GPII 1979 Insegnamenti - Ai dirigenti dell'"Alitalia" - Città del Vaticano (Roma)

Ai dirigenti dell'"Alitalia" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Sempre la giusta rotta nelle scelte della vita

Testo: Signor Presidente, e voi tutti della Società "Alitalia"! Sono molto lieto di potermi incontrare con voi, stamani, nella cordiale familiarità di questa udienza speciale che, permettendomi di rivedervi da vicino, risveglia nel mio animo, fresche ed intatte, le emozioni incancellabili del viaggio in America Latina.

Desidero innanzitutto esprimervi la mia riconoscenza sincera per tutte le attenzioni, che avete riservato a me e alle persone che mi accompagnavano: l'abilità dei piloti e il loro perfetto controllo delle complesse apparecchiature di bordo, la sollecitudine delicata ed attenta del personale addetto al magnifico I-Dyne "Dante Alighieri", messo a disposizione dalla vostra Società, hanno reso possibile una trasvolata celere, sicura e confortevole verso quel lontano Continente, sul quale per primo un vostro connazionale, quasi cinque secoli or sono, pianto la croce di Cristo.

Una folla di ricordi, di immagini, di emozioni si affaccia allo spirito nel rievocare il momento in cui, avendo nell'animo la trepidazione del missionario, ho posto piede su quella terra, dalla quale la fatica, il sacrificio, il sangue di tanti generosi annunciatori del Vangelo hanno fatto germinare messi abbondanti, che ora "biondeggiano per la mietitura" (Jn 4,35). L'incontro con la fede ardente di quelle popolazioni e col loro entusiasmo spontaneo ed incontenibile, ha costituito per me un'esperienza unica che mi s'è impressa nell'anima con caratteri indelebili. Lo slancio, pieno di fiducia, con cui moltitudini sterminate di persone sono accorse intorno all'umile Vicario di Colui che "è centro del cosmo e della storia" (RH 1), mi ha confermato nella convinzione che il mondo contemporaneo sta volgendosi nuovamente a Cristo come a "Colui che porta all'uomo la libertà basata sulla verità, Colui che libera l'uomo da ciò che limita, menoma e quasi spezza alle radici stesse, nell'anima dell'uomo, nel suo cuore, nella sua coscienza, questa libertà" (RH 12).

Orbene, l'opera da voi prestata con rara perizia ed infaticabile dedizione è stata la mediazione preziosa che mi ha consentito di portare una parola, un augurio, una speranza alla Chiesa che "simul orat et laborat", prega insieme e lavora (LG 17) in America Latina. Nel rinnovarvi l'attestazione della mia gratitudine, voglio assicurarvi che nella mia preghiera v'è stato e vi sarà un posto speciale per voi. Conosco le difficoltà del vostro lavoro e so che esso esige, accanto ad una preparazione accurata e ad un esercizio costante, un'eccezionale padronanza dei propri nervi ed un solido equilibrio psichico, che garantiscano la capacità di un lucido autocontrollo anche nelle situazioni impreviste e rischiose.

Sono, queste, qualità interiori che possono trovare, in una fede matura e in un sincero impegno morale secondo i dettami dell'antica sapienza cristiana, un validissimo e corroborante sostegno. Del resto, la consuetudine con gli spazi sconfinati del cielo e la possibilità di prendere, per così dire, le distanze da "l'aiuola che ci fa tanto feroci" (Dante Alighieri, "Paradiso", XXII, 151) non possono che facilitare nell'animo di chi si avventura a quelle altezze una percezione più netta dell'amorosa onnipresenza divina ed una visione più serena e più vera dei valori autentici, che fanno nobile e degna la vita di un essere umano.

Il mio augurio è che il pensiero di Dio, Padre di tutti gli uomini, Creatore delle terre che sorvolate e Signore dei cieli che solcate, vi accompagni costantemente nell'adempimento del vostro dovere, vi illumini e vi sorregga nei momenti difficili, vi ispiri sempre la giusta "rotta" nelle scelte della vita, affinché questo viaggio decisivo, che ha il suo scalo al di là dei confini del tempo, possa giungere felicemente alla meta, che è Dio stesso.

Avvaloro questi voti con una particolare benedizione apostolica, che volentieri estendo a tutti i componenti della Società "Alitalia" e ai vostri familiari, ai quali vorrete recarla insieme con l'assicurazione di un mio affettuoso ricordo nella preghiera.

Data: 1979-05-21

Data estesa: Lunedì 21 Maggio 1979.





A Superiori di Istituti religiosi non cattolici - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Gioia e comune adesione agli ideali della vita religiosa

Testo: Carissimi amati in Cristo.

