GPII 1980 Insegnamenti - Messaggio al popolo messicano


Messaggio a vescovi nord-americani - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Proclamiamo più efficacemente la sacralità della vita umana

Cari fratelli in nostro Signore Gesù Cristo, E' con grande speranza e grande entusiasmo che mando i miei saluti a tutti voi riuniti a Dallas. Questa importante sessione di studio, sponsorizzata dal Pope John XXIII Medical-Moral Research and Education Center, e generosamente sostenuta dai Cavalieri di Colombo, è una splendida iniziativa al servizio della verità e della persona umana. La riunione di un così grande numero di Vescovi dagli Stati Uniti e dal Canada manifesta la consapevolezza delle vostre responsabilità pastorali come autentici maestri del popolo di Dio che sono chiamati a vivere le loro vite cristiane nel mondo moderno.

Il tema del vostro dibattito, Le Nuove Tecnologie della Nascita e della Morte, tocca complesse questioni di etica medica che riguardano la Chiesa e tutta la società. Ho avuto modo nell'Enciclica "Redemptor Hominis" di esprimere la seguente affermazione: "Lo sviluppo della tecnica e lo sviluppo della civiltà del nostro tempo, che è contrassegnato dal dominio della tecnica stessa, esigono un proporzionale sviluppo della vita morale e dell'etica. Intanto quest'ultimo sembra, purtroppo, rimanere sempre arretrato" (Ioannis Pauli PP. II RH 15).

Nel vostro impegno congiunto a Dallas, voi avete fedelmente ripetuto i sentimenti del mio cuore espressi lo scorso ottobre a Washington, D.C.: "Non esito a proclamare davanti a voi e al mondo che tutta la vita umana - dal momento del concepimento e attraverso tutte le successive fasi - è sacra, perché la vita umana è creata ad immagine e somiglianza di Dio". Il nostro compito è di proclamare sempre più efficacemente la sacralità di questa vita, ma per fare questo, dobbiamo capire le nuove opportunità e le nuove minacce poste alla persona dalle sempre più sofisticate tecnologie. In questo importante momento della storia, siete chiamati, come Vescovi, a fornire una guida aggiornata, esaminando le nuove questioni alla luce della Parola eterna di Dio, e con l'aiuto offerto dall'insegnamento della Chiesa. In questo contesto, le vostre riflessioni, aiutate da medici, teologi ed esperti di diritto che generosamente condividono le loro conoscenze e le loro esperienze a favore di questo dibattito, aiuteranno a contribuire a quel "proporzionale sviluppo della vita morale e dell'etica" che la situazione attuale onestamente richiede.

Cari fratelli: questo è un grande e vitale contributo della Chiesa di Gesù Cristo agli uomini e alle donne del nostro tempo.

Che Dio benedica il Pope John Center nel suo desiderio e nel suo impegno di essere al servizio del magistero della Chiesa e della causa dell'umanità. Possa lo Spirito Santo guidare le vostre menti ed i vostri cuori nei misteri della sua divina saggezza e possa infiammarvi del suo amore.

A tutti quelli che partecipano a questo incontro, e a tutti quelli che lo hanno reso possibile, impartisco la mia Benedizione Apostolica: nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito santo.

Amen. [Traduzione dall'inglese]

Data: 1980-01-29 Data estesa: Martedi 29 Gennaio 1980.





Omelia a conclusione dei lavori del Sinodo particolare dei Paesi Bassi - Cappella Sistina (Roma)

Titolo: Noi tutti desideriamo una Chiesa che corrisponda al volere di Cristo

Venerabili e cari fratelli.

1. In questo momento abbiamo tutti uno stesso desiderio. Desideriamo ringraziare Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo, per questo "ministero", al quale abbiamo partecipato nel corso di oltre due settimane. Queste giornate durante le quali abbiamo lavorato insieme nel quadro del Sinodo particolare dei Vescovi dei Paesi Bassi, infatti, noi non possiamo guardarle se non lasciandoci guidare dalla verità delle parole del Concilio Vaticano II nel primo capitolo della costituzione "Lumen Gentium": "La Chiesa universale appare come un popolo adunato nell'unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo" (LG 4).

Così la nostra gratitudine si rivolge a questa Unità in tre persone, in cui l'unità della Chiesa, del Popolo di Dio, trova la sua origine. Desideriamo ringraziare perché abbiamo potuto confessare questa unità e, allo stesso tempo, servirla in ogni giorno ed in ogni ora del nostro lavoro comune. Rendiamo grazie anche perché, nel ricercare la nostra unità reciproca, abbiamo potuto servire l'unità della Chiesa - del Popolo di Dio - al livello della provincia che costituisce la Chiesa nella vostra patria e a un livello ben più ampio. Si, venerabili e cari fratelli, sono profondamente convinto che il nostro lavoro è servito anche alla Chiesa di Cristo in tutta la sua universalità.

Desidero ringraziare molto cordialmente tutti e ciascuno di voi, per questo lavoro che abbiamo svolto insieme, con tenacia. In primo luogo, voglio dire ai due presidenti delegati, sua eminenza il Cardinale Giovanni Willebrands e sua eccellenza monsignor Godfried Danneels, quanto ho apprezzato, nel suo giusto valore, il modo in cui essi hanno diretto i lavori di questa assemblea. Ai Vescovi dei Paesi Bassi, esprimo la mia gratitudine profonda per la loro generosa disponibilità e per il loro grande amore verso i loro fedeli e verso la Chiesa universale; ed ai due superiori religiosi voglio dire quanto sono loro riconoscente per il contributo originale che hanno portato al Sinodo. Ringrazio, di tutto cuore, gli eminentissimi Cardinali Prefetti delle Congregazioni, miei vicini collaboratori, per il loro contributo a questi lavori, cui hanno apportato l'esperienza acquisita nella loro carica. Al segretario generale sua eccellenza monsignor Jozef Tomko, al suo assistente, sua eccellenza monsignor Albert Descamps, al segretario speciale, il reverendo padre Joseph Lescrauwaet, a tutti esprimo la mia profonda gratitudine per la completezza con cui hanno svolto il loro servizio. Non voglio passare sotto silenzio la dedizione del personale del segretariato del Sinodo, del servizio stampa e di tutto il personale. Mi sia anche permesso indirizzare una parola di ringraziamento a tutti i rappresentanti dei mezzi di comunicazione sociale che, pur rispettando il riservo che ha dovuto necessariamente circondare le deliberazioni, si sono prodigati per mantenere il contatto con l'insieme della Chiesa.

Durante tutti questi giorni, ho potuto stare con voi e partecipare alla maggior parte delle assemblee del mattino e del pomeriggio. Ho potuto essere testimone della probità, dell'attenzione e della oggettività con le quali avete trattato ciascun problema. Una tale attenzione ed un tale impegno hanno ancora una volta manifestato quanto voi avete a cuore i problemi che insieme abbiamo affrontato e quanto desiderate dedicare tutte le vostre forze alla loro soluzione.

