GPII 1979 Insegnamenti - Appello finale





Recita dell'Angelus - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La Chiesa si apre verso colui che deve venire

Testo:

1. Durante questi giorni, nelle varie settimane di Avvento, tutta la Chiesa si apre verso Colui che deve venire: "Regem venturum Dominum, venite, adoremus!".

Sappiamo che egli è un re mirabile. Infatti, poco fa, nell'ultima domenica dell'anno liturgico passato, abbiamo meditato sulla verità della sua "signoria" mediante la Croce, e sul suo regno, che "non è di questo mondo" (Jn 18,36), ma che oltrepassa anche i limiti della temporalità e ci permette di vivere nella prospettiva del grande compimento della storia dell'uomo in Dio, che è Amore.

Sappiamo anche che questo re, al quale durante l'Avvento ci rivolgiamo con tutta la forza della nostra fede e della speranza, verrà al mondo e sarà privo di casa e, come primo luogo di rifugio, avrà una stalla destinata agli animali. E noi ci prepariamo, nel corso di questo periodo liturgico, appunto ad accogliere, con tanto più calda attesa e tanto più grande amore, colui che viene - umanamente parlando - in tale abbassamento: ciò facciamo per iniziare di nuovo con lui, nella notte di Natale, nella mirabile notte del "nuovo inizio", l'ulteriore tappa della nostra vita.

Così la Chiesa attende colui che deve venire. Non è questa un'attesa passiva. L'Avvento è il tempo di una particolare cooperazione, nello Spirito della speranza umile e gioiosa, con quel Verbo di Vita, che Dio pronuncia eternamente, e che pronuncia, sempre di nuovo, per ogni generazione, per ogni epoca.

Noi a questo Verbo desideriamo porgere ascolto a modello di Colei che l'ha accolto pienamente con il suo cuore: al modello dell'Immacolata. E desideriamo porgere ascolto ad esso eterna Parola di Verità e di Amore a misura dei nostri tempi, della nostra epoca. Desideriamo ascoltare e trasmettere questo Verbo in maniera tale che tutti gli uomini di questa epoca possano ugualmente ascoltarla come parola di Verità e di Amore.


2. In questo contesto mi sia permesso anche oggi rivolgermi a quella veramente venerabile istituzione, che in questa Città eterna è il Collegio Inglese, fondato quattro secoli fa dal mio predecessore Gregorio XIII, nel 15

79. Nella settimana scorsa mi è stato possibile partecipare alla celebrazione del giubileo di questo Collegio, che parla a noi con la testimonianza di un particolare legame con la Sede di san Pietro: è una testimonianza confermata con i nomi dei santi e dei beati Martiri per la fede nel corso dei secoli XVI XVII e con una tenace fedeltà di intere generazioni di coraggiosi Confessori, di Vescovi e di Sacerdoti, come pure di apostoli laici e di religiosi.

Una tale testimonianza non è forse, mediante il suo costante amore e la ferma fedeltà, un particolare riflesso dell'Avvento di tutta la Chiesa? La Sapienza Eterna benedica anche per l'avvenire questa provvida istituzione nella sua esistenza e attività. Tra tutti i Collegi Romani il Collegio Inglese occupa un posto particolare e merita un singolare ricordo.


3. Vorrei ancora ricordare l'incontro tanto gradito che ho recentemente avuto con i Vescovi del Venezuela, venuti a Roma per la "visita ad limina" e dai quali ho potuto avere dirette notizie e confidenze sulla vita della Chiesa in quel Paese.

Con i Pastori delle 28 circoscrizioni ecclesiastiche in cui è diviso il territorio nazionale, ho avuto modo di soffermarmi su alcuni problemi ai quali essi dedicano tanta sollecitudine e che stanno a cuore anche a me come Pastore della Chiesa Universale: l'impegno per la famiglia, affinché sia una vera "piccola chiesa domestica", scuola di vita e di santità; la necessità di una catechesi che risponda alle esigenze della società contemporanea; la pastorale delle vocazioni al sacerdozio e alla vita religiosa, così vitali per il futuro della Chiesa; la responsabilità dei cattolici per la promozione umana sia all'interno della comunità nazionale, sia nell'ambito del continente latino-americano.

Invito tutti i presenti ad implorare sulla Nazione venezuelana, per l'intercessione della Madonna che in quella terra viene particolarmente invocata con il titolo di "Virgen de Coromoto", i più abbondanti doni del Signore.

