GPII 1980 Insegnamenti - Il saluto alla Chiesa nel Kenya, nella Cattedrale di Nairobi


2. Oggi in questa Cattedrale dedicata alla Sacra Famiglia - a Gesù, Maria e Giuseppe - tutti capiamo che insieme formiamo il Corpo di Cristo, insieme siamo la Chiesa. Siamo una Chiesa vivente, una casa spirituale fatta di pietre viventi - noi tutti viviamo in Cristo. Siamo una cosa sola con tutti i nostri fratelli e sorelle in Kenya e nel mondo; siamo una cosa sola in comunione con i Santi, una cosa sola con i vivi e con i morti - le nostre famiglie, i nostri antenati, quelli che ci hanno portato la parola di Dio e la cui memoria è sigillata nei nostri cuori.

Oggi, in particolare, siamo una comunione di fede e amore, confessando Gesù Cristo come il Figlio di Dio, il Signore della storia, il Redentore dell'uomo e il Salvatore del mondo. Siamo una comunità unita, che vive, nel mistero della Chiesa, la vita del Cristo crocefisso e risorto, e per questo la sua lode è nei nostri cuori e sulle nostre labbra. Trova espressione nel nostro Alleluia pasquale. Siamo la Sacra Famiglia estesa, chiamata a costruire ed allargare l'edificio di giustizia e pace e la civiltà dell'amore.


3. Per questo simo sfidati a vivere una vita degna della nostra chiamata ad essere membri del Corpo di Cristo e fratelli e sorelle di Cristo in sintonia con la nostra dignità cristiana ed il nostro dovere di camminare umilmente e pacificamente lungo la via della vita. Gesù stesso ci esorta ad essere, con le nostre vite, il sale del mondo e la luce della terra. Con lui vi dico: "così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli" (Mt 5,16).


4. Ognuno di noi occupa un posto speciale nella comunione dell'unica Chiesa universale in Africa e nel mondo. Voi, laici, seguendo una vocazione di santità e amore avete una particolare responsabilità per la consacrazione del mondo. Grazie a voi, il Vangelo deve raggiungere tutti gli strati sociali. Seguendo l'esempio della Sacra Famiglia, voi genitori e figli dovete costruire una comunità d'amore e comprensione in cui le gioie, le speranze e i dolori della vita sono condivisi e d offerti a Dio nella preghiera. Voi coppie dovete essere il simbolo dell'amore fedele ed eterno di Dio per il suo popolo, e dell'amore di Cristo per la sua Chiesa. Avete la grande missione di donarvi Cristo reciprocamente e a i vostri figli, e per questo siete i primi catechisti dei vostri figli. Saluto anche tutti i catechisti che servono con devozione la Chiesa di Dio. E voi giovani che vi preparate per il sacerdozio o la vita religiosa siete chiamati a credere nel potere della grazia di Dio sulle vostre vite. Il Signore ha bisogno che voi portiate avanti l'opera di redenzione fra i vostri fratelli e le vostre sorelle.

Voi religiosi, uomini e donne, con la professione del consiglio evangelico alla castità, alla povertà e all'obbedienza, siete chiamati a testimoniare in modo efficace il regno di Cristo, la cui pienezza sarà rivelata solo alla venuta del nostro Signore Gesù Cristo. Siete chiamati, in una vita di gioiosa consacrazione e impegno permanente, ad essere segno della santità nella Chiesa, e perciò un segno di coraggio e speranza per tutto il popolo di Dio. Voi, inoltre, siete nella posizione per poter offrire un grande contributo all'apostolato della Chiesa con le vostre attività e la vostra vita di preghiera.

Nel compiere questa missione, la vostra efficacia sarà proporzionale alla vostra unità con i Vescovi e all'unità dell'opera che con loro compiete. E voi, miei fratelli nel sacerdozio, la vostra missione è proclamare la salvezza e costruire la Chiesa con il Sacrificio Eucaristico; la vostra missione è una speciale comunione con Cristo offrendo le vostre vite nel celibato per essere come Gesù, il Buon Pastore fra la vostra gente, il popolo del Kenya.

Ed infine, miei cari fratelli Vescovi, assieme all'intero Collegio Episcopale che è unito con il Successore di Pietro, voi siete chiamati ad esercitare la guida pastorale dell'intero gregge in nome di Gesù Cristo, "il pastore supremo" (1P 5,4); il vostro è perciò un ruolo di particolare servitù.

