GPII 1980 Insegnamenti - Agli esponenti delle altre confessioni cristiane a Kinshasa

Agli esponenti delle altre confessioni cristiane a Kinshasa

Titolo: Ricerchiamo la verità nel suo stesso centro: Cristo

Cari amici in Cristo, 1. Sono felice di potervi incontrare questa sera e di salutarvi tutti nel nome di nostro Signore Gesù Cristo. Grazie della vostra presenza. Abbiamo la gioia di trovarci insieme, riuniti nel nostro amore per il Signore, lui che ha pregato, la sera del Giovedi Santo, perché tutti quelli che credono in lui siano una cosa sola. Gli chiediamo dunque di fare in modo che tutti quelli che si riconoscono nel suo nome siano pienamente fedeli agli appelli della grazia e si ritrovino un giorno nella sua unica Chiesa.


2. Dobbiamo ringraziare il Signore perché le opposizioni di una volta hanno lasciato il posto ad uno sforzo per incontrarsi fondato sulla stima reciproca, sulla ricerca della verità e sulla carità. La nostra riunione di questa sera ne è un segno. Tuttavia, lo sappiamo, lo scopo magnifico che ricerchiamo per obbedire all'ordine del Signore non è ancora raggiunto. Per giungerci, sono necessarie, con la grazia di Dio, "la conversione del cuore e la santità di vita" che costituiscono, con la preghiera per l'unità, come il Concilio Vaticano II ha sottolineato, "l'anima del movimento ecumenico" (UR 8). Ogni iniziativa in vista dell'unità sarebbe vana se fosse privata di questa base, se non fosse fondata sulla ricerca incessante e a volte dolorosa della piena verità e della santità. Questa ricerca, infatti, ci avvicina a Cristo e, attraverso lui, ci avvicina realmente gli uni gli altri.

So, e ne gioisco, che diverse forme di collaborazione al servizio del Vangelo esistono già fra le diverse Chiese e Comunità cristiane del vostro paese: tale impegno è segno della testimonianza che tutti quelli che si riconoscono in Cristo vogliono rendere all'azione salvifica di Dio, alla sua opera nel mondo; è anche un concreto passo verso l'unità che chiediamo nelle nostre preghiere.


3. Sin dalla mia elezione a Vescovo di Roma, ho molte volte riaffermato, lo sapete, il mio ardente desiderio di vedere la Chiesa cattolica intraprendere pienamente l'opera santa che ha per scopo la restaurazione dell'unità. Spero che la mia presenza oggi fra di voi sia considerata come un segno di questo impegno.

Certamente, i diversi paesi e le diverse regioni hanno ognuno la loro storia religiosa, ed è per questo che le modalità del movimento ecumenico possono differire, ma il suo imperativo essenziale rimane sempre identico: la ricerca della verità nel suo stesso centro, il Cristo. E' lui che cerchiamo prima di tutto per trovare in lui la nostra vera unità.

Cari amici nel Signore, vi ringrazio ancora di tutto cuore per essere stati presenti con me oggi. Possa il nostro incontro di questa sera essere un segno del nostro desiderio che venga il giorno felice che noi chiediamo nella nostra preghiera, quello in cui, per opera dello Spirito Santo, noi saremo veramente uno "perché il mondo creda" (Jn 17,21)! Pregando questa sera per l'unità, per l'unità di tutti coloro che si riconoscono in Cristo nella sua unica Chiesa, non possiamo fare di meglio che riprendere le parole stesse del Signore, la sera del Giovedi Santo, dopo che aveva pregato per gli apostoli: "Non prego solo per questi, ma anche per quelli che per la loro parola crederanno in me; perché tutti siano una sola cosa. Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato" (Jn 17,20-21).

Insieme, chiediamo al Padre di nostro Signore Gesù Cristo di permetterci fi fare la sua volontà: Padre nostro che sei nei cieli sia santificato il tuo nome, sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra. Dacci oggi il nostro padre quotidiano.

Rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori e non ci indurre in tentazione, ma liberaci dal Male. Amen. [Traduzione dal francese]

Data: 1980-05-03 Data estesa: Sabato 3 Maggio 1980.


Al Corpo Diplomatico accreditato a Kinshasa

Titolo: Gli uomini hanno diritto alla pace e alla sicurezza

Eccellenze, Signore, Signori, 1. Nel quadro della visita che effettuo, in quanto Capo spirituale, nello Zaire e nelle comunità cattoliche che vivono in questo territori, mi felicito della possibilità offertami di incontrare e salutare il Corpo Diplomatico accreditato presso il governo di Kinshasa. Voglio incominciare ringraziando il vostro Decano che ha saputo, con tanta cortesia, farsi vostro interprete rivolgendomi parole alle quali sono stato molto sensibile.

La Santa Sede stessa, preoccupandosi di favorire un clima di dialogo con le istanze civili responsabili della società, è felice di stabilire, con gli Stati che lo desiderano, delle relazioni stabili, come strumento, fondato sulla comprensione e la fiducia reciproche, al servizio dell'avvenire e del progresso dell'uomo in tutte le sue dimensioni. Tale è stato il caso dello Zaire, e mi rallegro dei contatti resi possibili con i suoi dirigenti dalla presenza in questo paese di un Rappresentante pontificio. Quest'ultimo ha un ruolo particolare presso i pastori delle diverse diocesi, ma, come voi, deve anche cercare di meglio conoscere la realtà interna di questo paese che dispone di molte potenzialità umane e naturali, di meglio scoprire le aspirazioni dei suoi cittadini, e di promuovere uno spirito d'intesa e di cooperazione a livello internazionale.


2. Investiti in questa grande capitale d'una missione che si ispira ai più nobili ideali della fratellanza umana, mi sembra che voi siate tutti coscienti, Signore e Signori, dell'ampiezza della posta in gioco, che supera il quadro immediato. Vi trovate, ci troviamo, nel cuore dell'Africa. E' per me l'occasione di rendervi partecipi di una convinzione molto forte, e allo stesso tempo di una necessità imperiosa. La convinzione che nessuna situazione locale non è oggi senza ripercussioni su di una scala più vasta; ne vedo una prova negli avvenimenti che segnano, a volte dolorosamente, una parte o l'altra del continente, e che non possono non ferire la dignità dell'anima africana e la coscienza dell'umanità.


