GPII 1979 Insegnamenti - Omelia durante la Messa - Newy Targ (Polonia)

Omelia durante la Messa - Newy Targ (Polonia)

Titolo: Il diritto dell'uomo al lavoro e alla terra

Testo:

1. "Dal mar Baltico alle vette montane...". Alle vette dei Tatra.

Nel mio pellegrinaggio attraverso la Polonia ho l'occasione oggi di avvicinarmi proprio a quei monti, proprio a quei Tatra che da secoli costituiscono la frontiera meridionale della Polonia. E' stata questa la frontiera più chiusa e più riparata e, nello stesso tempo, più aperta ed amichevole. Attraverso questa frontiera passavano le vie verso i vicini, verso gli affini. Perfino durante l'ultima occupazione questi sentieri erano i più battuti dai profughi che si dirigevano verso il sud, per cercare di raggiungere poi l'esercito polacco, che combatteva per la libertà della Patria oltre le sue frontiere.

Desidero salutare con tutto il cuore questi luoghi ai quali sono sempre stato così intimamente legato. Desidero inoltre salutare tutti coloro che sono qui venuti sia dal Podhale come da tutti i Precarpazi, dall'arcidiocesi di Cracovia e anche da più lontano: dalla diocesi di Tarnow e di Przemysl. Permettete che mi riferisca all'antico legame di vicinato e che vi saluti tutti, così come facevo di solito, quando ero metropolita di Cracovia.


2. Desidero parlare qui, in questo luogo a Novy Targ, della terra polacca, perché essa si rivela qui particolarmente bella e ricca di paesaggi. L'uomo ha bisogno della bellezza della natura e pertanto non c'è da meravigliarsi se qui giungono uomini da varie parti della Polonia e dall'estero. Arrivano sia d'estate che d'inverno. Cercano il riposo. Desiderano ritrovare se stessi nel contatto con la natura. Desiderano riacquistare le loro energie attraverso il salubre esercizio fisico della marcia, della salita, della scalata, della discesa con gli sci.

Questa regione ospitale è anche un terreno di grande lavoro pastorale, perché qui viene la gente non soltanto per rinvigorire le forze fisiche ma anche quelle spirituali.


3. Questa bella terra è ad un tempo una terra difficile. Pietrosa, montagnosa. Non così fertile come la pianura della Vistola. E perciò mi sia permesso proprio da questa terra dei Precarpazi e dei Pretatra riferirmi a ciò che è sempre stato tanto caro al cuore dei Polacchi: l'amore per la terra e il lavoro dei campi.

Nessuno può negare che questo rappresenti non soltanto un sentimento, un legame affettivo, ma un grande problema economico-sociale. Queste parti di qua conoscono particolarmente bene il problema, perché proprio da quei luoghi, ove c'era la più grande mancanza di terra coltivabile e talvolta grande miseria, la gente emigrava lontano, oltre la Polonia, oltre l'Oceano. Là cercavano il lavoro e il pane, e lo trovavano. Desidero oggi dire a tutti coloro che sono sparsi nel mondo, in qualunque luogo siano: "Szczesc Boze": Dio Vi aiuti! Non dimentichino la propria Patria d'origine, la famiglia, la Chiesa, la preghiera e tutto ciò che hanno portato da qui. Perché nonostante abbiano dovuto emigrare per mancanza di beni materiali, tuttavia hanno portato con sé, di qua, un grande patrimonio spirituale.

Abbiano cura che, diventando ricchi materialmente, non si impoveriscano spiritualmente: né loro, né i loro figli, né i loro nipoti.

Questo è il grande e fondamentale diritto dell'uomo: diritto al lavoro e diritto alla terra. Benché lo sviluppo dell'economia ci porti in un'altra direzione, benché si valuti il progresso in base all'industrializzazione, benché la generazione odierna lasci in massa la campagna e il lavoro dei campi, pur tuttavia il diritto alla terra non cessa di costituire la base di una sana economia e sociologia.

Siccome durante la visita conviene che io porga degli auguri, così auguro con tutto il cuore alla mia Patria che ciò che ha sempre costituito ia forza dei Polacchi - perfino durante i periodi più ardui della storia - cioè il legame personale con la terra, non cessi di esserlo anche nella nostra generazione industrializzata. Sia tenuto in considerazione il lavoro dei campi; sia esso apprezzato e stimolato! E non manchi mai in Polonia il pane e il cibo!

4. Questo augurio è unito all'altro. Il Creatore ha dato all'uomo la terra perché la "soggiogasse", e su questo dominio dell'uomo sulla terra ha basato il diritto fondamentale dell'uomo alla vita. Tale diritto è strettamente legato con la vocazione dell'uomo alla famiglia e alla procreazione. "Per questo l'uomo abbandonerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una sola carne" (Gn 2,24). E come la terra, per provvidenziale decreto del Creatore, porta frutto, così questa unione nell'amore di due persone, uomo e donna, fruttifica in una nuova vita umana. Di questa vivificante unità delle persone, il Creatore ne ha fatto il primo sacramento, e il Redentore ha confermato questo perenne sacramento dell'amore e della vita, dandogli una nuova dignità e imprimendogli il sigillo della sua santità. Il diritto dell'uomo alla vita è congiunto, per volere del Creatore e in virtù della Croce di Cristo, al sacramento indissolubile del matrimonio.