Come Vescovo di Roma vi rivolgo il benvenuto nella Sede apostolica. E' molto gratificante sapere che voi siete convenuti per una consultazione ecumenica sulla vita religiosa. Inoltre la vostra visita cade in un momento fecondo per riflettere insieme brevemente su questo argomento e attraverso questa riflessione poter sperimentare la gioia della comune accettazione dei così alti ideali della vita religiosa.

Tra questi ideali spicca il concetto cardine della vita religiosa come una consacrazione speciale a nostro Signore Gesù Cristo, come la modalità per aderire totalmente alla sua divina persona e per portare a compimento tutte le implicazioni del Battesimo in Cristo. La vita religiosa è ricerca totale delle Beatitudini; il riconoscimento pratico del primato assoluto di Cristo nella Chiesa e nel mondo. E' una libera adesione dei discepoli all'invito di Gesù: "Rimanete nel mio amore" (Jn 15,9).

Il Concilio Vaticano II guarda alla vita religiosa come preordinata alla maggiore santità della Chiesa e alla maggior gloria della Santissima Trinità, la quale in Cristo e per Cristo è la sorgente e l'origine di ogni santità (cfr. LG 47). Essa considera ogni fecondo servizio ecclesiale dei religiosi come esito dell'intima unione con Cristo (cfr. PC 8).

Qualsiasi considerazione della vita religiosa come un titolo nuovo e speciale di dare compimento alla chiamata universale alla santità rivolta a tutto il popolo di Dio, ci porta necessariamente agli aspetti ecclesiastici della vita religiosa. Nella storia della Chiesa l'autorità ecclesiastica ha garantito l'autenticità di questa vita, ed essa è stata costantemente considerata nella sua relazione con l'intero Corpo di Cristo dove le attività di ciascun membro e delle comunità avvengono in favore dell'intero Corpo in ragione del principio dell'unità dinamica con Cristo suo Capo.

Con la grazia di Dio confido che la vostra consultazione ecclesiale su tali importanti argomenti comporterà dei frutti duraturi. Prego lo Spirito Santo affinché egli stesso illumini le vostre riflessioni sulla vita religiosa, specialmente per quanto riguarda la questione dell'unità della Chiesa, l'unità perfetta voluta da Cristo.

Chi più dei religiosi esperimenta nella preghiera l'urgenza non solo della manifestazione esterna dell'unità, ma anche di viverla nella pienezza della verità e della carità? Mentre proviamo questa urgenza - esperienza che è essa stessa dono di Dio - facciamo altrettanto esperienza di un bisogno di maggiore purificazione personale, per quella grande conversione del cuore che Dio sembra porre come prerequisito per il ristabilirsi dell'unità di tutti i Cristiani? La libertà religiosa e spirituale che i religiosi tentano di acquisire per aderire totalmente al Signore Gesù non li obbliga sempre più strettamente, nell'amore, a proseguire fino alla fine la volontà di Cristo per la sua Chiesa? Non sono i religiosi chiamati in modo particolare a dare espressione al desiderio dei Cristiani perché il dialogo ecumenico - per sua natura contingente - venga portato a termine nella piena comunione ecclesiale che è "col Padre e col Figlio suo Gesù Cristo"?(1Jn 1,3). Non dovrebbero essere i religiosi i primi ad impegnare la pienezza della loro generosità davanti al piano salvifico di Dio, ripetendo ognuno con san Paolo: "Che devo fare Signore?" (Ac 22,10).

Cari fratelli e sorelle, questo è un momento di gioia, non per ragioni di compiacenza, ma per l'umile e contrito desiderio di adempiere alla volontà di Dio. Allo stesso tempo è un momento di confidenza "in Cristo Gesù, il quale per opera di Dio è diventato per noi sapienza, giustizia, santificazione e redenzione" (1Co 1,30). Volgiamo a lui i nostri cuori invocando la forza dei suoi meriti per il nostro conforto mentre attendiamo con generosità e sacrificio, la piena rivelazione del suo Regno, la consumazione della nostra unità in Cristo: "Venga il tuo Regno, sia fatta la tua volontà".

Vorrei chiedervi di riportare alle vostre comunità religiose il mio saluto e il mio incoraggiamento per vivere profondamente della "fede nel Figlio di Dio" (Ga 2,20). Insieme all'espressione della mia amicizia e della mia stima, vi assicuro il mio amore in Cristo Gesù nostro Signore.

Data: 1979-05-21

Data estesa: Lunedì 21 Maggio 1979.