Siete i guardiani dell'unità che viviamo e sperimentiamo oggi, poiché siete i guardiani della parola di Dio su cui tutta l'unità si basa. E, in modo particolare, caro Cardinale Otunga, per la sua eminente posizione, è lei stesso un legame visibile con il Seggio di Roma, e un simbolo speciale dell'unità cattolica all'interno della sua Chiesa locale. Sono profondamente grato per la sua fedeltà e per la sua devota collaborazione.


5. E perciò restiamo, come popolo redento, unico Corpo di Cristo, unica Chiesa, saldamente uniti nella fede nel nostro Signore Gesù Cristo, riconoscendolo come "Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero". Con San Pietro diciamo a Gesù: "Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente" (Mt 16,16). Ed ancora: "Tu hai parole di vita eterna" (Jn 6,68).

Da parte mia, come Successore di Pietro, sono venuto da voi oggi per ripetere la parola di vita eterna di Cristo, per proclamare il suo messaggio di salvezza e speranza, e per offrire a tutti voi la sua pace: "Pace a voi tutti che siete in Cristo" (1P 5,14).

Pace ai vivi.

Pace ai morti, a tutti quelli che se ne sono andati prima di noi nel segno della fede.

Pace a tutto il Kenya.

Pace a tutta l'Africa - la pace di Cristo Gesù nostro Signore.

Amen. [Traduzione dall'inglese]

Data: 1980-05-06 Data estesa: Martedi 6 Maggio 1980.


L'incontro con il corpo diplomatico - Nairobi (Kenya)

Titolo: La scelta fondamentale è pro o contro l'umanità

Eccellenze, signore e signori.

1. La vostra visita qui stasera mi fa molto piacere, poiché mi offre l'occasione di incontrare tanti e così distinti membri della comunità diplomatica. Il mio cordiale e rispettoso benvenuto va anche ai rappresentanti delle organizzazioni regionali ed internazionali, le cui attività arricchiscono questa città capitale.

Io ringrazio tutti voi per l'onore che mi fate con la vostra cortese presenza.

Sono particolarmente grato al rappresentante della santa Sede per aver preso l'iniziativa di offrirvi l'ospitalità di questa casa, che è anche la mia casa durante il mio soggiorno a Nairobi.

Sono sicuro che voi conoscete bene questo continente, sia in virtù del vostro ufficio sia come risultato dei quotidiani contatti che avete con i capi e col popolo dell'Africa. Voi quindi non sarete sorpresi se io rivolgo le mie considerazioni primariamente alla situazione africana e ad alcuni problemi che stanno di fronte a questo continente.


2. Questa sera io desidero ricordare le profetiche parole che Paolo VI indirizzo al Parlamento dell'Uganda, dove egli parlo dell'Africa come ormai "emancipata dal suo passato e matura per una nuova era". Trovandomi qui in Kenya 11anni dopo, io oso dire: "Questa nuova era è cominciata e l'Africa si mostra pronta per una sfida! Durante questi anni, tante cose sono successe, tanti cambiamenti sono avvenuti, tanto progresso è stato fatto: ed allo stesso tempo tanti nuovi problemi sono sorti. In conseguenza, mi sembra che questa sia un'opportuna occasione per parlare della nuova realtà africana.

Molte situazioni e problemi africani che richiedono la nostra attenzione oggi non sono differenti da quelli che coinvolgono altre nazioni e continenti nel mondo. Altri invece sono tipicamente africani nel senso che gli elementi dei problemi e le risorse disponibili per la loro soluzione - risorse naturali e specialmente umane - sono esclusive di questo continente. In ciò vi è un fattore supremo che deve essere tenuto presente nella mente. E' la vera identità dell'africano, della persona africana, dell'uomo e della donna africana.


3. Il cammino che ogni umana comunità deve percorrere nel cercare di scoprire il significato profondo della propria esistenza è il cammino della verità circa l'uomo nella sua totalità. Se noi vogliamo capire la situazione dell'Africa, il suo passato e il suo futuro, noi dobbiamo cominciare dalla verità della persona africana. - La verità di ogni africano o africana nel suo concreto e storico assetto -. Se questa verità non è capita, non potrà esistere nessuna comprensione nemmeno tra gli stessi popoli africani, né giustizia né relazioni fraterne tra l'Africa ed il resto del mondo, poiché la verità sull'uomo è il primo requisito per ogni impresa umana.

