GPII 1979 Insegnamenti - A Vescovi della Colombia in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)





Recita dell'Angelus - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Pregare per Pietro

Testo: Carissimi fratelli e sorelle.

1. La solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, che abbiamo celebrato alcuni giorni or sono, ci permette di ricordare ancora un brano degli Atti degli Apostoli (12,5). Ecco, quando Pietro era stato incarcerato a Gerusalemme da Erode e rischiava la pena di morte, allora - come leggiamo - "una preghiera saliva incessantemente a Dio dalla Chiesa per lui". La preghiera ha portato allora la miracolosa liberazione di Pietro dal carcere.

Questa frase degli Atti degli Apostoli sulla Chiesa, che pregava incessantemente per Pietro, ha un significato non soltanto storico. In essa si esprime la prassi permanente della Chiesa stessa che, come pregava per Pietro, così prega incessantemente per i suoi successori. Lo fa in ogni santa Messa, ricordando nel canone il nome dell'attuale successore di san Pietro. Lo fa anche in altre occasioni e in altre maniere. La preghiera per Pietro è diventata, in un certo senso, il primo modello della preghiera della Chiesa per i suoi successori.

Contemporaneamente, in questa preghiera si esprime l'amore per la Chiesa e il senso di responsabilità per la causa del Vangelo, che la Chiesa assume sotto la guida di Pietro e dei suoi successori.


2. Nel corso di tutto l'anno, ricevo tante prove di affetto da parte dei miei fratelli e sorelle, da tutto il mondo. Durante le ultime settimane, specialmente attorno alla festa dei santi Pietro e Paolo, ne ho avute particolarmente numerose.

Desidero quindi esprimere la mia gratitudine a tutti i miei benefattori, da me conosciuti, almeno per la corrispondenza, ed anche a quelli sconosciuti.

Desidero contraccambiare con la preghiera quotidiana per tutti coloro che pregano per me e offrono qualche volta grandi sacrifici spirituali per il mio servizio, per la buona realizzazione dei compiti affidatimi da Cristo Signore, per la grazia del servizio fruttuoso alla Chiesa.

La preghiera è un legame invisibile, che unisce le comunità dei fedeli.

E' un legame molto forte e molto profondo. In essa si esprime l'unità spirituale del Popolo di Dio.

Il dono della preghiera è un dono particolare. E' un dono profondamente impegnativo. In questa odierna circostanza ho pensato che dovrei manifestarlo pubblicamente.

Il dono della preghiera, che ricevo da tanti miei fratelli e sorelle, è fonte di continuo rafforzamento. Cristo, che ha raccomandato a Pietro "conferma i tuoi fratelli", ha appoggiato questa raccomandazione sulla sua propria preghiera.

Ha detto: "Io ho pregato per te, che non venga meno la tua fede" (Lc 22,32). E quando è arrivato il momento difficile, gli ha dato quel rafforzamento, di cui leggiamo negli Atti degli Apostoli: la Chiesa ha pregato per Pietro.

E non può essere esercitato diversamente questo grande servizio, se non in base alla profonda certezza della fede, proveniente dalle parole di Cristo rivolte una volta a Pietro, e, nello stesso tempo, in base alla preghiera di tutta la Chiesa.

Per tale preghiera desidero oggi ringraziare tutti e ciascuno in particolare in questa speciale circostanza.

Ricordino tutti che sempre penso a loro come ai miei benefattori.

Data: 1979-07-08

Data estesa: Domenica 8 Luglio 1979.





Al Sovrano Consiglio dell'Ordine di Malta - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Servire l'uomo nel nome di Cristo

Testo: Illustrissimi Signori.

Ho ascoltato con vivo piacere le nobili parole pronunciate a nome vostro dal Gran Maestro dell'Ordine che intendo ringraziare, mentre con viva cordialità lo saluto insieme a tutti voi e a quanti voi qui degnamente rappresentate.

Con l'incontro di oggi vengo a contatto per la prima volta, da quando sono stato eletto alla Cattedra di Pietro, con i Responsabili ed i Membri di un'antica e illustre istituzione cristiana e cattolica qual è il Sovrano Militare Ordine di Malta, posto sotto la speciale protezione di san Giovanni Battista.

Voglio dirvi, pertanto, la mia sincera letizia nell'accogliervi in questa casa del Pastore comune della Chiesa universale, nella quale vi distinguete non solo per la storia prestigiosa dell'Ordine, ma anche per la testimonianza concreta del vostro peculiare impegno cristiano. Nella vostra presenza odierna, infatti, mi è caro scorgere un atto filiale di devoto omaggio e di tenace fedeltà alla Sede apostolica, ma anche e ancor più un segno chiaro di rinnovata ansia per un sempre più profondo impegno di vita evangelicamente spesa per il maggior bene della Chiesa e di tutti i fratelli.

