GPII 1980 Insegnamenti - Al personale della radio Vaticana - Città del Vaticano (Roma)


Incontro con un pellegrinaggio di Pozzuoli - Città del Vaticano (Roma)

Cari fratelli e sorelle della Diocesi di Pozzuoli! E' con particolare affetto che saluto tutti voi, che siete venuti tanto numerosi come pellegrini alle tombe degli apostoli Pietro e Paolo. So che siete accompagnati dal vostro benemerito Vescovo, Monsignor Salvatore Sorrentino, che compie il quarantesimo anniversario di Ordinazione Presbiterale ed il ventesimo di quella Episcopale. A lui va il mio, il nostro fraterno augurio! Rivolgo il mio saluto anche ai rappresentanti del Capitolo della Cattedrale, del Clero diocesano e religioso, e delle Religiose operanti in Diocesi. Né voglio dimenticare il Signor Sindaco della città di Pozzuoli ed i rappresentanti di varie amministrazioni municipali. A tutti i fanciulli, poi, che vedo numerosi in mezzo a voi, intendo assicurare uno spirituale, affettuoso abbraccio.

A voi tutti mi è caro esprimere il compiacimento per la vostra odierna presenza. Essa mi conferma la vostra sentita fedeltà alla Sede di Pietro ed il vostro desiderio di stringere sempre più i mutui vincoli ecclesiali. Vi auguro di cuore una vita di cristiana prosperità, che diventi testimonianza efficace di quanto può essere fonte di serenità e di vigore un'autentica comunione col Signore. Voi avete alle spalle una lunga storia cristiana, poiché quando San Paolo venne a Roma sbarco prima a Pozzuoli e vi trovo già una piccola ma generosa comunità di cristiani, che lo accolse con calorosa ospitalità (cfr. Ac 28,13-14).

Siate sempre degni di quest'antica eredità, anzi fatela maturare in pienezza per il bene vostro e di quanti guardano a voi.

Mi è anche noto che abitate in una zona, dove ferve il lavoro sia agricolo che industriale. Perciò, mentre rendo omaggio alla vostra operosità, esprimo la ferma speranza che sappiate quotidianamente santificarla mediante una salda e gioiosa adesione di fede al Vangelo e di amore alla Chiesa.

In special modo, auspico per le varie attività diocesane una sempre crescente fioritura: soprattutto per quanto riguarda il Seminario, la provvidenziale istituzione del Diaconato permanente, le Associazioni cattoliche, e gli Istituti di istruzione e di beneficenza. Il Signore fecondi abbondantemente con la sua grazia il vostro costante impegno evangelico al servizio dei fratelli.

Come pegno di questi voti ed in segno della mia benevolenza, sono lieto di concedervi la particolare Benedizione Apostolica, che amo estendere pure a tutti i vostri cari, specialmente ai bambini, ai malati ed ai bisognosi.

Data: 1980-02-06 Data estesa: Mercoledi 6 Febbraio 1980.





Sala del Trono - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: L'incontro con i membri dell'Ispettorato di Pubblica Sicurezza

Cari Signori, Mi è particolarmente gradito quest' oggi porgere il mio cordiale saluto a Lei, Signor Ispettore Generale ed a tutti voi, Funzionari, Sottufficiali e Dipendenti dell'Ispettorato di Pubblica Sicurezza presso la Città del Vaticano, che siete venuti a recarmi il consueto ed amabile omaggio augurale per l'Anno 1980.

Vi ringrazio vivamente per l'occasione che mi offrite per esprimere i miei sentimenti di apprezzamento e di gratitudine per l'opera solerte, generosa ed intelligente, che voi svolgete per assicurare un servizio d'ordine tanto importante.

Ringrazio il Dottor Pasanisi per le significative parole, che, interpretando i vostri pensieri, ha voluto indirizzarmi all'inizio del suo nuovo incarico, come Ispettore Generale presso il Vaticano. Al ringraziamento unisco il mio augurio per il buon successo nelle nuove responsabilità a cui è stato chiamato. Le sue parole hanno rinnovato in me il ricordo vivo di quanto ho avuto modo di vedere e sperimentare nei miei spostamenti e nelle mie visite pastorali nella diocesi di Roma, come nelle altre città d'Italia: e cioè la nobiltà d'animo che ispira e guida il vostro servizio, e vi fa compiere il vostro dovere con fedeltà, con dedizione, talvolta anche con rischio e sacrificio, e, quel che veramente conta di più, con amore e con fede. Questo binomio di fedeli Funzionari dello Stato Italiano e di Figli devoti della Chiesa vi permette di garantire attorno alla persona del Papa quell'atmosfera di ordine e di cortesia che è tanto appropriata alla presenza del Vicario di Cristo in mezzo al suo popolo.

Tutto questo com'è per voi titolo di onore, così deve essere stimolo per entrare nella corrente di fervore religioso, di cui in questo periodo post-conciliare noi tutti siamo testimoni. La preziosa esperienza, che per dovere di ufficio voi vivete in mezzo ai fedeli ed ai pellegrini provenienti da ogni parte del mondo per venerare il Sepolcro del Principe degli Apostoli e per vedere il suo Successore, valga a rendervi sempre più forti e coerenti nella fede e vi spinga a testimoniare il Cristo, che forma la ragion d'essere della nostra esistenza.