La verità sull'individuo africano deve essere vista, prima di tutto e principalmente, nella sua dignità come persona umana. Sono presenti nella cultura di questo continente molti elementi che aiutano a capire questa verità. Non è forse confortante sapere che l'africano accetta, con tutto il suo essere, il fatto che vi è una fondamentale relazione tra lui e Dio creatore? Per cui egli è incline a considerare la realtà di se stesso o del mondo materiale intorno a lui nel contesto di questa relazione, esprimendo così un fondamentale riferimento a Dio che "creo l'uomo a sua immagine, ad immagine di Dio lo creo; maschio e femmina li creo" (Gn 1,27).

La dignità unica, e l'uguaglianza fondamentale di ogni persona umana deve perciò essere accettata come il punto di partenza per una vera comprensione dell'identità e delle aspirazioni del popolo di questo continente.

La società africana ha inoltre - intrecciati alla sua stessa vita - una serie di valori morali, che gettano un'ulteriore luce sulla vera identità degli africani. La storia testimonia come il continente africano ha sempre conosciuto un forte senso comunitario nei differenti gruppi che costituiscono la sua struttura sociale: ciò è particolarmente vero per la famiglia dove vi è una forte coesione e solidarietà. E quale migliore prospettiva potrà essere trovata nella necessità di una pacifica soluzione di conflitti e difficoltà - un modo che sia all'altezza della dignità umana - della innata propensione al dialogo, del desiderio di spiegare le differenti visioni nella conversazione alla quale l'africano si rivolge così facilmente e che egli porta avanti con tanta naturale grazia? Un senso di celebrazione espresso in gioia spontanea, una riverenza per la vita, ed una generosa accettazione della nuova vita, questi sono alcuni ulteriori elementi che fanno parte dell'eredità degli africani e aiutano a definirne l'identità.


4. E' su questo sfondo che la Chiesa cattolica, alla luce delle sue convinzioni dedotte dal messaggio di Cristo, vede la realtà dell'Africa oggi, e proclama la sua fiducia in questo continente. Pochi giorni prima di partire per questa visita pastorale, io ho manifestato la mia gioia per a "il fatto di poter visitare i popoli dell'Africa nera nei loro propri paesi, nei loro Stati sovrani, come i veri padroni della propria terra ed i timonieri del proprio destino" (Ioannis Pauli PP. II "Allocutio ad "Regina Coeli", die 27 apr. 1980: vide supra, p. 1000). In Africa, in passato, molte nazioni hanno conosciuto l'amministrazione coloniale. Pur non negando i vari traguardi raggiunti da queste amministrazioni, il mondo gode per il fatto che questo periodo sta ormai nella sua fase finale. I popoli dell'Africa, con poche penose eccezioni, stanno assumendo piena responsabilità politica per il loro proprio destino ed io saluto qui particolarmente il recente raggiungimento dell'indipendenza dello Zimbabwe. Ma non si può ignorare il fatto che altre forme di dipendenza sono ancora una realtà o almeno una minaccia.

L'indipendenza politica e la sovranità nazionale chiedono, come necessario corollario, che vi sia anche indipendenza economica e libertà da dominazione ideologica.

La situazione di alcuni paesi può essere profondamente condizionata dalle decisioni di altri poteri, tra i quali vi sono i maggiori poteri del mondo.

Potrebbe anche esserci una sottile minaccia di interferenza di natura ideologica che può produrre, nell'area della dignità umana, effetti che sono anche più deleteri di ogni altra forma di assoggettamento.

Vi sono ancora situazioni e sistemi, entro singoli paesi, e nei rapporti tra stati, che sono "contrassegnati dall'ingiustizia e dal danno sociale" (Ioannis Pauli PP. II "Allocutio ad Nationum Unitarum Legatos, 17, die 2 oct. 1979: "", II,2[1979] 535) e che ancora condannano molti uomini alla fame, alla malattia, alla disoccupazione, alla mancanza di educazione e al ristagno del loro processo di sviluppo.


5. Lo Stato, la cui giustificazione è la sovranità della società, ed al quale è affidata la salvaguardia dell'indipendenza, non deve mai perdere di vista il suo principale obiettivo, che è il bene comune di tutti i cittadini, senza nessuna distinzione, e non semplicemente il benessere di un gruppo o categoria particolare. Lo Stato deve rigettare ogni cosa che non sia degna della libertà e dei diritti umani del suo popolo, bandendo ogni elemento, quali l'abuso di autorità, la corruzione, la dominazione del debole, il negare al popolo il suo diritto di partecipare, alla vita politica e alle decisioni, la tirannia e l'uso della violenza e del terrorismo. Qui di nuovo, io non esito a riferirmi alla verità sull'uomo. Senza l'accettazione della verità sull'uomo, della sua dignità, del suo destino eterno, non può esistere tra le nazioni quella fondamentale fiducia che è uno degli elementi basilari di ogni umana impresa. E neanche la pubblica funzione può essere vista per quello che essa veramente è: un servizio per il popolo, che trova la sua unica giustificazione nella sollecitudine per il bene di tutti.


