Gaudium et spes IT 32


CAPITOLO III


L'ATTIVITÀ UMANA NELL'UNIVERSO


Il problema.

33 Col suo lavoro e col suo ingegno l'uomo ha cercato sempre di sviluppare la propria vita; ma oggi, specialmente con l'aiuto della scienza e della tecnica, ha dilatato e continuamente dilata il suo dominio su quasi tutta la natura e, grazie soprattutto alla moltiplicazione di mezzi di scambio tra le nazioni, la famiglia umana a poco a poco è venuta a riconoscersi e a costituirsi come una comunità unitaria nel mondo intero. Ne deriva che molti beni, che un tempo l'uomo si aspettava dalle forze superiori, oggi se li procura con la sua iniziativa e con le sue forze.

Di fronte a questo immenso sforzo, che orrnai pervade tutto il genere umano, molti interrogativi sorgono tra gli uomini: qual è il senso e il valore della attività umana?

Come vanno usate queste realtà? A quale scopo tendono gli sforzi sia individuali che collettivi?

La Chiesa, custode del deposito della parola di Dio, da cui vengono attinti i principi per l'ordine morale e religioso, anche se non ha sempre pronta la soluzione per ogni singola questione, desidera unire la luce della Rivelazione alla competenza di tutti allo scopo di illuminare la strada sulla quale si è messa da poco l'umanità.

Il valore dell'attività umana.

34 Per i credenti una cosa è certa: considerata in se stessa, l'attività umana individuale e collettiva, ossia quell'ingente sforzo col quale gli uomini nel corso dei secoli cercano di migliorare le proprie condizioni di vita, corrisponde alle intenzioni di Dio.

L'uomo infatti, creato ad immagine di Dio, ha ricevuto il comando di sottomettere a sé la terra con tutto quanto essa contiene (57), e di governare il mondo nella giustizia e nella santità, e cosi pure di riferire a Dio il proprio essere e l'universo intero, riconoscendo in lui il Creatore di tutte le cose; in modo che, nella subordinazione di tutta la realtà all'uomo, sia glorificato il nome di Dio su tutta la terra (58). Ciò vale anche per gli ordinari lavori quotidiani.

Gli uomini e le donne, infatti, che per procurarsi il sostentamento per sé e per la famiglia esercitano il proprio lavoro in modo tale da prestare anche conveniente servizio alla società, possono a buon diritto ritenere che con il loro lavoro essi prolungano l'opera del Creatore, si rendono utili ai propri fratelli e donano un contributo personale alla realizzazione del piano provvidenziale di Dio nella storia (59). I cristiani, dunque, non si sognano nemmeno di contrapporre i prodotti dell'ingegno e del coraggio dell'uomo alla potenza di Dio, quasi che la creatura razionale sia rivale del Creatore; al contrario, sono persuasi piuttosto che le vittorie dell'umanità sono segno della grandezza di Dio e frutto del suo ineffabile disegno. Ma quanto più cresce la potenza degli uomini, tanto più si estende e si allarga la loro responsabilità, sia individuale che collettiva.

Da ciò si vede come il messaggio cristiano, lungi dal distogliere gli uomini dal compito di edificare il mondo o dall'incitarli a disinteressarsi del bene dei propri simili, li impegna piuttosto a tutto ciò con un obbligo ancora più pressante (60).

(57) Cf.
Gn 1,26-27 Gn 9,2-3 Sg 9,2-3.
(58) Cf. Ps 8,7 Ps 8,10.
(59) Cf. GIOVANNI XXIII, Encicl. Pacem in terris: AAS 55 (1963), p. PT 297.
(60) Cf. Messaggio a tutti gli uomini indirizzato dai Padri all’inizio del Concilio Vaticano II, 20 ott. 1962: AAS 54 (1962), pp. 822-823 [pag. 1113ss].


Norme dell'attività umana.

35 L'attività umana come deriva dall'uomo così è ordinata all'uomo.

L'uomo, infatti, quando lavora, non trasforma soltanto le cose e la società, ma perfeziona se stesso. Apprende molte cose, sviluppa le sue facoltà, esce da sé e si supera.

Tale sviluppo, se è ben compreso, vale più delle ricchezze esteriori che si possono accumulare. L'uomo vale più per quello che « è » che per quello che «ha» (61).