Auguro quindi, carissimi Connazionali, in occasione di questa mia visita, che quel sacro diritto non cessi di plasmare la vita in terra polacca: e qui, nei Pretatra, nei Precarpazi e ovunque. Giustamente si dice che la famiglia sia la cellula fondamentale della vita sociale. Essa è la fondamentale comunità umana. Quale è la famiglia, tale è la nazione, perché tale è l'uomo. Auguro quindi che siate forti grazie a famiglie profondamente radicate nella fortezza di Dio, e auguro che l'uomo possa pienamente svilupparsi in base all'indissolubile vincolo degli sposi-genitori, nel clima familiare che niente può sostituire. Auguro ancora e prego sempre per questo, che la famiglia polacca generi la vita e sia fedele al sacro diritto alla vita. Se si infrange il diritto dell'uomo alla vita nel momento in cui egli comincia ad essere concepito nel seno materno, si colpisce indirettamente anche tutto l'ordine morale che serve ad assicurare gli inviolabili beni dell'uomo. La vita occupa tra essi il primo posto. La Chiesa difende il diritto alla vita, non soltanto per riguardo alla maestà del Creatore che è il primo Datore di questa vita, ma anche per rispetto al bene essenziale dell'uomo.


5. Desidero inoltre rivolgermi ai giovani, che amano in modo speciale questi luoghi e cercano qui non soltanto il riposo fisico ma anche quello spirituale.

"Riposare - ha scritto, un tempo, Norwid - significa "concepire di nuovo"" (in polacco è un gioco di parole). Il riposo spirituale dell'uomo, come giustamente percepiscono tanti gruppi di giovani, deve condurre a ritrovare e ad elaborare in se quella "nuova creatura" di cui parla san Paolo. A questo porta la via della Parola di Dio letta e celebrata con fede e con amore, la partecipazione ai sacramenti e soprattutto all'Eucaristia. A questo porta la via della comprensione e della realizzazione della comunità, cioè della comunione con gli uomini, che nasce dalla Comunione Eucaristica, e anche la comprensione e la realizzazione del servizio evangelico, cioè della "diaconia".

Miei carissimi, non desistete da quel nobile sforzo che vi permette di diventare testimoni di Cristo. Testimone, nel linguaggio biblico, significa martire ("martyr").

Vi affido all'Immacolata, alla quale il beato Massimiliano Kolbe affidava continuamente tutto il mondo. Affido tutti alla Madre di Cristo che qui nei pressi regna come Madre nel suo santuario di Ludzmierz, e anche in quello che sorge nel cuore dei Tatra a Rusinowa Polana (quanto ha amato questo luogo il Servo di Dio fra' Alberto, quanto ha ammirato e amato dal suo eremo a Kalatowki), e in tanti altri santuari eretti ai piedi dei Carpazi, nella diocesi di Tarnow, di Przemysl... a Est e a Ovest. E in tutta la terra polacca.

Il patrimonio della fede di Cristo e dell'ordine morale siano custoditi da san Stanislao, vescovo e martire, patrono dei Polacchi, testimone di Cristo da tanti secoli sulla nostra patria terra.

Data: 1979-06-08

Data estesa: Venerdì 8 Giugno 1979.





Agli universitari - Cracovia (Polonia)

Titolo: Imparate a conoscere Cristo e a farvi conoscere da lui

Testo: Miei cari giovani amici!

1. Permettetemi che inizi dai ricordi, poiché è ancor così recente il tempo in cui mi incontravo regolarmente con voi nei tanti centri di pastorale per gli universitari di Cracovia. Ci siamo visti in varie occasioni, e mi sembra che ci comprendevamo bene. Non dimentichero mai i nostri auguri natalizi con l'Eucaristia condivisa, gli esercizi spirituali dell'Avvento e della Quaresima, ed altri incontri. Quest'anno ho dovuto passare la Quaresima a Roma e, per la prima volta, invece di parlare agli universitari polacchi di Cracovia ho parlato agli universitari romani. Vi citero alcuni brani di ciò che ho detto loro nella basilica di San Pietro: "Cristo è Colui che ha compiuto un rivolgimento fondamentale nel modo di capire la vita. Ha mostrato che la vita è un passaggio, non solamente al limite della morte, ma a una vita nuova. così la Croce per noi è diventata suprema Cattedra della verità di Dio e dell'uomo. Tutti dobbiamo essere alunni - "in corso o fuori corso" di questa Cattedra. Allora comprenderemo che la Croce è anche la culla dell'uomo nuovo. Coloro che sono suoi allievi guardano così la vita, così la percepiscono. E così insegnano agli altri. Tale significato della vita essi imprimono in tutta la realtà temporale: nella moralità, nella creatività, nella cultura, nella politica, nell'economia. Tante volte si è affermato - come sostenevano per esempio i seguaci di Epicuro nei tempi antichi e come fanno nella nostra epoca per altri motivi alcuni seguaci di Marx - che tale concetto della vita distoglie l'uomo dalla realtà temporale, che in un certo modo la annulla.

La verità è ben altra. Solo tale concezione della vita dà la piena importanza a tutti i problemi della realtà temporale. Essa apre la possibilità della loro piena collocazione nell'esistenza dell'uomo. E una cosa è sicura: tale concezione della vita non permette di chiudere l'uomo nelle cose temporali, non permette di subordinarlo completamente ad esse. Decide della sua libertà. Dando alla vita umana questo significato pasquale, che cioè essa è un passaggio, che è passaggio alla libertà, Gesù Cristo ha insegnato con la sua parola ed ancora di più col proprio esempio che essa è una prova... Ed è questa... la prova del pensiero, del "cuore" e della volontà, la prova della verità e dell'amore. In questo senso essa è al tempo stesso la prova dell'alleanza con Dio. Il concetto della "prova" si collega strettamente con il concetto della responsabilità.

