Catechismo Chiesa Catt. 2047

In sintesi

2047 La vita morale è un culto spirituale. L'agire cristiano trova il proprio nutrimento nella liturgia e nella celebrazione dei sacramenti.

2048 I precetti della Chiesa riguardano la vita morale e cristiana, che è sempre unita alla liturgia, della quale si nutre.

2049 Il Magistero dei Pastori della Chiesa in materia morale ordinariamente si esercita nella catechesi e nella predicazione, sulla base del Decalogo, il quale enuncia i principi della vita morale validi per tutti gli uomini.

2050 Il Romano Pontefice e i Vescovi, quali maestri autentici, predicano al popolo di Dio la fede che deve essere creduta e applicata nei costumi. È anche di loro competenza pronunciarsi sulle questioni morali che hanno attinenza con la legge naturale e la ragione.

2051 L'infallibilità del Magistero dei Pastori si estende a tutti gli elementi di dottrina, ivi compresa la morale, senza i quali le verità salvifiche della fede non possono essere custodite, esposte o osservate.

(273) Catechismo della Conferenza Episcopale Italiana per la vita cristiana – 2. La verità, vi farà liberi (Libreria Editrice Vaticana, 1995), p. 598.





DIECI COMANDAMENTI




Esodo Ex 20,2-17 Deuteronomio Dt 5,6-21 Formula catechistica

Io sono il Signore tuo Dio
che ti ho fatto uscire
dal paese d'Egitto,
dalla condizione di schiavitù. Io sono il Signore tuo Dio
che ti ho fatto uscire
dal paese di Egitto,
dalla condizione servile. Io sono il Signore Dio tuo:

Non avrai
altri dei di fronte a me.
Non ti farai
idolo né immagine alcuna
di ciò che è lassù nel cielo,
né di ciò che è quaggiù sulla terra,
né di ciò che è nelle acque,
sotto la terra.
Non ti prostrerai
davanti a loro
e non li servirai.
Perché io, il Signore,
sono il tuo Dio,
un Dio geloso,
che punisce la colpa dei padri
nei figli
fino alla terza
e alla quarta generazione,
per coloro che mi odiano,
ma che dimostra il suo favore
fino a mille generazioni, per
coloro
che mi amano e osservano
i miei comandamenti. Non avere
altri dei di fronte a me... 1. Non avrai altro Dio
fuori di me.

Non pronuncerai
invano il nome
del Signore tuo Dio,
perché il Signore non lascerà
impunito chi
pronuncia il suo nome invano. Non pronunciare invano
il nome del Signore
tuo Dio... 2. Non nominare
il nome di Dio invano.

Ricordati del giorno
di sabato per santificarlo.
Sei giorni
faticherai
e farai ogni tuo lavoro;
ma il settimo giorno
è il sabato
in onore del Signore, tuo Dio.
Tu non farai alcun lavoro,
né tu, né tuo figlio, né tua figlia,
né il tuo schiavo, né la tua
schiava,
né il tuo bestiame, né il forestiero
che dimora presso di te.
Perché in sei giorni
il Signore ha fatto
il cielo e la terra e il mare
e quanto è in essi,
ma si è riposato il giorno settimo.
Perciò il Signore
ha benedetto il giorno di sabato
e lo ha dichiarato sacro. Osserva il giorno di sabato
per santificarlo... 3. Ricordati di
santificare le feste.

Onora tuo padre e tua madre
perché si prolunghino
i tuoi giorni nel paese
che ti dà
il Signore, tuo Dio. Onora tuo padre
e tua madre... 4. Onora tuo padre
e tua madre.

Non uccidere. Non uccidere. 5. Non uccidere.

Non commettere
adulterio. Non commettere
adulterio. 6. Non commettere
atti impuri.

Non rubare. Non rubare. 7. Non rubare.

Non pronunciare
falsa testimonianza
contro il tuo prossimo. Non pronunciare
falsa testimonianza
contro il tuo prossimo. 8. Non dire
falsa testimonianza.

Non desiderare
la casa del tuo prossimo.
Non desiderare
la moglie del tuo prossimo,
né il suo schiavo,
né la sua schiava,
né il suo bue, né il suo asino,
né alcuna cosa
che appartenga al tuo prossimo. Non desiderare
la moglie del tuo prossimo. 9. Non desiderare
la donna d'altri.

Non desiderare alcuna
delle cose
che sono del tuo prossimo. 10. Non desiderare
la roba d'altri.





SEZIONE SECONDA

I DIECI COMANDAMENTI



«Maestro che cosa devo fare...?»

2052 « Maestro, che cosa devo fare di buono per ottenere la vita eterna? ». Al giovane che gli rivolge questa domanda, Gesù risponde innanzi tutto richiamando la necessità di riconoscere Dio come « il solo Buono », come il Bene per eccellenza e come la sorgente di ogni bene. Poi Gesù gli dice: « Se vuoi entrare nella vita, osserva i comandamenti ». Ed elenca al suo interlocutore i comandamenti che riguardano l'amore del prossimo: « Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso, onora tuo padre e tua madre ». Infine Gesù riassume questi comandamenti in una formulazione positiva: « Ama il prossimo tuo come te stesso » (Mt 19,16-19).

