GPII 1980 Insegnamenti - L'incontro con esponenti della comunità ebraica del Brasile - San Paolo

L'incontro con esponenti della comunità ebraica del Brasile - San Paolo

Titolo: Valorizzare la comune eredità

Mi rallegro molto di poter salutare in voi i rappresentanti della comunità israelitica del Brasile, così viva ed operante a Sao Paulo, a Rio de Janeiro ed in altre città. Ringrazio anche di gran cuore la vostra amabilità nel voler incontrarvi con me in occasione di questo viaggio apostolico nella grande nazione brasiliana. Per me è una felice opportunità per manifestare e stringere ancor più i legami che uniscono la chiesa cattolica e l'ebraismo, riaffermando così l'importanza delle relazioni che esistono tra noi anche qui in Brasile.

Come voi sapete, la Dichiarazione "Nostra Aetate" del Concilio Vaticano II, nel suo quarto paragrafo, afferma che è scrutando il suo proprio mistero che la chiesa "ricorda il vincolo che la unisce spiritualmente alla discendenza di Abramo". In questo modo la relazione tra la chiesa e l'ebraismo non è qualche cosa di esterno alle due religioni: è qualche cosa che si fonda nella eredità religiosa caratteristica di ambedue, nella origine propria di Gesù e degli Apostoli, e nell'ambiente in cui la chiesa primitiva è cresciuta e si è sviluppata. Se, nonostante tutto questo, le nostre rispettive identità religiose ci dividono, e talvolta ci hanno diviso dolorosamente, attraverso i secoli, questo non dovrà impedirci di volere ora, nel rispetto di queste stesse identità, valorizzare la nostra comune eredità e così cooperare, alla luce della medesima eredità, alla soluzione dei problemi che affliggono la società contemporanea, bisognosa di fede in Dio, di obbedienza alla sua santa legge, di speranza attiva nella venuta del suo regno.

Sono molto lieto di sapere che questo rapporto di cooperazione esista qui in Brasile specialmente attraverso la fraternità ebraico-cristiana. Ebrei e cattolici si sforzano così di approfondire la loro comune eredità biblica, senza tuttavia dissimulare le differenze che li separano, e così una rinnovata conoscenza mutua potrà condurre a una più adeguata presentazione di ciascuna religione nell'insegnamento dell'altra. Su questa solida base si potrà poi costruire, come già state facendo, l'attività di cooperazione a beneficio dell'uomo concreto, per la promozione dei suoi diritti non poche volte conculcati, della sua giusta partecipazione al conseguimento del bene comune senza esclusivismi e discriminazioni. Sono questi, d'altra parte, alcuni punti presentati all'attenzione della comunità cattolica dagli "Orientamenti e suggerimenti per l'applicazione della Dichiarazione conciliare "Nostra Aetate"", pubblicati nel 1975 dalla Commissione per le relazioni religiose con l'ebraismo, come anche dai paragrafi corrispondenti del documento finale della Conferenza di Puebla (cfr. Puebla, 1110,1123).

Questo renderà vivo ed efficace, per il bene di tutti, l'importante patrimonio spirituale che unisce gli ebrei e i cristiani. così desidero con tutto il cuore. E sia tale anche il frutto di questo incontro fraterno con i rappresentanti della comunità israelitica del Brasile.

[Traduzione dal portoghese]

Data: 1980-07-03 Data estesa: Giovedi 3 Luglio 1980.


L'incontro con le religiose - Sao Paulo (Brasile)

Titolo: Testimoni visibili della Chiesa in un mondo sempre più dissacrato

Care figlie in Cristo.

1. E' motivo di grande gioia per me questo incontro con voi. Voi come religiose, siete ricchezza e tesoro della Chiesa e, allo stesso tempo, una base solida per l'evangelizzazione e un punto di riferimento importante per il popolo cristiano, incoraggiato nella sua fede dalla forma con cui vivete la vostra. In voi io saluto cordialmente tutte le religiose del Brasile.