Avvaloro questi miei voti con una particolare preghiera per voi, per le vostre famiglie e per i vostri cari figlioli. E la Benedizione Apostolica, che ora di gran cuore imparto, vi accompagni ogni giorno e vi apporti eletti doni di pace e di cristiana prosperità.

Data: 1980-02-07 Data estesa: Giovedi 7 Febbraio 1980.


All'assemblea plenaria del segretariato per l'unione dei cristiani - Roma

Titolo: L'unità dei cristiani è uno dei fini principali del rinnovamento conciliare

Cari fratelli nell'episcopato, cari fratelli e sorelle.

Quindici mesi sono già passati dal nostro ultimo e primo incontro. Io ero allora all'inizio del mio pontificato e avevo desiderato esprimervi la mia soddisfazione e i miei vivi incoraggiamenti per il vostro lavoro, dandovi alcuni orientamenti generali. Oggi vorrei intrattenermi con voi più a lungo intorno a ciò che, con l'aiuto del Signore e sotto la guida dello Spirito Santo, è trascorso ed è stato realizzato nell'ambito dell'ecumenismo durante questi quindici mesi.

Non è sfortunatamente possibile scendere nel dettaglio. Non posso tuttavia non ricordare qui, davanti a voi, i numerosi incontri con responsabili o con gruppi di fedeli di altre Chiese e comunità ecclesiali, che sono cominciati all'indomani della cerimonia d'inaugurazione del mio ministero pontificale e hanno raggiunto il loro culmine nel novembre scorso con la mia visita al patriarcato ecumenico ove è stato avviato il dialogo teologico con le Chiese ortodosse.

Il nostro sforzo, che avanza pazientemente ma attivamente, deve tendere a promuovere questo vero rinnovamento che, secondo l'insegnamento del Concilio Vaticano II, consiste essenzialmente "in una fedeltà più grande della Chiesa alla propria vocazione" (UR 6).

Il secondo Concilio del Vaticano ha segnato una tappa importante in questo rinnovamento, una tappa e un punto di partenza. L'esperienza di questo Concilio, i testi nei quali questa esperienza si esprime restano una fonte sempre attuale di ispirazione; sono ricchi di orientamenti, riguardo ad esigenze che devono ancora essere scoperte e realizzate nella vita concreta del Popolo di Dio.

Io l'ho detto spesso durante questi mesi, ma tengo a ripetervelo, a voi, membri del segretariato per la promozione dell'unità dei cristiani, perché il Concilio ha affermato che questo rinnovamento ha un sommo valore ecumenico: l'unità di tutti i cristiani era uno dei suoi scopi principali (cfr. UR 1 UR 16); essa resta una parte importante del mio ministero, come dell'azione pastorale della Chiesa.

L'unità domanda una fedeltà sempre più approfondita dall'ascolto reciproco. Con una fraterna libertà coloro che partecipano ad un vero dialogo si stimolino l'un l'altro a una fedeltà sempre più esigente all'integralità del piano di Dio.

Nella fedeltà a Cristo Signore che ha domandato l'unità, ha pregato per essa e per essa si è sacrificato, e nella docilità allo Spirito Santo che guida i credenti verso la verità tutta intera (cfr. Jn 16,13), essi si impongono senza posa a superare i limiti che la storia religiosa di ciascuno può aver trascinato con sé per aprirsi sempre più alla "larghezza, lunghezza, altezza, profondità" del disegno misterioso di Dio che supera ogni conoscenza (cfr. Ep 3,18-19).

D'altronde, osserviamo per inciso, questo spirito di dialogo fraterno, che deve esistere, e direi anche che deve esistere prima di tutto tra i teologi che, nella Chiesa cattolica sono impegnati nello sforzo di rinnovamento teologico, implica evidentemente anche che questo dialogo si costruisca nella verità e nella fedeltà.

Diviene allora un mezzo indispensabile di equilibrio che dovrebbe permettere di evitare all'autorità della Chiesa di essere obbligata a dichiarare che alcuni si impegnano su una strada che non è la vera strada del rinnovamento. Se l'autorità è obbligata ad intervenire, non agisce contro il movimento ecumenico ma apporta a questo movimento il suo contributo avvertendolo che certe vie o certe scorciatoie non conducono al fine ricercato.

