Catechismo Chiesa Catt. 2110

III. «Non avrai altri dèi di fronte a me»

2110 Il primo comandamento vieta di onorare altri dèi, all'infuori dell'unico Signore che si è rivelato al suo popolo. Proibisce la superstizione e l'irreligione. La superstizione rappresenta, in qualche modo, un eccesso perverso della religione; l'irreligione è un vizio opposto, per difetto, alla virtù della religione.


La superstizione

2111 La superstizione è la deviazione del sentimento religioso e delle pratiche che esso impone. Può anche presentarsi mascherata sotto il culto che rendiamo al vero Dio, per esempio, quando si attribuisce un'importanza in qualche misura magica a certe pratiche, peraltro legittime o necessarie. Attribuire alla sola materialità delle preghiere o dei segni sacramentali la loro efficacia, prescindendo dalle disposizioni interiori che richiedono, è cadere nella superstizione. (61)

(61) Cf
Mt 23,16-22.


L'idolatria

2112 Il primo comandamento condanna il politeismo. Esige dall'uomo di non credere in altri dèi che nell'unico Dio, di non venerare altre divinità che l'Unico. La Scrittura costantemente richiama a questo rifiuto degli idoli che sono « argento e oro, opera delle mani dell'uomo », i quali « hanno bocca e non parlano, hanno occhi e non vedono... ». Questi idoli vani rendono l'uomo vano: « Sia come loro chi li fabbrica e chiunque in essi confida » (Ps 115,4-5 Ps 115,8). (62) Dio, al contrario, è il « Dio vivente » (Jos 3,10), (63) che fa vivere e interviene nella storia.

(62) Cf Is 44,9-20 Jr 10,1-16 Da 14,1-30 Ba 6 Sap 13,1–15,19.
(63) Cf Ps 42,3.

2113 L'idolatria non concerne soltanto i falsi culti del paganesimo. Rimane una costante tentazione della fede. Consiste nel divinizzare ciò che non è Dio. C'è idolatria quando l'uomo onora e riverisce una creatura al posto di Dio, si tratti degli dèi o dei demoni (per esempio il satanismo), del potere, del piacere, della razza, degli antenati, dello Stato, del denaro, ecc. « Non potete servire a Dio e a mammona », dice Gesù (Mt 6,24). Numerosi martiri sono morti per non adorare « la Bestia », (64) rifiutando perfino di simularne il culto. L'idolatria respinge l'unica Signoria di Dio; perciò è incompatibile con la comunione divina. (65)

(64) Cf Ap 13-14.
(65) Cf Ga 5,20 Ep 5,5.

2114 La vita umana si unifica nell'adorazione dell'Unico. Il comandamento di adorare il solo Signore unifica l'uomo e lo salva da una dispersione senza limiti. L'idolatria è una perversione del senso religioso innato nell'uomo. Idolatra è colui che « riferisce la sua indistruttibile nozione di Dio a chicchessia anziché a Dio ». (66)

(66) Origene, Contra Celsum, 2, 40: SC 132,378.


Divinazione e magia

2115 Dio può rivelare l'avvenire ai suoi profeti o ad altri santi. Tuttavia il giusto atteggiamento cristiano consiste nell'abbandonarsi con fiducia nelle mani della provvidenza per ciò che concerne il futuro e a rifuggire da ogni curiosità malsana a questo riguardo. L'imprevidenza può costituire una mancanza di responsabilità.

2116 Tutte le forme di divinazione sono da respingere: ricorso a Satana o ai demoni, evocazione dei morti o altre pratiche che a torto si ritiene che « svelino » l'avvenire. (67) La consultazione degli oroscopi, l'astrologia, la chiromanzia, l'interpretazione dei presagi e delle sorti, i fenomeni di veggenza, il ricorso ai medium manifestano una volontà di dominio sul tempo, sulla storia ed infine sugli uomini ed insieme un desiderio di rendersi propizie le potenze nascoste. Sono in contraddizione con l'onore e il rispetto, congiunto a timore amante, che dobbiamo a Dio solo.

(67) Cf
Dt 18,10 Jr 29,8.

2117 Tutte le pratiche di magia e di stregoneria con le quali si pretende di sottomettere le potenze occulte per porle al proprio servizio ed ottenere un potere soprannaturale sul prossimo – fosse anche per procurargli la salute – sono gravemente contrarie alla virtù della religione. Tali pratiche sono ancora più da condannare quando si accompagnano ad una intenzione di nuocere ad altri o quando in esse si ricorre all'intervento dei demoni. Anche portare amuleti è biasimevole. Lo spiritismo spesso implica pratiche divinatorie o magiche. Pure da esso la Chiesa mette in guardia i fedeli. Il ricorso a pratiche mediche dette tradizionali non legittima né l'invocazione di potenze cattive, né lo sfruttamento della credulità altrui.