Parimenti tutto ciò che gli uomini compiono allo scopo di conseguire una maggiore giustizia, una più estesa fraternità e un ordine più umano dei rapporti sociali, ha più valore dei progressi in campo tecnico. Questi, infatti, possono fornire, per così dire, la base materiale della promozione umana, ma da soli non valgono in nessun modo a realizzarla.

Pertanto questa è la norma dell'attività umana: che secondo il disegno di Dio e la sua volontà essa corrisponda al vero bene dell'umanità, e che permetta all'uomo, considerato come individuo o come membro della società, di coltivare e di attuare la sua integrale vocazione.

(61) Cf. PAOLO VI, Disc. al Corpo diplomatico, 7 genn. 1965: AAS 57 (1965), p. 232.


La legittima autonomia delle realtà terrene.

36 Molti nostri contemporanei, però, sembrano temere che, se si fanno troppo stretti i legami tra attività umana e religione, venga impedita l'autonomia degli uomini, delle società, delle scienze.

Se per autonomia delle realtà terrene si vuol dire che le cose create e le stesse società hanno leggi e valori propri, che l'uomo gradatamente deve scoprire, usare e ordinare, allora si tratta di una esigenza d'autonomia legittima: non solamente essa è rivendicata dagli uomini del nostro tempo, ma è anche conforme al volere del Creatore.

Infatti è dalla stessa loro condizione di creature che le cose tutte ricevono la loro propria consistenza, verità, bontà, le loro leggi proprie e il loro ordine; e tutto ciò l'uomo è tenuto a rispettare, riconoscendo le esigenze di metodo proprie di ogni singola scienza o tecnica.

Perciò la ricerca metodica di ogni disciplina, se procede in maniera veramente scientifica e secondo le norme morali, non sarà mai in reale contrasto con la fede, perché le realtà profane e le realtà della fede hanno origine dal medesimo Dio (62).

Anzi, chi si sforza con umiltà e con perseveranza di scandagliare i segreti della realtà, anche senza prenderne coscienza, viene come condotto dalla mano di Dio, il quale, mantenendo in esistenza tutte le cose, fa che siano quello che sono.

A questo proposito ci sia concesso di deplorare certi atteggiamenti mentali, che talvolta non sono mancati nemmeno tra i cristiani, derivati dal non avere sufficientemente percepito la legittima autonomia della scienza, suscitando contese e controversie, essi trascinarono molti spiriti fino al punto da ritenere che scienza e fede si oppongano tra loro (63).

Se invece con l'espressione « autonomia delle realtà temporali » si intende dire che le cose create non dipendono da Dio e che l'uomo può adoperarle senza riferirle al Creatore, allora a nessuno che creda in Dio sfugge quanto false siano tali opinioni.

La creatura, infatti, senza il Creatore svanisce.

Del resto tutti coloro che credono, a qualunque religione appartengano, hanno sempre inteso la voce e la manifestazione di Dio nel linguaggio delle creature.

Anzi, l'oblio di Dio rende opaca la creatura stessa.

(62) Cf. CONC. VAT. I, Cost. dogm. sulla fede cattolica Dei Filius, cap. III. Dz 1785-86 (
DS 3004-3005) [Collantes 1.061-63].
(63) Cf. PIO PASCHINI, Vita e opere di Galileo Galilei, 2 vol., Pont. Accademia delle Scienze, Città del Vatic. 1964.


L'attività umana corrotta dal peccato.

37 La sacra Scrittura, però, con cui si accorda l'esperienza dei secoli, insegna agli uomini che il progresso umano, che pure è un grande bene dell'uomo, porta con sé una seria tentazione.

Infatti, sconvolto l'ordine dei valori e mescolando il male col bene, gli individui e i gruppi guardano solamente agli interessi propri e non a quelli degli altri; cosi il mondo cessa di essere il campo di una genuina fraternità, mentre invece l'aumento della potenza umana minaccia di distruggere ormai lo stesso genere umano.

Tutta intera la storia umana è infatti pervasa da una lotta tremenda contro le potenze delle tenebre; lotta cominciata fin dall'origine del mondo, destinata a durare, come dice il Signore, fino all'ultimo giorno (64).

