Gaudium et spes IT 56


Sezione 2: Alcuni principi riguardanti la retta promozione della cultura

Fede e cultura

57 I cristiani, in cammino verso la città celeste, devono ricercare e gustare le cose di lassù (125) questo tuttavia non diminuisce, anzi aumenta l'importanza del loro dovere di collaborare con tutti gli uomini per la costruzione di un mondo più umano. E in verità il mistero della fede cristiana offre loro eccellenti stimoli e aiuti per assolvere con maggiore impegno questo compito e specialmente per scoprire il pieno significato di quest'attività, mediante la quale la cultura umana acquista un posto importante nella vocazione integrale dell'uomo.

L'uomo infatti, quando coltiva la terra col lavoro delle sue braccia o con l'aiuto della tecnica, affinché essa produca frutto e diventi una dimora degna di tutta la famiglia umana, e quando partecipa consapevolmente alla vita dei gruppi sociali, attua il disegno di Dio, manifestato all'inizio dei tempi, di assoggettare la terra (126) e di perfezionare la creazione, e coltiva se stesso; nel medesimo tempo mette in pratica il grande comandamento di Cristo di prodigarsi al servizio dei fratelli.

L'uomo inoltre, applicandosi allo studio delle varie discipline, quali la filosofia, la storia, la matematica, le scienze naturali, e coltivando l'arte, può contribuire moltissimo ad elevare l'umana famiglia a più alti concetti del vero, del bene e del bello e a una visione delle cose di universale valore; in tal modo essa sarà più vivamente illuminata da quella mirabile Sapienza, che dall'eternità era con Dio, disponendo con lui ogni cosa, giocando sull'orbe terrestre e trovando le sue delizie nello stare con i figli degli uomini (127).

Per ciò stesso lo spirito umano, più libero dalla schiavitù delle cose, può innalzarsi con maggiore speditezza al culto ed alla contemplazione del Creatore. Anzi, sotto l'impulso della grazia si dispone a riconoscere il Verbo di Dio che, prima di farsi carne per tutto salvare e ricapitolare in se stesso, già era « nel mondo » come « luce vera che illumina ogni uomo » (
Jn 1,9) (128).

Certo, l'odierno progresso delle scienze e della tecnica, che in forza del loro metodo non possono penetrare nelle intime ragioni delle cose, può favorire un certo fenomenismo e agnosticismo, quando il metodo di investigazione di cui fanno uso queste scienze viene a torto innalzato a norma suprema di ricerca della verità totale. Anzi, vi è il pericolo che l'uomo, fidandosi troppo delle odierne scoperte, pensi di bastare a se stesso e non cerchi più valori superiori.

Questi fatti deplorevoli però non scaturiscono necessariamente dalla odierna cultura, né debbono indurci nella tentazione di non riconoscere i suoi valori positivi. Fra questi si annoverano: il gusto per le scienze e la rigorosa fedeltà al vero nella indagine scientifica, la necessità di collaborare con gli altri nei gruppi tecnici specializzati, il senso della solidarietà internazionale, la coscienza sempre più viva della responsabilità degli esperti nell'aiutare e proteggere gli uomini, la volontà di rendere più felici le condizioni di vita per tutti, specialmente per coloro che soffrono per la privazione della responsabilità personale o per la povertà culturale. Tutti questi valori possono essere in qualche modo una preparazione a ricevere l'annunzio del Vangelo; preparazione che potrà essere portata a compimento dalla divina carità di colui che è venuto a salvare il mondo.

(125) Cf. Esposizione introduttiva di questa Costituzione, nn. 4-10 [pag. 849-863].
(126) Cf. Col 3,1-2.
(127) Cf. Gn 1,28.
(128) Cf. Pr 8,30-31.


I molteplici rapporti fra il Vangelo di Cristo e la cultura

58 Fra il messaggio della salvezza e la cultura esistono molteplici rapporti. Dio infatti, rivelandosi al suo popolo fino alla piena manifestazione di sé nel Figlio incarnato, ha parlato secondo il tipo di cultura proprio delle diverse epoche storiche.

Parimenti la Chiesa, che ha conosciuto nel corso dei secoli condizioni d'esistenza diverse, si è servita delle differenti culture per diffondere e spiegare nella sua predicazione il messaggio di Cristo a tutte le genti, per studiarlo ed approfondirlo, per meglio esprimerlo nella vita liturgica e nella vita della multiforme comunità dei fedeli.

