. Questi sono ordinariamente gli elementi della celebrazione: il saluto e la benedizione del sacerdote; la lettura della Parola di Dio per illuminare la coscienza e suscitare la contrizione, e l'esortazione al pentimento; la confessione che riconosce i peccati e li manifesta al sacerdote; l'imposizione e l'accettazione della penitenza; l'assoluzione da parte del sacerdote; la lode con rendimento di grazie e il congedo con la benedizione da parte del sacerdote.

1481 La liturgia bizantina usa più formule di assoluzione, a carattere deprecativo, le quali mirabilmente esprimono il mistero del perdono: « Il Dio che, attraverso il profeta Natan, ha perdonato a Davide quando confessò i propri peccati, e a Pietro quando pianse amaramente, e alla peccatrice quando versò lacrime sui suoi piedi, e al pubblicano e al prodigo, questo stesso Dio ti perdoni, attraverso me, peccatore, in questa vita e nell'altra, e non ti condanni quando apparirai al suo tremendo tribunale, egli che è benedetto nei secoli dei secoli. Amen ». (89)

(89) (Atene 1992))

1482 Il sacramento della Penitenza può anche aver luogo nel quadro di una celebrazione comunitaria, nella quale ci si prepara insieme alla confessione e insieme si rende grazie per il perdono ricevuto. In questo caso, la confessione personale dei peccati e l'assoluzione individuale sono inserite in una liturgia della Parola di Dio, con letture e omelia, esame di coscienza condotto in comune, richiesta comunitaria del perdono, preghiera del « Padre nostro » e ringraziamento comune. Tale celebrazione comunitaria esprime più chiaramente il carattere ecclesiale della penitenza. Tuttavia, in qualunque modo venga celebrato, il sacramento della Penitenza è sempre, per sua stessa natura, un'azione liturgica, quindi ecclesiale e pubblica. (90)

(90) Cf Concilio Vaticano II, Cost. Sacrosanctum Concilium
SC 26-27, AAS 56 (1964) 107.

1483 In casi di grave necessità si può ricorrere alla celebrazione comunitaria della Riconciliazione con confessione generale e assoluzione generale. Tale grave necessità può presentarsi qualora vi sia un imminente pericolo di morte senza che il sacerdote o i sacerdoti abbiano il tempo sufficiente per ascoltare la confessione di ciascun penitente. La necessità grave può verificarsi anche quando, in considerazione del numero dei penitenti, non vi siano confessori in numero sufficiente per ascoltare debitamente le confessioni dei singoli entro un tempo ragionevole, così che i penitenti, senza loro colpa, rimarrebbero a lungo privati della grazia sacramentale o della santa Comunione. In questo caso i fedeli, perché sia valida l'assoluzione, devono fare il proposito di confessare individualmente i propri peccati gravi a tempo debito. (91) Spetta al Vescovo diocesano giudicare se ricorrano le condizioni richieste per l'assoluzione generale. (92) Una considerevole affluenza di fedeli in occasione di grandi feste o di pellegrinaggi non costituisce un caso di tale grave necessità. (93)

(91) Cf CIC canone
CIC 962, § 1.
(92) Cf CIC canone CIC 961, § 2.
(93) Cf CIC canone CIC 961, § 1, 2.

1484 « La confessione individuale e completa, con la relativa assoluzione, resta l'unico modo ordinario grazie al quale i fedeli si riconciliano con Dio e con la Chiesa, a meno che un'impossibilità fisica o morale non li dispensi da una tale confessione ». (94) Ciò non è senza motivazioni profonde. Cristo agisce in ogni sacramento. Si rivolge personalmente a ciascun peccatore: « Figliolo, ti sono rimessi i tuoi peccati » (Mc 2,5); è il medico che si china sui singoli malati che hanno bisogno di lui (95) per guarirli; li rialza e li reintegra nella comunione fraterna. La confessione personale è quindi la forma più significativa della riconciliazione con Dio e con la Chiesa.

