GPII 1979 Insegnamenti - Ai dipendenti delle Ville Pontificie - Castel Gandolfo (Roma)

Ai dipendenti delle Ville Pontificie - Castel Gandolfo (Roma)

Titolo: E' Gesù che sazia per sempre la fame del nostro cuore

Testo: "Dove possiamo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?".

Dinanzi alla folla, che lo ha seguito dalle rive del mare di Galilea fin verso la montagna per ascoltare la sua parola, Gesù dà inizio, con questa domanda, al miracolo della moltiplicazione dei pani, che costituisce il significativo preludio al lungo discorso, nel quale si rivela al mondo come il vero pane della vita disceso dal cielo (cfr. Jn 6,41).

1. Abbiamo ascoltato il racconto evangelico: con cinque pani d'orzo e con due pesci, messi a disposizione da un ragazzo, Gesù sfama circa cinquemila uomini. Ma questi, non comprendendo la profondità del "segno" in cui sono stati coinvolti, sono convinti di aver trovato finalmente il Re-Messia, che risolverà i problemi politici ed economici della loro Nazione. Di fronte a tale ottuso fraintendimento della sua missione, Gesù si ritira, tutto solo, sulla montagna.

Anche noi, sorelle e fratelli carissimi, abbiamo seguito Gesù e continuiamo a seguirlo. Ma possiamo e dobbiamo chiederci: con quale atteggiamento interiore? Con quello autentico della fede, che Gesù attendeva dagli Apostoli e dalla folla sfamata, oppure con un atteggiamento di incomprensione? Gesù si presentava in quella occasione come, anzi più di Mosè, che nel deserto aveva sfamato il popolo israelita durante l'esodo; si presentava come, anzi più di Eliseo, che con venti pani d'orzo e di farro aveva dato da mangiare a cento persone. Gesù si manifestava, e si manifesta oggi a noi, come Colui che è capace di saziare per sempre la fame del nostro cuore: "Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà più fame e chi crede in me non avrà più sete" (Jn 6,33).

E l'uomo, specialmente quello contemporaneo, ha tanta fame: fame di verità, di giustizia, di amore, di pace, di bellezza; ma, soprattutto, fame di Dio. "Noi dobbiamo essere affamati di Dio!" esclama sant'Agostino ("famelici Dei esse debemus" (S. Agostino, "Enarr. in Ps. 146", 17: PL 37, 1895ss). E' lui, il Padre celeste, che ci dona il vero pane!

2. Questo pane, di cui abbiamo bisogno, è anzitutto il Cristo, il quale si dona a noi nei segni sacramentali dell'Eucaristia, e ci fa sentire, in ogni Messa, le parole dell'ultima Cena: "Prendete e mangiatene tutti: questo è il mio corpo offerto in sacrificio per voi". Col sacramento del pane eucaristico - afferma il Concilio Vaticano II - "viene rappresentata e prodotta l'unità dei fedeli, che costituiscono un solo Corpo in Cristo (cfr. 1Co 10,17). Tutti gli uomini sono chiamati a questa unione con Cristo che è luce del mondo; da lui veniamo, per lui viviamo, a lui siamo diretti" (LG 3).

Il pane di cui abbiamo bisogno è, inoltre, la parola di Dio, perché "non di solo pane vivrà l'uomo, ma di ogni parola che procede dalla bocca di Dio" (Mt 4,4 Dt 8,3). Indubbiamente, anche gli uomini possono esprimere e pronunciare parole di alto valore. Ma la storia ci mostra come le parole degli uomini siano talvolta insufficienti, ambigue, deludenti, tendenziose; mentre la Parola di Dio è piena di verità (cfr. 2S 7,28 1Co 17,26); è retta (Ps 33,4); è stabile e rimane in eterno (cfr. Ps 119,89 1P 1,25).

Dobbiamo metterci continuamente in religioso ascolto di tale Parola; assumerla come criterio del nostro modo di pensare e di agire; conoscerla, mediante l'assidua lettura e la personale meditazione; ma, specialmente, dobbiamo farla nostra, realizzarla, giorno dopo giorno, in ogni nostro comportamento.

Il pane, infine, di cui abbiamo bisogno, è la grazia; e dobbiamo invocarla, chiederla con sincera umiltà e con instancabile costanza, ben sapendo che essa è quanto di più prezioso possiamo possedere.


3. Il cammino della nostra vita, tracciatoci dall'amore provvidenziale di Dio, è misterioso, talvolta umanamente incomprensibile, e quasi sempre duro e difficile.