Conosco la diffusione nel mondo e l'efficace dedizione dimostrata dall'Ordine di Malta nei tempi più recenti nel campo di varie iniziative assistenziali e in particolar modo nell'importante settore del servizio ospedaliero. Per tutto ciò che mettete in opera in questo ambito di attività vi ringrazio di vero cuore. Mi pare che tutti i vostri sforzi si collochino nella linea della realizzazione di ciò che ho scritto nella mia lettera enciclica "Redemptor Hominis", quando dicevo che "l'uomo, nella piena verità della sua esistenza,... è la prima e fondamentale via della Chiesa, via tracciata da Cristo stesso, via che immutabilmente passa attraverso il mistero dell'Incarnazione e della Redenzione" (RH 14). Quindi, tutto quanto la vostra famiglia farà, per servire e promuovere ulteriormente l'uomo in nome di Cristo, sarà certamente benedetto dal Signore, in conformità alle sue parole: "Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me" (Mt 25,40). Ed è qui certamente che consiste il più bel titolo di gloria dell'Ordine di Malta, il quale si aggiunge a quelli già conseguiti nei secoli passati e anzi li supera con la forza luminosa del massimo comandamento evangelico.

La mia parola, a questo punto, non può che farsi pressante incoraggiamento a proseguire sulla via maestra della Chiesa, che è la stessa via percorsa da Cristo, il quale ha offerto se stesso per la salvezza di tutti gli uomini. "Del resto", come ci assicura san Paolo, "Dio ha potere di far abbondare in voi ogni grazia perché, avendo sempre il necessario in tutto, possiate compiere generosamente tutte le opere di bene; come sta scritto: "ha largheggiato, ha dato ai poveri, la sua giustizia dura in eterno"" (2Co 9,8-9).

In pegno di questi voti, sono lieto di concedere la particolare benedizione apostolica al Gran Maestro, ai Responsabili e a tutti i Membri del Sovrano Ordine di Malta, estendendola altresi a tutti i loro cari.

Data: 1979-07-09

Data estesa: Lunedì 9 Luglio 1979.







Alla Conferenza Mondiale sull'Agricoltura e lo Sviluppo rurale - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: L'amore per la terra alla base del progresso civile

Testo: Signor Presidente, Illustri Signori.

La vostra Conferenza affronta in Roma un tema di estrema importanza per le sorti della famiglia umana e di vivo interesse per la Chiesa, che in virtù della sua stessa missione, si sente impegnata a portare un contributo disinteressato, rispondente alla sua natura, all'elevazione umana delle popolazioni agricolo-rurali.

Non vi può essere dubbio che la riforma agraria e lo sviluppo rurale, di cui trattate, segnerà un ulteriore passo sul cammino che le Organizzazioni internazionali specializzate in questo campo, tra cui la FAO, hanno sempre percorso fin dalla loro costituzione.

Sono lieto di cogliere questa singolare occasione per riaffermare, in continuità con i miei predecessori, il vivo apprezzamento di questa Sede Apostolica per l'incisiva ed efficiente azione che le Organizzazioni della famiglia delle Nazioni Unite svolge nel settore dell'alimentazione, dell'agricoltura e dello sviluppo rurale (cfr. Giovanni XXIII, "Mater et Magistra": AAS 53 (196)) 439).

Il vostro incontro vi offre possibilità di una vicendevole informazione su una grande varietà di esperienze: varietà nella quale è assai probabile che emergano convergenze che siano invito e stimolo a feconde collaborazioni nei campi che sono oggetto di vostro studio. Auguro che tali convergenze vi permettano di delineare soluzioni concretamente possibili da adottare nelle politiche interne e tali da far raggiungere una migliore armonizzazione sul piano internazionale, in considerazione dell'originalità culturale, degli interessi legittimi e dell'autonomia di ciascun popolo, e in rispondenza al diritto alla crescita nella vita individuale e collettiva delle popolazioni rurali.

Certamente il comando divino di dominare la natura a servizio della vita comporta che la valorizzazione razionale e l'utilizzazione delle risorse della natura siano orientate al conseguimento delle fondamentali finalità umane (cfr. RH 15). Ciò anche in conformità al principio basilare della destinazione dei beni della terra a beneficio di tutti i membri della famiglia umana. Indubbiamente, sono da "porre in atto trasformazioni audaci, profondamente rinnovatrici" (Paolo VI, PP 32).

