Catechismo Chiesa Catt. 1913

III. Responsabilità e partecipazione

1913 La partecipazione è l'impegno volontario e generoso della persona negli scambi sociali. È necessario che tutti, ciascuno secondo il posto che occupa e il ruolo che ricopre, partecipino a promuovere il bene comune. Questo dovere è inerente alla dignità della persona umana.

1914 La partecipazione si realizza innanzi tutto con il farsi carico dei settori dei quali l'uomo si assume la responsabilità personale: attraverso la premura con cui si dedica all'educazione della propria famiglia, mediante la coscienza con cui attende al proprio lavoro, egli partecipa al bene altrui e della società. (162)

(162) Cf Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus
CA 43, AAS 83 (1991) 847.

1915 I cittadini, per quanto è possibile, devono prendere parte attiva alla vita pubblica. Le modalità di tale partecipazione possono variare da un paese all'altro, da una cultura all'altra. « È da lodarsi il modo di agire di quelle nazioni nelle quali la maggioranza dei cittadini è fatta partecipe della gestione della cosa pubblica in un clima di vera libertà ». (163)

(163) Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes
GS 31, AAS 58 (1966) 1050.

1916 La partecipazione di tutti all'attuazione del bene comune implica, come ogni dovere etico, una conversione incessantemente rinnovata delle parti sociali. La frode e altri sotterfugi mediante i quali alcuni si sottraggono alle imposizioni della legge e alle prescrizioni del dovere sociale, vanno condannati con fermezza, perché incompatibili con le esigenze della giustizia. Ci si deve occupare del progresso delle istituzioni che servono a migliorare le condizioni di vita degli uomini. (164)

(164) Cf Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes
GS 30, AAS 58 (1966) 1049.

1917 Spetta a coloro che sono investiti di autorità consolidare i valori che attirano la fiducia dei membri del gruppo e li stimolano a mettersi al servizio dei loro simili. La partecipazione ha inizio dall'educazione e dalla cultura. « Legittimamente si può pensare che il futuro dell'umanità sia riposto nelle mani di coloro che sono capaci di trasmettere alle generazioni di domani ragioni di vita e di speranza ». (165)

(165) Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes
GS 31, AAS 58 (1966) 1050.


In sintesi

1918 « Non c'è autorità se non da Dio e quelle che esistono sono stabilite da Dio » (Rm 13,1).

1919 Ogni comunità umana ha bisogno di un'autorità per conservarsi e svilupparsi.

1920 « La comunità politica e l'autorità pubblica hanno il loro fondamento nella natura umana e perciò appartengono all'ordine stabilito da Dio ». (166)

(166) Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes
GS 74, AAS 58 (1966) 1096.

1921 L'autorità è esercitata in modo legittimo se si dedica al conseguimento del bene comune della società. Per raggiungerlo, deve usare mezzi moralmente accettabili.

1922 La diversità dei regimi politici è legittima, a condizione che essi concorrano al bene della comunità.

1923 L'autorità politica deve essere esercitata entro i limiti dell'ordine morale e garantire le condizioni d'esercizio della libertà.

1924 Il bene comune comprende « l'insieme di quelle condizioni della vita sociale che permettono ai gruppi, come ai singoli membri, di raggiungere la propria perfezione più pienamente e più speditamente ». (167)

(167) Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes
GS 26, AAS 58 (1966) 1046.

1925 Il bene comune comporta tre elementi essenziali: il rispetto e la promozione dei diritti fondamentali della persona; la prosperità o lo sviluppo dei beni spirituali e temporali della società; la pace e la sicurezza del gruppo e dei suoi membri.

1926 La dignità della persona umana implica la ricerca del bene comune. Ciascuno ha il dovere di adoperarsi per suscitare e sostenere istituzioni che servano a migliorare le condizioni di vita degli uomini.

1927 È compito dello Stato difendere e promuovere il bene comune della società civile. Il bene comune dell'intera famiglia umana richiede un'organizzazione della società internazionale.






ARTICOLO 3

LA GIUSTIZIA SOCIALE

1928 La società assicura la giustizia sociale allorché realizza le condizioni che consentono alle associazioni e agli individui di conseguire ciò a cui hanno diritto secondo la loro natura e la loro vocazione. La giustizia sociale è connessa con il bene comune e con l'esercizio dell'autorità.



