GPII 1979 Insegnamenti - Al pellegrinaggio nazionale sloveno - Città del Vaticano (Roma)


Ai Vescovi del Perù in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Siate maestri di verità religiosa e sociale

Testo: Signor Cardinale, Amatissimi fratelli nell'Episcopato.

Con vero affetto fraterno vi ricevo in questo incontro collettivo, Pastori del Popolo di Dio in Perù, dopo essermi intrattenuto con ciascuno di voi nei giorni scorsi, per esaminare la situazione in ciascuna delle vostre rispettive circoscrizioni ecclesiastiche.

1. Attraverso le relazioni che avete presentato, e nonostante le diverse peculiarità concrete che vi si scoprono, ho potuto verificare che la Chiesa nel vostro Paese ha compiuto e compie fedelmente la sua missione di annunciare il messaggio di salvezza e di creare una comunità di vita nuova in Cristo.

Sono ben cosciente che questo annuncio del Vangelo non si può realizzare senza uno sforzo considerevole, dovuto alle non facili circostanze ambientali in cui deve operare. Perciò desidero manifestare fin d'ora a voi, ai vostri sacerdoti, religiosi, religiose e collaboratori della pastorale, il mio cordiale apprezzamento e ringraziamento in nome di Cristo, perché nonostante le difficoltà che incontra questa opera, date testimonianza di una generosa donazione alla Chiesa. Per questo desidero dirvi con san Pietro: "Che la grazia e la pace vi siano moltiplicate" (1P 1,2).

Questa evangelizzazione del Popolo di Dio in cui siete impegnati, è il grande incarico che si offre al vostro zelo di Pastori della Chiesa. Dedicate le vostre cure ad una parte ecclesiale che ricevette secoli fa il primo annuncio della fede, grazie ad un lodevole sforzo missionario. Quella semina ha gettato via via radici profonde e ha prodotto buoni frutti che hanno lasciato tracce nella cultura, nella storia, nella vita intera del vostro popolo.

Tuttavia la vostra sollecitudine pastorale vi indica che occorre continuare questa missione; che occorre estenderla ed irrobustirla, affinché la fede sia sempre più approfondita dai vostri fedeli e, elevandoli al di sopra dell'imperfezione, li conduca alla maturità della vita in Cristo.

Impegno grande questo, che reclama una buona pianificazione ed una esecuzione perseverante, per cui occorre impiegare tutte le forze ecclesiali, quelle già disponibili e quelle che un amore illimitato per le anime riesce a suscitare. Solamente grazie a questa evangelizzazione in profondità verranno raggiunte le mete che desiderate per il rinnovamento e la vitalità veri delle vostre Chiese.


2. Nella comunità dei credenti, a voi è affidata la guida dei fedeli. Perciò permettetemi che come motto per questa visita "ad limina" insista con voi sulla necessità di essere "Maestri della Verità". Della verità su Cristo, Figlio di Dio e Redentore del genere umano; sulla Chiesa e la sua vera missione nel mondo; sull'uomo, la sua dignità, le sue esigenze terrene ed insieme trascendenti, come già affermai nel Discorso pronunciato davanti alla Conferenza Generale dell'Episcopato latino-americano, celebrata a Puebla. So che avete coscienza di questo dovere, in armonia con la missione evangelizzatrice della Chiesa e con gli interrogativi che presenta la nostra epoca. Vi incoraggio inoltre a proseguire in questo cammino, affinché i vostri sacerdoti e fedeli percorrano con gioia sentieri sicuri e ben definiti.

Come parte della vostra missione di maestri, prestate attenzione anche ad una conveniente diffusione del pensiero sociale della Chiesa, perché nella società si impari a rispettare queste imprescindibili esigenze di giustizia ed equità che tutelano le persone, soprattutto le più bisognose, nelle diverse sfere della loro esistenza.


3. Pensando alla necessità urgente che hanno le vostre diocesi, e alla penuria di sacerdoti che lamentano, vi affido come incarico prioritario l'opera, portata avanti con tutte le forze possibili, a favore delle vocazioni al sacerdozio e alla vita religiosa. Si tratta di un punto essenziale per la nostra comunità cristiana.