Stando le cose come sono all'interno dei singoli Paesi va prevista una riforma fondiaria che implichi una riorganizzazione di proprietà terriere e l'assegnazione del suolo produttivo ai contadini in modo stabile e in diretto godimento, con l'eliminazione di quelle forme e strutture che sono improduttive con danno della collettività.

La costituzione Pastorale "Gaudium et Spes" (GS 71) del Concilio Vaticano II ha già reso giustizia a tali esigenze, inserendo la legittima ricerca di un più efficace uso produttivo della terra nella preoccupazione più fondamentale che il lavoro dei coltivatori venga svolto in condizioni, nei modi e per gli obiettivi che siano in armonia con la loro dignità di persona. Valgono qui le parole che ho rivolto in Messico agli Indios di Cuilapan: "Il depresso mondo rurale, il contadino che con il suo sudore irriga anche il suo sconforto, non può più aspettare che si riconosca in modo pieno ed efficace la sua dignità, non inferiore a quella di qualsiasi altro settore sociale. Ha diritto che lo si rispetti; che non lo si privi, con manovre che a volte equivalgono a vere spogliazioni, del poco che possiede; che non si impedisca la sua aspirazione a partecipare direttamente alla sua propria elevazione. Ha diritto che cadano le barriere di sfruttamento, spesso fatte di egoismi intollerabili e contro le quali vanno in pezzi i suoi migliori sforzi di promozione. Ha diritto all'aiuto efficace, che non sia elemosina o briciole di giustizia, perché possa accedere allo sviluppo che merita la sua dignità di uomo e di figlio di Dio" (Giovanni Paolo II, "Discorso agli Indios", 29 gennaio 1979: AAS 71 (1979) 209).

Nel diritto di proprietà sulla terra è sempre inerente, come ho detto altra volta, un'ipoteca sociale ("Discorso per l'inaugurazione della III Conferenza Generale dell'Episcopato latino-americano", 4, del 28 gennaio 1979: AAS 71 (1979) 199). Perciò, nella riforma delle strutture, mi permetterei di invitarvi a prendere nella più alta considerazione tutte quelle forme di contratti agrari che consentono un uso efficiente della terra mediante il lavoro, e garantiscono i diritti primari dei lavoratori.

Si fa riferimento non solo alla possibilità di lavorare efficientemente la terra, ma anche alla garanzia di un adeguato reddito dal lavoro agricolo.

E' urgente realizzare l'obiettivo del diritto al lavoro, con tutti i presupposti richiesti per allargare le possibilità di assorbimento delle moltitudini disponibili di manodopera agricola e ridurre la disoccupazione.

Parimenti, bisogna promuovere l'inserimento dei lavoratori in attitudine di responsabilità nel funzionamento delle aziende agricole, anche allo scopo di creare, quanto più è possibile, un rapporto particolare fra il lavoratore della terra e la terra che egli lavora.

Inoltre, tale diritto al lavoro della terra deve essere garantito congiuntamente alle più ampie e migliorate condizioni di vita umana e civile dell'ambiente rurale. Solo così si può favorire la presenza attiva soprattutto delle giovani generazioni anche nell'economia di sviluppo agricolo, ed evitare un eccessivo esodo dalle campagne.

La riforma agraria e lo sviluppo rurale richiedono pure che siano previste riforme per ridurre le distanze tra la prosperità dei ricchi e la preoccupante indigenza dei poveri.

Va pero tenuto presente che il superamento degli squilibri e delle stridenti disparità nelle condizioni di vita tra il settore agricolo e gli altri settori dell'economia o tra i gruppi sociali all'interno di un Paese, richiede una oculata politica da parte dei poteri pubblici: una politica impegnata in una ridistribuzione dei redditi a vantaggio dei più bisognosi.

Ritengo opportuno riaffermare quanto ho detto in altra occasione e, cioè, che una riforma più ampia e una distribuzione più giusta ed equa dei beni va prevista "anche nel mondo internazionale in generale, evitando che i Paesi più forti usino il proprio potere a detrimento di quelli più deboli". La riforma si amplia, perciò, necessariamente a quella di una nuova regolamentazione dei rapporti tra Paesi. Ma per raggiungere un tale obiettivo "occorre fare appello nella vita internazionale ai principi dell'etica, alle esigenze della giustizia... bisogna dare il primato morale, a ciò che nasce dalla piena verità sull'uomo" ("Discorso per l'inaugurazione, della III Conferenza Generale dell'Episcopato latino-americano, 4, 28 gennaio 1979: AAS 71 (1979) 199).

Si tratta, in definitiva, di ridare all'agricoltura il posto che le spetta nell'ambito dello sviluppo interno e internazionale, modificando la tendenza che, nel processo di industrializzazione, ha portato fino a tempi recenti a privilegiare i settori secondario e terziario.