A un gruppo di malati - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Nella sofferenza si compie l'opera della Redenzione

Testo: Figli carissimi.

Permettete che senza circonlocuzioni o perifrasi introduttive, ma con immediata spontaneità io vi manifesti i sentimenti veri dell'animo mio, in questo incontro, che si attua in una corona così suggestiva di silenzio, di pace e di preghiera, durante un limpido e sereno vespro di maggio, ai piedi della Grotta della Madonna, o meglio vicino al Cuore della Madre Immacolata, la quale ci guarda e ci sorride dalla grotta costruita in questi Giardini Vaticani, a ricordo devoto e perenne di quel sito, presso i Pirenei, ove essa apparve, nello scorso secolo, come visione di cielo, messaggera di speranza e di amore per l'umanità sofferente e peccatrice! Il mio primo pensiero è di sincero compiacimento e di viva gratitudine per tutti quelli che hanno promosso ed organizzato questo nostro incontro che si potrebbe definire "incontro di famiglia", perché siamo tutti riuniti intorno alla Madonna per un dialogo semplice, spontaneo ed affettuoso, come avviene tra i figli e la mamma, che tutto vede, anche i più riposti segreti; che tutto comprende, anche i più lunghi silenzi; che tutto ravviva, anche le cose più insignificanti.

Grazie a voi tutti, per essere venuti a visitare il Papa; grazie, ancora, per i delicati sentimenti che coltivate nel cuore per il Vicario di Cristo e che intendete manifestare in questa particolare circostanza; grazie, infine, per la vostra presenza, che si può considerare quasi "presenza sacramentale" del Cristo! Si, voi siete, nella vostra carne ferita e dolorante, l'espressione di Cristo Crocifisso, e come il prolungamento della sua Passione, in maniera che ciascuno di voi possa ripetere con san Paolo: "Supplisco nella mia carne a ciò che manca alle tribolazioni di Cristo, a vantaggio del corpo di lui, che è la Chiesa" (Col 1,24); ed ancora: "Soffriamo insieme con lui (cioè con Gesù) per essere con lui glorificati" (Rm 8,17). Cristo, pertanto, vi sceglie, vi unisce e vi assimila a sé col mezzo insostituibile, ineffabile della sofferenza, attraverso la quale egli stampa in voi la sua immagine dolente e continua a compiere l'opera della Redenzione. Quale, dunque, il valore della vostra sofferenza? Voi non avete sofferto o soffrite invano: il dolore vi matura nello spirito, vi purifica nel cuore, vi dà un senso reale del mondo e della vita, vi arricchisce di bontà, di pazienza, di longanimità, e - sentendo riecheggiare nel vostro animo la promessa del Signore: "Beati gli afflitti, perché saranno consolati" (Mt 5,4) - vi dà la sensazione di una pace profonda, di una perfetta letizia e di una gioiosa speranza. Sappiate, perciò, dare un valore cristiano alla vostra sofferenza, sappiate santificare il vostro dolore, con fiducia costante e generosa in Colui, che conforta e dà forza. Sappiate che non siete soli, né separati, né abbandonati nella vostra "Via Crucis"; accanto a voi, a ciascuno di voi, c'è la Vergine Immacolata, la quale vi considera come suoi figli più amati: Maria, che "è divenuta per noi Madre nell'ordine della grazia... dal momento del consenso fedelmente prestato nell'Annunziazione e mantenuto senza esitazione sotto la Croce..." (LG 61-62), vi è vicina, perché ha molto sofferto con Gesù per la salvezza del mondo.

Guardate a lei con piena fiducia e filiale abbandono; essa vi guarda con occhio particolare, vi sorride con tenerezza materna, vi segue con sollecita cura! Vi assista e protegga sempre questa Madre dolcissima: noi La preghiamo per voi, perché vi sia vicina, vi conforti, vi dia pace e porti a compimento in voi, per il bene della Chiesa, per la diffusione del Vangelo, per la pace del mondo, quel disegno di grazia e di amore, che più strettamente vi unisce e configura a Cristo Gesù. Son certo che pregherete per il Papa e anche per lui offrirete le vostre sofferenze al Signore, vero? In tal modo, il nostro reciproco colloquio cordiale continuerà oltre questo brevissimo spazio di tempo.

A tutti voi, infine, ai vostri familiari, ai medici, e a quanti vi assistono ed hanno di voi cura continua ed affettuosa, imparto l'apostolica benedizione, quale auspicio di abbondanti favori celesti e pegno della mia paterna benevolenza.

Ai membri del Comitato Internazionale Cattolico non Vedenti Voglio anche salutare i membri del Comitato Internazionale Cattolico non vedenti, che preparano il loro XI Congresso internazionale.

