Catechesi tradendae 60

  Ricerca e certezza di fede


60     Una sfida più sottile deriva a volte dalla concezione stessa della fede. Talune scuole filosofiche contemporanee, che sembrano esercitare una forte influenza su alcune correnti teologiche e, per loro tramite, sulla prassi pastorale, sottolineano volentieri che l’atteggiamento fondamentale dell’uomo è quello di una ricerca all’infinito, una ricerca che non raggiunge mai il suo oggetto. In teologia questa visione delle cose afferma molto categoricamente che la fede non è una certezza, ma un interrogativo, che non è una chiarezza, ma un salto nel buio!

          Queste correnti di pensiero hanno certamente il vantaggio di ricordarci che la fede riguarda cose che non sono ancora possedute, perché sono sperate, cose che non si vedono ancora se non “in uno specchio, in maniera confusa” (
1Co 13,12), e che Dio abita sempre in una luce inaccessibile (cf. 1Tm 6,16). Esse ci aiutano a non fare della fede cristiana un atteggiamento di immobilismo, ma piuttosto una marcia in avanti, come quella di Abramo. A più forte ragione si deve evitare di presentare come certe le cose che non lo sono.

          Tuttavia, non bisogna cadere – come avviene molto spesso – nell’eccesso opposto. La Lettera agli Ebrei dice che “la fede è il fondamento delle cose che si sperano e prova di quelle che non si vedono” (He 11,1). Se noi non ne abbiamo il pieno possesso, ne abbiamo una garanzia ed una prova. Quando noi educhiamo i fanciulli, gli adolescenti ed i giovani, non presentiamo loro un concetto della fede del tutto negativo – come un non-sapere assoluto, una sorta di cecità, un mondo di tenebre –, ma sforziamoci di mostrar loro che la ricerca umile e coraggiosa del credente, lungi dal partire dal nulla, da semplici illusioni, da opinioni fallibili, da incertezze, si fonda sulla Parola di Dio, il quale né si inganna né inganna, e si edifica di continuo sulla roccia incrollabile di tale Parola. È la ricerca dei Magi al seguito di una stella (cf. Mt 2,1ss.), ricerca in ordine alla quale Pascal, riprendendo un pensiero di Sant’Agostino, scriveva in termini così profondi: “Tu non mi cercheresti, se non mi avessi già trovato” (Blaise Pascal, “Le mystère de Jesus”: Pensées, n 553).

          È, altresì, uno scopo della catechesi quello di offrire ai giovani catecumeni quelle certezze, semplici, ma solide, che li aiutino a cercare di più e meglio la conoscenza del Signore.

  Catechesi e teologia


61     In questo contesto, mi sembra importante che sia ben compreso il legame che c’è tra la catechesi e la teologia.

          Questo legame appare con ogni evidenza profondo e vitale a chi comprende la missione insostituibile della teologia a servizio della fede. Non c’è da meravigliarsi, pertanto, che ogni scossa nel campo teologico provochi ugualmente ripercussioni sul terreno della catechesi. Ora la Chiesa, in questo immediato post-Concilio, vive un momento importante, ma rischioso, della ricerca teologica.

          Alcuni Padri Sinodali, venuti da tutti i continenti hanno affrontato tale questione con un linguaggio molto netto: essi hanno parlato di un “equilibrio instabile”, che dalla teologia rischia di passare alla catechesi, ed hanno, altresì, sottolineato la necessità di apportare un rimedio a tale inconveniente. Il Pontefice Paolo VI aveva anch’egli affrontato il problema in termini non meno netti nell’introduzione alla sua “Solenne Professione di Fede” (Paolo VI, Sollemnis professio fidei, 4: AAS 60 [1968] 434), e nell’Esortazione Apostolica che ricordava il quinto anniversario della chiusura del Concilio Vaticano II (Paolo VI, Quinque iam anni: AAS 63 [1971] 99).