(94) Rito della Penitenza, Premesse, 31 (Libreria Editrice Vaticana 1974) p. 30.
(95) Cf Mc 2,17.


In sintesi

1485 La sera di Pasqua, il Signore Gesù si mostrò ai suoi Apostoli e disse loro: « Ricevete lo Spirito Santo; a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi » (Jn 20,22-23).

1486 Il perdono dei peccati commessi dopo il Battesimo è accordato mediante un sacramento apposito chiamato sacramento della Conversione, della Confessione, della Penitenza o della Riconciliazione.

1487 Colui che pecca ferisce l'onore di Dio e il suo amore, la propria dignità di uomo chiamato ad essere figlio di Dio e la salute spirituale della Chiesa di cui ogni cristiano deve essere una pietra viva.

1488 Agli occhi della fede, nessun male è più grave del peccato, e niente ha conseguenze peggiori per gli stessi peccatori, per la Chiesa e per il mondo intero.

1489 Ritornare alla comunione con Dio dopo averla perduta a causa del peccato, è un movimento nato dalla grazia di Dio ricco di misericordia e sollecito della salvezza degli uomini. Bisogna chiedere questo dono prezioso per sé e per gli altri.

1490 Il cammino di ritorno a Dio, chiamato conversione e pentimento, implica un dolore e una repulsione per i peccati commessi, e il fermo proposito di non peccare più in avvenire. La conversione riguarda dunque il passato e il futuro; essa si nutre della speranza nella misericordia divina.

1491 Il sacramento della Penitenza è costituito dall'insieme dei tre atti compiuti dal penitente e dall'assoluzione da parte del sacerdote. Gli atti del penitente sono: il pentimento, la confessione o manifestazione dei peccati al sacerdote e il proposito di compiere la soddisfazione e le opere di soddisfazione.

1492 Il pentimento (chiamato anche contrizione) deve essere ispirato da motivi dettati dalla fede. Se il pentimento nasce dall'amore di carità verso Dio, lo si dice « perfetto »; se è fondato su altri motivi, lo si chiama « imperfetto ».

1493 Colui che vuole ottenere la riconciliazione con Dio e con la Chiesa deve confessare al sacerdote tutti i peccati gravi che ancora non ha confessato e di cui si ricorda dopo aver accuratamente esaminato la propria coscienza. Sebbene non sia in sé necessaria, la confessione delle colpe veniali è tuttavia vivamente raccomandata dalla Chiesa.

1494 Il confessore propone al penitente il compimento di certi atti di « soddisfazione » o di « penitenza », al fine di riparare il danno causato dal peccato e ristabilire gli atteggiamenti consoni al discepolo di Cristo.

1495 Soltanto i sacerdoti che hanno ricevuto dall'autorità della Chiesa la facoltà di assolvere possono perdonare i peccati nel nome di Cristo.

1496 Gli effetti spirituali del sacramento della Penitenza sono:

- la riconciliazione con Dio mediante la quale il penitente ricupera la grazia;
- la riconciliazione con la Chiesa;
- la remissione della pena eterna meritata a causa dei peccati mortali;
- la remissione, almeno in parte, delle pene temporali, conseguenze del peccato;
- la pace e la serenità della coscienza, e la consolazione spirituale;
- l'accrescimento delle forze spirituali per il combattimento cristiano.

1497 La confessione individuale e completa dei peccati gravi seguita dall'assoluzione rimane l'unico mezzo ordinario per la riconciliazione con Dio e con la Chiesa.

1498 Mediante le indulgenze i fedeli possono ottenere per se stessi, e anche per le anime del purgatorio, la remissione delle pene temporali, conseguenze dei peccati.







ARTICOLO 5

L'UNZIONE DEGLI INFERMI

1499 « Con la sacra Unzione degli infermi e la preghiera dei presbiteri, tutta la Chiesa raccomanda gli ammalati al Signore sofferente e glorificato, perché alleggerisca le loro pene e li salvi, anzi li esorta a unirsi spontaneamente alla passione e alla morte di Cristo, per contribuire così al bene del popolo di Dio ». (96)

(96) Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium
LG 11, AAS 57 (1965) 15.