E' prezioso l'aiuto che i diaconi prestano nella pastorale, o i religiosi non sacerdoti, le religiose, i catechisti e gli altri fedeli coscienti della loro responsabilità nella missione evangelizzatrice della Chiesa, un aiuto che occorre apprezzare in tutto il suo valore, e promuovere come un autentico bene ecclesiale.

Tuttavia, non possiamo dimenticare che Cristo si fa presente in ciascuna comunità soprattutto attraverso il sacerdote.

Nel vostro sforzo per ottenere veri e sufficienti ministri di Cristo, preferibilmente nati nel vostro ambiente, cercate di far si che il sacerdote abbia una chiara coscienza della sua identità personale, viva intensamente la dimensione verticale della sua esistenza, sia guida ed educatore nella fede, il padre di tutti, in special modo dei poveri, il coraggioso servitore della causa del Vangelo, l'autentico pastore interessato a condurre tutti a Cristo, a liberare radicalmente l'uomo soprattutto da ciò che lo separa da Dio.

Dato che voi vivete molto vicini ai vostri sacerdoti e condividete con sincera amicizia le loro gioie e le difficoltà, aiutateli a rimanere in felice comunione con il loro Vescovo, e ad evitare pericoli e ideologie che potrebbero insinuarsi nell'ambiente, e che non sono in sintonia con la loro missione e con le direttive del Magistero.


4. Come Pastori dei vostri fedeli, dedicate ugualmente particolare attenzione alla pastorale familiare. La famiglia, "chiesa domestica", deve essere oggetto del vostro particolare interesse nell'impegno pastorale.

Contro gli attacchi esterni a cui devono far fronte oggi proponete e difendete i valori genuini della famiglia e del matrimonio cristiano. Solo mantenendo fermi questi valori spirituali e umani, la famiglia si consolida come cellula sociale importantissima ed insieme, come "primo ambiente evangelizzatore".

Voi che vivete a contatto con la situazione familiare dei vostri rispettivi ambienti, conoscete bene le loro necessità ed i rischi che corrono tanti focolari. Non trascurate mai la loro sorte, e infondete nei vostri sacerdoti e agenti evangelizzatori una grande stima per questo settore dell'apostolato, che tanti frutti ottiene e con cui così bene può prodigarsi.


5. Un altro tema di vivo interesse e di grande importanza per la Chiesa è quello della gioventù.

Nel mondo latino-americano prevale l'elemento giovane. La gioventù, di conseguenza, deve occupare nella vostra pastorale un posto di rilievo. La Chiesa, tutti coloro che in questa si sentono responsabili, non possono permettere che la gioventù si allontani da Cristo; è necessario essere accanto ai giovani, dare loro ideali alti e nobili, manifestare che Cristo ha molto da dire loro. Gesù di Nazaret interessa all'uomo e al giovane di oggi, quando lo sappiamo presentare adeguatamente.

Tra le molteplici iniziative che in questo campo vi suggerirà il vostro zelo di Pastori, desidero richiamare la vostra attenzione sull'importanza della educazione religiosa nella scuola. Certamente ci sono anche altri ambienti in cui si può adempiere a questo dovere, ma non possiamo non sfruttare le opportunità che ci si offrono e che corrispondono inoltre ai desideri espressi da tanti padri di famiglia. Sarebbe un vero peccato che per motivi inconsistenti si disattendesse a questo settore della pastorale. Sarebbe ancora peggio se con scuse a favore di un apostolato che si ritiene più redditizio, si sprecassero le possibilità di educare persone complete, giovani integrali, che ci offrono le istituzioni educative della Chiesa. E' vero che quelle dovranno essere ristrutturate - quando sarà necessario - affinché rispondano a finalità evangeliche e di apertura a tutti, ma non abbandoniamo tanto facilmente strumenti che tanti beni umani, sociali e cristiani hanno prodotto, quando abbiamo l'occasione di impiegarli adeguatamente. E' un importante servizio che possiamo prestare alla società e alla Chiesa attuale.


