GPII 1979 Insegnamenti - Recita del Regina Coeli - Città del Vaticano (Roma)


2. In secondo luogo, desidero richiamare la vostra attenzione su un altro gruppo di cristiani, molto più numeroso, che in questo periodo si prepara in modo particolare a prendere parte alla missione e all'apostolato della Chiesa. Penso a quei molti giovani che nei giorni di Pentecoste si accosteranno al Sacramento della Cresima o Confermazione. Sappiamo che tanto a Roma quanto in tutta la Chiesa questo Sacramento viene ricevuto dai giovani cristiani in diversi momenti dell'anno liturgico. Tuttavia, il periodo di Pentecoste è particolarmente adatto.

Infatti, la discesa dello Spirito Santo nella Cresima, con i suoi doni ed i suoi frutti propri, ha come obiettivo specifico la formazione di cristiani maturi e responsabili, così come lo furono finalmente gli Apostoli all'uscita dal Cenacolo.

Come per loro, anche la maturità dei Cresimati si esprime nell'apostolato cosciente e attivo, quale vigorosa testimonianza del Signore Risorto e del suo Vangelo. Ed è qui che si fonda in ultima analisi il necessario apostolato dei Laici nella Chiesa. Per questo è indispensabile una solida preparazione, fatta di preghiera, di riflessione, di approfondimento della fede. La vita cristiana, infatti, non si improvvisa, ma richiede una vera e propria coscientizzazione. Da parte sua, il Sacramento ricevuto tende per propria natura a tradursi nella vita di ciascuno; esso dovrà portare ad una maggiore fedeltà nella catechesi, ad una più viva partecipazione alle pratiche religiose, ad un più coerente comportamento nell'esistenza quotidiana. Quindi, vi invito a pregare intensamente per tutti coloro, ragazzi e giovani, che riceveranno il Sacramento della Cresima, affinché esso confermi davvero in profondità, con forza e con gioia, i loro impegni battesimali.


3. Debbo ancora aggiungere - come sapete, del resto - che oggi si celebra in tutta la Chiesa la Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali.

Per questa circostanza ho già indirizzato uno speciale Messaggio, che quest'anno, in coincidenza con l'"Anno Internazionale del Fanciullo", ha come tema: "Le comunicazioni sociali per la tutela e lo sviluppo dell'infanzia nella famiglia e nella società". L'argomento è importante e merita di essere considerato con attenzione. Invito, intanto, voi tutti ad elevare al Signore una speciale preghiera, per ottenere senso di responsabilità e di saggezza da quanti operano in tale delicato settore.


4. Non posso non ricordare in questo momento, con profonda afflizione, il giovane somale Amhed Ali Giama, che alcuni giorni or sono, proprio vicino alla chiesa di Santa Maria della Pace, è stato barbaramente arso vivo. Come possono succedere oggi episodi di tanta efferatezza, qui, a Roma, la patria del diritto, la città di san Pietro? Mentre esprimo la mia e la vostra più viva deplorazione per il disumano gesto, invito tutti ad elevare al Signore preghiere per il nostro fratello, figlio della diletta Africa.

(Recita il "Regina Caeli e prosegue:) Rivolgo ora un particolar saluto alle numerose migliaia di adolescenti della diocesi di Verona, i quali sono collegati in questo momento con noi "via radio" dalla storica Arena della loro bella Città. Essi sono ivi raccolti col loro Vescovo, sua Eccellenza Monsignor Giuseppe Amari, e con i loro Sacerdoti, per concludere un anno di studio e di riflessione sullo stimolante tema, proposto dalla Conferenza Episcopale Italiana, "Evangelizzazione e comunità".

Carissimi ragazzi e ragazze, vi esprimo il mio sincero compiacimento per l'impegno dimostrato nel cammino di fede intrapreso comunitariamente quest'anno, dedicandovi ad approfondire il messaggio di Cristo e sforzandovi di viverlo con coerenza. Ricordatevi che l'efficacia dell'annuncio, che recate agli altri, dipende dall'intensità con cui vivete la comunione con Cristo e con i fratelli.

Amate, dunque, Gesù e amate la Chiesa: con sincerità, con dedizione, con gioia.

Sta qui il segreto d'una testimonianza capace di far breccia nei cuori.

Vi accompagni la mia benedizione.

(Riferendosi al suo prossimo viaggio in Polonia, dice:) Vi ricordo il mio imminente viaggio in Polonia, mia terra natale, in occasione del nono centenario del martirio di san Stanislao. Saro in quel caro Paese dal 2 al 10 giugno prossimo. E anche per questo vi invito a pregare, perché questo pellegrinaggio apostolico sia guidato dalla luce e dalla potenza dello Spirito Santo per il bene della Chiesa, soprattutto per il bene dei miei Connazionali, e anche degli altri cristiani e di tutti gli uomini di buona volontà.