Cari amici. conosco i vostri sforzi al servizio dei non vedenti, specialmente nei paesi in via di sviluppo, dove la vita è ancora più difficile per essi; avete tutto il mio incoraggiamento! Certo, la natura si rivolta spontaneamente davanti alla sofferenza e all'infermità. Non è del resto necessario il rifiutarle, per qualche verso, per giungere a superarle, a vivere malgrado loro il più pienamente possibile? Questo è il significato dell'azione sociale del vostro Comitato.

Ma la fede nel Signore risorto apre a una prospettiva più profonda. L' "Exsultet" di Pasqua ci dice che egli è "la luce che non conosce tramonto", "qui nescit occasum"! Ricercate questa luce dell'anima. Attraverso di essa, la sofferenza unita a quella di nostro Signore e a quella della Vergine Maria ai piedi della croce, apre la via alla vita eterna, per sé e per gli altri.

Il vostro Congresso, al terzo anno, lavori secondo questa doppia ispirazione. Aiutate i non vedenti a vivere pienamente sul piano umano. Aiutateli anche a progredire generosamente verso questa luce spirituale "che non conosce tramonto", che può rischiarare e ravvivare ogni vecchiaia, nonostante le sue pene fino all'ultimo istante. La Vergine della Luce, che bisogna invocare ogni giorno, vi guidi nel vostro apostolato. Siate certi della mia preghiera per voi, per tutti i non vedenti che rappresentate, e ricevete la mia benedizione.

Data: 1979-05-21

Data estesa: Lunedì 21 Maggio 1979.





Nella chiesa di Sant'Antonio dei Portoghesi - Nella fedeltà alla tradizione cristiana il progresso umano


Signor Cardinale Patriarca e Venerabili Fratelli nell'Episcopato, Eccellentissimi Signori, Amatissimi figli e figlie del "fedelissimo" Portogallo.

La grazia del Signore Gesù sia con tutti voi! Colgo l'occasione per salutarvi cordialmente, con stima e gratitudine per la gioia di questo incontro. E attraverso voi, attraverso voi Fratelli Vescovi e Signori Ambasciatori, amati in forma tutta speciale, saluto il caro Popolo portoghese.

L'amore di Cristo ci ha riuniti qui per lodare e ringraziare Dio. Il motivo di tutto ciò è un appello, e la relativa risposta, di otto secoli fa.

L'appello fatto dal mio predecessore Alessandro III, nella Bolla "Manifestis Probatum", al vostro primo Re, Dom Alfonso Henriques, si dirigeva al Portogallo. E diceva: "Sottomesso e votato alla Santa Chiesa Romana, esercitandoti... nell'allargamento dei confini della fede cristiana, (che) la Sede apostolica possa gioire (sempre) per un così devoto e glorioso figlio, e possa riposare nel tuo amore" (Alessandro III, "Manifestis Probatum", 23 maggio 1179, Lisbona, Torre do Tombo, Cx. das Bulas, m. 16 doc. 20). E la risposta l'ha data il Portogallo, lungo il corso della sua storia.

In questa significativa data, qui nella chiesa di Sant'Antonio dei Portoghesi in Roma, molto vicino alla Tomba di san Pietro, tra i motivi di gioia comune per i nostri inni di lode a Dio - come ha sottolineato nel suo discorso il Signor Cardinale Patriarca - prevalgono i buoni rapporti tra il Portogallo e la Sede apostolica che ci hanno permesso di percorrere in unità questi otto secoli di storia.

Ciò che ha caratterizzato questa strada percorsa insieme potrebbe forse essere così sintetizzato: fedeltà alla Chiesa, Madre e Maestra dei popoli, da parte del Portogallo, fin dal tempo in cui il suo primo Re, attraverso la lettera "Claves Regni", ha offerto alla Chiesa Romana la terra portoghese (cfr. Dom Alfonso Henriques, "Claves Regni", Lettera a Papa Lucio II, 13 dicembre 1143); e buona volontà, da parte della Santa Sede, che si è espressa nella concessione al Portogallo del titolo di "fedelissimo", titolo concesso ai sovrani portoghesi (cfr. Benedetto XIV, "Charissime in Christo", al Re di Portogallo Dom Giovanni V, 17 dicembre 1748: "Bullarium Romanum", Venetiis 1778, t. III, p. 1).

