GPII 1980 Insegnamenti - Incontro con i Vescovi dello Zaire - Zaire

Incontro con i Vescovi dello Zaire - Zaire

Titolo: Cristiani autentici e autenticamente africani

Carissimi fratelli in Cristo.

1. Quale gioia per me di incontrarvi tutti insieme! Quale consolazione! Si può dire che esattamente un secolo fa aveva inizio la vera e propria evangelizzazione, ed ecco oggi la fede cristiana stabilita in questo paese quasi ovunque, la gerarchia ecclesiastica è organizzata, alcuni figli di questa terra, "assunti di mezzo agli uomini", hanno preso in mano la guida della Chiesa, in unione con la Chiesa che è a Roma. Il sorgere delle vostre comunità cristiane, la vitalità di questo Popolo di Dio sono una meraviglia della grazia che rinnova ai nostri giorni quello che essa attuava al tempo degli apostoli Pietro e Paolo.

Ci sono state delle tappe, delle date che nessuno può dimenticare: - l'ordinazione del primo sacerdote zairese, Stefano Kaoze (1917); - la consacrazione del primo Vescovo zairese, monsignor Pietro Kimbondo (1956); - l'instaurazione della gerarchia nello Zaire (1959); - la chiamata del primo Vescovo zairese ad entrare nel sacro collegio dei Cardinali, il Cardinale Giuseppe Malula (1969).

Io sono venuto a rendere grazie con voi a Dio, a celebrare il centenario dell'evangelizzazione! Sono venuto a riconoscere con voi la fatica apostolica, paziente e saggia, dei molti missionari, Vescovi, sacerdoti, religiosi e religiose: essi vi hanno amato al punto di consacrare la loro vita ad iniziare i vostri padri al Vangelo, un Vangelo che loro stessi avevano ricevuto per grazia; ed essi hanno avuto sufficiente fiducia nei vostri padri per stimarli capaci di costituire anche essi una Chiesa locale e per prepararne i pastori. Sono venuto a riconoscere il buon lavoro che voi stessi avete intrapreso sulle loro orme o insieme con loro, nella misura in cui vi prestano ancora oggi un servizio indispensabile. Sono venuto a dirvi il mio rispetto, la mia stima, il mio affetto per le vostre persone, il vostro corpo episcopale, per la Chiesa qui riunita. E sono venuto a rafforzare il vostro santo ministero, come Gesù l'ha chiesto a Pietro.


2. Il fine di tale ministero è sempre l'evangelizzazione. E' lo stesso per tutto il paese, per le vecchie comunità cristiane come per le giovani Chiese.

L'evangelizzazione comporta, infatti, tappe e approfondimenti, ed è un'opera da riprendersi incessantemente. Certo, quasi la metà dei vostri concittadini si sono uniti alla Chiesa con il battesimo; altri vi si preparano. Ma esiste ancora un vasto campo di apostolato perché la luce del Vangelo risplenda anche agli occhi degli altri. E, soprattutto, occorre realizzare la penetrazione in profondità del Vangelo negli spiriti, nei costumi, nella fede e nella carità quotidiane delle persone, delle famiglie, delle comunità e occorre assicurarne la perseveranza. Era il problema in cui si imbattevano l'apostolo Paolo nelle comunità che visitava, e l'apostolo Giovanni nelle comunità che sosteneva con le sue lettere, nella terza generazione di cristiani (cfr. Ap 1-3), o anche il mio predecessore san Clemente Romano. E' il problema che hanno ugualmente conosciuto i coraggiosi Vescovi della mia nazione, come santo Stanislao.


3. Su questo argomento ho notato lo zelo, il coraggio e la coesione di cui voi avete saputo dar prova per illuminare e guidare il vostro popolo cristiano quando le circostanze lo esigevano. E le prove non vi sono state risparmiate! Voi avete, ad esempio, elaborato e pubblicato alcuni documenti sulla fede in Gesù Cristo nel 1974, poi "sulla situazione presente". Avete, nel 1977, spronato i fedeli, "tutti solidali e responsabili", a superare lo scoraggiamento e l'immoralità. Avete, nello stesso anno, esortato i sacerdoti, i religiosi e le religiose alla conversione. E avete anche invitato tutti i vostri compatrioti "al risanamento della nazione". Queste iniziative della conferenza episcopale, senza contare quelle dei Vescovi nelle loro diocesi, rivelano il vostro senso di responsabilità pastorale. Io auspico con voi che appelli simili, uniti ad un'assidua lettura della parola di Dio, siano ripresi, meditati e soprattutto vissuti, nelle loro conseguenze e con perseveranza, da coloro nei quali volevate formare o risvegliare la coscienza. Perché, voi lo sapete quanto me, l'educazione alla fede non richiede soltanto testi chiari ma anche una vicinanza immediata, una pedagogia che renda fruttuoso l'insegnamento, che convinca e sostenga, con una pazienza e un amore inseparabili dall'autorità pastorale, grazie a sacerdoti ed educatori che diano essi stessi l'esempio. Volevo, mediante queste semplici parole, esternarvi stima e incoraggiamento per la vostra opera di evangelizzazione.