Ambedue sono indirizzati alla nostra volontà, ai nostri atti. Accettate, cari amici, entrambi questi concetti - o piuttosto ambedue le realtà - come gli elementi della costruzione della propria umanità. Questa vostra umanità è già matura, e, in pari tempo, è ancora giovane. Si trova in fase di formazione definitiva del progetto della vita. Questa formazione avviene proprio negli anni "accademici", nel tempo degli studi superiori. Bisogna assumere questa prova con tutta responsabilità. E' una responsabilità nello stesso tempo personale: per la mia vita, per il suo futuro profilo, per il suo valore; ed è insieme responsabilità sociale: per la giustizia e la pace, per l'assetto morale del proprio ambiente nativo e di tutta la società, è una responsabilità per l'autentico bene comune. L'uomo che ha una tale consapevolezza del senso della vita non distrugge, ma costruisce il futuro. Ce lo insegna Cristo".

Dopo una serata trascorsa con la gioventù romana, in cui quasi tutti hanno ricevuto la comunione pasquale, ho pensato tra me e me: come gli studenti si assomigliano dappertutto! Come dappertutto, con uguale attenzione, ascoltano la Parola di Dio e partecipano alla liturgia! Ho pensato allora a voi, ai ritiri spirituali degli universitari polacchi di Cracovia, al modo analogo di raccogliersi, di riflettere, di vivere il silenzio nella Chiesa di Sant'Anna, o nella Chiesa della Madre di Dio a Nowa Wies, oppure nella Chiesa dei Domenicani o dei Gesuiti, durante simili incontri.


2. Ho pensato a voi anche in Messico, incontrandomi con quella gioventù universitaria nel Santuario di nostra Signora di Guadalupe. Permettete ancora che vi citi alcune frasi della lettera che dopo il mio ritorno dal Messico ho scritto specialmente agli universitari dell'America meridionale: "Durante l'incontro con voi ho intuito che voi risentite molto profondamente il male che grava sulla vita sociale delle Nazioni di cui siete figli e figlie. Vi travaglia il bisogno di cambiamento, la necessità di costruzione di un mondo migliore, più giusto, più degno dell'uomo. In questo punto i vostri desideri incontrano la stessa corrente che si è fortemente accentuata nell'insegnamento e nell'apostolato della Chiesa contemporanea. Il Concilio Vaticano II molte volte dà espressione a questa aspirazione per rendere la vita umana su questa terra più umana, più degna dell'uomo. Questa tendenza - cristiana in fondo, e nello stesso tempo umana (umanistica) - ha un carattere universalistico: si riferisce ad ogni uomo, dunque si riferisce a tutti gli uomini. Non può condurre a restrizioni, strumentalizzazioni, falsificazioni, discriminazioni. Deve portare in sé la piena verità sull'uomo e deve condurre alla realizzazione della pienezza dei diritti dell'uomo. Affinché questa nobile aspirazione che risuona nelle volontà e nei cuori giovani possa arrivare ad una realizzazione corretta, bisogna vedere l'uomo in tutte le dimensioni della sua umanità. Non si può ridurre l'uomo alla sfera dei suoi bisogni materiali. Non si può misurare il progresso solo con i valori dell'economia. La dimensione spirituale dell'essere umano deve trovarsi al giusto posto. L'uomo è se stesso attraverso la maturità del suo spirito, della sua coscienza, del suo rapporto con Dio e con il prossimo. Non sarà un mondo migliore né un migliore ordine della vita sociale, quel che non dà la precedenza a questi valori dello spirito umano. Ricordate bene questo, voi tutti che giustamente desiderate cambiamenti per una società migliore e più giusta; voi giovani che giustamente contestate ogni danno, discriminazione, violenza, tormento nei riguardi degli uomini. Ricordate che l'ordine che desiderate è ordine morale; e non lo raggiungerete in altro modo se non assicurando la precedenza a tutto ciò che costituisce la forza dello spirito umano: giustizia, amore, amicizia".


3. Oggi gioisco del nuovo incontro con voi nel quadro del giubileo di san Stanislao, a cui ho la fortuna di partecipare. Quando ascoltiamo il Vangelo che la liturgia della solennità di san Stanislao ci ricorda ogni anno, davanti agli occhi della nostra anima appare Cristo Buon Pastore, che "offre la vita per le pecore" (Jn 10,11); Cristo che conosce le sue pecore e le sue pecore lo conoscono (cfr. Jn 10,14); il Buon Pastore, che cerca la pecora smarrita e quando la ritrova "se la mette in spalla tutto contento" (Lc 15,5) e la riporta con gioia all'ovile.

Che cosa posso dirvi più di questo? Imparate a conoscere Cristo e fatevi conoscere da lui! lui conosce ciascuno di voi in modo particolare. Non è una conoscenza che susciti opposizione e ribellione, una scienza davanti alla quale sia necessario fuggire per salvaguardare il proprio mistero interiore. Non è una scienza composta di ipotesi, che riduca l'uomo alle dimensioni socio-utilitarie. La sua è una scienza piena di semplice verità sull'uomo, e soprattutto piena di amore. Sottomettetevi a questa scienza, semplice e piena di amore, del Buon Pastore. Siate certi che lui conosce ciascuno di voi più di quanto ciascuno di voi non conosca se stesso. Conosce perché ha dato la sua vita (Jn 15,13).