Ma il Padre ci dona il "pane del cielo" (cfr. Jn 6,32), per essere rinfrancati nel nostro pellegrinaggio sulla terra. Mi piace concludere con un passo di sant'Agostino, che sintetizza mirabilmente quanto abbiamo meditato: "Si comprende molto bene... come la tua Eucaristia sia il cibo quotidiano. Sanno infatti i fedeli che cosa essi ricevono ed è bene che essi ricevano il pane quotidiano necessario per questo tempo.

Pregano per loro stessi, per diventare buoni, per essere perseveranti nella bontà, nella fede, e nella vita buona... la parola di Dio, che ogni giorno viene a voi spiegata e, in un certo senso, spezzata, è anch'essa pane quotidiano" (S. Agostino, "Sermo 58", IV: PL 38, 395).

Che Cristo Gesù moltiplichi sempre, anche per noi, il suo pane! così sia!

Data: 1979-07-29

Data estesa: Domenica 29 Luglio 1979.





Recita dell'Angelus - Castel Gandolfo (Roma)

Titolo: Stare accanto ai malati e ai sofferenti


Testo:

1. Ci raduniamo nuovamente per l'"Angelus Domini" qui, a Castel Gandolfo.

Approfittando dell'ospitalità degli abitanti, siamo qui per pregare e per riflettere in comune sull'amore, che Dio ha rivelato all'uomo, incarnandosi. Maria di Nazaret e stata e rimarrà per sempre il primo testimone di questo amore, il primo testimone del mistero dell'Incarnazione. A lei ci rivolgiamo, in modo particolare, con questa preghiera comune e, insieme a lei, desideriamo meditare il mistero dell'Incarnazione del figlio di Dio.


2. In questo mistero vogliamo oggi sentire particolarmente a noi vicini tutti gli ammalati e i sofferenti. Certamente ve ne saranno anche qui a Castel Gandolfo; approfitto di questa circostanza per salutarli in modo speciale. E' noto che dappertutto, in ogni villaggio, in ogni città, grande o piccola, in ogni paese, in ogni continente, vi sono uomini che soffrono.

Vi sono infermi, gravemente ammalati, incurabili, invalidi; persone condannate a muoversi con l'aiuto di una carrozzella; donne e uomini incatenati ad un letto di dolore.

Forse proprio in questo periodo dell'anno, in cui gli uomini sani godono di un tempo di riposo in montagna, nei boschi, al mare e ai laghi, i nostri fratelli sofferenti risentono più dolorosamente il loro stato. Sono per loro limitate, molto limitate, e alle volte persino inaccessibili queste semplici e lecite gioie della vita, il fascino dell'estate, del riposo, dell'aria libera.


3. Quando riflettiamo sull'immensità del dolore umano, di quel dolore che è tra noi, nelle nostre case, negli ospedali, nelle cliniche, dappertutto nel mondo, allora il significato delle parole di Cristo: "Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli... (fratelli miei sofferenti) l'avete fatto a me" (Mt 25,40), diventa estremamente reale. Quanto il Cristo si moltiplica attraverso queste parole! Quanto è presente nella storia dell'umanità! E quanti uomini nel mondo "fanno qualcosa per lui", perfino non rendendosene conto, non sapendo forse nemmeno che egli esista...


4. Anche noi, attraverso la nostra riflessione, vogliamo fare qualcosa per i nostri fratelli e sorelle sofferenti. Persino il solo ricordo di essi è già un atto. Il nostro incontro di oggi, in occasione dell'"Angelus Domini", lo dedichiamo a loro: e al ricordo uniamo la preghiera, e alla preghiera il ricordo.

Questa è infatti la preghiera, in cui ogni volta si rivela l'amore di Dio verso l'uomo. Dio ha rivelato il suo amore all'uomo incarnandosi: "Il Verbo si fece carne" (Jn 1,14).

Ed ecco che, abbracciando col pensiero tutti i nostri fratelli e sorelle nella loro sofferenza, desideriamo che divengano soprattutto consapevoli dell'amore di Dio verso l'uomo. Che esso si manifesti a loro più forte della sofferenza. Che rischiari le tenebre della loro dura sorte.

Lo chiediamo per tutti i nostri sofferenti attraverso Maria, Madre del Verbo Incarnato. Ella ha capito più di tutti questo amore e lei sa avvicinarlo a ciascun uomo.

Preghiamo affinché lo avvicini a tutti i sofferenti.