Ne ringrazio Cristo ed anche voi, venerabili e cari fratelli. Questo clima tranquillo, concreto e sincero, di scambio di idee su ciascuno dei temi studiati, ha dimostrato che lo Spirito del nostro Signore e Maestro è stato con voi e che abbiamo ricevuto anche l'aiuto della sua santa Madre, alla quale noi abbiamo rivolto ogni giorno la nostra preghiera, particolarmente durante la recita dell'"Angelus".


2. Il problema studiato dal Sinodo e che ha occupato completamente le settimane di queste discussioni a Roma, è espresso nel titolo del suo ordine del giorno: "L'esercizio del lavoro pastorale della Chiesa nei Paesi Bassi, nelle presenti circostanze, affinché la Chiesa si manifesti sempre, innanzitutto come comunione".

Per affrontare questo importante tema, abbiamo dovuto continuamente ricondurre le molteplici esperienze fatte dalla Chiesa che è nei Paesi Bassi, sul terreno della risposta data, alcuni anni or sono, dall'episcopato del mondo intero, riunito per quattro anni nel Concilio Vaticano II, alla domanda che esso stesso si era posta: "Chiesa, che cosa dici di te stessa? - Ecclesia, quid dicis de te ipsa?". Questa risposta, elaborata dal magistero conciliare, è diventata attualmente per voi, venerabili e cari fratelli, il punto sistematico di riferimento e, allo stesso tempo, il fondamento che permette di risolvere ciascuno dei problemi che si presentano ogni giorno alla vostra esperienza di pastori ed alla vostra coscienza di Vescovi.

Durante le nostre discussioni e le nostre riflessioni, una cosa è sempre stata chiara: noi non possiamo che desiderare - e di fatto di tutto cuore lo desideriamo - una Chiesa corrispondente in modo totale alle intenzioni di Cristo Signore, così come esse sono state espresse e confermate dal Concilio. Crediamo, infatti, che il Concilio Vaticano II è diventato, per il nostro tempo, il tema ed il luogo privilegiato grazie al quale lo Spirito Santo, lo Spirito di Gesù Cristo "ha parlato", a tutta la Chiesa (cfr. Ap 2,7) e l'ha guidata verso la verità tutta intera (cfr. Jn 16,13) e quindi anche verso la verità dell'esistenza "nel mondo contemporaneo", dell'esistenza quale ci appare "attraverso i segni dei tempi".

Parlando a tutta la Chiesa, lo Spirito del nostro Signore e Redentore "ha parlato", allo stesso tempo, a ciascuna delle Chiese che sono in comunione con questa Chiesa una ed universale. Per questo la preoccupazione fondamentale di tutti noi, che eravamo riuniti in questo Sinodo, è stata anche quella di far si che l'esistenza della Chiesa che è nei Paesi Bassi, la sua concreta esistenza, in tutti i settori della sua vita, possa possedere e manifestare pienamente i segni distintivi di queste identità che il Concilio Vaticano II ha nuovamente espresso in accordo con tutta la tradizione.


3. Anche per questo, il Sinodo, nella sua quotidiana fatica, attraverso l'analisi dei differenti settori della vita della Chiesa nella vostra patria, ha cercato, anzitutto, di acquisire una più chiara coscienza di tutto ciò che costituisce, per così dire, la vita quotidiana della Chiesa nei suoi diversi aspetti.

Successivamente, ha cercato di stabilire gli orientamenti da seguire per l'avvenire. Di fatto, l'identità della Chiesa si manifesta precisamente attraverso questa forma concreta della sua esistenza; si manifesta attraverso il suo modo di vivere ogni giorno ed attraverso il modo in cui realizza la sua opera nei diversi settori di vita e di attività.

Nella nostra analisi, condotta secondo queste premesse, abbiamo affrontato, venerabili e cari fratelli, tutti gli aspetti essenziali, importanti dal punto di vista della identità della Chiesa che è nei Paesi Bassi, per il presente e per l'avvenire. E' fuori dubbio, infatti, che nelle attività attuali della Chiesa, si elabora, allo stesso tempo, la forma futura della sua vita e del suo apostolato.

E' così che noi abbiamo preso come punto di partenza delle nostre deliberazioni, la realtà e le esigenze fondamentali della comunione della Chiesa; comunione, allo stesso tempo, locale e universale, riferita allo spirituale come all'istituzionale, coscienti che la comunità di fede, di speranza e di carità unisce tutti i credenti con Cristo e con il Padre e li unisce gli uni gli altri.

Nel desiderio e nella volontà unanimi di manifestare questa comunione, abbiamo riaffermato il nostro accordo sul contenuto della fede cattolica secondo l'insegnamento del magistero della Chiesa e ne abbiamo tratto le conclusioni che si impongono per quanto concerne la funzione del Vescovo come maestro della fede e come pastore, la funzione di ciascun Vescovo nella sua diocesi e dell'insieme dei Vescovi in seno allla conferenza episcopale.

Il Sinodo ha così adottato delle risoluzioni per quanto riguarda il sacerdozio ministeriale, la vita dei religiosi e delle religiose, la partecipazione dei laici alla missione evangelizzatrice della Chiesa. Ha studiato come promuovere la vita sacramentale e, soprattutto, la celebrazione e la venerazione dell'eucarestia, sorgente di vita e di crescita e il sacramento della riconciliazione. Il Sinodo ha poi insistito sul valore della liturgia celebrata secondo le regole della Chiesa, sull'importanza del contenuto dottrinale e dei metodi pastorali nella catechesi e, infine, sulla promozione di un ecumenismo fedele agli orientamenti del Concilio.


4. Questo richiamo troppo breve alla tematica e alle conclusioni del Sinodo è sufficiente per rilevare la ricchezza dei suoi dibattiti e l'ampiezza dell'esame dedicato al lavoro pastorale della Chiesa che è nei Paesi Bassi. A nessuno è sfuggita l'importanza di tutti i temi affrontati per il futuro sviluppo degli impegni pastorali di tutto il Popolo di Dio. Mi sia permesso, tuttavia, di sottolineare, qui, un punto particolare che si è rivelato al centro di tutti gli altri problemi sollevati e che avrà un impatto assai grande nell'avvenire della Chiesa. Mi riferisco all'autentico sacerdozio ministeriale dei sacerdoti, sia nella sua natura che nelle sue relazioni con il Vescovo e nel suo rapporto all'impegno dei laici nella missione della Chiesa.

L'edificazione della comunità ecclesiale e l'esercizio della sua missione sono affidate a tutta la comunità ma, come è detto nella costituzione dogmatica "Lumen Gentium" (cfr. LG 30-38) questa responsabilità si esercita secondo il carisma ed il posto di ciascuno nel corpo di Cristo. Tutte le vocazioni, tutti i servizi, tutti i carismi, sono ordinati a manifestare, nella loro varietà, la ricchezza della Chiesa e a servire la sua unità. La Chiesa deve poter esprimere la pienezza della sua vita mediante la ricchezza delle vocazioni e dei carismi, sia nel sacerdozio ministeriale che nell'apostolato dei laici e ancora nella consacrazione religiosa secondo lo spirito e la finalità specifica di ciascun istituto.