Permettetegli di trovarvi. A volte l'uomo, il giovane, è sperduto in se stesso, nel mondo che lo circonda, in tutta la rete delle cose umane che lo avviluppano. Permettete a Cristo di trovarvi. Che lui conosca tutto di voi, che vi guidi! E' vero che per seguire qualcuno bisogna nello stesso tempo esigere da se stessi, tale è la legge dell'amicizia. Se vogliamo andare insieme, dobbiamo stare attenti alla strada da percorrere. Se ci muoviamo sulla montagna, bisogna seguire le indicazioni. Se scaliamo una montagna non possiamo lasciare la corda. Bisogna inoltre conservare l'unione con l'Amico divino che ha nome Gesù Cristo. Bisogna collaborare con lui.

Molte volte ne ho parlato, e anche in modo più ampio e più dettagliato di oggi. Ricordate: ciò che vi ho detto e dico, l'ho detto e lo dico per esperienza personale. Mi sono sempre meravigliato di questo mirabile potere che Cristo ha sul cuore umano: egli lo ha non per una qualsiasi ragione o per un qualsiasi motivo, non per qualsiasi carriera o profitto, ma unicamente perché ama e dà la sua vita per i fratelli (Jn 15,13).


4. Voi siete l'avvenire del mondo, della Nazione, della Chiesa. "Da voi dipende il domani...". Accettate con senso di responsabilità la semplice verità racchiusa in questo canto giovanile e chiedete a Cristo, per mezzo di sua Madre, di essere in grado di affrontarla.

Voi dovete portare nell'avvenire tutta l'esperienza della storia che ha il nome di "Polonia". E' un'esperienza difficile, forse una delle più difficili del mondo, dell'Europa, della Chiesa. Non abbiate paura della fatica, ma abbiate paura soltanto della leggerezza e della pusillanimità. Da questa difficile esperienza che ha il nome di "Polonia", si può ricavare un avvenire migliore, ma solo a condizione di essere onesti, sobri, credenti, liberi di spirito, forti nelle convinzioni.

Siate coerenti nella vostra fede! Siate fedeli alla Madre del Bell'Amore. Abbiate fiducia in lei, plasmando il vostro amore e formando le vostre giovani famiglie, Cristo rimanga per voi "Via, Verità e Vita".

Data: 1979-06-08

Data estesa: Venerdì 8 Giugno 1979.





Alla Facoltà teologica di Cracovia (Polonia)

Titolo: Omaggio al grande passato dell'"Alma Mater" di Cracovia

Testo: Reverendissimo e Caro Decano! La ringrazio per l'invito che mi permette oggi di incontrarmi con la tanto da me amata "Alma Mater", di cui sono stato, prima, studente e dove, in seguito, ho ricevuto la laurea, e, dopo l'abilitazione nel 1953, ho lavorato per molti anni come insegnante, libero docente e professore.

Tutti conoscono bene le mie premure - quando ero ancora metropolita di Cracovia - affinché fossero riconosciuti i dovuti diritti a quest'Ateneo, che senz'altro li ha meritati, e affinché il suo carattere accademico fosse pienamente rispettato, in conformità dei bisogni attuali, che si differenziano, per la loro natura e per la loro sfera d'azione, da quelli del passato, ad esempio, del periodo in cui la facoltà Teologica di Cracovia apparteneva ancora all'Università Jagellonica.

1. Seguendo questi bisogni ho cercato, durante il mio ministero a Cracovia di: 1) rinnovare e aumentare il numero dei ricercatori e assicurare loro le qualifiche che, secondo la legge ecclesiastica (in analogia con la procedura statale in Polonia), costituiscono la base della loro autonomia; 2) assicurare ad una larga maggioranza di studenti di teologia la fondamentale istruzione di carattere accademico, e i gradi accademici rispondenti a tale istruzione, canonicamente validi. Si trattava qui, in particolare, degli alunni dei seminari ecclesiastici - futuri sacerdoti e pastori d'anime - dell'arcidiocesi di Cracovia e anche delle diocesi di Czestochowa, di Katowice e di Tarnow, e come pure degli alunni appartenenti ai diversi Ordini e Congregazioni religiose, che studiavano specialmente all'Istituto dei Missionari (Lazzaristi) a Cracovia. A questo fine serviva il sistema degli accordi di collaborazione scientifica fra la Pontificia Facoltà Teologica e i sunnominati Seminari ecclesiastici, approvato dalla Santa Sede (Sacra Congregazione per l'Educazione Cattolica). Durante l'ultimo anno del mio lavoro a Cracovia, sono stati intrapresi i colloqui preparatori per stipulare un analogo contratto con il Seminario della diocesi di Kielce.


2. La Facoltà Teologica, premurosa dell'ulteriore istruzione dei sacerdoti - e in parte anche dei laici - dopo aver finito gli studi fondamentali, ha ampliato il sistema dei cosiddetti studi affini alle facoltà di diverso carattere, ad esempio: studio catechistico, liturgico, ascetico, per la teologia della pastorale della famiglia e studio del pensiero contemporaneo. Gli studi sunnominati hanno la loro sede a Cracovia.