Inserito in questa battaglia, l'uomo deve combattere senza soste per poter restare unito al bene, né può conseguire la sua interiore unità se non a prezzo di grandi fatiche, con l'aiuto della grazia di Dio. Per questo la Chiesa di Cristo, fiduciosa nel piano provvidenziale del Creatore, mentre riconosce che il progresso umano può servire alla vera felicità degli uomini, non può tuttavia fare a meno di far risuonare il detto dell'Apostolo: « Non vogliate adattarvi allo stile di questo mondo » (
Rm 12,2) e cioè a quello spirito di vanità e di malizia che stravolge in strumento di peccato l'operosità umana, ordinata al servizio di Dio e dell'uomo.

Se dunque ci si chiede come può essere vinta tale miserevole situazione, i cristiani per risposta affermano che tutte le attività umane, che son messe in pericolo quotidianamente dalla superbia e dall'amore disordinato di se stessi, devono venir purificate e rese perfette per mezzo della croce e della risurrezione di Cristo.

Redento da Cristo e diventato nuova creatura nello Spirito Santo, l'uomo, infatti, può e deve amare anche le cose che Dio ha creato.

Da Dio le riceve: le vede come uscire dalle sue mani e le rispetta.

Di esse ringrazia il divino benefattore e, usando e godendo delle creature in spirito di povertà e di libertà, viene introdotto nel vero possesso del mondo, come qualcuno che non ha niente e che possiede tutto (65): «Tutto, infatti, è vostro: ma voi siete di Cristo e il Cristo è di Dio » (1Co 3,22).

(64) Cf. Mt 24,13 Mt 13,24-30 Mt 13,36-43.
(65) Cf. 2Co 6,10.


L'attività umana elevata a perfezione nel mistero pasquale.

38 Il Verbo di Dio, per mezzo del quale tutto è stato creato, fattosi carne lui stesso e venuto ad abitare sulla terra degli uomini (66), entrò nella storia del mondo come uomo perfetto, assumendo questa e ricapitolandola in sé (67). Egli ci rivela « che Dio è carità » (1Jn 4,8) e insieme ci insegna che la legge fondamentale della umana perfezione, e perciò anche della trasformazione del mondo, è il nuovo comandamento dell'amore.

Coloro pertanto che credono alla carità divina, sono da lui resi certi che la strada della carità è aperta a tutti gli uomini e che gli sforzi intesi a realizzare la fraternità universale non sono vani.

Così pure egli ammonisce a non camminare sulla strada della carità solamente nelle grandi cose, bensì e soprattutto nelle circostanze ordinarie della vita.

Accettando di morire per noi tutti peccatori (68), egli ci insegna con il suo esempio che è necessario anche portare quella croce che dalla carne e dal mondo viene messa sulle spalle di quanti cercano la pace e la giustizia. Con la sua risurrezione costituito Signore, egli, il Cristo cui è stato dato ogni potere in cielo e in terra (69), agisce ora nel cuore degli uomini con la virtù del suo Spirito; non solo suscita il desiderio del mondo futuro, ma con ciò stesso ispira anche, purifica e fortifica quei generosi propositi con i quali la famiglia degli uomini cerca di rendere più umana la propria vita e di sottomettere a questo fine tutta la terra.

Ma i doni dello Spirito sono vari: alcuni li chiama a dare testimonianza manifesta al desiderio della dimora celeste, contribuendo così a mantenerlo vivo nell'umanità; altri li chiama a consacrarsi al servizio terreno degli uomini, così da preparare-attraverso tale loro ministero quasi la materia per il regno dei cieli. Di tutti, però, fa degli uomini liberi, in quanto nel rinnegamento dell'egoismo e convogliando tutte le forze terrene verso la vita umana, essi si proiettano nel futuro, quando l'umanità stessa diventerà offerta accetta a Dio (70).

Un pegno di questa speranza e un alimento per il cammino il Signore lo ha lasciato ai suoi in quel sacramento della fede nel quale degli elementi naturali coltivati dall'uomo vengono trasmutati nel Corpo e nel Sangue glorioso di lui, in un banchetto di comunione fraterna che è pregustazione del convito del cielo.

(66) Cf. Jn 1,3 Jn 1,14.
(67) Cf. Ep 1,10.
(68) Cf. Jn 3,14-16 Rm 5,8-10.
(69) Cf. Ac 2,36 Mt 28,18.
(70) Cf. Rm 15,16.


Terra nuova e cielo nuovo.