3. Bisogna forse evocare i problemi legati al razzismo, che tante voci in tutto il mondo hanno denunciato, e che la Chiesa cattolica, da parte sua, condanna nel modo più fermo? I miei predecessori alla Sede dell'Apostolo Pietro, il Concilio Vaticano II ed i vescovi direttamente coinvolti, hanno in molte occasioni proclamato il carattere anti-evangelico di questa pratica (cfr. Pii XI Mit brennender Sorge, 2-3; Ioannis XXIII PT 86; Pauli VI Africae Terrarum, 17; Eiusdem Allocutio ad honorabiles viros e publico Legumlatorum Coetu Reipublicae Ugandesis, die 1aug. 1969: AAS 61[1969] 580-586). Alcuni commentatori hanno ugualmente sottolineato la mia preoccupazione di difendere completamente i diritti dell'uomo, secondo la volontà di Dio; posso dirvi che, a mio avviso, è lottando contro questa piaga del razzismo che intendo agire per promuovere il loro rispetto. Molti segni, fortunatamente, sono dati a dimostrazione che, come nello Zimbawe, degli sforzi pazienti possono perfettamente favorire delle speranze realiste.


4. Bisogna ancora evocare il diritto dei popoli a disporre di essi stessi, senza tuttavia rinnegare - perché la saggezza non deve essere assente - quel che è emerso dalle vicissitudini della storia? Come non desiderare, secondo giustizia, di accedere alla reale autodeterminazione in tutti i campi? L'Africa ha conosciuto, soprattutto negli ultimi vent'anni, delle modificazioni incontestabili della propria struttura politica e sociale. Rimangono tuttavia dei motivi di grave preoccupazione, sia perché alcune giovani nazioni hanno provato delle difficoltà nel raggiungere in un così breve periodo il loro equilibrio interno, sia perché, malgrado le iniziative delle organizzazioni internazionali, il processo verso la sovranità si realizza in tempi troppo lunghi o sprovvisto delle garanzie sufficienti.


5. Fra i numerosi argomenti, ho voluto intrattenervi esplicitamente su questi due a causa della loro primaria importanza, ma è tempo, per non abusare della vostra benevolenza, di venire alla necessità urgente alla quale facevo allusione. Essa nasce da una visione globale del mondo. Formulandola, non voglio competere con gli strateghi della comunità internazionale. Non sono né la mia missione, né il mio scopo, né il mio ambito. Vengo qui, in Africa, avendo come bagaglio la sola forza del Vangelo, quella di Dio (cfr. 1Co 1,26-29). Vorrei suscitare nell'uomo, mio fratello, che forse mi ascolta, il senso del vero rispetto e della dignità del fratello africano.

E' con stupore tinto di tristezza che si constata che questo continente è anch'esso segnato da influenze dirette dall'interno o dall'esterno, spesso celate sotto la copertura di aiuti economici, ma che in realtà operano nella prospettiva di un interesse che di umano non ha che l'etichetta. Come saremmo felici se le diverse nazioni che lo compongono potessero vivere e crescere nella pace, al riparo dai conflitti ideologici o politici che sono estranei alla sua mentalità profonda! Che esse non siano condotte a destinare agli armamenti, ad esempio, una parte smisurata dei mezzi spesso ridotti di cui dispongono (cfr. Ioannis Pauli PP. II Allocutio ad Nationum Unitarum Legatos, 10, die 2 oct 1979: , II, 2[1979] 528-529), o che l'assistenza che ricevono non sia subordinata a qualunque forma di sottomissione!

6. Tali fattori non possono che generare a lungo termine violenza, o dare a questa un carattere endemico: una violenza dichiarata, che oppone nazioni o gruppi etnici, ed una violenza più ipocrita perché meno visibile che tocca pesino i costumi e che diventa - è terribile a dirlo - un mezzo praticamente normale per affermarsi sugli altri. Ciò non è degno dell'uomo, non è degno in particolare dell'uomo africano che ha il senso di ciò che si chiama, credo, la chiacchiera, del confronto leale, cioè, attraverso la conversazione e la negoziazione. Per conoscersi bisogna cominciare discutendo, e non affrontarsi. Si deve cominciare amando, prima di giudicare. Si devono ricercare instancabilmente tutte le strade che possono condurre alla pace e all'intesa, e, se il cammino sembra ancora lungo, intraprendere nuovi sforzi. Le lotte e i conflitti non hanno mai risolto nessun problema in profondità. In occasione del mio viaggio in Irlanda l'anno scorso, ho detto con insistenza, e ripeto oggi qui, "che la violenza è un male, che la violenza è inaccettabile come soluzione ai problemi, che la violenza non è degna dell'uomo" (Ioannis Pauli PP. II Homilia in urbe "Drogheda" habita, 9, die 29 sept. 1979: , II, 2[1979] 428). Mi faccio, qui come altrove, messaggero instancabile di un ideale che esclude la violenza, un ideale fondato sulla fratellanza che trae origine da Dio.


7. Si, un'osservanza ed una "pratica" più reali dell'insieme dei diritti dell'uomo sono gli scopi che mi portano a prendere frequentemente il bastone del pellegrino per svegliare o risvegliare la coscienza dell'umanità. Ne va di mezzo la grandezza dell'uomo. E' in questo modo che l'uomo si affermerà, e non attraverso la corsa verso una potenza illusoria e fragile. L'uomo ha diritto in particolare alla pace e alla sicurezza. Ha diritto che lo Stato, responsabile del bene comune, lo educhi ad usare i mezzi della pace. La Chiesa ha sempre insegnato, come ho scritto nella mia enciclica "Redemptor Hominis", che "il dovere fondamentale del potere è la sollecitudine per il bene comune della società... Proprio nel nome di queste premesse attinenti all'ordine etico oggettivo, i diritti del potere non possono essere intesi in altro modo che in base al rispetto dei diritti oggettivi ed inviolabile dell'uomo... Senza questo si arriva allo sfacelo della società, all'opposizione dei cittadini all'autorità, oppure ad una situazione di oppressione, di intimidazione, di violenza, di terrorismo, di cui ci hanno fornito numerosi esempi i totalitarismi del nostro secolo" (RH 17).


