GPII 1979 Insegnamenti - Recita dell'Angelus - Città del Vaticano (Roma)

Recita dell'Angelus - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: L'umiltà è sottomissione creativa alla forza della verità e dell'amore

Testo:

1. "Inclinate capita vestra Deo!".

Questa esortazione ci giungeva, come sapete, nel periodo di Quaresima: "Inchinate il vostro capo davanti a Dio!". E così facciamo. Il primo gesto liturgico con cui l'abbiamo iniziato è stato proprio l'atto di inchinare il capo lo scorso Mercoledì delle ceneri. Abbiamo inchinato il capo per ricevere le ceneri: "Ricordati che sei polvere e in polvere tornerai" (Gn 3,19), espressione questa della nostra mortalità; e nello stesso tempo segno della nostra disposizione alla penitenza e alla conversione: "Convertitevi e credete al Vangelo" (Mc 1,15).

L'inchino del capo può essere interpretato come un gesto di umiliazione o di rassegnazione. L'inchino del capo dinanzi a Dio è segno di umiltà. L'umiltà pero non si identifica con l'umiliazione o con la rassegnazione. Non va di pari passo con la pusillanimità. Tutt'al contrario. L'umiltà è sottomissione creativa alla forza della verità e dell'amore. L'umiltà è rigetto dell'apparenza e della superficialità; è l'espressione della profondità dello spirito umano; è condizione della sua grandezza.

Ce lo ricorda anche sant'Agostino, il quale in un sermone così dice: "Magnus esse vis? A minimo incipe. Cogitas magnam fabricam construere celsitudinis? De fundamento prius cogita humilitatis". "Vuoi essere grande? Incomincia dal minimo. Hai in animo di costruire un grande edificio, che si elevi molto in alto? Tieni conto anzitutto del fondamento dell'umiltà" (S. Agostino, "Serm". 69, 2: PL 38, 441).

Forse questo modo di pensare è lontano da molte manifestazioni della mentalità contemporanea. Spesso siamo affascinati da valori apparenti, dalle grandezze esteriori, da ciò che è sensazionale, che agita la superficie della nostra psiche. L'uomo diventa, in un certo senso, unidimensionale, staccato dalla propria profondità. Costruisce su fondamenti poco profondi. E spesso soffre per la distruzione di ciò che ha costruito in se stesso così superficialmente. La Quaresima richiede un approfondimento della nostra costruzione interna. E proprio da questo proviene l'invito all'umiltà, virtù così significativa in tutto il messaggio evangelico. La virtù così propria di Cristo.

"Inclinate capita vestra Deo!".

Inchiniamo il capo: affinché possa abbracciarci la forza creativa della verità e dell'amore. E la forza della liberazione. La forza, mediante la quale l'uomo si rialza, grazie alla quale cresce.


2. Oggi, 4 marzo, il mio pensiero si rivolge anche al santo comunemente venerato dai Polacchi e dai Lituani: san Casimiro, figlio della reale famiglia degli Jagelloni. Nel raccomandare a lui ambedue le sue Patrie terrestri, sento di soddisfare anche a un bisogno del cuore.


3. Desidero inoltre esprimere la mia viva partecipazione e paterna solidarietà al dramma delle popolazioni napoletane colpite dalla malattia e dalla morte di tanti bambini: prego di cuore il Signore affinché faccia presto cessare tale dolorosa prova e ridoni loro serenità e gioia di vivere.


4. E insieme a voi desidero rinnovare all'Onnipotente la supplica vivissima perché ispiri e aiuti l'impegno di tutti i responsabili a spegnere ogni focolaio di guerra e ad assicurare a tutti i popoli il dono inestimabile della pace.

Data: 1979-03-04

Data estesa: Domenica 4 Marzo 1979.





Terminati gli Esercizi Spirituali - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: I grandi temi della fede e della vita

Testo: Cari fratelli! In questo momento vogliamo insieme esprimere soprattutto la nostra gratitudine a Cristo Signore che, durante i giorni passati, ci ha riuniti in questo luogo, nella cappella vaticana di Santa Matilde, nella quale il Papa e i suoi collaboratori più vicini hanno partecipato agli Esercizi Spirituali di Quaresima.

Questi Esercizi costituiscono un tempo particolare della grazia di Dio per noi. Costituiscono il dono quaresimale che ci ha preparato il nostro Signore e Maestro. Essi ci sono tanto indispensabili, le nostre anime li aspettavano con desiderio grande.

Fra i molti lavori, fra gli importanti doveri ai quali attendiamo, ognuno di noi apprezza in modo particolare i giorni che ci permettono di guardare esclusivamente ai problemi più essenziali e di applicare, in un certo senso, a tutte le altre vicende, di cui è composta la nostra vita quotidiana, la più profonda misura che e Cristo stesso.

