GPII 1979 Insegnamenti - Ai Capitolari dei Frati Minori - Città del Vaticano (Roma)

Ai Capitolari dei Frati Minori - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Amate la Chiesa come l'amo san Francesco

Testo: Dilettissimi figli, membri del Capitolo Generale dell'Ordine dei frati Minori.

Volentieri vi concediamo questa udienza speciale; e vi salutiamo di cuore. E mentre ci congratuliamo con il nuovo Ministro Generale, Giovanni Vaughn, al Padre Costantino Koser, che lascia quella carica dopo lungo tempo, va tutta la nostra benevolenza.

Grazie per la gioia che ci recate proprio con questa visita: la vostra presenza ci richiama alla mente i molti rapporti avuti con i francescani e i passi compiuti seguendo itinerari segnati dalle vestigia di san Francesco: vestigia di un uomo profondamente innamorato di Cristo, servo fedele della Chiesa ed amico fraterno degli uomini e del creato intero.

In proposito, ci piace ricordare che, da Cardinale Arcivescovo di Cracovia, due volte al ricorrere dell'anniversario della nostra ordinazione sacerdotale, siamo saliti al monte della Verna, dove il vostro Serafico Padre fu trasformato in immagine di Cristo crocifisso. Poi, elevati alla suprema carica di Romano Pontefice - che è come il vicario dell'amore di Cristo (cfr. san Ambrogio, "Expos. Evang. sec. Luc.", X, 175; PL 15, 1848) - proprio al suo inizio, il 5 novembre dell'anno scorso, ci siamo recati ad Assisi al sepolcro di san Francesco per pregarlo che ci aiutasse ad abbracciare gli uomini della nostra epoca alla maniera del cuore del Salvatore.

Memori, dunque, di tali fatti della nostra vita, vi preghiamo di imprimere profondamente nei vostri animi le parole iniziali della nostra prima Lettera Enciclica, da poco pubblicata: "Gesù Cristo, il Redentore dell'uomo, è il centro dell'universo e della storia". Il messaggio di queste parole è proprio quanto voi dovete annunziare; cioè, occorre che il vostro Ordine recuperi quelle forze primitive che lo rendano idoneo a manifestare Cristo al nostro secolo e ad offrire, sull'esempio del vostro Serafico Padre, quella stessa testimonianza di amore verso la Chiesa che egli visse in misura così elevata.

E pensiamo che a tale sguardo verso la iniziale fortezza vi spinga lo stesso luogo in cui celebrate il Capitolo Generale: cioè il "convento" di Santa Maria degli Angeli: li - come dice san Bonaventura - l'inclito vostro padre "comincio in umiltà, progredi con la virtù, mirabilmente concluse" ("Legenda Major", c. II, n. 8). Là infatti condusse quella stupefacente vita di penitenza che si era proposto fin dall'inizio della sua dedizione a Dio. Ed effettivamente, per attuare ogni rinnovamento spirituale occorre cominciare dalla penitenza, dalla metanoia, cioè da un cambio di mentalità.

Alla luce di tale verità vi rivolgiamo una calda preghiera: non abbiate alcun dubbio sulla vostra identità; non desiderate, non fate - né singolarmente né in comunità - nulla che sia alieno dalla ben nota norma stabilita per sempre dal vostro legislatore e vostro Padre: "Questa è la regola di vita per i frati minori: attuare il santo Vangelo di Nostro Signore Gesù Cristo, vivendo nell'obbedienza, senza alcunché di proprio e in castità" ("Regula", 1).

Dalla fedeltà a questa vostra primigenia forma di vita dipende anche l'intensità della vostra partecipazione al compito salvifico della Chiesa: nella misura in cui vi spenderete, voi stessi e la vostra attività, in stretta adesione al magistero della Chiesa stessa.

Accogliete dunque la paterna esortazione che il Romano Pontefice oggi vi rivolge: amate la Chiesa; amatela come l'ha amata san Francesco! Amatela più di voi stessi: rinunziando anche, qualora occorra, a forme di pensiero e di vita, felici per il passato ma che si rivelino oggi meno adatte a promuovere la forza vitale della Chiesa e ad ampliare gli spazi della sua carità.

E, nel rinnovare questa vostra vocazione ecclesiale, occorre che siate in armonia al volere del Serafico Padre, il quale invio i suoi frati in ogni parte del mondo perché annunziassero agli uomini la pace e la penitenza per la remissione dei peccati (cfr. Tommaso da Celano, "Vita I", p. I, c. XII, n. 29).