Data: 1979-05-27

Data estesa: Domenica 27 Maggio 1979.





All'ordinazione di nuovi vescovi - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: L'amore di Cristo nel ministero episcopale

Testo:

1. "Tu, Signore, che conosci il cuore di tutti, mostraci quale... hai designato" (Ac 1,24).

Così pregarono gli apostoli riuniti nel Cenacolo di Gerusalemme quando per la prima volta dovettero colmare il posto rimasto vuoto nella loro comunità.

Bisognava infatti che i Dodici continuassero a rendere testimonianza al Signore e alla sua Risurrezione. Cristo aveva costituito a suo tempo i Dodici. Ed ecco ora, dopo la perdita di Giuda, era necessario affrontare per la prima volta il dovere di decidere a nome del Signore chi doveva prendere il posto vacante.

Allora i convenuti pregano proprio così: "Tu, Signore, che conosci il cuore di tutti, mostraci quale di questi due hai designato a prendere il posto in questo ministero e apostolato..." (Ac 1,24-25).

Ciò che tanto tempo fa ebbe luogo nella Chiesa primitiva, si ripete anche oggi. Ecco, sono stati scelti coloro che devono prendere i diversi posti "nel ministero e nell'apostolato". Sono stati scelti dopo una fervida preghiera di tutta la Chiesa e di ogni comunità che ha bisogno di loro e alla quale serviranno.

Così siete stati scelti voi, cari fratelli. Oggi vi trovate qui presso la tomba di san Pietro per ricevere la consacrazione episcopale. Senza dubbio anche oggi, come durante tutto il periodo precedente di preparazione all'ordinazione episcopale, ciascuno di voi ripete in questa Basilica: "Signore, tu conosci i cuori di tutti. Tu conosci anche il mio cuore. Signore, tu stesso hai avuto piacere di scegliere me. Tu stesso dicesti una volta agli apostoli, dopo averli chiamati: "Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga"" (Jn 15,16).


2. "Come dista l'oriente dall'occidente..." ().

Veramente, venerabili e cari fratelli, siete venuti qui oggi dalle diverse parti del mondo, dall'oriente e dall'occidente, dal sud e dal nord. La vostra presenza esprime la gioia pasquale della Chiesa, che già nelle varie parti della terra può attestare "che il Padre ha mandato il suo Figlio come salvatore del mondo" (Jn 4,14).

A questo punto, in un linguaggio bello e suggestivo e, nello stesso tempo, semplice, a me piacerebbe descrivere e quasi riunire i Paesi dai quali provenite voi ordinandi, incominciando dall'Oriente più lontano, le Filippine, l'India, e poi, attraverso l'Africa (Sudan ed Etiopia), arrivare all'America del Sud (Brasile, Nicaragua, Cile) e del Nord (Stati Uniti, Canada), e poi ancora giungere all'Europa (Italia, Bulgaria, Spagna e Norvegia).

Il tempo purtroppo, non me lo consente. La presenza tra gli ordinandi di un Vescovo della Bulgaria mi offre, tuttavia, la gradita occasione di rivolgere un particolare pensiero a quella nobile Nazione, da tanti secoli cristiana. Colgo questa lieta circostanza per inviare un affettuoso saluto a tutti i miei fratelli e sorelle cattolici, di rito latino e di quello bizantino, i quali, benché il loro numero non sia grande, danno testimonianza della vitalità della loro fede nell'amore verso la patria e nel servizio alle comunità cui appartengono. Un rispettoso saluto altresi alla venerabile Chiesa Ortodossa Bulgara e a tutti i suoi figli.

Tra gli ordinandi vi sono poi anche tre arcivescovi, chiamati a servire, in modo particolare, la missione universale della Sede Apostolica: il Segretario del Consiglio per gli Affari Pubblici della Chiesa e due Rappresentanti Pontifici.

Il loro mandato scaturisce, come un'esigenza naturale e necessaria, dalla funzione specifica affidata a Pietro in seno al Collegio Apostolico e a tutta la comunità ecclesiale. Loro compito è dunque, quello di essere ministri dell'unità "cattolica", come "servi dei servi di Dio", insieme con colui che essi rappresentano.


3. Ecco, fra poco, mediante la consacrazione episcopale, riceverete una singolare partecipazione al sacerdozio di Cristo, la partecipazione più piena. Diventerete in tal modo pastori del Popolo di Dio in diversi luoghi della terra, ciascuno con la propria mansione a servizio della Chiesa.

