GPII 1980 Insegnamenti - Al centro di iniziativa giovanile - Parrocchia di santa Maria in Trastevere (Roma)

Al centro di iniziativa giovanile - Parrocchia di santa Maria in Trastevere (Roma)

Titolo: Promuovete i valori della giustizia e della pace

Illustrissimi Signori e cari giovani, Il mio benvenuto festoso, a voi che appartenete ai Consigli Direttivo e Generale del Centro di Iniziativa Giovanile, e avete desiderato d'incontrare il Papa per ricevere una parola di sostegno e di orientamento per le vostre esemplari e dinamiche iniziative. Voi vi proponete di favorire tra i coetanei una partecipazione illuminata e responsabile alla soluzione dei problemi che investono la cultura, la politica, l'arte ed in generale la vita della società, per promuovere i fondamentali valori della giustizia e della pace.

A voi qui presenti ed a tutti i vostri amici e colleghi, ugualmente ansiosi di cooperare alla costruzione di un mondo sempre più animato da ideali di ispirazione cristiana, si dirige il mio affettuoso saluto, carico di speranza, la quale si proietta lontano, verso l'avvenire che voi sarete chiamati a costruire con impegno, e che auspico operoso e sereno.

Nel quadro dei vostri programmi ed a dimostrazione della vostra alacre presenza, voi avete voluto assegnare "L'Oscar dei Giovani" per l'anno 1979 ad una personalità ecclesiastica che, a ragione del suo ufficio, rappresenti in modo singolare e significativo la sollecitudine della Chiesa Cattolica nel campo umanitario e per la causa della pace nel mondo.

Il Vicario di Cristo vi ringrazia per l'apprezzamento e la considerazione che voi dimostrate per l'opera benefica della Chiesa in seno alla società attuale. La Chiesa, infatti, pur avendo la primordiale missione di indirizzare l'uomo verso i fini soprannaturali ed ultraterreni che costituiscono l'essenziale contenuto del suo messaggio, non dimentica mai la situazione concreta, terrestre della civile convivenza, e, mentre si adopera per animarla interiormente con i valori della carità e della collaborazione, ne assume, al tempo stesso e condivide i pesi, i disagi, le sofferenze.

L'interiore liberazione, l'osservanza della legge dell'amore che mette l'uomo a servizio dell'uomo, la giustizia che distribuisce con saggezza ed equanimità, il rispetto del comandamento del perdono che estingue la sete di vendetta e spegne l'odio, sono altrettanti obiettivi del Regno di Dio sulla terra, che il credente in Cristo è chiamato ad instaurare ed a radicare nel contesto della propria responsabilità individuale e sociale. In tal modo, evangelizzazione e promozione procedono di pari passo, e l'una sostiene l'altra, offrendo la prima le motivazioni ideali ed essendone l'altra la manifestazione convincente ed efficace.

Cari giovani, impegnatevi, allora, a conoscere sempre meglio, con intuito di amore, l'effettiva condizione interiore e sociale dell'uomo che vi circonda, per individuarne le autentiche aspirazioni, per prevedere le sue difficoltà, per sovvenirlo nelle sue necessità, per essere con lui fratelli servitori sinceri della sua dignità, e collaboratori del suo destino di libertà e della sua personale vocazione all'Assoluto. Camminate insieme nell'assolvimento di un compito tanto alto, che richiede comune sforzo, reciproco sostegno, aiuto scambievole, per vincere e superare le ricorrenti tentazioni dello scoraggiamento, della sfiducia e dell'egoistico isolamento.

Vi esorto, quindi, a guardare e a seguire Gesù Cristo, rivelatore dell'amore del Padre e costruttore del vero destino dell'uomo, che supera i limiti del tempo e le barriere della storia, e nella sua vittoria sul male e sulla morte troverete la garanzia più solida della vostra vittoria.

Con questi voti, imparto a voi ed a tutti i membri della vostra associazione la mia affettuosa Benedizione.

Data: 1980-04-29 Data estesa: Martedi 29 Aprile 1980.


Alla celebrazione del VI centenario di santa Caterina da Siena - Basilica di san Pietro - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Ricchezza di umanità perfezionata dalla grazia

1. Una innumerevole schiera di "vergini sagge" come quelle lodate dalla parabola evangelica che abbiamo ascoltato, hanno saputo, nei secoli cristiani, attendere lo Sposo con le loro lampade, ben fornite d'olio, per partecipare con lui alla festa della grazia in terra, e della gloria in cielo. Tra di esse, oggi splende dinanzi al nostro sguardo la grande e cara santa Caterina da Siena, splendido fiore d'Italia, gemma fulgidissima dell'ordine domenicano, stella di impareggiabile bellezza nel firmamento della Chiesa, che qui onoriamo nel VI centenario della sua morte, avvenuta un mattino di domenica, circa l'ora terza, il 29 aprile 1380, mentre si celebrava la festa di san Pietro martire, da lei tanto amato.

