GPII 1979 Insegnamenti - All'incontro ecumenico di preghiera - Washington (USA)

All'incontro ecumenico di preghiera - Washington (USA)

Amati fratelli in Cristo.

Ringrazio la Divina Provvidenza che mi ha consentito, durante la mia visita negli Stati Uniti d'America, di avere questo incontro con altri leaders religiosi, e di potermi unire con voi in preghiera per l'unità di tutti i cristiani.

E' veramente opportuno che il nostro incontro avvenga proprio poco tempo prima della ricorrenza del quindicesimo anniversario del decreto del Concilio Vaticano II sull'ecumenismo "Unitatis Redintegratio". Fin dall'inizio del mio pontificato, un anno fa, ho cercato di dedicarmi al servizio dell'unione dei cristiani; poiché, come ho affermato nella mia prima enciclica (RH 6), è certo che "nella presente situazione storica della cristianità e del mondo non appare altra possibilità di adempiere la missione universale della Chiesa, per quanto riguarda i problemi ecumenici, che quella di cercare lealmente, con perseveranza, con umiltà e anche con coraggio, le vie di avvicinamento e di unione". In una precedente occasione, dissi che il problema della divisione all'interno della cristianità "impegna in modo speciale il Vescovo di questa antica Chiesa di Roma, fondata sulla predicazione e le testimonianze del martirio dei santi Pietro e Paolo" (Giovanni Paolo II, Udienza generale del 17 gennaio 1979). E oggi desidero ribadire davanti a voi la stessa convinzione.

2. Con grande soddisfazione e gioia colgo l'occasione di abbracciarvi nella carità di Cristo, come amati fratelli cristiani e amici discepoli di Gesù Cristo. E' un privilegio il poter, alla vostra presenza e insieme con voi, dare espressione alla testimonianza di Giovanni che "Gesù Cristo è il Figlio di Dio" (1Jn 4,15), e di proclamare che "c'è un Mediatore tra Dio e l'uomo, l'uomo Gesù Cristo" (1Tm 2,5).

Nel professare insieme la fede nella divinità di Gesù Cristo, sentiamo di nutrire reciprocamente un grande amore e di alimentare una grande speranza per tutta l'umanità. Proviamo un'immensa riconoscenza per il Padre, il quale ha mandato suo Figlio affinché fosse il nostro Salvatore, "vittima di espiazione per i nostri peccati; non soltanto per i nostri, ma anche per quelli di tutto il mondo" (1Jn 2,2).

Per grazia divina siamo uniti nella stima e nell'amore per le Sacre Scritture, che riconosciamo come parola ispirata del Signore. Ed è proprio in questa parola del Signore che impariamo quanto egli desidera che siamo veramente uniti in lui e nel Padre suo, Gesù prega che i suoi discepoli siano una cosa sola "perché il mondo possa credere" (Jn 17,21). Il fatto che la credibilità dell'evangelizzazione, secondo i disegni di Dio, dipenda dall'unità dei suoi discepoli, è motivo di inesauribile meditazione per tutti noi.


3. Desidero rendere omaggio alle splendide iniziative ecumeniche che sono state realizzate in questo Paese grazie all'azione dello Spirito Santo. Negli ultimi quindici anni c'è stata una risposta positiva all'ecumenismo da parte dei Vescovi degli Stati Uniti. Attraverso le loro commissioni per le questioni ecumeniche e interconfessionali, essi hanno stabilito fraterne relazioni con altre Chiese e comunità ecclesiali: relazioni che io prego possano continuare ad approfondirsi negli anni a venire. Progrediscono i colloqui con i nostri fratelli d'Oriente, gli Ortodossi. Desidero sottolineare qui che queste relazioni sono state veramente strette negli Stati Uniti e che presto inizierà un dialogo teologico su base mondiale nel tentativo di risolvere quelle difficoltà che ostacolano la piena unità. In America sono in atto anche dialoghi con gli Anglicani, i Luterani, le Chiese riformate, i Metodisti e i Discepoli di Cristo: e c'è sempre un punto di riferimento a livello mondiale. Sussiste inoltre uno scambio fraterno tra i Battisti del Sud e i teologi americani.

Sono riconoscente a tutti coloro che collaborano in materia di ricerca teologica comune, il cui scopo è sempre la piena dimensione, evangelica e cristiana, della fede. Si deve sperare che, attraverso queste ricerche, persone preparate, dotate di una solida formazione nelle loro tradizioni, contribuiranno ad approfondire la vera natura delle questioni storiche e dottrinali.

Il particolare ambiente e le tradizioni degli Stati Uniti hanno facilitato la testimonianza comune in difesa della giustizia sociale e della pace, e in questioni di moralità pubblica. Queste aree d'interesse devono continuare a giovarsi di una creativa azione ecumenica, e specialmente la tutela del valore sacro del matrimonio e di una sana vita familiare come principale contributo al bene del Paese. In questo contesto, non bisogna dimenticare la profonda divisione che ancora esiste in materie morali ed etiche. La vita morale e la vita di fede sono così profondamente unite che è impossibile dividerle.