Ho voluto andare a Istanbul per celebrare con sua santità il patriarca Dimitrios la festa di sant'Andrea, patrono di questa Chiesa. L'ho fatto per manifestare davanti a Dio e davanti a tutto il Popolo di Dio la mia impazienza per l'unità. Noi abbiamo pregato insieme. Nella cattedrale patriarcale, io ho assistito con profonda emozione spirituale alla liturgia eucaristica che il Patriarca e il suo Sinodo vi hanno celebrato, come il Patriarca e i Metropoliti erano venuti ad assistere alla liturgia che avevo celebrato nella cattedrale cattolica. In questa preghiera abbiamo dolorosamente sentito quanto fosse triste il fatto che noi non potessimo concelebrare. Bisogna fare di tutto per accelerare il giorno di una tale concelebrazione, e la durata stessa della nostra separazione rende ancora più urgente la necessità di mettervi fine. Questo anno sarà segnato dall'inizio del dialogo teologico con la Chiesa ortodossa. Questo dialogo teologico è uno sviluppo del dialogo della carità che è cominciato durante il Concilio, che deve continuare e intensificarsi perché è il mezzo vitale necessario a questo sforzo di lucidità che permetterà di riscoprire al di là delle divergenze e malintesi ereditati dalla storia, le vie che ci conduranno infine a una comune professione di fede in seno alla concelebrazione eucaristica. Il secondo millennio ha visto la nostra progressiva separazione. Il movimento inverso è ovunque incominciato. Occorre, e io lo domando con insistenza al "Padre della luce da cui viene ogni dono perfetto" (cfr. Jc 1,17), che l'alba del terzo millennio si levi sulla nostra piena comunione ritrovata.

Spero che questo primo incontro sarà prossimamente seguito da altri incontri con il Patriarca Dimitrios ma anche con altri responsabili di Chiesa e di comunità ecclesiali in occidente.

Vorrei anche dire tutta l'attenzione con cui io guardo al dialogo con le antiche Chiese orientali e in particolare con la Chiesa copta. La visita a Roma di sua santità Shenouda Papa d'Alessandria e Patriarca del seggio di san Marco, è stata un avvenimento importante che ha segnato l'apertura di questo dialogo.

Bisognerebbe che fossero realizzate tutte le possibilità aperte dalla dichiarazione comune che ha sottoscritto con il mio grande predecessore il Papa Paolo VI. Come ho già detto alla delegazione della Chiesa copta che ho avuto la gioia di ricevere nel giugno scorso, questa dichiarazione, l'ho fatta mia così come gli incoraggiamenti che, in seguito, la santa Sede ha dato a questo dialogo (cfr. "L'Osservatore Romano", die 24 iun. 1979). L'unità dei cristiani appartenenti al grande popolo egiziano permetterà loro di fornire pienamente, in collaborazione coi loro fratelli musulmani, il loro contributo allo sforzo nazionale.

Di più, io sono convinto che una riarticolazione delle antiche tradizioni orientali e occidentali e lo scambio equilibrato che ne risulterà nella piena comunione ritrovata possono essere di grande importanza per la ricomposizione delle divisioni nate in occidente nel XVI secolo.

I diversi dialoghi che si sviluppano dalla fine del Concilio hanno già realizzato dei seri progressi. Con la comunità anglicana la commissione mista sta per condurre a termine il suo lavoro e dovrebbe presentare il suo rapporto finale l'anno prossimo. La Chiesa cattolica potrà allora pronunciarsi ufficialmente e trarre le conclusioni per la tappa che dovrà seguire.

Quest'anno vede il 450° anniversario della confessione d'Augsburg. Nel nostro dialogo con la federazione luterana mondiale abbiamo cominciato a riscoprire i legami profondi che ci uniscono nella fede e che furono mascherati dalle polemiche del passato. Se, dopo 450 anni, cattolici e luterani potessero arrivare a una valutazione storica più esatta di questo documento e a meglio stabilire il suo ruolo nello svolgimento della storia ecclesiastica, un passo notevole sarebbe compiuto nel cammino verso l'unità.

Occorre che con lucidità, apertura, umiltà e carità si continui a studiare le principali divergenze dottrinali che sono state nel passato all'origine delle divisioni che, ancora oggi, separano i cristiani.

Questi diversi dialoghi sono altrettanti sforzi che tendono allo stesso fine prendendo in considerazione la varietà degli ostacoli da superare. E' la stessa cosa per quelli nei quali la Chiesa cattolica non è direttamente implicata.

Non c'è opposizione tra questi diversi tipi di dialogo, e niente deve essere trascurato di ciò che può accellerare il progresso verso l'unità.

Tutto questo è necessario, ma tutto questo non può produrre frutto se non, nello stesso tempo, ovunque nella Chiesa cattolica, si prende una coscienza più chiara della necessità dell'impegno ecumenico tale quale è definito dal Concilio. Il segretariato per l'unità ha pubblicato nel 1975 importanti orientamenti per lo sviluppo della collaborazione ecumenica ai livelli locali, nazionali e regionali. Ho già detto che la preoccupazione della collaborazione con i nostri altri fratelli cristiani deve trovare la sua giusta collocazione nella pastorale. Questo chiede un cambiamento di atteggiamento, una conversione del cuore che presuppone un orientamento nella formazione del clero e del popolo cristiano. La catechesi deve avere qui, il ruolo che ho ricordato recentemente nell'esortazione apostolica "Catechesi Tradendae" (cfr. CTR 31-34).

Questa ricerca dell'unità, tanto attraverso il dialogo che la collaborazione, li dove è possibile, ha come scopo la testimonianza da rendere a Cristo oggi. Questa testimonianza comune è limitata, incompleta, tanto che noi siamo in disaccordo sul contenuto della fede che noi dobbiamo annunciare. Da qui l'importanza dell'unità per l'evangelizzazione oggi. In effetti da ora i cristiani devono essere solleciti nel testimoniare insieme questi doni di fede e di vita che hanno ricevuto da Dio (cfr. Ioannis Pauli PP. II RH 11). Il tema principale della vostra riunione plenaria è giustamente la testimonianza comune.