Felice di potervi dare un primo segno della mia viva partecipazione alla celebrazione del centenario, saluto cordialmente voi tutti, cari fratelli e sorelle, che per commemorare degnamente la gloriosa data vi siete raccolti in questa Basilica vaticana, dove sembra aleggiare lo spirito ardente della grande senese. Saluto in modo particolare il maestro generale dei frati predicatori, padre Vincenzo de Couesnongle, e l'Arcivescovo di Siena, monsignor Mario Ismaele Castellano, principali promotori di questa celebrazione; saluto i membri del terz'ordine domenicano e dell'associazione ecumenica dei caterinati, i partecipanti al congresso internazionale di studi cateriniani, e voi tutti, cari pellegrini, che avete percorso tante strade d'Italia e d'Europa per unirvi in questo centro della cattolicità, in un giorno di festa così bello e significativo.


2. Noi guardiamo oggi a santa Caterina anzitutto per ammirare in lei ciò che immediatamente colpiva quanti l'avvicinavano: la straordinaria ricchezza di umanità, per nulla offuscata, ma anzi accresciuta e perfezionata dalla grazia, che ne faceva quasi un'immagine vivente di quel verace e sano "umanesimo" cristiano, la cui legge fondamentale è formulata dal confratello e maestro di Caterina, san Tommaso d'Aquino, col noto aforisma: "La grazia non sopprime, ma suppone e perfeziona la natura" (S.Thomae I 1,8, ad 2). L'uomo di dimensioni complete è quello che si attua nella grazia di Cristo.

Quando nel mio ministero insisto nel richiamare l'attenzione di tutti sulla dignità e i valori dell'uomo, che oggi bisogna difendere, rispettare e servire, è soprattutto di questa natura uscita dalle mani del Creatore e rinnovata nel sangue di Cristo redentore che io parlo: una natura in sé buona, e quindi risanabile nelle sue infermità e perfettibile nelle sue doti, chiamata a ricevere quel "di più" che la rende partecipe della natura divina e della "vita eterna".

Quando questo elemento soprannaturale s'innesta nell'uomo e vi può agire con tutta la sua forza, si ha il prodigio della "nuova creatura", che nella sua trascendente elevatezza non annulla, ma rende più ricco, più denso, più saldo tutto ciò che è schiettamente umano.

Così la nostra santa, nella sua natura di donna dotata largamente di fantasia, di intuito, di sensibilità, di vigore volitivo e operativo, di capacità e di forza comunicativa, di disponibilità alla donazione di sé ed al servizio, viene trasfigurata, ma non impoverita, nella luce di Cristo che la chiama ad essere sua sposa e ad identificarsi misticamente con lui nella profondità del "conoscimento interiore", come anche ad impegnarsi nell'azione caritativa, sociale e persino politica, in mezzo a grandi e piccoli, a ricchi e poveri, a dotti e ignoranti. E lei, quasi analfabeta, diventa capace di farsi ascoltare, e leggere, e prendere in considerazione da governatori di città e di regni, da principi e prelati della Chiesa, da monaci e teologi, da molti dei quali è venerata addirittura come "maestra" e "mamma".

E' una donna prodigiosa, che in quella seconda metà del Trecento mostra in sé di che cosa sia resa capace una creatura umana, e - insisto - una donna, figlia di umili tintori, quando sa ascoltare la voce dell'unico pastore e maestro, e nutrirsi alla mensa dello Sposo divino, al quale, da "vergine saggia", ha generosamente consacrato la sua vita.

Si tratta di un capolavoro della grazia rinnovatrice ed elevatrice della creatura fino alla perfezione della santità, che è anche realizzazione piena dei fondamentali valori dell'umanità.


3. Il segreto di Caterina nel rispondere così docilmente, fedelmente e fruttuosamente alla chiamata del suo Sposo divino, si può cogliere dalle stesse spiegazioni e applicazioni della parabola delle "vergini sagge", che essa fa più volte nelle lettere ai suoi discepoli. In particolare in quella inviata a una giovane nipote che vuol essere "sposa di Cristo", essa fissa una piccola sintesi di vita spirituale, che vale specialmente per chi si consacra a Dio nello stato religioso, ma è di orientamento e di guida per tutti.

"Se vuoi essere vera sposa di Cristo - scrive la santa - ti conviene avere la lampada, l'olio e il lume".

"Sai che s'intende con questo, figliola mia?".

Ed ecco il simbolismo della lampada: "Con la lampada si intende il cuore, che deve assomigliare ad una lampada. Tu vedi bene che la lampada è larga di sopra, e di sotto è stretta: e così è fatto il nostro cuore, per significare che dobbiamo averlo sempre largo di sopra, mediante i santi pensieri, le sante immaginazioni e la continua orazione; con la memoria sempre rivolta a ricordare i benefici di Dio e massimamente il beneficio del sangue dal quale siamo stati ricomperati...".