4. Molto è stato fatto ma c'è ancora tanto da fare. Dobbiamo andare avanti, peraltro, con spirito di speranza. Lo stesso desiderio della completa unità nella fede - che ancora manca tra noi, e che deve essere raggiunta, prima di poter celebrare fraternamente insieme l'Eucaristia nella verità - è esso stesso un dono dello Spirito Santo, per il quale noi umilmente rendiamo grazie a Dio. Abbiamo fiducia che attraverso la nostra preghiera comune il Signore Gesù ci guiderà, nel momento stabilito dall'azione sovrana del suo Santo Spirito, alla pienezza dell'unità ecclesiale.

La fedeltà allo Spirito Santo richiede conversione interiore e fervida preghiera. Secondo le parole del Concilio Vaticano II: "Questa conversione del cuore e questa santità di vita, insieme con le preghiere private e pubbliche per l'unità dei cristiani, si devono ritenere come l'anima di tutto il movimento ecumenico..." (UR 8). E' importante che ogni cristiano e ogni cristiana cerchi individualmente nel proprio cuore ciò che può ostacolare il conseguimento della piena unione fra i cristiani. E preghiamo che la legittima pazienza nell'attendere l'ora di Dio non si trasformi mai in inerte accettazione dello "status quo" della divisione nella fede. Per grazia di Dio, quella pazienza non si sostituisca mai alla definitiva e generosa risposta che Dio chiede al suo invito alla perfetta unità in Cristo.

E così, mentre siamo qui riuniti per celebrare l'amore di Dio che è effuso nei nostri cuori dallo Spirito Santo, ricordiamoci che siamo stati chiamati a dimostrare la massima fedeltà alla volontà di Cristo. Perseveriamo nel chiedere allo Spirito Santo di rimuovere ogni divisione dalla nostra fede, di donarci quella perfetta unità nella verità e nell'amore per la quale Cristo prego, per la quale Cristo mori: "per riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi" (Jn 11,52).

Formulo i miei rispettosi auspici di grazia e di pace per tutti coloro che voi rappresentate, per ciascuna delle vostre comunità, per tutti coloro che attendono con ansia la venuta del "nostro grande Dio e salvatore Gesù Cristo" (Tt 2,13).

Data: 1979-10-07

Data estesa: Domenica 7 Ottobre 1979.





A chi opera nelle comunicazioni sociali - Washington (USA)

Testo: Cari amici dei mezzi di comunicazione.

Eccoci di nuovo insieme alla fine di un altro viaggio: un viaggio che questa volta mi ha portato in Irlanda, alle Nazioni Unite, e negli Stati Uniti d'America. Lo scopo di questo viaggio è stato quello di permettere al Papa di esercitare la sua funzione di araldo della pace, nel nome di Cristo, che fu chiamato il Principe della Pace. Questo messaggio di pace è stato annunciato specialmente in quei luoghi e dinanzi a quelle assemblee dove il problema della guerra e della pace è percepito con particolare sensibilità e dove esistono le condizioni di comprensione, di buona volontà e di mezzi necessari per costruire la pace e la collaborazione fra tutte le nazioni e tutti i popoli.

La parola "pace" è una sintesi. Ha molte componenti. Ho fatto riferimento a molte di queste durante questo viaggio, e voi avete diligentemente riferito su queste riflessioni. Le avete commentate; le avete interpretate; avete reso il servizio di stimolare la gente a pensare al modo di poter contribuire a un più solido fondamento per la pace, la collaborazione, e la giustizia fra tutti gli uomini.

Ora ci troviamo al momento della partenza, nella capitale di uno dei Paesi più potenti del mondo. La potenza di questo Paese, secondo me, deriva non soltanto dalla ricchezza materiale ma da una ricchezza spirituale.

Infatti il nome di questa città e dell'alto monumento che la domina ricorda lo spirito di Giorgio Washington, il primo presidente della nazione. Con Tommaso Jefferson (alla cui memoria è dedicato qui un altro monumento imponente) e con altri uomini illuminati, fondo questo Paese su una base non solo umana ma anche profondamente religiosa.

Di conseguenza, la Chiesa cattolica ha potuto mettere radici profonde in questo Paese. I milioni di fedeli che appartengono alla Chiesa ne sono testimonianza poiché esercitano con piena libertà i diritti e i doveri che derivano dalla loro fede. Lo testimonia il grande Santuario Nazionale dell'Immacolata Concezione in questa città. Lo testimonia l'esistenza in questa capitale di due università cattoliche, "Georgetown" e la "Catholic University of America".

Ho inoltre notato che i cittadini degli Stati Uniti d'America giurano fedeltà con orgoglio e con gratitudine alla loro repubblica come "una nazione sottomessa a Dio".