2053 A questa prima risposta se ne aggiunge subito una seconda: « Se vuoi essere perfetto, va', vendi quello che possiedi, dallo ai poveri, e avrai un tesoro nel cielo; poi vieni e seguimi » (Mt 19,21). Essa non annulla la prima. La sequela di Gesù implica l'osservanza dei comandamenti. La Legge non è abolita, (1) ma l'uomo è invitato a ritrovarla nella persona del suo Maestro, che ne è il compimento perfetto. Nei tre Vangeli sinottici, l'appello di Gesù, rivolto al giovane ricco, a seguirlo nell'obbedienza del discepolo e nell'osservanza dei comandamenti, è accostato all'esortazione alla povertà e alla castità. (2) I consigli evangelici sono indissociabili dai comandamenti.

(1) Cf Mt 5,17.
(2) Cf Mt 19,6-12 Mt 19,21 Mt 19,23-29.

2054 Gesù ha ripreso i dieci comandamenti, ma ha manifestato la forza dello Spirito all'opera nella loro lettera. Egli ha predicato la giustizia che supera quella degli scribi e dei farisei (3) come pure quella dei pagani. (4) Ha messo in luce tutte le esigenze dei comandamenti. « Avete inteso che fu detto agli antichi: Non uccidere [...]. Ma io vi dico: chiunque si adira contro il proprio fratello, sarà sottoposto a giudizio » (Mt 5,21-22).

(3) Cf Mt 5,20.
(4) Cf Mt 5,46-47.

2055 Quando gli si pone la domanda: « Qual è il più grande comandamento della Legge? » (Mt 22,36), Gesù risponde: « Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente. Questo è il più grande e il primo dei comandamenti. E il secondo è simile al primo: Amerai il prossimo tuo come te stesso. Da questi due comandamenti dipende tutta la Legge e i Profeti » (Mt 22,37-40). (5) Il Decalogo deve essere interpretato alla luce di questo duplice ed unico comandamento della carità, pienezza della Legge:

« Il precetto: Non commettere adulterio, Non uccidere, Non rubare, Non desiderare e qualsiasi altro comandamento, si riassume in queste parole: Amerai il prossimo tuo come te stesso. L'amore non fa nessun male al prossimo: pieno compimento della legge è l'amore » (Rm 13,9-10).

(5) Cf Dt 6,5 Lv 19,18.


Il Decalogo nella Sacra Scrittura

2056 La parola « Decalogo » significa alla lettera « dieci parole » (Ex 34,28 Dt 4,13 Dt 10,4). Queste « dieci parole » Dio le ha rivelate al suo popolo sulla santa montagna. Le ha scritte con il « suo dito », (6) a differenza degli altri precetti scritti da Mosè. (7) Esse sono parole di Dio per eccellenza. Ci sono trasmesse nel libro dell'Esodo (8) e in quello del Deuteronomio. (9) Fin dall'Antico Testamento i Libri Santi fanno riferimento alle « dieci parole ». (10) Ma è nella Nuova Alleanza in Gesù Cristo che sarà rivelato il loro pieno senso.

(6) Cf Ex 31,18 Dt 5,22.
(7) Cf Dt 31,9 Dt 31,24.
(8) Cf Ex 20,1-17.
(9) Cf Dt 5,6-22.
(10) Cf, per esempio, Os 4,2 Jr 7,9 Ez 18,5-9.

2057 Il Decalogo si comprende innanzi tutto nel contesto dell'Esodo che è il grande evento liberatore di Dio al centro dell'Antica Alleanza. Siano esse formulate come precetti negativi, divieti, o come comandamenti positivi (come: « Onora tuo padre e tua madre »), le « dieci parole » indicano le condizioni di una vita liberata dalla schiavitù del peccato. Il Decalogo è un cammino di vita:

« Ti comando di amare il Signore tuo Dio, di camminare per le sue vie, di osservare i suoi comandi, le sue leggi e le sue norme, perché tu viva e ti moltiplichi » (
Dt 30,16). Questa forza liberatrice del Decalogo appare, per esempio, nel comandamento sul riposo del sabato, destinato parimenti agli stranieri e agli schiavi: « Ricordati che sei stato schiavo nel paese d'Egitto e che il Signore tuo Dio ti ha fatto uscire di là con mano potente e braccio teso » (Dt 5,15).