Raggiungete gli uomini proprio nelle loro condizioni di vita; curate con amore il seme divino che è in loro (cfr. 1Jn 3,9), affinché conoscano e accolgano l'incarnato Figlio di Dio, e di Dio divengano essi stessi figli. Nessuno, come è ben noto, ha avvertito così intensamente come san Francesco il carattere sacro del creato. Egli - vogliamo qui citare le parole del nostro venerato predecessore Paolo VI - "avendo lasciato tutto per amore di Cristo... in forza di "madonna povertà" ritrovo, per così dire, qualcosa della felicità originale, quando il mondo sgorgo sano dalle mani del Creatore. Nella assoluta rinuncia ai beni della terra e benché ormai quasi cieco, egli elevo l'immortale Cantico delle Creature: le lodi di nostro frate sole, le lodi delle cose dell'intera natura, la quale era divenuta per lui un puro e terso specchio della gloria divina" (Esort. Ap.

"Gaudete in Domino", IV: AAS 67 (1975), 307). Dunque, è parte della vostra vocazione anche l'insegnare agli uomini che i beni di questa terra sono in rapporto con l'opera della salvezza: quando essi per naturale inclinazione si fermano a quei beni, elevateli alla speranza che trascende ogni realtà terrena.

Carissimi francescani! Poiché, in quanto religiosi, siete posti come sulla vetta della consapevolezza cristiana (cfr. Paolo VI, "Evangelica Testificatio", 19: AAS 63 (1971), 508), vi abbiamo rivolto queste parole per rafforzarvi, per spronarvi, per invitarvi ad un fervore di giorno in giorno più alto, con il quale conviene che siate cooperatori del successore del beato Pietro, "al quale è stato in particolar modo affidato il compito grande di propagare il nome cristiano" (LG 23).

La Santa Madre di Dio vi custodisca e vi protegga! Ha infatti un'importanza particolare nella vostra tradizione teologica, particolarmente per quanto riguarda il mistero della sua Immacolata Concezione: proprio per questa verità Maria è divenuta il più perfetto tipo umano della Chiesa che il suo fondatore, Cristo, volle fosse "senza ruga né macchia, ma santa ed immacolata" (cfr. Ep 5,27). Imitate Maria, che era completamente fedele alla volontà di Dio, ascoltatela, mentre additandovi suo Figlio vi esorta: "Ogni cosa che vi dirà, fatela" (Jn 2,5).

Infine, per darvi forza nel rispondere sempre e con passione alla vostra splendida vocazione francescana, impartiamo con sentimenti di paterno affetto, la benedizione apostolica a voi, qui presenti, e a tutta la vostra Famiglia religiosa.

Data: 1979-06-21

Data estesa: Giovedì 21 Giugno 1979.





Ai sacerdoti del Sacro Cuore di Gesù - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Amore ardente e imitazione delle virtù del Sacro Cuore

Testo: Fratelli carissimi, 1. Voglio dirvi la mia sincera gioia per questo incontro odierno, anzitutto per la circostanza peculiare, che interessa tutta la vostra Congregazione: da un mese circa si svolge il Capitolo Generale, nel quale avete eletto il nuovo Consiglio Generale, come pure il nuovo Superiore Generale (il Padre Antonio Panteghini), al quale vanno le mie cordiali e affettuose congratulazioni. Inoltre, confortati dalla preghiera di tutti i vostri Confratelli sparsi nel mondo, ed animati dal vostro specifico carisma, avete meditato sulla vita della vostra Congregazione, che da un secolo dà il suo contributo di spiritualità e di iniziative apostoliche alla vita di tutto il Popolo di Dio.

Ma questo vostro incontro col Papa acquista oggi un particolare, ulteriore significato perché avviene nella solennità liturgica del Sacratissimo Cuore di Gesù, dal quale il vostro Istituto trae il nome e l'ispirazione. La Chiesa tutta celebra oggi l'Amore divino ed umano del Verbo Incarnato e l'Amore che il Padre e lo Spirito Santo nutrono per l'uomo. E' questa la festa dell'Amore infinito di Dio, Uno e Trino, del quale Gesù, con il costato aperto sulla croce, (cfr. Jn 19,31-37) è la Rivelazione suprema e definitiva.