E' Cristo stesso, come ha ricordato il Concilio Vaticano II, ad aver voluto che "i successori degli apostoli, cioè i Vescovi, fossero nella sua Chiesa pastori fino alla fine dei secoli" (cfr. LG 8). Ubbidienti a tale volontà del loro Maestro, gli apostoli "non solo ebbero vari collaboratori nel ministero, ma... diedero disposizione che, quando essi fossero morti, altri uomini esimi subentrassero al loro posto... così, come attesta sant'Ireneo, per mezzo di coloro che gli apostoli costituirono Vescovi e dei loro successori fino a noi, la tradizione apostolica in tutto il mondo è manifestata e custodita" (LG 20). Il Concilio ha illustrato ampiamente la funzione essenziale che i Vescovi svolgono nella vita della Chiesa. Tra i molti testi che si riferiscono a questo argomento, basti richiamare la vigorosa sintesi contenuta in quel passo della "Lumen Gentium", ove sulla base del dato di fede secondo cui "nella persona dei Vescovi... è presente in mezzo ai credenti il Signore Gesù" stesso, si deduce con logica coerenza: Cristo "per mezzo dell'eccelso loro ministero predica la parola di Dio a tutte le genti e continuamente amministra ai credenti i sacramenti della fede; per mezzo del loro ufficio paterno (cfr. 1Co 4,15) nuove membra incorpora, con la rigenerazione soprannaturale, al suo Corpo; e infine, con la loro sapienza e prudenza, dirige e ordina il Popolo del Nuovo Testamento nella sua peregrinazione verso l'eterna beatitudine" (LG 21).

Nella luce di queste limpide e ricche affermazioni conciliari, esprimo la viva gioia che mi procura il conferire oggi a voi, cari fratelli, la consacrazione episcopale, e l'introdurvi in tal modo nel collegio dei Vescovi della Chiesa di Cristo: con questo gesto, infatti, posso dimostrare particolare stima e amore ai vostri Connazionali, alle vostre Nazioni, alle Chiese locali dalle quali siete stati scelti e per il cui bene venite costituiti Pastori (cfr. He 5,1).

Medito insieme a voi le parole del Vangelo d'oggi: "Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamati amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre, l'ho fatto conoscere a voi" (Jn 15,15). E desidero con tutto il cuore congratularmi con voi per questa amicizia.

Che cosa potrebbe esservi di più grande? E perciò non vi auguro nient'altro che questo: rimanete nell'amore di Cristo (cfr. Jn 15,10); rimanete nella sua amicizia. Rimanetevi come egli rimane nell'amore del Padre.

Questo amore e questa amicizia riempiano totalmente la vostra vita e diventino la sorgente ispiratrice delle vostre opere nel servizio che oggi assumerete. Vi auguro frutti abbondanti e felici in questo vostro ministero: "Che andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga" (Jn 15,16), che il Padre vi dia tutto quello che chiederete a lui nel nome di Cristo (cfr. Jn 15,16) suo eterno Figlio.

La vostra missione ed il vostro ministero conducano al rafforzamento dell'amore reciproco, dell'amore comune, dell'unione del Popolo di Dio nella Chiesa di Cristo, poiché nell'amore e nell'unione si rivela, in tutta la sua luminosa semplicità, il volto di Dio: Padre e Figlio e Spirito Santo; Dio che è amore (1Jn 4,16).

E ciò di cui il mondo, quel mondo al quale siamo mandati, ha più grande bisogno è appunto l'amore! Data: 1979-05-27

Data estesa: Domenica 27 Maggio 1979.





Alla "Caritas Internationalis" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Testimoniare la carità

Testo: Eminenza, Eccellenze, Cari fratelli e sorelle.

Questa settimana, prima del viaggio in Polonia, il programma del Papa è molto intenso. Tuttavia, ho voluto soddisfare il vostro desiderio di avere udienza, anche se brevemente, per manifestarvi la mia stima e l'importanza che attribuisco alla "Caritas Internationalis".

Prima di tutto, sono felice ai constatare l'insediamento sempre più vasto delle "Caritas" diocesane, in due terzi delle diocesi di tutto il mondo: esse sono, a livello locale, l'espressione e lo strumento della carità della grande comunità cristiana presieduta dal vescovo, e perciò di tutte le comunità ecclesiali, parrocchiali od altro, ad essa unite. Le "Caritas" nazionali hanno un ruolo di primo piano in più di cento paesi, nell'animazione e nel coordinamento dell'azione caritativa, in stretto legame con le Conferenze episcopali. E anche sembrato necessario - ed era già un'idea molto cara al mio rimpianto predecessore quando era ancora Monsignor Montini - che questi organismi nazionali siano confederati a livello internazionale nella "Caritas Internationalis", al fine di studiare, stimolare e armonizzare i progetti delle associazioni partecipanti. E' come un albero ben strutturato nelle sue multiple ramificazioni. Bisogna infine aggiungere che il Pontificio Consiglio "Co Unum" costituisce presso il Papa, presso colui che "presiede alla comunione universale di carità" (cfr. LG 13), un luogo d'incontro per tutte le organizzazioni della Chiesa dedicate alla carità e allo sviluppo.