Il nostro Padre predicatore degli Esercizi ha cercato innanzitutto di far vedere a tutti Cristo. Per questo gli siamo cordialmente grati, e io adesso esprimo questa gratitudine a nome di tutti i partecipanti. Il Padre moderatore si è posto, insieme a noi, le questioni fondamentali, potremmo dire, le questioni eterne: le ha poste in maniera antica, eppure sempre fresca e nuova. Queste domande, infatti, non perdono mai la loro attualità, non scadono mai e noi le ascoltiamo sempre come problemi nuovi e originali: "Cur Deus homo?", "Cur Deus panis?", "Quomodo Christum praedicare?". Il Padre predicatore di questi Esercizi ha delineato i grandi temi della nostra fede, della nostra vita, del nostro ministero, illustrandoli con le proprie esperienze pastorali e riferendosi agli aspetti caratteristici dei tempi nostri. Ha lasciato spazio alla riflessione di ciascuno. E' stato sincero con il suo uditorio particolare.

Ha seguito la grande corrente del pensiero e della vita della Chiesa contemporanea, rimanendo pur sempre in questo luogo concreto, che era il nostro "cenacolo" di Esercizi Spirituali con gli uomini che in esso si sono riuniti, cioè noi.

Ogni opera umana è sulla misura dell'uomo. Nell'opera degli Esercizi Spirituali la cosa più importante è sempre questa, che l'uomo sia un messaggero fedele. Proprio come ha detto il nostro Padre moderatore la prima sera, riferendosi all'"Angelus": non è importante il nome di questo messaggero, ciò che conta è il messaggio stesso.

La cosa più importante è che questo messaggio giunga al cuore, che sprofondi nel terreno dell'anima e che lavori a lungo in questo terreno nel quale è stato gettato, così come si getta il grano.

In questo i nostri desideri si incontrano, e proprio con questi auguri voglio ringraziare il Reverendo Padre. Questi auguri sono nello stesso tempo per noi, per i partecipanti. Li esaudisca Cristo Signore per l'intercessione della sua Madre, alla quale il Reverendo Padre dirigeva spesso la nostra attenzione, riferendosi alla figura del beato Massimiliano Kolbe. Questa benedizione finale diventi per noi tutti il pegno dell'adempimento di questi auguri, che ci formuliamo gli uni gli altri alla fine degli Esercizi Spirituali.

Data: 1979-03-10

Data estesa: Sabato 10 Marzo 1979.





Recita dell'Angelus - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Annuncio della prima enciclica

Testo:

1. Quando chiniamo il capo davanti a Dio - come ho già accennato la settimana scorsa, all'inizio della Quaresima: "Inclinate capita vestra Deo" - Dio ci comanda, poi, di alzarlo per scorgere Cristo. Dio infatti vuole che chiniamo il capo davanti a lui, ma non vuole che camminiamo con gli occhi fissi a terra. Egli ci dice: "Venite e vedrete" (Jn 1,39). Anche i primi discepoli s'incoraggiavano a vicenda con le parole: "Vieni e vedi" (Jn 1,46), "Abbiamo trovato il Messia" (Jn 1,41). Cristo è Colui che ci guarda negli occhi e vuole che anche noi Lo guardiamo negli occhi: "Chi ha visto me ha visto il Padre" (Jn 14,9). Siamo chiamati a vedere Dio, siamo continuamente chiamati a guardare Cristo.

Una tale chiamata per noi, che abbiamo partecipato agli Esercizi quaresimali durante quest'ultima settimana, sono state le meditazioni del padre Faustino Ossanna, OFM Conv. Egli ha cercato di far convergere lo sguardo delle nostre anime su Cristo, che vive in noi per mezzo del Vangelo, per mezzo della grazia della redenzione; su Cristo che si abbandona alle nostre mani di sacerdoti nell'Eucaristia; su Cristo che vive nella Chiesa...

Tutti, durante la Quaresima, siamo chiamati a guardare con maggiore frequenza il Cristo, a guardarlo con più grande perspicacia, con più intenso amore, con più ferma speranza, per sentire il suo sguardo che si posa sulla nostra coscienza, sulla nostra vita. E' lo sguardo dell'Amico, lo sguardo del Maestro, lo sguardo del Fratello.