2. Voi siete - e dovete sempre essere - "Sacerdoti del Sacro Cuore di Gesù". così vi ha voluto il vostro fondatore, il Servo di Dio Padre Leone Giovanni Dehon, che volle istituire una Congregazione tutta dedita all'amore e alla riparazione del Sacro Cuore. Il vostro fondatore, vissuto - come è noto - dal 1843 al 1925, in un periodo storico di vari e vasti mutamenti spirituali, culturali, politici e sociali, seppe essere un Sacerdote dalla profonda ed intensa vita interiore e, allo stesso tempo, un apostolo instancabile dell'azione sociale, sulle direttive delle grandi Encicliche del mio predecessore Leone XIII.

"Lo spirito della Congregazione - scriveva il Padre Dehon ai suoi figli in una sua Lettera Circolare - è un amore ardente verso il Sacro Cuore, una fedele imitazione delle sue virtù, principalmente dell'umiltà, dello zelo, della dolcezza, dello spirito di immolazione; e uno zelo instancabile nel suscitargli amici e riparatori, che lo consolino col proprio amore". Sono parole queste che sintetizzano mirabilmente tutto il programma del vostro Istituto, e mantengono intatta la loro forte carica e la loro perfetta contemporaneità.

Sia, dunque, Gesù Cristo il centro della vostra vita, dei vostri ideali, dei vostri interessi, delle vostre finalità. Con la parola, con la predicazione, con gli scritti, con gli strumenti della comunicazione sociale, diffondete "l'ampiezza, la lunghezza, l'altezza e la profondità" dell'amore di Cristo, "che sorpassa ogni conoscenza" (Ep 3,18ss); ma, specialmente, predicatelo e diffondetelo con l'esempio della vostra vita sacerdotale e religiosa, animata dalla fede, dalla visione soprannaturale della realtà, e corroborata dalla fedeltà assoluta e gelosa ai consigli evangelici della povertà, della castità e dell'obbedienza, che vi configurano a Cristo. Riproducete nel vostro cuore - secondo la felice espressione del Padre Dehon - la "santità del Cuore di Gesù!".


3. In particolare, in questa felice circostanza, vorrei raccomandarvi ancora due aspetti tipici della spiritualità del vostro fondatore: l'amore fedele alla Sede Apostolica e la devozione filiale alla Madonna. La sua obbedienza alle direttive e alle decisioni della Santa Sede fu sempre assolutamente incondizionata, senza alcun tentennamento, senza sottili e comode distinzioni, anche - anzi specialmente - quando quelle decisioni gli costavano lacrime e sacrifici.

La sua devozione alla Vergine santissima era limpida, serena, profonda.

Auspico sinceramente che tutti i figli del Padre Dehon seguano questi esempi, per dare inizio al secondo secolo di vita della loro Congregazione con giovanile e rinnovato fervore apostolico, per la gloria di Dio e per l'edificazione della Chiesa.

Al nuovo Superiore Generale, al Consiglio Generale, a voi, Padri Capitolari, a tutti i vostri confratelli sparsi in tutti i continenti, specialmente nelle Missioni, il mio incoraggiamento e l'assicurazione della mia preghiera perché i Sacerdoti del Sacro Cuore di Gesù siano sempre fedeli al loro carisma originario e ripetano sempre con gioia ed entusiasmo: "Vivat Co Iesu, per Co Mariae!".

Con la mia particolare benedizione apostolica.

Data: 1979-06-22

Data estesa: Venerdì 22 Giugno 1979.

Alla delegazione della Chiesa copta-ortodossa - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: L'unità non deve significare uniformità o assorbimento

Testo: Miei cari fratelli in Cristo.

Vi saluto con gioia, stimati ospiti e onorevoli delegati del mio fratello, Sua Santità il Patriarca d'Alessandria, Papa Shenouda III. Gli sono grato di avervi inviato e per le sue calde parole di saluto e di amore fraterno che mi ha rivolto a mezzo vostro. Esse sono un conforto e un incoraggiamento.

Quanto meravigliose sono le opere del Signore! Egli ci dà modo oggi di professare la nostra comune fede in Gesù Cristo, il suo Figlio divino, vero Dio e vero Uomo, che mori e risorse e che attraverso il suo Santo Spirito vive nella sua Chiesa, il corpo di cui egli è il Capo. Noi ci rallegriamo che i dubbi e i sospetti del passato sono stati superati così da farci proclamare ancora una volta insieme e con piena convinzione questa fondamentale verità della nostra fede cristiana.