I. Il rispetto della persona umana

1929 La giustizia sociale non si può ottenere se non nel rispetto della dignità trascendente dell'uomo. La persona rappresenta il fine ultimo della società, la quale è ad essa ordinata:

« La difesa e la promozione della dignità della persona umana ci sono state affidate dal Creatore; di essa sono rigorosamente e responsabilmente debitori gli uomini e le donne in ogni congiuntura della storia ». (168)

(168) Giovanni Paolo II, Lett. enc. Sollicitudo rei socialis
SRS 47, AAS 80 (1988) 581.

1930 Il rispetto della persona umana implica il rispetto dei diritti che scaturiscono dalla sua dignità di creatura. Questi diritti sono anteriori alla società e ad essa si impongono. Essi sono il fondamento della legittimità morale di ogni autorità: una società che li irrida o rifiuti di riconoscerli nella propria legislazione positiva, mina la propria legittimità morale. (169) Se manca tale rispetto, un'autorità non può che appoggiarsi sulla forza o sulla violenza per ottenere l'obbedienza dei propri sudditi. È compito della Chiesa richiamare alla memoria degli uomini di buona volontà questi diritti e distinguerli dalle rivendicazioni abusive o false.

(169) Cf Giovanni XXIII, Lett. enc. Pacem in terris PT 61, AAS 55 (1963) 274.

1931 Il rispetto della persona umana non può assolutamente prescindere dal rispetto di questo principio: « I singoli » devono « considerare il prossimo, nessuno eccettuato, come "un altro se stesso", tenendo conto della sua vita e dei mezzi necessari per viverla degnamente ». (170) Nessuna legislazione sarebbe in grado, da se stessa, di dissipare i timori, i pregiudizi, le tendenze all'orgoglio e all'egoismo, che ostacolano l'instaurarsi di società veramente fraterne. Simili comportamenti si superano solo con la carità, la quale vede in ogni uomo un « prossimo », un fratello.

(170) Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes
GS 27, AAS 58 (1966) 1047.

1932 Il dovere di farsi il prossimo degli altri e di servirli attivamente diventa ancora più urgente quando costoro sono particolarmente bisognosi, sotto qualsiasi aspetto. « Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me » (Mt 25,40).

1933 Questo stesso dovere comprende anche coloro che pensano o operano diversamente da noi. L'insegnamento di Cristo arriva fino a chiedere il perdono delle offese. Estende il comandamento dell'amore, che è quello della Legge nuova, a tutti i nemici. (171) La liberazione nello spirito del Vangelo è incompatibile con l'odio del nemico in quanto persona, ma non con l'odio del male che egli compie in quanto nemico.

(171) Cf
Mt 5,43-44.


II. Uguaglianza e differenze tra gli uomini

1934 Tutti gli uomini, creati ad immagine dell'unico Dio e dotati di una medesima anima razionale, hanno la stessa natura e la stessa origine. Redenti dal sacrificio di Cristo, tutti sono chiamati a partecipare alla medesima beatitudine divina: tutti, quindi, godono di una eguale dignità.

1935 L'uguaglianza tra gli uomini poggia essenzialmente sulla loro dignità personale e sui diritti che ne derivano:

« Ogni genere di discriminazione nei diritti fondamentali della persona [...] in ragione del sesso, della stirpe, del colore, della condizione sociale, della lingua o della religione, deve essere superato ed eliminato, come contrario al disegno di Dio ». (172)

(172) Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes
GS 29, AAS 58 (1966) 1048-1049.

1936 L'uomo, venendo al mondo, non dispone di tutto ciò che è necessario allo sviluppo della propria vita, corporale e spirituale. Ha bisogno degli altri. Si notano differenze legate all'età, alle capacità fisiche, alle attitudini intellettuali o morali, agli scambi di cui ciascuno ha potuto beneficiare, alla distribuzione delle ricchezze. (173) I « talenti » non sono distribuiti in misura eguale. (174)

(173) Cf Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes
GS 29, AAS 58 (1966) 1048.
(174) Cf Mt 25,14-30 Lc 19,11-27.