8. Tutto questo, con una distribuzione più equa dei frutti del progresso, mi sembra forniscano condizioni in abbondanza per un'accelerazione di uno sviluppo più armonioso di questa terra che in questi giorni della mia visita mi da così tanta gioia. Dio voglia sostenere gli sforzi dei responsabili, sia a livello nazionale che a livello internazionale, in particolare nel contesto dell'Organizzazione per l'Unità Africana, affinché l'Africa possa maturare nella serenità e trovare, nel concerto delle nazioni, il ruolo ed il peso che le appartengono. In questo modo potrà far beneficiare gli altri popoli del proprio genio e del proprio patrimonio particolare.

Vi rinnovo, Signore e Signori, la mia profonda soddisfazione per aver potuto salutarvi ed esprimervi alcuni dei pensieri che mi stanno più a cuore, e, offrendovi i miei auguri più sentiti per le alte funzioni che voi svolgete, domando all'Onnipotente di assistere voi e i vostri cari.

[Traduzione dal francese]

Data: 1980-05-03 Data estesa: Sabato 3 Maggio 1980.


Ordinazione di otto nuovi Vescovi - Kinshasa (Zaire)

Titolo: Nel ministero della comunità l'amorosa presenza di Cristo

Cari fratelli in Cristo.

In questo giorno di grande gioia, in questa circostanza solenne mi rivolgo anzitutto a voi che state per ricevere la grazia dell'episcopato: "Non vi chiamo più servi... io vi ho chiamati amici" (Jn 15,15). Questo disse Cristo agli apostoli, questo dice anche a voi.

1. Già da lungo tempo voi siete intimamente associati alla vita di Cristo. La vostra fede si è sviluppata su questo suolo africano, nella vostra famiglia o nella vostra comunità cristiana ed essa ha prodotto i suoi frutti. Voi avete seguito Cristo che vi invitava a consacrarvi interamente alla sua missione. Voi avete ricevuto il sacerdozio ministeriale proprio del clero per essere dispensatori dei misteri di Dio. Voi vi siete sforzati di esercitarlo con sapienza e coraggio.

Ed ora siete stati scelti per "pascere il gregge di cui lo Spirito Santo vi ha costituiti custodi", come dice san Paolo agli anziani di Efeso, Vescovi per presiederlo in nome e in luogo di Dio e camminare alla sua testa. Voi ricevete, come diceva ancora sant'Ignazio d'Antiochia, "il ministero della comunità". Per questo, come gli apostoli, voi siete arricchiti da Cristo di una speciale effusione dello Spirito Santo che renderà fecondo il vostro ministero (cfr. "Oratio consecratoria in Ordinatione Episcopi"); voi siete investiti della pienezza del sacerdozio, sacramento che imprime in voi il suo carattere sacro; così, in modo eminente e visibile, voi terrete in luogo di Cristo stesso, Dottore, Sacerdote e Pastore (cfr. LG 20-21). Ringraziate il Signore! E cantate: "alleluia"! E' una grande gioia e un onore per le comunità dove avete le vostre radici o che vi ricevono come pastori, per lo Zaire, il Burundi, il Sudan, Gibuti, ed anche per le comunità religiose che vi hanno formato. Voi siete stati "presi tra gli uomini e stabiliti per intervenire in favore degli uomini nelle loro relazioni con Dio" (He 5,1). Quando delle giovani Chiese vedono i loro figli assumere l'opera di evangelizzazione e diventare i Vescovi dei loro fratelli, è un segno particolarmente eloquente della maturità e dell'autonomia di queste Chiese! In questo giorno, guardiamoci dal dimenticare anche i meriti di tutti i pionieri che hanno preparato da lontano o da vicino questi nuovi responsabili e in particolare i sacerdoti e i Vescovi missionari. Anche per loro rendiamo grazie al Signore! 2. Ad agire mediante il nostro ministero è Cristo risuscitato, glorificato dalla mano di Dio e messo da suo Padre in possesso dello Spirito Santo promesso (cfr. Ac 2,33), quel Cristo che noi contempliamo con una particolare gioia in questo tempo pasquale. Infatti è lui il principio, è lui la testa del corpo che è la Chiesa (cfr. Col 1,18). Nello Spirito Santo, Cristo prosegue la sua opera per mezzo di quanti ha stabiliti pastori e che non cessano di trasmettere questo dono spirituale attraverso l'imposizione delle mani. Essi sono "il tralcio del seme apostolico" (cfr. LG 20, ubi citatur Tertullianus). così la linea dell'episcopato continua senza interruzione fin dalle origini.

Voi entrate dunque nel collegio episcopale che succede al collegio degli apostoli. Voi lavorerete a fianco ed insieme ai vostri maggiori: più di cinquanta zairesi sono già stati aggregati al corpo episcopale dopo la prima ordinazione Vescovile nel 1956, e gli altri paesi qui rappresentati si trovano in una situazione simile. Voi lavorerete in comunione con i vostri fratelli sparsi nel mondo intero, formanti un tutt'uno nel Cristo, uniti intorno al Vescovo di Roma, successore di Pietro. Voi sarete tanto più attaccati a questa comunione indispensabile in quanto siete ordinati da colui al quale lo Spirito Santo ha affidato, come a Pietro, la carica di presiedere all'unità. Si, ringraziate il Signore! E cantate: "alleluia"! 3. Voi ricevete una grande grazia per esercitare una carica pastorale esigente.