2. Verso Cristo Signore, che è il "Redentore dell'uomo", "Redemptor hominis", desidero che si rivolga lo sguardo della Chiesa e del mondo nella mia prima enciclica, che reca la data del 4 marzo del corrente anno, prima domenica di Quaresima e che sarà resa pubblica giovedi prossimo. Ho cercato di esprimere in essa ciò che ha animato e anima continuamente i miei pensieri e il mio cuore sin dall'inizio del pontificato che, per inscrutabile disegno della Provvidenza, ho dovuto assumere il 16 ottobre dell'anno scorso. L'enciclica contiene quei pensieri che allora, all'inizio di questa nuova via, urgevano con particolare forza nel mio animo, e che senz'altro, già anteriormente, erano andati maturando in me, durante gli anni del mio servizio sacerdotale, e poi di quello episcopale. Ritengo che, se Cristo mi ha chiamato così, con tali pensieri, con tali sentimenti, è perché ha voluto che questi richiami dell'intelletto e del cuore, queste espressioni di fede, di speranza e di carità trovassero risonanza nel mio nuovo ed universale ministero, sin dal suo inizio. Pertanto, come vedo e sento il rapporto tra il Mistero della Redenzione in Cristo Gesù e la dignità dell'uomo, così vorrei tanto unire la missione della Chiesa col servizio all'uomo, in questo suo impenetrabile mistero. Vedo in ciò il compito centrale del mio nuovo servizio ecclesiale.

Se lo confido oggi a voi, è perché vorrei domandare con voi alla Madre della Chiesa e Sede della Sapienza di accogliere questo mio primo lavoro per il bene della Chiesa e dell'uomo dei nostri tempi. affinché insieme si possa guardare Cristo. in questa particolare ora della storia, alzando a lui lo sguardo della nostra fede e della nostra speranza.


3. Vorrei adesso invitare tutti i presenti ad unirsi a me in una particolare preghiera di suffragio per l'anima eletta del Cardinale Giovanni Villot, mio Segretario di Stato, chiamato l'altro ieri dal Signore al premio eterno. I brevi, ma intensi mesi di collaborazione in questo primo periodo di pontificato mi hanno permesso di ammirarne la fede profonda, il raro equilibrio, l'amore sincero alla Chiesa, la dedizione instancabile al dovere. La sua improvvisa dipartita ha suscitato nel mio cuore profondo dolore. Voglia Dio accogliere nella sua pace questo suo fedele servitore.


4. Né potrei, per ultimo, omettere di dirvi, sia pure brevemente, con quanta attenzione sto seguendo il nuovo sforzo in atto allo scopo di portare a pacifica composizione l'annosa crisi del Medio Oriente.

Conosco le differenti e addirittura contrastanti posizioni che si manifestano al riguardo. Ma l'amore che il Papa porta alla pace non può che fargli augurare e sperare vivamente che questa possa essere assicurata dovunque, nella giusta considerazione dei diritti e delle legittime aspirazioni di tutti i popoli interessati. Ripetiamo dunque, senza stancarci e senza perderci d'animo, la nostra comune preghiera alla Regina della Pace.

Ai membri della "Lafayette Higt School Symphonic Band" Oggi è qui un gruppo numeroso di giovani degli Stati Uniti d'America.

Sono gli allievi della Scuola Superiore Lafayette della Louisiana, compresi i componenti della loro banda musicale. Saluto ciascuno di voi.

Io spero che potrete tornare alle vostre case con nuovo entusiasmo e con una rinnovata decisione a contribuire in maniera personale per costruire un mondo migliore - un mondo di giustizia e pace, di bontà rispetto ed amore.

Vi ringrazio per la vostra visita e per la vostra musica. Dio benedica voi e i vostri genitori, fratelli e sorelle, Iddio benedica l'America! Ad un gruppo di religiose Si distingue nella Piazza il folto gruppo di religiose, che si sono riunite in questi giorni per studiare l'approfondimento della loro specifica spiritualità. Ad esse vada un pensiero, un saluto, una Benedizione speciale.

Data: 1979-03-11

Data estesa: Domenica 11 Marzo 1979.





Omelia nella chiesa di San Basilio (Roma)

Titolo: Dalla fede in Cristo nasce la nostra speranza

Testo: Carissimi fratelli e sorelle

1. Per prima cosa, desidero salutarvi tutti cordialmente. La visita alla vostra parrocchia mi dà la possibilità di formulare a viva voce questo saluto e di riceverne anche la risposta dalla vostra viva voce. Questo saluto e questa risposta provengono dalla coscienza di quella particolare unità che formiamo nella Chiesa di Gesù Cristo, e specialmente nella diocesi di Roma. Salutandoci a vicenda, esprimiamo questa unità che ha un valore non soltanto "organizzativo". La vostra parrocchia, la parrocchia di San Basilio, è non solo una parte costitutiva di tutta la diocesi di Roma, ma si inserisce autenticamente in quell'unità che è la Chiesa: resa illustre, qui a Roma, da san Pietro e da san Paolo, essa è istituita dagli Apostoli di Cristo Signore, e affonda le radici in modo particolare nel "fondamento" della nostra salvezza che è Cristo (cfr. 1Co 3,10 1Co 3,11) e nella fede in lui. Quel fondamento è tale che al di fuori di esso non ne esiste altro, e nessuno può porne uno "diverso da quello che già vi si trova" (1Co 3,11). "Uno solo, infatti, è Dio e un solo il mediatore fra Dio e gli uomini, l'uomo Cristo Gesù" (1Tm 2,5).