6. Cari fratelli: rimarrei ancora con voi, prolungando questi momenti di gioia e di comunione. Questa visita "ad limina Apostolorum" è una dimostrazione di cordialità da parte vostra e di vicinanza al successore di Pietro. Che questo incontro sia di conferma e consolidi insieme la vostra unione reciproca come Vescovi e guide della Chiesa in Perù. Grazie a ciò tutta la vostra opera ci guadagnerà in intensità ed efficacia, cosa che svilupperà positivamente le vostre comunità ecclesiali.

In questi giorni abbiamo pensato anche a loro e per loro abbiamo pregato, affinché crescano nella conoscenza e nella fedeltà a Cristo. A tutti ed ognuno dei loro membri, in special modo ai sacerdoti, diaconi e religiose che accompagno con la preghiera nel loro difficile e meritorio compito ai seminaristi ed ai secolari impegnati nell'apostolato, indirizzo il mio affettuoso ricordo, il mio incoraggiamento, la mia benedizione.

Data: 1979-10-20

Data estesa: Sabato 20 Ottobre 1979.





Agli ex combattenti per il disarmo - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Sradicare la menzogna della guerra mascherata da interessi di parte

Testo: Signori.

Non è senza emozione che ricevo oggi i partecipanti all'"Incontro Mondiale degli ex combattenti per il disarmo". Voi rappresentate quasi quaranta milioni di ex combattenti, di resistenti, di prigionieri, di vittime della guerra, e avete desiderato incontrare insieme il Papa. Questo fatto riveste un significato profondo, perché le vostre quattro Confederazioni mondiali, che hanno organizzato questa manifestazione internazionale a Roma, hanno coscienza di poter aiutare l'umanità a salvaguardare le condizioni della pace, a evitare un nuovo dramma della guerra, e, da parte sua, anche la Chiesa cerca, con i mezzi che le sono propri, di promuovere lo spirito della pace, di educare alla pace.

Da parte vostra, la vostra esperienza dolorosa della guerra, il fatto di portarne le conseguenze da più di trent'anni e il modo realista e coraggioso con cui reagite, danno a voi, più che ad altri, il diritto di testimoniare in favore della pace e di essere ascoltati.

Guai alle nazioni che perdessero la memoria di questo periodo tragico, delle minacce contro i diritti delle persone e dei popoli, delle imprudenze e degli errori che gli hanno aperto la porta, delle ferite e degli annientamenti senza precedenti che ha causato, dei sussulti coraggiosi che ha suscitato per ricuperare la libertà o semplicemente il diritto di esistere.

Si, le giovani generazioni devono saperlo, e fortunatamente voi ci siete ancora per avvertirle. Ma voi non vi contentate né di questi ricordi nostalgici, né di questi gravi avvertimenti. Voi volete contribuire a preparare un altro clima. E per questo, precisamente appoggiandovi sul passato di cui portate le stigmate, voi stessi vi siete aperti, e non senza merito, a uno spirito di comprensione e di fraternità, non solo tra ex alleati, ma anche tra belligeranti di campi ieri opposti; vi siete sforzati di andare oltre il rancore e l'odio, coscienti della parte di ideologia, di pregiudizio razziale, di aggressività e di spirito di dominazione mantenuti artificialmente che accecava un gran numero di uomini. Sono queste radici avvelenate che volete vedere estirpate. Il che dice che la vostra apertura, il vostro senso dell'eguaglianza e della fraternità, il vostro desiderio di scambi e di collaborazione reciproca oltre le frontiere, sono ben più profonde di un sogno idilliaco, e hanno il particolare di andare sempre di pari passo con la fierezza legittima delle vostre patrie, del vostro patrimonio culturale nazionale, della vostra storia. L'umanità che voi invocate con i vostri voti non è quella del livellamento, ma quella in cui ogni popolo è riconosciuto nella sua dignità e nelle sue capacità di pacifica illuminazione.

Il vostro contributo vuol essere realista: al di là dei buoni sentimenti che sono sfortunatamente mutevoli e soggetti a cambiamenti spettacolari, secondo le passioni popolari e gli interessi dei potenti, voi desiderate che siano stabilite, a livello internazionale, garanzie giuridiche per il trattamento umanitario dei prigionieri e delle vittime della guerra, e più in generale per il rispetto dei diritti dell'uomo in ogni occasione; che siano assicurate in un modo nuovo la distensione fra i popoli e la loro sicurezza. Le Organizzazioni internazionali hanno riconosciuto non solo il vostro merito, ma anche il contributo che la vostra saggezza e la vostra esperienza vi permettono di apportare nei progetti in corso. Certo le condizioni di una nuova guerra generalizzata e le rovine che essa causerebbe sarebbero di estrema gravità, ahimè, ben oltre ciò che la vostra esperienza vi ha fatto conoscere.