1937 Tali differenze rientrano nel piano di Dio, il quale vuole che ciascuno riceva dagli altri ciò di cui ha bisogno, e che coloro che hanno « talenti » particolari ne comunichino i benefici a coloro che ne hanno bisogno. Le differenze incoraggiano e spesso obbligano le persone alla magnanimità, alla benevolenza e alla condivisione; spingono le culture a mutui arricchimenti:

« Io distribuisco le virtù tanto differentemente, che non do tutto ad ognuno, ma a chi l'una a chi l'altra. [...] A chi darò principalmente la carità, a chi la giustizia, a chi l'umiltà, a chi una fede viva. [...] E così ho dato molti doni e grazie di virtù, spirituali e temporali, con tale diversità, che non tutto ho comunicato ad una sola persona, affinché voi foste costretti ad usare carità l'uno con l'altro. [...] Io volli che l'uno avesse bisogno dell'altro e tutti fossero miei ministri nel dispensare le grazie e i doni da me ricevuti ». (175)

(175) Santa Caterina da Siena, Il dialogo della Divina provvidenza, 7: ed. G. Cavallini (Roma 1995) p. 23-24.

1938 Esistono anche disuguaglianze inique che colpiscono milioni di uomini e di donne. Esse sono in aperto contrasto con il Vangelo:

« L'eguale dignità delle persone richiede che si giunga ad una condizione più umana e giusta della vita. Infatti le troppe disuguaglianze economiche e sociali, tra membri e tra popoli dell'unica famiglia umana, suscitano scandalo e sono contrarie alla giustizia sociale, all'equità, alla dignità della persona umana, nonché alla pace sociale ed internazionale ». (176)

(176) Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes
GS 29, AAS 58 (1966) 1049.


III. La solidarietà umana

1939 Il principio di solidarietà, designato pure con il nome di « amicizia » o di « carità sociale », è un'esigenza diretta della fraternità umana e cristiana: (177)

Un errore « oggi largamente diffuso è la dimenticanza della legge della solidarietà umana e della carità, legge dettata e imposta tanto dalla comunità di origine e dall'uguaglianza della natura ragionevole, propria di tutti gli uomini, a qualsiasi popolo appartengano, quanto dal sacrificio offerto da Gesù Cristo sull'altare della croce, al Padre suo celeste, in favore dell'umanità peccatrice ». (178)

(177) Cf Giovanni Paolo II, Lett. enc. Sollicitudo rei socialis
SRS 38-40, AAS 80 (1988) 564-569; Id., Lett. enc. Centesimus annus, CA 10: AAS 83 (1991) 805-806.
(178) Pio XII, Lett. enc. Summi Pontificatus: AAS 31 (1939) 426.

1940 La solidarietà si esprime innanzi tutto nella ripartizione dei beni e nella remunerazione del lavoro. Suppone anche l'impegno per un ordine sociale più giusto, nel quale le tensioni potrebbero essere meglio riassorbite e i conflitti troverebbero più facilmente la loro soluzione negoziata.

1941 I problemi socio-economici non possono essere risolti che mediante il concorso di tutte le forme di solidarietà: solidarietà dei poveri tra loro, dei ricchi e dei poveri, dei lavoratori tra loro, degli imprenditori e dei dipendenti nell'impresa, solidarietà tra le nazioni e tra i popoli. La solidarietà internazionale è un'esigenza di ordine morale. La pace del mondo dipende in parte da essa.

1942 La virtù della solidarietà oltrepassa l'ambito dei beni materiali. Diffondendo i beni spirituali della fede, la Chiesa ha, per di più, favorito lo sviluppo del benessere temporale, al quale spesso ha aperto vie nuove. Così, nel corso dei secoli, si è realizzata la parola del Signore: « Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta » (Mt 6,33):

« Da duemila anni, vive e vigoreggia nell'anima della Chiesa quel sentimento che ha spinto ed ancora spinge fino all'eroismo della carità i monaci agricoltori, i liberatori degli schiavi, coloro che curano gli ammalati, coloro che portano il messaggio della fede, della civiltà, della cultura a tutte le generazioni e a tutti i popoli, al fine di creare condizioni sociali tali da rendere possibile per tutti una vita degna dell'uomo e del cristiano ». (179)

(179) Pio XII, Messaggio radiofonico (1o giugno 1941): AAS 33 (1941) 204.


In sintesi

1943 La società assicura la giustizia sociale realizzando le condizioni che permettono alle associazioni e agli individui di ottenere ciò a cui hanno diritto.

1944 Il rispetto della persona umana conduce a considerare l'altro come « un altro se stesso ». Esso comporta il rispetto dei diritti fondamentali che derivano dall'intrinseca dignità della persona.