Il problema non sta solo nel fatto che essa sia comune, ma che sia una testimonianza autentica del Vangelo, una testimonianza resa a Gesù Cristo vivente oggi nella pienezza della sua Chiesa. In questo senso, bisogna che i cristiani - e qui io penso specialmente ai cattolici - approfondiscano la loro fedeltà a Cristo e alla sua Chiesa. Si, il dovere urgente dei cattolici è di comprendere ciò che deve essere questa testimonianza, ciò che implica e domanda nella vita della Chiesa.

Io auguro che una tale riflessione e una tale ricerca abbia luogo ovunque nella Chiesa sotto la direzione dei Vescovi e delle conferenze episcopali.

In tutte le situazioni, secondo le possibilità, bisognerebbe sforzarsi, con grande saggezza pastorale, di scoprire le possibilità di testimonianza comune dei cristiani. così facendo si urterà ai limiti che le nostre divergenze impongono ancora a questa testimonianza e questa dolorosa esperienza stimolerà a intensificare lo sforzo verso un reale accordo nella fede. Io spero che i risultati del vostro incontro plenario incoraggeranno le iniziative delle Chiese locali nel senso che il Concilio Vaticano ci indica (cfr. UR 12 UR 24). Bisogna avanzare in questa direzione con prudenza e coraggio. Ai nostri giorni più che mai il coraggio non è spesso una esigenza della prudenza per noi che sappiamo ciò in cui crediamo? Voglio infine ringraziarvi d'essere venuti e di aver consacrato una settimana del vostro prezioso tempo al nostro segretariato per l'unità. Avete potuto anche rendervi conto del suo incessante lavoro compiuto con una devozione unicamente sollecita di servire e promuovere la grande causa della unità.

Che il Dio della speranza ci doni pienamente la sua forza, la sua pace e che per la potenza dello Spirito Santo renda incrollabile la speranza (cfr. Rm 15,13) che anima il nostro servizio di ogni giorno.

[Traduzione dal francese]

Data: 1980-02-08 Data estesa: Venerdi 8 Febbraio 1980.


Alle comunità dei collegi "Massimo" e "Santa Maria" - Roma

Titolo: Nella vostra testimonianza la vitalità della scuola cattolica

Carissimi fratelli e sorelle! "Grazia a voi e pace da Dio Padre e dal Signore Gesù Cristo!" (2Th 1,2).

1. Sono veramente lieto di poter incontrare oggi i superiori, i docenti, gli alunni coi loro familiari, di due dei più prestigiosi collegi cattolici di Roma: l'istituto "Massimo" dei padri gesuiti, che ha celebrato il primo centenario di fondazione, e l'istituto "Santa Maria" dei religiosi Marianisti, che ricorda il suo novantesimo anno.

Due date queste che sintetizzano due storie, vissute con impegno, con entusiasmo, con dedizione, con sacrificio.

Il collegio "Massimo", iniziato il 9 novembre 1879, sotto la direzione di un comitato, formato dall'archeologo monsignor Pietro Crostarosa, dal parroco di santa Maria Maggiore, don Cesare Boccanera, e dal padre gesuita Massimiliano Massimo, intendeva far rivivere le tradizioni culturali del celebre "Collegio romano"; ma si può affermare che il "Massimo" era anche in ideale continuazione e sintonia con la grande idea di sant'Ignazio di Loyola, il quale, in un periodo in cui sembrava che tra cultura umanistica e messaggio cristiano ci fosse una irriducibile incompatibilità, sognava un grande collegio, che a Roma, centro del cristianesimo, potesse servire da modello per tanti altri sparsi in tutto il mondo; e nel 1551, ai piedi del Campidoglio, sulla porta di una modesta abitazione aveva posto la scritta: "Schola de grammatica, di humanità e dottrina christiana".

In questi cento anni di vita, il collegio "Massimo" ha seguito tale programma umanistico-cristiano di sant'Ignazio e si è intensamente sviluppato e dilatato: dai venticinque alunni del 1879 si è giunti al migliaio nell'antica sede alle Terme, e si sono superati i milleseicento nel nuovo complesso dell'Eur.

Non meno gloriosa è la storia dei novanta anni dell'istituto "santa Maria", retto dai figli del servo di Dio Giuseppe Chaminade, i quali vollero portare a Roma le esperienze educative da loro acquisite nel "Collège Stanislas" di Parigi e in altre opere scolastiche dell'Europa e dell'America del Nord: dai quaranta alunni e nove religiosi del 1889 si è arrivati ai milleduecentosessanta alunni, trentasei religiosi e quarantaquattro docenti esterni di questo periodo.

Né possiamo dimenticare il "Centro universitario Marianum", che ospita al presente ben centosei universitari.