Questa nazione è formata da uomini di tutte le razze, di tutte le religioni, di tutte le condizioni sociali. E' una specie di microcosmo della comunità mondiale e riflette adeguatamente il motto "E pluribus unum". Possa questo Paese, così come coraggiosamente aboli la piaga della schiavitù durante la presidenza di Abramo Lincoln, non stancarsi mai di cercare il vero bene di tutti i suoi cittadini e quell'unità espressa nel motto nazionale. Per questa ragione gli Stati Uniti d'America fanno riflettere tutti su uno spirito, il quale, se ben applicato, può apportare risultati benefici per la pace nella comunità mondiale.

Spero sinceramente che tutti voi abbiate tratto profitto da questo viaggio e che abbiate avuto la possibilità di riflettere di nuovo sui valori che la civiltà di questo nuovo continente ha ricevuto dal cristianesimo. Ma soprattutto è motivo di speranza in una comunità mondiale pacifica l'esempio di persone di tutte le razze, di tutte le nazionalità, e di tutte le religioni che vivono insieme nella pace e nell'unità.

Mentre ci accingiamo a partire, cari amici, sono confortato dal fatto che voi continuerete ad informare e a formare l'opinione pubblica mondiale con una coscienza profonda della vostra responsabilità e consci che tante persone contano su di voi.

Per finire, saluto voi e l'America. Vi ringrazio di nuovo, e con tutto il cuore chiedo a Dio di benedire voi e le vostre famiglie.

Data: 1979-10-07

Data estesa: Domenica 7 Ottobre 1979.





Ai cavalieri di Colombo - Washington (USA)

Titolo: Testimoni della solidarietà con la missione del Papa

Testo: Cari Cavalieri di Colombo.

E' per me una grande gioia essere tra voi in occasione della mia visita pastorale negli Stati Uniti. Desidero ringraziarvi sinceramente per il rispetto e l'amore che avete dimostrato verso la mia persona quale Successore di Pietro, Vescovo di Roma e Pastore della Chiesa universale.

Nella persona del Cavaliere Supremo e dei Membri del Supremo Consiglio, saluto tutti i Cavalieri di Colombo: gli oltre un milione e trecentomila laici cattolici in tutto il mondo, i quali manifestano uno spirito di profondo attaccamento alla loro fede cristiana e di lealtà alla Sede Apostolica.

Molte volte nel passato, e ancora una volta oggi, avete manifestato la vostra solidarietà con la missione del Papa. Vedo nel vostro appoggio un'altra prova - se mai fosse necessaria - della vostra consapevolezza che i Cavalieri di Colombo tengono in grande considerazione la loro vocazione a partecipare all'attività evangelizzatrice della Chiesa. Sono lieto di ricordare qui ciò che il mio venerato predecessore, Paolo VI, disse a proposito di questo compito nella sua esortazione apostolica "Evangelii Nuntiandi", sottolineando il ruolo specifico del laicato: "Nell'attività evangelizzatrice il campo assegnato ai laici è il vasto e complesso mondo della politica, degli affari sociali e dell'economia, ma anche il mondo della cultura, delle scienze e delle arti, della vita internazionale, dei mass-media. Comprende anche altre realtà che sono aperte all'evangelizzazione, quali l'amore umano, la famiglia, l'educazione dei bambini e degli adolescenti, il lavoro professionale e la sofferenza" (Paolo VI, EN 70).

Queste parole, dette da una persona che non vi ha mai fatto mancare il suo appoggio, indicano chiaramente la strada che la vostra associazione dovrà seguire. Sono al corrente del vostro impegno nel promuovere l'uso dei mass-media per propagare il Vangelo e per diffondere i miei messaggi.

Che il Signore vi ricompensi e, attraverso i vostri sforzi, faccia sorgere abbondanti frutti di evangelizzazione nella Chiesa. Che la vostra attività possa, a sua volta, aiutarvi a creare in voi stessi quegli atteggiamenti interiori senza i quali nessuno può veramente evangelizzare: fiducia nella potenza dello Spirito Santo, vera santità di vita, profonda sollecitudine per la verità, e un amore sempre più grande per tutti i figli di Dio.

Che la benedizione di Dio scenda su di voi, sulle vostre famiglie e su tutti i Cavalieri di Colombo.

Data: 1979-10-07

Data estesa: Domenica 7 Ottobre 1979.





L'omelia al "Capitol Mall" - Washington (USA)

Titolo: Noi celebriamo la vita

Testo: Cari fratelli e sorelle in Gesù Cristo.

1. Un giorno Gesù, dialogando col suo uditorio, si trovo ad affrontare un tentativo da parte dei farisei che mirava a fargli approvare le loro opinioni sulla natura del matrimonio. Gesù rispose riaffermando l'insegnamento della Scrittura: "All'inizio della creazione Dio li creo maschio e femmina; per questo l'uomo lascerà suo padre e sua madre e i due saranno una carne sola. Sicché non sono più due, ma una sola carne. L'uomo dunque non separi ciò che Dio ha congiunto" (Mc 10,6-9).