1945 L'uguaglianza tra gli uomini si fonda sulla loro dignità personale e sui diritti che da essa derivano.

1946 Le differenze tra le persone rientrano nel disegno di Dio, il quale vuole che noi abbiamo bisogno gli uni degli altri. Esse devono spronare alla carità.

1947 L'eguale dignità delle persone umane richiede l'impegno per ridurre le disuguaglianze sociali ed economiche eccessive. Essa spinge ad eliminare le disuguaglianze inique.

1948 La solidarietà è una virtù eminentemente cristiana. Essa attua la condivisione dei beni spirituali ancor più che di quelli materiali.




CAPITOLO TERZO

LA SALVEZZA DI DIO:

LA LEGGE E LA GRAZIA

1949 Chiamato alla beatitudine, ma ferito dal peccato, l'uomo ha bisogno della salvezza di Dio. L'aiuto divino gli viene dato in Cristo, per mezzo della Legge che lo dirige e nella grazia che lo sostiene:

« Attendete alla vostra salvezza con timore e tremore. È Dio infatti che suscita in voi il volere e l'operare secondo i suoi benevoli disegni » (
Ph 2,12-13).


ARTICOLO 1

LA LEGGE MORALE

1950 La legge morale è opera della Sapienza divina. La si può definire, in senso biblico, come un insegnamento paterno, una pedagogia di Dio. Prescrive all'uomo le vie, le norme di condotta che conducono alla beatitudine promessa; vieta le strade del male, che allontanano da Dio e dal suo amore. Essa è ad un tempo severa nei suoi precetti e soave nelle sue promesse.

1951 La legge è una regola di comportamento emanata dall'autorità competente in vista del bene comune. La legge morale suppone l'ordine razionale stabilito tra le creature, per il loro bene e in vista del loro fine, dalla potenza, dalla sapienza, dalla bontà del Creatore. Ogni legge trova nella Legge eterna la sua prima e ultima verità. La legge è dichiarata e stabilita dalla ragione come una partecipazione alla provvidenza del Dio vivente, Creatore e Redentore di tutti. « L'ordinamento della ragione, ecco ciò che si chiama la legge ». (180)

« L'uomo è il solo tra tutti gli esseri animati che possa gloriarsi d'essere stato degno di ricevere una Legge da Dio; animale dotato di ragione, capace di comprendere e di discernere, egli regolerà la propria condotta valendosi della sua libertà e della sua ragione, nella docile obbedienza a colui che tutto gli ha affidato ». (181)

(180) Leone XIII, Lett. enc. Libertas praestantissimum: Leonis XIII Acta 8, 218; cf San Tommaso d'Aquino, Summa theologiae,
I-II 90,1: Ed. Leon. 7, 149-150.
(181) Tertulliano, Adversus Marcionem, 2, 4, 5: CCL 1, 479 (PL 2, 315).


1952 Le espressioni della legge morale sono diverse, e sono tutte coordinate tra loro: la Legge eterna, fonte, in Dio, di tutte le leggi; la legge naturale; la Legge rivelata, che comprende la Legge antica e la Legge nuova o evangelica; infine le leggi civili ed ecclesiastiche.

1953 La legge morale trova in Cristo la sua pienezza e la sua unità. Gesù Cristo in persona è la via della perfezione. È il termine della Legge, perché egli solo insegna e dà la giustizia di Dio: « Il termine della legge è Cristo, perché sia data la giustizia a chiunque crede » (Rm 10,4).



I. La legge morale naturale

1954 L'uomo partecipa alla sapienza e alla bontà del Creatore, che gli conferisce la padronanza dei suoi atti e la capacità di dirigersi verso la verità e il bene. La legge naturale esprime il senso morale originale che permette all'uomo di discernere, per mezzo della ragione, il bene e il male, la verità e la menzogna:

« La legge naturale è iscritta e scolpita nell'anima di tutti i singoli uomini; essa infatti è la ragione umana che impone di agire bene e proibisce il peccato. [...] Questa prescrizione dell'umana ragione, però, non è in grado di avere forza di legge, se non è la voce e l'interprete di una ragione più alta, alla quale il nostro spirito e la nostra libertà devono essere sottomessi ». (182)

(182) Leone XIII, Lett. enc. Libertas praestantissimum: Leonis XIII Acta 8, 219.