6. In questo stesso contesto di rispetto dello Stato per la dignità dei suoi cittadini, desidero richiamare l'attenzione sulla questione della libertà religiosa.

Proprio perché la Chiesa cattolica crede che non può esistere libertà, che non è possibile amore fraterno senza riferimento a Dio, che "Creo l'uomo a sua immagine" (Gn 1,27), essa mai cessa di difendere, come fondamentale diritto di ogni persona, la libertà di religione e la libertà di coscienza. "La limitazione della libertà religiosa delle persone e delle comunità non è soltanto una loro dolorosa esperienza - io ho detto nella mia enciclica - ma colpisce inanzitutto la dignità stessa dell'uomo, indipendentemente dalla religione professata o dalla concezione che esse hanno del mondo". Ed ho aggiunto che, siccome la miscredenza, la mancanza di religione e l'ateismo possono essere capiti soltanto in relazione alla religione e alla fede, è difficile accettare "una posizione, secondo la quale solo l'ateismo ha diritto di cittadinanza nella vita pubblica e sociale, mentre gli uomini credenti, quasi per principio sono appena tollerati, oppure trattati come cittadini di categoria inferiore, e perfino - il che è già accaduto - sono del tutto privati dei diritti di cittadinanza" (Ioannis Pauli PP. II RH 17). Per questa ragione, la Chiesa crede - senza esitazione e senza dubbio - che un'ideologia ateistica non può essere la forza motrice e di guida per un avanzamento del benessere delle persone o per la promozione della giustizia sociale quando priva l'uomo della libertà data da Dio, della sua spirituale ispirazione e del suo potere di amare il suo prossimo adeguatamente.


7. Un altro problema del quale la verità sull'uomo, e sull'africano in particolare, mi spinge a parlare, è quello persistente della discriminazione razziale. L'aspirazione ad un'eguale dignità da parte delle persone e dei popoli, insieme alla sua concreta integrazione in ogni aspetto della vita sociale, è stata sempre sostenuta e difesa con gran forza dalla Chiesa. Durante la sua visita in Africa Paolo VI disse: "Deploriamo che in alcune parti del mondo persistano situazioni sociali basate sulla discriminazione della razza, spesso volute e sostenute da sistemi di pensiero: queste situazioni costituiscono un affronto manifesto e inammissibile ai diritti fondamentali della persona umana" (Pauli VI "Allocutio ad honorabiles Viros e publico Legumlatorum Coetu Reipublicae Ugandensis", die 1aug. 1969: AAS 61[1969] 580-586). Due anni fa nel suo ultimo indirizzo al corpo diplomatico accreditato presso la santa Sede, egli di nuovo pose l'accento sul fatto che la Chiesa "è preoccupata... per l'aggravarsi di rivalità parziali e tribali che fomentano divisioni e rancori", e denuncio "il tentativo di creare assise giuridiche e politiche in violazione dei principi del suffragio universale e dell'autodeterminazione dei popoli" (Pauli VI "Ad Nationum apud Sedem Apostolicam Legatos, ineunte anno 1978, coram admissos" die 14 ian.1978: AAS 70 [1978] 168-174).

La verità circa l'uomo in Africa richiede da parte mia, in questa occasione, che io confermi queste affermazioni. E questo io faccio con profonda e forte convinzione. Ci sono stati dei progressi in talune situazioni, e per questo noi ringraziamo il Signore. Ma vi sono ancora molte istanze di discriminazione istituzionalizzata sulla base di differenze razziali, e queste io non posso non segnalarle di fronte all'opinione mondiale. Non dimentichiamo a questo proposito la necessità di combattere le reazioni razziste che possono affiorare in connessione con la migrazione di popoli dalle campagne verso i centri urbani, e da un paese all'altro. La discriminazione razziale è un male, a prescindere da come, da chi e perché è praticata.


8. Ancora nel contesto di tutto il continente africano, io vorrei richiamare l'attenzione su un problema di tale urgenza che deve veramente mobilitare la necessaria solidarietà e compassione per la sua soluzione: mi riferisco alla questione dei rifugiati in molte regioni dell'Africa. Un largo numero di persone sono state costrette per varie ragioni a lasciare il loro paese amato ed i luoghi dove avevano le loro radici. Talvolta questo è dovuto a motivi politici, altre volte per sfuggire alla violenza ed alla guerra, oppure per le conseguenze di disastri naturali, o per il clima ostile. La comunità africana e la comunità del mondo non può cessare di interessarsi alla condizione dei rifugiati e alle terribili sofferenze cui molti di essi sono assoggettati per lungo tempo.