Il Vangelo secondo Marco riporta subito dopo la descrizione di una scena a noi ben nota. Questa scena ci mostra l'indignazione di Gesù nel notare che i suoi discepoli cercavano di impedire che la gente portasse i propri bambini vicino a lui. E "disse: "Lasciate che i bambini vengano a me, e non glielo impedite, perché a chi è come loro appartiene il regno di Dio"... E prendendoli fra le braccia e ponendo le mani sul loro capo li benediceva" (Mc 10,14-16). Nel proporci queste letture, la liturgia odierna invita tutti noi a riflettere su tre temi strettamente connessi fra di loro: la natura del matrimonio, la famiglia e il valore della vita.


2. E' per me una grande gioia fermarmi a riflettere con voi sulla parola di Dio che la Chiesa oggi ci propone, perché i Vescovi di tutto il mondo stanno discutendo sul matrimonio e sulla vita della famiglia in tutte le diocesi e nazioni. I Vescovi stanno facendo questo in preparazione al prossimo Sinodo mondiale dei Vescovi, che ha come tema: "Il ruolo della famiglia cristiana nel mondo contemporaneo". E sono stati proprio i vostri Vescovi a designare il prossimo anno come anno di studio, pianificazione e rinnovamento pastorale della famiglia. Per varie ragioni vi è nel mondo un rinnovato interesse per il matrimonio, la vita della famiglia e il valore della vita umana.

Questa domenica segna il principio dell'annuale "Programma per il rispetto della vita", grazie al quale la Chiesa degli Stati Uniti intende ribadire la propria convinzione dell'inviolabilità della vita umana in ogni sua fase.

Rinnoviamo quindi, tutti insieme, il nostro rispetto per il valore della vita umana, memori che, attraverso Cristo, tutta la vita umana è stata redenta.


3. Non esito a proclamare dinanzi a voi e dinanzi a tutto il mondo che ogni vita umana - dal momento del suo concepimento e durante tutte le fasi seguenti - è sacra, perché la vita umana è creata ad immagine e somiglianza di Dio. Niente supera la grandezza o la dignità della persona umana. La vita umana non è soltanto un'idea o un'astrazione; la vita umana è la realtà concreta di un essere che è capace di amore e di servizio all'umanità.

Permettetemi di ripetere ciò che dissi nel corso del pellegrinaggio alla mia terra: "Se il diritto alla vita di una persona viene violato al momento in cui viene concepita nel seno materno, un colpo indiretto viene inflitto a tutto l'ordine morale, che ha per scopo i beni inviolabili dell'uomo. La Chiesa difende il diritto alla vita, non solo per rispetto alla maestà di Dio, primo Datore di questa vita, ma anche per rispetto al bene essenziale della persona umana" (Giovanni Paolo II, Discorso dell'8 giugno 1979).


4. La vita umana è preziosa perché è un dono di Dio il cui amore è infinito: e quando Dio dà la vita, la dà per sempre. La vita inoltre è preziosa perché è l'espressione e il frutto dell'amore. Questa è la ragione per cui la vita deve avere origine nel contesto del matrimonio e per cui il matrimonio e l'amore reciproco dei genitori devono essere caratterizzati dalla generosità nel prodigarsi. Il grande pericolo per la vita della famiglia in una società i cui idoli sono il piacere, le comodità e l'indipendenza, sta nel fatto che gli uomini chiudono il loro cuore e diventano egoisti. La paura di un impegno permanente può cambiare il mutuo amore fra marito e moglie in due amori di se stesso, due amori che esistono l'uno accanto all'altro, finché non finiscono nella separazione.

Nel sacramento del matrimonio, l'uomo e la donna - i quali nel Battesimo divennero membri di Cristo ed hanno il dovere di manifestare nella loro vita gli atteggiamenti di Cristo - ricevono la certezza dell'aiuto di cui hanno bisogno affinché il loro amore cresca in un'unione fedele e indissolubile e possano rispondere generosamente al dono della paternità. Come ha dichiarato il Concilio Vaticano II: "Per mezzo di questo Sacramento, Cristo stesso diviene presente nella vita dei coniugi e li accompagna, affinché possano amarsi a vicenda ed amare i loro figli, proprio come Cristo ha amato la sua Chiesa e ha dato se stesso per lei" (cfr. GS 48; Ep 5,25).


5. Affinché il matrimonio cristiano favorisca il bene totale e lo sviluppo della coppia, deve essere ispirato dal Vangelo, e così aprirsi alla nuova vita, una nuova vita data e accettata generosamente. I coniugi sono anche chiamati a creare un'atmosfera familiare in cui i figli siano felici e vivano con pienezza e dignità una vita umana e cristiana.