Ma ciascuno di questi ministeri e di questi servizi possiede una propria specificità e tutti si completano a vicenda, senza confondersi l'uno con l'altro.

A questo titolo avete insistito, cari fratelli, sull'importanza e la necessità della partecipazione dei laici nella missione pastorale della Chiesa; avete anche lodato la collaborazione attiva che in tutte le diocesi olandesi i laici vi danno e che sono chiamati ad intensificare ancora maggiormente. Perché, senza il lavoro dei laici, la Chiesa difficilmente potrebbe essere presente ed agire nel mondo d'oggi (cfr. AA 1). Ma è necessario, come voi avete sottolineato, salvaguardare, nella attribuzione dei compiti e nella delimitazione delle responsabilità, la distinzione tra il contributo dei laici e gli incarichi affidati ai sacerdoti e ai diaconi. Questo dimostra tutta l'importanza delle conclusioni alle quali è giunto questo Sinodo nel campo della collaborazione dei laici agli impegni pastorali come anche in quello della formazione dei futuri sacerdoti.

I Vescovi dei Paesi Bassi, unanimi nel professare la distinzione essenziale tra il sacerdozio sacramentale e il sacerdozio comune dei fedeli, così come il carattere permanente del sacerdozio sacramentale, hanno anche espresso il loro voto e la loro volontà di essere aiutati da un clero celibatario e di fare tutto il possibile per promuovere le vocazioni al sacerdozio. Essi manifestano la stessa preoccupazione per quanto concerne la vocazione religiosa, attraverso la quale uomini e donne rispondono alla chiamata di Dio nella vita consacrata. Voi avete deciso di assicurare la formazione dei candidati al sacerdozio in veri seminari, sia seminari che assicurino integralmente la formazione, sia in altre istituzioni che posseggono tutte le caratteristiche di un seminario, quantunque parte dell'insegnamento sia impartito da scuole superiori di teologia riconosciuta dalla santa Sede.

Allo stesso modo avete deciso di sottolineare l'opportunità di un impegno nella vita del diaconato, visto il compito specifico e l'importanza di questo ministero permanente così come è stato restaurato dal Concilio Vaticano II.

Voi avete poi riaffermato l'importanza del contributo proprio del laicato nella Chiesa e avete stabilito di fare appello alla collaborazione dei laici negli impegni pastorali che possono essere loro affidati secondo le indicazioni della santa Sede.

Queste decisioni sono particolarmente di buon augurio per l'avvenire della Chiesa che è nei Paesi Bassi. Il Papa è convinto che tutti risponderanno a questo invito, dando in tal modo a questa Chiesa la sua piena dimensione di comunità cristiana, che è espressa pure dalla sua opera missionaria, così legata a tutta la sua tradizione.


5. In tutto il lavoro che noi abbiamo svolto al Sinodo - ed in quello che vi attende dopo la conclusione del Sinodo - ciò che è stato, ciò che è e ciò che sarà nostra difesa e nostra forza, è il riferimento costante della nostra fede, della nostra speranza e del nostro amore a Cristo, nostro Maestro e Signore, a Cristo, Redentore dell'uomo, a Cristo che è divenuto, nel suo mistero pasquale, lo sposo della sua Chiesa.

E' verso di lui che noi abbiamo cercato di mantenere la nostra fedeltà durante le nostre riunioni a Roma, durante le nostre quotidiane riflessioni e durante i nostri scambi di idee. La sua verità ed il suo amore sono stati la sorgente della luce per le nostre considerazioni, le nostre risoluzioni e le nostre decisioni. E facendo tutto questo, noi abbiamo preso sempre più chiaramente coscienza di aver bisogno, per il nostro servizio alla Chiesa, di un grande coraggio e, nello stesso tempo, di una grande prudenza. Questo coraggio e questa prudenza dovranno derivare dalla nostra assoluta fiducia in quell'amore che egli dona in ogni luogo alla sua Chiesa, in quella fedeltà che egli dona, come risposta, a tutti coloro che cercano di conservargli costantemente la loro fedeltà. Questa convinzione ci obbliga a guardare verso l'avvenire con la speranza evangelica: "Abbiate fiducia, io ho vinto il mondo" (Jn 16,33). così noi saremo in grado di adempiere alla nostra missione di Vescovi e di pastori verso la Chiesa che è in terra olandese e, allo stesso tempo, verso la Chiesa universale; noi saremo capaci di servire il Popolo di Dio così come esige da noi lo Spirito di Gesù Cristo.

Ed è su di lui anche che costruiamo la nostra volontà e, nello stesso tempo, la nostra speranza della reciproca unità, della "communio" tra voi stessi, Vescovi e pastori della Chiesa che è nei Pasi Bassi, "communio" indispensabile per adempiere questo ministero pastorale. Il Sinodo è stato per voi, cari fratelli, un tempo di serena unione e di scambi profondi dei vostri pensieri; è stato un tempo di vero dialogo della salvezza. Questo dialogo, come ha insegnato Paolo VI, è, e deve restare uno scambio di pensieri nel quale si manifestano il rispetto e l'amore, uno scambio, allo stesso tempo, che sia ordinato alla verità, al bene del Vangelo e all'unità della Chiesa.

Nel momento in cui questo tempo felice giunge a termine, non ci resta che domandare allo Spirito di verità e al Padrone della messe, che lo stesso stile di dialogo e lo stesso salutare clima di unione continui sempre ad esistere tra voi per il bene di tutta la Chiesa, e in particolare per il bene delle diocesi di cui lo Spirito Santo vi ha costituiti Vescovi.


6. Ora che i Vescovi olandesi si accingono a raggiungere le loro rispettive diocesi, io rivolgo il mio pensiero e il mio affetto verso tutta la Chiesa che è nei Paesi Bassi e verso tutti e ciascuno di coloro che la costituiscono. Sappiate, cari fratelli e sorelle, che il Sinodo vi è riconoscente per tutto ciò che voi avete fatto per contribuire al successo delle sue deliberazioni. A nome del Sinodo, io vi ringrazio particolarmente per le vostre preghiere che ci hanno accompagnato in questo periodo di grazia. Ho ricevuto molteplici echi di iniziative che danno testimonianza della vostra risposta fervente all'appello che vi avevo indirizzato alla vigilia del Sinodo: sapere che la Chiesa dei Paesi Bassi era loro unita con la preghiera nelle parrocchie e nelle scuole, nelle case religiose, nei gruppi di giovani e nelle case di ritiro, è stato, per i partecipanti a questo Sinodo fonte di vero conforto e di ispirazione.