"Ti ho anche detto che la lampada è stretta di sotto: così è pure il nostro cuore, per significare che deve essere stretto verso queste cose terrene, non desiderandole né amandole disordinatamente, né appetendole in maggiore quantità di quanto Dio ce ne voglia dare, ma dobbiamo ringraziarlo sempre, ammirando come dolcemente egli ci provvede, sicché non ci manca mai nulla..." (Lettera 23).

Nella lampada ci vuole l'olio. "Non basterebbe la lampada se non ci fosse l'olio dentro. E per l'olio s'intende quella dolce virtù piccola della profonda umiltà... Quelle cinque vergini stolte, gloriandosi solamente e vanamente della integrità e verginità del corpo perdettero la verginità dell'anima, perché non portarono con sé l'olio dell'umiltà..." (Lettera 23).

"Occorre infine che la lampada sia accesa e vi arda la fiamma: altrimenti non basterebbe a farci vedere. Questa fiamma è il lume della santissima fede. Dico la fede viva, perché dicono i santi che la fede senza le opere è morta..." (Lettera 23; cfr. Lettere 79, 360).

Nella sua vita, Caterina ha effettivamente alimentato di grande umiltà la lampada del suo cuore, e ha mantenuto acceso il lume della fede, il fuoco della carità, lo zelo delle buone opere compiute per amore di Dio, anche nelle ore di tribolazione e di passione, quando la sua anima raggiunse la massima conformazione a Cristo crocifisso, finché un giorno il Signore celebro con lei le mistiche nozze nella piccola cella dove abitava, resa tutta splendente da quella divina presenza(cfr. "Vita", nn. 114-115).

Se gli uomini d'oggi, e specialmente i cristiani, riuscissero a riscoprire le meraviglie che si possono conoscere e godere nella "cella interiore", e anzi nel cuore di Cristo! Allora, si, l'uomo ritroverebbe se stesso, le ragioni della sua dignità, il fondamento di ogni suo valore, l'altezza della sua vocazione eterna! 4. Ma la spiritualità cristiana non si esaurisce in un cerchio intimistico, né spinge ad un isolamento individualistico ed egocentrico. L'elevazione della persona avviene nella sinfonia della comunità. E Caterina, che pur custodisce per sé la cella della sua casa e del suo cuore, vive fin dagli anni giovanili in comunione con tanti altri figli di Dio, nei quali sente vibrare il mistero della Chiesa: con i frati di san Domenico, ai quali si unisce in spirito anche quando la campana li chiama in coro, di notte, per il mattutino; con le mantellate di Siena, tra le quali è ammessa per l'esercizio delle opere di carità e la pratica comune della preghiera; con i suoi discepoli, che vanno crescendo per costituire intorno a lei un cenacolo di ferventi cristiani, che accolgono le sue esortazioni alla vita spirituale e gli incitamenti al rinnovamento e alla riforma che essa rivolge a tutti nel nome di Cristo; e si può dire con tutto il "corpo mistico della Chiesa" (cfr. "Dialogo", c. 166), col quale e per il quale Caterina prega, lavora, soffre, si offre, e infine muore.

La sua grande sensibilità per i problemi della Chiesa del suo tempo si trasforma così in una comunione col "Christus patiens" e con la "Ecclesia patiens". Questa comunione è all'origine della stessa attività esteriore, che a un certo momento la santa è spinta a svolgere prima con l'azione caritativa e con l'apostolato laicale nella sua città, e ben presto su di un piano più vasto, con l'impegno a raggio sociale, politico, ecclesiale.

In ogni caso Caterina attinge a quella fonte interiore il coraggio dell'azione e quella inesauribile speranza che la sostiene anche nelle ore più difficili, anche quando tutto sembra perduto, e le permette di influire sugli altri, anche ai più alti livelli ecclesiastici, con la forza della sua fede e il fascino della sua persona completamente offerta alla causa della Chiesa.

In una riunione di Cardinali alla presenza di Urbano VI, stando al racconto del beato Raimondo, Caterina "dimostro che la divina Provvidenza è sempre presente, massime quando la Chiesa soffre"; e lo fece con tale ardore, che il pontefice, alla fine, esclamo: "Di che deve temere il vicario di Gesù Cristo, se anche tutto il mondo gli si mettesse contro? Cristo è più potente del mondo, e non è possibile che abbandoni la sua Chiesa!" ("Vita", n. 334).


5. Era quello un momento eccezionalmente grave per la Chiesa e per la sede apostolica. Il demone della divisione era penetrato nel popolo cristiano.

Fervevano dappertutto discussioni e risse. A Roma stessa c'era chi tramava contro il Papa, non senza minacciarlo di morte. Il popolo tumultuava.