L'irreligione

2118 Il primo comandamento di Dio condanna i principali peccati di irreligione: l'azione di tentare Dio, con parole o atti, il sacrilegio e la simonia.

2119 L'azione di tentare Dio consiste nel mettere alla prova, con parole o atti, la sua bontà e la sua onnipotenza. È così che Satana voleva ottenere da Gesù che si buttasse giù dal Tempio obbligando Dio, in tal modo, ad intervenire. (68) Gesù gli oppone la parola di Dio: « Non tenterai il Signore Dio tuo » (Dt 6,16). La sfida implicita in simile tentazione di Dio ferisce il rispetto e la fiducia che dobbiamo al nostro Creatore e Signore. In essa si cela sempre un dubbio riguardo al suo amore, alla sua provvidenza e alla sua potenza. (69)

(68) Cf Lc 4,9.
(69) Cf 1Co 10,9 Ex 17,2-7 Ps 95,9.

2120 Il sacrilegio consiste nel profanare o nel trattare indegnamente i sacramenti e le altre azioni liturgiche, come pure le persone, gli oggetti e i luoghi consacrati a Dio. Il sacrilegio è un peccato grave soprattutto quando è commesso contro l'Eucaristia, poiché, in questo sacramento, ci è reso presente sostanzialmente il Corpo stesso di Cristo. (70)

(70) Cf CIC canoni
CIC 1367 CIC 1376.

2121 La simonia (71) consiste nell'acquisto o nella vendita delle realtà spirituali. A Simone il mago, che voleva acquistare il potere spirituale che vedeva all'opera negli Apostoli, Pietro risponde: « Il tuo denaro vada con te in perdizione, perché hai osato pensare di acquistare con denaro il dono di Dio » (Ac 8,20). Così si conformava alla parola di Gesù: « Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date » (Mt 10,8). (72) È impossibile appropriarsi i beni spirituali e comportarsi nei loro confronti come un possessore o un padrone, dal momento che la loro sorgente è in Dio. Non si può che riceverli gratuitamente da lui.

(71) Cf Ac 8,9-24.
(72) Cf già Is 55,1.

2122 « Il ministro, oltre alle offerte determinate dalla competente autorità, per l'amministrazione dei sacramenti non domandi nulla, evitando sempre che i più bisognosi siano privati dell'aiuto dei sacramenti a motivo della povertà ». (73) L'autorità competente determina queste « offerte » in virtù del principio che il popolo cristiano deve concorrere al sostentamento dei ministri della Chiesa. « L'operaio ha diritto al suo nutrimento » (Mt 10,10). (74)

(73) CIC canone CIC 848.
(74) Cf Lc 10,7 1Co 9,4-18 1Tm 5,17-18.


L'ateismo

2123 « Molti nostri contemporanei [...] non percepiscono affatto o esplicitamente rigettano l'intimo e vitale legame con Dio, così che l'ateismo va annoverato fra le cose più gravi del nostro tempo ». (75)

(75) Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes
GS 19, AAS 58 (1966) 1039.

2124 Il termine ateismo indica fenomeni molto diversi. Una forma frequente di esso è il materialismo pratico, che racchiude i suoi bisogni e le sue ambizioni entro i confini dello spazio e del tempo. L'umanesimo ateo ritiene falsamente che l'uomo « sia fine a se stesso, unico artefice e demiurgo della propria storia ». (76) Un'altra forma dell'ateismo contemporaneo si aspetta la liberazione dell'uomo da una liberazione economica e sociale, alla quale « si pretende che la religione sia di ostacolo, per natura sua, in quanto, elevando la speranza dell'uomo verso una vita futura e fallace, lo distoglierebbe dall'edificazione della città terrena ». (77)

(76) Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes
GS 20, AAS 58 (1966) 1040.
(77) Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes GS 20, AAS 58 (1966) 1040.

2125 Per il fatto che respinge o rifiuta l'esistenza di Dio, l'ateismo è un peccato contro la virtù della religione. (78) L'imputabilità di questa colpa può essere fortemente attenuata dalle intenzioni e dalle circostanze. Alla genesi e alla diffusione dell'ateismo « possono contribuire non poco i credenti, in quanto per aver trascurato di educare la propria fede, o per una presentazione fallace della dottrina, o anche per i difetti della propria vita religiosa, morale e sociale, si deve dire piuttosto che nascondono e non che manifestano il genuino volto di Dio e della religione ». (79)

(78) Cf
Rm 1,18.
(79) Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes GS 19, AAS 58 (1966) 1039.