4. Un aspetto di tale evangelizzazione è l'acculturazione del Vangelo, l'africanizzazione della Chiesa. Molti mi hanno confidato che questo vi sta molto a cuore, e a buon diritto. Ciò fa parte degli sforzi indispensabili per incarnare il messaggio di Cristo. Il Vangelo, certamente, non si identifica con le culture e le trascende tutte. Ma il regno che il Vangelo annuncia è vissuto da uomini profondamente legati ad una cultura; la costruzione del regno non può fare a meno di attingere dagli elementi delle culture umane (cfr. Pauli VI EN 20). E ancora, l'evangelizzazione deve aiutare queste a far scaturire dalla loro tradizione vivente espressioni originali di vita, di celebrazione e di pensiero cristiani (cfr. Ioannis Pauli PP. II CTR 53). Voi desiderate di essere insieme pienamente cristiani e pienamente africani. Lo Spirito Santo ci chiede di credere che effettivamente il lievito del Vangelo, nella sua autenticità, ha la forza di suscitare cristiani nelle diverse culture, con tutte le ricchezze del loro patrimonio, purificate e trasfigurate.

A tale proposito il Concilio ecumenico Vaticano II aveva ben espresso alcuni principi che illuminano sempre la strada da seguire in questo ambito: "...la Chiesa... favorisce e accoglie tutta la dovizia di capacità e consuetudini dei popoli, in quanto sono buone, e accogliendole le purifica, le consolida ed eleva.

"...In virtù di questa cattolicità, le singole parti portano i propri doni alle altre parti e a tutta la Chiesa, e così il tutto e le singole parti sono rafforzate, comunicando ognuna con le altre e concordemente operando per il completamento nell'unità..." "...la cattedra di Pietro... la quale presiede alla comunione universale di carità, tutela le varietà legittime, e insieme veglia affinché ciò che è particolare, non solo non nuoccia all'unità, ma piuttosto la serva" (LG 13).

L'africanizzazione abbraccia domini vasti e profondi, che non sono stati ancora sufficientemente esplorati, sia che si tratti del linguaggio per presentare il messaggio cristiano in modo che giunga allo spirito e al cuore degli zairesi; sia che si tratti della catechesi, della riflessione teologica, dell'espressione più congeniale nella liturgia o nell'arte sacra, sia delle forme comunitarie di vita cristiana.


5. Spetta a voi, Vescovi, di promuovere e armonizzare il progresso in questo ambito, dopo matura riflessione, in grande accordo fra voi e anche in unione con la Chiesa universale e con la santa Sede. L'acculturazione, per tutto il popolo, non potrà essere del resto che il frutto di una progressiva maturità nella fede.

Voi siete infatti convinti come me che quest'opera, per la quale tengo ad esprimervi tutta la mia fiducia, necessita di molta lucidità teologica, di discernimento spirituale, di saggezza e prudenza, e anche di tempo.

Permettetemi di rievocare, fra altri esempi, l'esperienza della mia patria: in Polonia una profonda alleanza si è stabilita fra i modi di pensare e di vivere che caratterizzano la nazione e il cattolicesimo; per questo processo di compenetrazione sono stati necessari dei secoli. Qui, tenendo conto di una diversa situazione, deve essere possibile al cristianesimo di allearsi con quanto vi è di più profondo nell'anima zairese per giungere ad una cultura originale, africana e cristiana al tempo stesso.

Per quanto riguarda la fede e la teologia, tutti vedono che importanti problemi sono in gioco: il contenuto della fede, la ricerca della sua migliore espressione, il rapporto fra la teologia e la fede, l'unità della fede. Il mio venerato predecessore Paolo VI aveva fatto allusione a tali problemi al termine del Sinodo del 1974 (cfr. AAS 66, [1974] 636-637). E aveva egli stesso ricordato alcune regole ai delegati del simposio delle conferenze episcopali d'Africa e del Madagascar (SCEAM) nel settembre 1975: a) quando è in gioco la fede cristiana bisogna attenersi al "patrimonio identico, essenziale, costituzionale della stessa dottrina di Cristo, professata dalla tradizione autentica e autorizzata dall'unica e vera Chiesa"; b) è importante applicarsi a un'investigazione approfondita delle tradizioni culturali delle diverse popolazioni e dei dati filosofici che vi sottostanno, per scoprirvi gli elementi che non sono in contraddizione con la religione cristiana e gli apporti suscettibili di arricchire la riflessione teologica (AAS 67 [1975] 572).

Io stesso, lo scorso anno, nell'esortazione sulla catechesi attiravo l'attenzione sul fatto che il messaggio evangelico non è puramente e semplicemente isolabile dalla cultura biblica dove è primariamente inserito, e nemmeno, senza gravi dispersioni, dalle culture in cui è venuto esprimendosi lungo i secoli; e che d'altra parte la forza del Vangelo è dovunque trasformatrice e rigeneratrice (cfr. Ioannis Pauli PP. II CTR 53).