5. Non posso oggi non esprimere la mia viva ansia e preoccupazione per la sorte riservata al gruppo di persone della Missione Cattolica di Merymount, in Rhodesia-Zimbabwe, che sono state rapite alcuni giorni fa. Fra di esse vi è un fratello laico gesuita e sei religiose di una Congregazione locale.

Le informazioni finora pervenute sono scarse. Col mio pensiero sono vicino a questi nostri fratelli e sorelle, nella fiducia che possa aversi una notizia consolante sulla loro condizione.

Auspico di cuore che tutti possano presto ritornare alla loro benefica attività umana e cristiana, svolta in favore delle locali popolazioni, come fanno generosamente molti altri missionari, tra i quali alcuni hanno recentemente offerto, per l'amore di Cristo, anche la vita.

Perciò invito caldamente a pregare, affinché il Signore tocchi il cuore dei responsabili di questo gesto, ed esaudisca la nostra umile ma pressante preghiera per il ritorno della pace e della tranquillità tra quelle provate popolazioni.

Ad una rappresentanza dei rifugiati indocinesi La prima parola di saluto è giusto che oggi vada al gruppo di profughi indocinesi, giunto a Roma nei giorni scorsi e di cui è qui presente una rappresentanza, composta soprattutto da bambini.

Li saluto con particolare intensità di affetto e sono certo di rendermi interprete dei sentimenti di tutta la Comunità cattolica nel dare loro il benvenuto fra noi e nel porgere l'augurio di una soddisfacente sistemazione in terra italiana.

Il Signore li assista, li conforti e li aiuti a trovare tra questo popolo ospitale un avvenire di speranza e di tranquillità.

Al gruppo dei giovani canottieri Desidero rivolgere un cordiale saluto ed augurio ai numerosi giovani canottieri, che in questi giorni stanno svolgendo le gare nel ridente lago di Albano, per iniziativa del Comitato Regionale Laziale della Federazione Italiana di Canottaggio.

Carissimi giovani, la vostra presenza mi offre la gradita occasione di rallegrarmi con voi per la vostra attività sportiva così nobile ed esaltante, quand'essa è improntata ad autentico agonismo ed a fraterna lealtà; e di fare voti non solo per la riuscita nelle vostre competizioni, ma anche nella vostra vita.

Scenda copiosa e propiziatrice l'invocata benedizione su tutti voi atleti, sui vostri dirigenti e tecnici, sui familiari qui presenti e su tutta la grande famiglia di codesta benemerita Federazione.

Alla comunità giovanile di Canneto Saluto poi cordialmente i bambini che da Canneto, dove si trovano in colonia presso i Padri Salesiani, hanno voluto venire a questo appuntamento di preghiera.

Siate sempre lieti e buoni, cari bambini. Il Signore vi assista e vi accompagni la mia benedizione.

Data: 1979-07-29

Data estesa: Domenica 29 Luglio 1979.









Telegrammi di cordoglio - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Cordoglio per la morte del Cardinale Ottaviani

Testo: Al Signor Cardinale Carlo Confalonieri Decano del Sacro Collegio.

Appresa la dolorosa notizia della dipartita del Cardinale Alfredo Ottaviani le rivolgo sincere condoglianze per il lutto che colpisce il Sacro Collegio. E mentre ricordo con animo commosso le doti di intelligenza e di cuore dello Scomparso, la sua profonda pietà, le iniziative di sacerdotale ministero e l'incondizionata fedeltà alla Chiesa e alla Santa Sede, innalzo a Dio il mio suffragio per l'Anima eletta ed invio a lei e ai venerati fratelli Cardinali la confortatrice benedizione apostolica.

Al Signor Cardinale Franjo Seper Prefetto della Sacra Congregazione per la Dottrina della fede.

Vivamente colpito dalla dolorosa notizia della scomparsa del Cardinale Alfredo Ottaviani, Prefetto Emerito di codesto Sacro Dicastero, desidero esprimere il mio sincero cordoglio per la morte di questo generoso servitore di Dio e della Chiesa. Ricordando l'assidua dedizione e l'instancabile zelo nel tutelare fermamente con la profonda fede e lo spirito sacerdotale che sempre lo distinsero la purezza della dottrina cristiana, elevo al Signore fervide preghiere di suffragio per la sua Anima eletta e invio a lei e ai suoi collaboratori la confortatrice benedizione apostolica.

All'Avvocato Renato Ottaviani.

