GPII 1979 Insegnamenti - Ai soci del Circolo San Pietro - Città del Vaticano (Roma)


2. "Preghiera - Azione - Sacrificio": questi sono stati fin dall'inizio i tre motti programmatici, simili a direttrici di marcia, che vi hanno guidato e animato in questi centodieci anni. La Preghiera; anzitutto quella personale, l'intimo e profondo dialogo e rapporto di fede e di amore con Dio Padre, col Cristo e con lo Spirito Santo, nella meditazione continua; e, quindi, quella comunitaria, nella partecipazione alle celebrazioni liturgiche. L'Azione, che si è attuata nelle svariate opere di apostolato e di carità, tipiche del Circolo, sempre tempestivamente pronto e preparato ad affrontare problemi di carattere pastorale, catechistico e caritativo, o a far sentire chiara la voce dei suoi membri per proclamare la fede cristiana o per protestare nei confronti di situazioni sociali o di progetti contrari alla concezione cristiana della vita e della società.

Questa azione ha avuto la sua ammirata manifestazione nelle molteplici iniziative di carattere caritativo, specialmente durante la seconda guerra mondiale, in cui si estese in Roma l'opera, tanto benemerita, delle "Cucine economiche". Si può affermare che quelle opere di misericordia, raccomandate da Gesù (cfr. Mt 25,35ss), sono state realizzate da voi, che avete saputo vedere nel povero l'immagine umiliata e sofferente del Cristo, Figlio di Dio e nostro Fratello.

Né possiamo tralasciare il terzo motto: il Sacrificio. Il "circolo San Pietro" è nato - abbiamo detto - in un periodo nel quale era necessario un autentico coraggio per proclamarsi apertamente "cattolici" e "fedeli al Papa".

Occorreva pagare di persona. E quelli che vi hanno preceduto in quei tempi difficili lo hanno fatto veramente: l'8 dicembre 1870, all'uscita dalla Basilica Vaticana, dove era stata celebrata una funzione religiosa in onore dell'Immacolata, un gruppo di soci fu affrontato e ingiuriato - alcuni furono feriti anche gravemente - da un pugno di scalmanati.

Nella triste notte del 13 luglio 1881 i Soci, stretti attorno alla salma di Pio IX, che veniva traslata dal Vaticano a San Lorenzo al Verano, furono assaliti da un gruppo di anticlericali, che volevano profanare le spoglie del venerato Pontefice. Sono pagine della vostra storia queste, che dovete tener ben presenti quando vi impegnate solennemente a dimostrare "costante fedeltà e ubbidienza filiale al Sommo Pontefice", e "aperta testimonianza di fede e attiva opera di apostolato in ogni campo della vita sociale".


3. In questa circostanza così significativa del nostro odierno incontro desidero far mie le parole, che vi rivolse Pio XII nel luglio del 1944: "Rimanete fedeli al vostro spirito!".

Si, rimanete, anzitutto, saldi nella fede; approfondendola nella meditazione assidua e nello studio costante della Parola di Dio; accogliendola nella serena adesione al Magistero della Chiesa; ed inoltre manifestandola apertamente senza paure e senza compromessi, non solo nella vostra famiglia, ma anche negli ambienti professionali, in cui vi trovate quotidianamente a vivere e ad operare.

Continuate la vostra operosa carità verso i fratelli bisognosi, adattando, innovando, reinventando se necessario nuove iniziative più consone a tempi odierni, ma sempre in perfetta adesione al mandato di Gesù: "Amatevi come io vi ho amato" (cfr. Jn 13,34ss).

Siate sempre figli devoti della Santa Sede e del Papa. L'"Obolo di San Pietro", che ogni anno voi raccogliete nelle chiese e nelle parrocchie di Roma, è una delle tante manifestazioni del vostro affetto verso il successore di Pietro.

Vi esprimo il mio ringraziamento per la vostra premura e il mio compiacimento per il significato che tale vostro gesto assume nel contesto della vita ecclesiale.

Continuate sempre così lieti e sereni, e nulla potrà mai separarvi dall'amore di Cristo (cfr. Rm 8,35-39).

In questa vigilia di Natale porgo i miei auguri a voi tutti qui presenti, a tutti i soci del Circolo, alle Cooperatrici, alle buone Religiose Collaboratrici nelle vostre iniziative di bene, a tutti i vostri familiari, mentre come pegno della mia benevolenza e della mia speranza in voi vi imparto di cuore la mia speciale benedizione apostolica.