          Conviene insistere nuovamente su questo punto. Consapevoli dell’influsso delle loro ricerche e delle loro affermazioni sull’insegnamento catechetico, i teologi e gli esegeti hanno il dovere di stare molto attenti a non far passare come verità certe ciò che appartiene, al contrario, all’àmbito delle questioni opinabili o della disputa tra esperti. I catechisti avranno, a loro volta, la saggezza di cogliere nel campo della ricerca teologica ciò che può illuminare la loro riflessione ed il loro insegnamento, attingendo come i teologi stessi alle vere fonti, nella luce del Magistero. Si asterranno dal turbare l’animo dei fanciulli e dei giovani, a questo stadio della loro catechesi, con teorie peregrine, con vari problemi e con sterili discussioni, spesso condannate da San Paolo nelle sue “Lettere Pastorali” (cf.
1Tm 1,3ss; 2Tm 2,14ss; 2Tm 4,1-5; Tt 1,10-12 cf. anche Paolo VI, EN 78, AAS 68 [1976] 70).

          Il dono più prezioso, che la Chiesa possa offrire al mondo contemporaneo, disorientato ed inquieto, è di formare in esso cristiani sicuri nell’essenziale ed umilmente lieti nello loro fede. La catechesi questo insegnerà loro, e ne trarrà vantaggio essa stessa per prima: “L’uomo che vuol comprendere se stesso fino in fondo – non soltanto secondo immediati, parziali, spesso superficiali, e perfino apparenti criteri e misure del proprio essere – deve, con la sua inquietudine e incertezza ed anche con la sua debolezza e peccaminosità, con la sua vita e morte, avvicinarsi a Cristo. Egli deve, per così dire, entrare in lui con tutto se stesso, deve “appropriarsi” ed assimilare tutta la realtà dell’Incarnazione e della Redenzione per ritrovare se stesso” (Giovanni Paolo II, Redemptor Hominis RH 10, AAS 71 [1979] 274).

   

IX. IL COMPITO RIGUARDA TUTTI NOI

Incoraggiamento a tutti i responsabili


62     Ora, Fratelli e Figli carissimi, vorrei che le mie parole, concepite come una grave ed ardente esortazione del mio ministero di Pastore della Chiesa universale, infiammassero i vostri cuori come le Lettere dell’apostolo Paolo indirizzate ai suoi collaboratori nell’opera di evangelizzazione, Tito e Timoteo, come la lettera di Sant’Agostino, allorché scriveva al diacono Deogratias, scoraggiato di fronte al suo compito di catechista, un autentico piccolo trattato sulla gioia del catechizzare (S. Agostino, De catechizandis rudibus: PL 40,310-347). Sì, desidero seminare abbondantemente nel cuore di tutti i responsabili, così numerosi e diversi, dell’insegnamento religioso e dell’addestramento alla vita secondo il Vangelo, il coraggio, la speranza, l’entusiasmo!

  I Vescovi


63     Mi rivolgo, innanzitutto, a voi, miei Fratelli Vescovi: il Concilio Vaticano II vi ha già ricordato esplicitamente i vostri doveri nel campo della catechesi, ed i Padri della IV Assemblea Generale del Sinodo li hanno anch’essi fortemente sottolineati.

          A questo riguardo voi, Fratelli carissimi, avete una missione particolare nelle vostre Chiese: voi siete in esse i primissimi responsabili della catechesi, siete i catecheti per eccellenza. Voi condividete pure col Papa, nello spirito della collegialità episcopale, l’onere della catechesi in tutta quanta la Chiesa. Consentite, dunque, che io vi parli a cuore aperto!