In questa eletta rappresentanza, che oggi è venuta qui a pregare con il Papa, vedo l'eredità e l'identita del Portogallo cristiano, con antica e rinnovata fedeltà, con le aspirazioni del passato e del presente. Sono noti a Dio e presenti nel mio cuore, in questo momento, richiami rispettosi e giusti ricordi di persone e di fatti che, nella vostra patria, hanno segnato profondamente la vita della Chiesa, una e unica, che è sempre e in ogni luogo sollecita nel rispondere alla vocazione dell'uomo in Cristo (cfr. RH 18).

In questa nostra liturgia di ringraziamento al Signore, vorrei ricordare solo tre coordinate della traiettoria di fedeltà a Dio e alla Chiesa, nella vita cristiana e nella pietà del diletto Popolo portoghese, che sono altrettanti motivi di gioia nel Signore, e di stimolo per il futuro. Queste coordinate sono: - Cristo, Redentore e Salvatore che non a caso è raffigurato, con un simbolo significativo, nella patria bandiera, e la sua croce era il segno particolare che identificava le sue caravelle che nel Cinquecento si lanciarono nella gloriosa avventura, anche per causa di "cristaos atrevimentos" (rischi sopportati per la causa del cristianesimo; n.d.t.) (De Camoes-Luis, Lusiadas, Canto VII, 14); - la santissima Vergine, Madre di Dio e Madre della Chiesa, Signora nostra, come vi piace chiamarla, che, nella "Casa Lusitana" e nella "Terra di Santa Maria" ad un certo momento comincio ad essere chiamata non più "Signora" ma "Regina del Portogallo" (cfr. "Atto di proclamazione di nostra Signora dell'Immacolata Concezione a Patrona del Portogallo" da parte delle Cortes di Lisbona nel 1646: riferito da Oliveira P. Miguel, "Historia Eclesiastica de Portugal", Lisbona 1958, pp. 333ss.); - l'esperienza viva di quella dimensione essenziale della Chiesa che è, per sua natura, missionaria (cfr. AGD 1): l'opera di evangelizzazione che è stata realizzata costituisce una delle più autentiche glorie religiose del Portogallo (cfr. Pio XII "Saeculo Exeunte Octavo", 13 giugno 1940).

Alla luce del passato il gradito incontro di oggi - il Portogallo di oggi e l'oggi della Chiesa nella vostra patria con il successore di Pietro - è un proposito di continuità nella linea della vostra fedeltà. Dio voglia che tutti i portoghesi, nella ricerca del bene comune - secondo Dio, legge suprema di tutta la società - si impegnino nel coltivare i valori spirituali, in un clima sociale di moralità, di giustizia, pace ed amore fraterno! Si, amati portoghesi: coltivate la dignità della persona, conservate lo spirito buono della famiglia e rispettate la vita e il Signore della vita e il Signore della storia; nel vivere e nel dare testimonianza della vostra scelta per Cristo, continuate ad ascoltare il vostro poeta epico e "molto fate nella Santa Cristianità" (De Camoes-Luis Lusiadas, Canto VII, 3).

Attraverso voi, qui presenti, benedico la vostra terra e il vostro popolo - persone, famiglie e comunità, con i vostri responsabili, ricordando anche i vostri emigranti e, con affetto tutto speciale, i miei fratelli Vescovi. Il Papa vi ama, tutti, e ripone in voi la sua fiducia! E concentrando la mente e il cuore in Cristo, "dal quale procedono tutte le cose e per cui sono tutte le cose" (He 2,10), in questa Eucaristia, per l'intercessione della nostra Signora e di tutti i Santi della vostra terra, continuiamo nella nostra lode, nel ringraziamento e nella preghiera a Dio Padre, per il Portogallo, uniti nello Spirito Santo. Amen! Data: 1979-05-22

Data estesa: Martedì 22 Maggio 1979.









Per la XIII Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Le comunicazioni sociali per lo sviluppo dell'infanzia

Testo: Carissimi fratelli e figli della Santa Chiesa! Con sincera fiducia e viva speranza, con i sentimenti cioè che hanno segnato fin dall'inizio il mio servizio pastorale sulla Cattedra di Pietro, mi rivolgo a voi e, in particolare, a quanti tra voi si occupano di comunicazioni sociali, nel giorno che il Concilio Vaticano II ha voluto consacrare a questo importante settore (cfr. I"nter Mirifica", 18).