Ragione di più per scongiurare ad ogni costo la minaccia; e la vostra preoccupazione di lottare per il disarmo è ancor più opportuna e urgente.

Tali obiettivi di pace si congiungono con quelli che la Chiesa non cessa di promuovere a due livelli complementari.

Da una parte, presso i Paesi o le Organizzazioni internazionali, la Chiesa, e in particolare la Santa Sede, è sempre pronta a contribuire, quando le si offre l'occasione, all'avvicinamento delle parti, alla costruzione di garanzie effettive di distensione, di pace nella giustizia, di disarmo progressivo. Ma in modo più generale, la Chiesa non cessa di avvertire la coscienza dei popoli, l'opinione pubblica, i responsabili e tutti gli uomini di buona volontà. Nel nome delle nuove generazioni così gravemente minacciate, denuncia, demistifica, come ho fatto recentemente a New York davanti ai rappresentanti delle Nazioni Unite, la spirale vertiginosa degli armamenti, che prende a pretesto la minaccia di potenziali nemici.

Positivamente, la Chiesa vuole formare gli spiriti alla vera pace, mostrandone i fondamenti sicuri: il rispetto dei diritti inalienabili dell'uomo, di tutti i suoi diritti, delle sue libertà fondamentali, della libertà dei popoli, ed anche i loro doveri di fronte alla disuguaglianza intollerabile nella distribuzione dei beni materiali sulla terra. Ancor più profondamente, la Chiesa cerca, con la forza del Vangelo, di estirpare dal cuore dell'uomo i pregiudizi pericolosi, le radici dell'aggressività, della violenza, del risentimento, dell'odio, dell'orgoglio, dell'invidia, dell'egoismo - diciamo: del peccato - che rendono il cuore dell'uomo così duro verso i suoi simili e causano tante lotte inutili ed ingiuste. Bisognerebbe aggiungere: estirpare la menzogna. Oh sicuro, apparentemente, tutti vogliono la pace: nessuno si vuole disonorare dichiarando una guerra offensiva. Si tratta sempre, si dice, di difendersi, di vendicare dei diritti violati. E' spesso una parte della verità. Ma quante menzogne abilmente camuffate per scatenare dei conflitti di cui si è già calcolato l'interesse e il profitto. Solo "la verità è la forza della pace", come esprime il tema della prossima Giornata Mondiale della pace.

In tutta quest'opera di educazione alla pace, la Chiesa si rivolge innanzitutto ai suoi figli, ai cristiani, invitandoli, essi stessi, a un'umile revisione di vita su questi punti, perché essi siano coerenti con la carità e la giustizia di Cristo; essa li esorta a pregare per la pace e a perdonare; essa li educa a essere in diversi modi artefici di pace. Tale è il suo principale contributo che è d'ordine morale e spirituale, ma che può avere un grande impatto sociale ed anche politico. Essa sa che molti altri uomini di buona volontà sono sensibili a questo messaggio. Con loro, con voi, essa vuole continuare, con la grazia di Dio, a servire la pace.

Ancora una volta grazie, e che Dio benedica le vostre persone, le vostre famiglie, tutti i vostri compagni di prova, e ciascuno dei vostri Paesi.

Data: 1979-10-20

Data estesa: Sabato 20 Ottobre 1979.





Alla Messa per la Giornata Missionaria - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Con l'opera missionaria compiamo il nostro destino di cristiani

Testo: Carissimi fratelli e sorelle nel Signore! Carissimi Giovani! Con gioia grande e profonda presiedo alla Liturgia Eucaristica, in questa vigilia della "Giornata Missionaria Mondiale", per incontrarmi con voi tutti, fedeli della diocesi di Roma; mi sento così più intimamente legato non solo a tutte le diocesi del mondo in questa occasione così importante e significativa, ma soprattutto ai missionari e alle missionarie che sparsi nelle varie parti del mondo con gaudio e con fatica annunziano agli uomini il Vangelo della salvezza.