Questi rifugiati veramente hanno un diritto alla libertà ed a vivere una vita degna della dignità umana. Essi non devono essere privati del godimento dei loro diritti, tantomeno quando fattori esterni al loro controllo li hanno costretti a divenire stranieri senza una patria.

Per questo faccio appello a tutte le autorità per assicurare che nelle loro nazioni sia sempre offerta giusta libertà a tutti i cittadini, in modo che nessuno sia costretto ad andare a cercarla altrove.

Faccio appello alle autorità delle nazioni di cui i rifugiati sono costretti ad attraversare i confini, perché li ricevano con cordiale ospitalità.

Faccio appello alla comunità internazionale perché il peso non sia portato soltanto da quelle nazioni nelle quali i rifugiati si sistemano temporaneamente, ma di mettere i necessari aiuti a disposizione dei governi interessati e delle appropriate organizzazioni internazionali.


9. La presenza in questa città di Nairobi di tali organizzazioni, come la "United Nations Environment Programme", e la "United Nations Centre for Human Settlements o Habitat" richiama la nostra attenzione ad un'altra area problematica: quella dell'ambiente totalmente umano. L'uomo, nella sua aspirazione a soddisfare i suoi bisogni ed a raggiungere migliori condizioni di vita, ha creato un crescente numero di problemi ambientali. L'espansione urbana ed industriale aggrava questi problemi, specialmente quando le vittime sono i più deboli, spesso viventi in "fasce di povertà", mancanti dei servizi elementari e delle normali possibilità di miglioramento. Lodo gli sforzi di tutti coloro che cercano di incrementare la consapevolezza della necessità di una programmazione razionale ed onesta per evitare o sanare tali situazioni.




10. La santa Sede saluta con grande soddisfazione ogni sforzo che è stato fatto per raggiungere una migliore collaborazione tra i paesi africani allo scopo di incrementare il loro sviluppo, promuovere la loro dignità e una più piena indipendenza, assicurare la loro retta partecipazione nel governo del mondo, nello stesso tempo in cui rafforzano il loro impegno a portare la loro parte di responsabilità collettiva per i poveri ed i meno favoriti del pianeta.

L'Organizzazione per la Unità Africana, insieme a tutte le altre organizzazioni che perseguono il fine di una più grande collaborazione tra le nazioni africane, è degna di ogni incoraggiamento. La santa Sede fu lieta di essere invitata dalla commissione economica delle Nazioni Unite per l'Africa a stabilire più stretta collaborazione, attraverso la partecipazione di osservatori agli incontri della commissione e dei suoi organismi sussidiari. E resta pronta ad estendere ad altre organizzazioni africane una simile collaborazione, secondo la sua natura ed universale missione, motivata soltanto dalla spinta del suo messaggio evangelico di pace, di giustizia, di servizio a tutta l'umanità e ad ogni essere umano.


11. E' mia fervida speranza che le nazioni libere ed indipendenti dell'Africa vorranno sempre assumere il loro giusto posto nella famiglia delle nazioni. Nella ricerca della pace internazionale, della giustizia e dell'unità, l'Africa ha un importante ruolo da svolgere. L'Africa costituisce una concreta riserva di tanti autentici valori umani. Essa è chiamata a condividere questi valori con altri popoli e nazioni, per arricchire tutta la famiglia umana e tutte le altre culture.

Ma per poter fare questo, l'Africa deve restare profondamente fedele a se stessa; giorno per giorno deve divenire anche più fedele alla propria eredità, non per opposizione e antagonismo verso gli altri, ma perché essa crede alla verità su se stessa. Questa stessa verità circa l'Africa deve illuminare l'intera comunità internazionale, in modo che ogni nazione e governo, possa vedere più chiaramente i diritti ed i bisogni di questo continente ed assumere una determinata volontà politica verso l'abilitazione delle nazioni africane non solo a soddisfare i bisogni basilari dei loro popoli, ma anche per avanzare effettivamente nella loro piena partecipazione al benessere umano, senza dover accettare altre forme di dipendenza collegate con l'aiuto che esse ricevono.