Il ricordo dei due marescialli di Pubblica Sicurezza uccisi Nella nostra preghiera alla Madonna vi sia poi oggi anche l'eco del nostro dolore e della nostra preghiera di suffragio per due recenti vittime nella città di Roma: il Maresciallo di Pubblica Sicurezza Domenico Taverna, ucciso giorni fa proprio nel territorio della parrocchia dove mi rechero oggi pomeriggio, e il Maresciallo Mariano Romiti.

Nel rinnovare la mia profonda deplorazione per il criminale misfatto e per l'uso della cieca violenza, che turba l'ordinato progresso della vita sociale, elevo la mia preghiera per le vittime innocenti e tutori dell'ordine pubblico. In pari tempo desidero fare pervenire alle famiglie nel lutto e nel pianto l'espressione della mia solidarietà e delle mie condoglianze.

All'Associazione lauretana E' presente nella piazza una numerosa rappresentanza della "Comunità Marchigiana" di Roma, che ha organizzato la "Festa Internazionale dell'Aria" e offrirà una statua della Madonna di Loreto all'Aerostazione Internazionale "Leonardo da Vinci".

Mentre esprimo il mio paterno e vivo compiacimento per tale iniziativa, che intende esaltare la Vergine santissima, benedico di cuore la sacra effige, che rappresenta la celeste Patrona dell'Aviazione, e, nel lieto ricordo del mio pellegrinaggio a Loreto, benedico anche tutti i cari Marchigiani, auspicando che siano sempre e dappertutto coerenti con le loro esemplari tradizioni cristiane. La mia benedizione apostolica conferma questi voti.

Ai partecipanti alla "Marcia dei mille bambini" Saluto poi i partecipanti alla "Marcia dei mille bambini", organizzata dalla "Federazione Italiana di Atletica leggera", nel quadro delle giornate di studio rivolte alla difesa della condizione dei meno fortunati.

Mi congratulo con voi, carissimi ragazzi, per la prova di solidarietà fraterna che avete offerto con la vostra iniziativa, e per lo spirito di amicizia che vi ha uniti in questo esercizio sportivo attorno ai vostri compagni meno fortunati. Auspicando che la gara costituisca per voi motivo e invito ad impegnarvi anche nelle lotte dello spirito, di cuore vi benedico.

Al "Festival del Fanciullo" Rivolgo volentieri una parola anche al gruppo delle bambine e dei bambini, venuti a Roma per prendere parte al "Festival del Fanciullo", organizzato dal Centro Europeo Iniziative Sociali, nel quadro dell'Anno Internazionale del Fanciullo.

Carissimi figliuoli, il Signore vi benedica e vi assista sempre, e vi faccia crescere gioiosamente "in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini" (Lc 2,52), come il Vangelo dice di Gesù, che ci apprestiamo in questi giorni a venerare nel suo Natale.

Ai giovani appartenenti al Movimento Apostolato Ciechi Un saluto e un augurio speciale rivolgo ai giovani del Movimento Apostolato Ciechi, che celebrano il decennale della loro attività.

Carissimi, mi compiaccio di cuore con voi in questa occasione e vi incoraggio a dar sempre testimonianza di fede e di carità: questa sia la luce che inondi sempre la vostra anima. Vi sono vicino con la mia preghiera, auspicando che il Signore vi sia sempre di guida e di conforto, e vi imparto la mia benedizione.

Ad un gruppo di reduci dell'Associazione Italiana Combattenti Rivolgo, infine, il mio saluto ai reduci dell'Associazione Nazionale Combattenti, che sono venuti numerosi a questo appuntamento di preghiera, al termine del loro raduno a Montelungo. Vi ringrazio della vostra presenza e, mentre auguro ogni bene per voi e per le vostre famiglie, volentieri vi benedico.

Data: 1979-12-09

Data estesa: Domenica 9 Dicembre 1979.





