GPII 1980 Insegnamenti - Ai sacerdoti - Kinshasa (Zaire)

Ai sacerdoti - Kinshasa (Zaire)

Titolo: La vocazione cristiana dei popoli d'Africa tragga senso e alimento dal vostro ministero

Cari fratelli sacerdoti, 1. Ho molto desiderato questo incontro con voi. I sacerdoti, voi lo sapete, occupano un posto speciale nel mio cuore e nella mia preghiera. E' normale: con voi, io sono sacerdote. Colui che è stato costituito pastore di tutto il gregge ha gli occhi fissi anzitutto su coloro che condividono la sua missione pastorale - che è la stessa missione di Cristo -, su coloro che quotidianamente sopportano "il peso del giorno e del calore". E la vostra missione è così importante per la Chiesa! L'anno scorso, in occasione del Giovedi Santo, ho voluto mandare una lettera speciale a tutti i sacerdoti del mondo, attraverso i loro Vescovi. A nome di tutta la Chiesa, vi esprimevo i miei sentimenti di gratitudine e di fiducia.

Ricordavo la vostra identità sacerdotale, in rapporto a Cristo sacerdote, al buon pastore; situavo il vostro ministero nella Chiesa. Mettevo in evidenza anche il significato delle esigenze legate al vostro stato sacerdotale. Spero che abbiate letto quella lettera, che la rileggiate. Non posso qui riprendere tutti i temi, anche se brevemente. Daro invece qualche riflessione come prolungamento di essa.

Mi sta a cuore soprattutto parlare a voi, a voi personalmente, sacerdoti in Africa, sacerdoti in Zaire. E' uno dei miei primi incontri sul suolo africano, un incontro privilegiato con i miei fratelli sacerdoti.


2. Al di là delle vostre persone, penso a tutti i sacerdoti del continente africano. A quelli che sono venuti da lontano fin dagli inizi dell'evangelizzazione e che continuano a dare il loro aiuto prezioso e indispensabile. Non oso tanto definirli "missionari", perché tutti devono essere missionari. E penso anche - in modo speciale in questo presente incontro - ai sacerdoti che provengono dalle popolazioni africane: essi costituiscono già una risposta ricca di promesse consolanti; sono la dimostrazione più convincente della maturità che le vostre giovani Chiese hanno acquisito; essi sono già, ma sono chiamati sempre più ad esserne gli animatori. Essi sono particolarmente numerosi in questo paese. E' una grande grazia per la quale noi dobbiamo ringraziare Dio, in questo centenario dell'evangelizzazione. E' anche una grande responsabilità.


3. Fra i tanti pensieri che si affollano nel mio animo in questo momento, quale scegliero come tema di questo incontro? Mi sembra che l'ispirazione migliore ci viene indicata dall'apostolo Paolo, quando esorta il suo discepolo Timoteo a ravvivare il dono che Dio ha depositato in lui per l'imposizione delle mani (cfr. 2Tm 1,6), e a trarne, nella rinnovata consapevolezza di questa grazia, il coraggio di continuare con generosità ll cammino intrapreso perché "Dio infatti non ci ha dato uno spirito di timidezza, ma uno spirito di forza, di amore e di saggezza" (2Tm 1,7).

La nostra meditazione di oggi deve dunque cominciare con il richiamare le note fondamentali del sacerdote. Essere sacerdote significa essere mediatore fra Dio e gli uomini attraverso il Mediatore per eccellenza che è Cristo.

Gesù ha potuto compiere la sua missione grazie alla sua unione totale con il Padre, perché egli era uno con lui: nella sua condizione di pellegrino sulle strade della nostra terra ("viator"), egli era già in possesso del fine ("comprehensor") verso il quale doveva condurre gli altri. Per poter efficacemente continuare la missione di Cristo, il sacerdote deve in qualche modo già essere arrivato anche lui là dove vuole condurre gli altri; vi potrà arrivare mediante la contemplazione assidua del mistero di Dio, nutrita dallo studio della Scrittura, uno studio che si trasforma in preghiera. La fedeltà ai momenti e ai modi della preghiera personale, la preghiera più ufficiale delle "ore", ma anche il compimento degno e generoso degli atti sacri del ministero, contribuiscono a santificare il sacerdote e a condurlo ad un'esperienza della presenza misteriosa e affascinante del Dio vivente, permettendogli di agire con forza nell'ambiente umano che lo circonda.