Data: 1979-12-24

Data estesa: Lunedì 24 Dicembre 1979.





Omelia alla Messa di Mezzanotte - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Dio è diventato uomo, Dio si compiace di te

Testo:

1. Ecco, di nuovo è venuta l'ora di questo meraviglioso avvenimento: "Si compirono per Maria i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia" (Lc 2,6-7). Ci chiediamo: è un avvenimento comune o insolito? Quanti bambini nascono su tutta la terra nel corso di ventiquattro ore, mentre in alcune parti del mondo è giorno e in altre è notte! Certo, ognuno di questi momenti è qualcosa di insolito; è qualcosa di unico per un padre, e soprattutto per una madre, quando nasce un bambino, specialmente se si tratta del primo bambino, del figlio primogenito.

Quel momento è sempre una cosa grande. E tuttavia dato che esso si compie continuamente in qualche posto del mondo, in ogni ora del giorno e della notte la nascita dell'uomo, nel suo aspetto statistico, è insieme qualcosa di comune e normale.

Anche la nascita di Cristo sembra entrare in questa dimensione statistica, tanto più che ad essa si accompagna, secondo il racconto di san Luca, la menzione di un censimento, che si svolse nelle terre governate dall'imperatore romano Cesare Augusto; l'evangelista precisa che nel paese abitato da Maria e da Giuseppe l'ordine del censimento venne dal governatore della Siria, Quirinio.

A quell'avvenimento facciamo riferimento ogni anno, come oggi, riunendoci in questa Basilica a mezzanotte. Ebbene, se in questo avvenimento c'è qualcosa di insolito, ciò consiste forse nel fatto che esso non si compie nelle consuete condizioni umane, sotto il tetto di una casa, bensì in una stalla, che ordinariamente ospita solo animali. La prima culla del Divin Neonato, infatti, è una mangiatoia.

Stanotte, ci siamo riuniti in questa splendida Basilica rinascimentale per fare compagnia al Bambino di una Donna povera, nato in una stalla e deposto in una mangiatoia!

2. Certamente nessuno degli abitanti né dei nuovi arrivati, presenti allora a Betlemme, poteva pensare che in quel momento e in quella stalla si stavano realizzando le parole del grande profeta, spesso rilette e continuamente meditate dai figli di Israele.

Isaia, infatti, aveva scritto parole che costituirono il contenuto di una grande Attesa e di una inflessibile Speranza: "Hai moltiplicato la gioia, / hai aumentato la letizia. / Gioiscano davanti a te / come si gioisce quando si miete... / Poiché un bambino è nato per noi, / ci è stato dato un figlio. / Sulle sue spalle è il segno della sovranità... / grande sarà il suo dominio / e la pace non avrà fine / sul trono di Davide e sul regno, / che egli viene a consolidare e rafforzare / con il diritto e la giustizia, / ora e sempre" (cfr. 9,2.5-6).

Nessuno dei presenti a Betlemme poteva pensare che proprio in quella notte le parole del grande profeta venissero realizzate, né che ciò si compisse in una stalla, dove di solito abitano gli animali, "perché non c'era posto per loro nell'albergo" (Lc 2,7).


3. Tuttavia c'è qualche elemento, qualche cenno nelle parole di Isaia, che già in questa notte sembrano realizzarsi alla lettera. Isaia aveva scritto: "Il popolo che cammina nelle tenebre / vide una grande luce; / su coloro che abitavano in terra tenebrosa, / una luce rifulse" (Is 9,1).

Orbene, tutta Betlemme e tutta la Palestina in quel momento è "terra tenebrosa" e i suoi abitanti giacciono nel sonno. Ma fuori della città - come leggiamo nel Vangelo di Luca - "c'erano in quella regione alcuni pastori che vegliavano di notte facendo la guardia al loro gregge" (Lc 2,8). I pastori sono figli di quel "popolo che cammina nelle tenebre" e insieme sono i suoi rappresentanti eletti per quel momento, eletti "per vedere la grande luce".

Proprio così, infatti, scrive san Luca dei pastori di Betlemme: "Un angelo del Signore si presento davanti a loro e la gloria del Signore, li avvolse di luce.

Essi furono presi da grande spavento" (Lc 2,9). E dal profondo di quella luce che viene loro da Dio e nella profondità di quello spavento che è la risposta dei cuori semplici alla luce divina, giunge la voce: "Non temete, ecco, vi annunzio una grande gioia... oggi vi è nato nella città di Davide un salvatore, che è il Cristo Signore" (Lc 2,10-11).