12. Sarà la gloria di questo continente e di questa nazione creare una forma di progresso per tutti i suoi abitanti che sia in piena armonia con tutti gli altri esseri umani. Il vero modello del progresso non è quello che esalta solo i valori materiali, ma che riconosce la priorità di quelli spirituali. Grandi e rapidi cambiamenti si stanno verificando nel tessuto sociale di molte nazioni che lavorano per un futuro migliore dei loro cittadini. Ma nessun cambiamento sociale costituirà un vero e duraturo arricchimento del popolo se esso sacrifica o perde i valori supremi dello spirito. Lo sviluppo sarà unilaterale e mancante di umanità se il materialismo, il motivo del profitto o il perseguimento egoistico della ricchezza o del potere, prende il posto dei valori che sono tanto altamente lodati nella società africana - valori quali lo scambievole interesse, la solidarietà, e il riconoscimento della presenza di Dio in tutta la vita. Un crescente senso di fraternità, di amore sociale, di giustizia, il bando di ogni forma di discriminazione e di oppressione, la crescita di responsabilità individuale e collettiva, il rispetto per la santità della vita umana dalla sua concezione, la preservazione di un forte spirito di famiglia - questi saranno i capisaldi per un riuscito sviluppo, e la forza del popolo che si muove verso il terzo millennio.


13. Signore e signori, nel perseguire il benessere dei popoli e delle nazioni, si devono fare continuamente scelte. Ci sono scelte nuove da fare sulla base di principi e priorità politiche, sulla base di leggi economiche o alla luce di necessità pratiche. Ma vi è una che dovrà sempre essere fatta, qualunque sia il contesto del problema ed è la scelta fondamentale: la scelta pro o contro l'umanità. Qualunque sia la responsabilità o l'autorità di ciascuno, nessuno può sfuggire a questa scelta: lavoreremo noi per il bene dell'uomo o contro di esso? Sarà il bene totale della persona umana il criterio ultimo delle nostre azioni e dei nostri programmi? Vorrà l'africano nella sua umana dignità essere la strada verso un giusto e pacifico futuro di questo continente? E' mia speranza che egli lo vorrà! Lunga vita a te, Africa!

Data: 1980-05-06 Data estesa: Martedi 6 Maggio 1980.


Omelia della messa a Uhuru Park - Nairobi (Kenya)

Titolo: Trasformare il mondo secondo il Vangelo

Venerabili fratelli nell'episcopato, cari fratelli e sorelle in Cristo.

1. Ci riuniamo qui oggi per dar lode e gloria al nostro Padre celeste. Siamo convenuti insieme in questa piazza, uomini e donne di differenti estrazioni, eppure tutti uniti in lui, "in cui tutte le cose hanno consistenza" (cfr. Col 1,17), tutti uniti intorno alla mensa della parola di Dio e intorno all'altare del sacrificio.

Il mio cuore pieno di gratitudine a Dio per questa giornata e per l'occasione che ho di celebrare l'eucaristia insieme con voi, di cantare le lodi al Signore per aver riconciliato a sé tutte le cose, "rappacificando con il sangue della sua croce" (cfr. Col 1,20). Nel giorno in cui Gesù venne crocifisso egli disse a Pilato: "Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per rendere testimonianza alla verità" (Jn 18,37). Gesù non venne per fare la sua volontà, ma quella del Padre celeste. Con le sue parole, con le sue azioni, con la sua stessa esistenza egli rese testimonianza alla verità. In Gesù venne sconfitta la tirannia dell'inganno e della falsità, la tirannia della menzogna e dell'errore, la tirannia del peccato. Perché Cristo è la parola vivente della verità divina che ha promesso: "Se rimanete fedeli alla mia parola sarete davvero miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi fara liberi" (Jn 8,31-32).


2. La Chiesa ha ricevuto da Cristo la stessa missione: coltivare profondo amore e venerazione per la verità e amalgamare con la fede le intuizioni del sapere e della saggezza umana; in ogni cosa rendere testimonianza alla verità. In tutti i tempi e in tutti i paesi la Chiesa procede in questa missione, fiduciosa nel fatto che se Dio è la sorgente suprema di ogni verità, non ci può essere opposizione tra la saggezza naturale e le verità della fede.