Ma nello stesso tempo, inviata a tutti i popoli di qualsiasi tempo e di qualsiasi luogo (129), non è legata in modo esclusivo e indissolubile a nessuna razza o nazione, a nessun particolare modo di vivere, a nessuna consuetudine antica o recente. Fedele alla propria tradizione e nello stesso tempo cosciente dell'universalità della sua missione (130), può entrare in comunione con le diverse forme di cultura; tale comunione arricchisce tanto la Chiesa stessa quanto le varie culture.

Il Vangelo di Cristo rinnova continuamente la vita e la cultura dell'uomo decaduto, combatte e rimuove gli errori e i mali derivanti dalla sempre minacciosa seduzione del peccato. Continuamente purifica ed eleva la moralità dei popoli. Con la ricchezza soprannaturale feconda dall'interno, fortifica, completa e restaura in Cristo le qualità spirituali e le doti di ciascun popolo. In tal modo la Chiesa, compiendo la sua missione già con questo stesso fatto stimola e dà il suo contributo alla cultura umana e civile e, mediante la sua azione, anche liturgica, educa l'uomo alla libertà interiore.

(129) Cf. S. IRENEO, Adv. Haer., III, 11, 8: ed. Sagnard, p. 200; cf. Ib., 16, 6: pp. 290-292; 21, 10-22: pp. 370-372; 22, 3: p. 378; ecc.
(130) Cf.
Ep 1,10.

Armonizzazione dei diversi aspetti della cultura

59 Per i motivi suddetti la Chiesa ricorda a tutti che la cultura deve mirare alla perfezione integrale della persona umana, al bene della comunità e di tutta la società umana. Perciò è necessario coltivare lo spirito in modo che si sviluppino le facoltà dell'ammirazione, dell'intuizione, della contemplazione, e si diventi capaci di formarsi un giudizio personale e di coltivare il senso religioso, morale e sociale.

Infatti la cultura, scaturendo direttamente dalla natura ragionevole e sociale dell'uomo, ha un incessante bisogno della giusta libertà per svilupparsi e le si deve riconoscere la legittima possibilità di esercizio autonomo secondo i propri principi. A ragione dunque essa esige rispetto e gode di una certa inviolabilità, salvi evidentemente i diritti della persona e della comunità, sia particolare sia universale, entro i limiti del bene comune.

Il sacro Concilio, richiamando ciò che insegnò il Concilio Vaticano I, dichiara che « esistono due ordini di conoscenza » distinti, cioè quello della fede e quello della ragione, e che la Chiesa non vieta che «le arti e le discipline umane (...) si servano, nell'ambito proprio a ciascuna, di propri principi e di un proprio metodo »; perciò, « riconoscendo questa giusta libertà », la Chiesa afferma la legittima autonomia della cultura e specialmente delle scienze (131).

Tutto questo esige pure che l'uomo, nel rispetto dell'ordine morale e della comune utilità, possa liberamente cercare la verità, manifestare e diffondere le sue opinioni, e coltivare qualsiasi arte; esige, infine, che sia informato secondo verità degli eventi della vita pubblica (132).

È compito dei pubblici poteri, non determinare il carattere proprio delle forme di cultura, ma assicurare le condizioni e i sussidi atti a promuovere la vita culturale fra tutti, anche fra le minoranze di una nazione (133). Perciò bisogna innanzi tutto esigere che la cultura, stornata dal proprio fine, non sia costretta a servire il potere politico o il potere economico.

(131) Cf. le parole di PIO XI all’Ecc.mo Sig. Roland-Gosselin: “Non bisogna perdere mai di vista che l’obiettivo della Chiesa è di evangelizzare e non di civilizzare. Se essa civilizza, è per l’evangelizzazione” (Semaine Sociale de Versailles, 1936, PP 461-462).
(132) Cf. CONC. VAT. I, Cost. dogm. sulla fede catt. Dei Filius, cap. IV: Dz 1795, 1799 (
DS 3015 DS 3019) [Collantes 1.080-84]. Cf. PIO XI, Encicl. Quadragesimo anno: AAS 23 (1931), p. 190 [in parte DS 3725).
(133) Cf. GIOVANNI XXIII, Encicl. Pacem in terris: AAS 55 (1963), p. PT 260 [DS 3959].