Queste parole dovettero produrre una grande letizia nei cuori di quegli uomini semplici, educati e nutriti come tutto il Popolo di Israele da una grande Promessa, nella tradizione dell'attesa del Messia. E giustamente dice il Messaggero che questa gioia "sarà di tutto il popolo" (Lc 2,10), cioè proprio di quel Popolo di Dio, che "camminava nelle tenebre", ma non si stancava della Promessa.


4. Era necessario, proprio in quella notte, un Messaggero che portasse la "grande luce" della profezia di Isaia alla stalla e alla mangiatoia di Betlemme. Era necessaria questa luce, era necessaria "la manifestazione della gloria" (Tt 2,13) - come scrive san Paolo - perché si potesse leggere bene il Segno! "Troverete un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia" (Lc 2,12). E i pastori di Betlemme, uomini semplici che non sapevano di lettere, hanno davvero letto bene il Segno. Furono i primi tra tutti coloro che lo hanno letto in seguito e che lo rileggono tuttora. Furono i primi testimoni del Mistero. Noi, che in questa notte riempiamo la Basilica di San Pietro e tutti coloro, che in ogni luogo sono presenti alla Messa di Mezzanotte, diventiamo partecipi della loro testimonianza.

Non invano questa Messa di Mezzanotte viene chiamata in alcune regioni "Messa dei pastori".


5. Ricordiamo che è la notte del Mistero, anche se si potrebbe valutare diversamente l'avvenimento, in cui è apparsa la "manifestazione della gloria del nostro grande Dio e salvatore" (Tt 2,13) con la nascita del Bambino, quando egli venne al mondo dalla Vergine, e quando nella notte della sua nascita non ebbe a disposizione un tetto domestico sopra il capo, ma solo una stalla e una mangiatoia! Ora, poiché ci siamo riuniti qui come partecipi della prima testimonianza data dai pastori di Betlemme a quel Mistero, cerchiamo di riflettere a fondo su di essa.

"Gloria a Dio nel più alto dei cieli, e pace in terra agli uomini che egli ama" (Lc 2,14). Queste parole provengono dalla stessa luce, che rifulse in quella notte nel cuore di uomini di buona volontà. Dio si compiace negli uomini! Questa notte rappresenta una testimonianza particolare del divino compiacimento nell'uomo. Non lo ha forse creato Dio a sua immagine e somiglianza? Le immagini e le somiglianze si creano per vedervi il riflesso di se stessi.

Perciò si guardano con compiacimento. Dio non si è forse compiaciuto dell'uomo, se, dopo averlo creato, "vide che era cosa molto buona" (Gn 1,31)? Ed ecco che a Betlemme siamo alla sommità di quel compiacimento. Ciò che è successo allora è forse possibile esprimerlo diversamente! E' possibile comprendere diversamente il Mistero, per cui il Verbo si fa carne, il Figlio di Dio assume la natura umana e nasce come Fanciullo dal grembo della Vergine? E' possibile rileggere in altro modo questo Segno?

6. E per questo che alla mezzanotte di Natale diversi popoli iniziano un grande canto. Esso si diffonde ogni anno dalla stessa stalla di Betlemme. Risuona sulle labbra degli uomini di tante terre e di tante razze. Risuona il grande canto della gioia, e assume svariate forme. Cantano in Italia, cantano in Polonia, cantano in tutte le lingue e nei vari dialetti, in tutti i paesi e i continenti.

Dio ha manifestato il proprio compiacimento nell'uomo! Dio si compiace dell'uomo. Gli uomini, allora, si svegliano; si desta l'uomo, "pastore del suo destino" (Heidegger).

Quanto spesso l'uomo è schiacciato da questo destino! Quanto spesso ne è prigioniero; quanto spesso muore di fame, quanto spesso è vicino alla disperazione, quanto spesso è minacciato nella coscienza del significato della propria umanità. Quanto spesso - nonostante tutte le apparenze - l'uomo è lontano dal compiacersi di se stesso.

Ma oggi egli si desta e sente l'annuncio: Dio nasce nella storia umana! Dio si compiace nell'uomo. Dio è diventato uomo. Dio si compiace in te! Amen.

Data: 1979-12-24

Data estesa: Lunedì 24 Dicembre 1979.