Fin dal primo giorno della mia elezione a vescovo di Roma ho considerato uno dei miei principali compiti quello di impegnarmi per ricondurre ad unità tutti coloro che portano il santo nome di Cristiani. Lo scandalo della divisione deve essere risolutamente superato per poter tutti esaudire nella vita delle nostre Chiese e nel nostro servizio al mondo la preghiera del Signore della Chiesa "che tutti siano una cosa sola". Ho già ripetuto questo in svariate occasioni. Lo ribadisco a voi, perché si tratta qui della comunione tra due Chiese Apostoliche come le nostre.

Io so che una delle questioni fondamentali del movimento ecumenico è la natura di questa piena comunione che stiamo ricercando e il ruolo che il Vescovo di Roma deve avere, secondo il piano di Dio, nel servizio di questa comunione di fede e di vita spirituale, che è alimentata dai sacramenti ed espressa nella carità fraterna. Un notevole progresso è stato già compiuto nell'approfondimento della nostra posizione sull'argomento. Molto deve essere ancora fatto. Considero la vostra visita a me e alla Sede di Roma un contributo significativo verso la soluzione definitiva di questa questione.

La Chiesa cattolica basa il suo dialogo di verità e di carità con la Chiesa copta-ortodossa sui principi proclamati dal Concilio Vaticano, specialmente nella costituzione della Chiesa "Lumen Gentium" e nel decreto sull'ecumenismo "Unitatis Redintegratio". Sono felice di potermi associare alle affermazioni della Dichiarazione Comune firmata dal mio venerato predecessore Paolo VI, insieme al Papa Shenouda III, nel 1973 e ai successivi incoraggiamenti che la Santa Sede ha dato a questo dialogo da quel momento.

Risulta essenziale per questo dialogo il riconoscimento che la ricchezza di questa unità di fede e di vita spirituale deve poter essere espressa secondo una molteplicità di forme. L'unità - sia a livello universale che locale - non deve significare uniformità o assorbimento di un gruppo in un altro. Spetta piuttosto al servizio di tutti i gruppi aiutare ciascuno a vivere meglio il proprio carisma ricevuto dallo Spirito Santo. Questo vuole essere un incoraggiamento a continuare con fiducia e affidamento nella guida dello Spirito Santo. Qualunque siano i dissapori ereditati dal passato, qualunque siano i dubbi presenti e le tensioni esistenti, il Signore ci chiama alla fiducia e all'amore reciproco.

Se si vuole conseguire la vera unità, essa potrà essere il risultato della cooperazione tra i pastori a livello locale, della collaborazione a tutti i livelli della vita delle nostre Chiese in modo che le nostre genti possano vivere nella comprensione reciproca, nella fiducia e nell'amore reciproco. Senza che alcuno cerchi di dominare gli altri ma servendosi reciprocamente, tutti insieme cresceremo nella perfezione dell'unità per la quale il nostro Signore prego la notte prima di morire (Jn 17) e per la quale l'apostolo Paolo ci esortava a lavorare con ogni perseveranza (Ep 4,11-13).

Di nuovo desidero ringraziarvi per la vostra visita. I miei pensieri e le mie preghiere vanno al mio fratello, Papa Shenouda III, ai Vescovi, al clero e ai fedeli della vostra Chiesa, insieme ai miei fratelli vescovi e fedeli delle Chiese cattoliche d'Egitto, voi pregate e lavorate per la piena comunione ecclesiale che sarà il dono di Dio a tutti noi.

Data: 1979-06-22

Data estesa: Venerdì 22 Giugno 1979.





Ai Capitolari Comboniani - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Un generoso esempio di dedizione apostolica

Testo: Carissimi fratelli, 1. E' per me motivo di grande consolazione dare oggi il benvenuto nella Casa del Padre a voi, benemeriti Missionari Comboniani, all'inizio del vostro Capitolo Generale che - dopo il decreto promulgato ieri dal Cardinale Prefetto di "Propaganda fide" - vede le vostre due famiglie, il ramo italiano e quello tedesco, divise per le note vicende del 1923, nuovamente riunite nella carità del Cuore Sacratissimo di Gesù, di cui, per provvida iniziativa del vostro venerato fondatore, Monsignor Daniele Comboni, siete figli eletti, perché da lui prendete nome e a lui vi ispirate, come "Congregazione dei figli del Sacro Cuore di Gesù".