Nell'ambito della catechesi devono e possono essere fatte presentazioni più consone all'anima africana, pur tenendo conto degli scambi culturali sempre più frequenti con il resto del mondo; è semplicemente necessario vigilare perché lo studio sia svolto in collaborazione e controllato dall'episcopato in modo che l'espressione sia corretta e tutta la dottrina venga presentata.

Nell'ambito dei gesti sacri e della liturgia è possibile tutto un arricchimento (cfr. SC 37-38), a condizione che il significato del rito cristiano sia sempre ben conservato e che l'aspetto universale, cattolico della Chiesa appaia chiaramente ("sostanziale unità del rito romano") in unione con le altre Chiese locali e in accordo con la santa Sede.

Nell'ambito etico bisogna mettere in luce tutte le risorse dell'anima africana che sono come pietre pronte su cui costruire il cristianesimo: Paolo VI le aveva già evocate nel suo messaggio all'Africa del 29 ottobre 1967, e voi le conoscete meglio di chiunque per quanto si riferisce alla visione spirituale della vita, al senso della famiglia e dei figli, alla vita comunitaria, ecc... Come in ogni civiltà, ci sono altri aspetti meno favorevoli. C'è sempre comunque, e voi l'avete ricordato con efficacia, una conversione da operare nei confronti della persona del Cristo, il solo Salvatore, e del suo insegnamento quale la Chiesa ce lo trasmette: e proprio allora si attua la liberazione, la purificazione, la trasfigurazione, l'elevazione che il Cristo è venuto a portare e che ha realizzato nel suo mistero pasquale di morte e di resurrezione. Occorre considerare insieme l'incarnazione del Cristo e la sua redenzione. Voi stessi avete tenuto a precisare che voler ricorrere all'autenticità non permette "di opporre i principi della morale cristiana a quelli della morale tradizionale" ("Epistula", die 27 febr.


1977). Si può dire che il Vangelo appaga le aspirazioni umane ma contestando le profondità dell'umano per farlo aprire all'appello della grazia e in particolare ad un avvicinarsi a Dio più fiducioso, ad una fraternità umana più ampia, universale. L'autenticità non potrà distogliere l'uomo africano dal suo dovere di conversione. In breve, si tratta di diventare cristiani autentici e autenticamente africani.


6. In quest'opera di acculturazione, di indigenizzazione, già ben iniziata, così come nell'insieme dell'opera di evangelizzazione, molteplici questioni particolari nasceranno per via, riguardanti questo o quel costume - penso in special modo ai difficili problemi del matrimonio -, questo o quel gesto religioso, questo o quel metodo. Questioni ardue la cui ricerca di soluzione è affidata alla vostra responsabilità pastorale, a voi Vescovi, in dialogo con Roma: voi non potete sottrarvi a tale responsabilità. E questo esige prima di tutto una perfetta coesione fra voi. Ogni Chiesa ha i suoi problemi ma dovunque, non temo di ripeterlo, come già dissi ai Vescovi polacchi: "Questa unità è fonte di forza spirituale". Una simile solidarietà ha valore in tutti i campi: quello della ricerca, quello delle importanti decisioni pastorali e parimenti quello della stima reciproca, qualunque sia la vostra origine, senza dimenticare il campo dell'aiuto scambievole, nella vita esemplare che vi si domanda e che può esigere qualche ammonizione fraterna.


7. Neppure può sfuggirvi a qual punto la solidarietà con la Chiesa universale nelle cose che devono essere comuni e, in particolare, la comunione fiduciosa con la santa Sede sono necessarie per l'autenticità cattolica della Chiesa nello Zaire, per la sua forza e per il suo armonico progredire. Ma esse sono necessarie anche alla vitalità della Chiesa universale dove voi porterete la testimonianza della vostra sollecitudine pastorale e il contributo del vostro zelo evangelizzatore su punti importanti per tutta la Chiesa. Sono le esigenze o, piuttosto, la grazia della nostra cattolicità (cfr. LG 13 supra memorata). Sia lodato Dio che permette alla sua Chiesa questo scambio vitale e questa comunione fra tutte le membra dello stesso corpo, il corpo di Cristo! La santa Sede non vi solleverà da alcuna responsabilità; al contrario, vi responsabilizzerà; e vi aiuterà a trovare le soluzioni più conformi alla vostra vocazione. Quanto a me, sono sicuro che le vostre preoccupazioni saranno accolte con comprensione.


8. Ora vorrei dire una parola su alcuni problemi pastorali concreti: li cito per esternare la parte che prendo alla vostra responsabilità.