Sezione 3: Alcuni doveri più urgenti per i cristiani circa la cultura

Il riconoscimento del diritto di ciascuno alla cultura e sua attuazione

60 Poiché si offre ora la possibilità di liberare moltissimi uomini dal flagello dell'ignoranza, è compito sommamente confacente al nostro tempo, in specie per i cristiani, lavorare indefessamente perché tanto in campo economico quanto in campo politico, tanto sul piano nazionale quanto sul piano internazionale, siano prese le decisioni fondamentali, mediante le quali sia riconosciuto e attuato dovunque il diritto di tutti a una cultura umana conforme alla dignità della persona, senza distinzione di razza, di sesso, di nazione, di religione o di condizione sociale. Perciò è necessario procurare a tutti una quantità sufficiente di beni culturali, specialmente di quelli che costituiscono la cosiddetta cultura di base, affinché moltissimi non siano impediti, a causa dell'analfabetismo e della privazione di un'attività responsabile, di dare una collaborazione veramente umana al bene comune.

Occorre perciò fare ogni sforzo affinché quelli che ne sono capaci possano accedere agli studi superiori; ma in tale maniera che, per quanto è possibile, essi possano occuparsi nell'umana società di quelle funzioni, compiti e servizi che corrispondono alle loro attitudini naturali e alle competenze acquisite (134). Così ognuno e i gruppi sociali di ciascun popolo potranno raggiungere il pieno sviluppo della loro vita culturale, in conformità con le doti e tradizioni loro proprie.

Bisogna inoltre fare di tutto perché ciascuno prenda coscienza tanto del diritto alla cultura, quanto del dovere di coltivarsi e di aiutare gli altri. Vi sono talora condizioni di vita e di lavoro che impediscono lo sforzo culturale e perciò distruggono l'interesse per la cultura. Questo vale in modo speciale per gli agricoltori e gli operai, ai quali bisogna assicurare condizioni di lavoro tali che non impediscano, ma promuovano la loro vita culturale. Le donne lavorano già in quasi tutti i settori della vita; conviene però che esse possano svolgere pienamente i loro compiti secondo le attitudini loro proprie. Sarà dovere di tutti far si che la partecipazione propria e necessaria delle donne nella vita culturale sia riconosciuta e promossa.

(134) Cf. GIOVANNI XXIII, Encicl. Pacem in terris: AAS 55 (1963), pp. PT 283 [
DS 3989]; PIO XII, Messaggio radiofon Nell'alba e nella luce., 24 dic. 1941: AAS 34 (1942), pp. 16-17.


L'educazione ad una cultura integrale

61 Oggi vi è più difficoltà di un tempo di ridurre a sintesi le varie discipline e arti del sapere. Mentre infatti aumenta il volume e la diversità degli elementi che costituiscono la cultura, diminuisce nello stesso tempo la capacità per i singoli uomini di percepirli e di armonizzarli organicamente, cosicché l'immagine dell'«uomo universale» diviene sempre più evanescente. Tuttavia ogni uomo ha il dovere di tener fermo il concetto della persona umana integrale, in cui eccellono i valori della intelligenza, della volontà, della coscienza e della fraternità, che sono fondati tutti in Dio Creatore e sono stati mirabilmente sanati ed elevati in Cristo.

La famiglia anzitutto è come la madre e la nutrice di questa educazione; in essa i figli, vivendo in una atmosfera d'amore, apprendono più facilmente la gerarchia dei valori, mentre collaudate forme culturali vengono quasi naturalmente trasfuse nell'animo dell'adolescente, man mano che si sviluppa.

Per la medesima educazione nella società odierna vi sono opportunità derivanti specialmente dall'accresciuta diffusione del libro e dai nuovi strumenti di comunicazione culturale e sociale, che possono favorire la cultura universale. La diminuzione più o meno generalizzata del tempo dedicato al lavoro fa aumentare di giorno in giorno per molti uomini le possibilità di coltivarsi. Il tempo libero sia impiegato per distendere lo spirito, per fortificare la salute dell'anima e del corpo; mediante attività e studi di libera scelta; mediante viaggi in altri paesi (turismo), con i quali si affina lo spirito dell'uomo, e gli uomini si arricchiscono con la reciproca conoscenza; anche mediante esercizi e manifestazioni sportive, che giovano a mantenere l'equilibrio dello spirito, ed offrono un aiuto per stabilire fraterne relazioni fra gli uomini di tutte le condizioni, di nazioni o di razze diverse. I cristiani collaborino dunque affinché le manifestazioni e le attività culturali collettive, proprie della nostra epoca, siano impregnate di spirito umano e cristiano.

Tuttavia tutte queste facilitazioni non possono assicurare la piena ed integrale formazione culturale dell'uomo, se nello stesso tempo trascuriamo di interrogarci profondamente sul significato della cultura e della scienza per la persona umana.