1955 La Legge divina e naturale (183) mostra all'uomo la via da seguire per compiere il bene e raggiungere il proprio fine. La legge naturale indica le norme prime ed essenziali che regolano la vita morale. Ha come perno l'aspirazione e la sottomissione a Dio, fonte e giudice di ogni bene, e altresì il senso dell'altro come uguale a se stesso. Nei suoi precetti principali essa è esposta nel Decalogo. Questa legge è chiamata naturale non in rapporto alla natura degli esseri irrazionali, ma perché la ragione che la promulga è propria della natura umana:

« Dove dunque sono iscritte queste regole, se non nel libro di quella luce che si chiama verità? Di qui, dunque, è dettata ogni legge giusta e si trasferisce nel cuore dell'uomo che opera la giustizia, non emigrando in lui, ma quasi imprimendosi in lui, come l'immagine passa dall'anello nella cera, ma senza abbandonare l'anello ». (184)

La legge naturale « altro non è che la luce dell'intelligenza infusa in noi da Dio. Grazie ad essa conosciamo ciò che si deve compiere e ciò che si deve evitare. Questa luce o questa legge Dio l'ha donata alla creazione ». (185)

(183) Cf Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes
GS 89, AAS 58 (1966) 1111-1112.
(184) Sant'Agostino, De Trinitate, 14, 15, 21: CCL 50A, 451 (PL 42, 1052).
(185) San Tommaso d'Aquino, In duo praecepta caritatis et in decem Legis praecepta expositio, c. 1: Opera omnia, v. 27 (Parigi 1875) p. 144.

1956 Presente nel cuore di ogni uomo e stabilita dalla ragione, la legge naturale è universale nei suoi precetti e la sua autorità si estende a tutti gli uomini. Esprime la dignità della persona e pone la base dei suoi diritti e dei suoi doveri fondamentali:

« Certamente esiste una vera legge: è la retta ragione; essa è conforme alla natura, la si trova in tutti gli uomini; è immutabile ed eterna; i suoi precetti chiamano al dovere, i suoi divieti trattengono dall'errore. [...] È un delitto sostituirla con una legge contraria; è proibito non praticarne una sola disposizione; nessuno poi può abrogarla completamente ». (186)

(186) Marco Tullio Cicerone, De re publica, 3, 22, 33: Scripta quae manserunt omnia, Bibliotheca Teubneriana fasc. 39, ed. K. Ziegler, (Leipzig 1969) p. 96.

1957 L'applicazione della legge naturale si diversifica molto; può richiedere un adattamento alla molteplicità delle condizioni di vita, secondo i luoghi, le epoche e le circostanze. Tuttavia, nella diversità delle culture, la legge naturale resta come una regola che lega gli uomini tra loro e ad essi impone, al di là delle inevitabili differenze, principi comuni.

1958 La legge naturale è immutabile (187) e permane inalterata attraverso i mutamenti della storia; rimane sotto l'evolversi delle idee e dei costumi e ne sostiene il progresso. Le norme che la esprimono restano sostanzialmente valide. Anche se si arriva a negare i suoi principi, non la si può però distruggere, né strappare dal cuore dell'uomo. Sempre risorge nella vita degli individui e delle società:

« La tua Legge, Signore, condanna chiaramente il furto, e così la legge scritta nel cuore degli uomini, legge che nemmeno la loro malvagità può cancellare ». (188)

(187) Cf Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes
GS 10, AAS 58 (1966) 1033.
(188) Sant'Agostino, Confessiones, 2, 4, 9: CCL 27, 21 (PL 32, 678).

1959 Opera molto buona del Creatore, la legge naturale fornisce i solidi fondamenti sui quali l'uomo può costruire l'edificio delle regole morali che guideranno le sue scelte. Essa pone anche il fondamento morale indispensabile per edificare la comunità degli uomini. Procura infine il fondamento necessario alla legge civile, la quale ad essa si riallaccia sia con la riflessione che trae le conseguenze dai principi della legge naturale, sia con aggiunte di natura positiva e giuridica.

1960 I precetti della legge naturale non sono percepiti da tutti con chiarezza ed immediatezza. Nell'attuale situazione, la grazia e la Rivelazione sono necessarie all'uomo peccatore perché le verità religiose e morali possano essere conosciute « da tutti e senza difficoltà, con ferma certezza e senza alcuna mescolanza di errore ». (189) La legge naturale offre alla Legge rivelata e alla grazia un fondamento preparato da Dio e in piena armonia con l'opera dello Spirito.

(189) Concilio Vaticano I, Cost. dogm. Dei Filius, c. 2:
DS 3005 Pio XII, Lett. enc. Humani generis: DS 3876.