E' confortevole constatare che, in base all'esperienza, appare oggi evidente la necessità di correggere l'unilaterale industrializzazione di un Paese e di abbandonare l'utopistica attesa di averne sicuramente e direttamente effetti di sviluppo economico e di progresso civile per tutti.

La grande importanza dell'agricoltura e del mondo rurale si rileva già per l'apporto decisivo che essa offre alla società con la disponibilità dei prodotti più necessari per l'alimentazione.

Ma oggi si coglie inoltre e sempre più la rilevante funzione dell'agricoltura sia come conservazione dell'ambiente naturale che come preziosa fonte di energia.

L'amore per la terra e il lavoro dei campi è un invito non a nostalgici ritorni nel passato, ma a un'affermazione dell'agricoltura come base di una sana economia nell'insieme dello sviluppo e del progresso civile di un Paese e del mondo.

Crescente rilievo assume la collaborazione attiva dei ceti rurali a tutto il processo di crescita della collettività.

E' ovvio che è sempre preferibile e auspicabile che il concorso alle scelte economiche, sindacali e politiche avvenga in modo personale e responsabile.

Ciò costituisce certamente, nei diversi sistemi economici e politici, la maturazione graduale di una autentica espressione di quella libertà che è indispensabile elemento di vero progresso.

Va constatata pure l'importanza sempre più evidente di varie forme di associazioni che possono portare a nuove espressioni della solidarietà tra i lavoratori della terra e consentire l'inserimento qualificato dei giovani e della donna nell'impresa agricola e nella comunità civile.

Naturalmente, va sempre tenuto presente che ogni proposta e ogni attuazione di reali ed efficienti riforme presuppone un mutamento fondamentale nell'attitudine mentale e nella buona volontà da parte di tutti: "Siamo tutti solidalmente responsabili delle popolazioni sottoalimentate" - riconosceva già Giovanni XXIII, parlando ai Dirigenti e Funzionari della FAG il 4 maggio 1960 - "occorre educare la coscienza al senso di responsabilità che pesa su tutti e su ciascuno, specialmente sui più favoriti" (cfr. G"Mater et Magistra": AAS 53 (1961) 440).

Faccio appello a voi responsabili delle scelte e degli indirizzi di politica interna e internazionale.

Faccio appello a tutti quanti possano essere in grado di svolgere una loro azione, come esperti e funzionari e come promotori di iniziative per l'assistenza allo sviluppo.

Faccio appello soprattutto a chiunque abbia possibilità di concorrere all'educazione e formazione, specialmente dei più giovani.

Mi consentano di esprimere la mia viva fiducia che ognuno si senta sempre più coinvolto in questo richiamo all'apporto generoso di ciascuno.

Permettetemi di esprimere la mia ferma fiducia che ognuno sia mosso da questo appello alla generosità nei confronti di ogni individuo.

Concludendo chiedo a Dio Onnipotente di assistere tutti voi, membri di questa Conferenza Mondiale riuniti nel nome della solidarietà umana e di sollecitudine fraterna. Prego che gli sforzi che state facendo, dinanzi al giudizio della storia e di fronte alle presenti sfide di questa generazione portino abbondanti frutti per il progresso dell'umanità, frutti che siano durevoli.

Data: 1979-07-14

Data estesa: Sabato 14 Luglio 1979.





A Castel Gandolfo - Roma

Titolo: Tempo delle vacanze momento di riflessione

Testo: Carissimi fratelli e sorelle! Sono a tutti sinceramente grato per quest'accoglienza così spontanea e festosa, che mi fa sentire immediatamente "di casa" in questa vostra città, prescelta dai miei recenti predecessori come loro dimora per il periodo del riposo estivo.

Saluto il Vescovo di Albano, Monsignor Gaetano Bonicelli, che, con gesto di fraterna comunione, ha voluto recarmi la testimonianza dell'affettuoso attaccamento suo e di tutti i fedeli della diocesi. Saluto il parroco e tutta la comunità parrocchiale, della quale per qualche tempo avro anch'io l'onore e il piacere di sentirmi partecipe.

E poi il mio saluto si rivolge alla famiglia civile: al Signor Sindaco e a quanti condividono con lui le cure dell'amministrazione cittadina; come pure ai turisti e ai villeggianti, che si sono uniti alla popolazione locale, per tributarmi questo caloroso e simpatico benvenuto.

