Direttorio Presbiteri IT 55

Guida della comunità


55 Sacerdote per la comunità

Il sacerdote è chiamato a misurarsi con le esigenze tipiche di un altro aspetto del suo ministero, oltre a quelli esaminati. Si tratta della cura per la vita della comunità che gli è affidata e che si esprime soprattutto nella testimonianza della carità.

Pastore della comunità, il sacerdote esiste e vive per essa; per essa prega, studia, lavora e si sacrifica; per essa è disposto a dare la vita, amandola come Cristo, riversando su di essa tutto il suo amore e la sua stima,(173) prodigandosi con tutte le forze e senza limiti di tempo per renderla, a immagine della Chiesa Sposa di Cristo, sempre più bella e degna della compiacenza del Padre e dell'amore dello Spirito Santo.

Questa dimensione sponsale della vita del presbitero come pastore, farà sì che egli guiderà la sua comunità servendo con dedizione tutti e ciascuno dei suoi membri, illuminando le loro coscienze con la luce della verità rivelata, custodendo autorevolmente l'autenticità evangelica della vita cristiana, correggendo gli errori, perdonando, sanando le ferite, consolando le afflizioni, promuovendo la fraternità.(174)

Questo insieme di attenzioni, delicate e complesse, oltre a garantire una testimonianza di carità sempre più trasparente ed efficace, manifesterà anche la profonda comunione che deve realizzarsi tra il presbitero e la sua comunità, come prolungamento e attualizzazione della comunione con Dio, con Cristo e con la Chiesa.(175)


56 Sentire con la Chiesa

Per essere buona guida del suo Popolo, il presbitero sarà anche attento a conoscere i segni dei tempi: da quelli più vasti e profondi che riguardano la Chiesa universale e il suo cammino nella storia degli uomini, a quelli più vicini alla situazione concreta della singola comunità.

Questo discernimento richiede il costante e corretto aggiornamento nello studio dei problemi teologici e pastorali, l'esercizio di una sapiente riflessione sui dati sociali, culturali e scientifici che connotano il nostro tempo.

Nello svolgimento del loro ministero, i presbiteri sapranno tradurre questa esigenza in una costante e sincera attitudine a sentire con la Chiesa, cosicché lavoreranno sempre nel vincolo della comunione con il Papa, con i Vescovi, con gli altri confratelli nel sacerdozio, nonché con i fedeli consacrati per la professione dei consigli evangelici e con i fedeli laici.

Essi, inoltre, non mancheranno di richiedere, nelle forme legittime e tenendo conto delle capacità di ciascuno, la cooperazione dei fedeli consacrati e dei fedeli laici, nell'esercizio della loro attività.

Il celibato sacerdotale


57 Ferma volontà della Chiesa

Convinta delle profonde motivazioni teologiche e pastorali che sostengono il rapporto tra celibato e sacerdozio e illuminata dalla testimonianza che ne conferma anche oggi, nonostante dolorosi casi negativi, la validità spirituale ed evangelica in tante esistenze sacerdotali, la Chiesa ha ribadito nel Concilio Vaticano II e ripetutamente nel successivo Magistero Pontificio la « ferma volontà di mantenere la legge che esige il celibato liberamente scelto e perpetuo per i candidati all'ordinazione sacerdotale nel rito latino».(176)

Il celibato, infatti, é un dono che la Chiesa ha ricevuto e vuole custodire, convinta che esso è un bene per se stessa e per il mondo.


58 Motivazione teologico-spirituale del celibato

Come ogni valore evangelico, anche il celibato deve essere vissuto quale novità liberante, come particolare testimonianza di radicalismo nella sequela di Cristo e segno della realtà escatologica. « Non tutti possono capirlo, ma solo coloro ai quali è stato concesso. Vi sono, infatti, eunuchi che sono nati così dal ventre della madre; ve ne sono alcuni che sono stati resi eunuchi dagli uomini e vi sono altri che si sono fatti eunuchi per il regno dei cieli. Chi può capire, capisca » (
Mt 19,10-12).(177)

Per vivere con amore e generosità il dono ricevuto, è particolarmente importante che il sacerdote comprenda fin dalla formazione seminaristica la motivazione teologica e spirituale della disciplina ecclesiastica sul celibato.(178) Questo, quale dono e carisma particolare di Dio, richiede l'osservanza della continenza perfetta e perpetua per il Regno dei cieli, perché i ministri sacri possano aderire con maggior facilità a Cristo con cuore indiviso e dedicarsi più liberamente al servizio di Dio e degli uomini.(179) La disciplina ecclesiastica manifesta, prima ancora che la volontà del soggetto espressa dalla sua disponibilità, la volontà della Chiesa e trova la sua ultima ragione nel legame stretto che il celibato ha con l'ordinazione sacra, che configura il sacerdote a Gesù Cristo Capo e Sposo della Chiesa.(180)

La Lettera agli Efesini (cf 5, 25-27) pone in stretto rapporto l'oblazione sacerdotale di Cristo (cf 5, 25) con la santificazione della Chiesa (cf 5, 26), amata con amore sponsale. Inserito sacramentalmente in questo sacerdozio d'amore esclusivo di Cristo per la Chiesa, sua Sposa fedele, il presbitero esprime con il suo impegno celibatario tale amore, che diventa anche sorgente feconda di efficacia pastorale.