2126 Spesso l'ateismo si fonda su una falsa concezione dell'autonomia umana, spinta fino al rifiuto di ogni dipendenza nei confronti di Dio. (80) In realtà, il riconoscimento di Dio non si oppone in alcun modo alla dignità dell'uomo, « dato che questa dignità trova proprio in Dio il suo fondamento e la sua perfezione ». (81) La Chiesa sa « che il suo messaggio è in armonia con le aspirazioni più segrete del cuore umano ». (82)

(80) Cf Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes
GS 20, AAS 58 (1966) 1040.
(81) Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes GS 21, AAS 58 (1966) 1040.
(82) Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes GS 21, AAS 58 (1966) 1042.


L'agnosticismo

2127 L'agnosticismo assume parecchie forme. In certi casi l'agnostico si rifiuta di negare Dio; ammette invece l'esistenza di un essere trascendente che non potrebbe rivelarsi e di cui nessuno sarebbe in grado di dire niente. In altri casi l'agnostico non si pronuncia sull'esistenza di Dio, dichiarando che è impossibile provarla, così come è impossibile ammetterla o negarla.

2128 L'agnosticismo può talvolta racchiudere una certa ricerca di Dio, ma può anche costituire un indifferentismo, una fuga davanti al problema ultimo dell'esistenza e un torpore della coscienza morale. Troppo spesso l'agnosticismo equivale a un ateismo pratico.



IV. «Non ti farai alcuna immagine scolpita...»

2129 L'ingiunzione divina comportava il divieto di qualsiasi rappresentazione di Dio fatta dalla mano dell'uomo. Il Deuteronomio spiega: « Poiché non vedeste alcuna figura, quando il Signore vi parlò sull'Oreb dal fuoco, state bene in guardia per la vostra vita, perché non vi corrompiate e non vi facciate l'immagine scolpita di qualche idolo » (Dt 4,15-16). È il Dio assolutamente trascendente che si è rivelato a Israele. « Egli è tutto », ma, al tempo stesso, è « al di sopra di tutte le sue opere » (Si 43,27-28). Egli è « lo stesso autore della bellezza » (Sg 13,3).

2130 Tuttavia, fin dall'Antico Testamento, Dio ha ordinato o permesso di fare immagini che simbolicamente conducessero alla salvezza operata dal Verbo incarnato: così il serpente di rame, (83) l'arca dell'Alleanza e i cherubini. (84)

(83) Cf
Nb 21,4-9 Sg 16,5-14 Jn 3,14-15.
(84) Cf Ex 25,10-22 1R 6,23-28 1R 7,23-26.

2131 Fondandosi sul mistero del Verbo incarnato, il settimo Concilio ecumenico, a Nicea (nel 787), ha giustificato, contro gli iconoclasti, il culto delle icone: quelle di Cristo, ma anche quelle della Madre di Dio, degli angeli e di tutti i santi. Incarnandosi, il Figlio di Dio ha inaugurato una nuova « economia » delle immagini.

2132 Il culto cristiano delle immagini non è contrario al primo comandamento che proscrive gli idoli. In effetti, « l'onore reso ad un'immagine appartiene a chi vi è rappresentato », (85) e « chi venera l'immagine, venera la realtà di chi in essa è riprodotto ». (86) L'onore tributato alle sacre immagini è una « venerazione rispettosa », non un'adorazione che conviene solo a Dio:

« Gli atti di culto non sono rivolti alle immagini considerate in se stesse, ma in quanto servono a raffigurare il Dio incarnato. Ora, il moto che si volge all'immagine in quanto immagine, non si ferma su di essa, ma tende alla realtà che essa rappresenta ». (87)

(85) San Basilio Magno, Liber de Spiritu Sancto, 18, 45: SC 17bis, 406 (PG 32,149).
(86) Concilio di Nicea II, Definitio de sacris imaginibus:
DS 601 cf Concilio di Trento, Sess. 25a, Decretum de invocatione, veneratione et reliquiis sanctorum, et sacris imaginibus: DS 1821-1825 Concilio Vaticano II, Cost. Sacrosanctum Concilium SC 125, AAS 56 (1964) 132; Id., Cost. dogm. Lumen gentium, LG 67: AAS 57 (1965) 65-66.
(87) San Tommaso d'Aquino, Summa theologiae, II-II 81,3, ad 3: Ed. Leon. 9, 180.