Rinnovo a tutti l'espressione della mia riconoscenza e tutti invito a ringraziare con me il Signore per la festa di verde, di fiori, di frutti, che in questo periodo egli profonde attorno a noi con munifica larghezza. Il tempo delle vacanze offre a tante persone l'opportunità di un contatto più diretto con la natura. E' importante che ognuno di noi si faccia osservatore attento delle meraviglie del creato, della sua bellezza sempre nuova, della sua fecondità inesauribile, della sua profondità suggestiva e misteriosa.

La riscoperta di questi valori, dal cui incanto troppo spesso la vita moderna ci tiene lontani, fa nascere nel cuore un sentimento di gioiosa gratitudine, che facilmente si trasforma in preghiera: "Benedici il Signore, anima mia; Signore, mio Dio, quanto sei grande! Rivestito di maestà e di splendore, avvolto di luce come di un manto. Tu stendi il cielo come una tenda, costruisci sulle acque la tua dimora, fai delle nubi il tuo carro, cammini sulle ali del vento...", con quel che segue di quel bellissimo Salmo 103.

Esprimo a tutti l'augurio che il periodo delle vacanze sia un'occasione non solo di ristoro per il corpo, ma anche di ripresa per lo spirito e, nell'invocare su di voi e sui vostri cari i doni copiosi della provvida bontà divina, tutti benedico di cuore.

Data: 1979-07-14

Data estesa: Sabato 14 Luglio 1979.





Ad un gruppo di "Comunione e Liberazione" - Castel Gandolfo (Roma)

Titolo: Fedeltà a Cristo che libera e unisce

Testo:

1. Con profonda venerazione abbiamo ascoltato le parole, che la liturgia della Chiesa dedica alla domenica odierna. Ora, bisogna fermarsi un po' ed accogliere queste parole, cioè adattarle ai cuori degli ascoltatori. Adattarle alla nostra vita. Ecco alcuni pensieri in questo senso.


2. Anzitutto: chi siamo noi tutti, membri di questa assemblea, ascoltatori della Parola di Dio e, fra poco, partecipi del Corpo e del Sangue del Signore? La domanda: "chi sono?" condiziona tutte le altre domande e tutte le risposte relative all'argomento: "che cosa devo fare?".

A questa prima e fondamentale domanda risponde oggi san Paolo nella lettera agli Efesini. Risponde: siamo scelti da Dio in Cristo Gesù. "Benedetto sia Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli, in Cristo. In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo, per essere santi e immacolati al suo cospetto nella carità, predestinandoci a essere suoi figli adottivi per opera di Gesù Cristo, secondo il beneplacito della sua volontà. E questo a lode e gloria della sua grazia, che ci ha dato nel suo Figlio diletto" (Ep 1,3-6).

Questa è la risposta che ci dà oggi san Paolo alla domanda "chi sono?", e la sviluppa nelle altre parole dello stesso testo della lettera agli Efesini.

Ecco l'ulteriore tappa di questa risposta: Siamo redenti; siamo colmi della remissione dai peccati e della grazia; siamo chiamati all'unione con Cristo e, in seguito, ad unificare tutti in Cristo.

E non è ancora la fine di questa risposta paolina: Siamo chiamati ad esistere per la gloria della Maestà Divina; partecipiamo alla parola della verità, al Vangelo della salvezza, siamo segnati con il sigillo dello Spirito Santo; siamo partecipi dell'eredità, in attesa della completa redenzione, che ci farà proprietà di Dio.


3. Tale è la risposta paolina alla nostra domanda. C'è tanto da meditare.

Perdonate se io mi limito soltanto a dare alcuni accenni.

Le parole della lettera agli Efesini non possono finire di risuonare nei limiti di una sola lettura, nell'ascolto di una sola volta. Devono rimanere con noi. Devono proseguire con noi. Queste sono parole a misura di tutta la vita. A misura dell'eternità.

Sarebbe bene, se esse potessero proseguire insieme con ognuno di voi durante queste settimane e mesi di riposo delle vacanze. Ovunque vi orientiate: sia a qualche impegno temporaneo... sia al lavoro apostolico... O forse, come già più di una volta, al pellegrinaggio da Varsavia a Jasna Gora...

Vadano con voi queste parole. La risposta alla domanda: "chi sono?", "chi siamo?". Plasmino e formino la vostra personalità, inseriti, come siamo, nella stessa radice, nella dimensione del mistero, che Cristo ha iscritto nella vita di ognuno di noi.

Il sacrificio, cui partecipiamo, la santa Messa, ci dà ogni volta anche la risposta alla domanda fondamentale: "chi siamo?".


4. Che cosa dobbiamo fare? Forse la risposta a questa seconda domanda non emerge, dalla odierna liturgia della Parola Divina, con la stessa forza di quella relativa alla domanda: "chi siamo?". Pero, anch'essa è pure forte e decisa.