2058 Le « dieci parole » riassumono e proclamano la Legge di Dio: « Queste parole pronunciò il Signore, parlando a tutta la vostra assemblea, sul monte, dal fuoco, dalla nube e dall'oscurità, con voce poderosa, e non aggiunse altro. Le scrisse su due tavole di pietra e me le diede » (Dt 5,22). Perciò queste due tavole sono chiamate « la Testimonianza » (Ex 25,16). Esse contengono infatti le clausole dell'Alleanza conclusa tra Dio e il suo popolo. Queste « tavole della Testimonianza » (Ex 31,18 Ex 32,15 Ex 34,29) devono essere collocate nell'« arca » (Ex 25,16 Ex 40,1-3).

2059 Le « dieci parole » sono pronunciate da Dio durante una teofania (« Il Signore vi ha parlato faccia a faccia sul monte dal fuoco »: Dt 5,4). Appartengono alla rivelazione che Dio fa di se stesso e della sua gloria. Il dono dei comandamenti è dono di Dio stesso e della sua santa volontà. Facendo conoscere le sue volontà, Dio si rivela al suo popolo.

2060 Il dono dei comandamenti e della Legge fa parte dell'Alleanza conclusa da Dio con i suoi. Secondo il libro dell'Esodo, la rivelazione delle « dieci parole » viene accordata tra la proposta dell'Alleanza (11) e la sua stipulazione, (12) dopo che il popolo si è impegnato a « fare » tutto ciò che il Signore aveva detto e ad « obbedirvi ». (13) Il Decalogo non viene mai trasmesso se non dopo la rievocazione dell'Alleanza (« Il Signore nostro Dio ha stabilito con noi un'Alleanza sull'Oreb »: Dt 5,2).

(11) Cf Ex 19.
(12) Cf Ex 24.
(13) Cf Ex 24,7.

2061 I comandamenti ricevono il loro pieno significato all'interno dell'Alleanza. Secondo la Scrittura, l'agire morale dell'uomo prende tutto il proprio senso nell'Alleanza e per essa. La prima delle « dieci parole » ricorda l'iniziativa d'amore di Dio per il suo popolo:

« Poiché l'uomo, per castigo del peccato, era venuto dal paradiso della libertà alla schiavitù di questo mondo, per questo la prima parola del Decalogo, cioè la prima voce dei comandamenti di Dio, tratta della libertà dicendo: "Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dal paese di Egitto, dalla condizione di schiavitù" (
Ex 20,2 Dt 5,6) ». (14)

(14) Origene, In Exodum homilia, 8, 1: SC 321,242.

2062 I comandamenti propriamente detti vengono in secondo luogo; essi esprimono le implicanze dell'appartenenza a Dio stabilita attraverso l'Alleanza. L'esistenza morale è risposta all'iniziativa d'amore del Signore. È riconoscenza, omaggio a Dio e culto d'azione di grazie. È cooperazione al piano che Dio persegue nella storia.

2063 L'Alleanza e il dialogo tra Dio e l'uomo sono ancora attestati dal fatto che tutte le imposizioni sono enunciate in prima persona (« Io sono il Signore... ») e rivolte a un altro soggetto (« Tu... »). In tutti i comandamenti di Dio è un pronome personale singolare che indica il destinatario. Dio fa conoscere la sua volontà a tutto il popolo e, nello stesso tempo, a ciascuno in particolare:

« Il Signore comandò l'amore verso Dio e insegnò la giustizia verso il prossimo, affinché l'uomo non fosse né ingiusto, né indegno di Dio. Così, per mezzo del Decalogo, Dio preparava l'uomo a diventare suo amico e ad avere un solo cuore con il suo prossimo [...]. Le parole del Decalogo restano validissime per noi. Lungi dall'essere abolite, esse sono state portate a pienezza di significato e di sviluppo dalla venuta del Signore nella carne ». (15)

(15) Sant'Ireneo di Lione, Adversus haereses, 4, 16, 3-4: SC 100,566-570.


Il Decalogo nella Tradizione della Chiesa

2064 Fedele alla Scrittura e in conformità all'esempio di Gesù, la Tradizione della Chiesa ha riconosciuto al Decalogo un'importanza e un significato fondamentali.

2065 A partire da sant'Agostino, i « dieci comandamenti » hanno un posto preponderante nella catechesi dei futuri battezzati e dei fedeli. Nel secolo quindicesimo si prese l'abitudine di esprimere i precetti del Decalogo in formule in rima, facili da memorizzare, e positive. Sono in uso ancor oggi. I catechismi della Chiesa spesso hanno esposto la morale cristiana seguendo l'ordine dei « dieci comandamenti ».

2066 La divisione e la numerazione dei comandamenti hanno subito variazioni nel corso della storia. Questo Catechismo segue la divisione dei comandamenti fissata da sant'Agostino e divenuta tradizionale nella Chiesa cattolica. È pure quella delle confessioni luterane. I Padri greci hanno fatto una divisione un po' diversa, che si ritrova nelle Chiese ortodosse e nelle comunità riformate.

2067 I dieci comandamenti enunciano le esigenze dell'amore di Dio e del prossimo. I primi tre si riferiscono principalmente all'amore di Dio e gli altri sette all'amore del prossimo.