Caterina, che non cessava di rincuorare pastori e fedeli, sentiva pero che era giunta l'ora di una suprema offerta di sé, come vittima di espiazione e di riconciliazione insieme con Cristo. E perciò pregava il Signore: "Per l'onore del tuo nome e per la santa tua Chiesa, io berro volentieri il calice di passione e di morte, come sempre ho desiderato di bere; tu ne sei testimone, da quando, per grazia tua, ho cominciato ad amarti con tutta la mente e con tutto il cuore" ("Vita", n. 346).

Da quel momento comincio a deperire rapidamente. Ogni mattina di quella quaresima 1380, "si recava alla chiesa di san Pietro, principe degli apostoli, dove, ascoltata la messa, rimaneva lungamente a pregare; non ritornava a casa che all'ora di vespro", sfinita. Il giorno dopo. di buon mattino, "partendo dalla strada detta via del Papa (oggi di santa Chiara), dove stava di casa, fra la Minerva e Campo dei Fiori, se ne andava lesta lesta a san Pietro, facendo un cammino da stancare anche un sano" ("Vita", n. 348; cfr. Lettera 373).

Ma alla fine d'aprile non riusci più ad alzarsi.

Raccolse allora intorno al letto la sua famiglia spirituale. Nel lungo addio, dichiaro a quei suoi discepoli: "Rimetto la vita, la morte e tutto nelle mani del mio Sposo eterno... Se gli piacerà che io muoia, tenete per fermo, figlioli carissimi, che io ho dato la vita per la santa Chiesa, e questo lo credo per grazia eccezionale che mi ha concesso il Signore" ("Vita", n. 363).

Poco dopo mori. Non aveva che 33 anni: una bellissima giovinezza offerta al Signore dalla "vergine saggia" che era giunta al termine della sua attesa e del suo servizio.

Noi siamo qui raccolti, a seicento anni da quel mattino ("Vita", n.348), per commemorare quella morte e soprattutto per celebrare quella suprema offerta della vita per la Chiesa.

Miei cari fratelli e sorelle, è consolante che voi siate accorsi così numerosi a glorificare e ad invocare la santa in questa fausta ricorrenza.

E' giusto che l'umile vicario di Cristo, al pari di tanti suoi predecessori, vi ispiri, vi preceda e vi guidi nel tributare un omaggio di lode e di ringraziamento a colei che tanto amo la Chiesa, e tanto opero e soffri per la sua unità e per il suo rinnovamento. Ed io l'ho fatto con tutto il cuore.

Ora lasciate che vi consegni un ricordo finale, che vuol essere un messaggio, una esortazione, un invito alla speranza, uno stimolo all'azione: lo traggo dalle parole che Caterina rivolgeva al suo discepolo Stefano Maconi e a tutti i suoi compagni di azione e di passione per la Chiesa: "Se sarete quello che dovete essere, metterete fuoco in tutta Italia..." (Lettera 368); anzi, io aggiungo: in tutta la Chiesa, in tutto il mondo. Di questo "fuoco" ha bisogno l'umanità anche oggi, ed anzi forse più oggi che ieri. La parola e l'esempio di Caterina suscitino in tante anime generose il desiderio di essere fiamme che ardono e che, come lei, si consumano per donare ai fratelli la luce della fede ed il calore della carità "che non viene meno" (1Co 13,8).

Data: 1980-04-29 Data estesa: Martedi 29 Aprile 1980.





Al termine dell'udienza generale - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La gioia per la liberazione degli ostaggi di Bogotà

Voglio rendere partecipi anche voi, carissimi fratelli e sorelle qui presenti, della profonda consolazione che ho provato nell'apprendere la liberazione di tutti gli ostaggi, che ormai da due mesi erano trattenuti nell'Ambasciata della Repubblica Dominicana, a Bogotà. Come sapete, tra gli altri Rappresentanti diplomatici di vari Paesi vi era pure il Nunzio Apostolico, Monsignor Angelo Acerbi, rappresentante della Santa Sede in Colombia; egli è giunto a Roma, ieri, ed ho avuto la gioia di riabbracciarlo.

Ringraziamo insieme il Signore per la conclusione, che da tanto tempo si auspicava, ed era attesa da tutti; e ringraziamoLo soprattutto perché essa è avvenuta senza che accadessero danni irreparabili sia alle persone singole, sia alle Nazioni nelle loro mutue relazioni di pace. E' una gioia per me, ed è una gioia per tutta l'umanità, perché è una affermazione dei veri grandi beni che devono essere garantiti ad ogni costo.

Questo aspetto umano è ciò che soprattutto merita di essere messo in luce in una circostanza così gravida di conseguenze, che poteva concludersi anche tragicamente, e ricca di risvolti umanitari commoventi, terminata invece felicemente.