          So bene che siete impegnati in un ministero episcopale ogni giorno più complesso e logorante. Siete sollecitati da mille impegni: dalla formazione dei nuovi Sacerdoti alla presenza attiva in mezzo alle Comunità dei fedeli; dalla celebrazione viva e degna del culto e dei Sacramenti all’impegno della promozione umana e della difesa dei diritti della persona. Ebbene, che l’impegno di promuovere una catechesi attiva ed efficace non ceda per nulla a qualsiasi altra preoccupazione! Questo impegno vi spingerà a trasmettere voi stessi ai vostri fedeli la dottrina della vita. Ma esso deve anche spingervi ad assumere nelle vostre diocesi, in corrispondenza con i programmi della Conferenza Episcopale a cui appartenete, l’alta direzione della catechesi, pur circondandovi di collaboratori competenti e degni di fiducia. Il vostro ruolo principale sarà quello di suscitare e di mantenere nelle vostre Chiese un’autentica passione per la catechesi, una passione che si incarni in un’organizzazione adeguata ed efficace, che metta in opera le persone, i mezzi, gli strumenti, come pure tutte le risorse economiche necessarie. Siate certi che, se la catechesi è fatta bene nelle Chiese locali, tutto il resto si farà più facilmente. D’altronde – c’è bisogno di dirvelo? – se il vostro zelo deve imporvi a volte il compito ingrato di denunciare deviazioni, correggere errori, vi procurerà ben più spesso la gioia e la consolazione di veder fiorire le vostre Chiese, perché la catechesi è ivi offerta ai fedeli secondo la volontà del Signore.


  I Sacerdoti


64     Quanto a voi, Sacerdoti, ecco un terreno, sul quale siete i collaboratori immediati dei vostri Vescovi. Il Concilio vi ha chiamati “educatori nella fede” (cf. Presbyterorum Ordinis PO 6, AAS 58 [1966] 999); come potreste voi esserlo maggiormente che dedicando il meglio dei vostri sforzi alla crescita delle vostre Comunità nella fede? Che voi siate titolari di una parrocchia, o insegnanti di scuola, di liceo o di università, responsabili della pastorale a qualsiasi livello, animatori di piccole o grandi Comunità e soprattutto di gruppi di giovani, la Chiesa attende da voi che non trascuriate nulla in ordine ad un’opera catechetica ben strutturata e ben orientata. I Diaconi e gli altri ministri, se avete la fortuna di disporne, sono per ciò vostri collaboratori nati. Tutti i credenti hanno il diritto alla catechesi, tutti i Pastori hanno il dovere di provvedervi. Alle Autorità civili domanderò sempre di rispettare la libertà dell’insegnamento catechetico; ma voi, ministri di Gesù Cristo – ve ne supplico con tutte le mie forze – non permettete mai che, per mancanza di zelo, o in conseguenza di qualche malaugurata idea preconcetta, i fedeli restino privi della catechesi. Che non si abbia a dire: “I bambini chiedevano il pane e non c’era chi lo spezzasse loro” (Lm 4,4).

  I Religiosi e le Religiose


65     Molte Famiglie religiose, maschili e femminili, sono sorte per l’educazione cristiana dei fanciulli e dei giovani, soprattutto dei più abbandonati. Nel corso della storia, i Religiosi e le Religiose si sono trovati molto impegnati nell’attività catechetica della Chiesa, svolgendo in essa un lavoro particolarmente adatto ed efficace. Nel momento in cui si desidera accentuare i legami tra Religiosi e Pastori e, di conseguenza, la presenza attiva delle Comunità religiose e dei loro membri nei progetti pastorali delle Chiese locali, io esorto con tutto il cuore voi, che la consacrazione religiosa deve rendere ancor più disponibili al servizio della Chiesa, a prepararvi nel miglior modo possibile al compito catechetico, secondo le diverse vocazioni dei vostri istituti e le missioni che vi sono affidate, recando dappertutto questa preoccupazione. Che le Comunità consacrino il massimo delle loro capacità e delle loro possibilità all’opera specifica della catechesi!

  I Catechisti laici


66     Io intendo ringraziare, a nome di tutta la Chiesa, voi catechisti parrocchiali, laici, uomini ed in numero ancor maggiore donne, che dappertutto nel mondo vi siete dedicati all’educazione religiosa di numerose generazioni. La vostra attività, spesso umile e nascosta, ma compiuta con zelo ardente e generoso, è una forma eminente di apostolato laicale, particolarmente importante laddove, per differenti ragioni, i fanciulli ed i giovani non ricevono una conveniente formazione religiosa in seno alle loro famiglie. Quanti di noi hanno ricevuto da persone come voi le prime nozioni del catechismo e la preparazione al sacramento della Riconciliazione, alla prima Comunione ed alla Confermazione? La IV Assemblea Generale del Sinodo non vi ha certo dimenticati. Insieme con essa, io vi incoraggio a continuare la vostra collaborazione alla vita della Chiesa.