Voi ne conoscete i tre aspetti che vengono solitamente indicati come "magistero dottrinale, sacerdozio del culto sacro, ministero del governo" (cfr. LG 20). La costituzione conciliare "Lumen Gentium" ( cfr. LG 18-27) e il decreto "Christus Dominus" (cfr. CD 11-19) rimangono la carta del vostro ministero che dovrete spesso meditare.

Voi siete anzitutto responsabili della predicazione del Vangelo, il cui libro vi sarà imposto sul capo durante la preghiera consacratoria e poi rimesso nelle vostre mani. Qui in Africa, agli uomini di Chiesa si domanda anzitutto: dateci la parola di Dio. E' davvero una cosa meravigliosa vedere la sete dei vostri compatrioti per il Vangelo: essi sanno, essi presentono trattarsi di un messaggio di vita. Per questo voi non sarete soli. I vostri sacerdoti, diaconi, religiosi e religiose, i vostri catechisti, i vostri laici sono anch'essi evangelizzatori meritevolissimi, quotidiani, tenaci, tanto vicini al popolo, talvolta perfino pionieri, nei luoghi o negli ambienti dove il Vangelo non è ancora pienamente penetrato. Il vostro ruolo sarà di sostenere il loro zelo, di armonizzare il loro apostolato, di vegliare affinché l'annuncio, la predicazione e la catechesi siano fedeli al senso vero del Vangelo e a tutta la dottrina dogmatica ed etica che la Chiesa ha esplicato nel corso dei suoi venti secoli a partire dal Vangelo. Dovrete cercare nello stesso tempo di far si che questo messaggio raggiunga veramente i cuori e trasformi le condotte, utilizzando il linguaggio che si addice ai vostri fedeli africani.

Come la liturgia si accinge a dirvi: a tempo e a contrattempo "predicate voi stessi la parola di Dio con grande pazienza e con sollecitudine di istruire".

Voi siete al più alto rango testimoni della verità divina e cattolica. Voi ricevete l'incarico di santificare il Popolo di Dio. In questo senso voi siete padri e trasmettete la vita di Cristo con i sacramenti che voi celebrate o di cui affidate ai vostri sacerdoti l'amministrazione regolare degna e feconda. Avrete a cuore la preparazione dei vostri fedeli a questi sacramenti e li incoraggerete a viverli nella perseveranza. La vostra preghiera non cesserà di accompagnare il vostro popolo sulle vie della santità. Voi contribuirete a preparare con la grazia del Signore una Chiesa senza macchia né ruga, che annuncia la Gerusalemme nuova di cui ci parla l'Apocalisse, "la sposa preparata per il suo Sposo" (Ap 21,2).


4. Infine voi ricevete il governo pastorale di una diocesi o vi partecipate come Vescovi ausiliari. Cristo vi da autorità per esortare, per distribuire i ministeri e i servizi secondo i bisogni e le capacità, per vegliare al loro adempimento, riprendere all'occorrenza con misericordia quanti se ne allontanino, vegliare su tutto il gregge e difenderlo come diceva san Paolo (Ac 20,29-31), suscitare uno spirito sempre più missionario. Cercate in tutto la comunione e l'edificazione del corpo di Cristo. Voi portate a buon diritto sulla testa l'emblema del capo e in mano la croce del pastore. Ricordatevi che la vostra autorità, secondo Gesù, è quella del buon pastore, che conosce le sue pecore ed è attentissimo a ciascuna; quella del Padre che si impone per il suo spirito di amore e di dedizione; quella del funzionario pronto a rendere conto al suo padrone; quella del "ministro" che è in mezzo ai suoi "come colui che serve" ed è pronto a donare la sua vita. La Chiesa ha sempre raccomandato al capo della comunità cristiana la cura particolare dei poveri, dei deboli, di coloro che soffrono, degli emarginati di ogni specie.

Essa ritiene di accordare un sostegno speciale a sacerdoti e diaconi, vostri compagni di servizio: essi sono per voi fratelli, figli, amici (cfr. CD 16).

L'amministrazione rigorosa che vi è affidata richiede da parte vostra, con l'autorità, la prudenza e la saggezza degli "anziani", lo spirito di equità e di pace, la fedeltà alla Chiesa di cui il vostro anello è simbolo; una purezza esemplare di dottrina e di vita. Si tratta, in definitiva, di condurre chierici, religiosi e laici alla santità di nostro Signore; si tratta di condurli a vivere il comandamento nuovo dell'amore fraterno che Gesù ci ha lasciato come suo testamento (Jn 13,34). Per questo il recente Concilio ricorda a tutti i Vescovi il dovere primordiale di "mostrare l'esempio della santità attraverso la loro carità, umiltà e semplicità di vita" (cfr. CD 15). San Pietro scriveva agli "anziani": "Pascete il gregge di Dio... nello spirito di Dio... Mostratevi i modelli del gregge" (1P 5,2-3).


5. così voi perverrete al bene delle anime, alla loro salvezza. così voi perseguirete l'edificazione della Chiesa già così bene impiantata nel cuore dell'Africa e particolarmente in ciascuno dei vostri paesi. così voi apporterete una parte preziosa alla vitalità della Chiesa universale, portando con me e con l'insieme dei Vescovi la sollecitudine di tutte le Chiese.

D'altronde, formando le coscienze secondo la legge di Dio ed educandole alle responsabilità e alla comunione nella Chiesa, voi contribuirete a formare i cittadini onesti e coraggiosi di cui il paese ha bisogno, nemici della corruzione, della menzogna e dell'ingiustizia, artigiani della concordia e dell'amore fraterno senza frontiere, solleciti di uno sviluppo armonioso e specialmente delle categorie più povere. Ciò facendo, voi esercitate la vostra missione, che è di ordine spirituale e morale: essa vi permette di pronunciarvi sugli aspetti etici della società ogni volta che i diritti fondamentali delle persone, le libertà fondamentali e il bene comune l'esigono. Tutto questo nel rispetto delle autorità civili che, sul piano politico, e nella ricerca dei mezzi per promuovere il bene comune, hanno le loro competenze e responsabilità specifiche. così voi preparerete in profondità il progresso sociale, il benessere e la pace della vostra cara patria e meriterete la stima dei vostri concittadini. Voi siete i pionieri del Vangelo e della Chiesa e i pionieri della storia del vostro paese.