Partecipo vivamente al profondo dolore per la scomparsa del Cardinale Alfredo Ottaviani et mentre elevo preghiere di suffragio invocando per lui il premio eterno, desidero fare pervenire Ac lei et a tutti i familiari in lutto l'espressione mie condoglianze che accompagno con la confortatrice benedizione apostolica.

Data: 1979-08-04

Data estesa: Sabato 4 Agosto 1979.





Al Centro Italiano di Solidarietà - Castel Gandolfo (Roma)

Titolo: Solo Cristo dà senso alla vita e alla storia dell'uomo

Testo: Carissimi.

Siamo qui riuniti attorno all'altare del Signore, che solo può illuminarci sul mistero della nostra vita, dramma di amore e di salvezza, e che solo può darci la forza per non cadere o per risollevarci, e, soprattutto, per vivere in modo conforme alle esigenze ed agli ideali del cristianesimo.

Questo è appunto, mi pare, il tema centrale della liturgia di questa domenica, in cui Gesù, pane di vita, si presenta a noi come unico e vero significato dell'esistenza umana.

1. Nei nostri tempi, purtroppo, il razionalismo scientifico e la struttura della società industriale, caratterizzata dalla ferrea legge della produzione e del consumo, hanno creato una mentalità chiusa entro un orizzonte di valori temporali e terreni, che tolgono alla vita dell'uomo ogni significato trascendente.

L'ateismo teorico e pratico largamente serpeggiante; l'accettazione di una morale evoluzionistica, non più legata ai principi solidi e universali della legge morale naturale e rivelata, ma al costume sempre mutevole della storia; l'insistita esaltazione dell'uomo, come autonomo autore del proprio destino e, all'estremo opposto, la sua deprimente umiliazione al rango di passione inutile, di sbaglio cosmico, di assurdo pellegrino del nulla in un universo ignoto e beffardo, hanno fatto smarrire a molti il significato della vita e hanno spinto i più deboli e i più sensibili ad evasioni funeste e tragiche.

L'uomo ha un bisogno estremo di sapere se merita nascere, vivere, lottare, soffrire e morire, se ha valore impegnarsi per qualche ideale superiore agli interessi materiali e contingenti, se, in una parola, c'è un "perché" che giustifichi la sua esistenza terrena.

Questa dunque resta la questione essenziale: dare un senso all'uomo, alle sue scelte, alla sua vita, alla sua storia.


2. Gesù possiede la risposta a questi nostri interrogativi; lui può risolvere la "questione del senso" della vita e della storia dell'uomo. Ecco la fondamentale lezione della liturgia odierna. Alla folla che l'ha seguito, purtroppo soltanto per motivi di interesse materiale, essendo stata sfamata gratuitamente con la moltiplicazione miracolosa dei pani e dei pesci, Gesù dice con serietà e autorità: "Procuratevi non il cibo che perisce, ma quello che dura per la vita eterna, e che il Figlio dell'uomo vi darà" (Jn 6,28-29).

Dio si è incarnato per illuminare, anzi per essere il significato della vita dell'uomo. Questo bisogna credere con profonda e gioiosa convinzione; questo bisogna vivere con costanza e coerenza; questo bisogna annunziare e testimoniare, nonostante le tribolazioni dei tempi e le avverse ideologie, quasi sempre così insinuanti e sconvolgenti.

E in che modo Gesù è il significato dell'esistenza dell'uomo? Egli stesso lo spiega con consolante chiarezza: "Il Padre mio vi dà il pane del cielo, quello vero; il pane di Dio è colui che scende dal cielo e dà la vita al mondo...

Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà più fame e chi crede in me non avrà più sete" (Jn 6,32-35). Gesù parla simbolicamente, ricollegandosi al grande miracolo della manna data da Dio al popolo ebraico nella traversata del deserto.

E' chiaro che Gesù non elimina la normale preoccupazione e la ricerca del cibo quotidiano e di tutto ciò che può rendere la vita umana più progredita, più evoluta, più appagante. Ma la vita passa fatalmente. Gesù fa presente che il vero significato del nostro esistere terreno sta nell'eternità, e che tutta la storia umana con i suoi drammi e le sue gioie deve essere vista in prospettiva eterna.

Anche noi, come il popolo d'Israele, viviamo sulla terra l'esperienza dell'Esodo: la "terra promessa" è il cielo. Dio, che non ha abbandonato il suo popolo nel deserto, non abbandona neppure l'uomo nel suo pellegrinaggio terreno.