Oltre a ciò, studi di analogo carattere si svolgono a Rzeszow per i sacerdoti della diocesi di Przemysl.


3. Se l'attività di cui sopra entra nel cosiddetto "cyclus institutionalis" (studio accademico fondamentale), contemporaneamente la Facoltà Teologica organizza, in conformità col suo carattere e col suo statuto, anche gli studi che contengono il cosiddetto "cyclus specializationis", i quali preparano alle licenze e al dottorato. Questi studi si svolgono anzitutto a Cracovia. Oltre a ciò, è stato già stipulato il contratto con l'Ordinario di Tarnow, per aprirvi l'Istituto specialistico di Patrologia. Carattere specialistico ha inoltre l'Istituto Ecclesio-Mariologico, fondato già prima a Czestochowa, d'accordo con l'Ordinario del luogo. Durante il mio ministero è stata inoltrata anche la richiesta per l'Istituto Pastorale a Katowice.


4. La specializzazione esige l'individualizzazione delle specialità scientifiche, nell'ambito delle quali è esercitata con la possibilità di conferire i gradi accademici a seconda della specializzazione. E perciò mi ero rivolto a Papa Paolo VI, mediante la Sacra Congregazione per l'Educazione Cattolica, per ottenere il permesso di conferire i gradi scientifici non soltanto nel ramo della teologia, ma anche in quello della filosofia.

La specializzazione nel campo della storia della Chiesa ha specialissimo motivo proprio a Cracovia, che possiede una particolare risorsa delle possibilità in questo campo. E perciò la Santa Sede andrà certamente incontro alle richieste riguardanti l'approvazione di questa specializzazione nell'Ateneo di Cracovia. Già da tempo sono state inoltrate le relative pratiche, in seguito alle quali è sorto l'Istituto della Storia della Chiesa, presso la Pontificia Facoltà di Teologia.

Poter creare tale specializzazione separata, come pure la specializzazione separata di filosofia, corrisponde pienamente ai miei primitivi progetti. Ciò riguarda anche la specializzazione filosofica sotto forma di terza Facoltà dell'Ateneo di Cracovia. Prego di continuare l'attività in questa direzione.

Esprimo la mia profonda gioia di poter oggi nel così Venerato Auditorio, insieme al mio successore, alla presenza degli Eccellentissimi Vescovi e dell'intero Consiglio della Facoltà al completo, rendere omaggio al grande passato della nostra "Alma Mater" di Cracovia. Desidero ancora una volta onorare la beata Regina Edwige, fondatrice della Facoltà di Teologia di Cracovia. Desidero inoltre, con tutto il cuore e con piena convinzione, confermare la decisione storica del mio predecessore Papa Bonifacio IX, espressa nella Bolla "Eximiae Devotionis Affectus", dell'11 gennaio 1397.

All'Ateneo, da me tanto amato, auguro la benedizione della Santissima Trinità e la perpetua protezione di Maria, Sede della Sapienza, come anche il patrocinio fedele di san Giovanni di Kety, suo professore, più di cinquecento anni or sono.

Data: 1979-06-08

Data estesa: Venerdì 8 Giugno 1979.





Chiusura del Sinodo Arcidiocesano - Cracovia (Polonia)

Titolo: Anni di lavoro per l'aggiornamento della Chiesa locale

Testo: Dilettissimo Metropolita di Cracovia, Venerabili Vescovi, Carissimi fratelli e sorelle!

1. Si realizza oggi l'ardente desiderio del mio cuore. Il Signore Gesù, che mi ha chiamato da questa sede di san Stanislao, alla vigilia del suo nono centenario, mi permette di partecipare alla chiusura del Sinodo dell'arcidiocesi di Cracovia, Sinodo che è sempre stato legato, nella mia mente, a questo grande giubileo della nostra Chiesa. Voi tutti lo sapete molto bene, perché più volte ho trattato questo tema, e non ho quindi bisogno di ripeterlo oggi. Forse non sarei nemmeno capace di dire tutto ciò che, in relazione a questo Sinodo, è passato nella mia mente e nel mio cuore, quali speranze e progetti ho legato ad esso in questo periodo decisivo della storia della Chiesa e della Patria.

Il Sinodo era stato congiunto, per me e per voi tutti, all'anniversario del nono centenario del ministero di san Stanislao, che per sette anni fu vescovo di Cracovia. Il programma di lavoro prevedeva così un periodo che andava dall'8 maggio 1972 all'8 maggio 1979. Abbiamo desiderato, durante tutto questo tempo, onorare il vescovo e pastore (di nove secoli or sono) della Chiesa di Cracovia, cercando di esprimere - secondo i nostri tempi e i loro bisogni - la nostra sollecitudine per l'opera salvifica di Cristo nelle anime dei contemporanei. Come san Stanislao di Szczepanow lo faceva nove secoli fa, così anche noi vogliamo farlo dopo nove secoli. Sono persuaso che questo modo di onorare la memoria del grande patrono della Polonia sia il più adatto. Ciò corrisponde tanto alla storica missione di san Stanislao, quanto a quei grandi impegni, davanti ai quali si trovano oggi la Chiesa e il cristianesimo contemporaneo dopo il Concilio Vaticano II. L'iniziatore del Concilio, il Servo di Dio Giovanni XXIII, ha specificato questo compito con la parola "aggiornamento". Lo scopo del lavoro di sette anni del Sinodo di Cracovia - in risposta agli essenziali intenti del Vaticano II - doveva essere l'aggiornamento della Chiesa di Cracovia, il rinnovamento della coscienza della sua missione salvifica, come anche il programma preciso per la sua realizzazione.