In sintesi

2133 « Tu amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutte le forze » (Dt 6,5).

2134 Il primo comandamento chiama l'uomo a credere in Dio, a sperare in lui, ad amarlo al di sopra di tutto.

2135 « Adora il Signore Dio tuo » (Mt 4,10). Adorare Dio, pregarlo, rendergli il culto che a lui è dovuto, mantenere le promesse e i voti che a lui si sono fatti, sono atti della virtù della religione, che esprimono l'obbedienza al primo comandamento.

2136 Il dovere di rendere a Dio un culto autentico riguarda l'uomo individualmente e socialmente.

2137 L'uomo deve poter professare liberamente la religione sia in forma privata che pubblica. (88)

(88) Cf Concilio Vaticano II, Dich. Dignitatis humanae
DH 15, AAS 58 (1966) 940.

2138 La superstizione è una deviazione del culto che rendiamo al vero Dio. Ha la sua massima espressione nell'idolatria, come nelle varie forme di divinazione e di magia.

2139 L'azione di tentare Dio con parole o atti, il sacrilegio, la simonia sono peccati di irreligione proibiti dal primo comandamento.

2140 L'ateismo, in quanto respinge o rifiuta l'esistenza di Dio, è un peccato contro il primo comandamento.

2141 Il culto delle sacre immagini è fondato sul mistero dell'incarnazione del Verbo di Dio. Esso non è in opposizione al primo comandamento.






ARTICOLO 2

IL SECONDO COMANDAMENTO

« Non pronuncerai invano il nome del Signore, tuo Dio » (Ex 20,7). (89)

« Fu detto agli antichi: "Non spergiurare" [...]. Ma io vi dico: Non giurate affatto » (Mt 5,33-34).

(89) Cf Dt 5,11.



I. Il nome del Signore è santo

2142 Il secondo comandamento prescrive di rispettare il nome del Signore. Come il primo comandamento, deriva dalla virtù della religione e regola in particolare il nostro uso della parola a proposito delle cose sante.

2143 Tra tutte le parole della Rivelazione ve ne è una singolare, che è la rivelazione del nome di Dio, che egli svela a coloro che credono in lui; egli si rivela ad essi nel suo mistero personale. Il dono del nome appartiene all'ordine della confidenza e dell'intimità. « Il nome del Signore è santo ». Per questo l'uomo non può abusarne. Lo deve custodire nella memoria in un silenzio di adorazione piena d'amore. (90) Non lo inserirà tra le sue parole, se non per benedirlo, lodarlo e glorificarlo. (91)

(90) Cf
Za 2,17.
(91) Cf Ps 29,2 Ps 96,2 Ps 113,1-2.

2144 Il rispetto per il nome di Dio esprime quello dovuto al suo stesso mistero e a tutta la realtà sacra da esso evocata. Il senso del sacro fa parte della virtù della religione:

« Il sentimento di timore e il sentimento del sacro sono sentimenti cristiani o no? [...] Nessuno può ragionevolmente dubitarne. Sono i sentimenti che palpiterebbero in noi, e con forte intensità, se avessimo la visione della Maestà di Dio. Sono i sentimenti che proveremmo se ci rendessimo conto della sua presenza. Nella misura in cui crediamo che Dio è presente, dobbiamo avvertirli. Se non li avvertiamo, è perché non percepiamo, non crediamo che egli è presente ». (92)

(92) John Henry Newman, Parochial and Plain Sermons, v. 5, Sermon 2 [Reverence, a Belief in God's Presence] (Westminster 1967) p. 21-22.

2145 Il fedele deve testimoniare il nome del Signore, confessando la propria fede senza cedere alla paura. (93) L'atto della predicazione e l'atto della catechesi devono essere compenetrati di adorazione e di rispetto per il nome del Signore nostro Gesù Cristo.

(93) Cf
Mt 10,32 1Tm 6,12.

2146 Il secondo comandamento proibisce l'abuso del nome di Dio, cioè ogni uso sconveniente del nome di Dio, di Gesù Cristo, della Vergine Maria e di tutti i santi.

2147 Le promesse fatte ad altri nel nome di Dio impegnano l'onore, la fedeltà, la veracità e l'autorità divine. Esse devono essere mantenute, per giustizia. Essere infedeli a queste promesse equivale ad abusare del nome di Dio e, in qualche modo, a fare di Dio un bugiardo. (94)

(94) Cf
1Jn 1,10.