Dio dice ad Amos: "Va', profetizza al mio popolo" (Am 7,15).

Cristo chiama i Dodici e incomincia a mandarli a due a due (Mc 6,7). E ordina loro di entrare nelle singole case e così rendere testimonianza. Il Concilio Vaticano II ha ricordato che tutti i cristiani, non solo gli ecclesiastici, ma anche i laici, hanno la loro parte nella missione profetica di Cristo. Non c'è alcun dubbio circa il "che cosa dobbiamo fare".


5. Rimane sempre attuale tuttavia la domanda: come lo dobbiamo fare? Mi rallegro che a questa domanda cerchiate una risposta, sia ognuno di voi individualmente, sia insieme con tutta la vostra comunità. Chi cerca tale risposta, la trova al tempo opportuno.

Il Salmo responsoriale d'oggi ci rassicura che "Misericordia e verità s'incontreranno...".

"La verità germoglierà dalla terra".

Si, la verità deve germogliare da ciascuno di noi; da ciascun cuore.

Siate fedeli alla verità. Fedeli alla vostra vocazione. Fedeli al vostro impegno. Fedeli alla vostra scelta. Siate fedeli a Cristo, che libera e unisce (comunione e liberazione).


6. Infine, un fervido augurio per ognuno di voi e per tutti. Come un raggio di luce della liturgia odierna: perché il Dio del Signore nostro Gesù Cristo penetri i nostri cuori con la propria luce per farci comprendere quale è la speranza della nostra vocazione (cfr. Ep 1,17-18).

Si realizzi questo augurio per l'intercessione della Madonna, dinanzi alla quale abbiamo meditato la Parola Divina della liturgia odierna, per poter continuare a compiere il sacrificio eucaristico.

Data: 1979-07-15

Data estesa: Domenica 15 Luglio 1979.




Recita dell'Angelus - Castel Gandolfo (Roma)

Titolo: Incessante gratitudine per la gente dei campi

Testo:

1. Oggi desidero richiamare l'attenzione di coloro che partecipano a questa comune preghiera di mezzogiorno, su tutti gli uomini che coltivano la terra, cioè sugli agricoltori. Ieri mi sono incontrato con i partecipanti alla Conferenza Mondiale per la Riforma Agraria e lo Sviluppo Rurale. Questa grande riunione promossa dalla FAO ci mette davanti agli occhi il non piccolo numero di uomini, che in modo semplice ma basilare servono la causa dell'alimentazione del prossimo, cioè gli uomini che coltivano la terra: sono proprio loro, infatti, che ci nutrono. Per questo si deve loro un'incessante gratitudine e la memoria costante del loro duro lavoro. Il rispetto per la loro professione richiede non solo che essa trovi la riconoscenza sociale, ma che porti pure agli agricoltori la debita remunerazione, e crei condizioni adeguate per il sostentamento loro e delle loro famiglie.

La Sede apostolica ha dedicato a questo problema molta attenzione. Lo testimoniano documenti pontifici di grande importanza, come per esempio le encicliche "Mater et Magistra", "Populorum Progressio", e il discorso di Paolo VI alla Conferenza Mondiale dell'Alimentazione nel 1974. Per quanto riguarda il lavoro dell'Agricoltura, mi sono espresso già più di una volta, soprattutto in occasione dei viaggi in Messico e in Polonia.

Non può mai sfuggire alla nostra attenzione il problema di un giusto atteggiamento nei confronti del lavoro agricolo a motivo della sua fondamentale importanza per la vita quotidiana della società intera. Né possiamo trascurare il problema del mondo rurale, specialmente nei Paesi del Terzo Mondo, dove la grande maggioranza della popolazione vive della terra e ne dipende per il proprio sviluppo.

Nei vari Paesi sono molto diverse le condizioni del mondo rurale e del lavoro agricolo, ed è molto diversa la posizione sociale della gente dei campi.

Certamente ciò dipende dal grado di sviluppo della tecnica in agricoltura, ma dipende anche dai giusti diritti e dalle leggi della politica agricola, dal livello di tutta l'etica sociale. A tutti gli agricoltori del mondo bisogna augurare che al loro lavoro, così prezioso, non si unisca mai l'ingiusto sentimento di essere socialmente emarginati! La fuga degli uomini dal lavoro dell'agricoltura si spiega in certo modo col progresso della tecnica, ma è causata anche da situazioni obiettive ingiuste, le quali fanno si che, in circostanze concrete, la gente rurale non ha possibilità di assicurarsi un livello minimo di vita. Sarebbe peggio se tale fuga fosse provocata da altri motivi, che abbassino il rango sociale degli agricoltori.