Il tema sul quale desidero richiamare la vostra attenzione contiene appunto un implicito invito alla fiducia e alla speranza perché si riferisce all'infanzia, e io tanto più volentieri lo tratto perché fu già prescelto, per la presente circostanza, dall'amato mio predecessore Paolo VI. Mentre, infatti, l'organizzazione delle Nazioni Unite ha proclamato il 1979 "Anno Internazionale del Fanciullo", è opportuno riflettere sulle particolari esigenze di questa vasta fascia di "recettori" - i fanciulli - e sulle conseguenti responsabilità degli adulti e, in special modo, degli operatori delle comunicazioni, i quali tanto influsso possono esercitare ed esercitano sulla formazione o, purtroppo, deformazione delle giovani generazioni. Di qui la gravità e la complessità dell'argomento: "Le comunicazioni sociali per la tutela e lo sviluppo dell'infanzia nella famiglia e nella società".

Senza pretendere di esaminarlo e, tanto meno, di esaurirlo nei vari suoi aspetti, voglio richiamare, sia pur brevemente, ciò che l'infanzia si aspetta e ha diritto di ottenere da questi strumenti di comunicazione. Affascinati e privi di difesa di fronte al mondo ed alle persone adulte, i fanciulli sono naturalmente pronti ad accogliere quel che viene loro offerto, sia nel bene che nel male. Ciò ben sapete voi, professionisti delle comunicazioni e particolarmente voi che vi occupate dei mezzi audiovisivi. Essi sono attratti dal "piccolo schermo" e dal "grande schermo", seguono ogni gesto che vi è rappresentato e percepiscono, prima e meglio di ogni altra persona, le emozioni ed i sentimenti che ne risultano.

Come molle cera, sulla quale ogni pur lieve pressione lascia una traccia, così l'animo dei bimbi è esposto ad ogni stimolo che ne solleciti la capacità di ideazione, la fantasia, l'affettività, l'istinto. Le impressioni, peraltro, di questa età sono quelle destinate a penetrare più profondamente nella psicologia dell'essere umano ed a condizionarne, spesso in maniera duratura, i successivi rapporti con se stesso, con gli altri, con l'ambiente. E precisamente dall'intuizione di quanto sia delicata questa prima fase della vita che già la sapienza pagana aveva tratto la ben nota indicazione pedagogica, secondo cui "maxima debetur puero reverentia"; ed è in questa stessa luce che si evidenzia, nella sua motivata severità, il monito di Cristo: "Chi scandalizza anche uno solo di questi piccoli che credono in me, sarebbe meglio per lui che gli fosse appesa al collo una macina da mulino e fosse gettato negli abissi del mare" (Mt 18,6). E certamente tra i "piccoli" in senso evangelico sono da comprendere anche e specialmente i bambini.

L'esempio di Cristo dev'essere normativo per il credente, che intende ispirare la propria vita al Vangelo. Ora, Gesù ci si presenta come colui che accoglie amorevolmente i fanciulli (cfr. Mc 10,16), ne tutela lo spontaneo desiderio di avvicinarsi a lui (cfr. Mc 10,14), ne loda la tipica e fiduciosa semplicità, perché meritevole del Regno (cfr. Mt 18,3-4), ne sottolinea la trasparenza interiore che tanto facilmente li dispone all'esperienza di Dio (cfr. Mt 18,10). Egli non esita a stabilire un'equazione sorprendente: "Chi accoglie anche uno solo di questi bambini in mio nome, accoglie me" (Mt 18,5). Come ho avuto occasione di scrivere recentemente, "il Signore si identifica col mondo dei piccoli... egli non li condiziona, non li strumentalizza; li chiama e li fa entrare nel suo progetto di salvezza del mondo" (cfr. "Messaggio al Presidente dello Pontificia Opera dell'Infanzia Missionaria", 10 aprile 1979).

Quale sarà dunque l'atteggiamento dei cristiani responsabili e, segnatamente, dei genitori e degli operatori dei mass-media consapevoli dei loro doveri nei confronti dell'infanzia"! Essi dovranno, innanzitutto, farsi carico della crescita umana del fanciullo: la pretesa di mantenersi di fronte a lui in posizione di "neutralità" e di lasciarlo "venir su" spontaneamente nasconde sotto l'apparenza del rispetto per la sua personalità un atteggiamento di pericoloso disinteresse.

Un tale disimpegno davanti ai bambini non può essere accettato; l'infanzia, in realtà, ha bisogno di essere aiutata nello sviluppo verso la maturità. C'è una grande ricchezza di vita nel cuore del bambino; egli, pero, non è in grado di discernere, da solo, i richiami che avverte in se stesso. Sono le persone adulte - genitori, educatori, operatori delle comunicazioni - che hanno il dovere e sono in grado di farli ad essi scoprire. Ogni fanciullo non assomiglia forse, in qualche modo, al piccolo Samuele, del quale parla la Sacra Scrittura? Incapace di interpretare il richiamo di Dio, egli chiedeva aiuto al suo maestro, che dapprima gli rispose: "Io non ti ho chiamato; torna a dormire" (1S 3,5-6).