2148 La bestemmia si oppone direttamente al secondo comandamento. Consiste nel proferire contro Dio – interiormente o esteriormente – parole di odio, di rimprovero, di sfida, nel parlare male di Dio, nel mancare di rispetto verso di lui nei propositi, nell'abusare del nome di Dio. San Giacomo disapprova coloro « che bestemmiano il bel nome [di Gesù] che è stato invocato » sopra di loro (Jc 2,7). La proibizione della bestemmia si estende alle parole contro la Chiesa di Cristo, i santi, le cose sacre. È blasfemo anche ricorrere al nome di Dio per mascherare pratiche criminali, ridurre popoli in schiavitù, torturare o mettere a morte. L'abuso del nome di Dio per commettere un crimine provoca il rigetto della religione. La bestemmia è contraria al rispetto dovuto a Dio e al suo santo nome. Per sua natura è un peccato grave. (95)

(95) Cf CIC canone CIC 1369.

2149 Le imprecazioni, in cui viene inserito il nome di Dio senza intenzione di bestemmia, sono una mancanza di rispetto verso il Signore. Il secondo comandamento proibisce anche l'uso magico del nome divino:

« Il nome di Dio è grande laddove lo si pronuncia con il rispetto dovuto alla sua grandezza e alla sua maestà. Il nome di Dio è santo laddove lo si nomina con venerazione e con il timore di offenderlo ». (96)

(96) Sant'Agostino, De sermone Domini in monte, 2, 5, 19: CCL 35, 109 (PL 34, 1278).


II. Il nome di Dio pronunciato invano

2150 Il secondo comandamento proibisce il falso giuramento. Fare promessa solenne o giurare è prendere Dio come testimone di ciò che si afferma. È invocare la veracità divina a garanzia della propria veracità. Il giuramento impegna il nome del Signore. « Temerai il Signore Dio tuo, lo servirai e giurerai per il suo nome » (Dt 6,13).

2151 Astenersi dal falso giuramento è un dovere verso Dio. Come Creatore e Signore, Dio è la norma di ogni verità. La parola umana è in accordo con Dio oppure in opposizione a lui che è la stessa verità. Quando il giuramento è veridico e legittimo, mette in luce il rapporto della parola umana con la verità di Dio. Il giuramento falso chiama Dio ad essere testimone di una menzogna.

2152 È spergiuro colui che, sotto giuramento, fa una promessa con l'intenzione di non mantenerla, o che, dopo aver promesso sotto giuramento, non vi si attiene. Lo spergiuro costituisce una grave mancanza di rispetto verso il Signore di ogni parola. Impegnarsi con giuramento a compiere un'opera cattiva è contrario alla santità del nome divino.

2153 Gesù ha esposto il secondo comandamento nel discorso della montagna: « Avete inteso che fu detto agli antichi: "Non spergiurare, ma adempi con il Signore i tuoi giuramenti!". Ma io vi dico: non giurate affatto [...]. Sia invece il vostro parlare sì, sì; no, no; il di più viene dal maligno » (Mt 5,33-34 Mt 5,37). (97) Gesù insegna che ogni giuramento implica un riferimento a Dio e che la presenza di Dio e della sua verità deve essere onorata in ogni parola. La discrezione del ricorso a Dio nel parlare procede di pari passo con l'attenzione rispettosa per la sua presenza, testimoniata o schernita, in ogni nostra affermazione.

(97) Cf Jc 5,12.

2154 Seguendo san Paolo, (98) la Tradizione della Chiesa ha inteso che la parola di Gesù non si oppone al giuramento, allorché viene fatto per un motivo grave e giusto (per esempio davanti ad un tribunale). « Il giuramento, ossia l'invocazione del nome di Dio a testimonianza della verità, non può essere prestato se non secondo verità, prudenza e giustizia ». (99)

(98) Cf
2Co 1,23 Ga 1,20.
(99) CIC canone CIC 1199, § 1.


2155 La santità del nome divino esige che non si faccia ricorso ad esso per cose futili e che non si presti giuramento in quelle circostanze in cui esso potrebbe essere interpretato come un'approvazione del potere da cui ingiustamente venisse richiesto. Quando il giuramento è esigito da autorità civili illegittime, può essere rifiutato. Deve esserlo allorché è richiesto per fini contrari alla dignità delle persone o alla comunione ecclesiale.