2. Nello spirito di questa unità vi porgo il mio saluto e ricevo il vostro, la vostra risposta, che è una risposta di fede. Essa è particolarmente significativa nel tempo di Quaresima, in cui tutti viviamo più a fondo la realtà stessa del nostro "crescere" sulla base di Gesù Cristo, della sua passione e morte, della sua redenzione. Qui, a Roma, le tracce di questo "crescere" a partire da Cristo sono particolarmente forti ed eloquenti.

In occasione di questo nostro incontro, saluto il Cardinale Vicario, il Vescovo Monsignor Oscar Zanera, che in questo periodo sta compiendo una visita pastorale più lunga e approfondita alla vostra parrocchia. Saluto i vostri pastori, i preti che lavorano in mezzo a voi, le suore, i vari collaboratori pastorali, tutti i parrocchiani, anche quelli oggi assenti, e in particolare coloro che formano i diversi gruppi di impegno ecclesiale. Tutti insieme, voi potete offrire una testimonianza cristiana sempre più luminosa in questo amato quartiere della periferia di Roma, che ha ancora bisogno di molti interventi per migliorare la qualità della vita.

Desidero insieme con voi tutti vivere oggi, nella seconda domenica di Quaresima, la grazia particolare di questo incontro nella fede, che è la visita del Vescovo alla parrocchia.


3. Questo è un incontro nella fede, il cui contenuto ci viene precisato dalla parola di Dio della liturgia di oggi. Contenuto forte, profondo ed essenziale.

Ascoltando la lettera di san Paolo ai Romani troviamo subito la realtà-chiave della fede. "Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi? Egli che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha dato per tutti noi, come non ci donerà ogni cosa insieme con lui? Chi accuserà gli eletti di Dio? Dio giustifica. Chi condannerà? Cristo Gesù, che è morto, anzi, che è risuscitato, sta alla destra di Dio e intercede per noi" (Rm 8,31-34).

Dio è con noi Dio è con noi! Dio è con l'uomo! Con l'umanità. La prova unica e completa di ciò è e rimane sempre questa: "Non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha dato per tutti noi" (Rm 8,32).

Per mettere ancor più in rilievo questa verità, la liturgia si riferisce al libro della Genesi: al sacrificio d'Isacco. Quando Dio ha chiesto ad Abramo questa offerta, voleva in un certo modo preparare la coscienza del Popolo eletto al sacrificio che poi avrebbe compiuto suo Figlio. Dio ha risparmiato Isacco e ha risparmiato anche il cuore di suo padre Abramo. Ma "non ha risparmiato il proprio Figlio!". Abramo è divenuto "padre della nostra fede", perché, con la prontezza al sacrificio del figlio Isacco, ha preannunziato il sacrificio di Cristo, che sulle vie della fede di tutta l'umanità costituisce un momento-vertice. Noi tutti ne siamo consapevoli. Questa coscienza vivifica le nostre anime particolarmente durante la Quaresima. Questa coscienza plasma la nostra vita cristiana sin dalle più profonde radici. La plasma dall'inizio alla fine.

Dio è con noi attraverso la croce di suo Figlio. E questa è anche la prima fonte della nostra forza spirituale. Quando l'Apostolo chiede: "se Dio è per noi, chi sarà contro di noi?", con questa domanda abbraccia tutto, e tutti coloro che possono essere un pericolo per il nostro spirito, per la nostra salvezza. "Chi condannerà? Cristo Gesù? Egli è morto, anzi è risuscitato, sta alla destra di Dio e intercede per noi" (Rm 8,34).

Dalla fede in Cristo, nella sua croce e risurrezione nasce la speranza.

Grande fiducia! Sia essa la nostra forza, particolarmente nei momenti difficili della vita.


4. Il mio pensiero e la mia parola vanno in special modo a tutti coloro che si trovano in difficoltà di vario genere: a quelli che soffrono nel corpo e nello spirito; a quelli che subiscono prove di carattere sociale, come esperienze negative sul lavoro o malintesi in famiglia; a quei giovani, che forse stanno passando un momento di crisi; a coloro che affrontano con impegno difficoltà di natura pastorale, come l'incomprensione o la tiepidezza per i valori spirituali e la resistenza allo Spirito Santo. In Cristo, tutti hanno diritto a sperare.