Vi ringrazio vivamente per la vostra presenza e, ancor più, per la bella testimonianza evangelica che voi avete dato, tornando all'unità di una sola Famiglia religiosa, così come la suscito il carisma originale del pio Fondatore, il quale, nella sua ansia missionaria, aveva costantemente sulle labbra e nel cuore l'"Unum sint" della preghiera sacerdotale di Gesù al Padre celeste (Jn 17,11). Quale valido motivo, questo, cari fratelli, per congratularmi e felicitarmi con voi! Siatene benedetti! Un pensiero riconoscente e riverente va anche e soprattutto alle splendide, anzi eroiche figure di Missionari Comboniani che nel corso degli anni passati ed anche recentemente hanno saputo dare testimonianze di totale abnegazione per la causa di Cristo, fino ad affrontare gravi prove e lo stesso sacrificio della vita, onorando così l'intero Istituto e meritando l'elogio evangelico: "Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno... Rallegratevi ed esultate perché grande è la vostra ricompensa nei cieli" (Mt 5,11-12).


2. Il Capitolo Generale, da voi iniziato ieri sotto lo sguardo benedicente di Gesù, nella solennità liturgica del suo Sacro Cuore, segna per voi la fine di una tappa coronata da molti frutti e l'inizio, più che mai promettente, di un nuovo periodo di servizio ecclesiale nei territori di missione. Ebbene, la Chiesa si attende molto da voi: dal vostro esempio e dalla vostra generosa dedizione apostolica. Auspico perciò che i lavori di codesto Capitolo siano una coraggiosa messa a punto delle Costituzioni e delle Regole per dare alla vostra Congregazione missionaria quella fisionomia spirituale che è richiesta dagli insegnamenti del Concilio Vaticano II, dalle necessità dei tempi e dalle esigenze dei luoghi, nei quali siete chiamati a svolgere il ministero.

In questi giorni di riflessione e di dibattiti, lasciatevi condurre soprattutto dalla figura luminosa del Cristo "mite ed umile di cuore" (Mt 11,29) il quale per la salvezza delle anime, di tutte le anime, senza differenze di lingua, di razza e di nazione (Ap 5,9), è fatto bambino con i bambini, povero con i poveri, sofferente con i sofferenti, via per gli smarriti, verità per gli erranti, vita per tutti gli uomini: si è fatto in una parola, "tutto a tutti" (cfr. 1Co 15,28), come afferma san Paolo, perché tutti potessero sentirlo vicino, benefico e salvatore, e potessero dire con lo stesso Apostolo delle Genti: "Egli ha amato me e si è sacrificato per me" (Ga 2,10).


3. Vi siete prefissi di risalire alle origini della vostra Congregazione religiosa per vivere sempre meglio la vostra vocazione missionaria secondo lo spirito nativo, a voi donato dal fondatore con la sua vita virtuosa e col suo esempio di Sacerdote zelante e di Vescovo infaticabile, totalmente consacrato alla salvezza degli infedeli nelle vaste e dissite plaghe dell'Africa, divenuta sua patria d'elezione. Abbiate cura che nulla venga ad alterare di quanto egli volle imprimere sul volto del suo e vostro Istituto. L'educazione dei giovani, la cura dei malati, l'assistenza ai poveri, l'istruzione ai catecumeni e la devozione al Sacro Cuore di Gesù, "in cui sono tutti i tesori di sapienza e di scienza" (Col 2,3), devono restare, pur nel necessario aggiornamento, i tratti caratteristici delle vostre Comunità religiose.

E' necessario perciò che, di fronte al rischio dell'attivismo, invece dell'attività, e dell'agitazione, invece dell'azione, a cui uno zelo disordinato potrebbe trascinare anche il missionario, si dia il primato alla vita interiore, alla preghiera, alla meditazione, allo spirito di povertà e di sacrificio, per non cedere alla sottile tentazione di uniformarsi al mondo, magari col pretesto di conoscerlo meglio, ma in realtà col pericolo di rimanere impigliati nelle sue maglie. Memori delle parole del Maestro: "Voi siete nel mondo, ma non del mondo" (Jn 15,19), abbiate cura di essere, dovunque vi rechiate, segni distintivi del Cristo interiormente ed esteriormente: nel modo di vivere e di comportarsi, perfino nell'abito che vi sottragga all'anonimato ed indichi la vostra presenza in mezzo al popolo.

Nelle sessioni del vostro delicato lavoro vi sostenga lo spirito benedetto del vostro Fondatore: egli che fu così aperto ai bisogni delle anime, ma sempre unito a Dio, vi ispiri e vi ottenga le grazie necessarie per una vera riforma della vostra vita consacrata e per una adeguata conoscenza degli urgenti e molteplici bisogni del mondo missionario di oggi.