6. Fratelli carissimi, questo ideale non vi deve sopraffare. Al contrario, deve attrarvi, servirvi da trampolino e da speranza. Certo, noi portiamo tutti questi tesori in vasi d'argilla (cfr. 2Co 4,7), compreso colui che vi parla e al quale si riserva il nome di "santità". Ci vuole proprio dell'umiltà per sopportare questo nome! Ma sottomettendo umilmente tutta la vostra persona a Cristo che vi chiama a rappresentarlo, voi siete sicuri della sua grazia, della sua forza, della sua pace. Come san Paolo, "io vi affido a Dio e alla parola della sua grazia" (Ac 20,32). Che Dio sia glorificato in voi! 7. Ed ora io mi rivolgo più direttamente a tutti coloro che vi circondano con la loro simpatia, con la loro preghiera. Cari fratelli e sorelle di Kinshasa dello Zaire, del Burundi, del Sudan, di Gibuti: accogliete con gioia i nostri fratelli che diventano vostri padri e pastori. Abbiate per essi il rispetto, l'affetto, l'obbedienza che dovete ai ministri di Cristo che è via, verità e vita. Ascoltate la loro testimonianza perché essi vengono a voi come primi testimoni del Vangelo.

Il loro messaggio è il messaggio di Gesù Cristo. Aprite le vostre anime alle benedizioni di Cristo, alla vita di Cristo che essi vi portano. Seguiteli sui cammini che vi tracciano affinché la vostra condotta sia degna dei discepoli di Cristo. Pregate per loro. Con loro voi edificherete la Chiesa in Africa, voi svilupperete delle comunità cristiane, in stretta comunione con la Chiesa universale di cui avete ricevuto e continuate a ricevere la linfa, in rapporto confidente con la sede di Pietro, principio d'unità, ma con il vigore e le ricchezze spirituali e morali che il Vangelo avrà fatto sorgere dalle vostre anime africane.

Per mezzo della divina provvidenza quest'ora solenne tocca anche l'Africa di lingua inglese e in particolare il Sudan. Nella persona del nuovo Vescovo ausiliare di Juba, saluto l'intera arcidiocesi e tutti i figli e figlie della Chiesa in questa terra. Grazie e pace a tutti voi in nome di Gesù Cristo, il Figlio di Dio, Gesù Cristo, il buon pastore, di cui la cura pastorale di tutta la sua Chiesa continua ad essere esercitata attraverso il ministero dei Vescovi.

Possa l'amore del Salvatore essere nei vostri cuori oggi e sempre.

E voi, cari amici che non condividete la fede cristiana ma avete tenuto ad accompagnare i cattolici a questa celebrazione liturgica, accogliete il mio grazie e il mio invito a considerare anche voi questi nuovi Vescovi come capi religiosi, difensori dell'uomo, costruttori di pace.

Ed ora ci prepariamo al rito della ordinazione. Come l'apostolo Paolo presso gli "anziani" di Efeso ai quali aveva fatto le sue pressanti raccomandazioni, noi ci accingiamo a pregare. Benedetto sia il Signore che prolunga così la sua opera tra noi! Che tutti gli apostoli intercedano per noi! Che la Vergine Maria, Madre del Salvatore, Madre della Chiesa, Regina degli Apostoli intercedano per noi! Noi le consacriamo questi nuovi servitori della Chiesa. Rendiamo grazie al Signore nella fede, la carità e la speranza. Amen. Alleluia!

Data: 1980-05-04 Data estesa: Domenica 4 Maggio 1980.


Recita del Regina Coeli - Kinshasa (Zaire)

Titolo: Preghiamo la Vergine Maria per le grandi intenzioni dell'Africa

Cari fratelli e sorelle di Kinshasa, dello Zaire e dell'Africa, presenti qui o collegati a noi attraverso la radio, io vi invito a fare una sosta nel mezzo di questa splendida giornata, per rivolgervi alla Vergine Maria, madre nostra. E' una bella usanza, un'usanza antica della Chiesa cattolica, di marcare con una sosta di preghiera, il mattino, il mezzogiorno o la sera, ripetendo a Maria il primo saluto dell'arcangelo Gabriele e la sua risposta, nell'Angelus, o ancora, durante il tempo pasquale, cantando la nostra lode alla Regina del cielo, "Regina coeli".

Il Figlio di Dio si è fatto carne in lei, è l'incarnazione; egli è poi risorto; ecco i misteri gaudiosi e gloriosi che sono al centro della nostra fede.

Bisogna che noi li contempliamo incessantemente con Maria.

Si, è con Maria, Madre di Gesù, che si diventa dei veri discepoli del suo figlio, come gli apostoli a Cana. E' con Maria che si apre il cuore allo Spirito Santo, come gli apostoli nel giorno della Pentecoste. E' con Maria, con questa madre, che si ricorre alla tenerezza paterna di Dio, per tutte le nostre necessità umane e spirituali. Gli africani comprendono molto bene, nelle loro famiglie, il ruolo della donna portatrice di vita e custode del focolare. Come vorrei, cari amici, che voi aveste una devozione spontanea e frequente per Maria, la donna benedetta fra tutte le donne, la donna glorificata accanto al Signore Gesù, la madre che Dio ci dona! Noi la preghiamo per le grandi intenzioni dell'Africa. Perché Dio vi abbia sempre il posto che gli è dovuto. Perché ogni uomo sia rispettato nella sua dignità di uomo e di figlio di Dio, perché i poveri, i malati, i vecchi, i prigionieri, gli stranieri trovino conforto e speranza. Perché i popoli africani, che manifestano un'ospitalità così bella, beneficino della solidarietà rispettosa degli altri popoli. Perché essi salvaguardino, purificandoli senza tregua, i veri valori dell'anima africana e ne arricchiscano il patrimonio dell'umanità. Perché la pace regni nelle nazioni e tra le nazioni. E che i responsabili dei popoli, li guidino, in spirito di servizio, nella giustizia e con sapienza.