Nell'ambito di questo breve discorso, non è possibile accennare a tutti gli importanti argomenti connessi con questo tema. Desidero pero che in questo invito alla preghiera, tutti gli uomini che coltivano la terra trovino la conferma di quella stima, di cui il loro lavoro gode agli occhi della Chiesa, e che essa attinge da Cristo. Non può essere diversamente, se ricordiamo che Cristo una volta ha definito Dio, suo Padre, "agricoltore" o "aratore" (cfr. Jn 15,1). E perciò, esprimendo il nostro rispetto per tutti gli agricoltori in ciascun Paese del mondo, preghiamo Dio-"Agricoltore", nostro Padre celeste, affinché benedica il loro lavoro, lo protegga dalle calamità naturali, che possono distruggerne il frutto, affinché essi possano rallegrarsi di servire il prossimo, assicurandone i necessari mezzi alimentari. E preghiamo anche perché benedica gli sforzi di quanti si impegnano, a livello nazionale e internazionale, per la promozione e il benessere del mondo rurale.


2. Vi invito tutti a pregare per un Paese che sta vivendo giorni di tragica tensione interna, il Nicaragua. Come Padre di tutti, a me anzitutto spetta la parola di pace, l'invocazione alla solidarietà e al soccorso per la gente che soffre, per la popolazione che da settimane e settimane, ormai al limite delle resistenze fisiche e morali, supporta privazioni di ogni genere. Il mio pensiero va ai molti, ai troppi morti che il conflitto tra fratelli sta facendo, e particolarmente alle vittime inermi e incolpevoli, tra le quali molti vecchi o bambini; senza dire dei saccheggi e delle distruzioni che hanno devastato le principali città ed altri centri abitati, della crescente mancanza di alimenti, di medicinali, di soccorsi essenziali.

Già solo una situazione così drammatica - che ricorda i giorni non molto lontani del terribile terremoto, con l'aggravante che ora pesano negli animi non solo le distruzioni, ma gli odi e le divisioni che la lotta continuamente accresce - deve stimolare la nostra ardente invocazione al Signore perché al Nicaragua siano risparmiati altri giorni di sofferenza e di lutto e si trovi, con buona volontà, una soluzione di giustizia e di vera pace sociale.

Data: 1979-07-15

Data estesa: Domenica 15 Luglio 1979.





Al Cardinale Manning e all'Arcivescovo Quinn - Castel Gandolfo (Roma)

Titolo: Cordoglio per la morte del cardinale McIntyre

Testo: Al Cardinale Timoty Manning Arcivescovo di Los Angeles.

All'intera arcidiocesi di Los Angeles vanno le mie condoglianze alla morte del suo predecessore Cardinale McIntyre. Ringrazio Dio per la sua vita al servizio della Chiesa di Cristo che egli ha tanto amato e fedelmente servito, come pure per la sua leale devozione alla Sede di Pietro e al suo successore. Pregando per il riposo eterno della sua anima nella pace e nella gioia di Cristo Risorto, imparto la mia particolare benedizione apostolica a quanti lo piangono nella speranza cristiana.

A Monsignor John Quinn Arcivescovo di san Francisco, Presidente della Conferenza Episcopale degli Stati Uniti.

Alla morte del Cardinale McIntyre desidero esprimere i miei sentimenti di solidarietà e di partecipazione alla Conferenza Episcopale. Onoro la memoria del Cardinale per la sua fedeltà alla Chiesa e alla Sede Apostolica. E prego perché l'esempio della sua semplicità cristiana e carità pastorale sia tenuto in onore negli anni a venire.

Data: 1979-07-16

Data estesa: Lunedì 16 Luglio 1979.










Recita dell'Angelus - Castel Gandolfo (Roma)

Titolo: I bambini rappresentano l'innocenza da riconquistare

Testo:

1. Desidero salutare cordialmente tutti i presenti qui, in questa ora meridiana: abitanti di Castel Gandolfo, forestieri e pellegrini, che vogliono recitare con me l'"Angelus Domini" e meditare con devozione il mistero dell'Incarnazione del Verbo eterno.

Grande è la luce che questo mistero effonde sulla vita dell'uomo.

Bisogna ritornare continuamente ad esso, affinché la vita conservi per noi il valore che Dio le ha dato, creando l'uomo a propria immagine e somiglianza e divenendo in seguito lui stesso uomo tra gli uomini. La luce di questa verità non cessi mai d'essere l'idea guida di tutta la nostra esistenza terrena.