Per poter vivere una vita familiare gioiosa si impongono sacrifici sia da parte dei genitori sia da parte dei figli. Ogni membro della famiglia deve diventare, in modo speciale, il servo degli altri, condividendo i loro pesi. E' necessario che ognuno sia sollecito non solo per la propria vita, ma anche per la vita degli altri membri della famiglia: per i loro bisogni, le loro speranze, i loro ideali. Le decisioni riguardo al numero dei figli e ai sacrifici che ne derivano, non debbono essere prese solo in vista di aumentare i propri agi e mantenere un'esistenza tranquilla. Riflettendo su questo punto davanti a Dio, aiutati dalla grazia che viene dal Sacramento, e guidati dagli insegnamenti della Chiesa, i genitori ricorderanno a se stessi che è minor male negare ai propri figli certe comodità e vantaggi materiali che privarli della presenza di fratelli e sorelle che potrebbero aiutarli a sviluppare la loro umanità e realizzare la bellezza della vita in ogni sua fase e in tutta la sua varietà.

Se i genitori comprendessero pienamente le esigenze e le opportunità racchiuse in questo grande Sacramento, non mancherebbero di unirsi a Maria nell'inno di lode all'Autore della vita - a Dio -, che li ha scelti come suoi collaboratori.


6. Tutti gli esseri umani dovrebbero apprezzare l'individualità di ogni persona come creatura di Dio, chiamata ad essere fratello o sorella di Cristo in ragione dell'Incarnazione e Redenzione Universale. Per noi la sacralità della persona umana è fondata su queste premesse. Ed è su queste stesse premesse che si fonda la nostra celebrazione della vita, di ogni vita umana. Ciò spiega i nostri sforzi per difendere la vita umana contro qualsiasi influenza o azione che la possa minacciare o indebolire, come pure i nostri sforzi per rendere ogni vita più umana in tutti i suoi aspetti.

Quindi reagiremo ogni volta che la vita umana è minacciata. Quando il carattere sacro della vita prima della nascita viene attaccato, noi reagiremo per proclamare che nessuno ha il diritto di distruggere la vita prima della nascita.

Quando si parla di un bambino come un peso o lo si considera come mezzo per soddisfare un bisogno emozionale, noi interverremo per insistere che ogni bambino è dono unico e irripetibile di Dio, che ha diritto ad una famiglia unita nell'amore. Quando l'istituzione del matrimonio è abbandonata all'egoismo umano e ridotta ad un accordo temporaneo e condizionale che si può rescindere facilmente, noi reagiremo affermando l'indissolubilità del vincolo matrimoniale. Quando il valore della famiglia è minacciato da pressioni sociali ed economiche, noi reagiremo riaffermando che la famiglia è necessaria non solo per il bene privato di ogni persona, ma anche per il bene comune di ogni società, nazione e stato (cfr. Giovanni Paolo II, Udienza generale, 3 gennaio 1979). Quando poi la libertà viene usata per dominare i deboli, per sperperare le ricchezze naturali e l'energia, e per negare agli uomini le necessità essenziali, noi reagiremo per riaffermare i principi della giustizia e dell'amore sociale. Quando i malati, gli anziani o i moribondi sono abbandonati, noi reagiremo proclamando che essi sono degni di amore, di sollecitudine e di rispetto.

Faccio mie le parole che Paolo VI indirizzo l'anno scorso ai Vescovi Americani: "Inoltre siamo convinti che ogni sforzo fatto per salvaguardare i diritti umani attualmente benefica la vita stessa. Tutto ciò che mira ad abolire le discriminazioni di diritto o di fatto basate su razza, origine, colore, cultura, sesso o religione (cfr. Paolo VI, "Octogesima Adveniens", 16) è un servizio alla vita. Quando vengono promossi i diritti delle minoranze, quando vengono assistiti gli handicappati nella mente o nel fisico, quando sono ascoltati coloro che vivono ai margini della società: in tutti questi casi si rafforza la dignità della vita e la sacralità della vita umana... In particolare, ogni contributo per migliorare il clima morale della società, per arginare la permissività e l'edonismo, ogni assistenza data alla famiglia, che è la sorgente della nuova vita, sostengono effettivamente il valore della vita" (Paolo VI, Discorso ai Vescovi degli Stati Uniti in visita "ad limina", 26 maggio 1978).


7. Molto resta da fare per poter aiutare coloro la cui vita è minacciata e ravvivare la speranza di quelli che hanno paura della vita. Si richiede coraggio per resistere alle pressioni e ai falsi "slogans", per proclamare la dignità suprema di ogni vita, ed esigere che la società stessa la protegga. Desidero perciò rivolgere una parola di lode a tutti i membri della Chiesa Cattolica e delle altre Chiese cristiane, a tutti gli uomini e donne dell'eredità giudeo-cristiana, come pure a tutti gli uomini di buona volontà, affinché si uniscano in uno sforzo comune per la difesa della vita nella sua pienezza e per la promozione di tutti i diritti umani.

La nostra celebrazione della vita fa parte della nostra celebrazione dell'Eucaristia. Il Nostro Signore e Salvatore, per mezzo della sua morte e risurrezione, è diventato per noi "il pane di vita" e il pegno della vita eterna.