III. Il nome cristiano

2156 Il sacramento del Battesimo è conferito « nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo » (Mt 28,19). Nel Battesimo il nome del Signore santifica l'uomo e il cristiano riceve il proprio nome nella Chiesa. Può essere il nome di un santo, cioè di un discepolo che ha vissuto con esemplare fedeltà al suo Signore. Il patrocinio del santo offre un modello di carità ed assicura la sua intercessione. Il « nome di Battesimo » può anche esprimere un mistero cristiano o una virtù cristiana. « I genitori, i padrini e il parroco abbiano cura che non venga imposto un nome estraneo al senso cristiano ». (100)

(100) CIC canone CIC 855.

2157 Il cristiano incomincia la sua giornata, le sue preghiere, le sue azioni con il segno della croce, « nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. Amen ». Il battezzato consacra la giornata alla gloria di Dio e invoca la grazia del Salvatore, la quale gli permette di agire nello Spirito come figlio del Padre. Il segno della croce ci fortifica nelle tentazioni e nelle difficoltà.

2158 Dio chiama ciascuno per nome. (101) Il nome di ogni uomo è sacro. Il nome è l'icona della persona. Esige il rispetto, come segno della dignità di colui che lo porta.

(101) Cf
Is 43,1 Jn 10,3.

2159 Il nome ricevuto è un nome eterno. Nel Regno, il carattere misterioso ed unico di ogni persona segnata dal nome di Dio risplenderà in piena luce. « Al vincitore darò [...] una pietruzza bianca sulla quale sta scritto un nome nuovo, che nessuno conosce all'infuori di chi la riceve » (Ap 2,17). « Poi guardai ed ecco l'Agnello ritto sul monte Sion e insieme centoquarantaquattromila persone che recavano scritto sulla fronte il suo nome e il nome del Padre suo » (Ap 14,1).



In sintesi

2160 « O Signore, nostro Dio, quanto è grande il tuo nome su tutta la terra! » (Ps 8,2).

2161 Il secondo comandamento prescrive di rispettare il nome del Signore. Il nome del Signore è santo.

2162 Il secondo comandamento proibisce ogni uso sconveniente del nome di Dio. La bestemmia consiste nell'usare il nome di Dio, di Gesù Cristo, della Vergine Maria e dei santi in un modo ingiurioso.

2163 Il falso giuramento chiama Dio come testimone di una menzogna. Lo spergiuro è una mancanza grave contro il Signore, sempre fedele alle sue promesse.

2164 « Non giurare né per il Creatore, né per la creatura, se non con verità, per necessità e con riverenza ». (102)

(102) Sant'Ignazio di Loyola, Exercitia spiritualia, 38: MHSI 100, 174.

2165 Nel Battesimo, il cristiano riceve il proprio nome nella Chiesa. I genitori, i padrini e il parroco avranno cura che gli venga dato un nome cristiano. Essere sotto il patrocinio di un santo significa avere in lui un modello di carità e un sicuro intercessore.

2166 Il cristiano incomincia le sue preghiere e le sue azioni con il segno della croce « nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. Amen ».

2167 Dio chiama ciascuno per nome. (103)

(103) Cf
Is 43,1.







ARTICOLO 3

IL TERZO COMANDAMENTO

« Ricordati del giorno di sabato per santificarlo: sei giorni faticherai e farai ogni tuo lavoro; ma il settimo giorno è il sabato in onore del Signore, tuo Dio: non farai alcun lavoro » (Ex 20,8-10). (104)

« Il sabato è stato fatto per l'uomo e non l'uomo per il sabato! Perciò il Figlio dell'uomo è signore anche del sabato » (Mc 2,27-28).

(104) Cf Dt 5,12-15.


I. Il giorno di sabato

2168 Il terzo comandamento del Decalogo ricorda la santità del sabato: « Il settimo giorno vi sarà riposo assoluto, sacro al Signore » (Ex 31,15).

2169 La Scrittura a questo proposito fa memoria della creazione: « Perché in sei giorni il Signore ha fatto il cielo e la terra e il mare e quanto è in essi, ma si è riposato il giorno settimo. Perciò il Signore ha benedetto il giorno di sabato e lo ha dichiarato sacro » (Ex 20,11).

2170 La Scrittura rivela nel giorno del Signore anche un memoriale della liberazione di Israele dalla schiavitù d'Egitto: « Ricordati che sei stato schiavo nel paese d'Egitto e che il Signore tuo Dio ti ha fatto uscire di là con mano potente e braccio teso; perciò il Signore tuo Dio ti ordina di osservare il giorno di sabato » (Dt 5,15).

2171 Dio ha affidato a Israele il sabato perché lo rispetti in segno dell'Alleanza perenne. (105) Il sabato è per il Signore, santamente riservato alla lode di Dio, della sua opera creatrice e delle sue azioni salvifiche in favore di Israele.

(105) Cf
Ex 31,16.