Ho parlato della vostra unità fra Vescovi, della vostra corresponsabilità collegiale di cui avete dato prova in momenti particolarmente difficili. Io vi incoraggio lo stesso ad agevolare nel migliore dei modi, in ciascuna delle vostre diocesi, l'unità delle forze vive dell'evangelizzazione, e per primo dei vostri sacerdoti. Alcuni sono zairesi ed è questa una grande fortuna per l'avvenire della vostra Chiesa. Molti altri, preti secolari e spesso religiosi, sono venuti come "missionari" o sono rimasti per aiutarvi, pur sapendo che devono man mano a seconda delle possibilità, cedere il primo posto ai pastori indigeni. Voi tutti riconoscete che il loro servizio è stato fondamentale per l'evangelizzazione di cui festeggiamo il centenario; e che esso permane importante e attualmente indispensabile considerata l'entità anche numerica dei fedeli e la complessità delle esigenze apostoliche. Essi sono presso di voi l'espressione dell'universalità e degli scambi necessari fra le Chiese. Che tutti, zairesi o no, formino un unico presbiterio intorno a voi! Che tutto sia fatto per appianare e moltiplicare le vie della stima reciproca, della fraternità, della collaborazione! Che sia bandito tutto quanto potrebbe essere causa di sofferenze e di emarginazione per gli uni o per gli altri! Che tutti siano pervasi da sentimenti di umiltà e di mutuo servizio! Per Cristo! Per la testimonianza della Chiesa! Che tutti possano dire: "Vedete quanto si amano"! Per il progresso dell'evangelizzazione! Dei miglioramenti sono già stati compiuti. Io sono certo che voi farete di tutto per creare questo clima.

D'altronde voi avete più volte esortato tutti i vostri sacerdoti e le vostre religiose a una grande dignità di vita. Ho colto un brano da voi citato in forma poetica: "Voi stessi, per primi, rinnovatevi. Siate rivestiti non di seta ma di virtù. Sia casto il corpo, la coscienza pura. Di notte come di giorno dedicatevi allo studio. Abbiate sempre verso il popolo un atteggiamento dignitoso ma umile e unite la dolcezza alla severità" ("Exhortatio", die 10 iun. 1977). Eh, si, l'amore radicale che le anime consacrate hanno votato al Signore - per lui stesso e per un servizio più disponibile a tutti i fratelli e all'annuncio del mondo che verrà - con la disciplina di vita che esso esige, deve risplendere come la luce, essere come il sale, mantenere "in seno al Popolo di Dio il "tono" indispensabile che lo aiuti a lievitare la pasta umana" ("Exhortatio", die 10 iun.1977). In special modo, i sacerdoti, i religiosi - ed anche le religiose - devono avere solide convinzioni sui valori positivi ed essenziali della castità nel celibato, e restare vigilanti nel loro comportamento per essere fedeli senza ambiguità a questo impegno che essi hanno assunto - per il Signore e per la Chiesa - e che è capitale, in Africa e altrove, quale testimonianza ed impulso per condurre il popolo cristiano nel faticoso cammino verso la santità. Tutto ciò è possibile con la grazia di Dio e soprattutto se si prendono a cuore i mezzi spirituali e le molteplici necessità che sollecitano lo zelo pastorale. Certo i sacerdoti hanno un forte bisogno del vostro aiuto fraterno, della vostra vicinanza, del vostro esempio personale, del vostro affetto.


9. La santità e lo zelo dei vostri sacerdoti faciliteranno moltissimo anche il risveglio delle vocazioni sacerdotali, e penso di toccare qui una delle vostre maggiori preoccupazioni. In che modo la Chiesa dello Zaire potrà far fronte all'avvenire se non disporrà di sacerdoti più numerosi provenienti dal suo territorio, secolari o religiosi? Occorre pregare e far pregare per questo.

Occorre "chiamare" al servizio del Signore, far comprendere alle famiglie e ai giovani la bellezza di un tale servizio. Ma il problema consiste anche nella formazione dei seminaristi o dei novizi: possano essi beneficiare sempre della presenza, del dialogo e dell'esempio di direttori spirituali esperti nella guida delle anime.

Io credo peraltro che molte vocazioni religiose siano fiorite fra voi, sia nell'ambiente delle congregazioni missionarie, sia attualmente negli istituti nati sul vostro suolo. Che esse possano scrivere, grazie ad una solida formazione, grazie alla dedizione alle opere di apostolato. grazie ad una limpida testimonianza, una pagina, una pagina nuova nella vita delle religiose nella Chiesa! Non dimentico colei che ha lasciato una scia così luminosa tanto che si è parlato della sua beatificazione: suor Anwarite.


10. Mi rallegro anche di tutto quanto è stato fatto in questo paese per dotare la Chiesa di catechisti laici e di responsabili di piccole comunità, che sono la base operatrice dell'evangelizzazione, in legame costante e diretto con le famiglie, i bambini, le diverse categorie del Popolo di Dio. Senza dubbio è necessario favorire questo schieramento dell'azione indispensabile del laicato, in stretta comunione con i pastori. Durante il mio viaggio avro occasione di affrontare più a lungo questo tema.