2. La via che ha condotto a questo fine era stata tracciata dalla tradizione dei Sinodi particolari della Chiesa; basti ricordare i due Sinodi precedenti ai tempi del ministero del Cardinale Adam Stefan Sapieha. Le prescrizioni per condurre i lavori sinodali erano tracciate dal Codice di diritto canonico. Tuttavia abbiamo considerato che la dottrina del Concilio Vaticano II apre qui nuove prospettive e crea, direi, nuovi compiti. Se il Sinodo doveva servire alla realizzazione della dottrina del Vaticano II, doveva farlo anzitutto con la stessa concezione e con lo stesso sistema di lavoro. Ciò spiega tutto il disegno del Sinodo pastorale e la sua conseguente attuazione. Si può dire che, per l'elaborazione delle risoluzioni e dei documenti, abbiamo percorso una via più lunga ma anche più completa. Questa via è passata attraverso l'attività di centinaia di gruppi di studio sinodali, nei quali si è potuto esprimere un vasto numero di fedeli della Chiesa di Cracovia.

Questi gruppi, com'è noto, erano formati in maggior parte da cattolici laici, i quali vi hanno trovato, da una parte, la possibilità di penetrare nella dottrina del Concilio, dall'altra, di esprimere, a questo riguardo, le proprie esperienze, le proprie proposte, che manifestavano il loro amore verso la Chiesa, il loro senso di responsabilità per l'insieme della sua vita nell'arcidiocesi di Cracovia.

Durante la tappa di preparazione dei documenti finali del Sinodo, i gruppi di studio sono diventati luoghi di vaste consultazioni; ad essi infatti si rivolgeva la Commissione Generale, che coordinava l'attività di tutte le commissioni degli esperti, che sin dall'inizio del Sinodo erano state convocate.

In questo modo maturavano quei contenuti che il Sinodo, riallacciandosi alla dottrina del Concilio, voleva trasferire nella vita della Chiesa di Cracovia.

Desiderava formare, secondo essi, l'avvenire della Chiesa.


3. Oggi, tutto questo lavoro, questo percorso di sette anni, è già dietro di voi.

Non ho mai pensato che alla chiusura dei lavori del Sinodo di Cracovia avrei partecipato come ospite venuto da Roma. Se pero tale è la volontà di Cristo, mi sia permesso, in questo momento, di assumere ancora una volta il ruolo di quel metropolita di Cracovia, che attraverso il Sinodo aveva desiderato di sdebitarsi del grande debito che aveva contratto verso il Concilio, verso la Chiesa universale, verso lo Spirito Santo. Mi sia anche permesso in questo ruolo - come ho detto - di ringraziare tutti coloro che hanno costruito questo Sinodo, anno dopo anno, mese dopo mese, col lavoro, col loro consiglio, col loro creativo contributo, col loro zelo. Il mio ringraziamento si rivolge, in qualche modo, a tutta la comunità del Popolo di Dio dell'arcidiocesi di Cracovia, agli ecclesiastici e ai laici: ai sacerdoti, ai religiosi e alle religiose.

Specialmente a tutti i presenti: ai vescovi con a capo il mio venerato successore Metropolita di Cracovia; in modo particolare al vescovo Stanislaw Smolenski, che ha diretto, quale presidente della Commissione generale, i lavori del Sinodo. A tutti i Membri di questa Commissione, e ancora una volta alla Commissione preparatoria, che sotto la direzione di Monsignor Professor E. Florkowski ha preparato, nel 1971 e 1972, lo statuto, il regolamento e il programma del Sinodo.

Alle Commissioni di lavoro, alle Commissioni di esperti, all'instancabile Segretariato, ai Gruppi redazionali, e infine a tutti i Gruppi di studio.

Avrei forse dovuto, in tale circostanza, parlare diversamente, ma non mi è possibile. Sono stato troppo personalmente legato a questo lavoro.

Desidero quindi, a nome di voi tutti deporre quest'opera compiuta dinanzi al sarcofago di san Stanislao, al centro della cattedrale di Wawel; essa era infatti stata intrapresa in vista del suo giubileo.

E insieme a voi tutti chiedo alla Santissima Trinità che tale opera porti frutti centuplicati.

Amen.

Data: 1979-06-08

Data estesa: Venerdì 8 Giugno 1979.





Nel Santuario della Santa Croce - Mogila (Polonia)

Titolo: La Croce di Nowa Huta nuovo seme di evangelizzazione

Testo:

1. Ecco, sono nuovamente davanti a questa Croce, presso la quale così spesso sono venuto come pellegrino, davanti alla croce che è rimasta a noi tutti come la più preziosa reliquia del nostro Redentore.

Quando, nei pressi di Cracovia sorgeva Nowa Huta - enorme complesso industriale e nuova grande città: nuova Cracovia - forse non ci si rendeva conto che stava sorgendo proprio accanto a questa Croce, accanto a questa reliquia che, insieme all'antichissima abbazia dei cistercensi, abbiamo ereditato dopo i tempi di Piast. Era l'anno 1222, il tempo del principe Leszek Bialy, il tempo del vescovo Ivo Odrowaz, nel periodo antecedente alla canonizzazione di san Stanislao.