Ringrazio, in modo speciale, i fratelli e le sorelle delle Chiese e comunità cristiane che si sono unite ai cattolici per implorare sui nostri lavori la luce dello Spirito. E' con emozione e riconoscenza che io voglio ricordare qui che un gruppo di pastori protestanti ha inviato un telegramma, all'inizio del Sinodo, per assicurarci delle loro preghiere. L'unione spirituale manifestata in questo modo è pegno della benedizione di Dio per una crescente unione fra tutti coloro che professano la stessa fede e la stessa speranza in Gesù Cristo. Che la nostra attesa, il nostro desiderio e il nostro impegno corrispondano alla volontà del Signore. così noi potremo promuovere un ecumenismo senza timidezza perché autentico, un ecumenismo dinamico che sia una crescita nella fede, un ecumenismo, insomma, che sia pienamente fedele allo Spirito Santo.

Ora che incomincia la messa in opera delle decisioni di questo Sinodo, io affido ancora alle vostre preghiere, cari fratelli e sorelle dei Paesi Bassi, il cammino che dovrà essere percorso. Perché in avvenire, la vita e la pastorale della Chiesa che è nei Paesi Bassi, dipenderanno più che dalle deliberazioni e dalle consultazioni, dalla preghiera. Raccoglietevi attorno ai vostri Vescovi nella preghiera e nell'azione. Più che mai essi contano su di voi. L'unione nella preghiera, la coscienza che "ogni dono perfetto viene dall'alto e discende dal Padre della luce" (Jc 1,17) vi aiuteranno ad operare il rinnovamento e la conversione che ciascuno di noi deve continuamente praticare.

La preghiera aiuta a credere, a sperare e ad amare, anche se l'umana debolezza ci colloca in situazioni di tensione o provoca smarrimenti. La preghiera fervente di tutta la comunità cristiana, nei Paesi Bassi come altrove, fa sperare che tutti, sacerdoti e laici, religiosi e religiose, accetteranno, in spirito di fede e con convinzione sincera, le conclusioni del Sinodo. Ecco che si avvicina il tempo di quaresima che ci prepara alla celebrazione della resurrezione del Signore Gesù: noi non esitiamo a sollecitare la vostra preghiera e i vostri sacrifici perche la "semente" del Sinodo cada in una terra favorevole e porti frutto in abbondanza (cfr. Mc 4,8).

Con una fiducia tutta speciale io voglio rivolgermi alla gioventù della Chiesa che è nei Paesi Bassi. In preparazione al Sinodo, un gruppo di giovani della vostra capitale si è riunito per pregare attorno ad un cero, simbolo della luce che è il Cristo, e mi ha fatto, in seguito, pervenire questo cero in segno del proprio impegno e della propria unione con il Sinodo. Cari giovani, possa la luce del Cristo illuminare il vostro cammino di cristiani e le vostre aspirazioni che, certamente, trovano un loro posto nella Chiesa. Siate convinti che la vostra generosità e il vostro senso dell'autenticità aiuteranno tutta la comunità a fare le scelte che si impongono e ad assumere le conseguenze che la fede in Gesù Cristo e l'appartenenza alla Chiesa richiedono.

Venerabili e cari fratelli, al momento di lasciarci, vi invito a porre i frutti di questo Sinodo e l'avvenire della Chiesa che è nei Paesi Bassi nelle mani di Maria, Madre del Signore e Madre della Chiesa. L'ultimo capitolo della costituzione cogmatica "Lumen Gentium" ha messo in luce le conseguenze spirituali che derivano, per la Chiesa e per ciascun cristiano, della nostra situazione in rapporto al Figlio di Dio incarnato ed in rapporto alla sua santissima Madre. E' perche è "nato da una donna" (Ga 4,4) che nostro Signore Gesù Cristo fa di noi dei veri "figli adottivi" (cfr. LG 52). E' perché ella ha accolto il Verbo di Dio nel suo cuore e nel suo corpo che la beata Vergine ha un ruolo unico nel mistero del Verbo incarnato e in quello del corpo mistico. Ella si trova intimamente unita alla Chiesa, di cui è modello nell'ordine della fede, della carità e della perfetta unione a Cristo. così, in risposta alla nostra devozione e alla nostra preghiera, Maria, che riunisce e riflette, in certo senso, in se stessa le più alte aspirazioni della fede, chiama i fedeli a suo Figlio e al sacrificio di lui così come all'amore del Padre.

E' per questo, insegna il Concilio, che nell'esercizio del suo apostolato "la Chiesa giustamente guarda a colei che genero Cristo, concepito dallo Spirito Santo e nato dalla Vergine appunto per nascere e crescere, mediante la Chiesa, nel cuore dei fedeli" (cfr. LG 65).

Con la Vergine la Chiesa, da duemila anni, ha iniziato nel cenacolo della Pentecoste il suo cammino attraverso la storia di questo mondo. Dopo, la Chiesa ha percorso ciascuna tappa di questo cammino con lei che è il segno luminoso della speranza e della consolazione del Popolo di Dio (cfr. LG 68). Anche la tappa che noi oggi iniziamo a partire da questo Sinodo la dobbiamo percorrere con lei. In terra olandese vi sono tanti luoghi dove la Madre di Dio è venerata con un fervore particolare dai fedeli. Sia sufficiente ricordare, tra i tanti santuari che testimoniano questa pietà mariana, il nome del santuario "Ster der Zee" a Maastricht, quello della "Zoete Lieve Vrouw den Bosch" e quello di "Onze Lieve Vrouw ter Nodd" a Heiloo, santuari così cari ai vostri cuori e al mio. Possano questi luoghi diventare sempre più luoghi di incontro dove Maria guiderà il Popolo di Dio verso una fede ed una speranza rinnovate nella comunione dell'amore!

Data: 1980-01-31Data estesa: Giovedi 31Gennaio 1980.


Sinodo particolare dei vescovi dei Paesi Bassi

Titolo: Il documento conclusivo dei lavori sinodali

Introduzione Riconoscenti verso Dio, al termine di questo Sinodo Particolare desideriamo comunicare ciò che abbiamo discusso sotto la presidenza stimolante del Successore di Pietro, il nosro Papa Giovanni Paolo II, e con la partecipazione, secondo le rispettive competenze, dei Prefetti delle Sacre Congregazioni romane.

Abbiamo presentato al Santo Padre i risultati delle nostre deliberazioni per il bene della Chiesa che è nei Paesi Bassi, nella quale vive la Chiesa di Cristo, una, santa, cattolica e apostolica.

Le nostre deliberazioni vertono su ciò che, nelle circostanze attuali, è auspicabile per il lavoro pastorale nei Paesi Bassi. Noi eravamo particolarmente costretti del fatto che i gravi problemi di fronte ai quali ci troviamo come pastori, esigono una unità, un senso profondo di quel che deve essere una comunione affettiva ed effettiva: è la condizione stessa perché la Chiesa possa compiere la sua missione.

Abbiamo considerato questa unità nella sua duplice dimensione: - unità di tutti i fedeli, il cui ideale è quello della prima comunità cristiana descritta negli Atti degli Apostoli: tutti i credenti "erano assidui nell'ascoltare l'insegnamento degli apostoli e nell'unione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere" (Ac 2,42); - unità dei pastori tra di loro, di cui troviamo un modello importante negli apostoli riuniti attorno a Pietro a Gerusalemme per decidere intorno a questioni crudeli in un momento decisivo della vita della Chiesa nascente (cfr. Ac 15,6ss).