I. Suoi fondamenti nell'Economia della salvezza


La malattia nella vita umana

1500 La malattia e la sofferenza sono sempre state tra i problemi più gravi che mettono alla prova la vita umana. Nella malattia l'uomo fa l'esperienza della propria impotenza, dei propri limiti e della propria finitezza. Ogni malattia può farci intravvedere la morte.

1501 La malattia può condurre all'angoscia, al ripiegamento su di sé, talvolta persino alla disperazione e alla ribellione contro Dio. Ma essa può anche rendere la persona più matura, aiutarla a discernere nella propria vita ciò che non è essenziale per volgersi verso ciò che lo è. Molto spesso la malattia provoca una ricerca di Dio, un ritorno a lui.


Il malato di fronte a Dio

1502 L'uomo dell'Antico Testamento vive la malattia di fronte a Dio. È davanti a Dio che egli versa le sue lacrime sulla propria malattia; (97) è da lui, il Signore della vita e della morte, che egli implora la guarigione. (98) La malattia diventa cammino di conversione (99) e il perdono di Dio dà inizio alla guarigione. (100) Israele sperimenta che la malattia è legata, in un modo misterioso, al peccato e al male, e che la fedeltà a Dio, secondo la sua Legge, ridona la vita: « Perché io sono il Signore, colui che ti guarisce! » (Ex 15,26). Il profeta intuisce che la sofferenza può anche avere un valore redentivo per i peccati altrui. (101) Infine Isaia annuncia che Dio farà sorgere per Sion un tempo in cui perdonerà ogni colpa e guarirà ogni malattia. (102)

(97) Cf Ps 38.
(98) Cf Ps 6,3 Is 38.
(99) Cf Ps 38,5 Ps 39,9 Ps 39,12.
(100) Cf Ps 32,5 Ps 107,20 Mc 2,5-12.
(101) Cf Is 53,11.
(102) Cf Is 33,24.


Cristo-medico

1503 La compassione di Cristo verso i malati e le sue numerose guarigioni di infermi di ogni genere (103) sono un chiaro segno del fatto che Dio ha visitato il suo popolo (104) e che il regno di Dio è vicino. Gesù non ha soltanto il potere di guarire, ma anche di perdonare i peccati: (105) è venuto a guarire l'uomo tutto intero, anima e corpo; è il medico di cui i malati hanno bisogno. (106) La sua compassione verso tutti coloro che soffrono si spinge così lontano che egli si identifica con loro: « Ero malato e mi avete visitato » (Mt 25,36). Il suo amore di predilezione per gli infermi non ha cessato, lungo i secoli, di rendere i cristiani particolarmente premurosi verso tutti coloro che soffrono nel corpo e nello spirito. Esso sta all'origine degli instancabili sforzi per alleviare le loro pene.

(103) Cf Mt 4,24.
(104) Cf Lc 7,16.
(105) Cf Mc 2,5-12.
(106) Cf Mc 2,17.

1504 Spesso Gesù chiede ai malati di credere. (107) Si serve di segni per guarire: saliva e imposizione delle mani, (108) fango e abluzione. (109) I malati cercano di toccarlo (110) « perché da lui usciva una forza che sanava tutti » (Lc 6,19). Così, nei sacramenti, Cristo continua a « toccarci » per guarirci.

(107) Cf Mc 5,34 Mc 5,36 Mc 9,23.
(108) Cf Mc 7,32-36 Mc 8,22-25.
(109) Cf Jn 9,6-15.
(110) Cf Mc 3,10 Mc 6,56.