In quei tempi, nel terzo centenario del nostro Battesimo, fu fondata qui l'abbazia dei cistercensi, e vi fu poi portata la reliquia della Santa Croce, che da secoli è divenuta meta di pellegrinaggi della regione di Cracovia: del Nord dalla parte di Kielce, dell'Est dalla parte di Tarnow, e dell'Ovest dalla Slesia. Tutto ciò ha avuto luogo su di un territorio sul quale, secondo la tradizione, si ergeva una volta Stara Huta, quasi antica storica madre dell'attuale Nowa Huta.

Desidero oggi salutare qui, ancora una volta, i pellegrini di Cracovia, i pellegrini della Slesia, i pellegrini della diocesi di Kielce.

Andiamo insieme, pellegrini, verso la Croce del Signore, poiché da essa inizia una nuova era nella storia dell'uomo. Questo è tempo di grazia, tempo di salvezza. Attraverso la Croce l'uomo ha potuto capire il senso della propria sorte, della propria esistenza sulla terra. Ha scoperto quanto Dio lo ha amato. Ha scoperto, e scopre continuamente, alla luce della fede, quanto sia grande il proprio valore. Ha imparato a misurare la propria dignità col metro ai quel Sacrificio che Dio ha offerto nel suo Figlio per la salvezza dell'uomo: "Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna" (Jn 3,16).

Anche se cambiano i tempi, anche se al posto dei campi di un tempo, nei pressi di Cracovia, è sorto un enorme complesso industriale, anche se viviamo in un'epoca di vertiginoso progresso delle scienze naturali e di un progresso altrettanto sorprendente della tecnica, tuttavia la verità della vita dello spirito umano - che si esprime attraverso la croce - non tramonta, è sempre attuale, non invecchia mai. La storia di Nowa Huta è scritta anche attraverso la croce: prima, attraverso quella antica di Mogila, ereditata da secoli, poi attraverso l'altra, nuova... che è stata innalzata non lontano da qui.

Là dove si innalza la croce sorge il segno che v'è giunta ormai la Buona Novella della salvezza dell'uomo mediante l'Amore. Là dove si innalza la croce, v'è il segno che è iniziata l'evangelizzazione. Un tempo, i nostri padri innalzavano, in vari luoghi della terra polacca, la croce come segno che già vi era arrivato il Vangelo, che s'era iniziata l'evangelizzazione, la quale doveva protrarsi ininterrottamente fino ad oggi. Con questo pensiero è stata anche innalzata la prima croce in Mogila, nei pressi di Cracovia, nei pressi di Stara Huta.

La nuova croce di legno è stata innalzata non lontano da qui, proprio durante le celebrazioni del millennio. Con essa abbiamo ricevuto un segno, che cioè alla soglia del nuovo millennio - in questi nuovi tempi, in queste nuove condizioni di vita - torna ad essere annunziato il Vangelo. E' iniziata una nuova evangelizzazione, quasi si trattasse di un secondo annuncio, anche se in realtà è sempre lo stesso. La croce sta alta sul mondo che volge.

Ringraziamo oggi, davanti alla croce di Mogila, alla croce di Nowa Huta, per questo nuovo inizio dell'evangelizzazione, che qui si è attuata. E chiediamo tutti che fruttifichi, così come la prima, anzi, ancor di più.


2. La nuova croce, che è sorta non lontana dall'antichissima reliquia della Santa Croce nell'abbazia dei cistercensi, ha annunziato la nascita della nuova chiesa.

Questa nascita si è incisa profondamente nel mio cuore, ed io, lasciando la sede di san Stanislao per la sede di san Pietro, l'ho portata con me come una nuova reliquia, come una reliquia inestimabile dei nostri tempi.

La nuova croce è apparsa, quando sul terreno delle antiche campagne dei dintorni di Cracovia, che è diventato terreno di Nowa Huta, sono venuti uomini nuovi per iniziare un nuovo lavoro. Prima qui si lavorava duramente, si lavorava nei campi, e la terra era fertile, si lavorava quindi con piacere. Da qualche decennio è iniziata l'industria; la grande industria, l'industria pesante. E gli uomini qui giunti, venuti da varie parti, sono arrivati per spendervi le loro energie quali operai siderurgici.

Proprio essi hanno portato con sé questa nuova croce. Sono stati loro ad innalzarla come segno della volontà di costruire una nuova chiesa. Proprio questa croce, davanti alla quale ci troviamo in questo momento. Ho avuto la fortuna, come vostro arcivescovo e cardinale, di benedire e consacrare, nel 1977, questa chiesa che è nata da una nuova croce.

Questa chiesa è nata dal lavoro nuovo. Oserei dire, che è nata da Nowa Huta. Tutti, infatti, sappiamo che nel lavoro dell'uomo è profondamente inciso il mistero della croce, la legge della croce. Non si verificano forse in essa le parole del Creatore, pronunziate dopo la caduta dell'uomo: "Col sudore del tuo volto mangerai il pane" (Gn 3,19)? Sia il vecchio lavoro nei campi che fa nascere il frumento, ma anche spine e cardi, sia il nuovo lavoro negli altiforni e nelle nuove fonderie, sempre si realizza "col sudore della fronte". La Legge della croce è inscritta nel lavoro umano. Col sudore della fronte ha lavorato l'agricoltore.

Col sudore della fronte lavora l'operaio siderurgico. E col sudore della fronte, col tremendo sudore della morte, agonizza il Cristo in croce.