Secondo il bel nome che portate e che è la parola-chiave del Vangelo, voi siete predisposti alla "carità". Tutta la vostra azione consiste nel vivere la carità, testimoniarla e nel metterla in pratica, concretamente e insieme ad altre persone. Non permettiamo che si svaluti la parola "carità", né la sua realtà. Essa non è soltanto il frutto di una pietà sentimentale passeggera. Essa è il più profondo amore verso il prossimo, verso chiunque, e in particolare verso chi è nel bisogno. La sua giustificazione e il suo dinamismo risiedono nel valore che si riconosce alla persona, alla sua dignità, al suo diritto di accedere ad una vita decente malgrado la miseria materiale o morale che la colpiscono in seguito a disgrazie, cataclismi naturali, malattie, situazioni di ingiustizia sociale, ecc.

E' sufficiente che questa persona sia nel bisogno, e a volte un bisogno immediato, di nutrimento, di alloggio, di abiti, di mezzi ai sostentamento, di conforto nella solitudine, di compagnia, di sostegno, per se stessa e per i suoi. E se questa persona ha tanto valore ai nostri occhi è perché essa ne ha prima di tutto agli occhi di Dio; è perché Cristo si identifica con essa (cfr. Mt 25,34-40); è perché Cristo ci chiede di fare per essa ciò, che in quella situazione, desidereremmo per noi stessi (cfr. Mt 7,12).

I cristiani non sarebbero degni del loro nome se non cercassero di accedere a questa carità che viene da Dio. Essi devono darne testimonianza personalmente, e nessuno ne è dispensato. Ugualmente, nessuno ne ha il monopolio.

Ma è fondamentale che i cristiani ne diano testimonianza comunitariamente, che il loro cuore sia formato per la carità, che il loro desiderio di azione caritativa sia illuminato, che le loro iniziative siano coordinate. Questo è il ruolo delle associazioni caritative nella Chiesa, specialmente delle "Caritas".

Quando si è definita così profondamente la carità, non si tratta più per la Chiesa di opporre misure di assistenza ad azioni indirizzate allo sviluppo. Le due cose devono camminare insieme. Come non preoccuparsi di stabilire per il domani condizioni di vita tali che le miserie endemiche dei nostri giorni possano essere superate o evitate nell'avvenire, per quanto dipende da noi? Ma cosa sarebbe questa preoccupazione di promozione umana se si rifiutasse di rispondere, oggi stesso, ai bisogni vitali che non possono attendere? Poiché la nostra società, grazie a Dio, si occupa sempre più di preparare un domani migliore: i cristiani devono essere presenti in ciò, a loro modo, cioè ispirati dall'amore e dalla giustizia, con lo scopo di promuovere tutto l'uomo e di far partecipare gli interessati al loro stesso sviluppo. Voi vi siete molto preoccupati di ciò nel corso di questa assemblea generale. Ma del resto, la nostra società, nel suo desiderio di pianificare tutto, tende a minimizzare, come provvisori, certi casi personali di urgenza, certe situazioni impreviste di difficoltà, certe categorie di marginali.

Ora, voi sapete che in tutte le nostre società nascono continuamente nuovi tipi di povertà, in margine al "progresso". "I poveri infatti li avrete sempre con voi" disse Gesù (Mt 26,11). La "Caritas" deve conservare come suo primo obiettivo, come vocazione singolare, la cura di trovarli, di aiutarli con una preoccupazione educativa e di sensibilizzare gli altri. E prestiamo anche attenzione perché le somme raccolte per questi poveri, a volte da parte di altri poveri, siano veramente destinate al servizio dei poveri.

Inoltre, il vostro coordinamento a livello internazionale, il fatto che siate riconosciuti da uno statuto consultivo presso organizzazioni internazionali, vi danno la possibilità e vi impongono il dovere di testimoniare la carità cristiana anche a livello di queste istanze internazionali o intergovernative.

Sono una presenza e un'azione che hanno la loro importanza. Il Concilio Vaticano II vi ha incoraggiato in ciò (cfr. GS 90). Voi sapete fino a qual punto la Santa Sede apprezzi questa attività internazionale, alla quale non esita a partecipare attivamente al livello che le compete.