Radiomessaggio natalizio - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Nel Bambino di Betlemme è rivelato l'avvenire dell'uomo

Testo:

1. "Puer natus est nobis, Filius datus est nobis" (Is 9,5).

Con queste parole desidero salutare oggi, in questo giorno tanto solenne, la Chiesa e la Famiglia Umana.

Ecco, ci incontriamo nel giorno della Nascita. Nasce il Bambino. Nasce il Figlio. Nasce dalla Madre. Durante nove mesi, come ogni neonato, è stato legato al suo seno. Nasce dalla Madre nel tempo e secondo le leggi del tempo umano della nascita.

Dal Padre è nato eternamente. E' Figlio di Dio. E' il Verbo. Egli porta con sé nel mondo tutto l'amore del Padre per l'uomo. E' rivelazione della divina "Fil-antropia". In lui il Padre dà se stesso ad ogni uomo, in lui viene confermata l'eterna eredità dell'uomo in Dio. In lui viene rivelato, fino alla fine, l'avvenire dell'uomo. Egli parla del significato e del senso della vita umana, indipendentemente dalla sofferenza o dall'handicap che potrebbero gravare su questa vita, nelle sue dimensioni terrestri.

Tutto ciò egli annuncerà col suo Vangelo. E alla fine con la sua Croce e la sua Risurrezione. Tutto ciò annuncia già adesso con la sua Nascita.


2. "Puer natus est nobis, Filius datus est nobis".

Oggi i nostri cuori raccolti presso di lui, presso il Neonato a Betlemme, si concentrano, contemporaneamente, su ogni bambino, su ogni fanciullo umano, su ogni uomo nuovo, nato, da genitori umani. Su quello che deve nascere, e su quello che è già nato sul lattante, prima, poi sul piccino che incomincia a fare i primi passi, a sorridere, a parlare, a comprendere. Ed ancora su quello che si prepara ad andare a scuola, come su quello che nella scuola si forma alla vita.

Natale è la festa di tutti i bambini del mondo, di tutti, senza differenza di razza, di nazionalità, di lingua, d'origine. Cristo è nato a Betlemme per tutti loro. Rappresenta tutti loro. Di tutti e insieme di ciascuno ci parla il suo primo giorno su questa terra; il primo messaggio del Bambino di una povera Donna; della Madre che, dopo la nascita, "lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia, perché non c'era posto per loro nell'albergo" (Lc 2,7).

Ed è necessario che questo messaggio del Bambino, il messaggio del Neonato, risuoni con particolare chiarezza alla fine di quest'anno che, per iniziativa dell'Organizzazione delle Nazioni Unite, tutta la famiglia umana celebra come l'Anno del Fanciullo.


3. Quel Bambino, nato a Betlemme, parli quindi, alla fine di quest'anno e alla soglia dell'anno nuovo, dei diritti di ogni bambino, parli della sua dignità, del suo significato nella nostra vita: nella vita di ogni famiglia e nazione, nella vita di tutta l'umanità.

Il bambino è sempre una nuova rivelazione della vita, che è data all'uomo dal Creatore. E' una nuova conferma dell'immagine e della somiglianza di Dio, impresse sin dall'inizio nell'uomo.

Il bambino è pure una grande e continua verifica della nostra fedeltà a noi stessi. Della nostra fedeltà all'umanità. E' una verifica del rispetto per il mistero della vita, nel quale sin dal primo momento del concepimento il Creatore inscrive l'impronta della sua immagine e della sua somiglianza.

La dignità del bambino richiede, da parte dei genitori e della società, una vivissima sensibilità di coscienza. Poiché il bambino è quel punto nevralgico intorno al quale si forma o si spezza la morale delle famiglie e, in seguito, la morale delle nazioni intere e delle società. La dignità del bambino richiede la massima responsabilità dei genitori e anche la massima responsabilità sociale in ogni settore.


4. Alcuni mesi fa ho avuto l'onore di parlare davanti all'Organizzazione delle Nazioni Unite a Nuova York. Mi permetto anche oggi di ripetere le parole che ho pronunciato in quel discorso: "Desidero... in presenza dei rappresentanti qui riuniti di tante nazioni del globo, esprimere la gioia che per ognuno di noi costituiscono i bambini, primavera della vita, anticipo della storia futura di ognuna delle presenti patrie terrestri. Nessun Paese del mondo, nessun sistema politico può pensare al proprio avvenire diversamente se non tramite l'immagine di queste nuove generazioni che dai loro genitori assumeranno il molteplice patrimonio dei valori, dei doveri, delle aspirazioni della nazione alla quale appartengono, insieme con quello di tutta la famiglia umana. La sollecitudine per il bambino, ancora prima della sua nascita, dal primo momento della concezione e, in seguito, negli anni dell'infanzia e della giovinezza è la prima e fondamentale verifica della relazione dell'uomo all'uomo.