Si, carissimi, è questa un'occasione molto importante per la vostra vita spirituale e per la nostra diocesi: qui al centro della cristianità, in questa Basilica Vaticana, sentiamo gli echi della Chiesa universale, percepiamo le necessità di tutti i popoli, partecipiamo alle ansie di tutti coloro che con ardore indefesso camminano in nome di Cristo, testimoniano, annunziano, convertono, battezzano, fondano nuove comunità cristiane.

Meditiamo brevemente, e cerchiamo assieme, seguendo le letture della Liturgia, la motivazione, la condizione e la strategia dell'attività missionaria della Chiesa.


1. Qual è la motivazione prima ed ultima di quest'opera? Ecco la prima domanda. E la risposta è semplice e perentoria: la Chiesa è missionaria per espressa volontà di Dio.

Gesù parla molte volte agli Apostoli del loro incarico, della loro missione, del motivo della loro scelta: "Non voi avete scelto me; ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate molto frutto e il vostro frutto rimanga" (Jn 15,16).

Prima di ascendere al cielo Gesù dà agli Apostoli, e per mezzo di essi a tutta la Chiesa, in modo ufficiale e determinante la missione di evangelizzazione: "Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo ad ogni creatura" (Mc 16,15). E l'evangelista annota: "Allora essi partirono e predicarono dappertutto" (Mc 16,20".

Da allora gli Apostoli e i discepoli di Cristo hanno cominciato a percorrere le strade della terra, a superare disagi e stanchezze, ad incontrare genti e tribù, popoli e nazioni, a soffrire fino a dare la vita, per annunziare il Vangelo, perché è la volontà di Dio, e nei riguardi di Dio non c'è che la decisione dell'obbedienza e dell'amore.

San Paolo scriveva al suo discepolo Timoteo: "Dio vuole che tutti gli uomini arrivino alla conoscenza della verità e siano salvati" (1Tm 2,4).

E la verità che salva è solo Gesù Cristo, il Redentore, il Mediatore tra Dio e gli uomini, il Rivelatore unico e definitivo del destino soprannaturale dell'uomo. Gesù ha dato alla Chiesa la missione di annunziare il Vangelo; a questa missione partecipa ogni cristiano. Ogni cristiano è per natura sua missionario.

Paolo VI, di venerata memoria, nell'esortazione apostolica "Evangelii Nuntiandi", scriveva (EN 5 EN 14): "La presentazione del messaggio evangelico non è per la Chiesa un contributo facoltativo: è dovere che le incombe per mandato del Signore Gesù, affinché gli uomini possano credere ed essere salvati. Si, questo messaggio è necessario. E' unico. E' insostituibile. Non sopporta né indifferenza, né sincretismi, né accomodamenti. E' in causa la salvezza degli uomini. Esso rappresenta la bellezza della Rivelazione. Comporta una saggezza che non è di questo mondo. E' capace di suscitare, per se stesso, la fede, una fede che poggia sulla potenza di Dio. Esso è la verità. Merita che l'apostolo vi consacri tutto il suo tempo, tutte le sue energie, e vi sacrifichi, se necessario, la propria vita... Evangelizzare è la grazia e la vocazione propria della Chiesa, la sua identità più profonda. Essa esiste per evangelizzare".

Talvolta alcuni affermano che non si può imporre il Vangelo, non si può far violenza alla libertà religiosa, che anzi è inutile ed illusorio annunziare il Vangelo a coloro che già appartengono a Cristo in modo anonimo per la rettitudine del loro cuore. Già Paolo VI così chiaramente rispondeva: "Sarebbe certo un errore imporre qualcosa alla coscienza dei nostri fratelli. Ma proporre a questa coscienza la verità evangelica e la salvezza in Gesù Cristo con piena chiarezza e nel rispetto assoluto delle libere opzioni che essa farà, lungi dall'essere un attentato alla libertà religiosa, è un omaggio a questa libertà, alla quale è offerta la scelta di una via che gli stessi non credenti stimano nobile ed esaltante... Questo modo rispettoso di proporre il Cristo e il suo Regno, più che un diritto, è un dovere dell'evangelizzatore. Ed è parimenti un diritto degli uomini suoi fratelli di ricevere da lui l'annuncio della Buona Novella della salvezza" (Paolo VI, EN 80).