Su ciascuno di voi, sui vostri lavori e sulla riunificata vostra Congregazione discenda la mia speciale benedizione apostolica che ora imparto con paterna benevolenza.

Data: 1979-06-23

Data estesa: Sabato 23 Giugno 1979.

A vescovi indiani in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Vocazione della comunità è diffondere la Parola di Dio

Testo: Cari fratelli in nostro Signore Gesù Cristo E' difficile esprimere adeguatamente la gioia che provo nell'incontrare i miei fratelli Vescovi durante le loro visite "ad limina". Ogni visita è l'incontro con il pastore della Chiesa locale, con il capo spirituale di una comunità ecclesiale particolare che ha una sua identità nel contesto dell'unità cattolica. L'unica santa, cattolica e apostolica Chiesa vive in ciascuna delle vostre diocesi e in tutte nel loro insieme. Una visita "ad limina" è infatti per ciò una celebrazione dell'unità cattolica e una manifestazione della fedeltà a Gesù Cristo, "il Pastore supremo" (1P 5,41) della Chiesa universale.

Come successore di Pietro e Vicario di Cristo, desidero oggi salutare nelle vostre persone tutti i cattolici delle regioni del Tamil Nadu, come pure quelli che sono rappresentati da altri Vescovi che si sono uniti a questo gruppo regionale. Inoltre desidero rendere un rispettoso omaggio all'antica cultura del vostro paese: una cultura colma di saggezza, ricca di umana esperienza e di valori spirituali che valorizzano Dio e la sua provvidenza nella storia dell'uomo.

In un dato momento della vita del vostro popolo, un messaggio di rivelazione unico ed originale fu offerto e liberamente accettato da coloro che volevano basare la propria vita su "tutto quello che Gesù fece e insegno fino al giorno in cui egli fu assunto in cielo" (Ac 1,1). Il nome di Gesù Cristo fu predicato ed il suo Vangelo diffuso in mezzo a voi. La sua persona divina divenne per molti il centro della loro vita e il suo messaggio di dolcezza e di umiltà divenne l'ispirazione delle loro attività. Attraverso l'azione dello Spirito Santo, il seme della parola di Dio sparso nella buona terra, produsse frutti di santità di giustizia e d'amore. Dio continua ad essere lodato nelle opere meravigliose che la sua grazia ha compiuto in India.

La parola di Dio, che contiene la Buona Novella della salvezza in Gesù Cristo, divenne una grossa ed eterna eredità da conservare e da trasmettere. Venne accettata come un tesoro da tramandare di generazione in generazione. Per parte sua, Gesù riferi quanto gli era stato comunicato dal Padre; non fece nulla da se stesso (cfr. Jn 8,28). Effettivamente Gesù insiste sul fatto che egli parla con l'autorità del Padre suo: "La mia dottrina non è mia, ma di colui che mi ha mandato" (Jn 7,16). La trasmissione di questo insegnamento è affidata all'azione dello Spirito Santo; essa ha preso posto in eterno attraverso la Chiesa. Lo Spirito Santo, che il Padre manda nel nome di Gesù, risveglia nella Chiesa la realizzazione della sua vocazione come comunità chiamata ad ascoltare, a custodire e a realizzare la parola di Dio. La trasmissione del Vangelo diviene la comune responsabilità dell'intera comunità, che vive e agisce sotto la guida dello Spirito Santo.

Lo stesso Spirito che pervade l'intero Corpo di Cristo e lo consolida nell'unità dona alla comunità un carisma di servizio speciale - l'ufficio del Vescovo - che diviene strumento specifico per la salvaguardia e la proclamazione della parola di Dio. Questo ruolo distinto è il vostro oggi, cari fratelli, chiamati come siete a governare la Chiesa, insieme al successore di Pietro e nell'unità del collegio Episcopale. Ognuno di voi fa esperienza dell'importanza e dell'urgenza delle parole di Paolo a Timoteo: "Custodisci il ricco deposito della fede con l'aiuto dello Spirito Santo che abita in noi" (2Tm 1,14). Questa carica costituisce un aspetto vitale del vostro stesso ministero all'interno e a vantaggio della Chiesa, che nella sua totalità è orientata al servizio della parola vivente di Dio.