2. Queste cifre, carissimi fratelli e sorelle, sono eloquenti e rappresentano una efficace e concreta testimonianza del dinamismo e della vitalità dei vostri istituti e della stessa scuola, che si qualifica come "cattolica". Perché, dietro queste cifre, c'è tutta l'indefessa opera culturale, educativa e formativa, da voi svolta in questo lungo lasso di tempo, giorno per giorno, ora per ora, a contatto continuo con i ragazzi e i giovani, con i quali avete compiuto insieme un cammino non soltanto per le vie delle scienze umane, della storia, della filosofia, della letteratura, ma, a motivo della qualificazione specifica delle vostre istituzioni e dei vostri ideali, anche e soprattutto un cammino per le vie della fede cristiana.

Chi potrà oggi valutare il bene, palese o nascosto, che tanti vostri alunni - in parte già scomparsi dalla scena di questo mondo, in parte ormai uomini maturi - hanno ricevuto ed hanno poi saputo, a loro volta, trasmettere ai loro amici, alle loro famiglie, ai loro figli, alla società civile? Quanti esemplari padri di famiglia, quanti competenti ed apprezzati professionisti sono ancora legati profondamente, e non meno profondamente grati, a voi, alla vostra azione apostolica, ai vostri istituti, nei quali la loro personalità è stata plasmata con serena serietà, per poter affrontare le complesse responsabilità della vita? Quanti sacerdoti e religiosi hanno scoperto, approfondito, maturato la loro vocazione sacerdotale o religiosa, aiutati e sorretti dalla esemplare vita sacerdotale e religiosa dei loro docenti? Talvolta, purtroppo, quando si parla di scuola "cattolica", la si considera solo come in concorrenza o, addirittura, in opposizione ad altre scuole, in particolare alle scuole dello Stato. Ma non è così! La scuola cattolica ha inteso sempre ed intende formare dei cristiani che siano anche cittadini esemplari, capaci di dare tutto il loro contributo di intelligenza, di serietà, di competenza, per la costruzione, retta ed ordinata, della comunità civile.


3. I vostri istituti sono e ci tengono a proclamarsi scuole "cattoliche". Ma, che cosa è una scuola cattolica? Quali sono i suoi compiti preponderanti, le sue specifiche finalità? L'argomento è di così viva e continua attualità, che il Concilio Vaticano II ha dedicato a questa problematica un intero documento, la dichiarazione sull'educazione cristiana. E tale dichiarazione presenta, in pregnante sintesi, la triplice caratteristica peculiare della scuola cattolica, la quale, al pari delle altre scuole, persegue le finalità culturali e la formazione umana dei giovani. "Ma suo elemento caratteristico è - afferma il documento conciliare - di dar vita ad un ambiente comunitario scolastico permeato dello spirito evangelico di libertà e carità; di aiutare gli adolescenti perché nello sviluppo della propria personalità crescano insieme secondo quella nuova creatura, che in essi ha realizzato il battesimo; e di coordinare infine l'insieme della cultura umana col messaggio della salvezza, sicché la conoscenza del mondo, della vita, dell'uomo, che gli alunni via via acquistano, sia illuminata dalla fede" (GE 8). E' questo un testo ricchissimo di preziose indicazioni, di fermenti dinamici, di concrete applicazioni. Ma in esso è chiaramente affermato che nella scuola cattolica è la fede cristiana ad illuminare la conoscenza di tutta la realtà (mondo, vita, uomo).

E' vero che la scuola, in quanto tale, è il luogo o la comunità dell'apprendimento e della cultura; ma la scuola cattolica è anche, anzi prima di tutto, un luogo e una comunità privilegiata per la educazione e la maturazione della fede. Ho particolarmente insistito su questo argomento nella mia recente esortazione apostolica sulla catechesi nel nostro tempo. Una scuola cattolica - dicevo - meriterebbe ancora un tal nome "se, pur brillando per un livello d'insegnamento assai elevato nelle materie profane le si potesse rimproverare, con fondati motivi, una negligenza, o una deviazione nell'impartire l'educazione propriamente religiosa? Né si dica che questa sarebbe sempre data implicitamente, o in maniera indiretta! Il carattere proprio e la ragione profonda della scuola cattolica, per cui appunto i genitori cattolici dovrebbero preferirla, consistono precisamente nella qualità dell'insegnamento religioso, integrato nell'educazione degli alunni" (Ioannis Pauli PP. II CTR 69). E' diritto degli alunni delle scuole cattoliche ricevere in esse una catechesi permanente, approfondita, articolata, qualificata ed adatta alle esigenze della loro età e della loro preparazione culturale. E tale insegnamento religioso deve essere integro nel suo contenuto, perché ogni discepolo di Cristo ha il diritto di ricevere la parola della fede non mutilata, non falsificata, non diminuita, ma completa ed integrale, in tutto il suo rigore e in tutto il suo vigore (cfr. Ioannis Pauli PP. II CTR 30).