Sono parole molto serie, ma soprattutto illuminanti e incoraggianti, che precisano ancora una volta qual è la positiva volontà di Dio e la nostra responsabilità di cristiani.


2. Ma poniamoci una seconda domanda: qual è la condizione essenziale per l'opera missionaria? Questa è l'unità nella dottrina.

Così prego Gesù prima di lasciare questo mondo: "Non prego solo per questi, ma anche per quelli che per la loro parola crederanno in me; perché tutti siano una cosa sola. Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato" (Jn 17,20-21).

E san Paolo scriveva con ansia al discepolo Timoteo: "Uno solo è Dio e uno solo il mediatore fra Dio e gli uomini, l'uomo Cristo Gesù, che ha dato se stesso in riscatto per tutti" (1Tm 2,5-6). Infatti, se manca l'unità nella fede, chi e che cosa si annunzia? Come si può essere credibili, tanto più quando la dottrina è così misteriosa e la morale così esigente? Le differenze e i contrasti dottrinali creano solamente confusione e alla fine delusione.

In una materia così essenziale e delicata qual è il contenuto del Vangelo, non si può essere spavaldi, o superficiali, o possibilisti, inventando teorie ed esponendo ipotesi. L'evangelizzazione deve avere come caratteristica l'unità nella fede e nella disciplina, e perciò l'amore alla verità.

Meditiamo le parole equilibrate e profonde di Paolo VI: "Da ogni evangelizzatore ci si attende che abbia il culto della verità, tanto più che la verità da lui approfondita e comunicata è la verità rivelata e quindi più d'ogni altra parte della verità primordiale, che è Dio stesso. Il predicatore del Vangelo sarà dunque colui che, anche a prezzo della rinuncia personale e della sofferenza, ricerca sempre la verità che deve trasmettere agli altri. Egli non tradisce né dissimula mai la verità per piacere agli uomini, per stupire o sbalordire, né per originalità o desiderio di mettersi in mostra. Egli non rifiuta la verità; non offusca la verità rivelata per pigrizia nel ricercarla, per comodità o per paura.

Non trascura di studiarla; la serve generosamente senza asservirla" (Paolo VI, EN 78).

Ringraziamo Paolo VI per queste indicazioni così limpide, e nello stesso tempo preghiamo intensamente che tutti studino, conoscano, annunzino la verità e solo la verità, docili al Magistero autentico della Chiesa, perché la certezza e la chiarezza sono le qualità indispensabili dell'evangelizzazione.


3. E infine, ecco l'ultima domanda: qual è la strategia dell'opera missionaria? Anche per questo interrogativo la risposta è semplice: l'amore! La strategia unica e indispensabile per l'opera missionaria è soltanto l'amore intimo, personale, convinto, ardente a Gesù Cristo! Ricordiamo l'esclamazione gioiosa di santa Teresa di Lisieux: "La mia vocazione è l'amore!... Nel cuore della Chiesa, mia Madre, io saro l'amore... così saro tutto" (S. Teresa di Lisieux, Man. B MSB 1).

Deve essere così anche per noi! L'amore è intrepido e coraggioso: Gesù è ancora sconosciuto per tre quarti dell'umanità! La Chiesa ha perciò bisogno di tanti e volenterosi missionari e missionarie per annunciare il Vangelo! Voi giovani e fanciulle: state attenti alla voce di Dio che chiama! Stupendi ideali di carità, di generosità, di dedizione vi stanno davanti e v'invitano! La vita è bella e grande solo in quanto è donata! Siate intrepidi! La gioia suprema sta nell'amore senza pretese, in una pura donazione di carità ai fratelli! L'amore è docile e confidente nell'azione della "grazia". E' lo Spirito Santo che penetra nelle anime e trasforma i popoli. Immense sono sempre le difficoltà, e particolarmente oggi i fedeli stessi, coinvolti nella storia attuale, sono tentati dall'ateismo, dal secolarismo, dall'autonomia morale. E' necessaria perciò una confidenza assoluta nell'opera dello Spirito Santo (cfr. Paolo VI, EN 75). E perciò il cristiano nella sua opera missionaria è paziente e gioioso, anche se deve seminare nelle lacrime, accettando la croce e mantenendo lo spirito delle Beatitudini.