Il celibato, pertanto, non è un influsso che dall'esterno ricade sul ministero sacerdotale, né può essere considerato semplicemente un'istituzione imposta per legge, anche perché chi riceve il sacramento dell'Ordine vi si impegna con piena coscienza e libertà,(181) dopo una preparazione pluriennale, una profonda riflessione e l'assidua preghiera. Giunto alla ferma convinzione che Cristo gli concede questodono per il bene della Chiesa e per il servizio degli altri, il sacerdote lo assume per tutta la vita, rafforzando questa sua volontà nella promessa già fatta durante il rito dell'ordinazione diaconale.(182)

Per queste ragioni, la legge ecclesiastica, da una parte conferma il carisma del celibato, mostrando come esso sia in intima connessione col ministero sacro nella sua duplice dimensione di relazione a Cristo e alla Chiesa; dall'altra tutela la libertà di colui che lo assume.(183) Il presbitero, allora, consacrato a Cristo con un nuovo ed eccelso titolo,(184) deve essere ben conscio che ha ricevuto un dono sancito da un preciso vincolo giuridico, da cui deriva l'obbligo morale dell'osservanza. Tale vincolo, assunto liberamente, ha carattere teologale ed è segno di quella realtà sponsale che si attua nell'ordinazione sacramentale. Con esso il presbitero acquista anche quella paternità spirituale, ma reale, che ha dimensione universale e si concretizza, in modo particolare, nei confronti della comunità che gli è affidata.(185)


59 Esempio di Gesù

Il celibato allora, è dono di sé « in » e « con » Cristo alla sua Chiesa ed esprime il servizio del sacerdote alla Chiesa « in » e « con » il Signore.(186)

Si rimarrebbe in una permanente immaturità se il celibato fosse vissuto come a un tributo che si paga al Signore » per accedere agli Ordini sacri e non, piuttosto, come « un dono che si riceve dalla sua misericordia »,(187) come scelta di libertà e accoglienza grata di una particolare vocazione di amore per Dio e per gli uomini.

L'esempio è il Signore stesso il quale, andando contro quella che si può considerare la cultura dominante del suo tempo, ha scelto liberamente di vivere celibe. Alla sua sequela i discepoli hanno lasciato « tutto » per compiere la missione loro affidata (cf Lc
Lc 18,28-30).

Per tale motivo la Chiesa, fin dai tempi apostolici, ha voluto conservare il dono della continenza perpetua dei chierici e si è orientata a scegliere i candidati all'Ordine sacro tra i celibi (cf 2Th 2,15 1Co 7,5 1Co 9,5 1Tm 3,2 1Tm 3,12 1Tm 5,9 Tt 1,6 Tt 1,8).(188)


60 Difficoltà e obiezioni

Nell'attuale clima culturale, condizionato spesso da una visione dell'uomo carente di valori e, soprattutto, incapace di dare un senso pieno, positivo e liberante alla sessualità umana, si ripresenta spesso la domanda sul valore e sul significato del celibato sacerdotale o, quanto meno, sull'opportunità di affermare il suo stretto legame e la sua profonda sintonia con il sacerdozio ministeriale.

Difficoltà e obiezioni hanno sempre accompagnato, lungo i secoli, la scelta della Chiesa Latina e di alcune Chiese Orientali di conferire il sacerdozio ministeriale solo a quegli uomini che hanno ricevuto da Dio il dono della castità nel celibato. La disciplina delle altre Chiese Orientali che ammettono il sacerdozio uxorato, non è contrapposta a quella della Chiesa Latina. Infatti, le stesse Chiese orientali esigono comunque il celibato dai Vescovi. Inoltre, non consentono il matrimonio dei sacerdoti e non permettono successive nozze a quelli rimasti vedovi. Si tratta comunque sempre e soltanto dell'ordinazione di uomini già sposati.

Le difficoltà che alcuni anche oggi presentano,(189) si fondano spesso su argomenti pretestuosi, come per esempio l'accusa di spiritualismo disincarnato o che la continenza comporti diffidenza o disprezzo della sessualità, oppure prendono le mossa dalla considerazione di casi difficili e dolorosi, o anche generalizzano casi particolari. Si dimentica, invece, la testimonianza offerta dalla stragrande maggioranza dei sacerdoti, che vivono il proprio celibato con libertà interiore, con ricche motivazioni evangeliche, con fecondità spirituale, in un orizzonte di fedeltà convinta e gioiosa alla propria vocazione e missione.