La fedeltà all'insegnamento degli apostoli, essendo una condizione della comunione, da dottrina e la disciplina della Chiesa restano dunque oggi la norma per la fedeltà alla comunione fraterna.

Applicando questo modello alla nostra situazione, noi abbiamo pensato anzitutto alla comunione di tutti i credenti cattolici nelle sette diocesi dei Paesi Bassi. E' in vista di questa comunione di tutti che abbiamo trattato dei diversi ministeri e dei diversi servizi nella Chiesa.

La comunione della Chiesa ha un carattere molto specifico: è al tempo stesso locale e universale. Inoltre, essa ha un aspetto sia istituzionale che spirituale. Infine, questa comunione si alimenta in una tradizione storica, fondata sugli apostoli, pur essendo chiamata a realizzarsi nel mondo attuale.

Concentrando la nostra attenzione su questa realtà complessa, abbiamo cominciato con una riflessione sulla Chiesa come comunità spirituale. Questa è la ragione per cui adoperiamo frequentemente il termine biblico "communio". La parola designa una comunità specifica di fede, di speranza e di carità, che unifica i credenti con il Cristo e con il Padre, unendoli al tempo stesso gli uni agli altri. L'unico e indivisibile Spirito Santo è colui che, dimorando nei cuori, li unifica nel medesimo Corpo di Cristo. La parola "communio" esprime dunque il fatto che ciascun fedele partecipa con gli altri alla medesima vocazione, alla medesima fede, allo stesso battesimo, alla stessa eucaristia, alla stessa comunità ecclesiale adunata attorno ai pastori legittimi, alla stessa missione della Chiesa nel mondo.

Riferendosi a questa unità dei credenti, la prima Lettera di San Giovanni ci dice che essa è al tempo stesso una comunione tra di noi e anche una comunione "con il Padre e col Figlio suo Gesù Cristo" (1Jn 1,3). Queste parole ci conducono alla vera sorgente della nostra comunione ecclesiale. Il Signore stesso ha parlato di questa sorgente nella sua Preghiera sacerdotale, quando domanda che tutti "siano una sola cosa". "Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato" (Jn 17,21).

Queste parole del Signore ci ricordano anche che l'unità, concreta e visibile è fragile, e tuttavia non meno preziosa e indispensabile. Certo, è il Cristo che ci raduna attraverso l'unico Spirito; ma questa comunione è anche una comunità di esseri umani.

Questo aspetto umano ci aiuta a comprendere e a non scandalizzarci in presenza di debolezze, tensioni, irritazioni e malintesi. Queste tensioni possono manifestarsi ai diversi livelli della vita della Chiesa. Esse rischiano di diventare vere minacce per l'unità e provocare rotture. Sono il retaggio di una Chiesa che il Cristo ha voluto comunità spirituale ma anche organismo umano e storico.

Ma questi contrasti possono essere superati. Per questo "la Chiesa che comprende nel suo seno i peccatori, santa insieme e sempre bisognosa di purificazione, mai tralascia di far penitenza e rinnovarsi" (LG 8). Il Concilio Vaticano II ci ha insegnato molto chiaramente che la vita della Chiesa un pellegrinaggio, e che di conseguenza essa "è chiamata da Cristo a quella continua riforma di cui, in quanto istituzione umana e terrena, ha sempre bisogno" (UR 6).

La nostra discussione su quanto ha bisogno di essere emandato è stata una discussione assolutamente fraterna. Non senza ragione il Santo Padre si rivolge ai vescovi come a suoi fratelli. Proprio a motivo della sua ricchezza sul piano della fede, la parola "communio" include anche relazioni cordiali e fraterne. così, ogni giorno abbiamo pregato insieme e condiviso l'eucaristia. E' su questo stesso piano di fraternità che abbiamo discusso delle diverse questioni che andavano affrontate, discussioni di cui comunichiamo i risultati nelle pagine che seguono.

Speriamo di tutto cuore che, portate nella pratica, queste risoluzioni arrechino un grande beneficio e che la Chiesa di San Willibrord possa così meglio manifestarsi come "communio".

I. I vescovi 1. I vescovi dei Paesi Bassi esprimono la loro volontà unanime di approfondire tra di loro rapporti cordiali e fraterni. Agendo in questo modo, essi intendono non solo testimoniare lo spirito di fraternità come valore umano; essi sono convinti di realizzare così - nonostante difficoltà di diversa natura che incontrano nello sforzo di attuare il loro spirito collegiale - una profonda comunione d'amore che è il frutto dello Spirito Santo.


2. I vescovi si rendono conto che questa perfetta messa in pratica dipende da certe condizioni oggettive, ossia la fede cattolica e il modo in cui la funzione episcopale deve essere esercitata.

a) La fede, o il vescovo come "Doctor Fidei" 3. I vescovi professano il loro accordo sul contenuto della fede cattolica secondo l'insegnamento della Chiesa cattolica romana. Essi esprimono la loro piena e intera comunione con il Papa, Vescovo di Roma e Pastore supremo della Chiesa universale, come pure la loro fede nella costituzione gerarchica della Chiesa; né i vescovi né i sacerdoti sono i delegati dei fedeli, ma ministri di Gesù Cristo al servizio della comunità ecclesiale.


4. I vescovi professano che il punto di partenza e la fonte oggettiva della fede sono nella Rivelazione divina, perché a Dio che si rivela, l'uomo deve "l'obbedienza alla fede" (Rm 1,5 Rm 16,26 cfr. DV 5).


5. I vescovi intendono annunciare nella sua pienezza il contenuto della Rivelazione, interpretato dal magistero, sia pure tenendo conto delle esigenze degli uomini del nostro tempo. I vescovi riconoscono che esistono sensibilità diverse per quanto concerne la pedagogia dell'annuncio della fede cristiana agli uomini d'oggi.


6. Per quel che riguarda l'armonia tra la Rivelazione interpretata dal magistero e le aspirazioni del nostro tempo, i vescovi sottolineano la loro volontà di tendere a una presentazione chiara ed equilibrata della fede.


7. I vescovi sono pienamente d'accordo sul fatto che presso i fedeli di tutti i tempi esiste un "sensus fidei" al quale i teologi dovrebbero sempre prestare attenzione e del quale si deve tener conto come elemento d'interpretazione della Tradizione. Secondo la "Dei Verbum" (cfr. DV 8), è specialmente attraverso la contemplazione e lo studio dei credenti, e attraverso la loro comprensione intima delle realtà spirituali di cui fanno l'esperienza, che progredisce la percezione della Tradizione. Tuttavia, questo "sensus fidei" non è costitutivo della Rivelazione, e non ha la stessa forza dell'interpretazione normativa che ne dà il magistero della Chiesa, nella sottomissione a quella stessa Rivelazione.