Le lunghe sofferenze di chi è passato attraverso una esperienza tanto drammatica; le comprensibili privazioni degli interminabili giorni della reclusione; le ansie delle care famiglie e dei singoli Governi: tutto è ormai un brutto ricordo di fronte alla realtà consolante che ora si è avverata.

C'è effettivamente da rallegrarsi quando finalmente trionfa la ragione, la solidarietà, l'effettiva volontà di pace, il rispetto per la dignità umana, l'osservanza del diritto delle Genti, sancito da convenzioni che riguardano i rappresentanti di un popolo come persone sacre e inviolabili.

Nel ringraziare fervidamente il Signore per questo felice esito, preghiamo perché una soluzione egualmente positiva possa essere trovata sempre, anche altrove. Là si rivolge il mio pensiero, il mio augurio, la mia preghiera.

Data: 1980-04-30 Data estesa: Mercoledi 30 Aprile 1980.


Messaggio per la giornata mondiale delle comunicazioni sociali - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Atteggiamento attivo delle famiglie di fronte ai "mass-media"

Diletti fratelli e sorelle in Cristo.

La Chiesa cattolica celebrerà il 18 maggio prossimo la giornata mondiale delle comunicazioni sociali, in ossequio a quanto disposto dal Concilio ecumenico Vaticano II, il quale in uno dei suoi primi documenti ha stabilito che ogni anno, in tutte le diocesi, vi sia una giornata nella quale i fedeli preghino perché il Signore renda più efficace il lavoro della Chiesa in questo settore e perché ognuno rifletta sui propri doveri e contribuisca con l'offerta a mantenere e incrementare le istituzioni e le iniziative promosse dalla Chiesa nel campo delle comunicazioni sociali.

Nel corso di questi anni tale giornata è andata acquistando un'importanza crescente; in molti paesi, inoltre, i cattolici si sono associati ai membri di altre comunità cristiane nel celebrarla, offrendo così un opportuno esempio di solidarietà, conforme al principio ecumenico di "non compiere separatamente quanto può essere compiuto insieme". Di questo dobbiamo essere grati al Signore.

Quest'anno, in sintonia col tema del prossimo sinodo dei Vescovi che considererà i problemi riguardanti la famiglia nelle mutate circostanze dei tempi moderni, siamo invitati a portare la nostra attenzione sui rapporti tra mass-media e famiglia. Un fenomeno che oggi investe tutte le famiglie anche nel loro intimo è proprio la vasta diffusione degli strumenti della comunicazione sociale: stampa, cinema, radio e televisione. E' ormai difficile trovare una casa in cui non sia entrato almeno uno di tali strumenti. Mentre fino a pochi anni fa la famiglia era formata da genitori, figli, e da qualche altra persona legata da vincoli di parentela o di lavoro domestico, oggi, in certo senso, il cerchio si è aperto alla "compagnia" più o meno consueta di annunciatori, attori, commentatori politici e sportivi ed anche alle visite di personaggi importanti e famosi, appartenenti a professioni, ideologie e nazionalità diverse.

E' questo un dato di fatto che offre straordinarie opportunità, ma che nasconde anche insidie e pericoli non trascurabili. La famiglia risente oggi delle forti tensioni e del crescente disorientamento, che caratterizzano la vita sociale nel suo insieme. Sono venuti meno alcuni fattori di stabilità che le assicuravano, nel passato, una salda coesione interna e le consentivano - grazie ad una completa comunanza di interessi e di bisogni e ad una convivenza spesso non interrotta neppure dal lavoro - di svolgere un ruolo decisamente prevalente nella funzione educativa e socializzante.

In questa situazione di difficoltà, e a volte, perfino di crisi, i mezzi di comunicazione sociale intervengono spesso come fattori di ulteriore disagio. I messaggi che essi recano presentano non raramente una visione deformata della natura della famiglia, della sua fisionomia, del suo ruolo educativo. Essi possono introdurre, inoltre, fra i suoi componenti abitudini negative di fruizione distratta e superficiale dei programmi offerti, di acritica passività di fronte ai loro contenuti, di rinuncia al confronto reciproco e al dialogo costruttivo. In particolare, mediante i modelli di vita che essi presentano, con la suggestiva efficacia dell'immagine, delle parole e dei suoni, tendono a sostituirsi alla famiglia nei compiti di avviamento alla percezione ed all'assimilazione dei valori esistenziali.

A tale riguardo, è necessario sottolineare l'influenza crescente che i mass-media, e tra questi specialmente la televisione, esercitano sul processo di socializzazione dei ragazzi, fornendo una visione dell'uomo, del mondo e dei rapporti con gli altri, che spesso differisce profondamente da quella che la famiglia intende trasmettere. I genitori in molti casi non se ne preoccupano abbastanza. Attenti in genere a vigilare sulle amicizie che i loro figli intrattengono, essi non lo sono altrettanto nei confronti dei messaggi che la radio, la televisione, i dischi, la stampa ed i "fumetti" recano nell'intimità "protetta" e "sicura" della loro casa. In tal modo i mass-media entrano spesso nella vita dei più giovani senza quella necessaria mediazione orientatrice da parte dei genitori e degli altri educatori, che potrebbe neutralizzare eventuali loro elementi negativi e valorizzare invece convenientemente i non piccoli apporti positivi, capaci di servire allo sviluppo armonioso del processo educativo.