39 Ignoriamo il tempo in cui avranno fine la terra e l'umanità (71) e non sappiamo in che modo sarà trasformato l'universo. Passa certamente l'aspetto di questo mondo, deformato dal peccato (72). Sappiamo però dalla Rivelazione che Dio prepara una nuova abitazione e una terra nuova, in cui abita la giustizia (73), e la cui felicità sazierà sovrabbondantemente tutti i desideri di pace che salgono nel cuore degli uomini (74).

Allora, vinta la morte, i figli di Dio saranno risuscitati in Cristo, e ciò che fu seminato in infermità e corruzione rivestirà l'incorruttibilità (75); resterà la carità coi suoi frutti (76), e sarà liberata dalla schiavitù della vanità (77) tutta quella realtà che Dio ha creato appunto per l'uomo.

Certo, siamo avvertiti che niente giova all'uomo se guadagna il mondo intero ma perde se stesso (78). Tuttavia l'attesa di una terra nuova non deve indebolire, bensì piuttosto stimolare la sollecitudine nel lavoro relativo alla terra presente, dove cresce quel corpo della umanità nuova che già riesce ad offrire una certa prefigurazione, che adombra il mondo nuovo.

Pertanto, benché si debba accuratamente distinguere il progresso terreno dallo sviluppo del regno di Cristo, tuttavia, tale progresso, nella misura in cui può contribuire a meglio ordinare l'umana società, è di grande importanza per il regno di Dio (79). Ed infatti quei valori, quali la dignità dell'uomo, la comunione fraterna e la libertà, e cioè tutti i buoni frutti della natura e della nostra operosità, dopo che li avremo diffusi sulla terra nello Spirito del Signore e secondo il suo precetto, li ritroveremo poi di nuovo, ma purificati da ogni macchia, illuminati e trasfigurati, allorquando il Cristo rimetterà al Padre « il regno eterno ed universale: che è regno di verità e di vita, regno di santità e di grazia, regno di giustizia, di amore e di pace » (80).

Qui sulla terra il regno è già presente, in mistero; ma con la venuta del Signore, giungerà a perfezione.

(71) Cf.
Ac 1,7.
(72) Cf. 1Co 7,31; S. IRENEO, Adversus Haereses, V, 36, 1: PG 7, 1222.
(73) Cf. 2Co 5,2 2P 3,13.
(74) Cf. 1Co 2,9 Ap 21,4-5.
(75) Cf. 1Co 15,42 1Co 15,53.
(76) Cf. 1Co 13,8 1Co 3,14.
(77) Cf. Rm 8,19-21.
(78) Cf. Lc 9,25.
(79) Cf. PIO XI, Encicl. Quadragesimo anno: AAS 23 (1931), p. 207.
(80) Messale romano, prefazio della festa di Cristo Re.



CAPITOLO IV


LA MISSIONE DELLA CHIESA NEL MONDO CONTEMPORANEO


Mutua relazione tra Chiesa e mondo.

40 Tutto quello che abbiamo detto a proposito della dignità della persona umana, della comunità degli uomini, del significato profondo della attività umana, costituisce il fondamento del rapporto tra Chiesa e mondo, come pure la base del dialogo fra loro (81).

In questo capitolo, pertanto, presupponendo tutto ciò che il Concilio ha già insegnato circa il mistero della Chiesa, si viene a prendere in considerazione la medesima Chiesa in quanto si trova nel mondo e insieme con esso vive ed agisce.

La Chiesa, procedendo dall'amore dell'eterno Padre (82), fondata nel tempo dal Cristo redentore, radunata nello Spirito Santo (83), ha una finalità salvifica ed escatologica che non può essere raggiunta pienamente se non nel mondo futuro. Ma essa è già presente qui sulla terra, ed è composta da uomini, i quali appunto sono membri della città terrena chiamati a formare già nella storia dell'umanità la famiglia dei figli di Dio, che deve crescere costantemente fino all'avvento del Signore. Unita in vista dei beni celesti e da essi arricchita, tale famiglia fu da Cristo « costituita e ordinata come società in questo mondo » (84) e fornita di « mezzi capaci di assicurare la sua unione visibile e sociale » (85). Perciò la Chiesa, che è insieme « società visibile e comunità spirituale » (86) cammina insieme con l'umanità tutta e sperimenta assieme al mondo la medesima sorte terrena; essa è come il fermento e quasi l'anima della società umana (87), destinata a rinnovarsi in Cristo e a trasformarsi in famiglia di Dio. Tale compenetrazione di città terrena e città celeste non può certo essere percepita se non con la fede; resta, anzi, il mistero della storia umana, che è turbata dal peccato fino alla piena manifestazione dello splendore dei figli di Dio.