Accordo fra cultura umana e insegnamento cristiano

62 Sebbene la Chiesa abbia grandemente contribuito al progresso della cultura, l'esperienza dimostra tuttavia che, per ragioni contingenti, l'accordo fra la cultura e la formazione cristiana non si realizza sempre senza difficoltà.

Queste difficoltà non necessariamente sono di danno alla fede; possono, anzi, stimolare lo spirito ad acquisirne una più accurata e profonda intelligenza. Infatti gli studi recenti e le nuove scoperte delle scienze, come pure quelle della storia e della filosofia, suscitano nuovi problemi che comportano conseguenze anche per la vita pratica ed esigono nuove indagini anche da parte dei teologi. Questi sono inoltre invitati, nel rispetto dei metodi e delle esigenze proprie della scienza teologica, a ricercare modi sempre più adatti di comunicare la dottrina cristiana agli uomini della loro epoca: altro è, infatti, il deposito o le verità della fede, altro è il modo con cui vengono espresse, a condizione tuttavia di salvaguardarne il significato e il senso profondo (135). Nella cura pastorale si conoscano sufficientemente e si faccia uso non soltanto dei principi della teologia, ma anche delle scoperte delle scienze profane, in primo luogo della psicologia e della sociologia, cosicché anche i fedeli siano condotti a una più pura e più matura vita di fede.

A modo loro, anche la letteratura e le arti sono di grande importanza per la vita della Chiesa. Esse cercano infatti di esprimere la natura propria dell'uomo, i suoi problemi e la sua esperienza nello sforzo di conoscere e perfezionare se stesso e il mondo; cercano di scoprire la sua situazione nella storia e nell'universo, di illustrare le sue miserie e le sue gioie, i suoi bisogni e le sue capacità, e di prospettare una sua migliore condizione. Così possono elevare la vita umana, che esprimono in molteplici forme, secondo i tempi e i luoghi.

Bisogna perciò impegnarsi affinché gli artisti si sentano compresi dalla Chiesa nella loro attività e, godendo di un'ordinata libertà, stabiliscano più facili rapporti con la comunità cristiana. Siano riconosciute dalla Chiesa le nuove tendenze artistiche adatte ai nostri tempi secondo l'indole delle diverse nazioni e regioni. Siano ammesse negli edifici del culto, quando, con modi d'espressione adatti e conformi alle esigenze liturgiche, innalzano lo spirito a Dio (136).

Così la conoscenza di Dio viene meglio manifestata e la predicazione evangelica si rende più trasparente all'intelligenza degli uomini e appare come connaturata con le loro condizioni d'esistenza.

I fedeli dunque vivano in strettissima unione con gli uomini del loro tempo, e si sforzino di penetrare perfettamente il loro modo di pensare e di sentire, quali si esprimono mediante la cultura. Sappiano armonizzare la conoscenza delle nuove scienze, delle nuove dottrine e delle più recenti scoperte con la morale e il pensiero cristiano, affinché il senso religioso e la rettitudine morale procedano in essi di pari passo con la conoscenza scientifica e con il continuo progresso della tecnica; potranno così giudicare e interpretare tutte le cose con senso autenticamente cristiano.

Coloro che si applicano alle scienze teologiche nei seminari e nelle università si studino di collaborare con gli uomini che eccellono nelle altre scienze, mettendo in comune le loro forze e opinioni. La ricerca teologica, mentre persegue la conoscenza profonda della verità rivelata, non trascuri il contatto con il proprio tempo, per poter aiutare gli uomini competenti nelle varie branche del sapere ad acquistare una più piena conoscenza della fede. Questa collaborazione gioverà grandemente alla formazione dei sacri ministri, che potranno presentare ai nostri contemporanei la dottrina della Chiesa intorno a Dio, all'uomo e al mondo in maniera più adatta, così da farla anche da essi più volentieri accettare (137). È anzi desiderabile che molti laici acquistino una conveniente formazione nelle scienze sacre e che non pochi tra loro si diano di proposito a questi studi e li approfondiscano con mezzi scientifici adeguati. Ma affinché possano esercitare il loro compito, sia riconosciuta ai fedeli, tanto ecclesiastici che laici, una giusta libertà di ricercare, di pensare e di manifestare con umiltà e coraggio la propria opinione nel campo in cui sono competenti (138).