E' indubbio, per altro, che gli strumenti della comunicazione sociale rappresentano anche una fonte preziosa di arricchimento culturale per il singolo e per l'intera famiglia. Dal punto di vista di quest'ultima, in particolare, non va dimenticato che essi possono contribuire a stimolare il dialogo e l'interscambio nella piccola comunità e ad ampliarne gli interessi, aprendola ai problemi della più grande famiglia umana; essi consentono, inoltre, una certa partecipazione ad avvenimenti religiosi lontani, che possono costituire un motivo di singolare conforto per gli ammalati e per gli impediti; il senso dell'universalità della Chiesa e della sua attiva presenza nell'impegno per la soluzione dei problemi dei popoli diviene più profondo. così gli strumenti della comunicazione sociale possono molto contribuire ad avvicinare i cuori degli uomini nella simpatia, nella comprensione e nella fraternità. La famiglia può aprirsi, col loro aiuto, a sentimenti più stretti e più profondi verso tutto il genere umano. Benefici questi che non devono essere sottovalutati.

Affinché, tuttavia, la famiglia possa trarre tali benefici dall'uso dei mass-media, senza subirne i condizionamenti mortificanti, è necessario che i suoi componenti, ed in primo luogo i genitori, si pongano in un atteggiamento attivo di fronte ad essi, impegnandosi nell'affinamento delle facoltà critiche e non assumendo passivamente ogni messaggio trasmesso, ma cercando di comprenderne e di giudicarne il contenuto. Sarà necessario, altresi, decidere in modo autonomo lo spazio da assegnare alla loro utilizzazione, in rapporto anche alle attività ed agli impegni che la famiglia come tale ed i vari suoi membri devono affrontare.

In sintesi: è compito dei genitori educare se stessi, e con sé i figli, a capire il valore della comunicazione, a saper scegliere tra i vari messaggi da essa veicolati, a recepire i messaggi scelti non lasciandosene sopraffare, ma reagendo in forma responsabile ed autonoma. Laddove tale compito sia convenientemente adempiuto, i mezzi della comunicazione sociale cessano di interferire nella vita della famiglia come pericolosi concorrenti che ne insidiano le funzioni fondamentali e si offrono invece come occasioni preziose di confronto ragionato con la realtà e come utili componenti di quel processo di graduale maturazione umana, che l'introduzione dei ragazzi nella vita sociale richiede.

E' ovvio che in questo impegno delicato le famiglie devono poter contare in non piccola misura sulla buona volontà, sulla rettitudine e sul senso di responsabilità dei professionisti dei "media" - editori, scrittori, produttori, direttori, drammaturghi, informatori, commentatori e attori, categorie tutte, nelle quali è prevalente la presenza dei laici -. A tutti questi, uomini e donne, voglio ripetere quanto ho detto lo scorso anno durante uno dei miei viaggi: "Le grandi forze che modellano il mondo - politica "mass-media", scienza, tecnologia, cultura, educazione, industria e lavoro - sono campi nei quali i laici sono particolarmente competenti per esercitare la loro missione specifica" (Ioannis Pauli PP. II "Homilia in urbe "Limerick" habita", die 1 oct. 1979: "Insegnamenti di Giovanni Paolo II", II,2[1979] 497).

Non c'è dubbio che i "mass-media" costituiscano oggi una delle grandi forze che modellano il mondo, e che in questo campo un numero crescente di persone, ben dotate e altamente preparate, è chiamato a trovare il proprio lavoro e la possibilità di esercitare la propria vocazione. La Chiesa pensa a loro con affetto sollecito e rispettoso e prega per essi. Poche professioni richiedono tanta energia, dedizione, integrità e responsabilità come questa, ma, nello stesso tempo, sono poche le professioni che abbiano un'uguale incidenza sui destini dell'umanità.

Invito, pertanto, vivamente tutti coloro che sono impegnati nelle attività connesse con gli strumenti della comunicazione sociale ad associarsi alla Chiesa in questa giornata di riflessione e di preghiera. Preghiamo insieme Dio perché questi nostri fratelli crescano nella coscienza delle loro grandi possibilità nel servire l'umanità e nell'indirizzare il mondo verso il bene; preghiamo perché il Signore doni loro la comprensione, la saggezza ed il coraggio di cui hanno bisogno per poter rispondere alle loro gravi responsabilità; preghiamo perché siano sempre attenti ai bisogni dei recettori, che in gran parte sono componenti di famiglie come le loro, con genitori spesso troppo stanchi dopo una giornata di lavoro per poter essere sufficientemente vigilanti e con fanciulli pieni di fiducia, impressionabili e facilmente vulnerabili. Ricordando tutto questo, essi avranno anche presenti le enormi risonanze che il loro lavoro può avere sia nel bene che nel male, ed eviteranno di essere incoerenti con se stessi ed infedeli alla loro particolare vocazione.