E perciò, che cosa di più si potrebbe augurare a ogni nazione e a tutta l'umanità, a tutti i bambini del mondo, se non quel migliore futuro in cui il rispetto dei Diritti dell'Uomo diventi una piena realtà nelle dimensioni del Duemila che s'avvicina? Ma in tale prospettiva dobbiamo chiederci se continuerà ad accumularsi sul capo di questa nuova generazione di bambini la minaccia del comune sterminio i cui mezzi si trovano nelle mani degli Stati contemporanei, e particolarmente nelle maggiori Potenze della terra. Dovranno forse ereditare da noi, come un patrimonio indispensabile, la corsa agli armamenti?" (Giovanni Paolo II, Discorso all'assemblea Generale delle Nazioni Unite, 2 ottobre 1979, nn. 21-22: AAS 71 (1979) 1159).


5. E adesso, dalla sala delle riunioni dell'ONU, torniamo alla stalla di Betlemme.

Fermiamoci, ancora una volta, davanti alla mangiatoia. E diciamo, rivolgendoci a quel Bambino Neonato, a tutti i Bambini sulla terra: siete il nostro amore, siete il nostro futuro! Vogliamo trasmettervi tutto ciò che possediamo di meglio.

Vogliamo trasmettervi un mondo migliore e più giusto: il mondo dell'umana fratellanza e della pace.

Vogliamo trasmettervi il frutto del lavoro di tutte le generazioni e l'eredità di tutte le culture.

Vogliamo trasmettervi, soprattutto, quella suprema Eredità, quel Dono inesauribile, che a noi uomini, ha portato il Bambino nato a Betlemme! Venite tutti a lui! Tutti i bambini dell'intera famiglia umana! Cantate in tutte le lingue e in tutti i dialetti! Cantate al Neonato! Annunziate la gioia! Annunziate la grande gioia! La gioia della vostra Festa.

E adesso, con un particolare ricordo per i bambini che vivono in tanti luoghi della terra, desidero rivolgere il saluto natalizio in diverse lingue.

(Seguono messaggi augurali in varie lingue).

Data: 1979-12-25

Data estesa: Martedì 25 Dicembre 1979.





Alla Corte e alla Commissione Europee per i diritti dell'uomo - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Cristo sorgente e fondamento della dignità di tutti gli uomini

Testo: Al Signor Giorgio Balladore Pallieri, Presidente della Corte europea dei diritti dell'uomo, e al Signor James E.S. Fawcett, Presidente della Commissione europea dei diritti dell'uomo. L'originalità e la forza della Convenzione europea dei diritti dell'uomo consistono nel fatto che essa ha previsto servendo così da modello ad ulteriori strumenti internazionali - organismi particolari il cui compito specifico è di vigilare sulla protezione dei diritti violati.

Si tratta, da una parte, della Commissione europea dei diritti dell'uomo, dall'altra parte, della Corte europea dei diritti dell'uomo, di cui celebrate oggi, rispettivamente il 25° e il 20° anniversario.

L'attività meritoria e delicata di questi due organismi mira ad assicurare il rispetto delle garanzie previste dalla Convenzione, aprendo l'accesso a istanze sovranazionali alle persone che denunciano di essere state vittime di una violazione dei diritti dell'uomo. A questo riguardo il mio venerato predecessore, Papa Paolo VI, ricevendo il 7 novembre 1975 i partecipanti al IV Colloquio internazionale sulla Convenzione europea dei diritti dell'uomo, aveva già detto: "Al di fuori di tali garanzie - noi lo constatiamo disgraziatamente ogni giorno - le più belle dichiarazioni, di cui l'umanità potrebbe essere fiera, rischiano di restare senza effetto; e la voce delle vittime della violazione dei diritti, anche se talvolta ha una qualche eco nell'opinione pubblica internazionale, può essere impunemente beffeggiata nel proprio Paese".

Ma oggi non si tratta solamente di richiamare l'importanza di questo dispositivo il cui valore esemplare, tuttavia, sarebbe già sufficiente a giustificare questa celebrazione.