È chiaro che, per garantire e custodire questo dono m un clima di sereno equilibrio e di spirituale progresso, devono essere praticate tutte quelle misure che allontanano il sacerdote da possibili difficoltà.(190)

È necessario, pertanto, che i presbiteri si comportino con la dovuta prudenza nei rapporti con le persone la cui familiarità può mettere in pericolo la fedeltà al dono oppure suscitare lo scandalo dei fedeli.(191) Nei casi particolari si deve sottostare al giudizio del Vescovo, che ha l'obbligo di impartire norme precise in materia.(192)

I sacerdoti, poi, non trascurino di seguire quelle regole ascetiche che sono garantite dall'esperienza della Chiesa e che sono ancor più richieste dalle circostanze odierne, per cui prudentemente evitino di frequentare luoghi e assistere a spettacoli o praticare letture che costituiscono un'insidia all'osservanza della castità celibataria.(193) Nel fare uso, come agenti o come fruitori, dei mezzi di comunicazione sociale, osservino la necessaria discrezione ed evitino tutto quanto può nuocere alla vocazione.

Per custodire con amore il dono ricevuto, in un clima di esasperato permissivismo sessuale, essi dovranno trovare nella comunione con Cristo e con la Chiesa, nella devozione alla Beata Vergine Maria e nella considerazione degli esempi dei sacerdoti santi di tutti i tempi, la forza necessaria per superare le difficoltà che incontrano nel loro cammino ed agire con quella maturità che li rende credibili innanzi al mondo.(194)

L'obbedienza


61 Fondamento dell'obbedienza

L'obbedienza è un valore sacerdotale di primaria importanza. Lo stesso sacrificio di Gesù sulla Croce acquistò valore e significato salvifico a causa della sua obbedienza e della sua fedeltà alla volontà del Padre. Egli fu « obbediente fino alla morte, alla morte di Croce » (
Ph 2,8). La Lettera agli Ebrei sottolinea anche che Gesù « imparò per esperienza l'obbedienza dalle cose che patì » (He 5,8). Si può dire, allora, che l'obbedienza al Padre è nel cuore stesso del Sacerdozio di Cristo.

Come per Cristo, anche per il presbitero, l'obbedienza esprime la volontà di Dio che gli viene manifestata attraverso i legittimi Superiori. Questa disponibilità deve essere intesa come vera attuazione della libertà personale, conseguenza di una scelta maturata costantemente al cospetto di Dio nella preghiera. La virtù dell'obbedienza, intrinsecamente richiesta dal sacramento e dalla struttura gerarchica della Chiesa, è chiaramente promessa dal chierico, prima nel rito di ordinazione diaconale, e poi in quello di ordinazione presbiterale. Con essa il presbitero rafforza la sua volontà di sottomissione, entrando, così, nella dinamica dell'obbedienza di Cristo fattosi Servo obbediente fino alla morte di Croce (cf Ph 2,7-8).(195)

Nella cultura contemporanea viene sottolineato il valore della soggettività e dell'autonomia della singola persona, come intrinseco alla sua dignità. Questo valore, in se stesso positivo, se assolutizzato e rivendicato al di fuori del suo giusto contesto, assume una valenza negativa.(196) Ciò può manifestarsi anche nell'ambito ecclesiale e nella stessa vita del sacerdote qualora le attività che egli svolge a favore della comunità, venissero ridotte ad un fatto puramente soggettivo.

In realtà il presbitero è, per la natura stessa del suo ministero, a servizio di Cristo e della Chiesa. Egli, pertanto, si renderà disponibile ad accogliere quanto gli è giustamente indicato dai Superiori e, in modo particolare, se non è legittimamente impedito, deve accettare ed adempiere fedelmente l'incarico che gli è affidato dal suo Ordinario.(197)


62 Obbedienza gerarchica

Il presbitero è tenuto ad un « obbligo speciale di rispetto e obbedienza » nei confronti del Sommo Pontefice e del proprio Ordinario.(198) In virtù dell'appartenenza ad un determinato presbiterio, egli è addetto al servizio di una Chiesa particolare, il cui principio e fondamento di unità è il Vescovo199 che ha su di essa tutta la potestà ordinaria, propria e immediata, necessaria per l'esercizio del suo ufficio pastorale.(200) La subordinazione gerarchica, richiesta dal sacramento dell'Ordine, trova la sua attuazione ecclesiologico-strutturale in riferimento al proprio Vescovo e al Romano Pontefice, il quale detiene il primato (principatus) della potestà ordinaria su tutte le Chiese particolari.(201)

L'obbligo dell'adesione al Magistero in materia di fede e di morale è intrinsecamente legato a tutte le funzioni che il sacerdote deve svolgere nella Chiesa. n dissenso in questo campo è da considerarsi grave, in quanto produce scandalo e disorientamento tra i fedeli.