Si possa ovunque manifestare, attraverso le vostre parole e le vostre azioni, l'Agape del Signore che non conosce limiti! Questo amore sia il fermento evangelico che contribuisce a fare di questo universo un mondo dove la fraternità e la solidarietà siano realmente vissute, dove gli uomini possano condurre una vita degna dei figli di Dio! In questo tempo liturgico noi imploriamo specialmente lo Spirito Santo, lo Spirito d'amore: egli illumini, purifichi, e fortifichi l'amore di tutti i membri delle "Caritas" che benedico di tutto cuore, con una speciale intenzione per i responsabili e i delegati qui presenti.

Data: 1979-05-28

Data estesa: Lunedì 28 Maggio 1979.








Al cardinale Paolo Bertoli - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Delega di facoltà durante l'assenza del Papa

Testo: Al nostro Venerabile Fratello Cardinale Paolo Bertoli Camerlengo di Santa Romana Chiesa.

In procinto di partire per la Polonia dove, come è noto, si celebra il nono centenario del martirio di san Stanislao, Vescovo e nostro predecessore nella sede di Cracovia, ci sembra opportuno disporre che gli affari che richiedono il nostro intervento vengano amministrati, nel periodo del nostro viaggio, cioè dal 2 al 10 giugno di quest'anno, da un Cardinale di Santa Romana Chiesa, qualora ve ne fosse bisogno.

Ti deleghiamo perciò, Venerabile nostro fratello, che hai l'incarico di Camerlengo della Chiesa Romana, la facoltà di concedere, durante la nostra assenza, se vi fosse un pericolo nella dilazione, sentito il Sacro Dicastero competente, gli indulti, le facoltà e le grazie che noi stessi siamo soliti elargire, e ti deleghiamo la facoltà di prendere decisioni, se si presentasse un caso grave e lo richiedesse la Sacra Congregazione della Curia Romana, in merito alla amministrazione di una diocesi mediante la nomina di un Amministratore Apostolico.

Ti chiediamo anche di elevare fervide preghiere a Dio, in quei giorni, perché questo nostro viaggio sia ricco di più abbondanti frutti spirituali, con l'intercessione della Beata Vergine Maria, che si venera con grande devozione nel Santuario di Jasna Gora.

Infine, nostro Venerabile fratello, di cui conosciamo l'osservanza verso la Sede di Pietro e l'esperienza, ti impartiamo la benedizione apostolica come testimonianza della nostra fraterna affezione.

Data: 1979-05-30

Data estesa: Mercoledì 30 Maggio 1979.





A Vescovi indiani in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Sostegno e guida della comunità di fede

Testo: Cari fratelli in nostro Signore Gesù Cristo, per la terza volta nell'arco di un mese ho il piacere di ricevere un gruppo di Vescovi indiani nella loro visita "ad limina". Ricordando i miei incontri con vostri fratelli Vescovi, offro anche a voi, come incoraggiamento e fortificazione, le riflessioni che ho già condotto insieme a loro. Parlavo del ministero della fede che ci appartiene, che è basato sulla potenza di Dio, e che viene eminentemente espresso nel Sacrificio Eucaristico e nel Sacramento della Penitenza. Parlavo inoltre del santo nome di Gesù. Fonte della nostra forza e ispirazione gioiosa di tutte le nostre attività pastorali. Oggi vorrei proseguire a riflettere con voi sul nostro comune ministero esercitato nel nome di Gesù Cristo, il Figlio di Dio e Salvatore del mondo.

Giorno dopo giorno noi siamo consapevoli della sfida delle parole di Cristo dette prima dell'Ascensione: "Andate in tutto il mondo. Predicate il Vangelo ad ogni creatura" (Mc 16,15). Come Vescovi con questo mandato noi sappiamo cosa significhi l'esperienza del limite, il trovare opposizioni, affrontare l'ingiustizia e sentire gli effetti del peccato. Siamo comunque ripieni di speranza nella nostra opera, e accettiamo il nostro incarico con le parole di Dio: "Virtus in infirmitate perficitur" (2Co 12,9). Questo, fratelli, era anche il convincimento di tutti i Vescovi del mondo all'inizio del Concilio Vaticano II.

Nel loro messaggio d'apertura dissero: "Certamente noi manchiamo di risorse umane e di potere terreno. Ma noi mettiamo la nostra speranza nel potere dello Spirito di Dio, promesso alla Chiesa dal Signore nostro Gesù Cristo" ("Messaggio a tutti gli uomini" dei Padri Conciliari, 20 ottobre 1962).

Questo deve sempre essere il nostro atteggiamento, specialmente oggi, mentre attendiamo, nell'unità della fratellanza apostolica, insieme con Maria, la Madre di Gesù, di ricevere nuovamente alla Pentecoste il dono di Spirito del Padre, per proseguire a rendere testimonianza a Gesù e per continuare tra la nostra gente il suo compito di Buon Pastore.