La speranza che nasce dalla fede Nel Vangelo di oggi troviamo una particolare manifestazione di quella speranza, che nasce dalla fede in Gesù Cristo. Proprio nel tempo di Quaresima la Chiesa ci rilegge il Vangelo della Trasfigurazione del Signore. Questo evento infatti ha avuto luogo al fine di preparare gli Apostoli alle prove difficili del Getsemani, della Passione, dell'umiliazione della flagellazione, dell'incoronazione di spine, della Via Crucis, del Calvario. Gesù voleva in questa prospettiva dimostrare ai suoi Apostoli più intimi lo splendore della gloria che rifulge in lui, che il Padre gli conferma con la voce dall'alto, rivelando la sua figliolanza divina e la sua missione: "Questi è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto. Ascoltatelo" (Mt 17,5).

Lo splendore della gloria della Trasfigurazione abbraccia quasi tutta l'antica alleanza e arriva agli occhi pieni di stupore degli Apostoli, che sarebbero diventati maestri di quella fede che fa nascere la speranza: di quegli Apostoli, che avrebbero dovuto annunziare tutto il mistero di Cristo.

"Signore è bello per noi restare qui" (Mt 17,4), esclamano Pietro, Giacomo e Giovanni, come se volessero dire: Tu sei l'incarnazione della speranza, alla quale anela l'anima umana e il corpo umano! Speranza che è più forte della croce e del Calvario! Speranza che dissipa le tenebre della nostra esistenza, del peccato, della morte.

E' bello per noi stare qui: con te! La vostra parrocchia sia e divenga sempre più il luogo, la comunità dove gli uomini, approfondendo per mezzo della fede il mistero di Cristo, acquisteranno più fiducia, più consapevolezza del valore e del senso della vita, e ripeteranno a Cristo: "E' bello per noi stare qui": con te. Qui, in questo tempio. Davanti a questo tabernacolo. E non soltanto qui, ma forse in un letto di ospedale; forse nei posti di lavoro; a tavola nella comunità della famiglia. Dappertutto.

Nel prossimo mese di ottobre si svolgerà nella vostra parrocchia la Missione. Si tratta di un particolare dono del Signore in quest'anno, nel quale ricorre il venticinquesimo di fondazione della vostra comunità parrocchiale.

Numerosi padri Cappuccini, altri gruppi di religiosi e di laici, insieme con i sacerdoti della parrocchia, cercheranno di mettersi in contatto personale con tutti i fedeli, per proclamare il messaggio di Gesù nella sua purezza e per aiutare ciascuno di voi a realizzarlo pienamente nella propria vita di ogni giorno, con generosità, con impegno, con entusiasmo. Parecchie anime contemplative già pregano e si sacrificano per questa meravigliosa iniziativa spirituale, che, non dubito, porterà abbondanti frutti di grazia. Anch'io unisco la mia preghiera al Signore perché tutti i membri di questa parrocchia rispondano con piena disponibilità all'invito misterioso dello Spirito Santo, che farà sentire il suo pressante appello a vivere una vita veramente nuova in Cristo, trasfigurati in lui.

Data: 1979-03-11

Data estesa: Domenica 11 Marzo 1979.





Ai ragazzi della parrocchia di San Basilio (Roma)

Titolo: Prima di tutto vi dico che Gesù vi ama

Testo: Carissimi.

E' per me una grande gioia questo incontro riservato a voi giovani, qui nel vostro campo sportivo, dove vi date appuntamento per giocare e per allenarvi, e dove soprattutto potete conoscervi e intrecciare tra di voi fraternità e amicizia. Anche voi, giovani di questa parrocchia, che fate parte dell'immensa diocesi di Roma, siete affidati alle mie responsabilità pastorali e al mio amore di Padre e di Pastore! E potete immaginare quanto io senta questa sollecitudine e questo amore per voi, insieme col Cardinale Vicario e con i vostri Sacerdoti! Vedendo che vi affacciate alla vita così pieni di speranza e di attese, non si può non rimanere commossi e, in pari tempo, anche pensierosi e preoccupati per il vostro avvenire. E allora che cosa vi diro che possa assicurarvi la gioia che Gesù ci ha portato e che nessuno vi potrà togliere?