Nell'assolvere al vostro ruolo, siete assistiti in primo luogo dai vostri sacerdoti, che sono veramente degni di tutto il vostro amore fraterno e della vostra attenzione pastorale. Come collaboratori, anch'essi hanno "il principale dovere di annunciare a tutti il Vangelo di Dio" (PO 4). Vi chiedo di confermarli continuamente nell'importanza del ruolo che essi svolgono nel compimento dell'opera della redenzione.

Nelle vostre Chiese locali so che i catechisti hanno un ruolo particolare nel grande compito di trasmettere la parola di Dio. La vostra guida in questo campo è vitale: provvedete alla preparazione dottrinale e spirituale dei catechisti, perché essi stessi siano istruiti nella parola di Dio, ricolmi del mistero dell'amore di Cristo, e partecipi del suo zelo nel servizio. Con la vostra guida i catechisti comprenderanno che al centro della loro missione c'è l'urgenza di comunicare Cristo: rivelare la sua parola ai loro fratelli, sollecitando la risposta sovrannaturale della fede, della speranza, della carità. Solo ricevendo la parola di Dio la comunità dei fedeli può arrivare alla piena maturità in Cristo suo Capo. Il successo in campo catechetico presuppone una coscienza della comune responsabilità della Chiesa: una realizzazione affidata a tutti i fedeli nel battesimo e nella Cresima dallo stesso Signore Gesù per condividere l'apostolato della sua Chiesa (cfr. LG 33). Siate certi che il Papa sostiene e incoraggia i vostri sforzi per preparare, sostenere e aggiornare i vostri catechisti. Prego anche che lo Spirito Santo vi guidi a trovare nuove occasioni per promuovere questa grande attività apostolica nelle vostre Chiese locali.

La trasmissione della fede è legata in modo speciale all'istruzione data agli studenti dei seminari. La fedeltà alla Chiesa e alla sua vocazione, di ascoltare, custodire e attuare la parola di Dio, dipende dall'efficacia dei seminari. Questa è la ragione per cui il Concilio Vaticano II poté ben definire i seminari come "i cuori delle diocesi" (OT 5). Ogni comunità ecclesiale è definita dallo stato dei seminari che preparano i suoi sacerdoti. Gli effetti dell'istruzione seminariale durano nel tempo. Per questo motivo ho recentemente parlato ad un gruppo di Rettori di Seminari esprimendo chiaramente le mie aspettative per questo importante aspetto della vita della Chiesa. In quell'occasione affermavo: "In una parola, la prima priorità per i seminari di oggi è l'insegnamento della parola di Dio, in tutta la sua purezza e integrità con tutte le sue implicazioni e in tutta la sua forza... Un secondo esito di particolare importanza... è quello della disciplina ecclesiastica" (Giovanni Paolo II, "Discorso" del 3 marzo 1979). Questi due aspetti - la dottrina e la disciplina - sottopongo al vostro zelo pastorale in vista di un'attenta promozione. Le vocazioni al sacerdozio sono un grande dono di Dio alla comunità della sua Chiesa.

Come Vescovi dobbiamo dare voce alla chiamata di Dio verso i giovani; dobbiamo incoraggiare i nostri giovani ad accettare una vocazione coraggiosamente e spontaneamente; e dobbiamo pregare "il padrone della messe affinché mandi operai nella sua messe" (Mt 9,38). Con precisa responsabilità dobbiamo promuovere le vocazioni che abbiamo già ricevuto, incoraggiando la dottrina e la disciplina dei nostri seminari. Questa sollecitudine, cari fratelli, l'ho descritta lo scorso Giovedì Santo dicendo: "La piena ricostituzione della vita dei seminari in tutta la Chiesa sarà la migliore verifica della realizzazione del rinnovamento, verso il quale il Concilio ha orientato la Chiesa" ("Lettera a tutti i Vescovi della Chiesa", in occasione del Giovedì Santo 1979).

L'attività catechistica e dei seminari: questi sono due strumenti privilegiati della Chiesa per compiere la sua vocazione di trasmettere la parola di Dio. Oggi mi associo ai vostri fervidi sforzi in questo campo, e a tutte le vostre altre iniziative in favore del Vangelo.

Nutro anche fiducia che voi otterrete la benevolenza e la stima di tutti gli uomini e le donne di buona volontà sulla questione della libertà religiosa. Il Concilio Vaticano II ha richiesto alla Chiesa di promuovere la dignità dell'uomo, proclamando le esigenze di questa dignità naturale. Ha così dichiarato che la persona umana "ha diritto alla libertà religiosa" (DH 2). Con questo documento il Concilio si proclama alleato con i milioni di persone nel mondo che spontaneamente abbracciano, in tutte le sue applicazioni pratiche, l'articolo diciotto della Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo delle Nazioni Unite: "Tutti hanno il diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione...".