A Santa Maria Addolorata a Villa Gordiani - Roma

Titolo: La vostra vita è continua preparazione all'incontro con Cristo

Testo: Carissimi fedeli! Sono lieto di trovarmi in mezzo a voi in questa seconda Domenica di Avvento e di potervi manifestare personalmente il mio affetto. Voglio prima di tutto pubblicamente salutare e ringraziare il Vescovo Ausiliare di questo settore della diocesi di Roma, Monsignor Giulio Salimei, il Parroco Padre Angelo Emerico Gagliarducci e i suoi collaboratori, religiosi dell'Ordine dei Servi di Maria, che, dalla costituzione della parrocchia nel gennaio 1958, con infaticabile ardore si prendono cura di questa vasta e numerosa Comunità.

Rivolgo poi un saluto a quanti lavorano e si prodigano per l'annunzio del Vangelo, per la salvezza e la santificazione delle anime, per l'aiuto caritatevole ai bisognosi di pane o di conforto: le Reverende Suore "Pie Operaie dell'Immacolata Concezione", che con generosa dedizione attendono ai bambini dell'asilo e ai ragazzi delle Scuole Elementari; il Consiglio Pastorale; i numerosi Catechisti, giovani e adulti; i vari gruppi di Azione Cattolica e di altre esperienze ecclesiali; gli uomini e le dame della "San Vincenzo"; i gruppi sportivi e i membri del movimento "Terza età", dedito alla cura e all'accoglienza delle persone anziane.

Estendo il mio affettuoso saluto a tutta la grande famiglia parrocchiale, composta da oltre trentacinquemila persone! Tutti voglio stringere al mio cuore, in nome di Cristo! Desidero che tutti sappiano di essere amati dal Papa, particolarmente i malati, i sofferenti, i disoccupati, i giovani che vivono lontani dalla Chiesa e dalla grazia, i genitori preoccupati a causa di tanti e complicati problemi della vita moderna, tutti coloro che per qualche motivo si trovano emarginati dalla vita parrocchiale.

Il mio saluto è strettamente unito alla preghiera. Pensando a tutti gli abitanti della parrocchia, e particolarmente a quelli più impegnati nel lavoro apostolico, posso ripetere le parole di san Paolo: "Fratelli, prego sempre con gioia per voi in ogni mia preghiera, a motivo della vostra cooperazione alla diffusione del Vangelo dal primo giorno fino al presente..." (Ph 1,4-5).

Infatti, il primo dovere del Vescovo è la preghiera per tutti coloro che Dio gli ha affidati in questa Chiesa. Per ogni parrocchia. Prima di venire a visitarla, egli è, mediante la preghiera, in contatto spirituale con essa. E dopo aver compiuto la visita, questo contatto continua in maniera ancora più cordiale.

E qui mi sia consentito di richiamarmi, di nuovo, alle parole dell'Apostolo: "Dio mi è testimonio del profondo affetto che ho per tutti voi nell'amore di Cristo Gesù" (Ph 1,8). Queste parole trasferite nel contesto del nostro incontro d'oggi testimoniano che questa visita non è soltanto un obbligo e un dovere del servizio pastorale, ma è soprattutto un vero bisogno del cuore.


2. Nella liturgia dell'odierna domenica d'Avvento, che è la seconda di questo periodo, molto spesso si ripete la medesima parola invitando, per così dire, a concentrare su di essa la nostra attenzione. E' la parola: "preparate". "Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri... ogni uomo vedra la salvezza di Dio" (Lc 3,4-6). L'abbiamo sentito, poco fa, nel Vangelo secondo san Luca, e prima ancora nel canto solenne dell'Alleluia.

Questa parola la Chiesa la riprende oggi dalla bocca di Giovanni Battista. E' stato lui ad insegnare così, ad annunziare in questo modo quando la parola di Dio scese su di lui nel deserto (cfr. Lc 3,2). Egli l'accolse e "percorse tutta la regione del Giordano, predicando un battesimo di conversione" (Lc 3,3). La parola "preparate" è la parola della conversione - in greco le corrisponde l'espressione "metanoia" -: da ciò si vede che questa espressione viene rivolta all'uomo interiore, allo spirito umano.

E in tal modo bisogna comprendere la parola "preparate". Il linguaggio del predecessore di Cristo è metaforico. Egli parla delle vie, dei sentieri che bisogna "raddrizzare", dei monti e dei colli che devono essere "abbassati", dei burroni che bisogna "riempire", e cioè colmare per elevarsi a un livello adeguatamente più alto; parla infine dei luoghi impervi che devono essere spianati.