Gli ha dato un "pane", capace di sostentarlo lungo la strada: il "pane" è Cristo.

Egli è prima di tutto il cibo dell'anima con la verità rivelata e poi con la sua stessa Persona presente nel Sacramento dell'Eucaristia.

L'uomo ha bisogno della trascendenza! L'uomo ha bisogno della presenza di Dio nella sua storia quotidiana! Solo così può trovare il senso della vita! Ebbene, Gesù a tutti continua a dire: "Io sono la via, la verità e la vita" (Jn 14,6); "Io sono la luce del mondo; chi segue me non cammina nelle tenebre, ma avrà la luce della vita" (Jn 8,12); "Venite a me, voi tutti che siete affaticati e oppressi e io vi ristorero!" (Mt 11,28).


3. La riflessione ora si porta su ciascuno di noi. Dipende da noi, infatti, raccogliere il significato che Cristo è venuto ad offrire all'esistenza umana ed "incarnarlo" nella nostra vita. Dipende dall'impegno di tutti "incarnare" tale significato nella storia umana. Grande responsabilità e sublime dignità! E' necessaria, a questo scopo, una testimonianza coerente e coraggiosa della propria fede. San Paolo, scrivendo agli Efesini, traccia, in questo senso, un concreto programma di vita: bisogna, prima di tutto, abbandonare la mentalità mondana e pagana: "Vi scongiuro nel Signore: non comportatevi più come i pagani nella vanità della loro mente"; poi, bisogna cambiare la mentalità mondana e terrestre nella mentalità di Cristo: "Dovete deporre l'uomo vecchio con la condotta di prima, l'uomo che si corrompe dietro le passioni ingannatrici"; infine, bisogna accettare tutto il messaggio di Cristo, senza riduzioni di comodo, e vivere secondo il suo esempio: "Dovete rinnovarvi nello Spirito della vostra mente e rivestire l'uomo nuovo, creato secondo Dio nella giustizia e nella santità vera" (Ep 4,17 Ep 4,20-24).

Carissimi, come vedete, si tratta di un programma molto impegnativo, sotto certi aspetti potrebbe dirsi addirittura eroico; eppure dobbiamo presentarlo a noi e agli altri nella sua integralità, contando sull'azione della grazia, che può dare a ciascuno la generosità di accettare la responsabilità delle proprie azioni in prospettiva eterna e per il bene della società.

Andate, dunque, avanti con fiducia e con generoso impegno, cercando ogni giorno nuovo slancio e nuova gioia nella devozione a Gesù Eucaristico e nella confidenza in Maria santissima.

Mi piace concludere citandovi un pensiero del mio venerato predecessore Paolo VI (Discorso ai Cardinali, 21 giugno 1976), del quale ricorre domani il primo anniversario della pia dipartita: "Nell'imperversare di interessi contrastanti, dannosi al vero bene dell'uomo, occorre proclamare di nuovo le grandi parole del Vangelo, che, sole, han dato luce e pace agli uomini in altri analoghi sconvolgimenti della storia" ("Insegnamenti di Paolo VI", XIV (1976) 502).

Ecco, figli carissimi, con la luce e con la pace che ci vengono da queste eterne parole, noi proseguiamo serenamente il nostro cammino.

Data: 1979-08-04

Data estesa: Sabato 4 Agosto 1979.





Recita dell'Angelus - Castel Gandolfo (Roma)

Titolo: Il servizio di Paolo VI alla Chiesa e all'umanità

Testo:

1. L'"Angelus Domini" - preghiera che ci richiama alla memoria il mistero dell'Incarnazione del Figlio di Dio - rievoca in coloro che lo recitano anche il ricordo dei defunti. Se è sempre stato così, tanto più lo è oggi, in cui questo ricordo è qui, a Castel Gandolfo, particolarmente attuale. Infatti, un anno fa, nella solennità della Trasfigurazione del Signore, il 6 agosto, proprio qui a Castel Gandolfo, compiva la sua difficile e laboriosa vita papa Paolo VI. Domani, alle nove circa di sera, ricorrerà il primo anniversario della morte di quel grande Papa. E perciò desideriamo oggi, in questa vigilia, dedicargli, in modo particolare, la preghiera dell'"Angelus".