Con queste speranze e preghiere, cari fratelli nell'Episcopato, io rinnovo l'espressione della mia profonda solidarietà con voi, in Cristo e nella Chiesa. Chiedo a Maria, Madre di Dio e Madre della Chiesa di sostenervi nella gioia e nella forza per la gloria del suo Figlio e per il generoso servizio al vostro popolo. Per il resto, fratelli, "Teniamo lo sguardo fisso su Gesù, autore e perfezionatore della fede" (He 12,2).

Data: 1979-06-23

Data estesa: Sabato 23 Giugno 1979.





Lettera al Cardinale Cooray - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: In occasione del 50° dell'ordinazione sacerdotale

Testo: Al Nostro Venerabile fratello Cardinale Tommaso Cooray già Arcivescovo di Columbia Venerabile Nostro fratello, il 23 giugno tu canterai di nuovo con tutto il cuore queste parole del salmista: "Che cosa rendero al Signore per quanto mi ha dato?" (Ps 115,12), parole già mille volte cantate da te, quasi come un inno in cui riassumerai tutti i doni che Dio ti ha concesso. Sono passati cinquant'anni dal giorno della tua ordinazione sacerdotale, anni nei quali Dio ti ha continuamente colmato di benefici, che si possono ricondurre a questo solo: ti ha concesso di consistere in Cristo, vera vite, e di perseverare nel suo amore cosicché tu fossi un tralcio che porta molto frutto (cfr. Jn 15,1-9), proprio secondo la natura del sacerdozio.

Consapevole infatti della tua dignità e del tuo compito, hai tenuto una condotta santa nella tua vita, per essere una immagine non indegna di Cristo, Sommo Sacerdote. Ti sei fatto docile ai suoi insegnamenti; fermo assertore della sua verità; custode della fede in tutte le circostanze della vita; costante e attivo; esempio di virtù; testimonianza di un modo di vivere e di intendere la vita diverso in questa età minata dallo smodato desiderio di piaceri e incline a una nuova paganità; infine testimone di Cristo tale da avvicinare a Cristo in questi cinquant'anni moltissime persone, o almeno turbare con il nome di Cristo, porre loro delle domande e proporre Cristo come oggetto di ricerca per le menti e i cuori di molti. Questa è una messe copiosa. Tuttavia il giorno in cui celebrai solennemente questo così lungo periodo della tua attività, sarà senza dubbio occasione per aggiungere ancora qualcosa a questo ricco patrimonio di opere.

Infatti non celebrerai te stesso, ma Colui che si è servito di te come di uno strumento per consegnare la sua vita agli uomini; e avrai di te la coscienza di Giovanni Battista quando dice: "Bisogna che egli cresca ed io diminuisca" (Jn 3,30). E questa sarà la tua più grande gioia; infatti la gioia più grande di un vero sacerdote - che fa le veci di Cristo - è questa: aver lasciato crescere in sé e oltre sé Cristo, perché apparisse solo Cristo; e comprendendo chiaramente che tutto quello che hai fatto è solo opera di Dio, lo rimetterai semplicemente e umilmente nelle mani del Padre misericordioso.

Mentre, nostro venerabile fratello, parliamo a te sacerdote, elevato anche alla dignità episcopale, ti apriamo anche il nostro animo memore, perché, come sei stato validissimo collaboratore dei nostri predecessori, così continui ad esserlo per noi, in quel grande compito che è spiegato nelle parole della preghiera del Signore: "Venga il tuo regno". Considera che questi cinquant'anni non sono un periodo passato e concluso, ma piuttosto un tempo vivo e destinato a perdurare nella Chiesa, in quanto hai contribuito ad estendere il regno di Dio e ad aprire la porta dell'immortalità. Questa fede edifichi la solennità che stai per celebrare; infatti celebrerai un giorno di festa nella tua vita, un "è", non un "fu".

Confermiamo questo augurio con la preghiera e con la benedizione apostolica, che impartiamo con tutto il cuore a te e a coloro che intorno a te per le celebrazioni saranno come la voce di Dio: voce di lode, voce di ringraziamento, voce di affetto.

Data: 1979-06-23

Data estesa: Sabato 23 Giugno 1979.


GPII 1979 Insegnamenti - Ai Capitolari dei Frati Minori - Città del Vaticano (Roma)