II. La Legge antica

1961 Dio, nostro Creatore e nostro Redentore, si è scelto Israele come suo popolo e gli ha rivelato la sua Legge, preparando in tal modo la venuta di Cristo. La Legge di Mosè esprime molte verità che sono naturalmente accessibili alla ragione. Queste si trovano affermate ed autenticate all'interno dell'Alleanza della salvezza.

1962 La Legge antica è il primo stadio della Legge rivelata. Le sue prescrizioni morali sono riassunte nei dieci comandamenti. I precetti del Decalogo pongono i fondamenti della vocazione dell'uomo, creato ad immagine di Dio; vietano ciò che è contrario all'amore di Dio e del prossimo, e prescrivono ciò che gli è essenziale. Il Decalogo è una luce offerta alla coscienza di ogni uomo per manifestargli la chiamata e le vie di Dio, e difenderlo contro il male:

Dio « ha scritto sulle tavole della Legge ciò che gli uomini non riuscivano a leggere nei loro cuori ». (190)

(190) Sant'Agostino, Enarratio in Psalmum 57, 1: CCL 39, 708 (PL 36, 673).

1963 Secondo la tradizione cristiana, la Legge santa, (191) spirituale (192) e buona, (193) è ancora imperfetta. Come un pedagogo (194) essa indica ciò che si deve fare, ma da sé non dà la forza, la grazia dello Spirito per osservarla. A causa del peccato che non può togliere, essa rimane una legge di schiavitù. Secondo san Paolo, essa ha particolarmente la funzione di denunciare e di manifestare il peccato che nel cuore dell'uomo forma una « legge di concupiscenza ». (195) Tuttavia la Legge rimane la prima tappa sul cammino del Regno. Essa prepara e dispone il popolo eletto e ogni cristiano alla conversione e alla fede nel Dio Salvatore. Dà un insegnamento che rimane per sempre, come parola di Dio.

(191) Cf
Rm 7,12.
(192) Cf Rm 7,14.
(193) Cf Rm 7,16.
(194) Cf Ga 3,24.
(195) Cf Rm 7.

1964 La Legge antica è una preparazione al Vangelo. « La Legge è profezia e pedagogia delle realtà future ». (196) Essa profetizza e presagisce l'opera della liberazione dal peccato che si compirà con Cristo, ed offre al Nuovo Testamento le immagini, i « tipi », i simboli per esprimere la vita secondo lo Spirito. La Legge infine viene completata dall'insegnamento dei libri sapienziali e dei profeti, che la orientano verso la Nuova Alleanza e il regno dei cieli.

« Ci furono [...], nel regime dell'Antico Testamento, anime ripiene di carità e della grazia dello Spirito Santo, le quali aspettavano soprattutto il compimento delle promesse spirituali ed eterne. Sotto tale aspetto, costoro appartenevano alla nuova Legge. Al contrario, anche nel Nuovo Testamento ci sono uomini carnali, che ancora non hanno raggiunto la perfezione della nuova Legge, e che bisogna indurre alle azioni virtuose con la paura del castigo o con la promessa di beni temporali. Però, la Legge antica, anche se dava i precetti della carità, non era in grado di offrire la grazia dello Spirito Santo, in virtù del quale "l'amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori" (
Rm 5,5) ». (197)

(196) Sant'Ireneo di Lione, Adversus haereses, 4, 15, 1: SC 100,548.
(197) San Tommaso d'Aquino, Summa theologiae, I-II 107,1, ad 2: Ed. Leon. 7, 279.


III. La nuova Legge o Legge evangelica

1965 La nuova Legge o Legge evangelica è la perfezione quaggiù della Legge divina, naturale e rivelata. È opera di Cristo e trova la sua espressione particolarmente nel discorso della montagna; è anche opera dello Spirito Santo e, per mezzo di lui, diventa la legge interiore della carità: « Io stipulerò con la casa d'Israele [...] un'alleanza nuova. [...] Porrò le mie leggi nella loro mente e le imprimerò nei loro cuori; sarò il loro Dio ed essi saranno il mio popolo » (He 8,8 He 8,10). (198)

(198) Cf Jr 31,31-34.