Terremo noi un uguale atteggiamento, che soffoca le spinte e le vocazioni migliori, oppure saremo capaci di farle comprendere al fanciullo, al pari di quanto fece alla fine il sacerdote Eli con Samuele: "Se ti si chiamerà ancora, dirai: Parla, o Signore, perché il tuo servo ti ascolta" (1S 3,9)? Le possibilità e i mezzi, di cui disponete voi adulti a questo proposito, sono enormi: voi siete in grado di destare lo spirito dei fanciulli all'ascolto oppure di addormentarlo e - Dio non voglia - di intossicarlo irrimediabilmente. Bisogna, invece, fare in modo che il fanciullo afferri, grazie anche al vostro impegno educativo non mortificante, ma sempre positivo e stimolante, le ampie possibilità di realizzazione personale, le quali gli consentiranno di inserirsi creativamente nel mondo. Assecondatelo, voi specialmente che vi occupate di mass-media, nella sua indagine conoscitiva, proponendo programmi ricreativi e culturali, nei quali egli trovi risposta alla ricerca della sua identità e del suo graduale "ingresso" nella comunità umana. E' poi anche importante che il fanciullo non sia, nei vostri programmi, una semplice comparsa, come per intenerire gli occhi stanchi e disincantati di apatici spettatori o uditori, ma un protagonista di modelli validi per le giovani generazioni.

Sono ben consapevole che, sollecitandovi a tale sforzo umano e "poetico" (nel vero senso della capacità creatrice propria dell'arte), vi chiedo implicitamente di rinunciare a certi piani di ricerca calcolata del massimo "indice di ascolto", per un successo immediato. La vera opera d'arte non è forse, quella che s'impone senza ambizioni di successo e che nasce da una autentica abilità e da una sicura maturità professionale? Né vogliate escludere dalla vostra produzione - ve lo domando come fratello - le opportunità di offrire un richiamo spirituale e religioso al cuore dei fanciulli: e questo vuol essere un fiducioso appello di collaborazione da parte vostra al compito spirituale della Chiesa.

Parimenti, mi rivolgo a voi, genitori ed educatori, a voi, catechisti e responsabili delle diverse associazioni ecclesiali, perché vogliate responsabilmente considerare il problema dell'uso dei mezzi di comunicazione sociale, nei riguardi dei fanciulli, come cosa di importanza capitale, non soltanto per una loro illuminata formazione che, oltre a sviluppare il senso critico e - si direbbe - l'autodisciplina nella scelta dei programmi, li promuova realmente sul piano umano, ma anche per l'evoluzione dell'intera società nella linea della rettitudine, della verità e della fraternità.

Carissimi fratelli e figli, l'infanzia non è un periodo qualsiasi della vita umana, dal quale ci si possa isolare artificialmente: come un figlio è carne della carne dei suoi genitori, così l'insieme dei fanciulli è parte viva della società. E' per questo che nell'infanzia è in gioco la sorte stessa di tutta la vita, della "sua" e della "nostra", cioè della vita di tutti. Serviremo, quindi, la fanciullezza valorizzando la vita e scegliendo "per" la vita a ogni livello e l'aiuteremo presentando agli occhi e al cuore tanto delicati e sensibili dei piccoli ciò che nella vita c'è di più nobile ed alto.

Elevando lo sguardo a questo ideale, a me sembra di incontrare il volto dolcissimo della Madre di Gesù, la quale, totalmente impegnata a servire il suo divin Figliolo, "conservava tutte queste cose nel suo cuore" (Lc 2,51). Nella luce del suo esempio, io rendo omaggio alla missione che a tutti voi spetta in campo pedagogico e, nella fiducia che l'assolverete con amore pari alla sua dignità, vi benedico di cuore.

Data: 1979-05-23

Data estesa: Mercoledì 23 Maggio 1979.





Agli studenti dei seminari inglesi di Roma - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Restiamo sempre fedeli al mandato ricevuto da Gesù

Testo: Cari figli, fratelli e amici in Cristo Gesù.