Per quanto riguarda la vita familiare, ne ho parlato diffusamente questa mattina. Come far progredire i giovani e le famiglie verso la piena attuazione del disegno di Dio sugli sposi e sui genitori, malgrado reali difficoltà, ma nello stesso tempo attingendo forza dalle risorse dell'anima africana, dall'esperienza secolare della Chiesa e dalla grazia: ecco un obiettivo pastorale fondamentale. E raggiungerlo sarà per la Chiesa una benedizione e per il paese un progresso di prim'ordine.

Un punto che deve stare a cuore ai genitori, ai pastori e a tutti coloro che operano nell'evangelizzazione, è l'educazione religiosa dei bambini, qualunque sia lo statuto delle scuole e soprattutto a causa dello statuto attuale: iniziazione familiare al Vangelo, continuata con una catechesi sistematica, come ho già esposto in seguito al Sinodo dei Vescovi, nell'esortazione "Catechesi Tradendae".


11. Penso ancora a tutta la partecipazione che la Chiesa offre allo sviluppo del paese, non soltanto preparando la coscienza dei cittadini al senso della lealtà, del servizio gratuito, del lavoro ben fatto, della fraternità - il che è suo diretto compito - ma provvedendo anche su molti piani ai molteplici bisogni delle popolazioni aggravati spesso dalle avversità: a livello della scuola, dell'assistenza, ecc... E' una supplenza imposta alla Chiesa dalla carità - "caritas urget nos" - e che il senso del bene comune della vostra patria vi fa trovare normale.


12. Voi amate profondamente questa patria. Comprendo tali sentimenti. Conoscete l'amore che io porto a quella dove ho le mie radici. L'unità di una patria si forgia d'altronde attraverso prove e sforzi in cui i cristiani hanno la loro parte, soprattutto quando costituiscono una porzione notevole del paese. Il vostro servizio di Dio comprende questo amor di patria. Esso concorre al bene della patria come il potere civile fa nell'ambito che gli è proprio. Ma si distingue da quest'ultimo e, pur rispettandone la competenza e la responsabilità, deve potersi esercitare anch'esso in piena libertà, nella sua sfera che è l'educazione alla fede, la formazione delle coscienze, la pratica religiosa, la vita delle comunità cristiane, e la difesa della persona umana, delle sue libertà e dei suoi diritti, della sua dignità. Io so che questa è stata la vostra preoccupazione. E mi auguro che ne derivi una pace vantaggiosa per tutti.


13. Un ultimo punto: per aiutare l'élite cristiana ad affrontare secondo la fede i problemi che una rapida evoluzione e il contatto con altre civiltà e altri sistemi di pensiero non mancano di porre, è capitale, sul piano teologico, che la ricerca e l'insegnamento siano promossi nel vostro paese come è opportuno, cioè unendo ad un profondo radicamento nella tradizione di tutta la Chiesa, che ha dato la sua linfa alla vostra comunità, la riflessione richiesta dal vostro radicamento africano e dai nuovi problemi che sorgono. Ciò significa che io formulo i più fervidi voti per la vostra facoltà di teologia di Kinshasa, per il suo alto livello intellettuale, per la sua fedeltà ecclesiale e per la sua irradiazione dentro e fuori il vostro paese.


14. E per oggi mi fermo qui. Ma è un dialogo che dovrà essere sempre continuato con il successore di Pietro, con le istanze della santa Sede, con le altre Chiese locali, la cui unica preoccupazione è quella di permettere allo slancio della vostra Chiesa di proseguire la sua corsa nelle migliori condizioni, "con tutta la franchezza e senza impedimento" (Ac 28,31). Ed auspico che questo impulso non giovi soltanto a voi ma che sia sempre più missionario. "Voi siete i missionari di voi stessi" diceva Paolo VI a Kampala, undici anni fa. Il che si è in parte attuato. Ma io aggiungo: proponetevi di essere missionari a vostra volta, non solo in questo paese dove il Vangelo è ancora atteso, ma in altri paesi africani. Una Chiesa che dona, attingendo alle sue risorse anche limitate, sarà benedetta dal Signore; possiamo infatti incontrare sempre qualcuno più povero dl noi.

Lo Spirito Santo vi ha costituito pastori del vostro popolo in quest'ora importante della storia cristiana dello Zaire. Ch'egli confermi la fede e la carità di tutti quanti vi sono stati affidati! E che Maria, la madre della Chiesa, interceda per tutti voi. Siate certi della mia preghiera come io conto sulla vostra. Con la mia affettuosa benedizione apostolica.

Data: 1980-05-03 Data estesa: Sabato 3 Maggio 1980.


Il saluto ai vescovi di altri paesi africani - Kinshasa

Rivolgo ora alcune parole ai Vescovi venuti da altri paesi africani.