Ma la Chiesa, perseguendo il suo proprio fine di salvezza, non solo comunica all'uomo la vita divina; essa diffonde anche in qualche modo sopra tutto il mondo la luce che questa vita divina irradia, e lo fa specialmente per il fatto che risana ed eleva la dignità della persona umana, consolida la compagine della umana società e conferisce al lavoro quotidiano degli uomini un più profondo senso e significato. Così la Chiesa, con i singoli suoi membri e con tutta intera la sua comunità, crede di poter contribuire molto a umanizzare di più la famiglia degli uomini e la sua storia.

Inoltre la Chiesa cattolica volentieri tiene in gran conto il contributo che, per realizzare il medesimo compito, han dato e danno, cooperando insieme, le altre Chiese o comunità ecclesiali.

Al tempo stesso essa è persuasa che, per preparare le vie al Vangelo, il mondo può fornirle in vario modo un aiuto prezioso mediante le qualità e l'attività dei singoli o delle società che lo compongono. Allo scopo di promuovere debitamente tale mutuo scambio ed aiuto, nei campi che in qualche modo sono comuni alla Chiesa e al mondo, vengono qui esposti alcuni principi generali.

(81) Cf. PAOLO VI, Encicl. Ecclesiam suam, III: AAS 56 (1964), pp. 637-659.
(82) Cf.
Tt 3,4: «philanthropia».
(83) Cf. Ep 1,3 Ep 1,5-6 Ep 1,13-14 Ep 1,23.
(84) Cf. CONC. VAT. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen Gentium, cap. I, LG 8: AAS 57 (1965), p. 12 [pag. 129ss].
(85) CONC. VAT. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen Gentium, cap. II, LG 9: AAS 57 (1965), p. 14 [pag. 133ss]; cf. LG 8: AAS, l.c., p. 11 [pag. 129ss].
(86) CONC. VAT. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen Gentium, cap. I, LG 8: AAS 57 (1965), p. 11 [pag. 129ss].
(87) Cf. CONC. VAT. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen Gentium, cap. IV, LG 38: AAS 57 (1965), p. 43 [pag. 209ss] con la nota 120.


L'aiuto che la Chiesa intende offrire agli individui.

41 L'uomo d'oggi procede sulla strada di un più pieno sviluppo della sua personalità e di una progressiva scoperta e affermazione dei propri diritti. Poiché la Chiesa ha ricevuto la missione di manifestare il mistero di Dio, il quale è il fine ultimo dell'uomo, essa al tempo stesso svela all'uomo il senso della sua propria esistenza, vale a dire la verità profonda sull'uomo.

Essa sa bene che soltanto Dio, al cui servizio è dedita, dà risposta ai più profondi desideri del cuore umano, che mai può essere pienamente saziato dagli elementi terreni.

Sa ancora che l'uomo, sollecitato incessantemente dallo Spirito di Dio, non potrà mai essere del tutto indifferente davanti al problema religioso, come dimostrano non solo l'esperienza dei secoli passati, ma anche molteplici testimonianze dei tempi nostri.

L'uomo, infatti, avrà sempre desiderio di sapere, almeno confusamente, quale sia il significato della sua vita, della sua attività e della sua morte. E la Chiesa, con la sua sola presenza nel mondo, gli richiama alla mente questi problemi. Ma soltanto Dio, che ha creato l'uomo a sua immagine e che lo ha redento dal peccato, può offrire a tali problemi una risposta pienamente adeguata; cose che egli fa per mezzo della rivelazione compiuta nel Cristo, Figlio suo, che si è fatto uomo.

Chiunque segue Cristo, l'uomo perfetto, diventa anch'egli più uomo.

Partendo da questa fede, la Chiesa può sottrarre la dignità della natura umana al fluttuare di tutte le opinioni che, per esempio, abbassano troppo il corpo umano, oppure lo esaltano troppo.