« Come sono due i comandamenti dell'amore, nei quali si compendia tutta la Legge e i Profeti – lo diceva il Signore [...] –, così gli stessi dieci comandamenti furono dati in due tavole. Si dice infatti che tre fossero scritti su una tavola e sette su un'altra ». (16)

(16) Sant'Agostino, Sermo 33, 2: CCL 41, 414 (PL 38, 208).

2068 Il Concilio di Trento insegna che i dieci comandamenti obbligano i cristiani e che l'uomo giustificato è ancora tenuto ad osservarli. (17) Il Concilio Vaticano II afferma: « I Vescovi, quali successori degli Apostoli, ricevono dal Signore [...] la missione di insegnare a tutte le genti e di predicare il Vangelo ad ogni creatura, affinché tutti gli uomini, per mezzo della fede, del Battesimo e dell'osservanza dei comandamenti, ottengano la salvezza ». (18)

(17) Cf Concilio di Trento, Sess. 6a, Decretum de iustificatione, canoni 19-20:
DS 1569-1570.
(18) Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium LG 24, AAS 57 (1965).


L'unità del Decalogo

2069 Il Decalogo costituisce un tutto indissociabile. Ogni « parola » rimanda a ciascuna delle altre e a tutte; esse si condizionano reciprocamente. Le due tavole si illuminano a vicenda; formano una unità organica. Trasgredire un comandamento è infrangere tutti gli altri. (19) Non si possono onorare gli altri uomini senza benedire Dio loro Creatore. Non si potrebbe adorare Dio senza amare tutti gli uomini sue creature. Il Decalogo unifica la vita teologale e la vita sociale dell'uomo.

(19) Cf
Jc 2,10-11.


Il Decalogo e la legge naturale

2070 I dieci comandamenti appartengono alla rivelazione di Dio. Al tempo stesso ci insegnano la vera umanità dell'uomo. Mettono in luce i doveri essenziali e, quindi, indirettamente, i diritti fondamentali inerenti alla natura della persona umana. Il Decalogo contiene un'espressione privilegiata della « legge naturale »:

« Fin dalle origini, Dio aveva radicato nel cuore degli uomini i precetti della legge naturale. Poi si limitò a richiamarli alla loro mente. Fu il Decalogo ». (20)

(20) Sant'Ireneo di Lione, Adversus haereses, 4, 15, 1: SC 100,548.

2071 Quantunque accessibili alla sola ragione, i precetti del Decalogo sono stati rivelati. Per giungere ad una conoscenza completa e certa delle esigenze della legge naturale, l'umanità peccatrice aveva bisogno di questa rivelazione:

« Una completa esposizione dei comandamenti del Decalogo si rese necessaria nella condizione di peccato, perché la luce della ragione si era ottenebrata e la volontà si era sviata ». (21)

Noi conosciamo i comandamenti di Dio attraverso la rivelazione divina che ci è proposta nella Chiesa, e per mezzo della voce della coscienza morale.

(21) San Bonaventura, In quattuor libros Sententiarum, 3, 37, 1, 3: Opera omnia, v. 3 (Ad Claras Aquas 1887) p. 819-820.


L'obbligazione del Decalogo

2072 Poiché enunciano i doveri fondamentali dell'uomo verso Dio e verso il prossimo, i dieci comandamenti rivelano, nel loro contenuto essenziale, obbligazioni gravi.Sono sostanzialmente immutabili e obbligano sempre e dappertutto. Nessuno potrebbe dispensare da essi. I dieci comandamenti sono incisi da Dio nel cuore dell'essere umano.

2073 L'obbedienza ai comandamenti implica anche obblighi la cui materia, in se stessa, è leggera. Così l'ingiuria a parole è vietata dal quinto comandamento, ma non potrebbe essere una colpa grave che in rapporto alle circostanze o all'intenzione di chi la proferisce.


«Senza di me non potete far nulla»

2074 Gesù dice: « Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete far nulla » (Jn 15,5). Il frutto indicato in questa parola è la santità di una vita fecondata dall'unione con Cristo. Quando crediamo in Gesù Cristo, comunichiamo ai suoi misteri e osserviamo i suoi comandamenti, il Salvatore stesso viene ad amare in noi il Padre suo ed i suoi fratelli, Padre nostro e nostri fratelli. La sua persona diventa, grazie allo Spirito, la regola vivente ed interiore della nostra condotta. « Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati » (Jn 15,12).



In sintesi

2075 « Maestro, che cosa devo fare di buono per ottenere la vita eterna? » – « Se vuoi entrare nella vita, osserva i comandamenti » (Mt 19,16-17).

2076 Con il suo agire e con la sua predicazione, Gesù ha attestato la perennità del Decalogo.

2077 Il dono del Decalogo è accordato nell'ambito dell'Alleanza conclusa da Dio con il suo popolo. I comandamenti di Dio ricevono il loro vero significato in questa Alleanza e per mezzo di essa.