In lui troviamo il coraggio, la perseveranza e l'inventività di cui abbisogniamo per promuovere e difendere la vita nelle nostre famiglie e nel mondo intero.

Cari fratelli e sorelle: abbiamo fiducia che Maria, la Madre di Dio e la Madre della Vita, ci darà il suo aiuto affinché il nostro modo di vivere rifletta sempre la nostra ammirazione e riconoscenza per il dono dell'amore di Dio che è la vita. Sappiamo che lei ci aiuterà ad usare ogni giorno che ci è dato come un'opportunità per difendere la vita prima della nascita e per rendere più umana la vita dei nostri fratelli, ovunque essi siano.

L'intercessione della Madonna del Rosario, la cui festa celebriamo oggi, ci ottenga di poter tutti pervenire un giorno alla pienezza della vita in Cristo Gesù nostro Signore. Amen.

Data: 1979-10-07

Data estesa: Domenica 7 Ottobre 1979.

L'arrivo all'aeroporto - Fiumicino (Roma)

Titolo: Scopo del viaggio fatto in Irlanda, all'ONU e negli USA

Testo: Nel momento in cui, dopo le incancellabili emozioni di oltre una settimana di celebrazioni liturgiche, di incontri e di colloqui, rimetto piede sul suolo della diletta Italia, un sentimento di profonda gratitudine, gioiosa e commossa, si eleva dal mio spirito verso il Signore, che nella sua bontà provvidente mi ha concesso ancora una volta d'intrattenermi personalmente con tanti fratelli e figli, e con uomini così rappresentativi ed autorevoli, uomini di buona volontà.

I brevi giorni della mia permanenza in Irlanda mi hanno permesso di conoscere da vicino quella Nazione, di ammirarne le antiche tradizioni di fede, le testimonianze di attaccamento alla Sede apostolica e di coglierne i preziosi valori morali.

Sono lieto di aver accolto l'invito dei Vescovi Irlandesi a celebrare con tutti quei fedeli il primo Centenario dell'apparizione mariana di Knock, per rendere così un tributo di gratitudine filiale a Maria che in ogni Paese offre segni evidenti e tangibili del suo patrocinio materno, della sua amorosa assistenza, che abbiamo invocato soprattutto per la pace e la riconciliazione in quella diletta Isola.

Il mio incontro, poi, con l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, dove sono rappresentati e, per così dire, riuniti i popoli del mondo, s'inserisce nella continuità ideale di quello compiuto quattordici anni or sono, nell'ambito e nel segno di una perseverante missione di pace, dal mio indimenticabile predecessore Paolo VI. Ho voluto anch'io, aderendo con piacere all'invito del Segretario Generale di quella Organizzazione, fare certe le Nazioni che la Chiesa è vicina a agli operatori di pace, vuole ispirarne e sostenerne gli sforzi, per il solo desiderio di rendere un servizio all'umanità. La Chiesa vuole, infatti, quella pace che risulta dalla nozione verace dell'uomo, dal rispetto dei suoi diritti e dall'assolvimento dei suoi doveri, che si fonda insomma sulla giustizia; essa non desisterà mai dall'invitare a pensare i futuri destini della convivenza umana e del mondo, con sempre rinnovata e convertita mentalità.

Infine, aderendo al desiderio del Presidente degli Stati Uniti d'America e dei degnissimi Membri di quell'Episcopato, ho sostato alcuni giorni sul territorio del loro grande Paese, a cui spettano certo un eminente compito e una grave responsabilità proprio a ragione dell'alto livello di benessere e di progresso tecnico sociale raggiunto in ordine alla costruzione di un mondo giusto e degno dell'uomo. Si è trattato di un contatto innanzitutto ecclesiale con i fedeli, con i Pastori, per rinfrancarne gli spiriti ed accrescere in loro il coraggio di pensare e vivere "secondo Dio e non secondo gli uomini" (Mc 8,35).

L'accoglienza devota ed esultante dei fedeli e dell'intero popolo degli Stati Uniti ha lasciato nel mio animo il desiderio di un contatto sempre più diretto e familiare con questi carissimi figli.

Al termine di questi brevi accenni, esprimo anzitutto al Signor Presidente del Consiglio il mio vivo e grato compiacimento per le nobili e fervide parole, con cui ha voluto porgermi il benvenuto in terra d'Italia. Con profondo rispetto rivolgo, altresi, un doveroso ringraziamento agli Eminentissimi Cardinali, alle illustri Personalità dello Stato e del Governo Italiano, ai distinti Membri del Corpo Diplomatico, con a capo il loro degnissimo Decano, alle Personalità della Curia Romana e a quanti infine hanno voluto riservarmi questa accoglienza festosa a rendere più gradita l'ora del ritorno con la loro amabile presenza.

Sento poi il gradito dovere di significare la mia soddisfazione riconoscente ai dirigenti delle società aeree, ai piloti ed agli equipaggi dei velivoli, e a tutti coloro che hanno cooperato, con generosa dedizione, alla piena riuscita di questo mio viaggio.