Tutto ciò è detto in metafora: così come se si trattasse di preparare l'accoglienza di un particolare ospite al quale si deve facilitare la strada, per cui si deve rendere accessibile il paese, farlo attraente e degno di essere visitato. così come, per esempio, gli Italiani hanno reso attraenti e degne di essere visitate dai turisti e dai pellegrini di tutto il mondo le regioni montagnose e rocciose del loro Paese.

Ora, questa splendida metafora di Giovanni, nella quale riecheggiano le parole del grande profeta Isaia che si riferiva al paesaggio della Palestina, esprime ciò che bisogna fare nell'anima, nel cuore, nella coscienza per renderli accessibili al Supremo Ospite: a Dio, che deve venire nella notte di Natale e deve arrivare poi continuamente nell'uomo e finalmente giungere per ognuno alla fine della vita e per tutti alla fine del mondo.


3. Questo è il significato della parola "preparate" nella liturgia d'oggi. L'uomo, nella sua vita, si prepara costantemente a qualche cosa. La mamma si prepara a mettere al mondo il bambino e provvede per lui le diverse cose necessarie, dalla carrozzella ai pannolini; il ragazzo e la ragazza, da quando incominciano a frequentare la scuola, sanno che bisogna quotidianamente prepararsi per le lezioni.

Anche gli insegnanti devono prepararsi per poter tenerle bene. Lo studente si prepara agli esami. I fidanzati si preparano al matrimonio. Il seminarista si prepara all'ordinazione sacerdotale. Uno sportivo si prepara per le sue competizioni. Un chirurgo all'operazione. E l'uomo gravemente malato si prepara alla morte.

Da questo si vede che noi viviamo preparandoci sempre a qualche cosa.

Tutta la nostra vita è una preparazione di tappa in tappa, di giorno in giorno, da un compito all'altro.

Quando la Chiesa, nell'odierna liturgia di Avvento, ci ripete il richiamo di Giovanni Battista pronunciato sul Giordano, vuole che tutto questo "prepararsi" di giorno in giorno, di tappa in tappa, che costituisce la trama di tutta la vita, noi lo riempiamo con il ricordo di Dio. Poiché, in fin dei conti, ci prepariamo all'incontro con lui. E tutta la nostra vita sulla terra ha il suo definitivo senso e valore quando a quell'incontro sempre ci prepariamo costantemente e coerentemente: "Sono persuaso - scrive san Paolo ai Filippesi - che colui che ha iniziato in voi quest'opera buona, la porterà a compimento fino al giorno di Cristo" (Ph 1,6). Questa "opera buona" è stata iniziata in ognuno di noi già nel momento del concepimento, nel momento della nascita, perché abbiamo portato con noi nel mondo la nostra umanità e tutti i "doni della natura" che ad essa appartengono. Tanto più questa "opera buona" è stata iniziata in ciascuno di noi per il Battesimo, quando siamo diventati figli di Dio ed eredi del suo Regno.

Bisogna sviluppare quest'"opera buona" di giorno in giorno con costanza e con fiducia fino alla fine, "fino al giorno di Cristo". In questo modo tutta la vita diventa cooperazione con la Grazia e diventa maturazione a questa pienezza che Dio stesso aspetta da noi.

Ognuno di noi, infatti, rassomiglia a quell'agricoltore di cui parla il salmo responsoriale di oggi: "Chi semina nelle lacrime / mieterà con giubilo. / Nell'andare, se ne va e piange, / portando la semente da gettare, / ma nel tornare viene con giubilo, / portando i suoi covoni" ().


4. Sforziamoci di vedere così tutta la nostra vita. Essa è tutta un avvento. E proprio perciò è "interessante" e vale la pena di essere vissuta in pienezza, è degna dell'essere creato a immagine e somiglianza di Dio: in ogni vocazione, in ogni situazione, in ogni esperienza.

Perciò una particolare eloquenza e attualità acquistano le parole dell'Apostolo della seconda lettura della Liturgia di oggi: "Prego sempre con gioia per voi in ogni mia preghiera, a motivo della vostra cooperazione alla diffusione del Vangelo dal primo giorno fino al presente, e sono persuaso che colui che ha iniziato in voi quest'opera buona, la porterà a compimento fino al giorno di Cristo Gesù. Dio mi è testimone del profondo affetto che ho per tutti voi nell'amore di Cristo Gesù. E perciò prego che la vostra carità si arricchisca sempre più in conoscenza e in ogni genere di discernimento, perché possiate distinguere sempre il meglio ed essere integri e irreprensibili per il giorno di Cristo, ricolmi di quei frutti di giustizia che si ottengono per mezzo di Gesù Cristo, a gloria e lode di Dio" (Ph 1,4-6).