L'occasione che riunisce tante eminenti personalità provenienti dai diversi Paesi membri del Consiglio d'Europa non ha un carattere puramente formale.

Essa mi sembra ispirarsi anche a un senso profondo, poiché la sua posta è la dignità della persona umana.

Non è qui che risiede la ragione ultima della vostra commemorazione? Non si tratta di un omaggio reso alla dignità della persona umana, come valore fondamentale che gli Stati firmatari della Convenzione europea hanno voluto difendere e promuovere! Essi vi hanno visto, con chiaroveggenza, la base indiscutibile su cui edificare in modo stabile e duraturo ogni iniziativa nell'ambito della costruzione dell'Europa.

Permettetemi di ritornare sulle parole che pronunciavo nel mio recente discorso alle Nazioni Unite: "L'insieme dei diritti dell'uomo corrisponde alla sostanza della dignità dell'essere umano, compreso nella sua integralità, e non ridotto a una sola dimensione; essi si riferiscono alla soddisfazione dei bisogni essenziali dell'uomo, all'esercizio delle sue libertà, ai suoi rapporti con le altre persone; ma si riferiscono sempre e ovunque all'uomo, alla sua piena dimensione umana".

In un contesto mondiale dove la persona sembra ottenere sempre minor attenzione poiché si trova subordinata a sistemi ideologici ed economici che la asserviscono e la sfruttano, è tanto più necessario riaffermare con forza che la sua dignità deve restare intatta.

E' su questa nozione di dignità della persona che riposa il fondamento di diverse categorie di diritti dell'uomo: i diritti "civili e politici" come pure i diritti "economici, sociali e culturali", per usare la terminologia dei Patti internazionali attualmente in vigore.

Non bisogna scoraggiarsi di fronte alle difficoltà apparentemente insormontabili che risultano dall'esame di tante situazioni, che gridano vendetta e in cui i diritti dell'uomo sono scherniti. Bisogna essere persuasi che qualsiasi oltraggio alla dignità umana, anche il più lontano, si ripercuote, in modo impercettibile ma reale, sulla vita di tutti; poiché un legame indelebile unisce tutti gli esseri umani.

Questo legame, per tutti i credenti cristiani, musulmani ed ebrei scaturisce dalla loro fede nel Dio unico e vero che, come Padre di tutti gli uomini, è la sorgente e il fondamento della dignità umana (cfr. NAE 5). Per coloro che sono stati chiamati a condividere la fede cristiana, questo legame si riassume nelle parole: siamo tutti fratelli in Gesù Cristo.

Da questa Europa in cui il cristianesimo si è radicato così profondamente durante tutta la storia tormentata - in cui tuttavia i lumi non sono stati senza ombre - deve irradiarsi la forza morale che, sola, può animare la volontà di rispettare, difendere e promuovere la dignità della persona umana all'interno delle sue frontiere e in solidarietà con tutti coloro che, altrove, ne hanno bisogno.

Gli organismi di cui si celebra oggi l'anniversario portano un contributo essenziale alla realizzazione di questo grande e nobile compito, poiché essi ne sono un segno concreto e credibile. Dio benedica gli sforzi di tutti coloro che, con tanta dedizione e competenza, cooperano ai risultati benefici dei lavori della Commissione e della Corte europee dei diritti dell'uomo.

Data: 1979-12-27

Data estesa: Giovedì 27 Dicembre 1979.





Recita dell'Angelus - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La pace: segno d'amore nella vita della famiglia

Testo:

1. La domenica odierna, nell'ottava di Natale, è al tempo stesso la solennità della Sacra Famiglia di Nazaret. Il Figlio di Dio è venuto al mondo dalla Vergine, il cui nome era Maria; è nato a Betlemme ed è cresciuto a Nazaret sotto la protezione di un uomo giusto, chiamato Giuseppe.

Gesù fu dall'inizio il centro del loro grande amore, pieno di sollecitudine e di affetto; fu la loro grande vocazione; fu la loro ispirazione; fu il grande mistero della loro vita. Nella casa di Nazaret "cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini" (Lc 2,52). Egli fu obbediente e sottomesso, così come deve esserlo un figlio verso i propri genitori. Questa obbedienza nazaretana di Gesù a Maria e a Giuseppe occupa quasi tutti gli anni da lui vissuti sulla terra, e costituisce quindi il più lungo periodo di quella totale e ininterrotta obbedienza che egli ha tributato al Padre celeste. Non sono molti gli anni che Gesù ha dedicato al servizio della Buona Novella e infine al Sacrificio della Croce.