          Ma sono i catechisti in terra di missione coloro che meritano, in modo del tutto speciale, questo titolo di “catechisti”. Nati da famiglie già cristiane, o convertiti un giorno al cristianesimo ed istruiti dai Missionari o da un altro catechista, essi consacrano in seguito la loro vita, per lunghi anni, a catechizzare i fanciulli e gli adulti dei loro Paesi. Chiese ora fiorenti non sarebbero state edificate senza di loro. Io mi rallegro per gli sforzi compiuti dalla Sacra Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli al fine di perfezionare sempre meglio la formazione di questi catechisti. Io rievoco con riconoscenza la memoria di coloro che il Signore ha già chiamato a sé, mentre invoco l’intercessione di coloro che dai miei Predecessori sono stati elevati alla gloria degli altari. Io incoraggio di tutto cuore coloro che sono all’opera, ed auspico che molti altri prendano il loro posto, e che il loro numero si accresca per un’opera tanto necessaria alla missione.


  Nella parrocchia


67     Desidero ora richiamare il contesto concreto, in cui operano abitualmente tutti questi catechisti, ritornando ancora in forma più sintetica sui “luoghi” della catechesi, alcuni dei quali sono già stati menzionati nel Capitolo VI: parrocchia, famiglia, scuola, movimento.

          Se è vero che si può catechizzare in qualsiasi luogo, tengo tuttavia a sottolineare – conformemente al desiderio di moltissimi Vescovi – che la Comunità parrocchiale deve restare l’animatrice della catechesi ed il suo luogo privilegiato. Certamente in molti Paesi, la parrocchia è stata come scossa dal fenomeno dell’urbanizzazione. Alcuni hanno forse accettato con eccessiva facilità che essa fosse giudicata sorpassata, se non addirittura destinata a sparire, a tutto vantaggio di piccole comunità più adatte e più efficaci. Lo si voglia o no, la parrocchia resta un punto capitale di riferimento per il popolo cristiano, ed anche per i non praticanti. Il realismo ed il buon senso, perciò, consigliano di continuare nella strada che tende a restituire alla parrocchia, dove sia necessario, strutture più adeguate e, soprattutto, un nuovo slancio grazie al crescente inserimento in essa di membri qualificati, responsabili e generosi. Detto questo, e tenuto conto della necessaria diversità dei luoghi di catechesi, nella parrocchia stessa, nelle famiglie che accolgono fanciulli o adolescenti, nell’insegnamento religioso presso le Scuole statali, nelle istituzioni scolastiche cattoliche, nei movimenti di apostolato che riservano speciali tempi alla catechesi, nei centri aperti a tutti i giovani, nei fine-settimana dedicati alla formazione spirituale ecc., è sommamente importante che tutti questi canali catechetici convergano veramente verso la stessa confessione di fede, verso una stessa appartenenza alla Chiesa, verso impegni nella società che siano vissuti nello stesso spirito evangelico: “...un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo, un solo Dio e Padre” (
Ep 4,5ss.). È per questo che ogni parrocchia importante ed ogni raggruppamento di parrocchie più piccole hanno il grave dovere di formare dei responsabili completamente dediti all’animazione catechetica – Sacerdoti, Religiosi, Religiose e Laici –, di prevedere l’attrezzatura necessaria per ogni aspetto della catechesi, di moltiplicare e di adattare i luoghi di catechesi nella misura possibile ed utile, di vigilare sulla qualità della formazione religiosa e sull’integrazione dei diversi gruppi nel corpo ecclesiale.