1966 La Legge nuova è la grazia dello Spirito Santo, data ai fedeli in virtù della fede in Cristo. Essa opera mediante la carità, si serve del discorso del Signore sulla montagna per insegnarci ciò che si deve fare, e dei sacramenti per comunicarci la grazia di farlo:

« Chi vorrà meditare con pietà e perspicacia il discorso che nostro Signore ha pronunciato sulla montagna, così come lo si legge nel Vangelo di san Matteo, indubbiamente vi troverà la "magna carta" della vita cristiana. [...] Questo discorso infatti comprende tutte le norme peculiari dell'esistenza cristiana ». (199)

(199) Sant'Agostino, De sermone Domini in monte, 1, 1, 1: CCL 35, 1-2 (PL 34, 1229-1231).

1967 La Legge evangelica « dà compimento » (200) alla Legge antica, la purifica, la supera e la porta alla perfezione. Nelle beatitudini essa compie le promesse divine, elevandole ed ordinandole al « regno dei cieli ». Si rivolge a coloro che sono disposti ad accogliere con fede questa speranza nuova: i poveri, gli umili, gli afflitti, i puri di cuore, i perseguitati a causa di Cristo, tracciando in tal modo le sorprendenti vie del Regno.

(200) Cf
Mt 5,17-19.

1968 La Legge evangelica dà compimento ai comandamenti della Legge. Il discorso del Signore sulla montagna, lungi dall'abolire o dal togliere valore alle prescrizioni morali della Legge antica, ne svela le virtualità nascoste e ne fa scaturire nuove esigenze: ne mette in luce tutta la verità divina e umana. Esso non aggiunge nuovi precetti esteriori, ma arriva a riformare la radice delle azioni, il cuore, là dove l'uomo sceglie tra il puro e l'impuro, (201) dove si sviluppano la fede, la speranza e la carità e, con queste, le altre virtù. Così il Vangelo porta la Legge alla sua pienezza mediante l'imitazione della perfezione del Padre celeste, (202) il perdono dei nemici e la preghiera per i persecutori, sull'esempio della magnanimità divina. (203)

(201) Cf
Mt 15,18-19.
(202) Cf Mt 5,48.
(203) Cf Mt 5,44.

1969 La Legge nuova pratica gli atti della religione: l'elemosina, la preghiera e il digiuno, ordinandoli al « Padre che vede nel segreto », in opposizione al desiderio di « essere visti dagli uomini ». (204) La sua preghiera è il « Padre nostro ». (205)

(204) Cf
Mt 6,1-6 Mt 6,16-18.
(205) Cf Mt 6,9-13.

1970 La Legge evangelica implica la scelta decisiva tra « le due vie » (206) e mettere in pratica le parole del Signore; (207) essa si riassume nella regola d'oro: « Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro: questa infatti è la Legge e i Profeti » (Mt 7,12). (208) Tutta la Legge evangelica è racchiusa nel comandamento nuovo di Gesù, (209) di amarci gli uni gli altri come lui ci ha amati. (210)

(206) Cf Mt 7,13-14.
(207) Cf Mt 7,21-27.
(208) Cf Lc 6,31.
(209) Cf Jn 13,34.
(210) Cf Jn 15,12.

1971 Al discorso del Signore sulla montagna è opportuno aggiungere la catechesi morale degli insegnamenti apostolici come Rm 12-15 1Co 12-13 Col 3-4 Ep 4-6; ecc. Questa dottrina trasmette l'insegnamento del Signore con l'autorità degli Apostoli, particolarmente attraverso l'esposizione delle virtù che derivano dalla fede in Cristo e che sono animate dalla carità, il principale dono dello Spirito Santo. « La carità non abbia finzioni. [...] Amatevi gli uni gli altri con affetto fraterno. [...] Siate lieti nella speranza, forti nella tribolazione, perseveranti nella preghiera, solleciti per le necessità dei fratelli, premurosi nell'ospitalità » (Rm 12,9-13). Questa catechesi ci insegna anche a considerare i casi di coscienza alla luce del nostro rapporto con Cristo e con la Chiesa. (211)

(211) Cf Rm 14 1Co 5-10.

1972 La Legge nuova è chiamata legge d'amore, perché fa agire in virtù dell'amore che lo Spirito Santo infonde, più che sotto la spinta del timore; legge di grazia, perché, per mezzo della fede e dei sacramenti, conferisce la forza della grazia per agire; legge di libertà, (212) perché ci libera dalle osservanze rituali e giuridiche della Legge antica, ci porta ad agire spontaneamente sotto l'impulso della carità, ed infine ci fa passare dalla condizione di servo « che non sa quello che fa il suo padrone » a quella di amico di Cristo « perché tutto ciò che ho udito dal Padre l'ho fatto conoscere a voi » (Jn 15,15), o ancora alla condizione di figlio erede. (213)

(212) Cf Jc 1,25 Jc 2,12.
(213) Cf Ga 4,1-7 Ga 4,21-31 Rm 8,15-17.