Nessuno più del presbitero è consapevole del fatto che la Chiesa ha bisogno di norme. Poiché, infatti, la sua struttura gerarchica ed organica è visibile, l'esercizio delle funzioni a lei divinamente affidate, specialmente quella della guida e della celebrazione dei sacramenti, deve essere adeguatamente organizzato.(202)

In quanto ministro di Cristo e della sua Chiesa, il presbitero si assume generosamente l'impegno di osservare fedelmente tutte e singole le norme, evitando quelle forme di adesione parziale, secondo criteri soggettivi, che creano divisione e si ribaltano, con notevole danno pastorale, anche sui fedeli laici e sulla pubblica opinione. Infatti « le leggi canoniche, per loro stessa natura, esigono l'osservanza » e richiedono « che quanto viene comandato dal capo venga osservato nelle membra».(203)

Ubbidendo all'Autorità costituita, il sacerdote, fra l'altro, favorirà la mutua carità all'interno del presbiterio e quell'unità, che ha il suo fondamento nella verità.


63 Autorità esercitata con carità

Affinché l'osservanza dell'obbedienza sia reale e possa alimentare la comunione ecclesiale, quanti sono costituiti in autorità - gli Ordinari, i Superiori religiosi, i Moderatori di Società di vita apostolica -, oltre ad offrire il necessario e costante esempio personale, devono esercitare con carità il proprio carisma istituzionale, sia prevenendo, sia richiedendo, nei modi e nei tempi dovuti, l'adesione ad ogni disposizione nell'ambito magisteriale e disciplinare.(204)

Tale adesione è fonte di libertà, in quanto non impedisce, ma stimola la matura spontaneità del presbitero, che saprà assumere un atteggiamento pastorale sereno ed equilibrato, creando l'armonia nella quale la genialità personale si fonde in una superiore unità.


64 Rispetto delle norme liturgiche

Tra i vari aspetti del problema, oggi maggiormente avvertiti, merita di essere posto in evidenza quello del convinto rispetto delle norme liturgiche.

La liturgia è l'esercizio del sacerdozio di Gesù Cristo,(205) « il culmine verso cui tende l'azione della Chiesa e, insieme, la fonte da cui promana tutta la sua virtù ».(206) Essa costituisce un ambito dove il sacerdote deve avere particolare consapevolezza di essere ministro e di ubbidire fedelmente alla Chiesa. « Regolare la sacra liturgia compete unicamente all'autorità della Chiesa, che risiede nella Sede Apostolica e, a norma del diritto, nel Vescovo »,(207) n sacerdote, pertanto, in tale materia, non aggiungerà, toglierà o muterà alcunché di sua iniziativa.(208)

Questo vale in particolar modo per la celebrazione dei sacramenti, che sono per eccellenza atti di Cristo e della Chiesa, e che il sacerdote amministra in persona di Cristo e a nome della Chiesa per il bene dei fedeli.(209) Questi hanno un vero diritto a partecipare alle celebrazioni liturgiche così come le vuole la Chiesa e non secondo i gusti personali del singolo ministro e neppure secondo particolarismi rituali non approvati, espressioni di singoli gruppi che tendono a chiudersi all'universalità del Popolo di Dio.


65 Unità nei piani pastorali

E' necessario che i sacerdoti, nell'esercizio del loro ministero, non solo partecipino responsabilmente alla definizione dei piani pastorali che il Vescovo - con la collaborazione del Consiglio Presbiterale210 - determina, ma anche armonizzino con essi le realizzazioni pratiche nella propria comunità.

La sapiente creatività, lo spirito di iniziativa propri della maturità dei presbiteri, non solo non verranno mortificati ma potranno essere adeguatamente valorizzati a tutto vantaggio della fecondità pastorale. Intraprendere strade separate in questo campo può significare infatti indebolimento della stessa opera di evangelizzazione.


66 Obbligo dell'abito ecclesiastico

In una società secolarizzata e tendenzialmente materialista, dove anche i segni esterni delle realtà sacre e soprannaturali tendono a scomparire, è particolarmente sentita la necessità che il presbitero - uomo di Dio, dispensatore dei suoi misteri - sia riconoscibile agli occhi della comunità, anche per l'abito che porta, come segno inequivocabile della sua dedizione e della sua identità di detentore di un ministero pubblico.(211) Il presbitero dev'essere riconoscibile anzitutto per il suo comportamento, ma anche per il suo vestire in modo da rendere immediatamente percepibile ad ogni fedele, anzi ad ogni uomo,(212) la sua identità e la sua appartenenza a Dio e alla Chiesa.

Per questa ragione, il chierico deve portare « un abito ecclesiastico decoroso, secondo le norme emanate dalla Conferenza episcopale e secondo le legittime consuetudini locali »,(213) Ciò significa che tale abito, quando non è quello talare, deve essere diverso dalla maniera di vestire dei laici, e conforme alla dignità e alla sacralità del ministero. La foggia e il colore debbono essere stabiliti dalla Conferenza dei Vescovi, sempre in armonia con le disposizioni del diritto universale.