1505 Commosso da tante sofferenze, Cristo non soltanto si lascia toccare dai malati, ma fa sue le loro miserie: « Egli ha preso le nostre infermità e si è addossato le nostre malattie » (Mt 8,17). (111) Non ha guarito però tutti i malati. Le sue guarigioni erano segni della venuta del regno di Dio. Annunciavano una guarigione più radicale: la vittoria sul peccato e sulla morte attraverso la sua pasqua. Sulla croce, Cristo ha preso su di sé tutto il peso del male (112) e ha tolto il « peccato del mondo » (Jn 1,29), di cui la malattia non è che una conseguenza. Con la sua passione e la sua morte sulla croce, Cristo ha dato un senso nuovo alla sofferenza: essa può ormai configurarci a lui e unirci alla sua passione redentrice.

(111) Cf Is 53,4.
(112) Cf Is 53,4-6.


«Guarite gli infermi...»

1506 Cristo invita i suoi discepoli a seguirlo prendendo anch'essi la loro croce. (113) Seguendolo, assumono un nuovo modo di vedere la malattia e i malati. Gesù li associa alla sua vita di povertà e di servizio. Li rende partecipi del suo ministero di compassione e di guarigione: « E partiti, predicavano che la gente si convertisse, scacciavano molti demoni, ungevano di olio molti infermi e li guarivano » (Mc 6,12-13).

(113) Cf Mt 10,38.

1507 Il Signore risorto rinnova questo invio (« Nel mio nome [...] imporranno le mani ai malati e questi guariranno »: Mc 16,17-18) e lo conferma per mezzo dei segni che la Chiesa compie invocando il suo nome. (114) Questi segni manifestano in modo speciale che Gesù è veramente « Dio che salva ». (115)

(114) Cf Ac 9,34 Ac 14,3.
(115) Cf Mt 1,21 Ac 4,12.

1508 Lo Spirito Santo dona ad alcuni un carisma speciale di guarigione (116) per manifestare la forza della grazia del Risorto. Tuttavia, neppure le preghiere più intense ottengono la guarigione di tutte le malattie. Così san Paolo deve imparare dal Signore: « Ti basta la mia grazia; la mia potenza infatti si manifesta pienamente nella debolezza » (2Co 12,9), e che le sofferenze da sopportare possono avere questo significato: « Io completo nella mia carne ciò che manca ai patimenti di Cristo, a favore del suo corpo che è la Chiesa » (Col 1,24).

(116) Cf 1Co 12,9 1Co 12,28 1Co 12,30.

1509 « Guarite gli infermi! » (Mt 10,8). La Chiesa ha ricevuto questo compito dal Signore e cerca di attuarlo sia attraverso le cure che presta ai malati sia mediante la preghiera di intercessione con la quale li accompagna. Essa crede nella presenza vivificante di Cristo, medico delle anime e dei corpi. Questa presenza è particolarmente operante nei sacramenti e in modo tutto speciale nell'Eucaristia, pane che dà la vita eterna (117) e al cui legame con la salute del corpo san Paolo allude. (118)

(117) Cf Jn 6,54 Jn 6,58.
(118) Cf 1Co 11,30.

1510 La Chiesa apostolica conosce tuttavia un rito specifico in favore degli infermi, attestato da san Giacomo: « Chi è malato, chiami a sé i presbiteri della Chiesa e preghino su di lui, dopo averlo unto con olio, nel nome del Signore. E la preghiera fatta con fede salverà il malato: il Signore lo rialzerà e, se ha commesso peccati, gli saranno perdonati » (Jc 5,14-15). La Tradizione ha riconosciuto in questo rito uno dei sette sacramenti della Chiesa. (119)

(119) Cf Sant'Innocenzo I, Lettera Si instituta ecclesiastica: DS 216 Concilio di Firenze, Decretum pro Armenis: DS 1324-1325 Concilio di Trento, Sess. 14a, Doctrina de sacramento extremae Unctionis, c. 1-2: DS 1695-1696 Id., Sess. 14a, Canones de extrema Unctione, canoni 1-2: DS 1716-1717.