Contemplando il mistero dell'Incarnazione del Figlio di Dio, non dimentichiamo che questo mistero rischiara le tenebre del pellegrinaggio terrestre di ogni uomo, specialmente i suoi ultimi giorni, che sono contrassegnati dalla sofferenza dell'agonia. Moriamo in Cristo, che ha vinto la morte ed ha aperto la prospettiva della vita eterna. Paolo VI, un anno fa, lasciava questo mondo con la certezza della fede, che proclamava e di cui fu compenetrata la sua vita terrena fino agli ultimi istanti. Coloro che hanno avuto la possibilità di essere con lui negli ultimi momenti della sua vita, qui a Castel Gandolfo, ricordano e testimoniano di quel trapasso così doloroso umanamente, ma compenetrato da tanta forza di fede in Cristo. "Pretiosa in conspectu Domini mors sanctorum eius": "Preziosa agli occhi del Signore è la morte dei suoi fedeli" (Ps 115,15).


2. Oggi vigilia del primo anniversario di quella morte, desideriamo, tutti insieme, raccomandare l'anima del defunto Pontefice a Cristo Signore che è "Padre per sempre" (Is 9,5), chiedendo per lui quella pace, che solo Cristo può dare.

Desideriamo inoltre glorificare e ringraziare la Santissima Trinità per quella vita - più che ottantenne - così piena, sino alla fine e senza alcuna riserva, del servizio per la Chiesa e per l'umanità. Sembra che questo sia stato il più ardente desiderio del Defunto: poter servire sino alla fine e andarsene al momento giusto, senza disturbare nessuno con la propria persona. Sebbene, dopo la sua morte, la tristezza e il lutto abbiano invaso noi tutti, pur nondimeno abbiamo ringraziato e ringraziamo anche oggi il Signore perché ha esaudito la preghiera del suo servo e vicario sulla terra; perché gli ha concesso, con una morte impressionante, di portare a termine l'opera della sua vita e di lanciare così alla Chiesa e al mondo il suo ultimo messaggio di amore, di umiltà e di donazione.

"Gloria Dei vivens homo": "La gloria di Dio è l'uomo vivente" (S.

Ireneo, "Adversus Haereses", IV, 20, 7). La gloria di Dio è anche la morte dell'uomo, nella quale si rivela l'aurora della vita eterna.

All'Istituto Secolare "Volontarie di Don Bosco".

Desidero rivolgere una parola di saluto alle rappresentanti dell'Istituto Secolare "Volontarie di Don Bosco", qui presenti con noi per questo momento di preghiera. Figlie carissime, che il vostro impegno di consacrazione totale a Dio, nello spirito del messaggio di san Giovanni Bosco, diventi autentica testimonianza cristiana nel vostro ambiente di lavoro e di vita. Vi accompagno con la mia Benedizione.

All'Istituto Internazionale di Scienze dell'Educazione.

Ed un saluto, ora, anche alle professoresse e allieve dell'Istituto Internazionale di Scienze dell'Educazione. Guidi sempre, figlie carissime, la vostra attività didattica ed educativa la luce che promana dal mistero dell'Incarnazione, grazie al quale "il Figlio stesso di Dio si è unito in un certo modo ad ogni uomo" (GS 22), conferendo ad ognuno una dignità incomparabile. Vi sostenga nella vostra alta missione la mia benedizione apostolica.

Ai giovani ospiti della Colonia Salesiana di Canneto.

Un affettuoso saluto anche a voi, cari ragazzi della Città di Cagliari, che trascorrete le vostre vacanze sotto la guida dei Sacerdoti Salesiani.

Approfittate di questo periodo di riposo per ritemprare anche il vostro spirito. Cercate pertanto di essere sempre buoni, lieti e generosi, con l'aiuto della grazia divina.

Ai partecipanti al Gran Premio Motonautico internazionale.

Sono presenti a questo incontro domenicale anche i piloti, i tecnici e i dirigenti del "Gran Premio Motonautico internazionale di Castel Gandolfo", che oggi si disputa sul lago di Albano. Ricevete tutti il mio cordiale saluto.

Avete desiderato questo incontro col Papa, e io vi ringrazio della vostra cordialità e della vostra simpatia. A tutti auguro ogni migliore successo nello sport, e, nello stesso tempo, vi esorto ad essere sempre pieni di energia e di entusiasmo anche nella nobile gara della bontà e dell'onestà.

A tutti imparto di cuore la mia benedizione.

Data: 1979-08-05

Data estesa: Domenica 5 Agosto 1979.