          In breve, senza stabilire monopoli né rigide uniformità, la parrocchia resta – come ho detto – il luogo privilegiato della catechesi. Essa deve ritrovare la propria vocazione, che è quella di essere una casa di famiglia, fraterna ed accogliente, dove i battezzati e i cresimati prendono coscienza di essere Popolo di Dio. Lì il pane della buona dottrina ed il pane dell’Eucaristia sono ad essi spezzati in abbondanza nel contesto di un medesimo atto di culto (cf. Sacrosanctum Concilium SC 35 SC 52, AAS 56 [1964] 109, 114; cf. anche Institutio Generalis Missalis Romani, promulgata con decreto della Sacra Congregazione dei Riti il 6 aprile 1969, n. 33); di lì essi sono rinviati quotidianamente alla loro missione apostolica, in tutti i cantieri della vita del mondo.

  Nella famiglia


68     L’azione catechetica della famiglia ha un carattere particolare e, in un certo senso, insostituibile, giustamente sottolineato dalla Chiesa e, segnatamente, dal Concilio Vaticano II (cf. particolarmente Lumen Gentium LG 11 LG 35, AAS 57 [1965] 15, 40; Apostolicam Actuositatem AA 11 AA 30, AAS 58 [1966] 847, 860; Gaudium et Spes GS 52, AAS 58 [1966] 1073; e soprattutto Gravissimum Educationis GE 3, AAS 58 [1966] 731). Questa educazione alla fede da parte dei genitori – educazione che deve iniziare dalla più giovane età dei figli (cf. Gravissimum Educationis GE 3, AAS 58 [1966] 731) – si esplica già quando i membri di una famiglia si aiutano vicendevolmente a crescere nella fede grazie alla loro testimonianza cristiana, spesso silenziosa, ma perseverante nel ritmo di una vita quotidiana vissuta secondo il Vangelo. Essa è più incisiva quando, in coincidenza con gli avvenimenti familiari – quali la recezione dei Sacramenti, la celebrazione di grandi feste liturgiche, la nascita di un bambino, una circostanza luttuosa – ci si preoccupa di esplicitare in seno alla famiglia il contenuto cristiano o religioso di tali avvenimenti. Occorre, però, andare più lontano: i genitori cristiani si sforzeranno di seguire e di riprendere nel contesto familiare la formazione più metodica ricevuta altrove. Il fatto che la verità sulle principali questioni della fede e della vita cristiana siano così riprese in un ambiente familiare, impregnato di amore e di rispetto, permetterà sovente di dare ai figli un’impronta decisiva e tale da durare per la vita. I genitori stessi traggono vantaggio dallo sforzo che ciò comporta, perché in tale dialogo catechetico ognuno riceve e dona.

          La catechesi familiare, pertanto, precede, accompagna ed arricchisce ogni altra forma di catechesi. Inoltre, laddove una legislazione antireligiosa pretende persino di impedire l’educazione alla fede, laddove una diffusa miscredenza o un invadente secolarismo rendono praticamente impossibile una vera crescita religiosa, “questa che si potrebbe chiamare Chiesa domestica” (Lumen Gentium LG 11, AAS 57 [1965] 16; Apostolicam Actuositatem AA 11, AAS 58 [1966] 848) resta l’unico ambiente, in cui fanciulli e giovani possono ricevere un’autentica catechesi. Così i genitori cristiani non si sforzeranno mai abbastanza per prepararsi ad un tale ministero di catechisti dei loro figli e per esercitarlo con uno zelo instancabile. Ed occorre, parimenti, incoraggiare le persone o le istituzioni che, mediante contatti individuali, mediante incontri o riunioni ed ogni genere di strumenti pedagogici, aiutano questi genitori a svolgere il loro compito: essi rendono un inestimabile servizio alla catechesi.