La mia gioia cresce al contatto col vostro entusiasmo contagioso, proprio di una nazione di giovani, e coerente con le caratteristiche dell'ottimismo brasiliano, vivo e generoso. Mi rallegro anche nel sapere che la storia della Chiesa nel Brasile è legata da vincoli molto profondi all'attività costante e molteplice di un grande numero di religiose. Mentre vi ringrazio per la vostra presenza qui, vi invito ad essere riconoscenti con me a "Dio, Padre del Signor nostro Gesù Cristo, che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli, in Cristo", e che "ci ha scelti... per essere santi e immacolati al suo cospetto" (cfr. Ep 1,3-4).


2. Il mio più grande desiderio è che il presente incontro con il Papa possa costituire per voi e per le vostre famiglie religiose un incentivo e un conforto per la vostra sublime vocazione, oltre che un impegno nell'approfondire il suo valore essenziale di testimonianza privilegiata della carità in adesione a Dio e alle esigenze del suo regno.

Non sarebbe necessario dirvi la grande e sincera fiducia che la Chiesa pone in voi: nel vostro stato di religiose, nella vostra presenza e nella vostra missione. Conoscete i motivi di questa fiducia: per la vostra vita di preghiera siete il segno dell'Assoluto di Dio e dell'importanza della contemplazione; per la vostra disponibilità sempre pronta siete la punta di diamante per le urgenze missionarie; e per la vostra vita in fraternità siete l'affermazione della comunione e della partecipazione come un appello per vivere la dimensione comunitaria della Chiesa nel suo inserimento nel tempo, vitale, concreta e adattata, e nella sua universalità.


3. Voi sapete che per mantenere ben nitida la percezione del valore nella vita consacrata è necessaria una profonda visione di fede, appoggiando la vostra generosità e illuminando il vostro continuo perfezionamento nella carità. E per questo è necessario il dialogo con Dio nell'orazione. Senza l'orazione la vita religiosa perde il suo significato e non attinge i suoi obiettivi. Importa pregare sempre per vivificare il dono di Dio.

Quanto a ciò, fu lo stesso Signore che ci ha prevenuto. Per inculcarci bene questa verità egli uso due immagini espressive: "Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete far nulla" (Jn 15,5). E un'altra volta, dopo aver detto che quelli che lo seguono devono essere "il sale della terra", concludeva: "Il sale è buono, ma se anche il sale perdesse il sapore... non serve né per la terra né per il concime e così lo buttano via" (Lc 14,35). Noi sappiamo che il meglio di noi stessi, il gusto di Dio che dobbiamo diffondere nella soavità della testimonianza della carità passa attraverso Cristo ed è discretamente e continuamente rinvigorito in noi dalla presenza e dall'azione dello Spirito Santo, sollecitata e assecondata coscientemente nella preghiera incessante, in tutte le sue forme: individuale, comunitaria e liturgica. Questo è molto importante, perché possiamo essere efficace "segno" di Dio.


4. Viene qui a proposito, data la natura del corpo di Cristo che è la Chiesa (cfr. 1Co 12,12), mettere bene a fuoco il ruolo svolto nell'evangelizzazione dalle religiose consacrate all'orazione, al silenzio, al sacrificio nascosto e alla penitenza. La loro vita ha un meraviglioso e misterioso potere di fecondità apostolica (cfr. PC 7). Mi piace ripetervi qui oggi ciò che dicevo un mese fa nel Carmelo di Lisieux, in Francia - e lo ripeto pensando a tutte le religiose contemplative del Brasile -: "La vostra offerta di amore è integrata dallo stesso Cristo nella sua opera di redenzione universale, come le onde che si perdono nella profondità dell'oceano". Vivete la dimensione missionaria della vostra consacrazione a somiglianza di santa Teresa di Gesù Bambino! Ma tutte le forme di vita religiosa hanno uno spazio per la contemplazione, necessario perché i membri possano accogliere in modo profondo gli appelli, le necessità e le difficoltà dei fratelli, nella genuina carità di Cristo.