Nessuna legge umana è in grado di assicurare la dignità personale e la libertà dell'uomo, quanto il Vangelo di Cristo, affidato alla Chiesa.

Questo Vangelo, infatti, annunzia e proclama la libertà dei figli di Dio, respinge ogni schiavitù che deriva in ultima analisi dal peccato (88) onora come sacra la dignità della coscienza e la sua libera decisione, ammonisce senza posa a raddoppiare tutti i talenti umani a servizio di Dio e per il bene degli uomini, infine raccomanda tutti alla carità di tutti (89).

Ciò corrisponde alla legge fondamentale della economia cristiana.

Benché, infatti, i1 Dio Salvatore e il Dio Creatore siano sempre lo stesso Dio, e così pure si identifichino il Signore della storia umana e il Signore della storia della salvezza, tuttavia in questo stesso ordine divino la giusta autonomia della creatura, specialmente dell'uomo, lungi dall'essere soppressa, viene piuttosto restituita alla sua dignità e in essa consolidata.

Perciò la Chiesa, in forza del Vangelo affidatole, proclama i diritti umani, e riconosce e apprezza molto il dinamismo con cui ai giorni nostri tali diritti vengono promossi ovunque.

Questo movimento tuttavia deve essere impregnato dallo spirito del Vangelo e dev'essere protetto contro ogni specie di falsa autonomia.

Siamo, infatti, esposti alla tentazione di pensare che i nostri diritti personali sono pienamente salvi solo quando veniamo sciolti da ogni norma di legge divina.

Ma per questa strada la dignità della persona umana non si salva e va piuttosto perduta.

(88) Cf.
Rm 8,14-17.
(89) Cf. Mt 22,39.


L'aiuto che la Chiesa intende dare alla società umana.

42 L'unione della famiglia umana viene molto rafforzata e completata dall'unità della famiglia dei figli di Dio, fondata sul Cristo (90). Certo, la missione propria che Cristo ha affidato alla sua Chiesa non è d'ordine politico, economico o sociale: il fine, infatti, che le ha prefisso è d'ordine religioso (91).

Eppure proprio da questa missione religiosa scaturiscono compiti, luce e forze, che possono contribuire a costruire e a consolidare la comunità degli uomini secondo la legge divina.

Così pure, dove fosse necessario, a seconda delle circostanze di tempo e di luogo, anch'essa può, anzi deve suscitare opere destinate al servizio di tutti, ma specialmente dei bisognosi, come, per esempio, opere di misericordia e altre simili.

La Chiesa, inoltre, riconosce tutto ciò che di buono si trova nel dinamismo sociale odierno, soprattutto il movimento verso l'unità, il progresso di una sana socializzazione e della solidarietà civile ed economica. Promuovere l'unità corrisponde infatti alla intima missione della Chiesa, la quale è appunto « in Cristo quasi un sacramento, ossia segno e strumento di intima unione con Dio e dell'unità di tutto il genere umano» (92). Così essa mostra al mondo che una vera unione sociale esteriore discende dalla unione delle menti e dei cuori, ossia da quella fede e da quella carità, con cui la sua unità è stata indissolubilmente fondata nello Spirito Santo.

Infatti, la forza che la Chiesa riesce a immettere nella società umana contemporanea consiste in quella fede e carità effettivamente vissute, e non in una qualche sovranità esteriore esercitata con mezzi puramente umani. Inoltre, siccome in forza della sua missione e della sua natura non è legata ad alcuna particolare forma di cultura umana o sistema politico, economico, o sociale, la Chiesa per questa sua universalità può costituire un legame strettissimo tra le diverse comunità umane e nazioni, purché queste abbiano fiducia in lei e le riconoscano di fatto una vera libertà per il compimento della sua missione. Per questo motivo la Chiesa esorta i suoi figli, come pure tutti gli uomini, a superare, in questo spirito di famiglia proprio dei figli di Dio, ogni dissenso tra nazioni e razze, e a consolidare interiormente le legittime associazioni umane. Il Concilio, dunque, considera con grande rispetto tutto ciò che di vero, di buono e di giusto si trova nelle istituzioni, pur così diverse, che la umanità si è creata e continua a crearsi. Dichiara inoltre che la Chiesa vuole aiutare e promuovere tutte queste istituzioni, per quanto ciò dipende da lei ed è compatibile con la sua missione.