Un sacramento degli infermi

1511 La Chiesa crede e professa che esiste, tra i sette sacramenti, un sacramento destinato in modo speciale a confortare coloro che sono provati dalla malattia: l'Unzione degli infermi:

« Questa Unzione sacra dei malati è stata istituita come vero e proprio sacramento del Nuovo Testamento dal Signore nostro Gesù Cristo. Accennato da Marco, (120) è stato raccomandato ai fedeli e promulgato da Giacomo, apostolo e fratello del Signore ». (121)

(120) Cf
Mc 6,13.
(121) Concilio di Trento, Sess. 14a, Doctrina de sacramento extremae Unctionis, c. 1: DS 1695. Cf Jc 5,14-15.

1512 Nella tradizione liturgica, tanto in Oriente quanto in Occidente, si hanno fin dall'antichità testimonianze di unzioni di infermi praticate con olio benedetto. Nel corso dei secoli, l'Unzione degli infermi è stata conferita sempre più esclusivamente a coloro che erano in punto di morte. Per questo motivo aveva ricevuto il nome di « Estrema Unzione ». Malgrado questa evoluzione, la liturgia non ha mai tralasciato di pregare il Signore affinché il malato riacquisti la salute, se ciò può giovare alla sua salvezza. (122)

(122) Cf Concilio di Trento, Sess. 14a, Doctrina de sacramento extremae Unctionis, c. 2:
DS 1696.

1513 La Costituzione apostolica « Sacram Unctionem infirmorum » (30 novembre 1972), in linea con il Concilio Vaticano II (123) ha stabilito che, per l'avvenire, sia osservato nel rito romano quanto segue:

« Il sacramento dell'Unzione degli infermi viene conferito ai malati in grave pericolo, ungendoli sulla fronte e sulle mani con olio debitamente benedetto – olio di oliva o altro olio vegetale – dicendo una sola volta: "Per questa santa Unzione e per la sua piissima misericordia ti aiuti il Signore con la grazia dello Spirito Santo e, liberandoti dai peccati, ti salvi e nella sua bontà ti sollevi" ». (124)

(123) Cf Concilio Vaticano II, Cost. Sacrosanctum Concilium
SC 73, AAS 54 (1964) 118-119.
(124) Paolo VI, Cost. ap. Sacram Unctionem infirmorum: AAS 65 (1973) 8. Cf CIC 847, § 1.


II. Chi riceve e chi amministra questo sacramento?


In caso di malattia grave...

1514 L'Unzione degli infermi « non è il sacramento soltanto di coloro che sono in fin di vita. Perciò il tempo opportuno per riceverla si ha certamente già quando il fedele, per malattia o per vecchiaia, incomincia ad essere in pericolo di morte ». (125)

(125) Concilio Vaticano II, Cost. Sacrosanctum Concilium
SC 73, AAS 56 (1964) 118-119; cf CIC canoni CIC 1004, § 1. CIC 1005 CIC 1007; CCEO canone CIO 738.

1515 Se un malato che ha ricevuto l'Unzione riacquista la salute, può, in caso di un'altra grave malattia, ricevere nuovamente questo sacramento. Nel corso della stessa malattia il sacramento può essere ripetuto se si verifica un peggioramento. È opportuno ricevere l'Unzione degli infermi prima di un intervento chirurgico rischioso. Lo stesso vale per le persone anziane la cui debolezza si accentua.


«...chiami a sé i presbiteri della Chiesa»

1516 Soltanto i sacerdoti (Vescovi e presbiteri) sono i ministri dell'Unzione degli infermi. (126) È dovere dei Pastori istruire i fedeli sui benefici di questo sacramento. I fedeli incoraggino i malati a ricorrere al sacerdote per ricevere tale sacramento. I malati si preparino a riceverlo con buone disposizioni, aiutati dal loro Pastore e da tutta la comunità ecclesiale, che è invitata a circondare in modo tutto speciale i malati con le sue preghiere e le sue attenzioni fraterne.

(126) Cf Concilio di Trento, Sess. 14a, Doctrina de sacramento extremae Unctionis, c. 3:
DS 1697 Id., Sess. 14a, Canones de extrema Unctione, canone 4: DS 1719; CIC canone CIC 1003; CCEO canone CIO 739, § 1.