Noi preghiamo in modo particolare Maria perché il Vangelo di Gesù sia sempre accolto in Africa come luce e come salvezza, perché esso è ai nostri occhi la luce e la salvezza. Perché le comunità cristiane si ingrandiscano e si affermino nell'unità e nella santità. Perché i laici vivano secondo il loro battesimo. Perché Dio susciti numerose vocazioni di sacerdoti, di religiosi e di religiose e li porti al loro compimento. E preghiamo specialmente per questi nuovi Vescovi sui quali noi abbiamo imposto le mani per comunicare la pienezza dei doni dello Spirito Santo. La scelta di questi pastori è un segno della maturità delle vostre Chiese. Essi stanno ora per unirsi ai loro fratelli, ai miei fratelli, per camminare alla testa del gregge, come Gesù ha chiesto agli apostoli ed in modo particolare a Pietro.

Che Maria vegli su queste Chiese, sulla Chiesa unica di suo Figlio!

Data: 1980-05-04 Data estesa: Domenica 4 Maggio 1980.


Il cordoglio del Papa - Kinshasa

Al Cardinale Joseph Malula Arcivescovo di Kinshasa Appena informato questa sera del tragico incidente avvenuto oggi stesso prima dell'inizio della cerimonia al Palazzo del Popolo, nel quale molte persone hanno trovato la morte e molte altre sono state ferite, ho immediatamente espresso il desiderio di poter andare con i miei collaboratori a pregare presso le spoglie mortali delle vittime e portare alle famiglie dei defunti il mio personale conforto.

Non avendo potuto realizzare questo mio desiderio, esprimo la mia profonda emozione e la mia pena a Lei che è il pastore di questa città e La incarico d'essere presso le famiglie così crudelmente provate l'interprete delle mie condoglianze profondamente sentite per la morte di queste vittime.

Implorando per essi il riposo eterno nella pace del Signore, confido le loro anime alla misericordia divina e prego Dio d'accordare alle famiglie, in quest'ora di lutto così grave, il conforto delle sue promesse. Formulo i migliori auguri per la rapida guarigione dei feriti e li benedico di tutto cuore.

Kinshasa, il 4 Maggio 1980.

[Traduzione dal francese]

Data: 1980-05-04 Data estesa: Domenica 4 Maggio 1980.


Agli universitari e agli intellettuali - Kinshasa (Zaire)

Titolo: L'amore ardente della verità ispiri la gioia della ricerca

Signor rettore, signori professori e professoresse, cari studenti e studentesse.

1. Sono profondamente colpito dalle parole di benvenuto che mi sono state rivolte e ve ne ringrazio vivamente. Non è necessario che vi dica la mia gioia di poter prendere contatto stasera con il mondo universitario africano. Nell'omaggio di cui mi fate oggetto, non vedo solo l'onore reso al primo pastore della Chiesa cattolica; vi percepisco anche un'espressione di riconoscenza verso la Chiesa, per il ruolo che essa ha svolto nel corso della storia e che ancora svolge nella promozione del sapere e della scienza.


2. Storicamente la Chiesa è stata all'origine delle università. Per secoli vi ha sviluppato una concezione del mondo nella quale le cognizioni dell'epoca erano collocate entro la visione più ampia di un mondo creato da Dio e redento da nostro Signore Gesù Cristo. Numerosi suoi figli si sono consacrati all'insegnamento e alla ricerca per iniziare generazioni di studenti ai diversi gradi del sapere in una visione totale dell'uomo, tale da includere in particolare la considerazione delle ragioni ultime della sua esistenza.

Tuttavia l'idea stessa di università, universale per definizione nel suo progetto, non implica affatto che essa si collochi in qualche modo al di fuori delle realtà del paese nel quale è radicata. Al contrario la storia mostra, come le università sono state strumenti di formazione e diffusione di una cultura propria ai loro paesi, contribuendo potentemente a forgiare la coscienza dell'identità nazionale. Per questo l'università fa naturalmente parte del patrimonio culturale di un popolo. In questo senso si potrebbe dire che essa appartiene al popolo.

Questo modo di vedere l'università nella sua luce essenziale, il sapere il più ampio possibile, e nel suo radicarsi concreto in seno a una nazione, è di grande importanza. In particolare manifesta la legittimità del pluralismo delle culture riconosciuta dal Concilio Vaticano II (cfr. GS 53), e permette di discernere i criteri del pluralismo culturale autentico, legato al modo nel quale ciascun popolo si muove verso l'unica verità. Essa mostra inoltre che un'università fedele all'ideale di una verità totale sull'uomo non può omettere, neppure sotto pretesto di realismo o di autonomia delle scienze, lo studio delle realtà superiori dell'etica, della metafisica e della religione. E' sotto questo profilo che la Chiesa ha dedicato un interesse particolare al mondo della cultura e gli ha conferito importanti contributi. Per lei, la rivelazione divina sull'uomo, sul senso della sua vita e del suo sforzo per la costruzione del mondo è essenziale ai fini di una conoscenza completa dell'uomo e perché il progresso sia sempre totalmente umano. Tale è lo scopo dell'attività missionaria della Chiesa: tale, come ancora ricorda il Concilio, che tutto quanto c'è di buono nel cuore degli uomini, nei loro pensieri, nella loro cultura, sia elevato e giunga al suo perfezionamento per la gloria di Dio e la felicità dell'uomo (cfr. LG 17).