4. Il Cristo ha esercitato la sua funzione di mediatore soprattutto attraverso l'immolazione della sua vita nel sacrificio della croce, accettato in obbedienza al Padre. La croce resta la via "obbligata" per l'incontro con Dio. E' una strada sulla quale il sacerdote in prima persona deve slanciarsi con coraggio. Come ricordavo nella mia recente lettera sull'eucarestia, non è forse egli chiamato a rinnovare "in persona Christi", nella celebrazione eucaristica, il sacrificio della croce? Secondo la bella espressione dell'africano Agostino di Ippona, il Cristo sul calvario fu "sacerdote e sacrificio, e dunque sacerdote in quanto sacrificio" (S.Augustini "Confessiones", X,43,69). Il sacerdote che, nella povertà radicale dell'obbedienza a Dio, alla Chiesa, al suo Vescovo, avrà saputo fare della sua vita un'offerta pura da offrire, in unione con Cristo, al Padre celeste, sperimenterà nel suo ministero la forza vittoriosa della grazia del Cristo morto e risuscitato.

Come mediatore, il Signore Gesù fu, in tutte le dimensioni del suo essere, l'uomo per Dio e per i fratelli. così il sacerdote; ed è questa la ragione per cui gli è chiesto di consacrare tutta la sua vita a Dio e alla Chiesa, nelle profondità del suo essere, delle sue facoltà, dei suoi sentimenti. Il sacerdote che, nella scelta del celibato, rinuncia all'amore umano per offrirsi totalmente a quello di Dio, si rende libero per donarsi agli uomini mediante un dono che non esclude persona alcuna, ma li comprende tutti nel flusso della carità che proviene da Dio (cfr. Rm 5,5) e conduce a Dio. Il celibato, legando il sacerdote a Dio, lo libera per donarsi a tutte le opere richieste dalla cura delle anime.


5. Ecco delineata in pochi tratti la fisionomia essenziale del sacerdote, quale ci è stata trasmessa dalla venerata tradizione della Chiesa. Essa ha un valore permanente, ieri, oggi, domani. Non si tratta di ignorare i problemi nuovi che emergono dal mondo contemporaneo, e anche dal contesto africano, poiché occorre preparare sacerdoti che siano al tempo stesso pienamente africani e autenticamente cristiani. I problemi posti dalla cultura nella quale il ministero sacerdotale si inserisce richiedono una matura riflessione. Ma in ogni caso occorre affrontarli e risolverli alla luce della teologia fondamentale che ho appena richiamato.


6. Non è necessario che mi dilunghi ora sulle differenti funzioni del prete. Voi avete meditato - e dovete spesso richiamarli alla vostra mente - i testi del Concilio Vaticano II, la costituzione "Lumen Gentium" (cfr. LG 28) e tutto il decreto "Presbyterorum Ordinis".

L'annuncio del Vangelo, di tutto il Vangelo, a ogni categoria di cristiani e anche ai non-cristiani, deve prendere un grande posto nella vostra vita. I fedeli ne hanno diritto. A questo ministero della parola di Dio appartengono in particolare la catechesi, che deve poter arrivare al cuore e allo spirito dei vostri compatrioti, e la formazione dei catechisti, religiosi e laici.

E siate educatori della fede e della vita cristiana secondo la Chiesa, a livello personale, familiare, professionale.

La degna celebrazione dei sacramenti, la dispensazione dei misteri di Dio, è una funzione egualmente centrale nella vostra vita di sacerdoti. In questo campo, vegliate con assiduità a preparare i fedeli a riceverli, affinché, per esempio, i sacramenti del battesimo, della penitenza, dell'eucaristia, del matrimonio portino tutto il loro frutto.

Poiché Cristo esercita la forza della sua azione redentrice, in questi sacramenti. Lo fa particolarmente nell'eucarestia e nel sacramento della penitenza. L'apostolo Paolo ha detto: "Dio... ha affidato a noi il ministero della riconciliazione" (2Co 5,18). Il Popolo di Dio è chiamato ad una conversione continua, ad una riconciliazione sempre rinnovata con Dio in Cristo. Questa riconciliazione si compie attraverso il sacramento della penitenza, ed è là che voi esercitate, per eccellenza, il vostro ministero di riconciliazione. Si, io conosco le vostre difficoltà: voi avete tanti compiti pastorali da espletare, ed il tempo è sempre troppo poco. Ma ogni cristiano ha il diritto, si, il diritto di un incontro personale con il Cristo crocifisso che perdona. E, come ho detto nella mia prima enciclica "è evidente che si tratta nello stesso tempo di un diritto di Cristo stesso verso ogni uomo da lui redento" (Ioannis Pauli PP. II RH 20).