5. Pur facendo splendere la luce della testimonianza di una tale carità davanti agli uomini non si deve pero dimenticare che essa si riveste sempre di un carattere particolare: voi siete nel mondo senza essere del mondo; ed è precisamente la vostra consacrazione che, lungi dall'impoverire, caratterizza la vostra testimonianza cristiana. Il vostro impegno di vivere secondo i consigli evangelici vi rende più disponibili per questo tipo di testimonianza.

Effettivamente non siete meno libere di obbedire e neppure meno capaci di amare per il fatto di aver scelto la verginità consacrata, anzi al contrario; e in forza del voto di povertà che vi obbliga a seguire Cristo povero potete comprendere meglio e condividere i drammi lancinanti di coloro che si trovano sprovvisti di tutto.

E' necessario tuttavia che la povertà sia genuinamente evangelica per poter riconoscere Cristo nei "più piccoli"; occorre sapersi identificare col fratello in necessità essendo "poveri in spirito" (cfr. Mt 5,3); ora, tutto questo esige semplicità e umanità, amore alla pace, libertà in relazione a impegni o attaccamenti dispersivi, disposizione per una totale abnegazione libera ed obbediente, spontanea e costante, dolce e forte nelle certezze della fede.


6. Voi vivete la vostra consacrazione vincolante a un istituto e a una comunità fraterna, elementi questi molto importanti della vostra vita religiosa nel mistero della Chiesa, che è sempre mistero di comunione e partecipazione.

Avete scelto "un'esistenza regolata da norme di vita liberamente accettate" in un mondo e in una civiltà che tendono ad allontanare le persone da se stesse e a disperderle a tal punto che alle volte resta compromessa la loro unità spirituale, condizione per la loro unione con Dio.

Dio non voglia che un eccessivo desiderio di malleabilità e di spontaneità porti qualcuno a tacciare di rigidità obsoleta o, - ciò che sarebbe ancora peggio - ad abbandonare quel minimo di regolarità negli usi e nella convivenza fraterna, richiesto normalmente dalla vita in comunità e dalla maturità delle persone (cfr. Pauli VI "Evangelica Testificatio", 32: AAS 63 [1971] 514). La fedeltà a questo minimo dà la misura dell'identificazione personale con la consacrazione per amore.

Così, a tutte incombe il dovere di mantenere la fedeltà alla vita comunitaria e contribuire perché essa sia luogo di incontro fraterno, ambiente di aiuto reciproco e di conforto spirituale, un ambiente che ciascuno desidera e cerca per fare, come diceva un autore spirituale, un "pellegrinaggio" al proprio cuore (cfr. Is 46,8) e per ritemprarsi in Dio.

Anche fuori della comunità tutte le attività e i contatti delle religiose hanno sempre una dimensione comunitaria e pubblica: la vita religiosa è sempre un segno visibile della Chiesa. Per questo vi esorto ad essere sempre e dovunque personalmente testimoni visibili della stessa Chiesa e del suo Signore in un mondo che, con il pretesto di essere moderno. avanza sempre più verso la "dissacrazione": che tutte le persone possano vedere nel vostro comportamento, nella vostra maniera di presentarvi e nel vostro modo di vestire, un segno con cui Dio le interpella.


7. Nell'ora attuale, in questo paese così bello, come anche negli altri, sono molte le sollecitazioni per le religiose ad abbracciare nuove attività e a lanciare esperienze di nuovi inserimenti nella vita e attività della Chiesa o anche in attività temporali in settori diversificati.

può succedere che si vedano trascurate le opere ed attività alle quali si dedicano tradizionalmente le vostre famiglie religiose. Non voglio passare sotto silenzio una cosa molto semplice e che tutte conoscete: queste opere e attività hanno bisogno di essere opportunamente rinnovate per meglio corrispondere alla realtà attuale del Brasile. Tuttavia non va mai neanche dimenticato che le scuole, gli ospedali, i centri di assistenza e molte altre iniziative che esistono già da tempo per il servizio dei fratelli, in particolare dei più poveri, o per lo sviluppo culturale e spirituale delle popolazioni, conservano tutta la loro attualità.