2078 Fedele alla Scrittura e in conformità all'esempio di Gesù, la Tradizione della Chiesa ha riconosciuto al Decalogo un'importanza ed un significato fondamentali.

2079 Il Decalogo costituisce un'unità organica in cui ogni « parola » o « comandamento » rimanda a tutto l'insieme. Trasgredire un comandamento è infrangere tutta la Legge. (22)

(22) Cf
Jc 2,10-11.

2080 Il Decalogo contiene un'espressione privilegiata della legge naturale. Lo conosciamo attraverso la rivelazione divina e con la ragione umana.

2081 I dieci comandamenti enunciano, nel loro contenuto fondamentale, obbligazioni gravi. Tuttavia, l'obbedienza a questi precetti comporta anche obblighi la cui materia, in se stessa, è leggera.

2082 Quanto Dio comanda, lo rende possibile con la sua grazia.







CAPITOLO PRIMO

«AMERAI IL SIGNORE DIO TUO CON TUTTO IL TUO CUORE,

CON TUTTA LA TUA ANIMA E CON TUTTA LA TUA MENTE»

2083 Gesù ha riassunto i doveri dell'uomo verso Dio in questa parola: « Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua mente » (Mt 22,37). (23) Essa fa immediatamente eco alla solenne esortazione: « Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, il Signore è uno solo » (Dt 6,4). Dio ha amato per primo. L'amore del Dio unico è ricordato nella prima delle « dieci parole ». I comandamenti poi esplicitano la risposta d'amore che l'uomo è chiamato a dare al suo Dio.

(23) Cf Lc 10,27, « ...con tutta la tua forza ».




ARTICOLO 1

IL PRIMO COMANDAMENTO

« Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dal paese d'Egitto, dalla condizione di schiavitù: non avrai altri dei di fronte a me. Non ti farai idolo né immagine alcuna di ciò che è lassù nel cielo, né di ciò che è quaggiù sulla terra, né di ciò che è nelle acque sotto la terra. Non ti prostrerai davanti a loro e non li servirai » (Ex 20,2-5). (24) Sta scritto: « Adora il Signore Dio tuo e a lui solo rendi culto » (Mt 4,10).

(24) Cf Dt 5,6-9.


I. «Adorerai il Signore Dio tuo e lo servirai»

2084 Dio si fa conoscere ricordando la sua azione onnipotente, benevola e liberatrice nella storia di colui al quale si rivolge: « Io ti ho fatto uscire dal paese d'Egitto, dalla condizione di schiavitù » (Dt 5,6). La prima parola contiene il primo comandamento della Legge: « Temerai il Signore Dio tuo, lo servirai [...]. Non seguirete altri dei » (Dt 6,13-14). Il primo appello e la giusta esigenza di Dio è che l'uomo lo accolga e lo adori.

2085 Il Dio unico e vero rivela innanzi tutto la sua gloria ad Israele. (25) La rivelazione della vocazione e della verità dell'uomo è legata alla rivelazione di Dio. L'uomo ha la vocazione di manifestare Dio agendo in conformità con il suo essere creato « ad immagine e somiglianza » di Dio (Gn 1,26):

« Non ci saranno mai altri dei, o Trifone, né mai ce ne sono stati fin dalle origini [...], all'infuori di colui che ha creato e ordinato l'universo. Noi non pensiamo che il nostro Dio differisca dal vostro. È lo stesso che ha fatto uscire i vostri padri dall'Egitto con mano potente e braccio teso. Noi non riponiamo le nostre speranze in qualche altro dio – non ce ne sono – ma nello stesso Dio in cui voi sperate, il Dio di Abramo, di Isacco, di Giacobbe ». (26)

(25) Cf Ex 19,16-25 Ex 24,15-18.
(26) San Giustino, Dialogus cum Tryphone Iudaeo, 11, 1: CA 2,40.

2086 « Nell'esplicita affermazione divina: "Io sono il Signore tuo Dio" è incluso il comandamento della fede, della speranza e della carità. Se noi riconosciamo infatti che egli è Dio, e cioè eterno, immutabile, sempre uguale a se stesso, affermiamo con ciò anche la sua infinita veracità; ne segue quindi l'obbligo di accogliere le sue parole e di aderire ai suoi comandi con pieno riconoscimento della sua autorità. Se egli inoltre è Dio, noi ne riconosciamo l'onnipotenza, la bontà, i benefici; di qui l'illimitata fiducia e la speranza. E se egli è l'infinita bontà e l'infinito amore, come non offrirgli tutta la nostra dedizione e donargli tutto il nostro amore? Ecco perché nella Bibbia Dio inizia e conclude invariabilmente i suoi comandi con la formula: Io sono il Signore ». (27)

(27) Catechismo Romano, 3, 2, 4: ed. P. Rodríguez (Città del Vaticano-Pamplona 1989) p. 408-409.