(135) Cf. GIOVANNI XXIII, Encicl. Pacem in terris: AAS 55 (1963), pp. PT 260 [
DS 3960].
(136) Cf. GIOVANNI XXIII, Discorso tenuto all’inizio del Concilio l’11 ott. 1962: AAS 54 (1962), p. 792 [pag. 1103].
(137) Cf. CONC. VAT. II, Cost. sulla Sacra Liturgia Sacrosanctum Concilium, SC 123: AAS 56 (1964), p. 131 [pag. 81ss]; PAOLO VI, Discorso agli artisti romani, 7 maggio 1964: AAS 56 (1964), pp. 439-442.
(138) Cf. CONC. VAT. II, Decr. sulla formazione sacerdotale Optatam totius: e Dich. sull’educazione cristiana Gravissimum educationis.


CAPITOLO III


VITA ECONOMICO-SOCIALE


La vita economica e alcuni aspetti caratteristici contemporanei

63 Anche nella vita economico-sociale sono da tenere in massimo rilievo e da promuovere la dignità della persona umana, la sua vocazione integrale e il bene dell'intera società. L'uomo infatti è l'autore, il centro e il fine di tutta la vita economico-sociale.

L'economia contemporanea, come ogni altro campo della vita sociale, è caratterizzata da un dominio crescente dell'uomo sulla natura, dalla moltiplicazione e dalla intensificazione dei rapporti e dalla interdipendenza tra cittadini, gruppi e popoli, come pure da un più intenso intervento dei pubblici poteri. Nello stesso tempo, il progresso nella efficienza produttiva e nella migliore organizzazione degli scambi e servizi hanno reso l'economia strumento adatto a meglio soddisfare i bisogni accresciuti della famiglia umana.

Tuttavia non mancano motivi di preoccupazione. Molti uomini, soprattutto nelle regioni economicamente sviluppate, appaiono quasi unicamente retti dalle esigenze dell'economia, cosicché quasi tutta la loro vita personale e sociale viene permeata da una mentalità economicistica, e ciò si diffonde sia nei paesi ad economia collettivistica che negli altri. In un tempo in cui lo sviluppo della vita economica, orientata e coordinata in una maniera razionale e umana, potrebbe permettere una attenuazione delle disparità sociali, troppo spesso essa si tramuta in una causa del loro aggravamento o, in alcuni luoghi, perfino nel regresso delle condizioni sociali dei deboli e nel disprezzo dei poveri. Mentre folle immense mancano dello stretto necessario, alcuni, anche nei paesi meno sviluppati, vivono nell'opulenza o dissipano i beni. Il lusso si accompagna alla miseria. E, mentre pochi uomini dispongono di un assai ampio potere di decisione, molti mancano quasi totalmente della possibilità di agire di propria iniziativa o sotto la propria responsabilità, spesso permanendo in condizioni di vita e di lavoro indegne di una persona umana.

Simili squilibri economici e sociali si avvertono tra l'agricoltura, l'industria e il settore dei servizi, come pure tra le diverse regioni di uno stesso paese. Una contrapposizione, che può mettere in pericolo la pace del mondo intero, si fa ogni giorno più grave tra le nazioni economicamente più progredite e le altre.

Gli uomini del nostro tempo reagiscono con coscienza sempre più sensibile di fronte a tali disparità: essi sono profondamente convinti che le più ampie possibilità tecniche ed economiche, proprie del mondo contemporaneo, potrebbero e dovrebbero correggere questo funesto stato di cose. Ma per questo si richiedono molte riforme nelle strutture della vita economico-sociale; è necessario anche da parte di tutti un mutamento di mentalità e di abitudini di vita. In vista di ciò la Chiesa, lungo lo svolgersi della storia, ha formulato nella luce del Vangelo e, soprattutto in questi ultimi tempi, ha largamente insegnato i principi di giustizia e di equità richiesti dalla retta ragione umana e validi sia per la vita individuale o sociale che per la vita internazionale. Il sacro Concilio, tenuto conto delle caratteristiche del tempo presente, intende riconfermare tali principi e formulare alcuni orientamenti, con particolare riguardo alle esigenze dello sviluppo economico (139).

(139) Cf. CONC. VAT. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen Gentium, cap. IV,
LG 37: AAS 57 (1965), pp. 42-43 [pag. 207ss].