Alla Sacra Famiglia appartiene così una parte rilevante di quel divino mistero, il cui frutto è la redenzione del mondo.


2. Nella solennità della Sacra Famiglia di Nazaret, la Chiesa, mediante la liturgia del giorno, porge i migliori e più fervidi auguri a tutte le famiglie del mondo. Colgo, dalla lettera di san Paolo ai Colossesi, solo queste due frasi tanto ricche di significato: "La pace di Cristo regni nei vostri cuori" (Col 3,15).

La pace infatti è segno dell'amore, è la sua conferma nella vita della famiglia. La pace è la gioia dei cuori; è il conforto nella fatica quotidiana. La pace è il sostegno che si offrono reciprocamente moglie e marito, e che i figli trovano nei genitori e i genitori nei figli. Tutte le famiglie del mondo accolgano l'augurio di una tale pace.

Accolgano esse anche un altro augurio, di cui si parla nel seguito della stessa lettera di san Paolo ai Colossesi: "la parola di Cristo dimori tra voi abbondantemente" (Col 3,16).

La parola è manifestazione del pensiero e mezzo di reciproca intesa. I genitori incominciano la loro opera educativa, insegnando al figlio le parole.

Esse svelano intelletto e anima, ed aprono davanti all'uomo nuovo le vie della conoscenza del mondo, degli uomini e di Dio.

La parola è mezzo fondamentale di educazione e di sviluppo per ogni uomo. Accolgano oggi tutte le famiglie del mondo gli auguri di bene e di pace che scaturiscono dalla ricchezza della Parola di Cristo, affinché mediante la fede in essa, i figli degli uomini trovino quella forza di vita che egli ha trasmesso loro con la sua nascita. Per queste intenzioni eleviamo ora la nostra preghiera alla Madonna.

Ai partecipanti alla Maratona di san Silvestro So che, questa mattina, sono partiti da Piazza San Pietro numerosi partecipanti alla tradizionale "Maratona di san Silvestro", promossa a conclusione di quest'anno ormai al suo finale traguardo. Invio di cuore a tutti i maratoneti il mio fervido saluto ed augurio di felice anno nuovo. Auspico inoltre conquiste vere e durature negli agoni dello spirito, mentre chiedo al Signore di diffondere nei cuori i doni della sua gioia e della sua pace, in pegno dei quali invio ai generosi sportivi e a tutti i Romani la mia più affettuosa benedizione.

A una scuola elementare ai Preganziol (Treviso) Un cordiale saluto rivolgo a voi, carissimi alunni della quinta Classe mista della Scuola Elementare "Santa Maria delle Grazie in Preganziol" venuti per pregare sulla tomba degli Apostoli e per manifestare il vostro affetto al Papa.

Nel ringraziarvi della vostra gentile visita, vi affido alla materna protezione della Madonna venerata nel santuario annesso alla vostra scuola e vi benedico, estendendo la benedizione apostolica alle Religiose e ai genitori che vi hanno accompagnato e all'intera comunità parrocchiale di Preganziol.

Agli universitari dell Residenze Universitarie Internazionali Rivolgo poi un particolare saluto agli studenti universitari e liceali della Fondazione RUI ("Residenze Universitarie Internazionali"), provenienti da varie parti d'Italia. Carissimi, se nei vostri ambienti sarete sempre testimoni di Cristo, potrete sperimentare che i vostri attuali anni di studio non sono soltanto una preparazione alla vita, ma vita essi stessi nel senso più pieno.

Mentre invoco il Signore di colmarvi delle sue grazie, cordialmente vi benedico.

Data: 1979-12-30

Data estesa: Domenica 30 Dicembre 1979.





Omelia alla chiesa del Gesù - Roma

Titolo: Nel messaggio del Natale la manifestazione della speranza

Testo:

1. "Figlioli, questa è l'ultima ora..."; con queste parole inizia la prima lettura della liturgia d'oggi, tratta dalla lettera di san Giovanni apostolo (1Jn 2,18).