La fede

2087 La nostra vita morale trova la sua sorgente nella fede in Dio che ci rivela il suo amore. San Paolo parla dell'obbedienza alla fede (28) come dell'obbligo primario. Egli indica nell'« ignoranza di Dio » il principio e la spiegazione di tutte le deviazioni morali. (29) Il nostro dovere nei confronti di Dio è di credere in lui e di rendergli testimonianza.

(28) Cf
Rm 1,5 Rm 16,26.
(29) Cf Rm 1,18-32.

2088 Il primo comandamento ci richiede di nutrire e custodire la nostra fede con prudenza e vigilanza e di respingere tutto ciò che le è contrario. Ci sono diversi modi di peccare contro la fede: Il dubbio volontario circa la fede trascura o rifiuta di ritenere per vero ciò che Dio ha rivelato e che la Chiesa ci propone a credere. Il dubbio involontario indica l'esitazione a credere, la difficoltà nel superare le obiezioni legate alla fede, oppure anche l'ansia causata dalla sua oscurità. Se viene deliberatamente coltivato, il dubbio può condurre all'accecamento dello spirito.

2089 L'incredulità è la noncuranza della verità rivelata o il rifiuto volontario di dare ad essa il proprio assenso. « Viene detta eresia l'ostinata negazione, dopo aver ricevuto il Battesimo, di una qualche verità che si deve credere per fede divina e cattolica, o il dubbio ostinato su di essa; apostasia, il ripudio totale della fede cristiana; scisma, il rifiuto della sottomissione al Sommo Pontefice o della comunione con i membri della Chiesa a lui soggetti ». (30)

(30) CIC canone
CIC 751.


La speranza

2090 Quando Dio si rivela e chiama l'uomo, questi non può rispondere pienamente all'amore divino con le sue proprie forze. Deve sperare che Dio gli donerà la capacità di contraccambiare il suo amore e di agire conformemente ai comandamenti della carità. La speranza è l'attesa fiduciosa della benedizione divina e della beata visione di Dio; è anche il timore di offendere l'amore di Dio e di provocare il castigo.

2091 Il primo comandamento riguarda pure i peccati contro la speranza, i quali sono la disperazione e la presunzione: Per la disperazione, l'uomo cessa di sperare da Dio la propria salvezza personale, gli aiuti per conseguirla o il perdono dei propri peccati. Si oppone alla bontà di Dio, alla sua giustizia – il Signore, infatti, è fedele alle sue promesse – e alla sua misericordia.

2092 Ci sono due tipi di presunzione.O l'uomo presume delle proprie capacità (sperando di potersi salvare senza l'aiuto dall'alto), oppure presume della onnipotenza e della misericordia di Dio (sperando di ottenere il suo perdono senza conversione e la gloria senza merito).


La carità

2093 La fede nell'amore di Dio abbraccia l'appello e l'obbligo di rispondere alla carità divina con un amore sincero. Il primo comandamento ci ordina di amare Dio al di sopra di tutto, (31) e tutte le creature per lui e a causa di lui.

(31) Cf
Dt 6,4-5.

2094 Si può peccare in diversi modi contro l'amore di Dio: l'indifferenza è incurante della carità divina o rifiuta di prenderla in considerazione; ne misconosce l'iniziativa e ne nega la forza. L'ingratitudine tralascia o rifiuta di riconoscere la carità divina e di ricambiare a Dio amore per amore. La tiepidezza è un'esitazione o una negligenza nel rispondere all'amore divino; può implicare il rifiuto di abbandonarsi al dinamismo della carità. L'accidia o pigrizia spirituale giunge a rifiutare la gioia che viene da Dio e a provare repulsione per il bene divino. L'odio di Dio nasce dall'orgoglio. Si oppone all'amore di Dio, del quale nega la bontà e che ardisce maledire come colui che proibisce i peccati e infligge i castighi.



II. «A lui solo rendi culto»

2095 Le virtù teologali della fede, della speranza e della carità informano e vivificano le virtù morali. Così la carità ci porta a rendere a Dio ciò che in tutta giustizia gli dobbiamo in quanto creature. La virtù della religione ci dispone a tale atteggiamento.


L'adorazione

2096 Della virtù della religione, l'adorazione è l'atto principale. Adorare Dio è riconoscerlo come Dio, come Creatore e Salvatore, Signore e Padrone di tutto ciò che esiste, Amore infinito e misericordioso. « Solo al Signore Dio tuo ti prostrerai, lui solo adorerai » (Lc 4,8), dice Gesù, citando il Deuteronomio (Dt 6,13).

2097 Adorare Dio è riconoscere, nel rispetto e nella sottomissione assoluta, il « nulla della creatura », la quale non esiste che da Dio. Adorare Dio – come fa Maria nel « Magnificat » – è lodarlo, esaltarlo e umiliare se stessi, confessando con gratitudine che egli ha fatto grandi cose e che santo è il suo nome. (32) L'adorazione del Dio unico libera l'uomo dal ripiegamento su se stesso, dalla schiavitù del peccato e dall'idolatria del mondo.