2. Permettetemi ora di rivolgere il pensiero verso i bambini. Verso i vostri bambini, verso tutti i bambini, sia quelli venuti qui stamane come anche quelli rimasti a casa, e infine verso tutti i bambini del mondo. Sia qui presente dinanzi agli occhi del nostro cuore ogni bambino, come quello che una volta Gesù pose dinanzi ai suoi discepoli pronunciando queste memorabili parole: "Se... non diventerete come i bambini non entrerete nel regno dei cieli" (Mt 18,3).

Cristo ha attribuito un enorme importanza al bambino. Lo ha fatto quasi portavoce della causa a lui proclamata e per la quale ha dato la propria vita. Lo ha fatto rappresentante, il più semplice, di questa causa, quasi un suo profeta.

Il valore del bambino in ogni società sta nel fatto che egli testimonia dell'innocenza ideata dal Creatore e Padre celeste per l'uomo. Perduta col peccato questa innocenza deve essere riconquistata da ognuno di noi con fatica. In questa fatica, in questo sforzo dell'intelletto, della volontà e del cuore, l'immagine del bambino è per l'uomo ispirazione e sorgente di speranza. Dio che, come Padre, ci chiama tutti a casa propria, ci aiuterà a riacquistare l'innocenza del bambino.


3. Il bambino è sorgente di speranza. Parla ai genitori dello scopo della loro vita, rappresenta il frutto del loro amore. Permette inoltre di pensare al futuro.

I genitori vivono per i figli, lavorano e faticano per loro. E non soltanto nella famiglia, ma anche in ogni società il bambino fa pensare all'avvenire. Nei bambini la nazione vede il proprio domani, come il proprio domani vede in essi la Chiesa.

Ed è perciò un bene che l'anno corrente sia per tutto il mondo l'anno del fanciullo. Ricordando ciò desidero, insieme con voi, abbracciare col pensiero tutti i bambini, ovunque si trovino. Molti di loro, approfittando delle vacanze, soggiornano certamente nei vari luoghi di villeggiatura (almeno per quella parte del globo che si trova ora in estate). Essi godono del fascino della natura, godono dell'acqua, dei boschi, dei monti. Il Padre celeste permette loro di ben riposare. Secondo il modello del Figlio di Dio, possano essi crescere "in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini" (Lc 2,52). Non cessino di risvegliare in noi la speranza umana ed anche quella speranza del regno di Dio, che Cristo ha aperto a chi si fa come loro (cfr. Mt 18,3). Ci aiutino a ricordare che il regno di Dio è in mezzo a noi (cfr. Lc 17,20).

Ritorneremo ancora in altre circostanze a parlare dei bambini.


4. Nel recitare ora l'"Angelus" non manchi poi un ricordo per i fratelli e le sorelle e, in particolare, per i bambini profughi. Come sapete, si è conclusa ieri a Ginevra la Conferenza internazionale sui profughi indocinesi. Siete tutti al corrente della tragedia, che si sta svolgendo nel lontano Sud-Est asiatico: la sorte di quegli infelici interpella la coscienza di tutti, ed impegna ognuno a fare quanto dipende da lui per recare soccorso.

Imitiamo l'esempio del buon Samaritano, che porto aiuto alla persona trovata sul ciglio della strada (cfr. Lc 10,34).

Preghiamo la Santa Madre di Dio perché prenda sotto la protezione del suo amore quei nostri fratelli che, in mezzo a pericoli spesso mortali, cercano una terra che li accolga. Preghiamo anche perché le disponibilità offerte a Ginevra dai vari Paesi - con una emulazione degna di lode - trovino efficace e pronta applicazione con la collaborazione di tutte le parti.

Non c'è infatti che una sola risposta al dramma dei rifugiati: la risposta dell'amore.

Al Capitolo Generale degli Scolopi Un saluto tutto particolare rivolgo ai Padri dell'Ordine degli Scolopi, che in questi giorni tengono il Capitolo Generale ad Ariccia, e oggi sono intervenuti a questo incontro di preghiera. Auguro loro di cuore un buon lavoro, così da porre sempre più questa antica Famiglia religiosa al servizio della santa Chiesa, con un'accresciuta dedizione, in conformità col Vangelo e nel genuino spirito del loro fondatore.

Al coro venezuelano Desidero ora dirigere un cordiale saluto al gruppo di studenti che compone la Cappella di Caracas. Molte grazie per i vostri canti. Rendete l'arte musicale un mezzo di lode al Signore, di elevazione spirituale ed umana per voi stessi e per gli altri! Affinché sia così, vi raccomando al Signore nelle preghiere e vi imparto la mia benedizione.

Data: 1979-07-22

Data estesa: Domenica 22 Luglio 1979.











GPII 1979 Insegnamenti - A Vescovi della Colombia in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)