  Nella scuola


69     A fianco della famiglia ed in collegamento con essa, la scuola offre alla catechesi possibilità non trascurabili. Nei Paesi, purtroppo sempre più rari, nei quali è possibile dare un’educazione alla fede all’interno del contesto scolastico, è dovere per la Chiesa il farlo nel modo migliore possibile. Ciò si riferisce innanzitutto – com’è evidente – alla Scuola Cattolica: meriterebbe questa ancora un tale nome se, pur brillando per un livello d’insegnamento assai elevato nelle materie profane, le si potesse rimproverare, con fondati motivi, una negligenza, o una deviazione nell’impartire l’educazione propriamente religiosa? Né si dica che questa sarebbe sempre data implicitamente o, in maniera indiretta! Il carattere proprio e la ragione profonda della Scuola Cattolica, per cui appunto i genitori cattolici dovrebbero preferirla, consistono precisamente nella qualità dell’insegnamento religioso integrato nell’educazione degli alunni. Se le Istituzioni cattoliche devono rispettare la libertà di coscienza, e cioè evitare di pesare sulla coscienza dall’esterno mediante pressioni fisiche o morali, specialmente per quanto riguarda gli atti religiosi degli adolescenti, essi tuttavia hanno il grave dovere di proporre una formazione religiosa che si adatti alle situazioni, spesso assai diverse, degli allievi, ed altresì di far loro comprendere che la chiamata di Dio a servirlo in spirito e verità, secondo i comandamenti di Dio e i precetti della Chiesa, senza costringere l’uomo, non lo obbliga di meno in coscienza.

          Ma io penso, altresì, alla Scuola non confessionale ed alla Scuola pubblica. Esprimo il vivissimo auspicio che, rispondendo ad un ben chiaro diritto della persona umana e delle famiglie e nel rispetto della libertà religiosa di tutti, sia possibile a tutti gli alunni cattolici di progredire nella loro formazione spirituale col contributo di un insegnamento religioso che dipende dalla Chiesa, ma che, a seconda dei Paesi, può essere offerto dalla scuola, o nel quadro della scuola, o ancora nel quadro di un’intesa con i pubblici Poteri circa gli orari scolastici, se la catechesi ha luogo soltanto in parrocchia o in altro centro pastorale. In effetti, anche dove esistono difficoltà oggettive, ad esempio quando gli alunni sono di religioni diverse, bisogna disporre gli orari scolastici in modo da consentire ai cattolici di approfondire la loro fede e la loro esperienza religiosa, sotto la guida di educatori qualificati, Sacerdoti o Laici.

          Certo, molti elementi vitali, oltre la scuola, contribuiscono ad influenzare la mentalità dei giovani: svaghi, ambiente sociale, ambiente di lavoro. Ma coloro che compiono gli studi ne restano necessariamente influenzati, sono iniziati a valori culturali o morali nel clima dell’istituto d’insegnamento, sono messi a confronto con molteplici idee ricevute a scuola: è necessario che la catechesi tenga largamente conto di questa scolarizzazione per raggiungere realmente gli altri elementi del sapere e dell’educazione, in modo che il Vangelo sia assorbito nella mentalità degli alunni sul terreno della loro formazione e l’armonizzazione della loro cultura sia fatta alla luce della fede. Io incoraggio, perciò, i Sacerdoti, i Religiosi, le Religiose ed i Laici, che si impegnano a sostenere la fede di questi alunni. È questa, del resto, l’occasione per riaffermare qui la mia ferma convinzione che il rispetto manifestato alla fede cattolica dei giovani sino al punto di facilitarne l’educazione, il radicamento, il consolidamento, la libera espressione e la pratica, farebbe certamente onore a qualsiasi Governo, quale che sia il sistema sul quale esso si basa, o l’ideologia a cui s’ispira.


  Nei Movimenti


70     Occorre, infine, incoraggiare le Associazioni, i movimenti ed i gruppi di fedeli, siano essi destinati alla pratica della pietà, all’apostolato diretto, alla carità ed all’assistenza, alla presenza cristiana nelle realtà temporali. Tutti quanti raggiungeranno meglio i loro specifici scopi e serviranno meglio la Chiesa se, nella loro organizzazione interna e nel loro metodo d’azione, sapranno dare un posto importante ad una seria formazione religiosa dei loro membri. In questo senso, ogni associazione di fedeli in seno alla Chiesa ha il dovere di essere, per definizione, educatrice della fede.

          Appare in tal modo più chiara la parte attribuita ai Laici nella catechesi odierna, sempre sotto la direzione pastorale dei loro Vescovi, come del resto hanno sottolineato a più riprese le “Proposizioni” formulate dal Sinodo.