(32) Cf
Lc 1,46-49.


La preghiera

2098 Gli atti di fede, di speranza e di carità prescritti dal primo comandamento si compiono nella preghiera. L'elevazione dello spirito verso Dio è un'espressione della nostra adorazione di Dio: preghiera di lode e di rendimento di grazie, d'intercessione e di domanda. La preghiera è una condizione indispensabile per poter obbedire ai comandamenti di Dio. Bisogna « pregare sempre, senza stancarsi » (Lc 18,1).


Il sacrificio

2099 È giusto offrire sacrifici a Dio in segno di adorazione e di riconoscenza, di implorazione e di comunione: « Ogni azione compiuta per aderire a Dio rimanendo con lui in comunione, e poter così essere nella gioia, è un vero sacrificio ». (33)

(33) Sant'Agostino, De civitate Dei, 10, 6: CSEL 401, 454-455 (PL 41, 283).

2100 Per essere autentico, il sacrificio esteriore deve essere espressione del sacrificio spirituale: « Uno spirito contrito è sacrificio... » (Ps 51,19). I profeti dell'Antica Alleanza spesso hanno denunciato i sacrifici compiuti senza partecipazione interiore (34) o disgiunti dall'amore del prossimo. (35) Gesù richiama le parole del profeta Osea: « Misericordia io voglio, non sacrificio » (Mt 9,13 Mt 12,7). (36) L'unico sacrificio perfetto è quello che Cristo ha offerto sulla croce in totale oblazione all'amore del Padre e per la nostra salvezza. (37) Unendoci al suo sacrificio, possiamo fare della nostra vita un sacrificio a Dio.

(34) Cf Am Am 5,21-25.
(35) Cf Is 1,10-20.
(36) Cf Os 6,6.
(37) Cf He 9,13-14.

Promesse e voti

2101 In parecchie circostanze il cristiano è chiamato a fare delle promesse a Dio. Il Battesimo e la Confermazione, il Matrimonio e l'Ordinazione sempre ne comportano. Per devozione personale il cristiano può anche promettere a Dio un'azione, una preghiera, un'elemosina, un pellegrinaggio, ecc. La fedeltà alle promesse fatte a Dio è un'espressione del rispetto dovuto alla divina maestà e dell'amore verso il Dio fedele.

2102 « Il voto, ossia la promessa deliberata e libera di un bene possibile e migliore fatta a Dio, deve essere adempiuto per la virtù della religione ». (38) Il voto è un atto di devozione, con cui il cristiano offre se stesso a Dio o gli promette un'opera buona. Mantenendo i suoi voti, egli rende pertanto a Dio ciò che a lui è stato promesso e consacrato. Gli Atti degli Apostoli ci presentano san Paolo preoccupato di mantenere i voti da lui fatti. (39)

(38) CIC canone
CIC 1191, § 1.
(39) Cf Ac 18,18 Ac 21,23-24.

2103 La Chiesa riconosce un valore esemplare ai voti di praticare i consigli evangelici: (40)

« Si rallegra la Madre Chiesa di trovare nel suo seno molti uomini e donne, che seguono più da vicino l'annientamento del Salvatore e più chiaramente lo mostrano, abbracciando la povertà nella libertà dei figli di Dio e rinunciando alla propria volontà: essi, cioè, in ciò che riguarda la perfezione, si sottomettono a un uomo per Dio, al di là della stretta misura del precetto, al fine di conformarsi più pienamente a Cristo obbediente ». (41) In certi casi, la Chiesa può, per congrue ragioni, dispensare dai voti e dalle promesse. (42)

(40) Cf CIC canone
CIC 654.
(41) Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium LG 42, AAS 57 (1965) 48-49.
(42) Cf CIC canoni CIC 692 CIC 1196-1197.


Il dovere sociale della religione e il diritto alla libertà religiosa

2104 « Tutti gli uomini sono tenuti a cercare la verità, specialmente in ciò che riguarda Dio e la sua Chiesa, e, una volta conosciuta, ad abbracciarla e custodirla ». (43) È un dovere che deriva dalla « stessa natura » degli uomini. (44) Non si contrappone ad un sincero rispetto per le diverse religioni, le quali « non raramente riflettono un raggio di quella verità che illumina tutti gli uomini », (45) né all'esigenza della carità, che spinge i cristiani « a trattare con amore, prudenza e pazienza gli uomini che sono nell'errore o nell'ignoranza circa la fede ». (46)

(43) Concilio Vaticano II, Dich. Dignitatis humanae
DH 1, AAS 58 (1966) 930.
(44) Cf Concilio Vaticano II, Dich. Dignitatis humanae DH 2, AAS 58 (1966) 931.
(45) Concilio Vaticano II, Dich. Nostra aetate NAE 2, AAS 58 (1966) 741.
(46) Concilio Vaticano II, Dich. Dignitatis humanae DH 14, AAS 58 (1966) 940.