III. Come si celebra questo sacramento?

1517 Come tutti i sacramenti, l'Unzione degli infermi è una celebrazione liturgica e comunitaria, (127) sia che abbia luogo in famiglia, all'ospedale o in chiesa, per un solo malato o per un gruppo di infermi. È molto opportuno che sia celebrata durante l'Eucaristia, memoriale della pasqua del Signore. Se le circostanze lo consigliano, la celebrazione del sacramento può essere preceduta dal sacramento della Penitenza e seguita da quello dell'Eucaristia. In quanto sacramento della pasqua di Cristo, l'Eucaristia dovrebbe sempre essere l'ultimo sacramento del pellegrinaggio terreno, il « viatico » per il « passaggio » alla vita eterna.

(127) Concilio Vaticano II, Cost. Sacrosanctum Concilium
SC 27, AAS 56 (1964) 107.

1518 Parola e sacramento costituiscono un tutto inseparabile. La liturgia della Parola, preceduta da un atto penitenziale, apre la celebrazione. Le parole di Cristo, la testimonianza degli Apostoli ravvivano la fede del malato e della comunità per chiedere al Signore la forza del suo Spirito.

1519 La celebrazione del sacramento comprende principalmente i seguenti elementi: « i presbiteri della Chiesa » (128) impongono – in silenzio – le mani ai malati; pregano sui malati nella fede della Chiesa: (129) è l'epiclesi propria di questo sacramento; quindi fanno l'unzione con l'olio, benedetto, possibilmente, dal Vescovo. Queste azioni liturgiche indicano quale grazia tale sacramento conferisce ai malati.

(128) Cf
Jc 5,14.
(129) Cf Jc 5,15.


IV. Gli effetti della celebrazione di questo sacramento

1520 Un dono particolare dello Spirito Santo. La grazia fondamentale di questo sacramento è una grazia di conforto, di pace e di coraggio per superare le difficoltà proprie dello stato di malattia grave o della fragilità della vecchiaia. Questa grazia è un dono dello Spirito Santo che rinnova la fiducia e la fede in Dio e fortifica contro le tentazioni del maligno, cioè contro la tentazione di scoraggiamento e di angoscia di fronte alla morte. (130) Questa assistenza del Signore attraverso la forza del suo Spirito vuole portare il malato alla guarigione dell'anima, ma anche a quella del corpo, se tale è la volontà di Dio. (131) Inoltre, « se ha commesso peccati, gli saranno perdonati » (Jc 5,15). (132)

(130) Cf He 2,15.
(131) Concilio di Firenze, Decretum pro Armenis: DS 1325.
(132) Cf Concilio di Trento, Sess. 14a, Canones de extrema Unctione, canone 2: DS 1717.

1521 L'unione alla passione di Cristo. Per la grazia di questo sacramento il malato riceve la forza e il dono di unirsi più intimamente alla passione di Cristo: egli viene in certo qual modo consacrato per portare frutto mediante la configurazione alla passione redentrice del Salvatore. La sofferenza, conseguenza del peccato originale, riceve un senso nuovo: diviene partecipazione all'opera salvifica di Gesù.

1522 Una grazia ecclesiale. I malati che ricevono questo sacramento, unendosi « spontaneamente alla passione e alla morte di Cristo », contribuiscono « al bene del popolo di Dio ». (133) Celebrando questo sacramento, la Chiesa, nella comunione dei santi, intercede per il bene del malato. E l'infermo, a sua volta, per la grazia di questo sacramento, contribuisce alla santificazione della Chiesa e al bene di tutti gli uomini per i quali la Chiesa soffre e si offre, per mezzo di Cristo, a Dio Padre.

(133) Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium
LG 11, AAS 57 (1965) 15.