  Gli Istituti di formazione


71     Un tale contributo dei Laici, del quale noi dobbiamo essere riconoscenti al Signore, costituisce nello stesso tempo una sfida per la nostra responsabilità di Pastori. Questi catechisti laici, infatti, debbono essere accuratamente formati a quel che è, se non un ministero formalmente istituito, per lo meno una funzione di grandissimo rilievo nella Chiesa. Ora una tale formazione ci sollecita ad organizzare dei Centri ed Istituti appropriati, che siano assiduamente seguiti dai Vescovi. È, questo, un settore nel quale si rivela feconda e fruttuosa una collaborazione diocesana, interdiocesana, anzi nazionale. Ed è qui, parimenti, che l’aiuto materiale, offerto dalle Chiese più favorite alle loro sorelle più povere, avrà modo di manifestare la sua massima efficacia: che cosa di meglio può offrire una Chiesa ad un’altra Chiesa, se non aiutare a crescere da se stessa come Chiesa?

          A tutti coloro che lavorano generosamente al servizio del Vangelo ed ai quali ho qui espresso il mio vivo incoraggiamento, io vorrei rammentare una consegna che era cara al mio venerato Predecessore Paolo VI: “In quanto evangelizzatori, noi dobbiamo offrire [...] l’immagine [...] di persone mature nella fede, capaci di ritrovarsi insieme al di sopra delle tensioni concrete, grazie alla ricerca comune, sincera e disinteressata della verità. Sì, la sorte dell’evangelizzazione è certamente legata alla testimonianza di unità data dalla Chiesa. È questo un motivo di responsabilità, ma anche di conforto” (Paolo VI, EN 77: AAS 68 [1976] 69).


  CONCLUSIONE

Lo Spirito Santo, Maestro interiore


72     Al termine di questa Esortazione Apostolica, lo sguardo del cuore si volge verso Colui che è il principio ispiratore di tutta l’opera catechetica, e di coloro che la compiono: lo Spirito del Padre e del Figlio, lo Spirito Santo.

          Nel descrivere la missione che tale Spirito avrebbe avuto nella Chiesa, Cristo adopera queste parole significative: “Egli vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto” (
Jn 14,26). Ed aggiunge: “Quando... verrà lo Spirito di verità, egli vi guiderà alla verità tutta intera..., vi annunzierà le cose future” (Jn 16,13).

          Lo Spirito è, dunque, promesso alla Chiesa ed a ciascun fedele come un Maestro interiore che, nel segreto della coscienza e del cuore, fa comprendere ciò che s’è bensì udito, ma che non si è in grado di afferrare. “Lo Spirito Santo istruisce fin d’ora i fedeli – diceva a questo proposito Sant’Agostino – nella misura in cui ciascuno è capace di intendere le cose spirituali, e accende nel loro cuore un desiderio di conoscere tanto più vivo quanto più ognuno progredisce nella carità, grazie alla quale ama le cose che già conosce e desidera conoscere quelle che ignora” (S. Agostino, In Ioannis Evangelium Tractatus, 97,1: PL 35,1877).

          Missione dello Spirito è, inoltre, quella di trasformare i discepoli in testimoni di Cristo: “Egli mi renderà testimonianza e anche voi mi renderete testimonianza” (Jn 15,26-27).

          Ma c’è di più. Secondo San Paolo, che sintetizza su questo punto una teologia latente in tutto il Nuovo Testamento, è tutto l’“essere cristiano”, tutta la vita cristiana, vita nuova di figli di Dio, che è una vita secondo lo Spirito (cf. Rm 8,14-17 Ga 4,6). Soltanto lo Spirito ci consente di dire a Dio: “Abbà, Padre!” (Rm 8,15). Senza lo Spirito noi non possiamo dire: “Gesù è Signore” (1Co 12,3). Dallo Spirito provengono tutti i carismi che edificano la Chiesa, comunità di cristiani (cf. 1Co 12,4-11). È in questo senso che San Paolo affida ad ogni discepolo di Cristo la consegna: “Siate ricolmi dello Spirito” (Ep 5,18). Sant’Agostino è molto esplicito: “Il fatto che crediamo ed operiamo ci appartiene in ragione della libera scelta della nostra volontà, e tuttavia l’uno e l’altro vien dato dallo Spirito di fede e di carità” (S. Agostino, Retractationem liber I, 23,2: PL 32,621).