Per la loro incoerenza con lo spirito di tale disciplina, le prassi contrarie non si possono considerare legittime consuetudini e devono essere rimosse dalla competente autorità.(214)

Fatte salve situazioni del tutto eccezionali, il non uso dell'abito ecclesiastico da parte del chierico può manifestare un debole senso della propria identità di pastore interamente dedicato al servizio della Chiesa.(215)

Spirito sacerdotale di povertà


67 Povertà come disponibilità

La povertà di Gesù ha uno scopo salvifico. Cristo, da ricco che era, si è fatto povero per noi, perché noi diventassimo ricchi per mezzo della sua povertà (cf
2Co 8,9).

La Lettera ai Filippesi mostra il rapporto tra la spogliazione di sé e lo spirito di servizio che deve animare il ministero pastorale. Dice, infatti, san Paolo che Gesù non considerò a un bene prezioso l'essere uguale a Dio, ma umiliò se stesso assumendo la forma di servo » (Ph 2,6-7). In verità, difficilmente il sacerdote si renderà vero servo e ministro dei suoi fratelli, se sarà preoccupato delle sue comodità e di un eccessivo benessere.

Attraverso la condizione di povero, Cristo manifesta che tutto ha ricevuto fin dall'eternità dal Padre e tutto a Lui restituisce fino all'offerta totale della sua vita.

L'esempio di Cristo povero deve portare il presbitero a conformarsi a Lui, nella libertà interiore rispetto a tutti i beni e le ricchezze del mondo.(216) Il Signore ci insegna che il vero bene è Dio e che la vera ricchezza è guadagnare la vita eterna: « Che giova, infatti, all'uomo guadagnare il mondo intero, se poi perde la propria anima? E che cosa potrebbe mai dare un uomo in cambio della propria anima? » (Mc 8,36-37).

Il sacerdote, la cui parte di eredità è il Signore (cf Nb 18,20), sa che la sua missione, come quella della Chiesa, si svolge in mezzo al mondo e che i beni creati sono necessari per lo sviluppo personale dell'uomo. Egli però userà tali beni con senso di responsabilità, moderazione, retta intenzione e distacco, proprio di chi ha il suo tesoro nei cieli e sa che tutto deve essere usato per l'edificazione del Regno di Dio (Lc 10,7 Mt Mt 10,9-10 1Co 9,14 Ga 6,6).(217) Pertanto, si asterrà da quelle attività lucrative, che non sono consone al suo ministero.(218)

Ricordando, inoltre, che il dono che ha ricevuto è gratuito, sia disposto a dare gratuitamente (Mt 10,8 Ac 8,18-25),(219) e ad impiegare per il bene della Chiesa e per opere di carità quanto riceve in occasione dell'esercizio del suo ufficio, dopo aver provveduto al proprio onesto sostentamento e all'adempimento di tutti i doveri del proprio stato.(220)

Il presbitero, infine, pur non assumendo la povertà con una promessa pubblica, è tenuto a condurre una vita semplice e ad astenersi da quanto può avere sapore di vanità,(221) abbracciando così la povertà volontaria per seguire più da vicino Cristo.(222) In tutto (abitazione, mezzi di trasporto, vacanze, ecc.), il presbitero elimini ogni tipo di ricercatezza e di lusso.(223)

Amico dei più poveri, egli riserverà a questi le più delicate attenzioni della sua carità pastorale, con una opzione preferenziale, non esclusiva e non escludente, per tutte le povertà vecchie e nuove, tragicamente presenti nel mondo, ricordando sempre che la prima miseria da cui deve essere liberato l'uomo è il peccato, radice ultima di ogni male.

Devozione a Maria


68 Le virtù della Madre

Esiste una « relazione essenziale... tra la Madre di Gesù e il sacerdozio dei ministri del Figlio », derivante da quella che c'è tra la divina maternità di Maria e il sacerdozio di Cristo.(224)

In tale relazione è radicata la spiritualità mariana di ogni presbitero. La spiritualità sacerdotale non può dirsi completa se non prende seriamente in considerazione il testamento di Cristo crocifisso, che volle consegnare la Madre al discepolo prediletto e, tramite lui, a tutti i sacerdoti chiamati a continuare la Sua opera di redenzione.

Come a Giovanni ai piedi della Croce, così ad ogni presbitero è affidata, in modo speciale, Maria come Madre (cf Gv
Jn 19,26-27).

I sacerdoti, che sono tra i discepoli più amati da Gesù crocifisso e risorto, devono accogliere Maria come loro Madre nella propria vita, facendola oggetto di continua attenzione e preghiera. La sempre Vergine diventa allora la Madre che li conduce a Cristo, che fa loro amare autenticamente la Chiesa, che intercede per essi e che li guida verso il Regno dei cieli.

Ogni presbitero sa che Maria, perché Madre, è anche la più eminente formatrice del suo sacerdozio, giacché è Lei che sa modellare il suo cuore sacerdotale, proteggerlo dai pericoli, dalle stanchezze, dagli scoraggiamenti e vegliare, con materna sollecitudine, affinché egli possa crescere in sapienza e grazia, davanti a Dio e agli uomini (cf Lc Lc 2,40).