Sezione 1: Sviluppo economico

Lo sviluppo economico a servizio dell'uomo

64 Oggi più che mai, per far fronte all'aumento della popolazione e per rispondere alle crescenti aspirazioni del genere umano, giustamente si tende ad incrementare la produzione di beni nell'agricoltura e nell'industria e la prestazione dei servizi. Perciò sono da favorire il progresso tecnico, lo spirito di innovazione, la creazione di nuove imprese e il loro ampliamento, l'adattamento nei metodi dell'attività produttiva e dello sforzo sostenuto da tutti quelli che partecipano alla produzione, in una parola tutto ciò che possa contribuire a questo sviluppo (140). Ma il fine ultimo e fondamentale di tale sviluppo non consiste nel solo aumento dei beni prodotti, né nella sola ricerca del profitto o del predominio economico, bensì nel servizio dell'uomo: dell'uomo integralmente considerato, tenendo cioè conto della gerarchia dei suoi bisogni materiali e delle esigenze della sua vita intellettuale, morale, spirituale e religiosa; di ogni uomo, diciamo, e di ogni gruppo umano, di qualsiasi razza o continente. Pertanto l'attività economica deve essere condotta secondo le leggi e i metodi propri dell'economia, ma nell'ambito dell'ordine morale (141), in modo che così risponda al disegno di Dio sull'uomo (142).

(140) Cf. PIO XII, Messaggio La famiglia è la culla, 23 marzo 1952: AAS 44 (1952), p. 273; GIOVANNI XXIII, Discorso alle A.C.L.I., 1° maggio 1959: AAS 51 (1959), p. 358.
(141) Cf. PIO XI, Encicl. Quadragesimo anno: AAS 23 (1931), p. 190ss [in parte
DS 3725ss]; PIO XII, Messaggio La famiglia è la culla, 23 marzo 1952: AAS 44 (1952), p. 276ss; GIOVANNI XXIII, Encicl. Mater et Magistra: AAS 53 (1961), p. MM 450; CONC. VAT. II, Decreto sugli strum. di comunic. sociale Inter mirifica, cap. I, IM 6: AAS 56 (1964), p. 147 [pag. 99].
(142) Cf. Mt 16,26 Lc 16,1-31 Col 3,17.


Lo sviluppo economico sotto il controllo dell'uomo

65 Lo sviluppo economico deve rimanere sotto il controllo dell'uomo. Non deve essere abbandonato all'arbitrio di pochi uomini o gruppi che abbiano in mano un eccessivo potere economico, né della sola comunità politica, né di alcune nazioni più potenti. Conviene, al contrario, che il maggior numero possibile di uomini, a tutti i livelli e, quando si tratta dei rapporti internazionali, tutte le nazioni possano partecipare attivamente al suo orientamento. È necessario egualmente che le iniziative spontanee dei singoli e delle loro libere associazioni siano coordinate e armonizzate in modo conveniente ed organico con la molteplice azione delle pubbliche autorità.

Lo sviluppo economico non può essere abbandonato né al solo gioco quasi meccanico della attività economica dei singoli, né alla sola decisione della pubblica autorità. Per questo, bisogna denunciare gli errori tanto delle dottrine che, in nome di un falso concetto di libertà, si oppongono alle riforme necessarie, quanto delle dottrine che sacrificano i diritti fondamentali delle singole persone e dei gruppi all'organizzazione collettiva della produzione (143).

Si ricordino, d'altra parte, tutti i cittadini che essi hanno il diritto e il dovere - e il potere civile lo deve riconoscere loro - di contribuire secondo le loro capacità al progresso della loro propria comunità. Specialmente nelle regioni economicamente meno progredite, dove si impone d'urgenza l'impiego di tutte le risorse ivi esistenti, danneggiano gravemente il bene comune coloro che tengono inutilizzate le proprie ricchezze o coloro che - salvo il diritto personale di migrazione - privano la propria comunità dei mezzi materiali e spirituali di cui essa ha bisogno.

(143) Cf. LEONE XIII, Encicl. Libertas praestantissimum, 20 giugno 1888: ASS 20 (1887-1888), pp. 597ss [in parte
DS 3252-3253); PIO XI, Encicl. Quadragesimo anno: AAS 23 (1931), p. 191ss.; ID., Divini Redemptoris: AAS 29 (1937), p. 65ss; PIO XII, Messaggio natalizio Nell'alba e nella luce 1941: AAS 34 (1942), p 10ss; GIOVANNI XXIII, Encicl. Mater et Magistra: AAS 53 (1961), pp. MM 401-464 [in parte DS 3935-3953].