E' così. Per questo prego e per questo continuero a pregare, dopo la visita, per ciascuno di voi, cari fratelli e sorelle, e per tutti, per tutta la parrocchia di Santa Maria Addolorata ai Gordiani.

Desidero pero raccomandare anche alle vostre preghiere tre intenzioni in particolare: vi raccomando la partecipazione alla Santa Messa festiva. Siete cristiani, e perciò non tralasciate mai la Santa Messa. L'incontro con Gesù e con la comunità parrocchiale è un dovere, ma deve essere anche una gioia e una vera consolazione e completate tale partecipazione con la Santa Comunione! E chiediamo anche la grazia di avere una Chiesa degna e sufficiente per le necessità della parrocchia.

Vi raccomando l'istruzione religiosa. Mi compiaccio vivamente che la catechesi sia così ben organizzata, con metodo e serietà, e incoraggio l'opera intelligente e indefessa dei vostri sacerdoti verso tutte le categorie di persone.

L'istruzione religiosa diventi sempre più curata da voi.

Raccomando infine i giovani. Fate in modo che essi possano essere seguiti, aiutati, illuminati, interessati, amati, lanciati verso grandi ideali, tra cui anche la vocazione sacerdotale, religiosa, missionaria. Offriamo le nostre preghiere e le nostre intenzioni alla Madonna Addolorata, qui venerata con tanta devozione, e a lei chiediamo la forza, il coraggio, l'aiuto di essere sempre cristiani convinti e coerenti.

Vi auguro una buona preparazione alla festa di Natale. Auguro ogni bene per l'anima e per il corpo. Auguro la pace della coscienza. Auguro la grazia dell'Avvento.

Il Signore è vicino.

Data: 1979-12-09

Data estesa: Domenica 9 Dicembre 1979.





All'Associazione "Via Condotti" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Auspicio che promuova il bene comune e serva alla società

Testo: Cari e illustri Signori! Sono lieto di accogliervi nella Casa del Padre comune e di intrattenermi con voi, rappresentanti dell'Associazione "Via Condotti", venuti ad esprimere di persona i vostri sentimenti di fede cristiana e di spirituale affezione al Papa, che si sente "romano" non solo per la divina chiamata alla Sede di Pietro, ma anche per l'affetto che nutre da sempre per questa Città eterna, "cunctarum gentium excellentissima", come l'hanno esaltata i pellegrini nel corso dei secoli.

La vostra Associazione ha sede, e ne porta il nome, in quella via, la quale si impone all'attenzione del visitatore non solo per i tipici palazzi, che la fiancheggiano, ma soprattutto per la pittoresca scenografia da cui è incorniciata, con la stupenda visione della scalinata di Trinità dei Monti e della sottostante piazza di Spagna, che pochi giorni fa, in occasione della Solennità dell'Immacolata Concezione, ho avuto la gioia di visitare ancora una volta per onorare, insieme a tanti romani, la storica immagine della Vergine santissima, che sovrasta benedicente all'intero vostro quartiere.

Vi ringrazio per questa vostra visita e per il gesto gentile verso la mia persona; vi esprimo, altresi, il mio vivo apprezzamento per l'attività che voi svolgete, a cui desidero aggiungere l'auspicio che essa sia considerata ed esercitata come promozione del bene comune e come servizio alla società, la quale molto conta sul vostro senso di responsabilità, ispirato alle superiori esigenze dell'etica cristiana, e molto si aspetta dalla competenza e dall'impegno che ciascuno di voi porta nel ramo che gli è proprio.

Sono certo che voi, col vostro buon senso caratteristico della tradizione romana, saprete vedere in ogni espressione del vostro lavoro le dimensioni più alte e meno effimere, che si possono ben sintetizzare nel famoso interrogativo del Signore Gesù: "Che giova all'uomo guadagnare il mondo intero se poi perderà la sua anima?" (Mt 16,26). Di questa disposizione dell'animo vostro non dubito, essendone conferma il vostro attaccamento alle tradizioni religiose dei vostri antenati ed oggi il vostro desiderio di vedere il Vicario di Cristo, che è chiamato a proclamare le verità eterne del Vangelo.