Ma non si è figli devoti se non si sanno imitare le virtù della Madre. A Maria, quindi, il presbitero guarderà per essere ministro umile, obbediente, casto e per testimoniare la carità nella donazione totale al Signore e alla Chiesa.(225)

Capolavoro del Sacrificio sacerdotale di Cristo, la Madonna rappresenta la Chiesa nel modo più puro, « senza macchia né ruga », tutta « santa e immacolata » (Ep 5,27). Questa contemplazione della beata Vergine pone dinanzi al presbitero l'ideale a cui tendere nel ministero della propria comunità, affinché pure questa sia « Chiesa tutta gloriosa » (ibid.) mediante il dono sacerdotale della propria vita.

Capitolo III


FORMAZIONE PERMANENTE

Principi


69 Necessità della formazione permanente, oggi

La formazione permanente è esigenza che nasce e si sviluppa a partire dalla recezione del sacramento dell'Ordine, con il quale il sacerdote viene non solo « consacrato » dal Padre, « inviato » dal Figlio, ma anche » animato » dallo Spirito Santo. Essa, quindi, scaturisce da una grazia che sprigiona una forza soprannaturale, destinata ad assimilare progressivamente, e in termini sempre più ampi e profondi, tutta la vita e l'azione del presbitero nella fedeltà al dono ricevuto: « Ti ricordo - scrive san Paolo a Timoteo - di ravvivare il dono di Dio che è in te » (
2Tm 1,6).

Si tratta di una necessità intrinseca allo stesso dono divino226 che va continuamente « vivificato » perché il presbitero possa rispondere adeguatamente alla sua vocazione. Egli, infatti, in quanto uomo storicamente situato, ha bisogno di perfezionarsi in tutti gli aspetti della sua esistenza umana e spirituale per poter giungere a quella conformazione a Cristo che è il principio unificante di tutto.

Le rapide e diffuse trasformazioni e un tessuto sociale spesso secolarizzato, tipici del mondo contemporaneo, sono altrettanti fattori che rendono assolutamente ineludibile il dovere del presbitero di essere adeguatamente preparato per non disperdere la propria identità e per rispondere alle necessità della nuova evangelizzazione. A questo già grave dovere corrisponde un preciso diritto da parte dei fedeli sui quali ricadono positivamente gli effetti della buona formazione e della santità dei sacerdoti.(227)


70 Continuo lavoro sa se stessi

La vita spirituale del sacerdote e il suo ministero pastorale vanno uniti a quel continuo lavoro su se stessi in modo da approfondire e raccogliere in armonica sintesi sia la formazione spirituale, sia quella umana, intellettuale e pastorale. Questo lavoro, che deve iniziare fin dal tempo del seminario, deve essere favorito dai Vescovi ai vari livelli: nazionale, regionale e, soprattutto, diocesano.

È motivo di incoraggiamento poter constatare che sono già molte le Diocesi e le Conferenze episcopali attualmente coinvolte con promettenti iniziative per attuare una vera formazione permanente dei propri sacerdoti. Si auspica che tutte le Diocesi possano rispondere a questa necessità. Tuttavia, dove ciò non fosse momentaneamente possibile, è consigliabile che esse si accordino tra di loro o prendano contatto con quelle istituzioni o persone, particolarmente preparate a svolgere un compito tanto delicato.(228)


71 Strumento di santificazione

La formazione permanente si presenta come un mezzo necessario al presbitero di oggi per raggiungere il fine della sua vocazione, che è il servizio di Dio e del suo Popolo.

Essa, in pratica, consiste nell'aiutare tutti i sacerdoti a rispondere generosamente all'impegno richiesto dalla dignità e dalla responsabilità che Dio ha conferito loro per mezzo del sacramento dell'Ordine; nel custodire, difendere e sviluppare la loro specifica identità e vocazione; nel santificare se stessi e gli altri mediante l'esercizio del ministero.

Ciò significa che il presbitero deve evitare qualsiasi dualismo tra spiritualità e ministerialità, origine profonda di talune crisi.

È chiaro che per raggiungere queste finalità di ordine soprannaturale, devono essere scoperti ed analizzati i criteri generali sui quali si deve strutturare la formazione permanente dei presbiteri.

Tali criteri o principi generali di organizzazione devono essere pensati a partire dalla finalità che ci si è proposti o, per meglio dire, vanno ricercati in essa.


72 Impartita dalla Chiesa

La formazione permanente è un diritto - dovere del presbitero e impartirla è un diritto - dovere della Chiesa, stabilito nella legge universale.(229) Infatti, come la vocazione al ministero sacro si riceve nella Chiesa, così, solo alla Chiesa compete impartire la specifica formazione secondo la responsabilità propria di tale ministero. La formazione permanente, pertanto, essendo un'attività legata all'esercizio del sacerdozio ministeriale, appartiene alla responsabilità del Papa e dei Vescovi. La Chiesa ha quindi il dovere e il diritto di continuare a formare i suoi ministri, aiutandoli a progredire nella risposta generosa al dono che Dio ha loro concesso.