8. Accanto a questo "sensus fidei" proprio dei fedeli credenti, esistono esperienze religiose comuni a tutti gli uomini. Esse possono costituire un punto di partenza per l'educazione alla fede e per la catechesi. Devono pertanto essere valorizzate alla luce della crescita necessaria verso la piena intelligenza della fede. Sono dunque da scartare taluni metodi di catechesi che restano al livello della sola esperienza religiosa.


9. Pur sapendo che esiste una certa diversità (unità non significa uniformità) nelle espressioni della fede e della dottrina diffuse sia dai mezzi di comunicazione di massa, sia dalle pubblicazioni, i vescovi dovranno vigilare affinché questa diversità non ingeneri la confusione presso credenti. I vescovi esaminano i mezzi concreti per garantire una sufficiente diffusione agli insegnamenti del Vaticano II e ai documenti della Santa Sede.


10. Il modo in cui i pastori presentano la fede è opera di prudenza specialmente nel campo della morale cristiana. Essi sanno che non devono sacrificare la norma stessa.

Dovranno, d'altronde, discernere i rimedi appropriati alla mancanza di disponibilità o alla difficoltà di certi fedeli ad accettare o ad applicare norme che derivano dai valori cristiani. Quando questa disponibilità è nulla o limitata, o quando questa difficoltà è grande, esse devono continuare ad essere l'oggetto della sollecitudine dei pastori.

b) Il "governo" episcopale, o il vescovo come pastore 11. I vescovi dei Paesi Bassi professano la loro fedeltà alla disciplina della Chiesa, e la loro volontà di applicarla secondo i documenti ufficiali della Chiesa. Essi ricordano in particolare l'importanza del decreto conciliare "Christus Dominus", del decreto "Ecclesiae Sanctae" e del Direttorio per il ministero pastorale dei vescovi.


12. I Prefetti delle Sacre Congregazioni e i vescovi hanno riconosciuto che esistono fra loro talune difficoltà. Essi si sono trovati d'accordo sul fatto che la collaborazione e la fiducia reciproca potrebbero essere rafforzate attraverso scambi d'informazioni, complete e periodiche, attraverso visite dei vescovi ai dicasteri o attraverso prese di contatto regolari da parte di una delegazione della Conferenza attraverso visite di rappresentanti della Curia ai Paesi Bassi e anche con una accurata redazione della "Relatio quinquennalis" e dei protocolli delle riunioni della Conferenza. Deriverebbe da tutto questo una comunione più stretta tra la comunità cattolica dei Paesi Bassi e la Chiesa universale. I vescovi chiedono che le informazioni o imputazioni inviate a loro insaputa ai dicasteri romani siano verificate mediante consultazione del vescovo interessato o della Conferenza.


13. I vescovi sono preoccupati della necessità di stabilire contatti personali costanti con sacerdoti, con religiosi e religiose, con laici impegnati; essi sanno anche che i fedeli desiderano, oggi più di un tempo, la presenza personale del vescovo in mezzo a loro. In questo contesto, e conformemente a "Christus Dominus" (cfr. CD 22-24), i vescovi si sono dichiarati d'accordo perché sia intrapreso, nel quadro della Conferenza dei Paesi Bassi, lo studio di una nuova delimitazione delle diocesi nel loro Paese, che non dev'essere necessariamente realizzata in blocco e tutta in una volta.


14. I vescovi hanno coscienza di trovarsi di fronte a un problema particolarmente difficile: conciliare l'esercizio della loro funzione propria all'interno della diocesi e la loro adesione alle direttive della Conferenza o della maggioranza dei suoi membri.

Dal punto di vista dottrinale, la Conferenza episcopale è un'assemblea nella quale i vescovi di una nazione "esercitano congiuntamente il loro compito pastorale" ("munus suum pastorale coniunctim exercent") (cfr. CD 38,1).

Dal punto di vista pratico, "le Conferenze episcopali possono oggi portare un molteplice e fecondo contributo, acciocché l'affetto collegiale porti a concrete applicazioni" (LG 23). Questo vale in modo particolare nei Paesi Bassi, regione ad alta densità di popolazione, e oggi unificata da mezzi nuovi quali l'urbanizzazione, la migrazione interna, i mass-media. La Conferenza episcopale potrà dunque essere uno strumento prezioso per realizzarvi una "santa collaborazione (sancta conspiratio) per il bene comune delle Chiese" (CD 37). La natura dell'obbligo che incombe al vescovo è espressa nel Direttorio dei vescovi in questi termini: a) Il vescovo accoglie con fedele ossequio, esegue e fa eseguire in diocesi, come aventi forza di legge dalla suprema autorità della Chiesa (cfr. CD 38,4), le decisioni legittimamente prese dalla Conferenza e riconosciute dalla Sede apostolica, anche se egli prima eventualmente le abbia disapprovate, o ne debba poi avere qualche disagio.

b) Le altre decisioni e norme della Conferenza, non aventi forza di obbligo giuridico, ordinariamente il vescovo le fa sue in vista dell'unità e carità verso i confratelli, a meno che non ostino gravi motivi di cui egli è giudice davanti al Signore. Tali decisioni e norme vengono da lui promulgate nella diocesi a nome proprio e con autorità propria, giacché in questi casi la Conferenza non può limitare la potestà che ogni vescovo personalmente detiene in nome di Cristo (cfr. LG 27)".

I vescovi nulla tralasceranno perché la comunione affettiva ed effettiva tra di loro si approfondisca di giorno in giorno e per evitare che siano giudicati divisi tra loro. A tal fine essi si impegnano: a) a cercare occasioni di preghiera e di liturgia in comune; b) ad aiutarsi reciprocamente nel mettere in pratica le decisioni del Sinodo; c) a procedere regolarmente a scambi che permettano di conoscere idee, iniziative e persone, affinché tutti possano trarne profitto per il loro proprio ministero pastorale, e disposizioni comuni possano essere prese con migliore conoscenza di causa; d) ad astenersi da dichiarazioni che potrebbero nuocere a un confratello nell'episcopato; e) in ciò che concerne le materie più delicate e di interesse nazionale o universale, i vescovi rispetteranno con cura la procedura ispirata al Direttorio del ministero pastorale dei vescovi sopra descritta.


15. I membri del Sinodo hanno preso in considerazione una certa complessità degli organismi della Conferenza e dei Consigli che aiutano la Conferenza. I vescovi dedicano già un tempo considerevole ai lavori della Conferenza. C'è tuttavia una ripartizione delle responsabilità, che non garantisce sempre sufficientemente la relazione al vescovo, che deve restare colui che cammina alla testa del gregge, senza mai separarsene. Sono i vescovi i veri responsabili delle decisioni prese dalla Conferenza.


16. I vescovi sperano che la ristrutturazione della Conferenza, che è attualmente allo studio, possa risolvere il problema così posto; un maggior numero di vescovi-membri contribuirebbe a facilitarne la soluzione, permettendo che le Commissioni siano presiedute o assistite da un vescovo.