Perciò io vi supplico: considerate sempre questo ministero della riconciliazione nel sacramento della penitenza come uno dei vostri compiti più importanti.

Infine, il "potere spirituale" che vi è stato dato (cfr. PO 6) è ordinato allo scopo di costruire la Chiesa per condurla - sull'esempio del Signore stesso, il buon pastore - con dedizione umile e disinteressata, sempre accogliente, con disponibilità ad assumere i diversi ministeri e servizi che sono necessari e complementari nell'unità del presbiterio, coltivando con grande cura la collaborazione tra voi sacerdoti, e con i vostri Vescovi. Il popolo cristiano sarà attratto all'unità vedendo l'amore fraterno e la coesione che voi manifestate. La vostra autorità nell'esercizio delle vostre funzioni è legata alla vostra fedeltà alla Chiesa che ve le ha confidate. Lasciate le responsabilità politiche a coloro che ne sono incaricati: la parte che spetta a voi è un'altra, una parte magnifica: voi siete "capi" a un altro titolo e in un altro modo, avendo parte al sacerdozio di Cristo, come suoi ministri. Il vostro campo d'intervento - certamente vasto - è quello della fede e dei costumi, dove ci si attende da voi che predichiate con una parola coraggiosa e al tempo stesso con l'esempio della vostra vita.


7. Ciascun membro della Chiesa ha in essa un ruolo insostituibile. Il vostro consiste anche nell'aiutare tutti coloro che appartengono alle vostre comunità a svolgere il loro ruolo: sia i religiosi e le religiose, sia i laici. Dovrete in particolare mettere in rilievo il ruolo dei laici: infatti, non si deve mai dimenticare che il battesimo e la confermazione conferiscono una responsabilità specifica nella Chiesa. Approvo dunque vivamente la vostra sollecitudine nel suscitare collaboratori, nel formarli alle loro responsabilità. Si, occorre saper indirizzare loro, senza stancarsi, appelli diretti, concreti, precisi. Occorre formarli facendo prendere loro coscienza delle ricchezze nascoste che portano in se stessi. Bisogna infine saper veramente collaborare, senza accaparrarsi tutti i compiti, tutte le iniziative o tutte le decisioni, quando si tratta di ciò che appartiene al campo delle loro competenze e delle loro responsabilità. così si formano comunità vive, che ci rimandano veramente un'immagine della Chiesa primitiva, nella quale compaiono, attorno all'apostolo, i nomi di quei numerosi coadiutori, uomini e donne, che san Paolo saluta come "suoi collaboratori in Cristo Gesù" (Rm 16,3).


8. In tutto questo lavoro pastorale, le inevitabili difficoltà non devono scalfire la nostra fiducia. "Scimus Christum surrexisse a mortuis vere". La presenza di Cristo risorto è il fondamento sicuro di una speranza "che non delude" (Rm 5,5).

Per questo il prete dev'essere sempre e ovunque, un uomo di speranza. E' vero che il mondo è attraversato da tensioni profonde che assai spesso generano difficoltà la cui soluzione immediata è al di sopra delle nostre possibilità. In tali circostanze, e in ogni momento, è necessario che il sacerdote sappia offrire ai suoi fratelli, con la parola e con l'esempio, motivi convincenti di speranza. E può farlo perché le sue certezze non sono fondate su opinioni umane, ma sulla roccia solida della parola di Dio.


9. Da essa sostenuto, il prete deve rivelarsi un uomo di discernimento e un maestro autentico della fede.

Si, soprattutto nella nostra epoca, egli deve essere un uomo di discernimento. Tutti sappiamo infatti che se il mondo moderno ha fatto grandi progressi nel campo del sapere e della promozione umana, esso è anche impregnato da un grande numero di ideologie e di pseudo valori che, mediante un linguaggio suggestivo, riescono troppo spesso a sedurre e ad ingannare molti nostri contemporanei.Non basta, è evidente, evitare di soccombere ad essi; la funzione dei pastori è anche quella di formare il giudizio cristiano dei fedeli (cfr. 1Tm 5,21 1Jn 4,1), affinché siano anch'essi capaci di sottrarsi al fascino ingannatore di questi nuovi "idoli".