4. Al centro dell'insegnamento scolastico, all'apice di ogni interesse deve essere la persona, l'opera, il messaggio di Cristo: è lui il nostro vero Maestro (cfr. Mt 23,8 Mt 23,10), è lui la nostra via, la verità e la vita (cfr. Jn 14,6), è lui il nostro Redentore e Salvatore (cfr. Ep 1,7 Col 1,14). Impegno prioritario ed insostituibile, sia dei docenti sia degli alunni, è quello di conoscere Gesù, studiando, approfondendo, meditando la Sacra Scrittura, non come un semplice libro di storia, ma come la testimonianza perenne di un Vivente, perché Gesù è risorto e "siede alla destra del Padre". Inoltre, quando si tratta di Gesù, non è sufficiente fermarsi sul piano della conoscenza teoretica: la sua persona, il suo messaggio continuano ad interpellarci, a coinvolgerci, a spingerci a vivere di lui ed in lui. Allora si è veramente cristiani quando, giorno per giorno, si realizzano le esigenze, non sempre facili, del Vangelo di Gesù. Che non si applichino per nulla a voi, fratelli e sorelle, le parole di sant'Agostino: "Coloro che si fregiano di un nome e non lo sono, che giova loro il nome se non c'è la realtà?... così, molti si chiamano cristiani, ma non vengon trovati tali nella realtà, perché non sono quel che si dicono, vale a dire nella vita, nei costumi, nella speranza, nella carità" (S.Augustini "In Epist. Ioann.", tract. IV,4: PL 35,2007).

A voi, sacerdoti e religiosi, auguro che in mezzo ai vostri cari alunni siate sempre lieti testimoni della totale dedizione e consacrazione a Dio, e che consideriate un vero onore, oltre che un grave dovere, trasmettere e comunicare ad essi la fede cristiana nell'insegnamento della religione. Ma sia la vostra vita evangelica una vivente e luminosa catechesi per i ragazzi e i giovani affidati al vostro apostolato educativo.

A voi, docenti laici, auguro che viviate intensamente il senso di responsabilità di insegnare in una scuola cattolica. In tal modo i vostri discepoli vi apprezzeranno e vi ameranno non solo per la vostra specifica competenza professionale e culturale, ma soprattutto per la vostra coerenza cristiana.

A voi, padri e madri, giustamente preoccupati della preparazione culturale, ma più ancora della formazione umana, civile e religiosa dei vostri figli, auguro di essere sempre coscienti che i primi, autentici ed insostituibili educatori dei vostri figli siete voi! Seguiteli sempre con quell'amore singolare, che Dio Padre ha seminato nel vostro cuore! Sappiate comprenderli, ascoltarli, orientarli! E a voi, carissimi studenti, che siete i veri protagonisti della scuola, che cosa dirà oggi il Papa in questo incontro, carico di promesse e di entusiasmo? Voi siete il punto di convergenza dell'affetto, delle cure, dell'interesse dei vostri genitori, dei vostri docenti, dei vostri superiori. A questa somma di amore rispondete con un continuo impegno per la vostra maturazione umana, culturale, cristiana. Preparatevi, nello studio serio ed assiduo, ai compiti che la Provvidenza divina vi preparerà domani nell'ambito della società civile e della comunità ecclesiale. L'avvenire della nazione, anzi del mondo, dipende da voi! La società futura sarà quella che voi costruirete; e voi la state già costruendo, in questi anni, nelle vostre aule scolastiche, nei vostri incontri, nelle vostre associazioni.

Che il Papa possa ripetere anche a voi, con gioia, le parole rivolte ai giovani da san Giovanni: "Ho scritto a voi, giovani, perché siete forti; e la parola di Dio dimora in voi e avete vinto il maligno" (1Jn 2,14).

Si, carissimi giovani! Siate forti nella fede; Cristo, Parola incarnata di Dio, orienti la vostra vita; in tal modo vincerete il male, che si manifesta nell'egoismo, nelle divisioni, nell'odio, nella violenza! A tutti la mia benedizione apostolica!

Data: 1980-02-09 Data estesa: Sabato 9 Febbraio 1980.


Ai membri di "Iustitia et Pax" - Roma

Titolo: Presentate agli uomini d'oggi l'ideale dell'amore sociale

1. E' con gioia che vi saluto tutti qui questa mattina, membri della commissione pontificia "Iustitia et Pax" e membri del suo segretariato, che avete partecipato alla XIII assemblea generale della commissione, che è anche la terza dopo l'approvazione definitiva dei suoi statuti.

Venuti da continenti diversi, avete consacrato questi giorni, fuori Roma, a una approfondita riflessione comune, nella quale ciascuno ha contribuito alla comprensione dei problemi all'ordine del giorno con l'apporto dell'esperienza della propria vita, quella della propria patria, della Chiesa nel proprio paese e della propria cultura.


2. Io ricordo ancora molto bene il nostro primo incontro, qualche mese dopo la mia elezione al seggio di Pietro. In questa occasione vi dissi: "Conto su di voi, conto sulla commissione pontificia "Iustitia et Pax" perché aiuti me e la Chiesa intera a ripetere agli uomini di quest'epoca... Non abbiate paura!... Aprite tutte le porte a Cristo" ("L'Osseravtore Romano", die 9 dec. 1978, p. 4). Anche oggi voglio ripetere che conto su voi tutti, e so che desiderate dare questo aiuto a me stesso e a tutta la Chiesa.