La mia speciale benedizione apostolica va oggi a tutti coloro che lavorano nel campo delle comunicazioni sociali, a tutte le famiglie e a quanti, mediante la preghiera, la riflessione e la discussione, cercano di mettere tali importanti strumenti al servizio dell'uomo e della gloria di Dio.

Dal Vaticano, 1° maggio 1980.

Data: 1980-05-01Data estesa: Giovedi 1Maggio 1980.


Messaggi al Congresso Nazionale Pastorale di Liverpool

IL SALUTO PER LA SESSIONE INAUGURALE


E' con grande gioia che vi invio questo messaggio di saluto in occasione del vostro incontro nella Cattedrale di Cristo Re per l'apertura del vostro Congresso Nazionale Pastorale.

I vostri duemila delegati - arrivati da ogni parte dell'Inghilterra e del Galles, comprendenti sacerdoti, diaconi, religiosi e laici - si sono riuniti su invito dei vostri Vescovi e sotto la loro guida. Come membri della Chiesa Pellegrina vi siete riuniti per condividere le vostre idee e per esaminare ciò che è stato fatto finora, in fedeltà al Vangelo, per approfondire i decreti del Concilio Vaticano II. In questo, seguite la mia intenzione che espressi quando fui eletto Papa: essere fedele al Concilio e sforzarmi di farlo fruttificare. Che Dio vi benedica e vi guidi in questo importante proposito.

Sono stato informato di come abbiate attentamente preparato nelle vostre diocesi e nelle vostre congregazioni religiose questa occasione speciale. Il vostro desiderio è di raggiungere un profondo rinnovamento spirituale delle vostre vite. Desiderate rinvigorire il vostro comune impegno nella missione che nostro Signore Gesù Cristo affido alla Chiesa, una missione condivisa da tutto il Popolo di Dio attraverso il Battesimo e la Cresima. Prego affinché il vostro lavoro di questi giorni dia grandi frutti. E vi invito a riporre tutta la vostra fiducia in Dio "colui che in tutto ha potere di fare molto più di quanto possiamo domandare o pensare" (Ep 3,20).

Invio i miei saluti anche agli osservatori di altre comunità cristiane che sono venuti per prendere parte con i loro Fratelli Cattolici a questa significativa celebrazione religiosa. Come i Padri del Concilio Vaticano II ci hanno ricordato: "Si ricordino tutti i fedeli, che tanto meglio promuoveranno, anzi vivranno in pratica l'unione dei cristiani, quanto più si studieranno di condurre una vita più conforme al Vangelo" (UR 7) Saluto anche le autorità civili e i rappresentanti ufficiali presenti, ed esprimo il mio rispetto e la mia amicizia a tutta la città di Liverpool nella celebrazione del suo centenario.

Quando queste parole vi giungeranno, io staro visitando le popolazioni africane. Ricordando l'universalità della Chiesa e l'unità in Cristo che tutti condividiamo, vi chiedo di pregare perché il mio pellegrinaggio di fede contribuisca a costruire il Regno di Dio, e dia coraggio alla Chiesa in Africa.

Nei prossimi giorni, la candela del Congresso brucierà nella vostra Cattedrale per ricordarvi della nostra vita risorta in Cristo e del suo invito a condividere quella vita. Possa essere anche un segno della vostra fede, che brucia ardentemente come segno di speranza per il mondo. E possa simboleggiare la vostra fiducia in Cristo che è via, verità e vita.

Siano la grazia e la pace del nostro Salvatore Gesù Cristo con tutti voi.

OGNUNO E' CHIAMATO A PARTECIPARE ALLA MISSIONE DELLA CHIESA Venerabili fratelli, Cari fratelli e sorelle in Cristo, Sono molto felice di avere questa opportunità di parlare a voi, delegati al Congresso Nazionale Pastorale, all'inizio delle vostre discussioni su temi importanti che riguardano la vita della Chiesa Cattolica in Inghilterra e Galles.

Vi siete riuniti nel nome di Gesù Cristo, con speranza ed attesa, confidando nella promessa del Salvatore: "Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro" (Mt 18,20). In queste giornate, volete valutare la vita e le opere della Chiesa, approfondire la vostra preghiera, aprire ancor più i vostri cuori all'appello costante alla conversione, suggerire il cammino per il futuro.