Di più: tali opere e attività, se in modo debito e opportunamente rinnovate con sani criteri, continuano a dimostrarsi luoghi privilegiati di evangelizzazione, di testimonianza della carità autentica e di promozione umana.

E' ovvio che il fondamentale criterio prudenziale da seguire negli adattamenti a nuove esigenze è sempre quello del Vangelo: alla luce dei "segni dei tempi", focalizzati nella debita prospettiva, saper tirar fuori "cose vecchie e nuove" dal ricco tesoro di un passato fatto di esperienze.


8. Si rende tuttavia necessario abbandonare alle volte opere o attività per dedicarsi ad altre, anche di carattere più pastorale; e a questo fine si creano comunità più ristrette, che hanno bisogno di adottare nuove forme di presenza nel mondo degli uomini. Conosco la cura che mettete nella ricerca e nella realizzazione di queste nuove forme di presenza e non ho che da esprimere l'apprezzamento per questo vostro impegno. Tuttavia, vorrei ricordare con voi alcune condizioni da osservare sempre in queste nuove esperienze di vita religiosa.

a) Tali esperienze devono essere sempre condotte in un clima di orazione. L'anima che vive in un abituale contatto-presenza con Dio e si lascia permeare dal calore della sua carità, con facilità saprà: - fuggire la tentazione di particolarismi e di opposizioni che in se stesse comportano il rischio di portare a penose divisioni; - interpretare, alla luce del Vangelo, l'opzione per i poveri e per tutte le vittime dell'egoismo umano senza cedere al radicalismo socio-politico, che, presto o tardi, si dimostra inopportuno, produce effetti contrari a quelli desiderati e genera nuove forme di oppressione; - avvicinarsi alle persone e inserirsi nell'ambiente senza mettere a repentaglio la propria identità religiosa, senza nascondere o dissimulare l'originalità specifica della propria vocazione: seguire Cristo povero, casto e obbediente.

b) Oltre al clima di orazione in cui devono realizzarsi, queste esperienze di nuovi inserimenti devono essere preparate da uno studio serio, in collaborazione intima con i superiori responsabili e in dialogo costante con i Vescovi interessati. così sarà possibile trovare soluzioni opportune. Bisogna inoltre procedere alla preparazione di piani e programmi ben connaturali con le scelte fatte, e all'attuazione di iniziative, "calcolando" e "esaminando" prima, come dice il Signore, le possibilità di esito (cfr. Lc 14,28ss), e questo senza temere i rischi, come ci insegnano le "parabole del regno dei cieli" (cfr. Mt 13), e agendo sempre in conformità con le esigenze più urgenti e secondo il carattere dell'istituto.

c) Infine, in tutte queste nuove fondazioni importa agire sempre d'accordo con le norme e gli orientamenti dati dalla gerarchia, valutando obiettivamente ed equilibratamente le esperienze realizzate, e applicandosi con umiltà e coraggio, quando sarà il caso, a correggere, sospendere o orientare in un modo più conveniente le esperienze che si stanno facendo.


9. In tutto e sempre nella vita religiosa per un sicuro discernimento è necessario comportarsi come figlie che amano la Chiesa, seguendone i criteri e le direttrici, mediante una adesione generosa e fedele al magistero autentico. E' qui che si trova la garanzia della fecondità della vita e dell'attività nella consacrazione.

Qui sta una condizione indispensabile per un'adeguata interpretazione dei "segni dei tempi". Al toccare questo punto mi viene in mente ciò che diceva il mio predecessore Paolo VI: la Chiesa universale deve essere presente in ogni comunità ecclesiale che ha sempre necessità di respiro universale per non morire di asfissia spirituale. La promessa fedeltà a Cristo non può mai essere separata dalla fedeltà alla Chiesa: "Chi ascolta voi ascolta me" (Lc 10,16).