Tutti i fedeli, cari fratelli e sorelle, hanno un compito da esplicare nella missione della Chiesa nei confronti della verità. Perciò nella mia enciclica ho dichiarato che "la responsabilità della Chiesa per la verità divina dev'essere sempre più, ed in vari modi, condivisa da tutti, compresi gli specialisti nelle diverse discipline, i rappresentanti delle scienze naturali e delle lettere, i medici, i giuristi, gli artisti e i tecnici, gli insegnanti di diversi gradi e nelle diverse specializzazioni. Come membri del Popolo di Dio, tutti costoro hanno la propria parte nella missione profetica di Cristo e al servizio della verità divina (Ioannis Pauli PP. II RH 19). Nella comunione dei fedeli e specialmente in seno alla comunità cristiana locale, speciale attenzione dev'essere data a questa responsabilità di recare testimonianza alla verità. Nel suo messaggio all'Africa, il mio predecessore Paolo VI rivolse una speciale parola agli intellettuali di questo continente, proprio perché era persuaso dell'importanza della loro missione a servizio della verità. E questa parola echeggia ancor oggi: "L'Africa ha bisogno di voi, del vostro studio, della vostra ricerca, della vostra arte e del vostro insegnamento... Voi siete il prisma attraverso il quale le nuove idee e i mutamenti culturali possono essere interpretati e spiegati a tutti. Siate sinceri, fedeli alla verità e leali" (Pauli VI "Africae Terrarum", 32, die 29 oct. 1967: "Insegnamenti di Paolo VI", V [1967] 595).


3. Dobbiamo iniziare la nostra testimonianza alla verità coltivando la fame per la parola di Dio, un desiderio di ricevere e di avere a cuore il vivificante messaggio del Vangelo in tutta la sua pienezza. Quando ascoltate attentamente la voce del Salvatore e poi la mettete in pratica, voi partecipate davvero alla missione della Chiesa a servizio della verità. Voi testimoniate al mondo la vostra ferma fede nella promessa fatta da Dio per mezzo di Isaia: "Come la pioggia e la neve scendono dal cielo e non vi ritornano senza avere irrigata la terra, senza averla fecondata e fatta germogliare, perché dia il seme al seminatore e pane da mangiare, così sarà della parola uscita dalla mia bocca: non ritornerà a me senza effetto, senza avere operato ciò che desidero e senza aver compiuto ciò per cui l'ho mandata" (Is 55,10-11). Voi potrete essere messaggeri della verità solo se sarete anzitutto ascoltatori della Parola di Dio.


4. Quando Pilato domando a Gesù se fosse re, la sua risposta fu chiara e senza ambiguità: "Il mio regno non è di questo mondo" (Jn 18,35). Cristo è venuto a portare la vita e la salvezza ad ogni essere umano: la sua missione non era di ordine sociale, economico o politico. Similmente Cristo non conferi alla Chiesa una missione sociale, economica o politica, ma religiosa (cfr. GS 42). Sarebbe tuttavia errato pensare che individualmente il cristiano non deve essere coinvolto in questi settori della vita sociale. A questo riguardo, i padri del Concilio Vaticano II sono stati molto espliciti: "Il distacco che si constata in molti tra la fede che professano e la loro vita quotidiana, va annoverato tra i più gravi errori del nostro tempo... Il cristiano che trascura i suoi impegni temporali trascura i suoi doveri verso il prossimo, anzi verso Dio stesso, e mette in pericolo la propria salvezza eterna" (GS 43).

I cristiani, perciò, e specialmente voi membri del laicato, sono chiamati da Dio a interessarsi del mondo per trasformarlo secondo il Vangelo.

Nell'adempiere tale compito, il vostro personale impegno verso la verità e l'onestà occupa un posto importante, perché il senso di responsabilità verso la verità costituisce uno dei punti fondamentali d'incontro tra la Chiesa e la società, tra la Chiesa e ciascun uomo o donna (cfr. Ioannis Pauli PP. II RH 19). La fede cristiana non vi fornisce soluzioni già fatte ai complessi problemi della società contemporanea, ma vi fornisce una profonda penetrazione della natura umana e delle sue esigenze, chiamandovi a dire la verità nella carità, ad assumervi le vostre responsabilità come buoni cittadini e a lavorare, insieme col vostro prossimo, a costruire una società in cui i genuini valori umani sono nutriti e approfonditi mediante una condivisa visione cristiana della vita.