Alle esequie del Cardinale Ottaviani - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Esemplare fedeltà nel servizio ecclesiale

Testo: "Ecce Sacerdos magnus, qui in diebus suis placuit Deo et inventus est iustus" (cfr. Si 44,16-17): sono queste le prime parole che mi salgono spontaneamente alle labbra nel momento in cui offriamo a Dio il sacrificio eucaristico e ci accingiamo a dare l'estremo saluto al venerato fratello, il Cardinale Alfredo Ottaviani. Davvero, egli è stato un grande Sacerdote, insigne per religiosa pietà, esemplarmente fedele nel servizio alla Santa Chiesa e alla Sede Apostolica, sollecito nel ministero e nella pratica della carità cristiana. Ed è stato insieme un Sacerdote Romano, provvisto cioè di quel tipico spirito, forse non facile da definire, che chi è nato a Roma - come egli che vi era nato dieci anni prima della fine del secolo XIX - possiede quasi per eredità e che si esprime in un particolare attaccamento a Pietro e alla fede di Pietro e, ancora, in una spiccata sensibilità per ciò che è e fa e deve fare la Chiesa di Pietro.

Per questo, ho parlato di "esemplare fedeltà", e ora che egli è morto dopo una lunga e operosa giornata terrena, risulta più facile ravvisare questa fedeltà quale caratteristica costante dell'intera sua vita. La sua fu realmente una fedeltà a tutta prova: senza voler ripercorrere le fasi della sua attività nei diversi ministeri, a cui l'eletto suo ingegno e la fiducia dei Sommi Pontefici lo chiamarono, egli si è distinto sempre per questa qualità morale, qualità singolare, qualità che vuol dire coerenza, dedizione, obbedienza. Come Sostituto alla Segreteria di Stato, e poi Assessore, Pro-Segretario, Pro-Prefetto e Prefetto dell'allora Sacra Congregazione del Santo Offizio; come Prelato, Vescovo e Cardinale, tale qualità egli dimostro di possedere quale divisa che lo individuava e lo identificava agli occhi di quanti - ed erano molti sia in Roma che fuori - lo conoscevano e lo stimavano. Essendo responsabile del Dicastero, a cui è istituzionalmente demandata la tutela del sacro patrimonio della fede e della morale cattolica, egli espresse questa stessa virtù in un comportamento di perspicace attenzione, nella convinzione, oggettivamente fondata e in lui via via più matura per l'esperienza delle cose e degli uomini, che la "rectitudo fidei", cioè l'ortodossia, è patrimonio irrinunciabile ed è condizione primaria per la "rectitudo morum", o ortoprassi. Il suo alto senso giuridico, che già in età giovanile l'aveva reso maestro celebrato ed ascoltato di molte schiere di sacerdoti, lo sostenne nel lavoro tenace che svolse a difesa della fede.

Sempre disponibile, sempre pronto a servire la Chiesa, egli colse anche nelle riforme il segno provvidenziale dei tempi, sicché seppe e volle collaborare con i miei predecessori Giovanni XXIII e Paolo VI, come aveva già fatto con Pio XII e ancor prima con Pio XI. La sua esistenza si è letteralmente spesa per il bene della Chiesa santa di Dio. Il nostro fratello fu in tutto e sempre "homo Dei, ad omne opus bonum instructus" (2Tm 3,17) e questo, si, questo è un riferimento d'ordine essenziale, questo è un parametro valido per ben inquadrarne la fisionomia spirituale e morale.

Egli fu anche un uomo di grande cuore sacerdotale: sono ancora molti coloro che lo ricordano nel suo quotidiano ministero in mezzo ai ragazzi e ai giovani dell'Oratorio di san Pietro, i quali lo ebbero - accanto ad altri non dimenticati Sacerdoti e Prelati Romani - come amico e fratello, e diro meglio: come padre sollecito ed affettuoso. Non era questa sua presenza un diversivo per superare la stanchezza tediosa delle carte d'ufficio e degli impegni burocratici, ma un'esigenza che scaturiva spontanea, intenzionale e generosa da un programma sacerdotale, era una "prestazione comandata" dalla sua vocazione.

Era nato povero nel popolare quartiere di Trastevere, ed a questa origine son da riportare il suo tenero amore e la sua sollecitudine preferenziale per i poveri, per i piccoli e per gli orfani. Ed ora sono proprio queste anime innocenti che - a fianco di tanti Sacerdoti e Laici, i quali dal Cardinale Ottaviani ricevettero la luce della sapienza, la lezione della semplicità, la medicina della misericordia -intercedono per lui dinanzi all'altare del Signore, perché gli sia affrettato il premio destinato al "servo buono e fedele" (cfr. Mt 25,21).