La scorsa domenica ho avuto la gioia di ordinare ventisei nuovi Vescovi fra cui l'ausiliare di Calcutta. Non ho potuto fare a meno di riflettere sul profondo significato del rito dell'ordinazione quando esaminavo i candidati e chiedevo: "Siete decisi, come padri devoti, a sostenere il popolo di Dio e a guidarlo sulla strada della salvezza collaborando con i sacerdoti e i diaconi che condividono il vostro ministero?". Queste sono infatti due parole chiave: sostenere e guidare. Il nostro ministero pastorale esercitato in stretta unione con i nostri collaboratori è soprattutto orientato al bene del popolo di Dio, la maggioranza del quale è composta dal nostro diletto laicato. Per esso noi diamo la nostra vita, come padri devoti, per sostenerlo e guidarlo sulla via della salvezza. Paolo VI completa la nostra comprensione della realtà della nostra paternità spirituale quando scrive nell'"Ecclesiam suam": "Elevandoci a pastori, padri e insegnanti degli uomini, dobbiamo contemporaneamente divenirne i loro fratelli". così nella fratellanza che dobbiamo sforzarci di esternare, Gesù Cristo è davvero il nostro modello supremo, egli che è l'Unigenito Figlio di Dio, ma che divenne e fu giustamente chiamato "il primogenito tra i molti fratelli" (Rm 8,29).

In questo tempo di Pentecoste sosteniamo la nostra gente trasmettendole l'insegnamento di Cristo stesso: "Non temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto di darvi il suo Regno" (Lc 12,32). In particolare a questo proposito vogliamo sottolineare la dignità del laicato nella comunità della Chiesa. Di primaria importanza sotto questo aspetto è il fatto che col Battesimo e la Cresima il Signore stesso chiama i laici a condividere la missione salvifica della Chiesa (cfr. LG 33). Non vi sono dunque ragioni pragmatiche che ci forzano a sostenerli e a guidarli nel loro apostolato, ma la vera volontà di Cristo per il suo popolo, per la sua Chiesa. In tante circostanze i laici sono gli araldi immediati della fede che danno autentica testimonianza al Regno di Dio, che deve ancora manifestarsi nella sua pienezza.

Spetta al laicato disporre le questioni temporali nella giustizia e nella pace, nell'equilibrio e nella libertà, nella verità e nell'amore, in sintonia con il piano divino della creazione e redenzione. Come il lievito, essi sono chiamati a lavorare per la santificazione del mondo, per la santificazione del mondo dall'interno, iniziando dalle loro stesse famiglie. Tutti i loro sforzi, le lotte e le sofferenze, in favore del regno di Dio, hanno un immenso valore quando vengono unite al sacrificio di Cristo. Nell'esempio del laico, il mondo deve vedere l'amore di Cristo manifestato nelle sue membra. La natura della Chiesa come comunità di oranti viene immediatamente percepita attraverso le assemblee di fedeli riuniti per l'adorazione e la lode del Signore.

Nella comunità dei fedeli - che devono sempre mantenere l'unità cattolica con i Vescovi e la Sede Apostolica - ci sono grandi approfondimenti di fede. Lo Spirito Santo è attivo nell'illuminare le menti dei fedeli con la sua verità e nell'infiammare i loro cuori del suo amore. Ma queste intuizioni di fede e questo "sensus fidelium" non sono indipendenti dal magistero della Chiesa, che è strumento dello stesso Spirito Santo e che è da lui assistito. Solo se i credenti sono nutriti dalla parola di Dio, fedelmente trasmessa nella sua purezza e integrità, i loro particolari carismi diventano operativi e fruttuosi. Quando la parola di Dio viene fedelmente proclamata alla comunità ed è accettata, essa porta frutti di giustizia e santità di vita, in abbondanza. Ma il dinamismo della comunità nel comprendere e nel vivere la parola dipende dalla sua intatta accoglienza del "depositum fidei"; e, a questo preciso scopo, alla Chiesa è stato donato un particolare carisma apostolico e pastorale. E' lo stesso ed unico Spirito di verità che dirige i cuori dei fedeli e che garantisce il magistero dei pastori del gregge.

Uno dei più grandi servizi che noi possiamo rendere al nostro popolo è annunciargli giorno per giorno "le imperscrutabili ricchezze di Cristo" (Ep 3,8) rilevando che il Cristianesimo è un messaggio unico e originale di salvezza che si trova nel nome di Gesù Cristo e nel suo nome soltanto.