Carissimi fratelli in Cristo, quest'incontro con voi mi procura una grande gioia. Ho fretta di conoscere sul luogo ognuna delle vostre patrie, ognuna delle vostre Chiese. Se avessi potuto avrei volentieri prolungato le mie visite fino ad accontentare tutti quelli che mi hanno invitato con molta insistenza. Non è sembrato possibile questa volta andare al di là del programma stabilito in base a motivi convergenti e ponderati. Me ne rammarico profondamente, tanto più che le vostre comunità cristiane nutriscono un affetto così fervente e spontaneo per il Papa, e che meritano un incoraggiamento particolare, sia per la loro vitalità che per le loro difficoltà. Me ne rammarico anche per me che avrei apprezzato questa nuova testimonianza. Mi considero tuttavia impegnato da ognuno di questi inviti che cerchero di onorare con l'aiuto di Dio nel momento opportuno. Nell'attesa, dite ai vostri confratelli, ai vostri preti, ai vostri religiosi e religiose, ai vostri laici che il Papa li ama e li benedice con grande affetto.

So che l'Africa è lungi dall'essere uniforme, che diversi sono i popoli e le etnie, particolari le tradizioni e diversa la diffusione della Chiesa cattolica. Vi trovate a volte nella situazione di una piccola truppa che deve conservare la sua identità cristiana e allo stesso tempo darne testimonianza.

Ciò nonostante, una parte dei problemi pastorali che ho affrontato con i vostri confratelli dello Zaire valgono anche per voi: la prosecuzione dell'evangelizzazione, l'approfondimento dello spirito cristiano, l'africanizzazione, la solidarietà dei vescovi, fra di loro, con le altre Chiese locali e con la Santa Sede, la dignità della vita dei sacerdoti, dei religiosi, la vostra presenza nella loro vita, la questione delle vocazioni, i problemi familiari, la promozione umana, etc. Un ruolo magnifico vi è affidato, con la grazia di Dio: contribuire alla costruzione di una civiltà dove Dio abbia il suo posto e dove, di conseguenza, l'uomo sia rispettato. Se fosse necessario lasciare una consegna a tutti i membri delle vostre Chiese, direi: restate uniti.

Grazie della vostra visita! Che la pace di Cristo sia con voi tutti! [Traduzione dal francese]

Data: 1980-05-03 Data estesa: Sabato 3 Maggio 1980.


Alle religiose, nel Carmelo di Kinshasa - Kinshasa (Zaire)

Titolo: A pieno titolo coinvolte nella missione profetica della Chiesa

Care sorelle, Rendiamo grazie a Dio nostro Padre, mediante suo Figlio Gesù, nostro Signore nello Spirito che abita nei nostri cuori per la grande gioia di questo incontro e per i frutti che ne deriveranno alle vostre rispettive comunità e alla vita della Chiesa che è in Africa! 1. In questi istanti privilegiati, dimenticate le vostre legittime particolarità per sentire profondamente la vostra appartenenza unica allo stesso Dio e Padre, richiamata in modo sorprendente dall'apostolo Paolo nella sua lettera agli Efesini: "Un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo, un solo Dio e Padre di tutti" (Ep 4,5-6). Lasciate che vi incoraggi a celebrare intimamente e con fervore l'anniversario della vostra nascita alla vita divina con la grazia del battesimo, come l'avvenimento più importante della vostra esistenza e il più significativo della vostra vocazione cristiana alla fraternità. Giunte alla vita religiosa da ambienti sociali, da paesi e anche da continenti molto differenti, voi vivete in comunità per attestare - a differenza dei nazionalismi dei pregiudizi, talvolta degli odii, la possibilità e la realtà di quella fraternità universale alla quale tutti i popoli aspirano confusamente. Voi siete egualmente sorelle perché tutte avete inteso lo stesso appello evangelico: "Se vuoi essere perfetto, va', vendi ciò che possiedi e dallo ai poveri, e avrai un tesoro nei cieli; poi vieni, seguimi" (cfr. Mt 19,21). Questa chiamata unica nella sua sorgente divina è un'altra esigenza - sia che siate votate alla contemplazione o impegnate in compiti diretti di evangelizzazione - a mostrarvi estremamente fraterne sia fra voi come tra congregazioni e ad aiutarvi vicendevolmente sempre meglio su tre piani che mi sembrano essenziali: la giusta visione e la coraggiosa realizzazione della vostra consacrazione, la premura a partecipare alla missione della Chiesa, la ricerca di una solida formazione spirituale e di una saggia apertura alle realtà della vostra epoca e dei vostri ambienti di vita.


2. Con poche parole il Concilio Vaticano II presenta la vita consacrata come "un dono divino che la Chiesa ha ricevuto dal Signore e che, per grazia, essa conserva fedelmente" (LG 43). Senza ignorare le ombre della storia bimillenaria del Popolo di Dio, si può affermare che la donna - da parte sua - ha magnificamente risposto agli inviti di Cristo alla pienezza evangelica del dono di sé.