Infine, l'amore è ingegnoso e costante, esercitandosi nei vari tipi di apostolato missionario: apostolato dell'esempio, della preghiera, della sofferenza, della carità, usufruendo di tutte le iniziative e dei mezzi proposti dalle Pontificie Opere Missionarie, così benemerite e così attive in Roma e in tutte le diocesi.


4. Non posso peraltro dimenticare alcune situazioni di fatto, che rendono più impellente oggi il dovere missionario di tutta la Chiesa, e di tutti noi che la formiamo. Sono in atto varie forme di anti-evangelizzazione che cercano di contrapporsi radicalmente al messaggio di Cristo: l'eliminazione di ogni trascendenza e di ogni responsabilità ultraterrena; l'autonomia etica sganciata da ogni legge morale naturale e rivelata; l'edonismo ritenuto unico e appagante sistema di vita; e, in tanti cristiani, un affievolimento del fervore spirituale, un cedimento alla mentalità mondana, un'accettazione progressiva delle errate opinioni del laicismo e dell'immanentismo sociale e politico.

Teniamo sempre presente il grido di san Paolo: "Caritas Christi urget nos!" (2Co 5,14). L'ardente esclamazione dell'Apostolo acquista una particolare eloquenza e determina una particolare sollecitudine nei nostri tempi. E l'imperativo missionario che deve smuovere tutti i cristiani, le diocesi, le parrocchie, le varie comunità: l'amore di Cristo ci spinge a testimoniare, ad annunziare, a proclamare la Buona Novella, a tutti e nonostante tutto! Proprio in questi tempi dovete essere testimoni e missionari della verità: nessuna paura! L'amore di Cristo vi deve spingere ad essere forti e decisi, perché "se Dio è per noi, chi sarà contro di noi?" (Rm 8,31). Infatti nessuno "ci può separare dall'amore di Cristo" (Rm 8,35).

Ma dobbiamo rivolgere la nostra attenzione anche a quei territori e a quelle nazioni del mondo, dove purtroppo il Vangelo non può essere predicato, dove l'attività missionaria della Chiesa è vietata. La Chiesa vuole annunziare solo la gioia della paternità divina, la consolazione della redenzione operata da Cristo, la fraternità di tutti gli uomini! I missionari vogliono soltanto annunziare la pace vera e giusta, quella dell'amore di Cristo e in Cristo, nostro fratello e salvatore. Popoli interi attendono l'acqua viva della verità e della grazia, e ne sono assetati! Preghiamo perché la Parola di Dio possa correre liberamente e velocemente (Ps 147,15) a tutti i popoli della terra.


5. Per questo la Chiesa missionaria ha bisogno, prima di tutto, di anime missionarie nella preghiera: stiamo vicini agli evangelizzatori con la nostra preghiera! Specialmente per le Missioni dobbiamo sempre pregare, senza stancarci.

Preghiamo prima di tutto per mezzo della Santa Messa, unendoci al sacrificio di Cristo per la salvezza di tutti gli uomini: l'Eucaristia mantenga ferma e fervorosa la fede dei cristiani! Ma preghiamo anche con costanza e con fiducia Maria santissima, la Regina delle Missioni, perché faccia sempre più sentire nei fedeli l'ansia dell'evangelizzazione e la responsabilità dell'annunzio del Vangelo. Preghiamola in particolare con la recita del Santo Rosario, per raggiungere così e aiutare coloro che faticano tra difficoltà e disagi per far conoscere e amare Gesù! Maria che era presente il giorno della Pentecoste all'inizio della vita della Chiesa con gli Apostoli, i discepoli e le pie donne, rimane presente sempre nella Chiesa, lei, la prima missionaria, Madre e sostegno di tutti coloro che annunciano il Vangelo! Data: 1979-10-20

Data estesa: Sabato 20 Ottobre 1979.