3. L'università di Kinshasa ha un posto notevolissimo in questa collaborazione storica tra la Chiesa e il mondo della cultura. Il centenario dell'evangelizzazione dello Zaire coincide di fatto col venticinquesimo anniversario dell'università nazionale del paese. Come non felicitarsi insieme della chiaroveggenza di coloro che hanno fondato questa università? Essa manifesta bene il posto che la promozione culturale e spirituale dell'uomo occupa nell'evangelizzazione. Essa è la prova che la Chiesa, e particolarmente la prestigiosa università cattolica di Lovanio avevano visto giusto e avevano fiducia nell'avvenire del vostro popolo e del vostro paese! Ancora adesso l'importanza della comunità cattolica nel vostro paese fa auspicare che l'università vi rimanga aperta a rapporti fiduciosi con la Chiesa! E così, oggi mentre rendo omaggio in vostra presenza all'università nazionale dello Zaire e alla comunità universitaria zairese rivolgo anche il mio sguardo in direzione del mondo universitario africano tutt'intero: esso svolge e svolgerà sempre più un ruolo di primo piano, insostituibile ed essenziale perché il vostro continente sviluppi in pienezza tutte le promesse di cui è portatore, per se stesso e per l'insieme del mondo.


4. Permetterete, ne sono certo, a un antico professore di università, che ha consacrato lunghi e felici anni all'insegnamento universitario nella sua terra natale, di intrattenervi per qualche istante su quelli che io considero i due obiettivi essenziali di ogni formazione universitaria completa ed autentica: scienza e coscienza o, per dirlo altrimenti: l'accesso al sapere e la formazione della coscienza come è espresso chiaramente nel motto dell'università nazionale dello Zaire: "scientia splendet et conscientia".

Il primo ruolo di una università è l'insegnamento del sapere e la ricerca scientifica. Di questo vasto ambito io affronto qui soltanto un punto: chi dice scienza dice verità. Non ci sarebbe dunque alcun autentico spirito universitario là dove non ci fosse la gioia di cercare e di conoscere, ispirata da un amore ardente della verità. Questa ricerca della verità costituisce la grandezza del sapere scientifico, come già ricordavo il 10 novembre scorso rivolgendomi alla Pontificia Accademia delle Scienze: "La scienza pura è un bene degno di essere molto amato, perché è conoscenza e quindi perfezione dell'uomo nella sua intelligenza: essa deve essere onorata per se stessa, ancor prima delle sue applicazioni tecniche, come parte integrante della cultura. La scienza fondamentale è un bene universale, che ogni popolo deve poter coltivare con piena libertà da ogni forma di servitù internazionale o di colonialismo intellettuale" (Ioannis Pauli PP. II "Allocutio in Aula Regia Palatii Vaticani habita, occasione oblata saeculi expleti ab obitu Alberti Einstein", 2, die 10 nov. 1979: "", II,2[1979] 1108).

Quanti consacrano la loro vita alla scienza possono dunque provare una legittima fierezza e così quelli che come voi, studenti e studentesse, possono passare diversi anni della loro vita a formarsi a una disciplina scientifica, perché nulla è più bello, nonostante la fatica e la pena che ciò richiede, di potersi dedicare alla ricerca della verità sulla natura e sull'uomo.


5. Come non attirare ora brevemente la vostra attenzione sull'amore per la verità riguardante l'uomo? Come ho più volte sottolineato, le scienze umane occupano un posto sempre più grande nel nostro sapere. Esse sono indispensabili per giungere a un'organizzazione armoniosa della vita in comune, in un mondo in cui gli scambi diventano sempre più numerosi e complessi. Ma nello stesso tempo si può parlare di "scienze" dell'uomo in un solo senso, ben preciso, radicalmente diverso dal senso abituale, proprio perché esiste una verità sull'uomo che trascende ogni tentativo di riduzione a qualche aspetto particolare di qualunque tipo. In questo campo, un ricercatore veramente completo non può astrarsi, sia nell'elaborazione del sapere come nelle sue applicazioni, dalle realtà spirituali e morali che sono essenziali per l'esistenza umana né dai valori che ne derivano; perché è verità fondamentale che la vita dell'uomo ha un senso da cui dipende il valore dell'esistenza personale così come un giusto concetto della vita sociale.


6. Queste rapide considerazioni sull'amore per la verità che vorrei poter sviluppare a lungo dialogando con voi, vi avranno già mostrato ciò che intendo quando parlo del ruolo dell'università e dei vostri studi per la formazione della coscienza. L'università ha certo prima di tutto un ruolo pedagogico di formazione dei suoi studenti, per renderli capaci di raggiungere il livello di sapere richiesto e di esercitare più tardi con efficacia la loro professione nel mondo in cui saranno chiamati a lavorare. Ma al di là delle differenti nozioni che essa ha la funzione di trasmettere, l'università non può disinteressarsi di un altro dovere: quello di permettere e facilitare l'inserimento del sapere in un contesto più ampio, fondamentale, in una concezione pienamente umana dell'esistenza. Con questo lo studente avvertito eviterà di soccombere alla tentazione delle ideologie, ingannevoli perché sempre semplificatrici, e sarà reso capace di ricercare a un livello superiore la verità su se stesso e sul suo ruolo nella società.


7. Cari amici, professori e studenti! Vorrei poter dire personalmente a ciascuno di voi e a ciascuno di quanti voi rappresentate, al mondo studentesco, al mondo della cultura e della scienza nello Zaire e in Africa, tutto il mio incoraggiamento ad assumersi ciascuno pienamente le sue responsabilità. Esse sono pesanti; richiedono il meglio di voi stessi, perché l'università non ha come scopo principale la ricerca di titoli, di diplomi o di incarichi ben retribuiti, ma il compito fondamentale della formazione dell'uomo e del servizio del paese. Per questo essa è così esigente nei confronti del lavoro da compiere, nei rapporti con se stessi, in relazione alla società.