1973 Oltre ai suoi precetti, la Legge nuova comprende anche i consigli evangelici. La distinzione tradizionale tra i comandamenti di Dio e i consigli evangelici si stabilisce in rapporto alla carità, perfezione della vita cristiana. I precetti mirano a rimuovere ciò che è incompatibile con la carità. I consigli si prefiggono di rimuovere ciò che, pur senza contrastare con la carità, può rappresentare un ostacolo per il suo sviluppo. (214)

(214) Cf San Tommaso d'Aquino, Summa theologiae,
II-II 184,3: Ed. Leon. 10, 453-454.

1974 I consigli evangelici esprimono la pienezza vivente della carità, sempre insoddisfatta di non dare di più. Testimoniano il suo slancio e sollecitano la nostra prontezza spirituale. La perfezione della Legge nuova consiste essenzialmente nei comandamenti dell'amore di Dio e del prossimo. I consigli indicano vie più dirette, mezzi più spediti e vanno praticati in conformità alla vocazione di ciascuno:

« Dio non vuole che tutti osservino tutti i consigli, ma soltanto quelli appropriati, secondo la diversità delle persone, dei tempi, delle occasioni e delle forze, stando a quanto richiede la carità; perché è lei che, come regina di tutte le virtù, di tutti i comandamenti, di tutti i consigli, in una parola, di tutte le leggi e di tutte le azioni cristiane, assegna a tutti il posto, l'ordine, il tempo, il valore ». (215)

(215) San Francesco di Sales, Traité de l'amour de Dieu, 8, 6: Oeuvres, v. 5 (Annecy 1894) p. 75.


In sintesi

1975 Secondo la Scrittura, la Legge è un'istruzione paterna di Dio, che prescrive all'uomo le vie che conducono alla beatitudine promessa e vieta le strade del male.

1976 « La Legge è un comando della ragione ordinato al bene comune, promulgato da chi è incaricato di una comunità ». (216)

(216) San Tommaso d'Aquino, Summa theologiae,
I-II 90,4, c: Ed. Leon. 7, 152.

1977 Cristo è il termine della Legge; (217) egli solo insegna e dà la giustizia di Dio.

(217) Cf
Rm 10,4.

1978 La legge naturale è una partecipazione alla sapienza e alla bontà di Dio da parte dell'uomo, plasmato ad immagine del suo Creatore. Essa esprime la dignità della persona umana e costituisce il fondamento dei suoi diritti e dei suoi doveri fondamentali.

1979 La legge naturale è immutabile e permane inalterata attraverso la storia. Le norme che ne sono l'espressione restano sostanzialmente valide. È un fondamento necessario all'ordinamento delle regole morali e alla legge civile.

1980 La Legge antica è il primo stadio della Legge rivelata. Le sue prescrizioni morali sono riassunte nei dieci comandamenti.

1981 La Legge di Mosè comprende molte verità naturalmente accessibili alla ragione. Dio le ha rivelate perché gli uomini non riuscivano a leggerle nel loro cuore.

1982 La Legge antica è una preparazione al Vangelo.

1983 La Legge nuova è la grazia dello Spirito Santo ricevuta mediante la fede in Cristo, che opera attraverso la carità. Trova la sua principale espressione nel discorso del Signore sulla montagna e si serve dei sacramenti per comunicarci la grazia.

1984 La Legge evangelica dà compimento, supera e porta alla perfezione la Legge antica: le sue promesse attraverso le beatitudini del regno dei cieli e i suoi comandamenti attraverso la trasformazione della radice delle azioni, cioè il cuore.

1985 La Legge nuova è una legge d'amore, una legge di grazia, una legge di libertà.

1986 Oltre ai precetti, la Legge nuova comprende i consigli evangelici. « La santità della Chiesa è in modo speciale favorita dai molteplici consigli di cui il Signore nel Vangelo propone l'osservanza ai suoi discepoli ». (218)

(218) Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium
LG 42, AAS 57 (1965) 48.





Catechismo Chiesa Catt. 1913