1. Prima di tutto vi dico che Gesù vi ama! Questa è la verità più bella e più consolante! Questa è la verità che vi annunzia il Vicario di Cristo: Gesù vi ama! Io mi auguro che siano tante le persone che vi vogliono bene e di cuore auspico che ognuno di voi sia contento trovando bontà, affetto, comprensione in tutti e da tutti. Ma dobbiamo anche essere realisti e tenere presente la situazione umana come è. E allora molte volte può capitare di sentire nell'animo un senso di vuoto, di malinconia, di tristezza, di insoddisfazione. Magari abbiamo tutto, ma manca la gioia! Soprattutto è terribile vedere intorno a noi tanta sofferenza, tanta miseria, tanta violenza.

Ebbene, proprio in questo dramma dell'esistenza e della storia umana risuona perenne il messaggio del Vangelo: Gesù vi ama! Gesù è venuto su questa terra per rivelarci e garantirci l'amore di Dio! E' venuto per amarci e per essere amato. Lasciatevi amare da Cristo! Gesù non è soltanto una figura eccelsa della storia umana, un eroe, un uomo rappresentativo: egli è il Figlio di Dio, come ci ricorda l'avvenimento strepitoso della Trasfigurazione di cui ci parla il Vangelo della Messa di oggi; egli è l'Emmanuele, il Dio con noi, l'amico divino che solo ha parole di vita eterna! Egli è la luce nelle tenebre; egli è la nostra gioia perché sappiamo che ama ognuno di noi, personalmente. "Che diremo dunque in proposito? - scriveva San Paolo ai Romani - se Dio è per noi, chi sarà contro di noi? Egli non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha dato per tutti noi... Cristo Gesù è morto, anzi è risuscitato, sta alla destra di Dio e intercede per noi..." (Rm 8,31-34).

Sempre, ma specialmente nei momenti di smarrimento e di angoscia, quando la vita e il mondo stesso sembrano crollare, non dimenticate le parole di Gesù: "Venite a me, voi tutti che siete affaticati e oppressi e io vi ristorero.

Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per le vostre anime. Il mio giogo infatti è dolce e il mio carico leggero!" (Mt 11,28-30).

Non scordate che Gesù ha voluto rimanere presente personalmente e realmente nell'Eucaristia, mistero immenso, ma realtà sicura, per concretizzare in modo autentico questo suo amore individuale e salvifico! Non dimenticate che Gesù ha voluto venirvi incontro mediante i suoi ministri, i Sacerdoti!

2. Inoltre, desidero dirvi che siamo attesi per l'Eterno Amore in paradiso! Dobbiamo pensare al paradiso! La carta della nostra vita cristiana la giochiamo puntando sul paradiso! Questa certezza e questa attesa non distoglie dai nostri impegni terreni, anzi li purifica e li intensifica, come ne è prova la vita di tutti i santi.

La nostra vita è un cammino verso il paradiso, dove saremo amati e ameremo per sempre e in modo totale e perfetto. Si nasce solo per andare in paradiso.

Il pensiero del paradiso deve rendervi forti contro le tentazioni, impegnati nella vostra formazione religiosa e morale, vigilanti circa l'ambiente in cui dovete vivere, fiduciosi che, se sarete uniti a Cristo, trionferete di ogni difficoltà.

Un grande poeta francese, convertito nella sua giovinezza, Paul Claudel, scriveva: "Il Figlio di Dio non è venuto a distruggere la sofferenza, ma a soffrire con noi. Non è venuto a distruggere la croce, ma a distendervisi sopra.

Ci ha insegnato la via di uscita dal dolore e la possibilità della sua trasformazione" (Paul Claudel, "Positions et propositions").

Prego la Vergine santissima che vi accompagni con la sua protezione.

Ella che ha donato al mondo il Salvatore, vi aiuti a prepararvi bene alla missione popolare, che si svolgerà nel prossimo mese di ottobre in questa vostra parrocchia. Non passi invano per ciascuno di voi questo momento di grazia.

Con questi voti ricevete la mia affettuosa benedizione apostolica.

Data: 1979-03-11

Data estesa: Domenica 11 Marzo 1979.





Lettera al Cardinale Sergio Guerri - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Per i cinquant'anni di sacerdozio

Testo: Al Nostro Venerabile Fratello S.E.R. Cardinale Sergio Guerri.

Abbiamo ben presente la fausta ricorrenza che si sta avvicinando per te, Venerabile Nostro Fratello: infatti alla fine di marzo celebrerai il tuo 50° di sacerdozio. Con la mente rivolta a tale giorno, ci sentiamo in dovere di scriverti questa lettera nell'intenzione di essere anche noi tra i tuoi più cari congiunti partecipi di questo momento per te così consolante, anzi di essere presenti in spirito e di lodare con fervida preghiera Dio, che ti ha dato il dono eccelso della vocazione.