A sua volta, il ministro ha ricevuto anche, come esigenza del dono connesso con l'ordinazione, il diritto di avere l'aiuto necessario da parte della Chiesa per realizzare efficacemente e santamente il suo servizio.


73 Formazione permanente

L'attività di formazione si basa su un'esigenza dinamica, intrinseca al carisma ministeriale, che è in sé stesso permanente ed irreversibile. Essa, pertanto, non può mai essere considerata terminata, né da parte della Chiesa che la impartisce, né da parte del ministro che la riceve. È necessario, quindi, che essa sia pensata e sviluppata in modo che tutti i presbiteri possano riceverla sempre, tenendo conto di quelle possibilità e caratteristiche che si collegano al variare dell'età, della condizione di vita e dei compiti affidati.(230)


74 Completa:

Tale formazione deve comprendere e armonizzare tutte le dimensioni della formazione sacerdotale; deve cioè tendere ad aiutare ogni presbitero: a raggiungere lo sviluppo di una personalità umana maturata nello spirito di servizio agli altri, qualunque sia l'incarico ricevuto; ad essere intellettualmente preparato nelle scienze teologiche e anche in quelle umane in quanto connesse con il proprio ministero, in modo da svolgere con maggiore efficacia la sua funzione di testimone della fede; a possedere una vita spirituale profonda, nutrita dall'intimità con Gesù Cristo e dall'amore per la Chiesa; a svolgere il suo ministero pastorale con impegno e dedizione.

In pratica, tale formazione dev'essere completa: umana, spirituale, intellettuale, pastorale, sistematica e personalizzata.


75 Umana

La formazione umana è estremamente importante nel mondo d'oggi, come del resto lo è sempre stato. Il presbitero non deve dimenticare di essere un uomo scelto tra gli uomini per essere al servizio dell'uomo.

Per santificarsi e per riuscire nella sua missione sacerdotale, egli dovrà presentarsi con un bagaglio di virtù umane che lo rendano degno della stima dei suo fratelli.

In particolare dovrà praticare la bontà del cuore, la pazienza, l'amabilità, la forza d'animo, l'amore per la giustizia, l'equilibrio, la fedeltà alla parola data, la coerenza con gli impegni liberamente assunti, ecc.(231)

È altresì importante che il sacerdote rifletta sul suo comportamento sociale, sulla correttezza delle varie forme di relazioni umane, sui valori dell'amicizia, sulla signorilità del tratto, ecc.


76 Spirituale

Tenendo presente quanto già ampiamente esposto circa la vita spirituale, ci si limita qui a presentare alcuni mezzi pratici di formazione.

Sarebbe necessario innanzitutto approfondire gli aspetti principali dell'esistenza sacerdotale facendo riferimento, in particolare, all'insegnamento biblico, patristico e agiografico, nel quale il presbitero deve continuamente aggiornarsi, non solo tramite le letture di buoni libri, ma anche partecipando a corsi di studio, congressi, ecc.(232)

Sessioni particolari potrebbero essere dedicate alla cura della celebrazione dei sacramenti, come anche allo studio di questioni di spiritualità, quali le virtù cristiane e umane, il modo di pregare, il rapporto tra la vita spirituale e il ministero liturgico, pastorale, ecc.

Più concretamente, è auspicabile che ogni presbitero, magari in concomitanza ai periodici esercizi spirituali, elabori un concreto progetto di vita personale, concordato possibilmente col proprio direttore spirituale, per il quale si segnalano, alcuni punti: 1. meditazione quotidiana sulla Parola o su un mistero della fede; 2. quotidiano incontro personale con Gesù nell'Eucaristia, oltre alla devota celebrazione della Santa Messa; 3. devozione mariana (rosario, consacrazione o affidamento, intimo colloquio); 4. momento formativo dottrinale e agiografico; 5. doveroso riposo; 6. rinnovato impegno sulla messa in pratica degli indirizzi del proprio Vescovo e di verifica della propria convinta adesione al Magistero e alla disciplina ecclesiastica; 7. cura della comunione e dell'amicizia sacerdotale.


77 Intellettuale

Atteso l'enorme influsso che le correnti umanistico-filosofiche hanno nella cultura moderna, nonché il fatto che alcuni presbiteri non hanno ricevuto adeguata preparazione in tali discipline, anche perché provenienti da indirizzi scolastici diversi, si rende necessario che, negli incontri, siano tenute presenti le più rilevanti tematiche di carattere umanistico e filosofico o che comunque « hanno un rapporto con le scienze sacre, particolarmente in quanto possono essere utili nell'esercizio del ministero pastorale ».(233) Tali tematiche costituiscono anche un valido aiuto per trattare correttamente i principali argomenti di teologia fondamentale, dogmatica e morale, di Sacra Scrittura, di liturgia, di diritto canonico, di ecumenismo, ecc., tenendo presente che l'insegnamento di queste materie non dev'essere problematico né solo teorico o informativo, ma deve portare all'autentica formazione, cioè alla preghiera, alla comunione e all'azione pastorale.