Fratelli, ciascuno di noi deve ripetutamente confermare il si della sua ordinazione episcopale: dobbiamo essere decisi nel sostenere il popolo di Dio e nel guidarlo sulla strada della salvezza. Per adempiere a questo compito pensiamo a Gesù che trasmette ai suoi discepoli il grande tesoro delle parole del Padre: "Ego dedi eis sermonem tuum" (Jn 17,14). Siamo chiamati a continuare la sua rivelazione del Padre, a trasmettere la parola di Dio.

Mentre esortiamo sempre di più la nostra gente a un servizio indiscriminato ai loro fratelli e all'amore universale, desideriamo che essi realizzino la grande dignità, che è loro propria come discepoli di Cristo, e l'effettiva conseguenza di questa discepolanza nella loro vita quotidiana. Con umiltà, ma con profonda convinzione, dobbiamo prendere posizione trasmettendo chiaramente l'esortazione di san Paolo: "Non conformatevi alla mentalità di questo secolo" (Rm 12,2).

Tutto questo, fratelli, descrive la sfida posta ai nostri laici, i quali devono coraggiosamente prendere il loro posto nell'unione d'amore con i loro Vescovi nel "pusillus grex"; tutto ciò chiarisce gli obiettivi dell'educazione seminariale che dobbiamo predisporre; tutto ciò sottolinea i compiti sacerdotali della vera evangelizzazione e ci fa maggiormente partecipi del nostro ministero pastorale di Vescovi della Chiesa di Dio.

Cari fratelli, proseguiamo - proseguiamo insieme: tra noi e con il nostro clero - nel nome di Gesù: forti nella nostra comunione di fede e d'amore, sereni di fronte agli ostacoli, perseveranti nella preghiera con Maria e a Maria, e, come padri e fratelli, sostenendo i nostri fedeli nella loro significativa vocazione di Cristiani, guidandoli sulla via della salvezza.

Insieme a tutta la Chiesa attendiamo lo Spirito Santo, il solo in grado di sopperire alla nostra debolezza e di portare a compimento e perfezione il ministero di fede che noi esercitiamo nel nome del nostro Signore Gesù Cristo, al quale sia reso onore e gloria, nei secoli dei secoli. Amen.

Data: 1979-05-31

Data estesa: Giovedì 31 Maggio 1979.





A conclusione del mese di maggio - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La Visitazione di Maria mistero di gioia

Testo: "E beata colei che ha creduto nell'adempimento delle parole del Signore" (Lc 1,45).

1. Con questo saluto, l'anziana Elisabetta esalta la giovane parente Maria, che è venuta, umile e pudica, a prestarle i suoi servigi. Sotto l'impulso dello Spirito Santo, la madre del Battista per prima inizia a proclamare, nella storia della Chiesa, le meraviglie che Iddio ha operato nella fanciulla di Nazaret, e vede pienamente realizzata in Maria la beatitudine della fede, perché essa ha creduto nell'adempimento della parola di Dio.

Alla chiusura del mese mariano, in questa splendida sera romana, presso questo luogo che ci richiama la grotta di Lourdes, dobbiamo riflettere, sorelle e fratelli carissimi, a quello che è stato l'atteggiamento interiore fondamentale della Vergine santissima nei confronti di Dio: la sua fede. Maria ha creduto! Ha creduto alle parole del Signore trasmesse dall'angelo Gabriele; il suo cuore purissimo, già tutto donato a Dio fin dall'infanzia, all'Annunciazione si è dilatato nel "fiat" generoso incondizionato con cui ella ha accettato di diventare la Madre del Messia e Figlio di Dio: da quel momento ella, inserendosi ancor più profondamente nel piano di Dio, si farà condurre per mano dalla misteriosa Provvidenza e per tutta la vita, radicata nella fede, seguirà spiritualmente il suo Figlio, diventandone la prima e perfetta "discepola" e realizzando quotidianamente le esigenze di tale sequela, secondo le parole di Gesù: "Chi non porta la propria croce e non viene dietro di me, non può essere mio discepolo" (Lc 14,27).

Così Maria avanzerà per tutta la vita nella "peregrinazione della fede" (cfr. LG 58), mentre il suo dilettissimo Figlio, incompreso, calunniato, condannato, crocifisso, le traccerà, giorno dopo giorno, una strada dolorosa, premessa necessaria a quella glorificazione, cantata nel "Magnificat": "Tutte le generazioni mi chiameranno beata" (Lc 1,48). Ma prima, Maria dovrà salire anch'essa sul Calvario per assistere, dolorosa, alla morte del suo Gesù.