Ci piace ricordare con te il tempo ormai lontano in cui, nell'anno 1929, hai ricevuto l'ordinazione sacerdotale e hai iniziato a spendere con generosità le forze della tua giovinezza al servizio della Chiesa. Sappiamo con quanta solerzia ed esperienza a lungo hai assolto alla tua funzione in questa Sede Apostolica; e sappiamo che per questo il nostro predecessore di recente memoria, Paolo VI, nell'anno 1969 ti ha voluto nel sacro Collegio dei Cardinali.

Quanti doni ti sono stati fatti da Dio in questo lungo periodo, quante opere hai intrapreso e compiuto con l'aiuto di Dio! Noi per l'affetto che ti portiamo ci congratuliamo con te con tutto il cuore di questo felice evento della tua vita, innalzando preghiere e facendo voti. Infatti la vocazione a cui hai risposto generosamente 50 anni fa, in questi anni si è corroborata ed è cresciuta, giacché, insignito della pienezza del sacramento dell'ordine, sei diventato "economo della grazia del supremo sacerdozio" (LG 26).

Oltre a tutto il resto ti torna ad onore il fatto che, nominato vice dal preside della Pontificia Commissione per la Città del Vaticano, hai svolto con la massima attenzione e cura il compito affidatoti.

Preghiamo dunque il Redentore misericordioso e la sua santissima Madre, di rendere il giorno dell'anniversario del tuo sacerdozio, che abbiamo voluto celebrare con questa lettera, il più lieto possibile. Ti esortiamo perciò, Venerabile Nostro Fratello, a considerare l'esortazione di sant'Agostino Vescovo di Ippona: "Nelle tue opere gratuito sia l'amore di Dio, benefico l'amore del prossimo" (S. Agostino, "Serm". 91,9) e perché tu possa imitare Cristo, il buon Pastore, ti invitiamo a considerare l'esortazione sempre di sant'Agostino che suona così: "Siamo presuli, e siamo servi; possiamo essere presuli solo se facciamo del bene" (S. Agostino, "Sermones post Maurinos reperti").

Questo volevamo esprimerti, Venerabile Nostro Fratello, con tutto il cuore. Ci ricorderemo di te in quel giorno, e già da ora invochiamo un futuro pieno di frutti e un fecondissimo esito del sacro ministero con la nostra benedizione apostolica, impartita a te e a tutti coloro che parteciperanno a tale celebrazione.

Data: 1979-03-11

Data estesa: Domenica 11 Marzo 1979.





A esponenti di Organizzazioni ebraiche - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Fraterno dialogo tra cristiani ed ebrei a vantaggio dell'umanità

Testo: Cari amici E' con grande piacere che saluto voi, presidenti e rappresentanti delle Organizzazioni Mondiali ebraiche nella vostra qualità di membri, insieme con i rappresentanti della Chiesa Cattolica, del Comitato Internazionale di Collegamento. Desidero anche salutare i rappresentanti dei diversi comitati nazionali ebraici che sono qui presenti.

Quattro anni fa il mio predecessore Paolo VI ha ricevuto in udienza questo stesso Comitato Internazionale e ha voluto esprimere la sua gioia per la decisione presa di scegliere come luogo d'incontro Roma, città capitale della Chiesa Cattolica (Paolo VI, "Allocuzione", 10 gennaio 1975).

Anche voi avete deciso di venire a Roma, a salutare il nuovo Papa, ad incontrarvi con i membri della Commissione per i Rapporti religiosi con l'Ebraismo, e quindi a dare un impulso vivo e innovatore al dialogo già iniziato in passato con i rappresentanti autorizzati della Chiesa Cattolica. In verità, perciò, questo è un momento importante nella storia dei nostri rapporti, e sono felice di avere l'opportunità di dire anch'io una parola su questo argomento.

Come i vostri rappresentanti hanno avuto modo di ricordare, è stato il Concilio Vaticano II, con la sua dichiarazione "Nostra Aetate" che ha stabilito il punto di partenza per questa nuova e promettente fase dei rapporti fra la Chiesa Cattolica e la comunità religiosa ebraica. In effetti il Concilio ha messo bene in evidenza che "scrutando il mistero della Chiesa", si richiama "il vincolo con cui il popolo del Nuovo Testamento è spiritualmente congiunto con la stirpe di Abramo" (NAE 4). Si intende con ciò che le nostre due comunità religiose sono strettamente vincolate sul piano delle proprie rispettive identità religiose.

"Gli inizi della sua fede e della sua elezione si trovano già, secondo il mistero divino della salvezza, nei patriarchi, Mosè e i profeti", "per questo la Chiesa non può dimenticare che ha ricevuto la Rivelazione dell'Antico Testamento per mezzo di quel popolo con cui Dio, nella sua ineffabile misericordia, si è degnato di stringere l'Antica alleanza" (NAE 4).