Ingenti disparità economico-sociali da far scomparire

66 Per rispondere alle esigenze della giustizia e dell'equità, occorre impegnarsi con ogni sforzo affinché, nel rispetto dei diritti personali e dell'indole propria di ciascun popolo, siano rimosse il più rapidamente possibile le ingenti disparità economiche che portano con sé discriminazioni nei diritti individuali e nelle condizioni sociali quali oggi si verificano e spesso si aggravano. Similmente, in molte zone, tenendo presenti le particolari difficoltà del settore agricolo quanto alla produzione e alla commercializzazione dei beni, gli addetti all'agricoltura vanno sostenuti per aumentare la produzione e garantirne la vendita, nonché per la realizzazione delle trasformazioni e innovazioni necessarie, come pure per raggiungere un livello equo di reddito; altrimenti rimarranno, come spesso avviene, in condizioni sociali di inferiorità. Da parte loro gli agricoltori, soprattutto i giovani, si impegnino con amore a migliorare la loro competenza professionale, senza la quale non si dà sviluppo dell'agricoltura (144).

La giustizia e l'equità richiedono similmente che la mobilità, assolutamente necessaria in una economia di sviluppo, sia regolata in modo da evitare che la vita dei singoli e delle loro famiglie si faccia incerta e precaria. Per quanto riguarda i lavoratori che, provenendo da altre nazioni o regioni, concorrono con il loro lavoro allo sviluppo economico di un popolo o di una zona, è da eliminare accuratamente ogni discriminazione nelle condizioni di rimunerazione o di lavoro. Inoltre tutti e in primo luogo i poteri pubblici, devono trattarli come persone, e non semplicemente come puri strumenti di produzione; devono aiutarli perché possano accogliere presso di sé le loro famiglie e procurarsi un alloggio decoroso, nonché favorire la loro integrazione nella vita sociale del popolo o della regione che li accoglie. Si creino tuttavia nella misura del possibile, posti di lavoro nelle regioni stesse d'origine.

Nelle economie attualmente in fase di ulteriore trasformazione, come nelle nuove forme della società industriale nelle quali, per esempio, si va largamente applicando l'automazione, si richiedono misure per assicurare a ciascuno un impiego sufficiente e adatto, insieme alla possibilità di una formazione tecnica e professionale adeguata; inoltre bisogna garantire la sussistenza e la dignità umana di coloro che, soprattutto per motivi di salute e di età, si trovano in particolari difficoltà.

(144) Quanto al problema dell’agricoltura, cf. soprattutto GIOVANNI XXIII, Encicl Mater et Magistra: AAS 53 (1961), pp.
MM 431ss.


Sezione 2: Alcuni principi relativi all'insieme della vita economico-sociale

Lavoro, condizione di lavoro e tempo libero

67 Il lavoro umano, con cui si producono e si scambiano beni o si prestano servizi economici, è di valore superiore agli altri elementi della vita economica, poiché questi hanno solo valore di strumento.

Tale lavoro, infatti, sia svolto in forma indipendente sia per contratto con un imprenditore, procede direttamente dalla persona, la quale imprime nella natura quasi il suo sigillo e la sottomette alla sua volontà. Con il lavoro, l'uomo provvede abitualmente al sostentamento proprio e dei suoi familiari, comunica con gli altri, rende un servizio agli uomini suoi fratelli e può praticare una vera carità e collaborare attivamente al completamento della divina creazione. Ancor più: sappiamo per fede che l'uomo, offrendo a Dio il proprio lavoro, si associa all'opera stessa redentiva di Cristo, il quale ha conferito al lavoro una elevatissima dignità, lavorando con le proprie mani a Nazareth. Di qui discendono, per ciascun uomo, il dovere di lavorare fedelmente, come pure il diritto al lavoro. Corrispondentemente è compito della società, in rapporto alle condizioni in essa esistenti, aiutare da parte sua i cittadini a trovare sufficiente occupazione. Infine il lavoro va rimunerato in modo tale da garantire i mezzi sufficienti per permettere al singolo e alla sua famiglia una vita dignitosa su un piano materiale, sociale, culturale e spirituale, tenuto conto del tipo di attività e grado di rendimento economico di ciascuno, nonché delle condizioni dell'impresa e del bene comune (145).