In questo modo, il sacerdote si rivelerà anche un maestro autentico della fede. Egli porterà i cristiani a una maturazione nella loro fede, comunicando loro una conoscenza sempre più approfondita del messaggio evangelico - non secondo "una propria sapienza" ma secondo "la parola di Dio" (cfr. PO 4) - e aiutandoli a giudicare alla luce di esso le circostanze della vita. così, grazie ai vostri sforzi perseveranti, oggi, in Africa, i cattolici sapranno scoprire le risposte che, nella piena fedeltà ai valori immutabili della tradizione, saranno anche in grado di soddisfare in maniera adeguata i bisogni e gli interrogativi del presente.


10. Ho ricordato il ruolo di tutti i fedeli nella Chiesa. Ma, al termine di questo incontro, desidero attirare la vostra attenzione sul dovere primordiale che voi avete verso le vocazioni. Il senso di ogni vocazione cristiana è così intimamente dipendente da quello della vocazione sacerdotale che, quando in una comunità esso scompare, viene compromessa l'autenticità stessa della vita cristiana. Lavorate dunque instancabilmente, cari fratelli, per far comprendere a tutto il Popolo di Dio l'importanza delle vocazioni; pregate e fate pregare a questo scopo; vigilate affinché l'invito di Cristo sia adeguatamente presentato ai giovani; aiutate coloro che il Signore chiama al sacerdozio o alla vita religiosa, a discernere i segni della loro vocazione; sosteneteli lungo tutto il corso della loro formazione. Siete voi stessi ben persuasi che l'avvenire della Chiesa dipenderà da sacerdoti santi, perché il sacerdozio appartiene alla struttura della Chiesa quale il Signore l'ha voluta. Infine, cari fratelli, non credete che il Signore si servirà anzitutto dell'esempio della nostra propria vita, generosa e irradiante, per suscitare altre vocazioni? Carissimi fratelli, abbiate fede nel vostro sacerdozio. E' il sacerdozio di sempre, perché è una partecipazione al sacerdozio eterno di Cristo, che "è lo stesso ieri, oggi e sempre!" (He 13,8 cfr. Ap 1,17). Si, se le esigenze del sacerdozio sono molto grandi, e se io non ho esitato nonostante ciò a parlarvene, è perché non sono altro che la conseguenza della prossimità col Signore, della fiducia che egli testimonia ai suoi sacerdoti. "Non vi chiamo più servi... ma vi ho chiamati amici" (Jn 15,15). Questo canto del giorno della nostra ordinazione resta per ciascuno di voi, come per me, una fonte permanente di gioia e di fiducia. E' questa gioia che vi invito a rinnovare oggi. Che la Vergine Maria sia sempre il vostro sostegno sul cammino, e che ci introduca tutti ogni giorno di più nell'intimità con il Signore! Con mia affettuosa benedizione apostolica.

Data: 1980-05-04 Data estesa: Domenica 4 Maggio 1980.


Nella sede della Nunziatura a Kinshasa (Zaire)

Titolo: Il saluto alla comunità polacca

Sia lodato Gesù Cristo! Cari fratelli e sorelle, missionari! Cari compatrioti, partecipanti a questo straordinario incontro in Terra d'Africa! 1. E' con profonda commozione che mi incontro con voi qui, in Africa, dove siete i rappresentanti della nostra comune Patria e Chiesa, che in Africa adempie alla sua missione salvifica. Vi do il benvenuto e vi saluto con un rispettoso saluto dei nostri Padri. Esso contiene in sé non soltanto tutta la profondità di un contenuto sentimentale, che ricorda la terra patria, la famiglia, la parrocchia, il proprio ambiente, quello in cui siete cresciuti, il quale in seguito, attratti dal richiamo "Seguimi", avete lasciato, per divenire seminatori della Parola di Dio, ma esso esprime altresi l'essenza stessa della vocazione missionaria, l'ideale che sottende l'attività di evangelizzazione.

In nome di Gesù Cristo, crocefisso e risorto, siete venuti qui, affinché tutti i popoli avessero a lodare Dio, affinché tutte le nazioni lo glorificassero (cfr. Ps 116[117]).