          La catechesi, che è crescita nella fede e maturazione della vita cristiana verso la pienezza, è conseguentemente opera dello Spirito Santo, opera che egli soltanto può suscitare ed alimentare nella Chiesa.

          Questa constatazione, nata dalla lettura dei testi or ora citati come anche di altri numerosi passi del Nuovo Testamento, ci conduce a due convinzioni.

          Innanzitutto, è chiaro che la Chiesa, quando adempie la missione, che è sua, di far catechesi – come, del resto, ogni cristiano che in tale missione s’impegna nella Chiesa ed in nome della Chiesa – deve essere pienamente cosciente di agire come strumento vivente e docile dello Spirito Santo. Invocare costantemente questo Spirito, essere in comunione con lui, sforzarsi di conoscere le sue autentiche ispirazioni, deve essere l’atteggiamento della Chiesa docente e di ogni catechista.

          È necessario, poi, che il desiderio profondo di comprendere meglio l’azione dello Spirito e di abbandonarsi sempre maggiormente a lui – dato che “stiamo vivendo nella Chiesa un momento privilegiato dello Spirito”, come rilevava il mio Predecessore Paolo VI nella sua Esortazione Apostolica Evangelii Nuntiandi (Paolo VI, EN 75: AAS 68 [1976] 66) – susciti un risveglio catechetico. In effetti, il “rinnovamento nello Spirito” sarà autentico ed avrà una vera fecondità nella Chiesa, non tanto nella misura in cui susciterà carismi straordinari, quanto piuttosto nella misura in cui porterà il più grande numero possibile di fedeli, sulle strade della vita quotidiana, allo sforzo umile, paziente, perseverante per conoscere sempre meglio il mistero di Cristo e per testimoniarlo.

          Io qui invoco sulla Chiesa catechizzante questo Spirito del Padre e del Figlio, e lo supplico di rinnovare in essa il dinamismo catechetico.

  Maria, madre e modello del discepolo


73     Che la Vergine della Pentecoste ci ottenga tutto questo con la sua intercessione! Per una vocazione singolare, ella vide il Figlio Gesù “crescere in sapienza, età e grazia” (cf. Lc 2,52). Sulle sue ginocchia e poi ascoltandola, nel corso della vita nascosta di Nazaret, questo Figlio, che era l’Unigenito del Padre pieno di grazia e di verità, fu da lei formato alla conoscenza umana delle Scritture e della storia del disegno di Dio sul suo popolo, nell’adorazione del Padre (cf. Jn 1,14 He 10,5 S. Tommaso, Summa theologiae, III 12,2 III 12,3ad 3). Ella è stata, d’altra parte, la prima dei suoi discepoli: prima nel tempo, perché già ritrovandolo nel Tempio ella riceve dal Figlio adolescente lezioni, che conserva nel cuore (cf. Lc 2,51); la prima soprattutto, perché nessuno fu mai “ammaestrato da Dio” (cf. Jn 6,45) ad un grado simile di profondità. Madre e discepola al tempo stesso, diceva di lei Sant’Agostino, aggiungendo arditamente che l’esser discepola fu per lei più importante che l’essere madre (cf. S. Agostino, Sermo 25, 7: PL 46,937-938). Non è senza ragione che nell’Aula Sinodale fu detto di Maria che è “un catechismo vivente”, “madre e modello dei catechisti”.

          Possa, dunque, la presenza dello Spirito Santo, grazie alle preghiere di Maria, concedere alla Chiesa uno slancio senza precedenti nell’opera catechetica, che ad essa è essenziale! La Chiesa allora adempirà efficacemente, questo tempo di grazia, la missione inalienabile ed universale ricevuta dal suo Maestro: “Andate... e ammaestrate tutte le nazioni” (Mt 28,19).

          Con la mia Apostolica Benedizione.

            Dato a Roma, presso San Pietro, 16 ottobre dell’anno 1979, secondo di Pontificato.





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