1523 Una preparazione all'ultimo passaggio. Se il sacramento dell'Unzione degli infermi è conferito a tutti coloro che soffrono di malattie e di infermità gravi, a maggior ragione è dato a coloro che stanno per uscire da questa vita (« in exitu vitae constituti »), (134) per cui lo si è anche chiamato « sacramentum exeuntium ». (135) L'Unzione degli infermi porta a compimento la nostra conformazione alla morte e alla risurrezione di Cristo, iniziata dal Battesimo. Essa completa le sante unzioni che segnano tutta la vita cristiana; quella del Battesimo aveva suggellato in noi la vita nuova; quella della Confermazione ci aveva fortificati per il combattimento di questa vita. Quest'ultima unzione munisce la fine della nostra esistenza terrena come di un solido baluardo in vista delle ultime lotte prima dell'ingresso nella Casa del Padre. (136)

(134) Concilio di Trento, Sess. 14a, Doctrina de sacramento extremae Unctionis, c. 3:
DS 1698.
(135) Ibid). DS 1698
(136) Cf Concilio di Trento, Sess. 14a, Doctrina de sacramento extremae Unctionis, Prooemium: DS 1694.


V. Il viatico, ultimo sacramento del cristiano

1524 A coloro che stanno per lasciare questa vita, la Chiesa offre, oltre all'Unzione degli infermi, l'Eucaristia come viatico. Ricevuta in questo momento di passaggio al Padre, la comunione al Corpo e al Sangue di Cristo ha un significato e un'importanza particolari. È seme di vita eterna e potenza di risurrezione, secondo le parole del Signore: « Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell'ultimo giorno » (Jn 6,54). Sacramento di Cristo morto e risorto, l'Eucaristia è, qui, sacramento del passaggio dalla morte alla vita, da questo mondo al Padre. (137)

(137) Cf Jn 13,1).


1525 Come i sacramenti del Battesimo, della Confermazione e dell'Eucaristia costituiscono una unità chiamata « i sacramenti dell'iniziazione cristiana », così si può dire che la Penitenza, la santa Unzione e l'Eucaristia, in quanto viatico, costituiscono, al termine della vita cristiana, « i sacramenti che preparano alla Patria » o i sacramenti che concludono il pellegrinaggio terreno.



In sintesi

1526 « Chi è malato, chiami a sé i presbiteri della Chiesa e preghino su di lui, dopo averlo unto con olio, nel nome del Signore. E la preghiera fatta con fede salverà il malato: il Signore lo rialzerà e, se ha commesso peccati, gli saranno perdonati » (Jc 5,14-15).

1527 Il sacramento dell'Unzione degli infermi ha lo scopo di conferire una grazia speciale al cristiano che sperimenta le difficoltà inerenti allo stato di malattia grave o alla vecchiaia.

1528 Il momento opportuno per ricevere la santa Unzione è certamente quello in cui il fedele comincia a trovarsi in pericolo di morte per malattia o vecchiaia.

1529 Ogni volta che un cristiano cade gravemente malato, può ricevere la santa Unzione, come pure quando, dopo averla già ricevuta, si verifica un aggravarsi della malattia.

1530 Soltanto i sacerdoti (presbiteri e Vescovi) possono amministrare il sacramento dell'Unzione degli infermi; per conferirlo usano olio benedetto dal Vescovo o, all'occorrenza, dallo stesso presbitero celebrante.

1531 L'essenziale della celebrazione di questo sacramento consiste nell'unzione sulla fronte e sulle mani del malato (nel rito romano) o su altre parti del corpo (in Oriente), unzione accompagnata dalla preghiera liturgica del sacerdote celebrante che implora la grazia speciale di questo sacramento.

1532 La grazia speciale del sacramento dell'Unzione degli infermi ha come effetti:

- l'unione del malato alla passione di Cristo, per il suo bene e per quello di tutta la Chiesa;
- il conforto, la pace e il coraggio per sopportare cristianamente le sofferenze della malattia o della vecchiaia;
- il perdono dei peccati, se il malato non ha potuto ottenerlo con il sacramento della Penitenza;
- il recupero della salute, se ciò giova alla salvezza spirituale;
- la preparazione al passaggio alla vita eterna.






Catechismo Chiesa Catt. 1471