Ben volentieri imploro su di voi, per intercessione di san Francesco d'Assisi, vostro celeste patrono, la continua protezione del Signore, nel cui nome benedico tutti, augurando ogni bene a voi e a tutti gli associati, e soprattutto alle vostre famiglie.

Data: 1979-12-10

Data estesa: Lunedì 10 Dicembre 1979.





Ai Vescovi dell'Equador in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: L'evangelizzazione, missione fondamentale della Chiesa

Testo: Signor Cardinale, amatissimi fratelli nell'Episcopato.

1. Mi è sommamente gradito questo incontro collegiale con voi, nel quadro della visita "ad limina" che voi Vescovi dell'Ecuador state realizzando. Questi giorni di dialogo intenso riguardo alle vostre Comunità, sono stati per me di grande consolazione, a mano a mano che davanti ai miei occhi si sono rivelati il dinamismo reale e le attuali promettenti prospettive della Chiesa in Ecuador. Per questo rendo grazie al Signore, "come è giusto, perché si accresce enormemente la vostra fede e la carità; fino al punto che mi glorio di voi per la vostra costanza e fede nelle tribolazioni che sopportate" per amore della Chiesa (cfr. 2Th 1,3ss).

La vostra visita è una dimostrazione visibile di comunione e unità fraterna che, tanto augurata dal Divino Maestro (cfr. Jn 17), si realizza in beneficio costante dell'unico gregge di Cristo, stretto intorno ai suoi Pastori.

Questa causa di intima comunione all'interno della Chiesa, tutelandola accuratamente e rafforzandola con tutti i mezzi in ogni momento, è una delle finalità essenziali dell'incontro con colui che, come successore di Pietro e capo del Collegio apostolico, è posto per volontà divina come centro e garanzia di unità nella fede e nella carità ecclesiali (cfr. LG 23).

Perciò, mentre vi esprimo la mia viva gioia per l'unione di menti e cuori che esiste fra di voi, vi incoraggio a preservare sempre questo dono prezioso, in modo che in tutte le vostre iniziative e negli orientamenti di Pastori si irradi l'unione fraterna e, come suo riflesso, si rafforzi la solidarietà di intenti nelle comunità cristiane a voi affidate.


2. Il primo campo in cui questa realtà unitaria si farà sentire beneficamente, sarà quello dei sacerdoti e dei vostri collaboratori più immediati per la cura delle anime. Si impone qui una predisposizione veramente ecclesiale e che si fa tanto più essenziale, quanto maggiori sono le esigenze di forze evangeliche sufficienti. Queste ultime, proprio perché oggi sono insufficienti, manifestano la crescente necessità di evitare dispersioni, che potrebbero risultare inutili e persino nocive.

So bene che la preoccupazione di raggiungere un numero adeguato di agenti di pastorali ecuadoriani, è viva nella vostra sollecitudine e nei programmi di pastori. Effettivamente, la vostra sincera riconoscenza per l'importante aiuto che ricevete da altre comunità sorelle, non cancella in voi la coscienza del vuoto esistente e della necessità di uno sforzo rafforzato per conseguire un numero sufficiente di vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata.

Incoraggio e benedico con tutte le mie forze questi vostri propositi, così come la sollecitudine volta a raggiungere una formazione idonea per tutto il personale apostolico nei Centri che la Chiesa ha stabilito a vari livelli. La donazione generosa dalla Gerarchia per la promozione di questi Centri ecclesiali, che tanto possono contribuire al bene delle vostre diocesi e della pastorale collettiva, non smetterà mai di offrire, e già lo sta facendo, frutti cospicui di evangelizzazione.


3. L'obiettivo che devono proporsi tutti gli agenti di apostolato è quello di raggiungere una evangelizzazione veramente solida e profonda, centrata in Cristo, Figlio di Dio, Redentore e speranza dell'uomo.

So che state studiando con attenzione il documento di Puebla, a cui desiderate dedicare un'assemblea nazionale, con il fine di applicare le sue direttive in tutta la Chiesa in Ecuador. E' una decisione che merita la mia completa approvazione, poiché sono molte le iniziative concrete che questo vi aiuterà a realizzare nell'importante terreno dell'evangelizzazione, che costituisce la missione essenziale della Chiesa.