5. Uno dei settori che detiene una vera importanza nella società e nella vocazione globale di ogni persona umana è quello della cultura: "E' proprio della persona umana il non poter raggiungere un livello di vita veramente e pienamente umano se non mediante la cultura, coltivando cioè i beni e i valori della natura. Perciò, ogni qualvolta si tratta della vita umana, natura e cultura sono quanto mai strettamente connesse" (GS 53). Un cristiano vorrà gioiosamente collaborare a promuovere la vera cultura, perché sa che la buona novella di Cristo rafforza nell'uomo i valori spirituali che sono nel cuore della cultura di ogni popolo e di ogni periodo storico. La Chiesa, che si sente a casa in ogni cultura, senza appropriarsi esclusivamente di nessuna di esse, incoraggia i suoi figli e figlie, che operano nelle scuole, nelle università e in altre istituzioni di apprendimento, a dare ad esse il meglio della propria attività. Armonizzando quei valori che costituiscono l'eredità unica di ogni popolo o gruppo col contenuto del Vangelo, il cristiano aiuterà la propria gente a raggiungere la vera libertà e la capacità di far fronte alle sfide del proprio tempo. Ogni cristiano, unito con Cristo nel mistero del battesimo, si sforzerà di conformarsi al disegno del Padre per il Figlio suo: "Ricapitolare in Cristo tutte le cose, quelle del cielo come quelle della terra" (Ep 1,10).


6. Un'altra sfida importante per il cristiano è quella della vita politica. In seno allo Stato i cittadini hanno il diritto e il dovere di parteciparvi, poiché una nazione è in grado di assicurare il bene comune di tutti, i sogni e le aspirazioni dei suoi diversi membri, soltanto se tutti i cittadini, in piena libertà e con responsabilità completa, danno il proprio contributo volonteroso e disinteressato al bene di tutti.

I doveri dei buoni cittadini cristiani comportano ben più che fuggire la corruzione, ben più che non sfruttare gli altri; i loro doveri includono positivamente il contribuire allo stabilimento di leggi giuste e di strutture che tengano conto dei valori umani. Se i cristiani si imbattono nell'ingiustizia o in qualsiasi cosa che va contro l'amore, la pace e l'unità nella società, deve domandarsi: "Dove ho fallito il bersaglio? Cosa ho fatto male? Cosa ho trascurato di fare di ciò che la verità della mia vocazione mi chiamava a fare? Ho peccato di omissione?".


7. Oggi qui nel Kenya, come ho fatto molte volte per l'innanzi, desidero rivolgere un particolare messaggio alle coppie sposate e alle famiglie. La famiglia è la comunità umana fondamentale; la prima e vitale cellula di ogni società. Perciò la forza e la vitalità di ogni paese corrisponderà soltanto alla forza e alla vitalità della famiglia in seno ad esso. Nessun gruppo ha tanto impatto sul paese come la famiglia. Nessun gruppo ha un compito così influente sul futuro del mondo.

Perciò le coppie cristiane hanno una missione insostituibile nel mondo d'oggi. L'amore generoso e la fedeltà del marito e della moglie offrono stabilità e speranza a un mondo dilaniato dall'odio e dalla divisione. Con la loro perseveranza che dura per tutta la vita in un amore vivificante essi mostrano il carattere sacro ed infrangibile del vincolo sacramentale del matrimonio. Al tempo stesso la famiglia cristiana è quella che promuove semplicemente e profondamente la dignità ed il valore della vita umana fin dal momento del concepimento.

La famiglia cristiana è anche il santuario domestico della Chiesa. In una famiglia cristiana si ritrovano diversi aspetti della Chiesa nel suo insieme, quali l'amore scambievole, l'attenzione alla parola di Dio, la preghiera comune.

La casa è il luogo in cui il Vangelo viene ricevuto e vissuto, e dal quale viene irradiato. Inoltre la famiglia offre una testimonianza quotidiana, anche tacita, alla verità e alla grazia della parola di Dio. Per tal motivo ho dichiarato nella mia enciclica: "Gli sposi... debbono con tutte le loro forze tendere a perseverare nell'unione matrimoniale, costruendo con questa testimonianza d'amore la comunità familiare ed educando le nuove generazioni di uomini, capaci di consacrare anch'essi tutta la loro vita alla propria vocazione, cioè a quel "servizio regale" di cui l'esempio e il modello più bello ci sono offerti da Gesù Cristo" (Ioannis Pauli PP. II RH 21).




8. Diletti figli e figlie, tutte le famiglie che costituiscono la Chiesa e tutti gli individui che costituiscono le famiglie, tutti noi insieme siamo chiamati a camminare con Cristo, rendendo testimonianza alla verità nelle circostanze della nostra vita quotidiana. così facendo, noi possiamo permeare la società col lievito del Vangelo, che solo può trasformarla nel regno di Cristo, regno di verità e di vita, regno di santità e di grazia, regno di giustizia, di amore e di pace.

Amen!

Data: 1980-05-07 Data estesa: Mercoledi 7 Maggio 1980.



GPII 1980 Insegnamenti - Il saluto alla Chiesa nel Kenya, nella Cattedrale di Nairobi