II. I sacerdoti


17. I membri del Sinodo sono unanimi nel professare la distinzione essenziale tra il sacerdozio ministeriale o sacramentale e il sacerdozio comune dei battezzati, e a voler vigilare sulle conseguenze pratiche che ne derivano.


18. I membri del Sinodo professano con la stessa unanimità il carattere permanente del sacerdozio ministeriale.

19. I vescovi olandesi tengono a esprimere la loro profonda riconoscenza verso i loro sacerdoti, sia diocesani che religiosi, "saggi collaboratori dell'ordine episcopale" (LG 28), per la loro dedizione nel lavoro pastorale della Chiesa, spesso così difficile nel nostro tempo.

Sul piano della spiritualità, i vescovi costatano nei preti una evoluzione positiva: essi parlano più frequentemente e più facilmente che una volta del]a loro vita spirituale. Molti di loro si sforzano di acquisire una formazione professionale per compiti specifici, al fine di poter meglio servire i fedeli e manifestare così la loro fede cristiana con grande disponibilità. Essi cercano, nel loro contatto con gli uomini, di andare all'essenziale dei problemi della vita. La spiritualità biblica occupa un primo posto. La vita spirituale dei sacerdoti è minacciata dalla secolarizzazione della società, dal superlavoro, e talvolta da una concezione "funzionale" dei loro compiti.


20. I membri del Sinodo sono convinti dell'importanza della vita spirituale, della preghiera delle ore, della celebrazione quotidiana, della penitenza e del colloquio spirituale. Sono disposti ad aiutare i preti ad approfondire la loro vita spirituale, per esempio favorendo iniziative "ad hoc" prese sia dal vescovo locale, sia dalla Conferenza episcopale, in cooperazione, all'occorrenza, con i Superiori maggiori dei religiosi-preti, specialmente per quanto riguarda la direzione spirituale.


21. I membri del Sinodo sono tutti persuasi che il celibato in vista del Regno dei cieli costituisce un grande bene per la Chiesa. Essi sono unanimi nella loro volontà di seguire fedelmente le decisioni dei Papi di mantenere la regola del celibato. I vescovi sperano di trovare un numero sufficiente di sacerdoti. Anche quando i candidati mancano, i membri del Sinodo professano la loro fiducia verso colui che è il Padrone della messe e che manderà operai nella sua messe.

Essi attribuiscono molta importanza al sostegno che può derivare dalla vita in comunità o almeno dall'aiuto fraterno tra sacerdoti. Ritengono che il celibato otterrà pienamente i suoi effetti, sul piano personale e pastorale, solo se vissuto come vero consiglio evangelico, che non è senza analogia con gli altri consigli che sono la povertà e l'obbedienza.


22. I membri del Sinodo sono decisi a promuovere una pastorale attiva delle vocazioni sacerdotali e religiose, anche continuando la ricerca sulle diverse forme che può assumere l'apostolato dei laici.


23. Per promuovere questa pastorale, i vescovi si sono trovati d'accordo sull'opportunità di erigere in ciascuna diocesi un Consiglio "ad hoc", o di incaricare di questa pastorale una o più persone. Essi designeranno in ciascuna diocesi un delegato che resterà in contatto con le Scuole teologiche, i Konvikte e gli studenti di teologia inclini a prendere in considerazione il sacerdozio; a meno che, beninteso, non sia il vescovo stesso ad assumersi personalmente questo compito.

In questo settore della pastorale delle vocazioni sacerdotali e religiose, i vescovi restano in stretto contatto con i Superiori maggiori dei Religiosi.


24. In merito ad eventuali associazioni di sacerdoti, è necessario ricordare il messaggio del Vaticano II sul legame tra il prete e il vescovo.

a) I preti - diocesani o religiosi - partecipano con il vescovo all'unico sacerdozio di Cristo. In virtù della loro ordinazione, tutti i sacerdoti sono in comunione gerarchica con l'Ordine dei vescovi (PO 7).

Essendo inoltre incardinati in una Chiesa particolare, i sacerdoti diocesani "costituiscono un solo presbiterio e una sola famiglia, di cui il vescovo è il padre" (CD 28).

b) Il presbyterium è rappresentato dal Consiglio presbiterale, che è un organo consultivo (Ecclesiae Sanctae, 15).

c) Eventuali associazioni di sacerdoti non possono dunque essere tali da oscurare la comunione gerarchica dei loro membri con il vescovo, la natura unica del presbyterium e le funzioni rispettive del vescovo e del Consiglio presbiterale. Se queste associazioni assumono un carattere sindacale, sono incompatibili con le strutture e lo spirito della Chiesa.


25. I vescovi esprimono unanimemente la loro preoccupazione e la loro volontà di essere assecondati da un clero celibatario, di reclutare aspiranti a una tale vocazione, e di tutto mettere in opera senza indugio per ottenere risultati in questo campo.

La formazione di questi candidati deve rispondere alle prescrizioni del Vaticano II (in particolare "Optatam Totius"), o a quelle che ne derivano, quali la "Ratio Fundamentalis", voluta dal primo Sinodo dei vescovi.


26. Questa formazione; di conseguenza, può essere assicurata solo da veri seminari: o seminari che assicurino integralmente la formazione - come avviene a Rolduc - o Konvikte che abbiano anch'essi tutti gli attributi di un seminario, salvo l'insegnamento che viene da una Facoltà o da una Scuola superiore di teologia riconosciute dalla Santa Sede.


27. Quanto a queste Facoltà o Scuole di teologia, esse devono, se vogliono essere accessibili ai candidati al sacerdozio, rispondere a diverse condizioni.

Non potendo entrare nel dettaglio di queste condizioni, il Sinodo rimanda ai documenti ufficiali della Chiesa in materia. A titolo d'esempio, esso ricorda qui alcune di queste condizioni: diritti riconosciuti ai vescovi - soprattutto al vescovo del luogo - di esercitare nei confronti di queste Scuole il loro ruolo di "doctores fidei" e di custodi dell'ortodossia; diritti riconosciuti ai vescovi di esercitare la loro autorità in materia di nomina e di revoca dei professori, in materia di programmi e per quel che riguarda l'atmosfera ecclesiale da salvaguardare, in particolare sul punto del celibato; infine, possibilità date ai vescovi di regolare la situazione dei sacerdoti sposati che insegnano in queste scuole.


28. Per verificare se queste condizioni sono realizzate o sono in via di realizzazione sul posto - ossia nelle Scuole di teologia - e anche per assicurarsi del buon funzionamento dei Konvikte e di Rolduc, i vescovi istituiranno una commissione di vescovi che terminerà i suoi lavori prima del 1° gennaio 198 1.

Questa Commissione consulterà l'Assemblea dei Superiori maggiori delle Congregazioni clericali, e sentirà il parere dell'Ordinario del luogo. I risultati ottenuti dalla Commissione saranno sottoposti alla Conferenza, che li trasmetterà con il suo parere alla Congregazione per l'Educazione cattolica, tenendo conto della scadenza accademica di settembre 198 1.