Si tratta di una nobile missione che è prima di tutto un servizio. In effetti, questa commissione è stata fondata per questo: essere di servizio al Papa, ai Vescovi e dunque a tutta la Chiesa. Questo servizio che voi prestate alla Chiesa in seno alla curia romana e un motivo di legittima fierezza e di gioia interiore; è un motivo anche di gratitudine verso Dio di cui noi siamo tutti i servitori, e verso il Cristo "centro del cosmo e della storia" (Ioannis Pauli PP. IIRH 1), e dunque centro della nostra vita, dei nostri sforzi e del nostro lavoro.


3. Nel corso del vostro incontro a Nemi, avete discusso di più argomenti che rivestono un interesse particolare per la Chiesa e per il mondo della nostra epoca. Avete di nuovo esaminato, in maniera particolare, il tema fondamentale che è una delle ragioni d'essere della vostra commissione, lo sviluppo. Si tratta di una realtà in costante evoluzione nel corso degli ultimi dieci anni, che pone dei problemi che devono essere affrontati ogni volta in un contesto molto differente, benché questa realtà non manchi mai di riferirsi alle esigenze fondamentali che sono il bene delle persone e quello della società. So che avete affrontato questa discussione per accogliere la parola appropriata che la Chiesa potrà offrire come contributo al dibattito nel quale sono impegnati tanti persone, gruppi e società così diverse.

Per ciò che concerne lo sviluppo, voglio ricordare qui ciò che ho detto alla ventesima conferenza generale dell'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'alimentazione e l'agricoltura (Fao) nello scorso novembre: "Ma il perfezionamento della persona suppone... la realizzazione concreta delle condizioni sociali che costituiscono il bene comune di ciascuna comunità politica nazionale come dell'insieme della comunità internazionale. Un tale sviluppo collettivo, organico e continuo, è il presupposto indispensabile per assicurare l'esercizio concreto dei diritti dell'uomo, tanto quanto di quelli che hanno un contenuto economico che di quelli che concernono direttamente i valori spirituali.

Un tale sviluppo richiede pertanto, per essere l'espressione di una vera unità umana, d'essere ottenuto facendo appello alla libera partecipazione e alla responsabilità di tutti, nell'ambito pubblico come in quello privato, a livello interno come a livello internazionale (Ioannis Pauli PP. II "Allocutio ad Fao", die 12nov. 1979; cfr. "L'Osservatore Romano", diebus 12-13 nov. 1979).


4. Nel momento in cui si annuncia il terzo decennio dello sviluppo proclamato dalle Nazioni Unite, nel momento in cui anche tanti popoli si vedono messi di fronte a crescenti problemi che concernono il loro avvenire economico e sociale, la Chiesa non può esimersi dal proprio dovere di essere presente, di testimoniare con la sua parola, di tendere le mani per portare aiuto. Essa lo farà, perché essa sa essere la voce evangelica che proclama sempre che la misura di tutto lo sviluppo reale è l'integrità e il rispetto della persona umana.

Questa parola della Chiesa, e la preoccupazione di tutti i cristiani, dovranno sempre essere l'espressione dell'ispirazione evangelica. Allora, la Chiesa incoraggerà le forze vive della società a mettere in opera le risorse disponibili per pervenire alla soluzione dei problemi dello sviluppo, problemi che sono divenuti di una complessità fino ad ora sconosciuta. Essa offrirà il suo contributo in funzione della sua propria missione e in accordo con essa. Il mio grande predecessore, il Papa Paolo VI, metteva in luce questa esigenza evangelica quando diceva, nell'esortazione apostolica "Evangelii Nuntiandi", che "l'evangelizzazione non sarebbe completa se non tenesse conto dei rapporti concreti e permanenti che esistono tra il Vangelo e la vita, personale e sociale, dell'uomo. E perché, diceva, l'evangelizzazione comporta un messaggio esplicito, adattato alle diverse situazioni, costantemente attualizzato, sui diritti e i doveri di ogni persona umana... sulla vita in comune nella società, sulla vita internazionale, la pace, la giustizia, lo sviluppo" (Pauli VI EN 29).


5. Tale è la via per definire, in ciascuna tappa e nel contesto di ogni nuova situazione, il ruolo e il contributo della Chiesa nell'ambito dello sviluppo.

Guidati da questa parola, noi possiamo cercare, voi ed io, di esprimere in termini chiari il messaggio evangelico per gli uomini che vivono oggi in condizioni che si sono profondamente evolute.

Uno dei fattori determinanti, nel nuovo contesto dello sviluppo, è l'interazione tra i problemi dello sviluppo e le minacce contro la pace, che prendono nel tempo presente forme nuove e molto reali. Ho avuto l'occasione di ricordare davanti all'assemblea generale dell'Organizzazione delle Nazioni Unite, il 2 ottobre scorso, la regola costante della storia dell'uomo che indica la stretta relazione esistente tra i diritti dell'uomo, lo sviluppo e la pace: "Questa regola è fondata sul rapporto tra i valori spirituali e i valori materiali o economici. In questo rapporto, il primato appartiene ai valori spirituali a motivo della natura stessa di questi valori e anche per motivi che concernono il bene dell'uomo. Il primato dei valori dello spirito definisce il significato dei beni terreni e materiali così come la maniera di servirsene, e si trova per il fatto stesso alla base della giusta pace.