Per una singolare coincidenza questo mesto rito si svolge nella stessa ora in cui, esattamente un anno fa, stava per lasciare questo mondo il mio amato predecessore Paolo VI. Ed a me piace rievocare con voi la voce robusta e commossa del Cardinale che il 21 giugno 1963, annuncio pubblicamente l'avvenuta elevazione al pontificato del Cardinale Giovanni Battista Montini. Dal tono stesso delle sue parole, che pur ripetevano la consueta formula latina dell'"Habemus Papam", traspariva la soddisfazione dell'antico Maestro che vedeva esaltato un collega ed amico, tanto degno di stima, il quale avrebbe aperto nella Chiesa e per la Chiesa un'intensa, promettente stagione. L'uno e l'altro, nelle rispettive posizioni di responsabilità, nell'ovvia distinzione delle loro singole personalità, hanno ormai concluso il ciclo dell'esistenza terrena, per entrare definitivamente - come tutti auspichiamo e preghiamo - in quel Regno, in cui la loro ardente ed intrepida fede li aveva introdotti nella speranza.

All'uno e all'altro conceda ora il Signore il riposo nella sua luce, nella sua pace. Amen! Data: 1979-08-06

Data estesa: Lunedì 6 Agosto 1979.









Telegrammi di cordoglio - Castel Gandolfo (Roma)

Titolo: Per la morte del Cardinale John Wright

Testo: A Sua Eccellenza Monsignor Maximino Romero de Lema Segretario della Sacra Congregazione per il Clero.

Nell'apprendere la mesta notizia della morte del Cardinale John Joseph Wright, Prefetto di codesta Sacra Congregazione, desidero esprimerle il mio profondo cordoglio. E mentre ricordo commosso l'esemplare vita dello Scomparso, il suo zelo nel ministero pastorale diretto e il servizio generoso e fedele a questa Sede Apostolica, le assicuro la mia suffragante preghiera per l'Anima eletta dello Scomparso e invio a lei e ai collaboratori di codesto dicastero la confortatrice benedizione apostolica.

A Monsignor Vincent Leonard Vescovo di Pittsburg.

Desidero esprimere alla diocesi di Pittsburg le mie condoglianze per la morte del suo precedente Vescovo, il Cardinale Wright. Possa la memoria del suo diligente e zelante servizio pastorale al popolo di Dio essere un costante incentivo alla carità per tutti coloro che lo conobbero ed amarono come fratello e Pastore del gregge. A quanti lo piangono in cristiana speranza, imparto la mia apostolica benedizione.

Al Dottor Richard Wright.

Presento a lei e a tutti gli altri membri della famiglia Wright la mia profonda partecipazione per la morte di suo fratello. Il servizio leale alla Chiesa del Cardinale Wright e la sua fedeltà alla Sede di Pietro saranno ricordati a lungo con ammirazione e gratitudine... Come pegno di forza nella speranza e nella vita cristiana, imparto la mia apostolica benedizione.

Data: 1979-08-11

Data estesa: Sabato 11 Agosto 1979.





Recita dell'Angelus - Castel Gandolfo (Roma)

Titolo: Nel testamento di Paolo VI il riflesso di un'anima

Testo:

1. Dopo la morte di papa Paolo VI, il cui primo anniversario ricorreva lunedi scorso, 6 agosto, nella festa della Transfigurazione del Signore, è stato pubblicato, conforme alla volontà del Defunto, il suo testamento. Mi sia lecito di ritornare col pensiero anche oggi, dopo un anno, a queste ultime parole dell'Uomo che in esso ha espresso la verità più profonda della sua anima e lo ha fatto in una forma così semplice da impressionare: "fisso lo sguardo - egli scriveva - verso il mistero della morte, e di ciò che la segue, nel lume di Cristo che la rischiara; e perciò con umile e serena fiducia. Avverto la verità che per me si è sempre riflessa sulla vita presente di questo mistero, e benedico il vincitore della morte per averne fugate le tenebre e svelata la luce. Dinanzi perciò alla morte, al totale e definitivo distacco della vita presente, sento il dovere di celebrare il dono, la fortuna, la bellezza, il destino di questa stessa fugace esistenza: Signore, ti ringrazio che mi hai chiamato alla vita, ed ancor più che, facendomi cristiano, mi hai rigenerato e destinato alla pienezza della vita".


GPII 1979 Insegnamenti - Ai dipendenti delle Ville Pontificie - Castel Gandolfo (Roma)