E' sulla base di tutto ciò che noi vediamo con estrema chiarezza che il sentiero lungo il quale dobbiamo procedere insieme alla comunità religiosa ebraica è quello di un dialogo fraterno e di una fruttuosa collaborazione.

In ottemperanza a questo solenne mandato, la Santa Sede si è prodigata per cercare gli strumenti di questo dialogo e di questa collaborazione, e per promuovere la loro realizzazione sia qui, al centro, che in ogni parte della Chiesa. A questo scopo, nel 1974 è stata creata la Commissione per i Rapporti Religiosi con l'Ebraismo. Da allora si è aperto un dialogo a tutti i livelli in seno alle Chiese locali di tutto il mondo e con la Santa Sede stessa. E qui riconosco l'amichevole riscontro, la buona volontà e la cordiale predisposizione, che la Chiesa ha trovato e continua a trovare fra le vostre organizzazioni e in altri larghi strati della comunità ebraica.

Credo che entrambe le parti debbano continuare i loro duri sforzi per superare le difficoltà del passato, così da assolvere al comandamento di amore di Dio, e mantenere un dialogo fruttuoso e fraterno che contribuisca al bene di ognuna delle due parti per il nostro miglior servizio all'umanità.

Gli "Orientamenti" che voi avete menzionato, la cui validità desidero sottolineare e affermare, indicano alcune vie e alcuni strumenti per raggiungere tale scopo. Voi avete giustamente sottolineato un punto di particolare importanza: "I cristiani cerchino di capire meglio le componenti fondamentali della tradizione religiosa ebraica e apprendano le caratteristiche essenziali con le quali gli Ebrei stessi si definiscono alla luce della loro attuale realtà religiosa" ("Orientamenti", Prologo).

Un'altra importante considerazione è la seguente: "In virtù della sua missione divina, la Chiesa, per la sua stessa natura, deve annunciare Gesù Cristo al mondo (AGD 2). Per evitare che questa testimonianza resa a Gesù Cristo appaia agli Ebrei come una violenza, i Cattolici dovranno aver cura di vivere e di annunciare la loro fede nel più rigoroso rispetto della libertà religiosa, così come essa è insegnata dal Concilio Vaticano II ("Dignitatis Humanae"). Essi si sforzeranno altresi di comprendere le difficoltà che l'anima ebraica prova davanti al Mistero del Verbo incarnato, data la nozione molto alta e molto pura che essa possiede della trascendenza divina" ("Orientamenti", 1).

Queste raccomandazioni si riferiscono, naturalmente, ai Cattolici, ma penso che non sia superfluo ripeterle in questa sede. Esse ci aiutano ad avere un'idea chiara dell'Ebraismo e del Cristianesimo, e dei loro reciproci rapporti.

Voi siete qui, penso, per aiutarci a comprendere l'Ebraismo. E sono sicuro che noi troveremo in voi, e nelle comunità che voi rappresentate, un'autentica e profonda disposizione a comprendere il Cristianesimo e la Chiesa Cattolica nella sua identità attuale, così da poter lavorare insieme per lo scopo comune, che è quello di superare ogni tipo di pregiudizio e di discriminazione. A questo proposito è opportuno ricordare nuovamente la Dichiarazione del Concilio "Nostra Aetate" e ripetere ciò che dicono gli "Orientamenti" sul ripudio di "tutte le forme di antisemitismo e di discriminazione come avverse allo spirito stesso del Cristianesimo", ma "che d'altra parte la dignità della persona umana è per se stessa sufficiente a condannare" ("Orientamenti", Prologo). La Chiesa Cattolica perciò respinge fermamente in principio e in pratica tutte queste violazioni dei diritti umani ovunque nel mondo esse vengano perpetrate. Sono inoltre particolarmente lieto di ricordare oggi, alla vostra presenza, il lavoro svolto con impegno ed efficacia dal mio predecessore Pio XII nei confronti del popolo ebraico. E da parte mia, e con l'aiuto divino, continuero nel mio ministero pastorale a Roma, come mi impegnavo a fare nella sede di Cracovia ad assistere tutti coloro che soffrono o sono oppressi in qualsiasi modo.

Seguendo la via tracciata da Paolo VI, intendo promuovere il dialogo spirituale e fare tutto ciò che è in mio potere per la pace del Paese che per voi è sacro così come lo è per noi, con la speranza che la città di Gerusalemme sia effettivamente tutelata come centro spirituale per i seguaci delle tre grandi religioni monoteistiche dell'Ebraismo, dell'Islamismo e del Cristianesimo, per i quali la città è luogo venerato di devozione.


GPII 1979 Insegnamenti - Recita dell'Angelus - Città del Vaticano (Roma)