Questo primato dei valori spirituali, d'altra parte, contribuisce a far si che lo sviluppo materiale, lo sviluppo tecnico e lo sviluppo della civiltà siano al servizio di ciò che costituisce l'uomo, di ciò che gli permette di accedere pienamente alla verità, allo sviluppo morale, alla possibilità di fruire totalmente dei beni della cultura di cui noi siamo eredi, e alla moltiplicazione di questi beni con la nostra creatività" (Ioannis Pauli PP. II "Allocutio ad Nationum Unitarum legatos", 14, die 2 oct. 1979: AAS 71[1979] 1153-1154).


6. Nel mio messaggio per la giornata mondiale della pace, ho parlato delle minacce che trovano la loro origine in tutte le forme di "non-verità". La pace è minacciata quando "regna l'incertezza, il dubbio e il sospetto" (Ioannis Pauli PP. II "Nuntius scripto datus ob diem ad pacem fovendam toto orbe terrarum Calendis Ianuariis a. 1980 celebrandum: de veritate pacis robore", 4: AAS 71[1979] 1575).

L'incertezza e la menzogna creano un clima che colpisce gli sforzi volti a realizzare, nella pace e nella fraternità, il pieno sviluppo dei popoli, delle persone, e delle società. Un tale clima è presente nel nostro tempo in numerosi ambiti della vita collettiva e rischia di colpire il pensiero e l'azione di coloro che si sforzano di assicurare a ogni uomo e donna un avvenire migliore. Le nazioni hanno dunque il dovere di rivedere senza posa le loro posizioni al fine di impegnarsi in un movimento che conduca "da una situazione meno umana a una situazione più umana, nella vita nazionale come nella vita internazionale" (Ioannis Pauli PP. II "Nuntius scripto datus ob diem ad pacem fovendam toto orbe terrarum Calendis Ianuariis a. 1980 celebrandum: de veritate pacis robore", 8: AAS 71[1979] 1577). Questo esige di essere capaci di rinunciare agli slogans e alle espressioni stereotipe per cercare e affermare la verità, che è la forza della pace. Questo significa anche essere pronti a porre, alla base e al cuore di ogni preoccupazione politica, sociale o economica l'ideale della dignità della persona umana: "Ogni essere umano possiede una dignità che, benché la persona esista sempre in un contesto sociale e storico concreto, non potrà mai essere diminuita, offesa o distrutta, ma che, al contrario, dovrà essere rispettata e protetta, se si vuole realmente costruire la pace" (Ioannis Pauli PP. II "Allocutio ad Nationum Unitarum legatos", 12, die 2 oct. 1979: AAS 71[1979] 1152).


7. Le rovine della "non-verità" si manifestano in modo particolare nell'attualità con le minacce di guerra che persistono o che compaiono di nuovo; ma esse sono visibili anche in ben altri ambiti, quali quelli della giustizia, dello sviluppo e dei diritti dell'uomo. Come ho già detto nella mia enciclica "Redemptor Hominis" (cfr. Ioannis Pauli PP. II RH 15), l'uomo moderno sembra minacciato dalle sue proprie creazioni e rischia di perdere il vero senso della realtà e il vero significato delle cose, alienandosi nelle proprie produzioni perché non riporta costantemente tutte le cose a una visione centrata sulla dignità, l'inviolabilità e il carattere sacro della vita umana e di ogni essere umano.

E' qui che si manifesta l'importanza del vostro compito e del vostro lavoro in quanto membri della commissione pontificia "Iustitia et Pax" E' compito vostro cercare di presentare, nelle relazioni sociali, agli uomini del nostro tempo, l'ideale dell'amore. Questo amore sociale deve costituire il contrappeso all'egoismo, allo sfruttamento, alla violenza; deve essere la luce di un mondo la cui visione rischia continuamente di essere oscurata da minacce di guerra, dallo sfruttamento economico o sociale, dalla violazione dei diritti umani; deve condurre alla solidarietà attiva con tutti coloro che vogliono promuovere la giustizia e la pace nel mondo. Questo amore sociale deve rafforzare il rispetto per la persona e salvaguardare valori autentici dei popoli e delle nazioni come delle loro culture. Per noi, il principio di questo amore sociale, della sollecitudine della Chiesa per l'uomo, si trova in Gesù Cristo stesso, come ne testimoniano i vangeli.

A tutti, a voi, cari Cardinali, che siete un segno infaticabile dell'amore di Cristo per tutti i popoli, a voi, cari fratelli nell'episcopato, e a voi tutti, membri della commissione pontificia "Iustitia et Pax" e del segretariato, do di gran cuore la mia benedizione, assicurandovi che io raccomando il vostro lavoro al Signore: a lui domando di benedire e di far fruttificare i vostri generosi sforzi.

[Traduzione dal francese]

Data: 1980-02-09 Data estesa: Sabato 9 Febbraio 1980.



GPII 1980 Insegnamenti - Al personale della radio Vaticana - Città del Vaticano (Roma)