Sembra esservi nella femminilità del corpo e del cuore una singolare disposizione a fare della propria vita una oblazione regale a Cristo come al solo Sposo. Precisamente, questa femminilità - sovente considerata da una certa opinione pubblica come follemente sacrificata nella vita religiosa - è di fatto ritrovata e dilatata ad un piano superiore: quello del regno di Dio. Per esempio, la fecondità fisica, che ha un posto così grande nella tradizione africana, come pure l'attaccamento alla famiglia, sono dei valori che possono essere vissuti dalla religiosa africana in seno ad una comunità molto più ampia e incessantemente rinnovata, e a beneficio di una fecondità spirituale assolutamente sorprendente.

E' proprio in questa prospettiva che la castità religiosa, molto fedelmente osservata, prende tutto il suo rilievo di amore preferenziale del Signore e di disponibilità totale agli altri. Allo stesso modo numerose africane entrate in religione cercano di dare al voto di povertà un volto nuovo e più consono ai luoghi da dove esse provengono. Esse cercano di vivere del frutto del loro lavoro e di dividere continuamente questo frutto con gli altri. Restando rigorosamente del tutto fedeli all'autentica concezione dell'obbedienza religiosa - che è sempre il sacrificio della propria volontà - molte suore si sforzano di viverla in dialogo fiducioso con le loro responsabili, nelle quali vedono una presenza di Cristo. Questo nuovo aspetto è in consonanza con la dignità e la promozione della donna nel nostro tempo.

Parlandovi così, care sorelle, vorrei aiutarvi a ben comprendere o a ricomprendere l'essenziale del vostro stato religioso: la consacrazione totale e senza ritorno del vostro io profondo e delle vostre capacità femminili a Cristo e al suo regno. Noi siamo qui nel cuore stesso del mistero della nostra vita difficile da comprendere al di fuori della fede. Mistero che sorpassa tutto il resto: l'acquisizione di competenze e di diplomi, la ripartizione delle funzioni e delle responsabilità, le preoccupazioni di amministrazione o di fondazione, i problemi di strutture e di adempimenti. In una parola, la vostra consacrazione, radicalmente vissuta, è l'essenziale del vostro stato religioso, la roccia permanente che permette alle congregazioni e ai loro membri di far fronte agli adattamenti richiesti dalle circostanze senza correre il rischio di rendere insipido o di tradire il carisma di cui il Cristo ha dotato la sua Chiesa.


3. Solidamente radicate nelle esigenze prioritarie del vostro dono totale autentificato dalla Chiesa, la vostra vita non può che consumarsi al servizio di questa Chiesa per la quale il Cristo si è dato (cfr. Ep 5,25).

La missione della Chiesa è prima di tutto profetica. Essa annuncia il Cristo a tutte le nazioni (cfr. Mt 28,19-20) e loro trasmette il suo messaggio di salvezza. Ecco ciò che per primo mette in gioco il vostro stile di vita personale e comunitaria (cfr. Pauli VI EN 14). E' esso veramente luminoso (cfr. Mt 5,16), profetico? Il mondo attuale attende dappertutto, forse confusamente, vite consacrate che annunzino, più con le azioni che con le parole, il Cristo e il Vangelo. L'Epifania del Signore che voi amate celebrare in Africa, dipende da voi! La Chiesa profetica conta ugualmente su di voi, qui come negli altri continenti, per partecipare con diligenza alla sua immensa fatica catechetica. Si aspettano dappertutto suore catechiste e suore votate alla formazione di laici catechisti. Le religiose che - per ragioni di affermazione personale - tralasciano troppo facilmente questo compito ecclesiale prioritario, sono sempre sicure di essere fedeli alla loro consacrazione? So che gli sforzi e i risultati dell'insegnamento catechistico in Africa sono notevoli. Ma bisogna continuarli ed estenderli. I cristiani di tutte le età e di tutti gli ambienti hanno bisogno di essere accompagnati per far fronte ai mutamenti socio-culturali del nostro tempo. Io vi domando, care sorelle, di dare un apporto ancora maggiore alla missione profetica della Chiesa.

L'evangelizzazione, di se stessi e degli altri, sfocia nel culto divino.

La Chiesa ha anche una vocazione sacerdotale alla quale voi siete intimamente associate. Al seguito di san Benedetto o di san Bernardo, di santa Chiara d'Assisi o di santa Teresa d'Avila, le monache claustrali assumono a tempo pieno, in nome della Chiesa, questo servizio della lode divina e dell'intercessione. Questa forma di vita è anche un apostolato di grandissimo valore ecclesiale e redentivo, che santa Teresa del Bambin Gesù ha magnificamente illustrato nel corso della sua breve esistenza al Carmelo di Lisieux. Non dimentichiamo che il Papa Pio XI l'ha proclamata "patrona delle missioni". Io esprimo dunque il mio più vivo incoraggiamento alle contemplative che sono sulla terra d'Africa e domando a Dio che i loro monasteri si riempiano di vocazioni seriamente motivate. Come potrei dimenticare le suore ammalate, inferme e anziane? Lungo il giorno e sovente di notte, quando il sonno è difficile, esse presentano al Signore l'oblazione silenziosa delle loro preghiere quasi ininterrotte, delle loro sofferenze fisiche o morali, del loro "fiat" alla volontà divina. Esse sono così il popolo sacerdotale che il Cristo si è acquistato col sangue della sua croce. Con lui esse salvano il mondo.