2172 L'agire di Dio è modello dell'agire umano. Se Dio nel settimo giorno « si è riposato » (Ex 31,17), anche l'uomo deve « far riposo » e lasciare che gli altri, soprattutto i poveri, « possano goder quiete ». (106) Il sabato sospende le attività quotidiane e concede una tregua. È un giorno di protesta contro le schiavitù del lavoro e il culto del denaro. (107)

(106) Cf Ex 23,12.
(107) Cf Ne 13,15-22 2Ch 36,21.

2173 Il Vangelo riferisce numerose occasioni nelle quali Gesù viene accusato di violare la legge del sabato. Ma Gesù non viola mai la santità di tale giorno. (108) Egli con autorità ne dà l'interpretazione autentica: « Il sabato è stato fatto per l'uomo e non l'uomo per il sabato » (Mc 2,27). Nella sua bontà, Cristo ritiene lecito in giorno di sabato fare il bene anziché il male, salvare una vita anziché toglierla. (109) Il sabato è il giorno del Signore delle misericordie e dell'onore di Dio. (110) « Il Figlio dell'uomo è signore anche del sabato » (Mc 2,28).

(108) Cf Mc 1,21 Jn 9,16.
(109) Cf Mc 3,4.
(110) Cf Mt 12,5 Jn 7,23.


II. Il giorno del Signore

« Questo è il giorno fatto dal Signore: rallegriamoci ed esultiamo in esso » (Ps 118,24).


Il giorno della risurrezione: la nuova creazione

2174 Gesù è risorto dai morti « il primo giorno della settimana » (Mc 16,2). (111) In quanto « primo giorno », il giorno della risurrezione di Cristo richiama la prima creazione. In quanto « ottavo giorno », che segue il sabato, (112) esso significa la nuova creazione inaugurata con la risurrezione di Cristo. È diventato, per i cristiani, il primo di tutti i giorni, la prima di tutte le feste, il giorno del Signore (« e Kyriaké eméra », « dies dominica »), la « domenica »:

« Ci raduniamo tutti insieme nel giorno del sole, poiché questo è il primo giorno [dopo il sabato ebraico, ma anche il primo giorno] nel quale Dio, trasformate le tenebre e la materia, creò il mondo; sempre in questo giorno Gesù Cristo, nostro Salvatore, risuscitò dai morti ». (113)

(111) Cf Mt 28,1 Lc 24,1 Jn 20,1.
(112) Cf Mc 16,1 Mt 28,1.
(113) San Giustino, Apologia, 1, 67: CA 1,188.


La domenica - compimento del sabato

2175 La domenica si distingue nettamente dal sabato al quale, ogni settimana, cronologicamente succede, e del quale, per i cristiani, sostituisce la prescrizione rituale. Porta a compimento, nella pasqua di Cristo, la verità spirituale del sabato ebraico ed annuncia il riposo eterno dell'uomo in Dio. Infatti, il culto della Legge preparava il mistero di Cristo, e ciò che vi si compiva prefigurava qualche aspetto relativo a Cristo: (114)

« Coloro che vivevano nell'antico ordine di cose si sono rivolti alla nuova speranza, non più guardando al sabato, ma vivendo secondo la domenica, giorno in cui è sorta la nostra vita, per la grazia del Signore e per la sua morte ». (115)

(114) Cf
1Co 10,11.
(115) Sant'Ignazio di Antiochia, Epistula ad Magnesios, 9, 1: SC 10bis, 88 (Funk 1, 236-238).

2176 La celebrazione della domenica attua la prescrizione morale naturalmente iscritta nel cuore dell'uomo « di rendere a Dio un culto esteriore, visibile, pubblico e regolare nel ricordo della sua benevolenza universale verso gli uomini ». (116) Il culto domenicale è il compimento del precetto morale dell'Antica Alleanza, di cui riprende il ritmo e lo spirito celebrando ogni settimana il Creatore e il Redentore del suo popolo.

(116) San Tommaso d'Aquino, Summa theologiae,
II-II 122,4, c: Ed. Leon. 9, 478.


L'Eucaristia domenicale

2177 La celebrazione domenicale del giorno e dell'Eucaristia del Signore sta al centro della vita della Chiesa. « Il giorno di domenica in cui si celebra il mistero pasquale, per la Tradizione apostolica deve essere osservato in tutta la Chiesa come il primordiale giorno festivo di precetto ». (117)

« Ugualmente devono essere osservati i giorni del Natale del Signore nostro Gesù Cristo, dell'Epifania, dell'Ascensione e del santissimo Corpo e Sangue di Cristo, della santa Madre di Dio Maria, della sua Immacolata Concezione e Assunzione, di san Giuseppe, dei santi Apostoli Pietro e Paolo, e infine di tutti i Santi ». (118)

(117) CIC canone
CIC 1246, § 1.
(118) CIC canone CIC 1246, § 1.