Si faccia in modo che negli incontri sacerdotali i documenti del Magistero siano approfonditi comunitariamente, sotto autorevole guida, in modo da facilitare, nella pastorale diocesana, quell'unità di interpretazione e di prassi che tanto giova all'opera di evangelizzazione.

Particolare importanza, nella formazione intellettuale, va data alla trattazione di temi che hanno oggi maggior rilievo nel dibattito culturale e nella prassi pastorale, come, ad esempio, quelli relativi all'etica sociale, alla bioetica, ecc.

Una trattazione speciale deve essere riservata alle questioni poste dal progresso scientifico, particolarmente influente sulla mentalità e sulla vita degli uomini contemporanei. I presbiteri non dovranno esimersi dal tenersi adeguatamente aggiornati e pronti nel rispondere agli interrogativi che la scienza può porre nel suo progredire, non mancando di consultare esperti preparati e sicuri.

È del massimo interesse studiare, approfondire e diffondere la dottrina sociale della Chiesa. Seguendo la spinta dell'insegnamento magisteriale, bisogna che l'interesse di tutti i sacerdoti e, per mezzo di essi, di tutti i fedeli a favore dei bisognosi, non rimanga al livello di pio desiderio, ma si converta in un concreto impegno di vita. « Oggi più che mai la Chiesa è cosciente che il suo messaggio sociale troverà credibilità nella testimonianza delle opere, prima che nella sua coerenza e logica interna ».(234)

Un'esigenza imprescindibile per la formazione intellettuale dei sacerdoti è la conoscenza e l'utilizzazione, nella loro attività ministeriale, dei mezzi di comunicazione sociale. Questi, se bene adoperati, costituiscono un provvidenziale strumento di evangelizzazione, potendo raggiungere non solo una massa enorme di fedeli e di lontani, ma anche incidere profondamente sulla loro mentalità e sul loro modo di agire.

A tal proposito, sarebbe opportuno che il Vescovo o la stessa Conferenza Episcopale preparassero programmi e strumenti tecnici atti allo scopo.


78 Pastorale

Per una adeguata formazione pastorale, è necessario realizzare incontri aventi come obiettivo principale la riflessione sul piano pastorale della Diocesi. In essi, non dovrebbe mancare anche la trattazione di tutte le questioni attinenti alla vita e alla pratica pastorale dei presbiteri come, per esempio, la morale fondamentale, l'etica nella vita professionale e sociale, ecc.

Particolare cura dovrà essere data alla conoscenza della vita e della spiritualità dei diaconi permanenti - laddove esistono -, dei religiosi e delle religiose, nonché dei fedeli laici.

Altri temi, particolarmente utili da trattare, possono essere quelli riguardanti la catechesi, la famiglia, le vocazioni sacerdotali e religiose, i giovani, gli anziani, gli infermi, l'ecumenismo, i « lontani », ecc.

È molto importante per la pastorale, nelle attuali circostanze, organizzare cicli speciali per approfondire ed assimilare il Catechismo della Chiesa Cattolica che, soprattutto per i sacerdoti, costituisce un prezioso strumento di formazione sia per la predicazione, sia, in genere, per l'opera di evangelizzazione.


79 Sistematica

Perché la formazione permanente sia completa, bisogna che essa sia strutturata « non come qualcosa di episodico, ma come una proposta sistematica di contenuti, che si snoda per tappe e si riveste di modalità precise ».(235) Questo comporta la necessità di creare una certa struttura organizzativa che stabilisca opportunamente strumenti, tempi e contenuti per la sua concreta e adeguata realizzazione. A tale organizzazione, deve accompagnarsi l'abitudine dello studio personale, giacché anche i corsi periodici risulterebbero di scarsa utilità se non fossero accompagnati dall'applicazione nello studio.(236)


80 Personalizzata

Sebbene si impartisca a tutti, la formazione permanente ha come obiettivo diretto il servizio a ciascuno di coloro che la ricevono. Così, accanto a mezzi collettivi o comuni, devono esistere tutti quegli altri mezzi che tendono a personalizzare la formazione di ognuno.

Per questa ragione va favorita, soprattutto tra i responsabili, la coscienza di dover raggiungere ogni sacerdote personalmente, prendendosi cura di ciascuno, non accontentandosi di mettere a disposizione di tutti le diverse opportunità.

A sua volta, ogni presbitero deve sentirsi incoraggiato, con la parola e con l'esempio del suo Vescovo e dei suoi fratelli nel sacerdozio, ad assumersi la responsabilità della propria formazione, essendo egli il primo formatore di se stesso.(237)


Direttorio Presbiteri IT 55