Nell'esercizio di questa missione, occorre tenere ben presenti le situazioni concrete dei fedeli. Il vostro popolo, in effetti, ha una buona base religiosa, che ha conservato in modo ammirevole, nonostante le difficili esperienze attraverso cui è passato nel corso della storia. La religiosità di questo popolo, che si professa cattolico per la maggioranza, si esprime con frequenza in forme di pietà popolare che si orientano soprattutto verso la devozione all'Eucarestia, al Sacro Cuore, alla santissima Vergine e ai Santi.

Tenendo presente questo, si dovrà operare una evangelizzazione sempre più profonda, valorizzando questo substrato religioso, orientando le sue manifestazioni, completandole, purificandole dove necessario. così si porteranno i fedeli ad avere una fede adulta, aiutandoli a superare i fenomeni di secolarizzazione nei loro aspetti negativi di ignoranza religiosa, indifferenza, materialismo pratico o dottrinale. In questo modo si potranno anche vincere gli influssi estranei che possono mettere in dubbio la fedeltà a Cristo e alle convinzioni proprie di un cattolico; influssi - come bene sapete - a volte non evidenti e contro cui occorre immunizzare i fedeli, affinché siano sempre coscienti della loro fede e mantengano la fedeltà promessa.

Parlando di questo impegno evangelizzatore, desidero spendere una parola di speciale apprezzamento e incoraggiamento per la Chiesa missionaria del vostro Paese, che sta realizzando un'opera encomiabile. A coloro che ad essa si dedicano generosamente, persino fra gravi difficoltà ambientali, di penuria di personale e di mezzi, a tutte le famiglie religiose che prestano energie così importanti a questo sforzo missionario - particolarmente alle Religiose che a volte scrivono pagine tanto ammirevoli di vita ecclesiale - vada il ringraziamento più sentito, fatto preghiera, del Papa e della Chiesa.


4. L'opera evangelizzatrice, che è la funzione propria e primaria della Chiesa, non deve tuttavia prescindere da quello che è il suo naturale complemento: la preoccupazione per la ripercussione sociale del Vangelo, che va diretto all'essere umano, visto secondo il piano divino. In effetti, "la gloria di Dio è l'uomo vivente" (cfr. S. Ireneo, "Adv. Haer.", IV, 20,7: PG 7, 1037). E che viva secondo le esigenze della sua dignità come essere creato e come figlio di Dio.

Conosco la vostra sensibilità di Pastori in questo campo, attenti come siete al processo di transizione da una civilizzazione eminentemente agraria, ad un'altra urbana e industriale, all'esodo di villaggi di contadini verso i grandi centri dello sviluppo, soprattutto Quito e Guayaquil, alla distribuzione della ricchezza nazionale che a volte resta, in modo evidente, in mano a pochi privilegiati. So che ferisce il vostro spirito la visione delle disuguaglianze esorbitanti, secondo cui, accanto a settori di opulenza, se ne hanno tantissimi altri di estrema povertà, se non di miseria, che affliggono interi strati sociali, fra i quali gran parte della popolazione indigena. Tutto ciò nel quadro delle nuove fonti di ricchezza nel vostro Paese, presenta sfide alle quali dovete dare un orientamento e una risposta a partire dal Vangelo, seguendo la tradizione dei grandi principi dell'insegnamento sociale della Chiesa.

Il documento dell'Episcopato: "La giustizia sociale nell'Ecuador" e la augurata opzione preferenziale per i poveri, devono via via farsi realtà vitali, all'interno dello spirito di comunione ecclesiale del quale parlai precedentemente, mantenendo l'insostituibile equilibrio fra questa opzione e la sollecitudine pastorale che nessuno esclude, fra evangelizzazione e impegno per l'uomo. Solo mantenendo una chiara visione della Chiesa e della realtà integrale dell'uomo si potrà avanzare convenientemente in questo campo, delicato e insieme esigente.


5. La gioventù offre oggi una particolare sensibilità su questo terreno, senza alcun dubbio con maggior dinamica che nelle passate generazioni. Occorre stare attenti a molte intuizioni giuste che i giovani presentano e per cui attendono un debita corrispondenza, così come una risposta obbligata alle loro ansie e interrogativi.