"O come sono lieti sui monti i piedi di chi annuncia la gloriosa novella, di chi annuncia la pace, proclama la felicità, che diffonde la salvezza" (Is 52,7).

In nome di Gesù Cristo ho intrapreso questo mio pellegrinaggio diritto al cuore vivo dell'uomo d'Africa, per prendere parte alle gioie legate all'anniversario di questa giovane Chiesa, ed insieme con Essa ringraziare Dio per le grazie di cui Essa ha goduto nel corso di questo secolo e per affidare il suo promettente futuro alla Misericordia Divina.


2. Allo stesso titolo mi incontro con voi, cari missionari, fratelli e sorelle. Mi rallegro per il fatto di potermi unire per alcuni giorni alla vostra attività missionaria quotidiana in modo del tutto particolare, e di condividere la vostra fatica missionaria, offrendo questo servizio ai nostri fratelli del continente africano.

Sappiamo bene che anche noi dobbiamo agli altri la nostra fede, altri che sollecitati dal richiamo della Parola di Dio sono giunti da noi per annunciare ai nostri Progenitori la lieta novella, per annunciare la pace e la felicità, per diffondere il messaggio di salvezza, per indurli nei misteri della vita di Dio, per incorporarli nel corpo vivo della Chiesa.

La viva testimonianza della maturità di ogni Chiesa non consiste soltanto nella sua apertura alla parola di Dio, alla bontà che è insita nella salvezza offerta all'uomo, ma nella capacità di offrire agli altri ciò di cui Essa stessa vive. Questo dare non è soltanto l'estrinsecazione della Sua maturità, ma esso approfondisce e fissa tale maturità. Anche per questo, così come tutta la Chiesa, anche le Chiese locali desiderano divenire missionarie, divenire soggetto attivo di questa missionarietà della Chiesa. Benché nella storia non sempre abbiamo goduto delle appropriate condizioni di esprimere all'esterno questa missionarietà, tuttavia lo spirito missionario era ed è profondamente radicato nella fede della nostra Nazione.

E le questioni missionarie trovano sempre la più profonda eco nei cuori del Popolo Divino nella nostra Patria. Nonostante le suddette difficoltà, la Chiesa della nostra Patria ha scritto la sua meravigliosa carta missionaria; menzioniamo qui soltanto il Beato Massimiliano Maria Kolbe, la Beata Maria Teresa Ledochowska, Padre Bejzym, per non parlare di numerosi altri spesso meno conosciuti, talora anonimi operatori in questa terra di missione. Essa continua a scrivere questa carta missionaria, di cui voi siete la prova vivente, voi qui presenti e tutti colori che qui non si sono potuti recare.

Quanto mi rallegro come Papa, e come Polacco, quando mi raggiunge una notizia della partenza di un nuovo missionario, sacerdote, frate, suora o laico dalla Polonia, e queste partenze sono grazie a Dio, sempre più frequenti! 3. In nome di Gesù Cristo mi incontro con voi, compatrioti qui presenti e con voi, assenti - magari non numerosi - che la sorte ha condotto qui e voi tutti che sul continente africano avete trovato una seconda patria; voi che adempiendo qui sul vostro servizio, servite la Patria; voi missionari dei valori umani, che vi siete recati qui per condividere il vostro sapere, esperienza e capacità su questo continente in via di sviluppo e che esige aiuto, rispettando la dignità e il diritto di ogni uomo.

Tale rispetto della dignità e della libertà propria e altrui è profondamente radicato nella nostra tradizione cristiana e nazionale, poiché conosciamo il prezzo di questi valori umani basilari e intoccabili. E sappiamo che non si può recare un vero bene ad un altro essere umano, se dietro a ciò si nascondono altri scopi in antitesi con questo, nonché interessi indiretti.


4. Auguro a voi che siete così come nel testo di Isaia anche i nostri fratelli africani tra i quali operate, possano dire di voi: "O come sono lieti sui monti i piedi di chi annuncia la gioiosa novella, di chi annuncia la pace, proclama la felicità, che diffonde la salvezza".


5. Ho portato qui con me in Zaire l'effigie della Madonna di Czestochowa - così cara a noi -. Mi allaccio così alla meravigliosa tradizione dei primi missionari in Africa, i quali hanno affidato alla Madre di Cristo tutto il loro lavoro di evangelizzazione, alla Madre della Chiesa, alla nostra Madre.