2178 Questa pratica dell'assemblea cristiana risale agli inizi dell'età apostolica. (119) La lettera agli Ebrei ricorda: « Non disertando le nostre riunioni, come alcuni hanno l'abitudine di fare, ma esortandoci a vicenda » (He 10,25).

La Tradizione conserva il ricordo di una esortazione sempre attuale: « Affrettarsi verso la chiesa, avvicinarsi al Signore e confessare i propri peccati, pentirsi durante la preghiera [...]. Assistere alla santa e divina liturgia, terminare la propria preghiera e non uscirne prima del congedo. [...] L'abbiamo spesso ripetuto: questo giorno vi è concesso per la preghiera e il riposo. È il giorno fatto dal Signore. In esso rallegriamoci ed esultiamo ». (120)

(119) Cf Ac 2,42-46 1Co 11,17.
(120) Pseudo-Eusebio Alessandrino, Sermo de die Dominica: PG 861, 416 e 421.

2179 « La parrocchia è una determinata comunità di fedeli che viene costituita stabilmente nell'ambito di una Chiesa particolare e la cui cura pastorale è affidata, sotto l'autorità del Vescovo diocesano, ad un parroco quale suo proprio pastore ». (121) È il luogo in cui tutti i fedeli possono essere convocati per la celebrazione domenicale dell'Eucaristia. La parrocchia inizia il popolo cristiano all'espressione ordinaria della vita liturgica, lo raduna in questa celebrazione; insegna la dottrina salvifica di Cristo; pratica la carità del Signore in opere buone e fraterne: (122)

« Tu non puoi pregare in casa come in chiesa, dove c'è il popolo di Dio raccolto, dove il grido è elevato a Dio con un cuore solo. [...] Là c'è qualcosa di più, l'unisono degli spiriti, l'accordo delle anime, il legame della carità, le preghiere dei sacerdoti ». (123)

(121) CIC canone
CIC 515, § 1.
(122) Cf Giovanni Paolo II, Esort. ap. Christifideles laici, 26: AAS 81 (1989) 437-440.
(123) San Giovanni Crisostomo, De incomprehensibili Dei natura seu contra Anomoeos, 3, 6: SC 28bis, 218 (PL 48, 725).


L'obbligo della domenica

2180 Il precetto della Chiesa definisce e precisa la Legge del Signore: « La domenica e le altre feste di precetto i fedeli sono tenuti all'obbligo di partecipare alla Messa ». (124) « Soddisfa il precetto di partecipare alla Messa chi vi assiste dovunque venga celebrata nel rito cattolico, o nello stesso giorno di festa, o nel vespro del giorno precedente ». (125)

(124) CIC canone
CIC 1247.
(125) CIC canone CIC 1248, § 1.

2181 L'Eucaristia domenicale fonda e conferma tutto l'agire cristiano. Per questo i fedeli sono tenuti a partecipare all'Eucaristia nei giorni di precetto, a meno che siano giustificati da un serio motivo (per esempio, la malattia, la cura dei lattanti) o ne siano dispensati dal loro parroco. (126) Coloro che deliberatamente non ottemperano a questo obbligo commettono un peccato grave.

(126) Cf CIC canone
CIC 1245.

2182 La partecipazione alla celebrazione comunitaria dell'Eucaristia domenicale è una testimonianza di appartenenza e di fedeltà a Cristo e alla sua Chiesa. In questo modo i fedeli attestano la loro comunione nella fede e nella carità. Essi testimoniano al tempo stesso la santità di Dio e la loro speranza nella salvezza. Si rafforzano vicendevolmente sotto l'assistenza dello Spirito Santo.

2183 « Se per mancanza del ministro sacro o per altra grave causa diventa impossibile la partecipazione alla celebrazione eucaristica, si raccomanda vivamente che i fedeli prendano parte alla liturgia della Parola, se ve n'è qualcuna nella chiesa parrocchiale o in un altro luogo sacro, celebrata secondo le disposizioni del Vescovo diocesano, oppure attendano per un congruo tempo alla preghiera personalmente o in famiglia, o, secondo l'opportunità, in gruppi di famiglie ». (127)

(127) CIC canone
CIC 1248, § 2.



Catechismo Chiesa Catt. 2110