Questa lettura è fissata per il 31 dicembre, il settimo giorno dell'ottava di Natale. Quanto attuali sono queste parole! Quanto efficacemente risentiamo la loro eloquenza noi qui riuniti nella Chiesa romana del Gesù, nel momento in cui scoccano le ultime ore di quest'anno, che volge alla fine. Ogni ora del tempo umano è in certo senso l'ultima, perché sempre unica e irripetibile. In ogni ora passa qualche particella della nostra vita, una particella che non tornerà più. E ognuna di tali particelle - benché non sempre ce ne rendiamo conto - ci proietta verso l'eternità.

Forse le ultime ore di questo giorno - quando l'anno del Signore 1979, e con esso l'ottavo decennio del nostro secolo giungono alla loro fine - ce ne parlano meglio di qualsiasi altra ora solita. E perciò risentiamo tanto maggiormente il bisogno di trovarci, in queste ultime ore dell'anno, davanti a nostro Signore, davanti a Dio che, con la sua eternità, abbraccia e assorbe il nostro tempo umano; il bisogno di stare davanti a lui, di parlare a lui con il contenuto stesso più profondo della nostra esistenza. Sono questi i momenti adatti per una profonda meditazione su noi stessi e sul mondo; i momenti per "fare i conti" con se stessi e con la generazione alla quale apparteniamo. E' questo il tempo propizio per una preghiera volta ad ottenere il perdono, una preghiera di ringraziamento e di supplica.


2. "Il Verbo era nel mondo". Proprio adesso è ritornato il periodo in cui la Chiesa si rende consapevole in modo particolare della verità che esprimono queste parole del Vangelo di Giovanni. Nel mondo era il Verbo: quel Verbo che "era in principio presso Dio" e "tutto è stato fatto per mezzo di lui, e senza di lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste". Questo Verbo "si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi". Venne ad abitare anche se "i suoi non l'hanno accolto" (cfr. Jn 1,10 Jn 1,2-3 Jn 1,14 Jn 1,11).

Il computo degli anni, di cui ci serviamo, vuole testimoniare che sono passati appunto 1979 anni dal momento in cui ciò avvenne. Il tempo testimonia non soltanto il passare del mondo e il passare dell'uomo nel mondo; esso rende testimonianza anche alla nascita del Verbo eterno dalla Vergine Maria, alla nascita che, come ogni nascita dell'uomo, viene determinata dal tempo: dall'anno, dal giorno, dall'ora.

Tuttavia, nel momento presente, durante questo nostro incontro, la nostra attenzione è attirata, prima di tutto, dalla seguente frase del Vangelo di Giovanni: "Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto e grazia su grazia" (cfr. Jn 1,16). Non vi è qui anche una chiave per comprendere l'anno che sta per terminare? Non bisogna pensare ad esso nella prospettiva di ogni grazia che abbiamo ricevuto dalla pienezza di Gesù Cristo, Dio e Uomo? Non siamo convenuti qui per ringraziare di ognuna di queste grazie e contemporaneamente di tutte insieme? Certamente si.

La grazia è una realtà interiore. E' una pulsazione misteriosa della vita divina nelle anime umane. E' un ritmo interiore dell'intimità di Dio con noi, e perciò anche della nostra intimità con Dio. Essa è la sorgente di ogni vero bene nella nostra vita. Ed è il fondamento del bene che non trapassa. Mediante la grazia noi viviamo già in Dio, nell'unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, benché la nostra vita si svolga sempre in questo mondo. Essa dà valore soprannaturale ad ogni vita, benché questa vita sia, umanamente e secondo i criteri della temporaneità, molto povera, non appariscente e difficile.

Bisogna quindi ringraziare oggi per ogni grazia di Dio che è stata comunicata a qualsiasi uomo: non soltanto a ciascuno di noi qui presenti, ma ad ogni nostro fratello e sorella in ogni parte della terra. In questo modo il nostro inno di ringraziamento legato all'ultimo giorno dell'anno, che sta per finire, diventerà quasi una grande sintesi. In questa sintesi sarà presente tutta la Chiesa, poiché essa è, come ci insegna il Concilio, un sacramento della salvezza umana (cfr. LG 1). Cristo, dalla cui pienezza tutti riceviamo grazia su grazia, è proprio il "Cristo della Chiesa"; e la Chiesa è quel Corpo Mistico che riveste costantemente il Verbo Eterno nato nel tempo, dalla Vergine.

Indirizzando i nostri cuori verso questo mistero, la liturgia di oggi diventa sorgente della preghiera più profonda del nostro ringraziamento.


GPII 1979 Insegnamenti - Ai soci del Circolo San Pietro - Città del Vaticano (Roma)