Quanto alle religiose che esercitano un apostolato diretto nelle città e nei villaggi, la Chiesa, nella persona dei Vescovi e dei sacerdoti, attende molto dai loro talenti e dal loro zelo per l'animazione delle assemblee cristiane.

L'iniziazione al senso profondo della liturgia, alla celebrazione dei sacramenti, specialmente dell'eucaristia, come la formazione dei fanciulli e degli adulti alla preghiera personale, all'offerta generosa della loro vita quotidiana, in unione con quella di Cristo (cfr. 1P 2,4-10) costituisce un ambito estremamente importante in cui voi siete capaci di eccellere, a causa delle vostre qualità pedagogiche, del vostro senso innato del mistero di Dio, e della vostra propria generosità nel pregare. Il fervore del Popolo di Dio, che celebra il suo Signore, dipende molto da voi.

Infine, la missione della Chiesa è regale. E' prima di tutto il Vescovo che deve vegliare sulla crescita e sull'unità della fede, come pure sulla fraternità dell'amore, nella sua diocesi. E' lui che ordina e stimola le attività apostoliche. Ma nel Popolo di Dio invitato tutto interamente ad investire le proprie forze e i propri talenti specifici nei diversi settori pastorali della vita delle diocesi e delle parrocchie, le religiose hanno un loro posto particolare (cfr. Pauli VI EN 69). Io lascio ai Vescovi africani la cura di discernere con saggezza i segni dei tempi nelle loro proprie diocesi e di vedere concretamente, con le diverse congregazioni, come le religiose possano oggi integrarsi più efficacemente nelle attività pastorali della Chiesa diocesana. Permettetemi tuttavia di sottolineare qui che le vostre doti femminili vi predispongono a esercitare presso le giovani e le donne africane il ruolo molto prezioso di "consigliere" in una maniera analoga al servizio compiuto dalle "madri del villaggio".


4. Care sorelle, io non voglio terminare questo colloquio paterno senza incoraggiarvi vivamente a restare sempre in cerca di approfondimento spirituale e di formazione umana, al fine di essere sempre "più donne" e "più religiose".

Datevi la mano tra case religiose, tra congregazioni, per organizzare dei tempi e dei luoghi di silenzio e di meditazione, per beneficiare di corsi di spiritualità, di teologia, di pastorale. Incoraggiatevi le une con le altre a parteciparvi. Aiutatevi vicendevolmente per assumere le spese derivate da questi ritiri e corsi. La vostra testimonianza di amore fraterno deve essere manifesta.

Con i vostri responsabili diocesani, abbiate cura di far sempre appello a guide sicure e competenti. Gesù stesso ha usato il proverbio: "si giudica l'albero dai suoi frutti"! Con calma e buon senso guardate sempre dove vi conducono questi ritiri e corsi. A una maggiore intimità col Signore? A maggior coraggio e trasparenza evangelica? A maggiore amor fraterno? A maggiore povertà personale e comunitaria? A condividere maggiormente ciò che voi siete e ciò che avete con i più diseredati? A maggior zelo per la missione della Chiesa? Allora i mezzi scelti erano sicuri e sono stati usati con serietà. Se invece non è stato così, bisogna cambiare prima che sia troppo tardi.


5. Poiché voi siete religiose oggi, è indispensabile, anche se siete contemplative, di vigilare alla vostra formazione umana, di conoscere sufficientemente la vita e i problemi della gente, soprattutto se avete la missione di annunciare loro il Vangelo. Giovani ed adulti sono sensibili al fondo umano di coloro che hanno "tutto perduto e tutto guadagnato" per seguire Cristo! Su questo piano dell'obbligo di formarvi e di informarvi, guardate lealmente dove vi trovate: la regola d'oro è la subordinazione costante delle vostre acquisizioni umane alla missione privilegiata che Cristo vi ha affidato nella sua Chiesa, per la salvezza dei vostri fratelli umani.

Care sorelle, io so che voi pregate molto per me, ed io ve ne ringrazio dal profondo del cuore. Per contro, io voglio assicurarvi che le religiose del mondo intero hanno un posto molto grande nella mia vita e nella mia preghiera di ogni giorno. Voi siete, tutte, il mio pensiero e la mia gioia, il mio appoggio e la mia speranza! Che il Signore vi confermi nella vostra consacrazione e nella vostra missione, per la sua gloria e per il maggior bene delle vostre diocesi africane e di tutta la Chiesa!

Data: 1980-05-03 Data estesa: Sabato 3 Maggio 1980.



GPII 1980 Insegnamenti - Incontro con i Vescovi dello Zaire - Zaire