Anch'io le affido tutti voi e ciascuno singolarmente: le vostre opere, la vostra sollecitudine, le vostre croci e gioie, la vostra pena e sacrificio. Che Lei sempre vi ricordi, voi servi di Cristo, che ascoltano le Sue parole e adempiono a ciò che Egli ordina.

A Lei, alla Madonna Nera, Madre della Misericordia, Madre della vita e della speranza, Regina della Pace, affido anzitutto la Chiesa in Africa, il suo presente e futuro; tutti i problemi che, questa terra nera affronta.


6. Io proseguo il mio pellegrinaggio, e voi restate qua con Dio! Che vi benedica Dio onnipotente, Padre, Figlio e Spirito Santo. Amen. [Tradotto dal polacco]

Data: 1980-05-04 Data estesa: Domenica 4 Maggio 1980.


Un'immagine della Vergine dono del Papa ad una parrocchia di Kinshasa

Titolo: Con Maria amerete la Chiesa

Cari fratelli e sorelle in Cristo, Fra tutte le gioie che mi è dato modo di gustare nel corso delle mie visite pastorali in terra d'Africa, quella che mi procurate in questo momento ha un sapore del tutto particolare. Il vostro progetto d'innalzare un santuario dedicato alla "Madre di Dio" e di venerarla attraverso l'immagine di Nostra Signora di "Czestochowa", così popolare nella mia Polonia natale, mi rallegra profondamente. Mi felicito con tutti quelli che hanno contribuito all'elaborazione di questo progetto e formulo degli auguri sentiti per la fecondità del ministero che i Missionari della Consolata realizzeranno in futuro in questo luogo.

Questo nome, "Madre di Dio", dato a una delle vostre chiese, sarà sempre un invito ad andare avanti in un'autentica pietà mariana, quale il mio caro predecessore, Paolo VI, precisava nella sua esortazione apostolica "Marialis Cultus". Una devozione mariana ben compresa deve incamminare i cristiani verso la conoscenza sempre approfondita del mistero trinitario seguendo l'esempio di Maria.

Essa si è abbandonata alla volontà animante del Padre nel Fiat dell'Annunciazione.

Ha creduto allo Spirito che realizzava l'opera sbalorditiva di una maternità divina nel suo seno. Ha contemplato il Verbo del Dio vivendo la condizione umana per salvare l'umanità. Maria di Nazaret è la prima credente della nuova Alleanza a far l'esperienza del Dio Unico in Tre Persone, fonte di ogni Vita, di ogni Luce, di ogni Amore. La supplichiamo di guidare coloro che sono stati battezzati nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, nella loro scoperta del vero volto di Dio.

Con Maria, amerete la Chiesa. "L'amore operante della Vergine a Nazareth, nella casa di Elisabetta, a Cana, sul Golgota... trova coerente continuità nell'ansia materna della Chiesa perchè tutti gli uomini giungano alla conoscenza della verità (cfr. Tim 2,4), nella sua cura per gli umili, i poveri e i deboli, nel suo impegno costante per la pace e per la concordia sociale, nel suo prodigarsi perché tutti gli uomini abbiano parte alla salvezza, meritata per loro dalla morte di Cristo" (Pauli VI Marialis Cultus, 28).

L'immagine di Maria sarà dunque nella vostra chiesa, al centro della vostra parrocchia. Verrete spesso a salutarla, a venerarla. Verrete a confidare a questa Madre le vostre intenzioni. La pregherete per le vostre famiglie: che essa sia, come le donne di questo paese, la guardiana dei vostri focolari! La pregherete per i bisogni dei vostri fratelli e delle vostre sorelle, per i bisogni di tutta la Chiesa. Verrete ad attingere la forza per partecipare attivamente ai compiti numerosi della Chiesa, nella vostra parrocchia e nella diocesi. La pregherete anche per me a cui il Signore ha affidato il compito di Pastore di tutta la Chiesa. Amerete la preghiera semplice e feconda del Rosario. Io posso assicurarvi che preghero anch'io per voi, soprattutto durante la mia recita quotidiana del Rosario.

Vi benedico nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.

[Traduzione dal francese]

Data: 1980-05-05 Data estesa: Lunedi 5 Maggio 1980.