Niente le sta più a cuore che di servire al bene di tutti e di potersi liberamente sviluppare sotto qualsiasi regime che rispetti i diritti fondamentali della persona e della famiglia e riconosca le esigenze del bene comune.

(90) Cf. CONC. VAT. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen Gentium, cap. II,
LG 9: AAS 57 (1965), pp. 12-14 [pag. 133ss].
(91) Cf. PIO XII, Discorso a cultori di storia e di arte, 9 marzo 1956: AAS 48 (1956), p. 212: “Il suo Divino Fondatore, Gesù Cristo, non le ha conferito nessun mandato né fissato alcun fine d’ordine culturale. Lo scopo che il Cristo le assegna è strettamente religioso (...). La Chiesa deve condurre gli uomini a Dio, perché si donino a lui senza riserva (...). La Chiesa non può perdere mai di vista questo fine strettamente religioso, soprannaturale. Il senso di ogni sua attività, fino all’ultimo canone del suo Codice, non può che riferirsi ad esso direttamente o indirettamente”.
(92) CONC. VAT. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen Gentium, cap. I, LG 1: AAS 57 (1965), p. 5 [pag. 115].


L'aiuto che la Chiesa intende dare all'attività umana per mezzo dei cristiani.

43 Il Concilio esorta i cristiani, cittadini dell'una e dell'altra città, di sforzarsi di compiere fedelmente i propri doveri terreni, facendosi guidare dallo spirito del Vangelo.

Sbagliano coloro che, sapendo che qui noi non abbiamo una cittadinanza stabile ma che cerchiamo quella futura (93), pensano che per questo possono trascurare i propri doveri terreni, e non riflettono che invece proprio la fede li obbliga ancora di più a compierli, secondo la vocazione di ciascuno (94).

A loro volta non sono meno in errore coloro che pensano di potersi immergere talmente nelle attività terrene, come se queste fossero del tutto estranee alla vita religiosa, la quale consisterebbe, secondo loro, esclusivamente in atti di culto e in alcuni doveri morali.

La dissociazione, che si costata in molti, tra la fede che professano e la loro vita quotidiana, va annoverata tra i più gravi errori del nostro tempo.

Contro questo scandalo (95) già nell'Antico Testamento elevavano con veemenza i loro rimproveri i profeti e ancora di più Gesù Cristo stesso, nel Nuovo Testamento, minacciava gravi castighi (96).

Non si crei perciò un'opposizione artificiale tra le attività professionali e sociali da una parte, e la vita religiosa dall'altra. Il cristiano che trascura i suoi impegni temporali, trascura i suoi doveri verso il prossimo, anzi verso Dio stesso, e mette in pericolo la propria salvezza eterna.

Gioiscano piuttosto i cristiani, seguendo l'esempio di Cristo che fu un artigiano, di poter esplicare tutte le loro attività terrene unificando gli sforzi umani, domestici, professionali, scientifici e tecnici in una sola sintesi vitale insieme con i beni religiosi, sotto la cui altissima direzione tutto viene coordinato a gloria di Dio. Ai laici spettano propriamente, anche se non esclusivamente, gli impegni e le attività temporali. Quando essi, dunque, agiscono quali cittadini del mondo, sia individualmente sia associati, non solo rispetteranno le leggi proprie di ciascuna disciplina, ma si sforzeranno di acquistare una vera perizia in quei campi. Daranno volentieri la loro cooperazione a quanti mirano a identiche finalità. Nel rispetto delle esigenze della fede e ripieni della sua forza, escogitino senza tregua nuove iniziative, ove occorra, e ne assicurino la realizzazione.

Spetta alla loro coscienza, già convenientemente formata, di inscrivere la legge divina nella vita della città terrena. Dai sacerdoti i laici si aspettino luce e forza spirituale.

Non pensino però che i loro pastori siano sempre esperti a tal punto che, ad ogni nuovo problema che sorge, anche a quelli gravi, essi possano avere pronta una soluzione concreta, o che proprio a questo li chiami la loro missione; assumano invece essi, piuttosto, la propria responsabilità, alla luce della sapienza cristiana e facendo attenzione rispettosa alla dottrina del Magistero (97).

Per lo più sarà la stessa visione cristiana della realtà che li orienterà, in certe circostanze, a una determinata soluzione. Tuttavia, altri fedeli altrettanto sinceramente potranno esprimere un giudizio diverso sulla medesima questione, come succede abbastanza spesso e legittimamente.