In questo campo c'è un ampio spazio di azione aperto alle superiore e formatrici di istituti e di comunità. La loro funzione le porterà a procurare i mezzi migliori per promuovere ciò che sicuramente garantisce l'unione degli spiriti e dei cuori. Niente di tutto ciò si potrà fare senza pregare ed agire in modo tale che tutte le religiose incontrino nella consacrazione la realizzazione più alta della loro condizione di persona e di donna affinché gli istituti e le comunità superino eventuali difficoltà di crescita o di perseveranza e perché l'ideale della vita consacrata eserciti una vera attrattiva sulla gioventù.


10. Una parola finale alle carissime religiose che consacrano la loro vita alla contemplazione e vivono la loro vita religiosa nel raccoglimento e nella clausura. La vostra forma di vita, care figlie, vi colloca nel cuore del mistero della Chiesa. La vostra vita personale ha il suo centro nell'amore sponsale a Cristo.

Per questo modellate dal suo Spirito, dovete dargli tutto il vostro essere, facendo vostri i suoi sentimenti, i suoi progetti e la sua missione di carità e di salvezza. Ora, tutto ciò non sta confinato dentro le quattro mura del monasteri, ma è in relazione con la grande storia degli uomini, dove si costruisce la giustizia, dove si crea la comunione e la partecipazione nei beni materiali e spirituali; dove si cerca di istaurare la civiltà dell'amore; dove, infine, deve arrivare, con la buona novella del Vangelo, la salvezza di Dio.

Per questo la vostra vita contemplativa è assolutamente vitale per la Chiesa e per l'umanità, nonostante l'incomprensione e perfino l'opposizione che alle volte traspare nel pensiero moderno, nell'opinione pubblica e, chissà, forse anche in certe frange male illuminate del cristianesimo. Con questa certezza vivete nella gioia la radicalità della vostra condizione assolutamente originale: l'amore esclusivo per il Signore e, in lui, l'amore per tutti i vostri fratelli nell'umanità. Applicando la vostra capacità di amare nell'adorazione e nella preghiera, la vostra stessa esistenza grida silenziosamente il primato di Dio, attesta la dimensione trascendente della persona umana e porta gli uomini, le donne e i giovani a pensare e ad interrogarsi sul senso della vita.

Che i vostri monasteri rimangano luoghi di pace e di interiorità, senza permettere che pressioni dall'esterno vengano a demolire le vostre sane tradizioni e annullare i vostri mezzi di coltivare e promuovere il raccoglimento. E pregate, pregate molto per quelli che pure pregano; per quelli che non possono pregare, per quelli che non sanno pregare e per quelli che non vogliono pregare. E abbiate fiducia! Con questa parola il Papa desidera stimolare la generosità di tutte le religiose contemplative del Brasile, qualunque sia la loro famiglia spirituale.


11. Carissime sorelle: ho in cuore molte altre cose che vorrei dirvi, che desidererei comunicarvi, se non me ne mancasse il tempo. Rinnovo, quindi, a tutte la mia stima e fiducia. A tutte auguro che "la vostra carità si arricchisca sempre più in conoscenza e in ogni genere di discernimento, perché possiate distinguere sempre il meglio ed essere integri e irreprensibili" (cfr. Ph 1,9-10).

Tale "maggiore conoscenza" che ci si aspetta da voi e già stata indicata dallo Spirito Santo nelle parole dell'apostolo: "non sapere altro... se non Gesù Cristo e questi crocifisso" (1Co 2,2). Solo lui, Cristo, è principio stabile e centro permanente della missione che Dio vi ha affidato nel mondo di contrasti: vivere e testimoniare il suo amore, immergendovi in quel mistero dell'economia divina che ha unito la salvezza e la grazia con la croce (cfr. Ioannis Pauli PP. II RH 11).

Mentre vi benedico tutte di cuore, benedico le vostre famiglie religiose, la vostra vita di generosa immolazione, affidandovi a Maria santissima, Madre della Chiesa e modello della vostra vita consacrata. Fate affidamento sulle preghiere del Papa. Accompagnatelo anche voi con le vostre preghiere soprattutto in questi giorni del suo pellegrinaggio apostolico attraverso il vostro amato Brasile.