Alla partenza da Kinshasa

Titolo: Lascio il mio cuore in questa città

E' soprattutto una ripetizione, perché sono parole che ho appena espresso davanti a Lei, Signor Presidente; ma vorrei ripeterle al microfono per dare alla mia voce una forza maggiore. Sono profondamente commosso da tutta questa visita. Sono commosso anche da questo momento così solenne di congedo da Kinshasa, perché è solamente da Kinshasa che ora me ne devo andare. Resto ancora sul territorio del vostro paese, ritornando da Brazzaville questo pomeriggio; non è così facile mandarmi via dallo Zaire, così in fretta! Resto ancora fino a domani.

Ma qui, nella capitale, e alla presenza del Signor Presidente, alla presenza delle autorità, delle autorità dello Stato e soprattutto delle autorità di Kinshasa, voglio rinnovare i miei ringraziamenti cordiali per questa città dove ho passato tre giorni; tre giorni pieni di contenuto, pieni anche di lavoro, di lavoro pastorale, di incontri, d'esperienze; è stata per me un'esperienza unica: quest'incontro con la Chiesa di Kinshasa, che rappresenta un po' la Chiesa dello Zaire, gli incontri con il popolo dello Zaire che si trova in un momento storico estremamente importante.

Questo l'ho detto molte volte, Signor Presidente, e lo ripeto; vedo l'inizio di un percorso storico che cominciate qui insieme; me ne rallegro, sono felice, sono riconoscente alla Provvidenza che all'inizio di questo percorso storico intrapreso dal suo paese e dal suo popolo, la Chiesa possa partecipare in modo bello ed efficace. Per questo ringrazio la Provvidenza.

Questo soggiorno nella vostra città è stato anche segnato da alcuni fatti che mi hanno rattristato profondamente. Questi fatti, questi incidenti, sono venuti a mia conoscenza solo ieri sera. Voglio esprimere le mie condoglianze soprattutto alle famiglie e anche a tutta la comunità di Kinshasa ed al Presidente della Repubblica. Parteciperemo ora ad un atto di solidarietà con quelli che hanno dovuto affrontare questo dolore. Ma è un elemento, un elemento umano importante.

Ed evidentemente questo elemento si trova in un insieme; anche per me personalmente è un dolore. Ma è come il mistero pasquale, dove la Passione si unisce alla Resurrezione. La nostra fede ci aiuta a superare i dolori, e a portare alle anime che sono tristi la consolazione e la speranza della Resurrezione. Penso allo stesso modo di questo avvenimento. E, insomma, lascio questa grande città, capitale dello Zaire contemporaneo, soprattutto con un sentimento di gioia profonda.

Il Signor Presidente mi ha detto molte volte che lo Zaire ha meritato questa visita. Ed io l'approvo con il mio cuore, con le mie parole, con il mio atteggiamento interno ed esterno. Veramente lo Zaire ha meritato questa visita. E' per me una grande grazia aver potuto compierla, poter effettuarla in questi giorni.

Signor Presidente, dicevo ieri sera che questa visita non è solo una cosa straordinaria, supplementare, eccessiva: fa parte dei miei doveri. Devo sapere come vivete, qual'è la vostra situazione, la situazione del vostro popolo, del vostro paese, della vostra Repubblica, la situazione della Chiesa in questo paese. E' per questo che io sono venuto, per compiere il mio dovere. Ho compiuto questo dovere con un grande sentimento, con tutto il mio cuore. Terminando questa allocuzione, devo dirle, Signor Presidente, e tutti voi qui presenti, che io lascio il mio cuore in questa città dello Zaire. Molte grazie! [Traduzione dal francese]

Data: 1980-05-05 Data estesa: Lunedi 5 Maggio 1980.


L'arrivo a Brazzaville

Titolo: Omaggio alla terra congolese

1. Che Dio benedica la terra congolese sulla quale sono stato invitato a fermarmi durante la mia visita pastorale in Africa! Signor Presidente, Sono parole di pace e di benedizione quelle che il Capo della Chiesa cattolica, in questo giorno, rivolge alla nazione di cui Lei riveste la più alta carica. Con grande gioia e con grande riconoscenza verso Dio che ha permesso questo viaggio tanto sperato! Essendo già potuto andare in diversi luoghi per portarvi la testimonianza del Vangelo, da quando la Provvidenza mi ha chiamato al servizio della Chiesa universale, era diventato per me urgente recarmi presso le popolazioni africane per esprimere loro la mia sollecitudine: "Il mio assillo quotidiano, la mia preoccupazione per tutte le Chiese" (2Co 11,28).