2105 Il dovere di rendere a Dio un culto autentico riguarda l'uomo individualmente e socialmente. È « la dottrina cattolica tradizionale sul dovere morale dei singoli e delle società verso la vera religione e l'unica Chiesa di Cristo ». (47) Evangelizzando senza posa gli uomini, la Chiesa si adopera affinché essi possano « informare dello spirito cristiano la mentalità e i costumi, le leggi e le strutture della comunità » (48) in cui vivono. Il dovere sociale dei cristiani è di rispettare e risvegliare in ogni uomo l'amore del vero e del bene. Richiede loro di far conoscere il culto dell'unica vera religione che sussiste nella Chiesa cattolica ed apostolica. (49) I cristiani sono chiamati ad essere la luce del mondo. (50) La Chiesa in tal modo manifesta la regalità di Cristo su tutta la creazione e in particolare sulle società umane. (51)

(47) Concilio Vaticano II, Dich. Dignitatis humanae
DH 1, AAS 58 (1966) 930.
(48) Concilio Vaticano II, Decr. Apostolicam actuositatem AA 13, AAS 58 (1966) 849.
(49) Cf Concilio Vaticano II, Dich. Dignitatis humanae DH 1, AAS 58 (1966) 930.
(50) Cf Concilio Vaticano II, Decr. Apostolicam actuositatem AA 13, AAS 58 (1966) 850.
(51) Cf Leone XIII, Lett. enc. Immortale Dei: Leonis XIII Acta, 5, 118-150; Pio XI, Lett enc. Quas primas: AAS 17 (1925) 593-610.

2106 « Che in materia religiosa nessuno sia forzato ad agire contro la sua coscienza, né impedito, entro debiti limiti, di agire in conformità alla sua coscienza privatamente o pubblicamente, in forma individuale o associata ». (52) Tale diritto si fonda sulla natura stessa della persona umana, la cui dignità la fa liberamente aderire alla verità divina che trascende l'ordine temporale. Per questo « perdura anche in coloro che non soddisfano all'obbligo di cercare la verità e di aderire ad essa ». (53)

(52) Concilio Vaticano II, Dich. Dignitatis humanae
DH 2, AAS 58 (1966) 930; cf Id., Cost. past. Gaudium et spes, GS 26: AAS 58 (1966) 1046.
(53) Concilio Vaticano II, Dich. Dignitatis humanae DH 2, AAS 58 (1966) 931.

2107 « Se, considerate le circostanze peculiari dei popoli, nell'ordinamento giuridico di una società viene attribuito ad una comunità religiosa uno speciale riconoscimento civile, è necessario che nello stesso tempo a tutti i cittadini e comunità religiose venga riconosciuto e rispettato il diritto alla libertà in materia religiosa ». (54)

(54) Concilio Vaticano II, Dich. Dignitatis humanae
DH 6, AAS 58 (1966) 934.

2108 Il diritto alla libertà religiosa non è né la licenza morale di aderire all'errore, (55) né un implicito diritto all'errore, (56) bensì un diritto naturale della persona umana alla libertà civile, cioè all'immunità da coercizione esteriore, entro giusti limiti, in materia religiosa, da parte del potere politico. Questo diritto naturale deve essere riconosciuto nell'ordinamento giuridico della società così che divenga diritto civile. (57)

(55) Cf Leone XIII, Lett. enc. Libertas praestantissimum: Leonis XIII Acta, 8, 229-230.
(56) Cf Pio XII, Discorso ai partecipanti al quinto Convegno nazionale Italiano dell'Unione dei Giuristi cattolici (6 dicembre 1953): AAS 45 (1953) 799.
(57) Cf Concilio Vaticano II, Dich. Dignitatis humanae
DH 2, AAS 58 (1966) 930-931.

2109 Il diritto alla libertà religiosa non può essere di per sé né illimitato, (58) né limitato semplicemente da un ordine pubblico concepito secondo un criterio « positivistico » o « naturalistico ». (59) I « giusti limiti » che sono inerenti a tale diritto devono essere determinati per ogni situazione sociale con la prudenza politica, secondo le esigenze del bene comune, e ratificati dall'autorità civile secondo « norme giuridiche conformi all'ordine morale oggettivo ». (60)

(58) Cf Pio VI, Breve Quod aliquantum (10 marzo 1791): Collectio Brevium atque Instructionum SS. D. N. Pii Papae VI, quae ad praesentes Ecclesiae Catholicae in Gallia [...] calamitates pertinent (Roma 1800) p. 54-55.
(59) Cf Pio IX, Lett. enc. Quanta cura:
DS 2890.
(60) Concilio Vaticano II, Dich. Dignitatis humanae DH 7, AAS 58 (1966) 935.



Catechismo Chiesa Catt. 2047