Ché se le soluzioni proposte da un lato o dall'altro, anche oltre le intenzioni delle parti, vengono facilmente da molti collegate con il messaggio evangelico, in tali casi ricordino essi che nessuno ha il diritto di rivendicare esclusivamente in favore della propria opinione l'autorità della Chiesa.

Invece cerchino sempre di illuminarsi vicendevolmente attraverso un dialogo sincero, mantenendo sempre la mutua carità e avendo cura in primo luogo del bene comune.

I laici, che hanno responsabilità attive dentro tutta la vita della Chiesa, non solo son tenuti a procurare l'animazione del mondo con lo spirito cristiano, ma sono chiamati anche ad essere testimoni di Cristo in ogni circostanza e anche in mezzo alla comunità umana.

I vescovi, poi, cui è affidato l'incarico di reggere la Chiesa di Dio, devono insieme con i loro preti predicare il messaggio di Cristo in modo tale che tutte le attività terrene dei fedeli siano pervase dalla luce del Vangelo.

Inoltre i pastori tutti ricordino che essi con la loro quotidiana condotta e con la loro sollecitudine (98) mostrano al mondo un volto della Chiesa, in base al quale gli uomini si fanno un giudizio sulla efficacia e sulla verità del messaggio cristiano. Con la vita e con la parola, uniti ai religiosi e ai loro fedeli, dimostrino che la Chiesa, già con la sola sua presenza, con tutti i doni che contiene, è sorgente inesauribile di quelle forze di cui ha assoluto bisogno il mondo moderno.

Con lo studio assiduo si rendano capaci di assumere la propria responsabilità nel dialogo col mondo e con gli uomini di qualsiasi opinione.

Soprattutto però abbiano in mente le parole di questo Concilio: « Siccome oggi l'umanità va sempre più organizzandosi in unità civile, economica e sociale, è tanto più necessario che i sacerdoti, unendo sforzi e mezzi sotto la guida dei vescovi e del sommo Pontefice, eliminino ogni motivo di dispersione, affinché tutto il genere umano sia ricondotto all'unità della famiglia di Dio » (99).

Benché la Chiesa, per la virtù dello Spirito Santo, sia rimasta la sposa fedele del suo Signore e non abbia mai cessato di essere segno di salvezza nel mondo, essa tuttavia non ignora affatto che tra i suoi membri sia chierici che laici (100), nel corso della sua lunga storia, non sono mancati di quelli che non furono fedeli allo Spirito di Dio.

E anche ai nostri giorni sa bene la Chiesa quanto distanti siano tra loro il messaggio ch'essa reca e l'umana debolezza di coloro cui è affidato il Vangelo. Qualunque sia il giudizio che la storia dà di tali difetti, noi dobbiamo esserne consapevoli e combatterli con forza, perché non ne abbia danno la diffusione del Vangelo. Così pure la Chiesa sa bene quanto essa debba continuamente maturare imparando dall'esperienza di secoli, nel modo di realizzare i suoi rapporti col mondo.

Guidata dallo Spirito Santo, la madre Chiesa non si stancherà di «esortare i suoi figli a purificarsi e a rinnovarsi, perché il segno di Cristo risplenda ancor più chiaramente sul volto della Chiesa» (101).

(93) Cf.
He 13,14.
(94) Cf. 2Th 3,6-13 Ep 4,28.
(95) Cf. Is 58,1-12.
(96) Cf. Mt 23,3-33 Mc 7,10-13.
(97) Cf. GIOVANNI XXIII, Encicl. Mater et Magistra, IV: AAS 53 (1961), pp. MM 456-457 e I: l.c., pp. MM 407 MM 410-411.
(98) Cf. CONC. VAT. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen Gentium, cap. III, LG 28: AAS 57 (1965), pp. 34-35 [pag. 185ss].
(99) Cf. CONC. VAT. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen Gentium, cap. III, LG 28: AAS, l.c., pp. 35-36 [pag. 185ss].
(100) Cf. S. AMBROGIO, De virginitate, cap. VIII, n. 48: PL 16, 278.
(101) CONC. VAT. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen Gentium, cap. II, LG 15: AAS 57 (1965), p. 20 [pag. 149ss].



Gaudium et spes IT 32