Offrendomi cortesemente la loro ospitalità ed il loro aiuto, le Autorità della Repubblica Popolare del Congo, ed in particolare Sua Eccellenza, meritano sicuramente il mio grazie. Esprimo a tutti loro il mio rispettoso saluto, che nasce dalle relazioni sempre più fiduciose che mi sembra d'intrattenere personalmente con Esse.


2. Vi saluto tutti, cari congolesi, abitanti di Brazzaville e voi che, senza considerare le fatiche del viaggio, siete accorsi da altre regioni del paese.

Saluto anche voi che dalle vostre città e dai vostri paesi mi ascoltate attraverso la radio. Voi tutti voglio benedire ed incoraggiare nel vostro lavoro, nelle vostre svariate attività, ma soprattutto nella vostra vita, pensando a tutte le vostre gioie e le vostre pene, ed anche in tutti gli sforzi che affrontate a livello personale o come cittadini. A voi tutti, senza eccezione alcuna, porto il mio profondo affetto ed i miei auguri per tutte le vostre intenzioni personali o familiari. Auguri anche per la vostra patria e per un suo avvenire prospero e pacifico.


3. Alle comunità cristiane del paese ed a coloro che si dedicano ad esse, così come ai cattolici dei paesi vicini che non avro la fortuna d'andare a visitare, rivolgo i miei sentiti incoraggiamenti per il loro zelo apostolico e per la loro fedeltà alla Chiesa. Possa Dio ricompensarli per tanto ardore e fare di loro esempi edificanti per i loro fratelli fedeli in Africa e nel mondo! Avro la fortuna, fra poco, d'incontrarmi con le delegazioni riunite nella cattedrale e di rivolgere loro la parola, ma attraverso loro sarà a tutti voi che parlerà il Vicario di Cristo.

Si, prego per il buon esito di questa tappa congolese del mio viaggio in Africa, un viaggio d'amicizia, un viaggio religioso sul quale ho investito molte speranze affinché serva all'avvenire dei popoli secondo la volontà di Dio.

[Traduzione dal francese]

Data: 1980-05-05 Data estesa: Lunedi 5 Maggio 1980.


Nella cattedrale di Brazzaville

Titolo: La certezza delle fede sostenga le vostre prove quotidiane

Cari fratelli nell'episcopato, voi che avete consacrato la vostra vita al Signore, e voi fedeli della Chiesa del Congo.

1. Ricevete il saluto paterno ed affettuoso del Vicario di Cristo, venuto a trovarvi come pellegrino del Vangelo, per dirvi come l'Apostolo Paolo: "Mi ricordo di voi... a motivo della vostra cooperazione alla diffusione del vangelo dal primo giorno fino al presente, e sono persuaso che colui che ha iniziato in voi quest'opera buona, la porterà a compimento fino al giorno di Cristo Gesù...

Infatti Dio mi è testimonio nel profondo affetto che ho per tutti voi nell'amore di Cristo Gesù" (Ph 1,3-6 Ph 1,8). Questa sollecitudine costante che provo nei vostri confronti ho voluto esprimervela personalmente, tanto era grande il mio desiderio di vedervi, di incoraggiarvi e di benedirvi. Voi stessi desideravate poter offrire al Papa, nel corso del suo viaggio in Africa, la testimonianza della vostra fede e della vostra fedeltà alla Chiesa. Rispondendo con gioia al vostro invito, sono cosciente che ci troviamo, gli uni e gli altri, in un momento del tutto particolare che il Signore ci chiede di rendere fecondo. Al di là della gioia umana e spirituale di questo incontro fra fratelli in Gesù Cristo, è la presenza stessa di Cristo che ci invade in questo luogo venerabile, la prima sede episcopale del Congo. Verso di Lui che fu inviato nel mondo "perché noi avessimo la vita per lui" (1Jn 4,9), rivolgiamo insieme il nostro sguardo in una preghiera di ringraziamento e di supplica.


GPII 1980 Insegnamenti - Ai sacerdoti - Kinshasa (Zaire)