III. I religiosi 29. I vescovi olandesi apprezzano molto la vita religiosa come "un dono divino che la Chiesa ha ricevuto dal suo Signore" (LG 43). Sono coscienti della loro responsabilità riguardo allo sviluppo e soprattutto all'animazione della vita consacrata. Desiderano esercitare questa responsabilità in stretta collaborazione con Superiori maggiori religiosi.


30. I membri del Sinodo esprimono la loro preoccupazione circa la mancanza di novizi. Si propongono di cercare ogni mezzo per far si che la Chiesa e le comunità cristiane favoriscano l'ascolto della chiamata di Dio alla vita consacrata e la generosa risposta a questa chiamata. 3 1. I vescovi olandesi gradiscono più che mai l'aiuto diretto che loro viene offerto dai religiosi nella pastorale, come pure la spiritualità che si irradia dalle abbazie e dai conventi di vita contemplativa. Si rallegrano per i rapporti che esistono tra la Conferenza e le quattro Assemblee dei Superiori maggiori.


3 2. A proposito di quella che viene definita talvolta l'integrazione affettiva, i membri del Sinodo costatano che l'espressione è oggetto di ambigue interpretazioni. Riconoscono l'importanza di una sana affettività, intesa nel senso della cordialità e della fraternità nei rapporti fra le persone. Si riferiscono a San Paolo e a San Giovanni per sottolineare che, rettamente inteso, l'amore verso Dio e Gesù Cristo, nello Spirito, può contribuire in larga misura a integrare il bisogno di affetto nell'amore fraterno. Quanto ad una sorta di "terza via", vissuta come uno stato ambiguo tra il celibato e il matrimonio, i membri del Sinodo sono unanimi nel respingerla.

IV a) I laici 3 3. I membri del Sinodo hanno coscienza della grande parte che i laici occupano nel lavoro pastorale della Chiesa. Sono profondamente riconoscenti verso le migliaia di laici che, gratuitamente, partecipano regolarmente e in vari modi alle diverse attività nel campo della liturgia, dell'azione sociale, della catechesi per i bambini e per gli adulti, degli scambi e dell'aiuto vicendevole, della promozione della giustizia e della pace. Questi laici si sforzano di rendere presente la Chiesa in un mondo secolarizzato e questo, spesso, in circostanze difficili. Il Sinodo esprime anche la sua viva gratitudine ai numerosi cristiani - specialmente agli ammalati e alle persone anziane - che portano il loro sostegno alle attività della Chiesa con le loro preghiere e i loro sacrifici.

Le direttive qui sotto riportate riguardo agli operatori pastorali non sarebbero feconde se i numerosi laici che attualmente operano nella pastorale non continuassero ad assicurare questa collaborazione.


3 4. Per quanto si riferisce ai gruppi che hanno un atteggiamento critico, i membri del Sinodo - non ignorando che tali gruppi comprendono anche preti e religiosi - costatano che essi esercitano talvolta una eccessiva pressione sulla vita della Chiesa. Lo stesso avviene per molti periodici e altre forme pubblicistiche. Questa critica proviene da ambienti che sono tra loro opposti, da una parte gruppi "progressisti", dall'altra gruppi "conservatori".

I vescovi riconoscono che le critiche mosse sono in parte fondate e sono talvolta accompagnate da aspirazioni ragionevoli e da stimoli utili per la pastorale.

L'influenza di queste critiche diventa negativa quando vi è generalizzazione, fanatismo, aggressività, pressione, rifiuto del dialogo e attacchi ingiusti contro persone e istituzioni della Chiesa. Esse provocano allora la polarizzazione e nuocciono all'esercizio della funzione episcopale e alla comunione fra i fedeli; minano l'atmosfera di amore fraterno e di gioia che deve caratterizzare la vita cristiana. I vescovi vogliono mantenere il contatto con questi gruppi, nella speranza di poter svolgere un ruolo moderatore e per essere informati in modo diretto. Ma si propongono, nello stesso tempo, di evidenziarne le divergenze rispetto alla fede e alla disciplina della Chiesa, perché si renda manifesta la vera comunione.

b) Gli "operatori pastorali" 3 5. Il Sinodo si propone di istituire una Commissione episcopale, con lo scopo di studiare le diverse forme concrete che può assumere l'attività dei laici nei compiti pastorali della Chiesa. Questa Commissione esaminerà le attività assolte dai laici in questo campo, in particolare l'esercizio professionale di queste attività.


3 6. Nel suo lavoro, la Commissione dovrà mettere in luce: a) la distinzione tra i compiti pastorali rispettivamente del sacerdote, del diacono e del laico; b) l'opportunità di impegnarsi nella via del diaconato, considerati il compito e l'importanza di questo ministero permanente, come è stato ripristinato dal Vaticano II (LG 29); c) i compiti specifici che sono affidati al laico nella Chiesa (specialmente quando lo sono a tempo pieno e in modo permanente), con le precisazioni necessarie a che non si crei il rischio di ravvisare un nuovo a ufficio" o ministero - come il lettorato o l'accolitato - né una funzione permanente di portata globale, per evitare la formazione di un "clero" parallelo, che verrebbe a presentarsi come una alternativa al sacerdozio e al diaconato. Si dovrà fare attenzione a che una eventuale presentazione alla comunità non rivesta il carattere dell'inserimento in un ministero.

In tutto questo lavoro, la Commissione si baserà sui documenti conciliari (LG 33 AA 24), così come sui documenti della Sacra Congregazione per i Sacramenti e il Culto divino (in particolare "Immensae Caritatis" del 29-1-73 e la lettera ai vescovi svizzeri del 17-7-79) e della Sacra Congregazione per la Dottrina della Fede (lettera del 5-3-79).

I vescovi olandesi, d'altra parte, hanno già un'esperienza che mostra come i laici possano essere validi collaboratori.


3 7. Per quanto si riferisce ai sacerdoti dispensati dall'obbligo del celibato, alcuni di loro hanno delle mansioni nell'insegnamento o nella pastorale.

Il Sinodo dei vescovi del 1971dice: "Il prete che ha lasciato l'esercizio del suo ministero dev'essere trattato con giustizia e fraternamente; anche se può dare un aiuto nel servizio della Chiesa, tuttavia non deve essere ammesso a esercitare funzioni sacerdotali" (II parte, 4, d, in fine). In accordo con le indicazioni date dalla Santa Sede, il presente Sinodo decide quanto segue: 1) la loro situazione sarà regolarizzata alla luce delle istruzioni della Sacra Congregazione per la Dottrina della Fede (in particolare quelle del 1971e 1972); 2) tuttavia una tale regolarizzazione non potrà sempre essere fatta dall'oggi al domani, perché dovrà tenere conto delle persone e delle circostanze; 3) questa regolarizzazione sarà dunque affidata alla prudenza pastorale del vescovo del luogo (coadiuvato dai consigli della Commissione episcopale incaricata del problema degli "operatori pastorali" e dai consigli della Conferenza episcopale).


GPII 1980 Insegnamenti - Messaggio al popolo messicano