E' per tutti voi una grande opportunità e una grande responsabilità. Che voi possiate svolgere il vostro compito con coraggio ed umiltà, cercando la luce e la forza dello Spirito Santo per essere fedeli al Vangelo. I Cattolici dei vostri paesi hanno una lunga tradizione di fedeltà a Cristo e al Seggio di Pietro, come testimoniano le vite di molti vostri martiri. Fate che questa tradizione che avete ereditato continui ad essere il segno distintivo delle vostre vite.

All'inizio del Congresso, voglio farvi le mie congratulazioni per l'iniziativa che avete preso in comune responsabilità. E' un'iniziativa che testimonia la varietà di doni nel Corpo di Cristo, e la vitale missione di tutti i battezzati nella Chiesa che, in unisono con la gerarchia e sotto la sua guida, costruiscono il Regno di Dio.

La condivisione delle responsabilità nella Chiesa si basa sulla convinzione che è un unico Spirito di verità che conduce i cuori dei fedeli e che garantisce il Magistero dei pastori del gregge. A questo proposito, vorrei ricordare quello che dissi ad un gruppo di Vescovi a Roma in occasione della loro visita "ad limina": "Nella comunità dei fedeli - che deve sempre mantenere l'unità cattolica con i vescovi e la Santa Sede - ci sono grandi momenti di fede. Lo Spirito Santo illumina le anime dei fedeli con la sua verità, ed infiamma d'amore i loro cuori. Ma questo sensus fidelium non è indipendente dal Magistero della Chiesa, strumento dello stesso Spirito Santo e da lui assistito. Solo quando i fedeli sono nutriti dalla Parola di Dio, fedelmente ed integralmente trasmessa nella sua purezza, il loro carisma diventa operativo e fertile. Quando la Parola di Dio è fedelmente proclamata ed accettata dalla comunità, essa porta frutti di giustizia e santità in abbondanza" (Ioannis Pauli PP. II Allocutio ad quosdam Indiae sacros Praesules, occasione oblata eorum visitationis "ad limina", die 3 maii 1979: , II [1979] 1356-1357).

Sin dal momento della mia elezione al Seggio di Pietro, ho considerato mio dovere continuare il lavoro del concilio Vaticano II. Per compiere questo dovere, ho sentito il bisogno di richiamare l'attenzione sulla comprensione da parte della Chiesa della sua stessa natura e della sua missione, come stabilito nella Magna Charta del Concilio, la Costituzione Dogmatica della Chiesa "Lumen Gentium". Dobbiamo continuamente riflettere sul mistero della Chiesa, sforzandoci di apprezzare questa visibile comunione di fede, speranza e carità attraverso la quale Cristo comunica la verità e la grazia a tutti gli uomini e a tutte le donne (cfr. LG 8).

In questa occasione chiedo ad ognuno di voi di meditare sul mistero della Chiesa e di riflettere sulle meravigliose vie attraverso cui il potere salvifico di Dio opera tramite essa. Considerate il vostro ruolo nella missione della Chiesa, come sacerdoti, diaconi, religiosi o laici. Perché ogni battezzato è chiamato a prendere parte attivamente alla missione della Chiesa in modo che essa possa far sentire la sua presenza con l'azione. E' soprattutto nella preghiera che Gesù ci unisce a lui, nella sua opera di salvezza e servizio.

Fratelli e sorelle in Cristo: "Corriamo con perseveranza nella corsa, tenendo fisso lo sguardo su Gesù, autore e perfezionatore della nostra fede" (He 12,2). Non perdiamo di vista le sue parole guida. Non perdiamo di vista il suo Spirito che vive nei nostri cuori. Confidate in Gesù per ogni cosa. Confidate nella sua grazia che lavora dentro di voi e che vi invita al sacrificio e alla santità. Confidate nella sua presenza nell'Eucarestia e in tutta la Chiesa.

Confidate nel potere del suo Vangelo come la luce che vi guiderà nell'avvenire.

"La parola di Dio dimori tra voi abbondantemente" (Col 3,16); perché sono la sua giustizia, la sua misericordia ed il suo amore che portate nel mondo.

Chiedo ancora all'Onnipotente di benedirvi e guidarvi, di tenervi per sempre vicini a Cristo che è via verità e vita. Aspettiamo insieme il giorno in cui - forse nella vostra cara terra - gioendo nell'eredità di Maria, potremo cantare insieme l'inno composto per il vostro congresso: "La verità sulla mia bocca, il suo cammino a guidare i miei passi - Ed io vivro, non io ma il Cristo in me".

Ed è nel nome di Cristo che vi benedico tutti: nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito santo. Amen. [Traduzione dall'inglese]

Data: 1980-05-02Data estesa: Venerdi 2Maggio 1980.


GPII 1980 Insegnamenti - Al centro di iniziativa giovanile - Parrocchia di santa Maria in Trastevere (Roma)