All'arrivo al Santuario - Pompei (Napoli)

Titolo: Sul suolo benedetto da secoli di fede

Testo: Nel mettere piede sul suolo benedetto di questa Prelatura di Pompei, nella quale sorge il celebrato Santuario della Beatissima Vergine Maria del Santissimo Rosario, desidero manifestare la mia profonda riconoscenza al Signor Sindaco per le belle parole, con le quali si è fatto interprete della gentile disposizione d'animo degli abitanti di Pompei e di quanti sono qui venuti pellegrini da tutta la regione campana e da quelle vicine, richiamati dalla presenza del Papa e dalla dolce attrattiva che la Vergine Santissima non cessa di esercitare sui suoi figli devoti.

Carissimi fratelli e sorelle! Sono lieto di trovarmi in mezzo a voi e vi ringrazio vivamente per l'invito che mi avete rivolto, per bocca del vostro zelante Prelato, Monsignor Domenico Vacchiano, a visitare questa antica terra! Essa ha conosciuto prove e calamità naturali, ma è stata pure illuminata da tanti secoli di fede cristiana, la quale ha dato alla storia più recente nobili e forti figure di testimoni del Vangelo, tra cui quella fulgidissima del venerabile Bartolo Longo, ispirato fondatore del Santuario.

Vi ringrazio soprattutto perché avete voluto unirvi a me in questa importante circostanza che mi consentirà fra poco di inginocchiarmi davanti al quadro venerato della Vergine del Rosario per esprimerle il mio filiale grazie e rinnovarle la mia fiducia incondizionata, dopo il felice compimento del mio recente viaggio apostolico in Irlanda e negli Stati Uniti, che avevo posto sotto il suo sguardo materno.

Qui dove la voce e l'opera di Maria risuonano per proclamare la lode di Dio e annunziare la salvezza degli uomini, vada un pensiero riconoscente a quanti, sacerdoti, religiosi, religiose e laici, si prodigano perché tali nobili intenti raggiungano in pienezza la loro realizzazione. Un memore saluto vada anche a tutti coloro che si dedicano alle opere benefiche fiorite all'ombra del Santuario per l'assistenza e la promozione delle classi meno fortunate, cioè dei poveri, degli oppressi e degli emarginati.

Penso agli asili, alle scuole, ai ricreatori, alle officine e soprattutto all'orfanotrofio femminile e ai convitti per i figli e le figlie dei carcerati, che sono particolarmente bisognosi di umana e cristiana comprensione.

Possa trovare la vostra attività nel pio e costante riferimento a Maria il più valido sostegno e il più eletto conforto! Da parte mia, non cesso di pregare la Vergine del Rosario, perché vegli dal suo Santuario su tutti voi abitanti di questa valle di Pompei e guardi sempre "su le nostre famiglie, su l'Italia, su l'Europa, sul mondo", come supplicava il venerabile Longo.

Con tali sentimenti vi benedico, mentre ci apprestiamo a varcare la soglia del Santuario.

Data: 1979-10-21

Data estesa: Domenica 21 Ottobre 1979.





Nel Santuario della Madonna del Rosario - Pompei (Napoli)

Titolo: Sciolgo il mio segreto voto di pietà, gratitudine e amore

Testo: Sorelle e fratelli carissimi! Sono venuto in questo Santuario, nello spirito di un fervido ed umile pellegrinaggio, per venerare la Vergine santissima e per sciogliere quasi un mio segreto voto di pietà, di gratitudine e di amore.

1. Ho salutato anzitutto lei, la Madonna che, dalla venerata e prodigiosa effigie, ci unisce tutti con quella "catena dolce", che è il santo Rosario; essa ce l'offre, ce lo propone, ce lo raccomanda come mezzo semplice, umile, ma ricco ed efficace, di preghiera cristiana.

Mi sono anche brevemente incontrato con i miei Confratelli nell'Episcopato, i vostri amati Pastori, ai quali desidero rinnovare i miei sentimenti di stima e di gratitudine per l'invito rivoltomi.

Il mio saluto va adesso a voi tutti, qui presenti, che avete la fortuna di svolgere la vostra attività o di vivere la vostra vita quotidiana sotto lo sguardo amorevole e il sorriso materno della Madonna.


GPII 1979 Insegnamenti - Al pellegrinaggio nazionale sloveno - Città del Vaticano (Roma)