Se ogni ricerca universitaria richiede una vera libertà senza la quale essa non può esistere, richiede anche da parte degli universitari, una totale dedizione al lavoro e doti di obiettività, di metodo e di disciplina, vale a dire la competenza. Questo aspetto che voi conoscete bene conduce agli altri due. Una delle caratteristiche del lavoro universitario e del mondo intellettuale consiste in questo: che, forse più che altrove, ciascuno si trova costantemente rimandato alla sua responsabilità personale nell'orientamento che imprime al suo lavoro. Su quest'ultimo punto sono lieto di ripetervi la grandezza del vostro ruolo e di incoraggiarvi a farvi fronte con tutta la vostra anima. Voi non lavorate soltanto per voi stessi, per la vostra promozione. Per il fatto stesso che siete universitari, voi partecipate a una ricerca della verità sull'uomo, a una ricerca del suo bene. con la sollecitudine di cooperare alla valorizzazione della natura per un autentico servizio dell'uomo, alla promozione dei valori culturali e spirituali dell'umanità. Concretamente, questa partecipazione al bene dell'umanità si realizza attraverso i servizi che voi rendete e che sarete chiamati a rendere al vostro paese: alla salute fisica e morale dei vostri concittadini, a un più progredito benessere economico e sociale della vostra nazione. Infatti l'educazione privilegiata che la comunità vi mette a disposizione non vi è data prima di tutto nel vostro interesse personale. Domani, la comunità tutta intera, con i suoi bisogni materiali e spirituali, avrà bisogno di voi. Voi dovrete essere sensibili agli appelli dei vostri compatrioti. Compito difficile ma esaltante, degno del sentimento della vostra solidarietà che voi possedete in maniera così forte: voi dovrete servire l'uomo, servire l'uomo africano in ciò che ha di più profondo e di più prezioso: la sua umanità.


8. Le prospettive ch'io mi limito ad abbozzare davanti a voi stasera, cari amici, implicano come realtà fondamentale che l'etica, la morale, le realtà spirituali siano percepite come elementi costitutivi dell'uomo integrale, inteso tanto nella sua vita personale quanto nella missione che deve svolgere nella società e dunque come elementi essenziali di ogni società. Primato della verità e primato dell'uomo, ben lungi dall'opporsi, si uniscono e si coordinano armoniosamente per uno spirito sollecito di raggiungere e di rispettare il reale in tutta la sua ampiezza.

Ne discende ancora che, come esiste un modo erroneo di concepire il progresso tecnico considerandolo il tutto dell'uomo, facendolo servire anzitutto alla soddisfazione dei suoi desideri più superficiali falsamente identificati nel successo e nel piacere, così esiste un modo erroneo di concepire il progresso del nostro pensiero sulla verità dell'uomo. In questo ambito, voi lo percepite bene, il progresso si attua per approfondimento, per integrazione. Taluni errori vengono corretti, ma sono sempre stati errori; mentre non c'è verità sull'uomo, sul senso della vita personale e comunitaria, che possa essere "superato" o diventare errore. Questo è importante per voi, che in una società in piena trasformazione dovete lavorare al suo progresso umano e sociale, integrando la verità che vi viene dal passato con quella che vi permetterà di far fronte a prospettive nuove.


9. Effettivamente se il materialismo sotto tutte le sue forme deve essere rigettato, questo è in funzione della verità dell'uomo, perché è sempre per lui causa di asservimento: si tratti di asservimento a una ricerca senza anima dei beni materiali, si tratti di un asservimento ancor peggiore dell'uomo, corpo ed anima, a ideologie atee; sempre in definitiva asservimento dell'uomo all'uomo. Per questo la Chiesa cattolica ha voluto riconoscere e proclamare solennemente il diritto alla libertà religiosa nella ricerca leale dei valori spirituali e religiosi; per questo ancora essa prega affinché tutti gli uomini trovino la strada della verità totale, nella fedeltà al senso religioso che Dio ha posto nei loro cuori.


10. Vorrei aggiungere qui una breve parola particolarmente riservata ai miei fratelli e sorelle in Cristo. Voi credete nel messaggio del Vangelo e volete viverlo. Per noi il Signore Gesù Cristo è la via, la verità e la vita nostra (cfr. Jn 14,6). Ho già sviluppato, in particolare nella prima enciclica "Redemptor Hominis" che ho rivolto al mondo all'inizio del mio ministero pontificale e anche nel mio messaggio del 1° gennaio 1980 su "La verità forza della pace" come per noi cristiani Cristo nostro Signore attraverso l'incarnazione cioè la realtà della nostra umanità assunta per la nostra salvezza ci ha rivelato la verità più totale che esista sull'uomo, su noi stessi, sulla nostra esistenza. Egli è, in tutta verità, la strada dell'uomo, la vostra. Per questo l'evangelizzazione che risponde a un ordine del Signore trova il suo posto anche nella vostra collaborazione all'avvenire del vostro popolo, perché essa è collaborazione nella fede ai progetti divini sul mondo e sull'umanità e in definitiva collaborazione alla storia della salvezza.


11. Nel momento in cui si celebra in Zaire il centenario dell'annuncio della parola di Dio, nel momento in cui si forma un mondo africano nuovo al servizio di un'umanità più ricca per tutta l'Africa, voi siete chiamati a parteciparvi pienamente, essendo nello stesso tempo i testimoni di Cristo nella vostra vita universitaria e professionale. Date prova della vostra competenza, della vostra saggezza africana, ma siate nello stesso tempo uomini e donne che rendono testimonianza alla loro concezione cristiana del mondo e dell'uomo. Sia tutta la vostra vita, per coloro che vi circondano e al di là del vostro stesso grande paese un annuncio della verità sull'uomo rinnovato in Cristo, un messaggio di salvezza nel Signore risuscitato. Io conto su di voi, universitari cattolici, cari figli e care figlie, conto sul vostro impegno fedele al servizio del paese, della Chiesa, di tutta l'umanità e ve ne ringrazio.


12. Cari amici, professori, studenti e studentesse, all'inizio della sua esistenza la vostra università aveva come motto: "Lumen requirunt lumine": alla sua luce essi cercano la luce! Io auguro che i vostri studi, le vostre ricerche, la vostra saggezza siano per voi tutti un cammino verso la luce suprema, il Dio di verità, che io prego di benedirvi.

Data: 1980-05-04 Data estesa: Domenica 4 Maggio 1980.



GPII 1980 Insegnamenti - Agli esponenti delle altre confessioni cristiane a Kinshasa