2. L'odierna festa della Visitazione ci presenta un altro aspetto della vita interiore di Maria: il suo atteggiamento di umile servizio e di amore disinteressato per chi si trova nel bisogno. Essa ha appena conosciuto dall'angelo Gabriele lo stato della sua parente Elisabetta, e subito si mette in viaggio verso la montagna per raggiungere "in fretta" una città di Giuda, l'odierna "Ain Karem".

L'incontro delle due Madri è anche l'incontro tra il Precursore e il Messia, che, per la mediazione della sua Madre, comincia ad operare la salvezza facendo sussultare di gioia Giovanni il Battista ancora nel grembo della madre.

"Nessuno mai ha visto Dio; se ci amiamo gli uni gli altri, Dio rimane in noi... Questo è il comandamento che abbiamo da lui: chi ama Dio, ami anche il suo fratello" (1Jn 4,1


2.21), dirà S Giovanni evangelista.

Ma chi, meglio di Maria, aveva attuato questo messaggio? E chi, se non Gesù, che ella portava in grembo, la spingeva, la spronava, la ispirava a questo continuo atteggiamento di servizio generoso e di amore disinteressato verso gli altri? "Il Figlio dell'Uomo... non è venuto per essere servito, ma per servire" (Mt 20,28), dirà Gesù ai suoi discepoli; ma sua Madre aveva già perfettamente realizzato questo atteggiamento del Figlio. Riascoltiamo il celebre commento, pieno di spirituale unzione, che sant'Ambrogio fa del viaggio di Maria: "Gioiosa di compiere il suo desiderio, delicata nel suo dovere, premurosa nella sua gioia, si affretto verso la montagna. Dove, se non verso le cime, doveva tendere premurosamente Colei, che già era piena di Dio? La grazia dello Spirito Santo non conosce ostacoli, che ritardino il passo" (S. Ambrogio, "Expositio Evangelii secundum Lucam", II,19: CCL 14, p. 39).

E se riflettiamo con particolare attenzione sul brano della Lettera ai Romani, ascoltato poco fa, ci accorgiamo che ne emerge una efficace immagine del comportamento di Maria santissima, per la nostra edificazione: la sua carità non ebbe finzioni; amava profondamente gli altri; fervente nello spirito, serviva il Signore; lieta nella speranza; forte nella tribolazione, perseverante nella preghiera; sollecita per le necessità dei fratelli (cfr. Rm 12,9-13).


3. "Lieta nella speranza": l'atmosfera che pervade l'episodio evangelico della Visitazione è la gioia, il mistero della Visitazione è un mistero di gioia.

Giovanni il Battista esulta di gioia nel grembo di santa Elisabetta; questa, colma di letizia per il dono della maternità, prorompe in benedizioni al Signore; Maria eleva il "Magnificat", un inno tutto traboccante della gioia messianica.

Ma quale è la misteriosa, nascosta sorgente di tale gioia? E' Gesù, che Maria ha già concepito per opera dello Spirito Santo, e che comincia già a sconfiggere quella che è la radice della paura, dell'angoscia, della tristezza: il peccato, la più umiliante schiavitù per l'uomo.

Stasera celebriamo insieme la chiusura del mese mariano del 1979. Ma il mese di maggio non può terminare; deve continuare nella nostra vita, perché la venerazione, l'amore, la devozione alla Madonna non possono scomparire dal nostro cuore, anzi debbono crescere ed esprimersi in una testimonianza di vita cristiana, modellata sull'esempio di Maria, "il nome del bel fior ch'io sempre invoco / e mane e sera", come canta il poeta Dante Alighieri ("Paradiso", XXIII 88).

O Vergine Santissima, Madre di Dio, Madre di Cristo, Madre della Chiesa, guardaci clemente in quest'ora! "Virgo Fidelis", Vergine Fedele, prega per noi! Insegnaci a credere come hai creduto tu! Fa' che la nostra fede in Dio, in Cristo, nella Chiesa, sia sempre limpida, serena, coraggiosa, forte, generosa.

"Mater Amabilis", Madre degna di amore! "Mater pulchrae dilectionis", Madre del bell'amore, prega per noi! Insegnaci ad amare Dio e i nostri fratelli, come tu li hai amati: fa' che il nostro amore verso gli altri sia sempre paziente, benigno, rispettoso.

"Causa nostrae laetitiae", Causa della nostra gioia, prega per noi! Insegnaci a saper cogliere, nella fede, il paradosso della gioia cristiana, che nasce e fiorisce dal dolore, dalla rinuncia, dall'unione col tuo Figlio crocifisso: fa' che la nostra gioia sia sempre autentica e piena, per poterla comunicare a tutti! Amen! Data: 1979-05-31

Data estesa: Giovedì 31 Maggio 1979.






GPII 1979 Insegnamenti - Recita del Regina Coeli - Città del Vaticano (Roma)