Il fiorire di movimenti giovanili in cui si nota la ricerca di una vita spirituale intensa, presenta altrettanti fattori che devono essere di stimolo per la Chiesa in Ecuador per non deludere le nascenti speranze. Ciò implica una grande attenzione all'opera di formazione umana, di educazione nella fede e nella testimonianza cristiana delle nuove generazioni. Tutto ciò, oltre all'ambito più direttamente pastorale, investe anche l'ambito della scuola fino ai suoi gradi superiori.

Trattandosi di un terreno così importante, la Gerarchia e tutta la Chiesa nel vostro Paese deve impegnarsi con tutte le sue energie nella salvaguardia e nel rinnovamento dei propri centri di insegnamento, cercando di dare una autentica educazione umana e cattolica che, superando orientamenti laicisti o materialisti ambientali, formi uomini completi, cristiani completi, con un grande senso del servizio al bene comune. E' questo un fecondo campo di azione pastorale e di meritoria donazione, anche per i laici coscienti delle loro responsabilità all'interno della Chiesa.


6. Rivolgendo lo sguardo a questi grandi obiettivi evangelizzatori e umani in Ecuador, sono venuto a conoscenza dei progetti esistenti sul tema delle comunicazione sociali, al fine di potenziare la voce della Chiesa e darle maggiore diffusione. Vi esprimo per questo la mia più viva compiacenza e vi incoraggio a proseguire in questa direzione, usando tutti i mezzi che la tecnica ci offre per favorire l'irradiazione della verità salvifica, l'educazione culturale e umana delle persone più sprovviste di mezzi di formazione, per sostenere e difendere la famiglia e i grandi valori di cui è depositaria di fronte alla società e alla Chiesa.


7. Amatissimi fratelli: sono riflessioni queste che l'intenso amore per la Chiesa in Ecuador e per tutti e ciascuno dei suoi membri, fa nascere in me. Dite loro, tornando ai vostri posti di lavoro, che il Papa apprezza il loro valore nell'opera di evangelizzazione, la loro donazione alla Chiesa nel sacrificio, la loro testimonianza nella speranza, la loro fedeltà nel condividere la carità. A tutti si dirige il mio affetto, il mio ricordo nella preghiera, la mia cordiale benedizione.

Data: 1979-12-11

Data estesa: Martedì 11 Dicembre 1979.









Ai Capitolari del "Fatebenefratelli" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Non c'è nulla di più umano del dolore

Testo: Fratelli e figli carissimi.

Ringrazio di cuore il vostro Priore Generale per le fervide parole rivoltemi, e tutti saluto con paterno affetto, dandovi il benvenuto. Sono lieto di incontrarmi con voi, degni rappresentanti dell'Ordine Ospedaliero di san Giovanni di Dio, meglio noto col nome di "Fatebenefratelli", il quale nella sua plurisecolare esistenza si è acquistato non poche benemerenze, sia sul piano di una specifica testimonianza evangelica ed ecclesiale, sia sul piano di un prezioso contributo ad una qualità più umana della vita.

In questi giorni, voi siete alla conclusione di un Capitolo Generale straordinario, indetto per studiare e precisare il carisma specifico della vostra Famiglia religiosa, i suoi grandi principi ispiratori e i problemi attuali, connessi con l'esercizio del vostro ministero. So che avete individuato non poche difficoltà interne ed esterne all'Ordine e che avete pure formulato chiare prospettive d'impegno religioso e assistenziale. Ebbene, ai vostri sforzi encomiabili mi è caro assicurare il sostegno della mia approvazione e della mia preghiera al Signore.

Soprattutto, non posso non esprimervi apertamente il mio sincero compiacimento ed apprezzamento per quanto già costituisce il quotidiano contenuto dei vostri impegni sia religiosi che professionali, i quali, del resto, non vanno mai disgiunti, poiché gli uni si realizzano mediante gli altri. Ad una cosa vi incoraggio, perché urgente e attuale, e d'altronde certamente presente alla vostra coscienza e al vostro senso di responsabilità. In un tempo, in cui la vita dell'uomo è intaccata da vari fattori di disumanizzazione, siate voi i promotori e i garanti di livelli migliori e più alti di umanità. Ciò vale particolarmente nello specifico settore dei malati e dei sofferenti in genere, cui, per consacrazione e istituzione, voi dedicate il meglio di voi stessi.


GPII 1979 Insegnamenti - Appello finale