Mentre ancora una volta presento a Cristo Signore, Principe della Pace, le aspirazioni e i propositi di serena convivenza, di fraterna collaborazione e di umana e cristiana solidarietà dei popoli della terra, invoco con la mia benedizione apostolica le divine effusioni di grazia e di misericordia su voi qui presenti, sui dilettissimi figli dell'Urbe e dell'intera umanità.

Data: 1979-10-08

Data estesa: Lunedì 8 Ottobre 1979.

Ai fedeli - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Ringraziamento a tutti dopo il ritorno dagli Stati Uniti

Testo: Carissimi fratelli e sorelle nel Signore.

Eccomi di nuovo ritornato in mezzo a voi, dopo il mio viaggio pastorale in Irlanda e negli Stati Uniti! Dopo questo per me tanto gioioso evento, sento ancora il bisogno di ringraziare di cuore tutti coloro che hanno partecipato alla sua buona riuscita: ringrazio coloro che con tanta premura mi hanno accolto, in primo luogo il Presidente dell'Irlanda Hillery, il Segretario Generale delle Nazioni Unite Kurt Waldheim, il Presidente degli Stati Uniti Carter, tutte le Autorità religiose, civili, militari, e in primo luogo gli Episcopati; ringrazio coloro che con tanta gentilezza mi hanno trasportato e accompagnato; ringrazio coloro che hanno prestato il servizio d'ordine e di vigilanza, e quelli che hanno trasmesso e commentato le varie notizie dei vari avvenimenti; ringrazio soprattutto con vivo affetto le folle immense, che si sono strette, in tutte le tappe del mio viaggio, attorno al Vicario di Cristo in un fraterno e filiale abbraccio. Ma voglio anche ringraziare voi, che certamente avete pregato per me.

Sempre ho sentito la vicinanza spirituale di milioni e milioni di persone che con la loro preghiera hanno reso possibile e certamente efficace questo viaggio di fede. Infatti è stato unicamente un viaggio di fede, compiuto unicamente per annunciare il Vangelo, per "confermare i fratelli", per consolare gli afflitti, per testimoniare l'amore di Dio, per additare all'umanità il suo destino trascendente.

Come san Paolo non ho predicato che Cristo e Cristo crocifisso e risorto per noi (cfr. 1Co 1,23). E' stato un viaggio di fede, perciò è stato un viaggio di preghiera, con al centro sempre la meditazione della Parola di Dio, la celebrazione dell'Eucaristia e l'invocazione alla Vergine Santissima.

E' stata anche una "catechesi itinerante", in cui è stata mia intenzione sottolineare dappertutto, a tutti i ceti di persone, l'autentico e incancellabile patrimonio della Dottrina cattolica.

Ed è stato anche un viaggio di pace, di amore, di fraternità, che mi ha portato nella sede dell'ONU. Là soprattutto, come in tutti gli incontri con le folle, in nome di Cristo e della Chiesa, mi sono fatto interprete dei popoli desiderosi di giustizia e di pace, in nome dei poveri, dei sofferenti, degli oppressi, degli umili, dei bambini.

Di tutto questo ringraziamo insieme il Signore e Maria Santissima! Voglia il cielo che gli uomini diventino sempre più buoni, più uniti, più impegnati nel bene, nel perdono, nell'amore fraterno! E per ringraziare la Vergine Santissima con ancor maggior fervore e per implorare la grazia della conversione e della pace, vi annuncio ora con immensa gioia, che domenica 21 ottobre mi rechero in pellegrinaggio al Santuario di Pompei.

Data: 1979-10-10

Data estesa: Mercoledì 10 Ottobre 1979.



Ai membri del Pontificio Consiglio dei Laici - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La formazione dei laici per la vitalità della Chiesa

Testo: Cari fratelli e sorelle.

E' facile rievocare la vita del caro Monsignore Marcel Uylenbroeck ascoltando le letture della Sacra Scrittura: Dio l'ha messo alla prova, nel corso di una malattia inesorabile, che lo ha colpito nel pieno vigore degli anni e nel momento in cui compiva per la Chiesa un servizio importante e apprezzato; egli ha accettato questa prova, nella fede; egli l'ha anche offerta per la Chiesa. Il Cristo, il padrone di casa, l'ha trovato mentre teneva la sua lampada accesa, la lampada della carità e della speranza. Dio ha accettato il suo olocausto. Nella vita, come nella morte, dice san Paolo, apparteniamo al Signore.