Non si può separare la croce dal lavoro umano. Non si può separare Cristo dal lavoro umano. E questo è stato confermato qui a Nowa Huta. E questo è stato il principio della nuova evangelizzazione, agli inizi del nuovo millennio del cristianesimo in Polonia. Questo nuovo inizio l'abbiamo vissuto insieme e l'ho portato con me, da Cracovia a Roma, come una reliquia.

Il cristianesimo e la Chiesa non hanno paura del mondo del lavoro. Non hanno paura del sistema basato sul lavoro. Il Papa non ha paura degli uomini del lavoro. Essi gli sono sempre stati particolarmente vicini. E' uscito di mezzo a loro. E' uscito dalle cave di pietra di Zakrowek, dalle caldaie di Solvay in Borek Falecki, poi da Nowa Huta. Attraverso tutti questi ambienti, attraverso le proprie esperienze di lavoro - oso dire - il Papa ha imparato nuovamente il Vangelo. Si è accorto e si è convinto quanto profondamente nel Vangelo sia incisa la problematica contemporanea del lavoro umano. Come sia impossibile risolverla fino in fondo senza il Vangelo.

Infatti, la problematica contemporanea del lavoro umano (soltanto contemporanea, del resto?), in ultima analisi, non si riduce - mi perdonino tutti gli specialisti - né alla tecnica, e neanche all'economia, ma ad una categoria fondamentale: e cioè alla categoria della dignità del lavoro, cioè della dignità dell'uomo. L'economia, la tecnica e tante altre specializzazioni e discipline traggono la loro ragion d'essere da quell'unica essenziale categoria. Se non attingono ad essa e si formano al di fuori della dignità del lavoro umano, sono in errore, sono nocive, sono contro l'uomo.

Questa fondamentale categoria è umanistica. Mi permetto di dire che questa fondamentale categoria, categoria del lavoro come misura della dignità dell'uomo, è cristiana. La ritroviamo, nel suo più alto grado di intensità, in Cristo.

Basti questo, carissimi fratelli. Non una sola volta mi sono qui incontrato con voi, come vostro Vescovo, e ho trattato più ampiamente tutti questi temi. Oggi, quale vostro ospite, devo parlarne in modo più conciso. Ma ricordate quest'antica cosa: Cristo non approverà mai che l'uomo sia considerato - oppure consideri se stesso - soltanto come strumento di produzione, che egli sia apprezzato, stimato e valutato secondo tale principio. Cristo non lo approverà mai! Per questo si è fatto mettere in croce, come sulla grande soglia della storia spirituale dell'uomo, per opporsi a qualsiasi degradazione dell'uomo, anche la degradazione mediante il lavoro. Cristo rimane davanti ai nostri occhi sulla sua croce, affinché ogni uomo sia consapevole di quella forza che lui gli ha dato: "Ha dato loro potere di diventare figli di Dio" (Jn 1,12).

E di ciò devono ricordarsi il lavoratore come il datore di lavoro, il sistema del lavoro come quello della retribuzione; lo devono ricordare lo Stato, la nazione, e la Chiesa.

Quando ero tra voi, cercavo di rendere testimonianza di questo. Pregate, affinché continui a rendere tale testimonianza anche in seguito e tanto più adesso che sono a Roma; che continui a renderla davanti a tutta la Chiesa e davanti al mondo contemporaneo.


3. Con gioia penso alla benedizione del magnifico tempio a Mistrzejowice, la cui costruzione è decisamente progredita. Sapete tutti che ricordo gli inizi di quest'opera: i primissimi inizi. E tutte le tappe successive della costruzione.

Insieme a voi ritorno con la preghiera e col cuore alla tomba del sacerdote Giuseppe, di santa memoria, che ha iniziato quest'opera, mettendo in essa tutte le sue forze e immolando sul suo altare tutta la sua giovane vita. Ringrazio tutti coloro che continuano questa opera con tanto amore e perseveranza.

In questo momento il mio pensiero si rivolge anche alle colline di Krzeslowice. Gli sforzi di tanti anni lentamente stanno portando i loro frutti. Di tutto cuore benedico quest'opera e tutte le altre chiese che sorgono o sorgeranno in questa regione e nei suoi sempre crescenti quartieri.

Dalla croce a Nowa Huta è cominciata la nuova evangelizzazione: l'evangelizzazione del secondo millennio. Questa chiesa lo testimonia e lo conferma. Essa è sorta da una viva consapevole fede, e bisogna che continui a servirla.

L'evangelizzazione del nuovo millennio deve riferirsi alla dottrina del Concilio Vaticano II. Deve essere, come insegna questo Concilio, opera comune dei Vescovi, dei sacerdoti, dei religiosi e dei laici, opera dei genitori e dei giovani. La parrocchia non è soltanto luogo ove si fa la catechesi, essa è anche ambiente vivo che deve attuarla.

La Chiesa la cui costruzione con tanto sforzo, ma anche con tanto entusiasmo, state portando a termine, sorge affinché attraverso essa entri il Vangelo di Cristo in tutta la vostra vita. Avete costruito la chiesa; edificate la vostra vita col Vangelo! Maria Regina della Polonia e il beato Massimiliano Kolbe vi aiutino in questo, continuamente.

Data: 1979-06-09

Data estesa: Sabato 9 Giugno 1979.






GPII 1979 Insegnamenti - Omelia durante la Messa - Newy Targ (Polonia)