In questa solennità dell'Ascensione di nostro Signore, il Papa è felice di offrire il sacrificio eucaristico con voi e per voi. Sono lieto di essere con gli studenti e il personale del Venerabile Collegio inglese che in questo anno celebra il 4° centenario di fondazione. Oggi, in modo speciale, mi sento spiritualmente vicino a voi, ai vostri genitori e alle vostre famiglie, e a tutti i fedeli dell'Inghilterra e del Galles, a tutti quelli che sono uniti nella fede di Pietro e di Paolo, nella fede di Cristo Gesù. Le tradizioni di generosità e fedeltà di cui voi avete dato esempio nella vita del vostro Collegio per 400 anni, sono presenti al mio spirito questa mattina. E voi siete venuti per ringraziare e lodare Dio per quanto è stato compiuto per sua grazia nel passato, e per trovare forza di andare avanti sotto la protezione della nostra Santa Madre nel fervore dei padri, molti dei quali hanno dato la vita per la fede cattolica.

Un cordiale augurio di benvenuto va anche ai nuovi sacerdoti del pontificio Collegio Beda. Anche per voi questo è un momento di speciale impegno per tenere vivi gli ideali perseguiti dal vostro patrono, san Beda il Venerabile, che voi commemorerete domani. Benvenuto anche al personale e agli amici studenti.

Con gioia e nuovi propositi per il futuro, riflettiamo brevemente sul grande fatto della liturgia di oggi. Nelle letture bibliche ci viene riassunto in tutto il suo significato il mistero dell'Ascensione di Gesù. La ricchezza di questo mistero è espressa in due affermazioni: "Gesù diede loro le ultime istruzioni" e poi "Gesù sali e prese il suo posto".

Nella provvidenza di Dio - ossia nell'eterno disegno del Padre - era arrivata per Cristo l'ora di partire. Doveva abbandonare i suoi apostoli e lasciarli con sua Madre Maria, pero solo dopo aver dato loro le sue disposizioni.

Ora gli apostoli avevano una missione da compiere secondo gli insegnamenti dati da Gesù, e le ultime istruzioni erano, a loro volta, la fedele espressione della volontà del Padre.

Quelle istruzioni indicavano, soprattutto, che gli apostoli dovevano attendere lo Spirito Santo il dono del Padre. Fin dall'inizio era ben chiaro che la sorgente della forza degli apostoli doveva essere lo Spirito Santo. E' lo Spirito che guida la Chiesa nella via della verità; il vangelo viene diffuso con la potenza di Dio, non con i mezzi della sapienza e della forza umana.

Gli apostoli, inoltre, erano stati istruiti per insegnare, per proclamare la buona novella in tutto il mondo. Dovevano battezzare nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito. Come Gesù, dovevano parlare esplicitamente del regno di Dio e della salvezza; dovevano testimoniare Cristo "fino ai confini della terra". La Chiesa primitiva capi subito queste indicazioni, ed ebbe inizio l'era missionaria. E tutti sapevano che quest'era missionaria non sarebbe finita fino quando lo stesso Gesù, che se n'era andato al cielo, sarebbe nuovamente tornato.

Le parole di Gesù diventarono il tesoro che la Chiesa deve conservare e proclamare, meditare e vivere. Nello stesso tempo lo Spirito Santo infondeva nella Chiesa un carisma apostolico per mantenere intatta questa rivelazione. Attraverso le sue parole, Gesù viveva in tutta la Chiesa: "Io sono con voi sempre". Tutta la comunità ecclesiale divenne consapevole della necessità di essere fedele alle istruzioni di Gesù, cioè al deposito della fede.

Questa sollecitudine sarebbe poi passata da una generazione all'altra, fino ai nostri giorni. In forza di questo principio io ho parlato recentemente ai vostri Rettori, affermando che "la priorità assoluta per i seminari d'oggi è l'insegnamento della parola di Dio in tutta la sua purezza e integrità, con tutte le sue esigenze e in tutta la sua forza. La parola di Dio - e quella sola - è alla base di tutto il ministero, dell'attività pastorale, dell'azione sacerdotale. La forza della parola di Dio costituisce la base dinamica del Vaticano II, e Giovanni XXIII lo sottolineava con chiarezza nel giorno della sua apertura: "La più grande preoccupazione del Concilio ecumenico è questa: che il sacro deposito della dottrina cristiana sia più efficacemente custodito e insegnato" (Giovanni XXIII, "Discorso inaugurale del Concilio", 11 ottobre 1962).

E se i seminaristi di questa generazione vorranno adeguatamente prepararsi ad assumere l'eredità e l'impegno di questo Concilio, devono basarsi soprattutto sulla parola di Dio: "sul sacro deposito della fede cristiana" (Giovanni Paolo II, "Discorso" del 3 maggio 1979). Si, cari figli, il nostro più grande compito è quello di essere fedeli alle istruzioni del Signore Gesù.


GPII 1979 Insegnamenti - Ai dirigenti dell'"Alitalia" - Città del Vaticano (Roma)