Monsignor Uylenbroeck aveva consacrato la sua vita al Signore, voi lo sapete, con una cura particolare per l'evangelizzazione. Partecipo molto presto, come laico, all'apostolato dei giovani del mondo operaio, nella JOC belga; poi, come prete, cappellano nazionale e poi internazionale di questo movimento. Quando Paolo VI lo nomino Segretario del Consiglio dei Laici, dieci anni fa, egli vi porto quindi un'esperienza utile per comprendere la vita dei laici e il loro apostolato organizzato. Ed è là che molti di voi, e io stesso, l'abbiamo visto all'opera. Egli sapeva accogliere con benevolenza le multiformi attività delle associazioni di laici, come altrettanti frutti della vita cristiana in cui lo Spirito Santo ha la sua parte. Aiutava i responsabili a riflettere, a confrontare le loro azioni con quelle degli altri nella Chiesa universale, con gli orientamenti della Santa Sede, e ad approfondirne i moventi; nello stesso tempo contribuiva al servizio del Papa. Compiti che sono l'onore e il dovere del Consiglio Pontificio per i Laici.

E in margine a questo lavoro continuava ad interessarsi, nella stessa Roma e al di fuori di essa, dei giovani di ogni ambiente consacrando il suo tempo e le sue forze apostoliche per confortarli, nei suoi contatti e nella sua corrispondenza, illuminarli e portarli su una via migliore, ispirandosi al Vangelo.

Insieme a coloro che ne hanno beneficiato, noi offriamo questa fatica, domandando al Signore di ricompensare questo servo buono e di accordargli la sua luce, la sua pace, la sua gioia, nella vita eterna.

Voi avete continuato questo lavoro in modo particolare durante tutta questa assemblea generale. Non è qui il luogo di sviluppare questo argomento, ma, in una parola, tengo a ringraziare e ad incoraggiare vivamente i membri e i consultori del Consiglio, alcuni dei quali sono venuti da lontano, così come tutte le persone che prestano quotidianamente il loro aiuto nell'attività di questo Dicastero. Io stesso ho partecipato come membro del Consiglio - in un tempo non molto lontano - a un tale lavoro di confronto e di riflessione. Come Papa, conto sul vostro apporto per illuminare, sostenere, armonizzare il dinamismo dei laici nel mondo intero, e per portare, a me e alla Santa Sede, le vostre informazioni e i vostri suggerimenti, e in particolare quelli della vostra assemblea.

Le parrocchie restano i luoghi privilegiati dove i laici di ogni ambiente e di ogni associazione possono riunirsi per celebrare l'Eucaristia, specialmente la domenica, per la preghiera, per l'animazione catechetica, ecc. Ma è importante anche che esistano, in relazione con esse, altri luoghi, altri centri, su scala più vasta o al contrario più ridotta, per provvedere ai bisogni particolari del popolo di Dio in materia di educazione, di catechesi, di assistenza, di aiuto sanitario, di promozione sociale, ecc. Essi permettono una partecipazione più diretta del laicato e un'azione più adeguata. Era precisamente il tema della vostra assemblea: la formazione di tali comunità locali di base; si tratta di incoraggiarle, garantendo la loro autenticità evangelica e la loro qualità ecclesiale. E' molto importante per la vitalità della Chiesa, per il suo inserimento e la sua testimonianza nel mondo contemporaneo.

Era anche opportuno rivedere i criteri delle organizzazioni Internazionali cattoliche, e lo statuto dei loro assistenti ecclesiastici, poiché il ruolo del laico, il ruolo del sacerdote, il legame con la Chiesa e il Magistero devono essere ben definiti.

In particolare le donne devono trovare esattamente il posto che spetta loro nella Chiesa per farla beneficiare di tutte le loro risorse di fede e carità.

Non dimentichiamo che il prossimo Sinodo attira l'attenzione di tutta la Chiesa su un apostolato insostituibile: quello della famiglia.

Da parte vostra, contribuite a fare in modo che tutta questa azione dei laici sia ispirata dalla fede: questo evidenzia l'importanza della revisione di vita attraverso il Vangelo e della preghiera; che essa sia ispirata dalla fedeltà alla Chiesa, dalla preoccupazione non dell'uniformità, ma dell'unità, della comunione; che essa sia ispirata soprattutto dalla speranza.

Numerosi segni - ne sono stato testimone in Irlanda e negli Stati Uniti - manifestano oggi le meravigliose risorse di fede e di dinamismo cristiano che sono nel cuore dei nostri contemporanei, specialmente dei giovani. E anche quando questi segni sono meno evidenti - dobbiamo lavorare nella fede e nella pazienza - noi sappiamo tuttavia che Dio è fedele alle sue promesse e che farà portare frutto a coloro che si assumono il rischio di costruire la loro vita sulla roccia del Vangelo. Coraggio! Il suo Spirito non manca mai a coloro che lo pregano, con la Vergine della Pentecoste, e che fanno, come lei, tutto ciò che il Signore dirà loro. Benedicendovi con tutto il cuore, prego Dio di fortificare la vostra speranza. E che egli doni la felicità eterna a colui che ci ha preceduto nella casa del Padre, al nostro amico, Monsignor Marcel Uylenbroeck.

Amen Data: 1979-10-10

Data estesa: Mercoledì 10 Ottobre 1979.


GPII 1979 Insegnamenti - All'incontro ecumenico di preghiera - Washington (USA)