Poiché l'attività economica è per lo più realizzata in gruppi produttivi in cui si uniscono molti uomini, è ingiusto ed inumano organizzarla con strutture ed ordinamenti che siano a danno di chi vi operi. Troppo spesso avviene invece, anche ai nostri giorni, che i lavoratori siano in un certo senso asserviti alle proprie opere. Ciò non trova assolutamente giustificazione nelle cosiddette leggi economiche. Occorre dunque adattare tutto il processo produttivo alle esigenze della persona e alle sue forme di vita, innanzitutto della sua vita domestica, particolarmente in relazione alle madri di famiglia, sempre tenendo conto del sesso e dell'età di ciascuno. Ai lavoratori va assicurata inoltre la possibilità di sviluppare le loro qualità e di esprimere la loro personalità nell'esercizio stesso del lavoro. Pur applicando a tale attività lavorativa, con doverosa responsabilità, tempo ed energie, tutti i lavoratori debbono però godere di sufficiente riposo e tempo libero, che permetta loro di curare la vita familiare, culturale, sociale e religiosa. Anzi, debbono avere la possibilità di dedicarsi ad attività libere che sviluppino quelle energie e capacità, che non hanno forse modo di coltivare nel loro lavoro professionale.

(145) Cf. LEONE XIII, Encicl. Rerum Novarum: ASS 23 (1890-91), pp. 649-662 [in parte
DS 3268ss]; PIO XI, Encicl. Quadragesimo anno: AAS 23 (1931), p. 200-201; ID, Encicl. Divini Redemptoris: AAS 29 (1937), p. 92 [DS 3774]; PIO XII, Messaggio radiofonico nella vigilia del Natale del Signore 1942:Con sempre nuova freschezza AAS 35 (1943), p. 20; ID., Discorso 13 giugno 1943: AAS 35 (1943), p. 172; ID., Messaggio radiofonico diretto agli operai di Spagna, 11 marzo 1951: AAS 43 (1951), p. 215; GIOVANNI XXIII, Encicl. Mater et Magistra: AAS 53 (1961), p. MM 419 [DS 3944].


Partecipazione nell'impresa e nell'indirizzo economico generale; conflitti di lavoro

68 Nelle imprese economiche si uniscono delle persone, cioè uomini liberi ed autonomi, creati ad immagine di Dio. Perciò, prendendo in considerazione le funzioni di ciascuno - sia proprietari, sia imprenditori, sia dirigenti, sia operai - e salva la necessaria unità di direzione dell'impresa, va promossa, in forme da determinarsi in modo adeguato, la attiva partecipazione di tutti alla gestione dell'impresa (146). Poiché, tuttavia, in molti casi non è più a livello dell'impresa, ma a livello superiore in istituzioni di ordine più elevato, che si prendono le decisioni economiche e sociali da cui dipende l'avvenire dei lavoratori e dei loro figli, bisogna che essi siano parte attiva anche in tali decisioni, direttamente o per mezzo di rappresentanti liberamente eletti.

Tra i diritti fondamentali della persona umana bisogna annoverare il diritto dei lavoratori di fondare liberamente proprie associazioni, che possano veramente rappresentarli e contribuire ad organizzare rettamente la vita economica, nonché il diritto di partecipare liberamente alle attività di tali associazioni senza incorrere nel rischio di rappresaglie. Grazie a tale partecipazione organizzata, congiunta con una formazione economica e sociale crescente, andrà sempre più aumentando in tutti la coscienza della propria funzione e responsabilità: essi saranno così portati a sentirsi parte attiva, secondo le capacità e le attitudini di ciascuno, in tutta l'opera dello sviluppo economico e sociale e della realizzazione del bene comune universale.

In caso di conflitti economico-sociali, si deve fare ogni sforzo per giungere a una soluzione pacifica. Benché sempre si debba ricorrere innanzitutto a un dialogo sincero tra le parti, lo sciopero può tuttavia rimanere anche nelle circostanze odierne un mezzo necessario, benché estremo, per la difesa dei propri diritti e la soddisfazione delle giuste aspirazioni dei lavoratori. Bisogna però cercare quanto prima le vie atte a riprendere il dialogo per le trattative e la conciliazione.

(146) Cf. GIOVANNI XXIII, Encicl. Mater et Magistra: AAS 53 (1961), pp.
MM 408 MM 424 [DS 3948], MM 427; il termine “curatione” [=conduzione] è desunto dal testo latino dell’Encicl. Quadragesimo anno: AAS 23 (1931), p. 199 [DS 3733]. Riguardo all’evoluzione del problema cf. anche: PIO XII, Discorso 3 giugno 1950: AAS 42 (1950), pp. 485-488; PAOLO VI, Discorso, 8 giugno 1964: AAS 56 (1964), pp. 574-579.



Gaudium et spes IT 56