Data: 1980-07-03 Data estesa: Giovedi 3 Luglio 1980.


L'incontro con gli operai - Sao Paulo (Brasile)

Titolo: Collaboratori di Dio nell'opera della creazione

Cari fratelli e sorelle in Cristo.


1. Mi sento molto felice e onorato di trovarmi oggi tra voi a Sao Paulo. Felice nello scoprire la vostra città, questa immensa metropoli oggetto di un incredibile sviluppo industriale, nella quale una straordinaria crescita produttiva cammina di pari passo con una veloce urbanizzazione, affascinante e preoccupante insieme.

Felice principalmente perché scopro la città attraverso le persone, attraverso voi, uomini e donne, che qui lavorate, soffrite e sperate. Voi siete arrivati qui, venuti da tutti gli angoli di questo immenso paese e del mondo intero. Siete venuti per guadagnarvi la vita e per collaborare in questa grande opera comune, vitale per tutta la nazione: la costruzione di una città degna dell'uomo! Si, perché Sao Paulo siete voi! Sao Paulo non sono prima di tutto queste realizzazioni materiali, neppure sempre orientate secondo una valutazione giusta e piena dell'uomo e della società e neppure sempre capaci di organizzare un ambiente dove si possa condurre una vita degna dell'uomo. Sao Paulo sono anche i numerosissimi emarginati, i disoccupati, i sotto-occupati, i male occupati che non trovano dove impegnare le loro braccia e dove sviluppare le generose risorse delle loro intelligenze e dei loro cuori. Sao Paulo siete voi, qui riuniti per celebrare la vostra dignità di lavoratori e manifestare la vostra disposizione a costruire insieme una città su misura delle sue speranze umane. Sao Paulo siete voi qui riuniti per cercare nel Vangelo di Gesù Cristo le luci e le energie necessarie per realizzare il compito che vi aspetta: trasformare Sao Paulo in una città pienamente umana.


2. Si, chi ci riunisce qui è Gesù Cristo, il Signore dell'universo e della storia.

In suo nome il Papa vi fa visita oggi. Lavoratori, miei fratelli e sorelle, io ringrazio Dio per avermi permesso di essere tra voi. E ringrazio anche voi per la gioia che questo incontro causa a questo ministro di Cristo che negli anni della gioventù, nella sua Polonia natale, ha conosciuto direttamente la condizione di lavoratore manuale, con la grandezza e la durezza, le ore liete e i momenti di angustia, le realizzazioni e le frustrazioni che questa condizione comporta. Dal fondo del cuore vi dico che san Paolo diceva ai romani: "Ho infatti un vivo desiderio di vedervi per comunicarvi qualche dono spirituale, perché ne siate fortificati, o meglio, per rinfrancarmi con voi e tra voi mediante la fede che abbiamo in comune, voi e io" (Rm 1,11-12). Per questo vi invito, lavoratori cristiani miei fratelli e sorelle, a incominciare a celebrare nella gioia l'amicizia che Gesù ci offre, a tutti e a ciascuno in particolare: la fede, la speranza e la carità con cui Gesù anima i nostri cuori quando ci riuniamo nel suo nome, nella sua Chiesa che egli ha istituito per accogliere i suoi doni e distribuirli a tutti.

La festa cristiana della gioia non è un lusso riservato ai ricchi. Tutti sono invitati a prendervi parte. L'anno scorso gli emarginati di un'altra grande metropoli, New York, hanno cantando con me l'"alleluia" della risurrezione. E ancora poco tempo fa l'immensa Africa, l'Africa della povertà, ha dato al Papa e al mondo lo spettacolo di una festa indimenticabile. E questa festa viene dalla convinzione che noi siamo amati da Dio e che Dio è con noi. Dio ci fa visita! Il regno di Dio sta in mezzo a noi! Ecco la fonte inesauribile della nostra gioia: sapere che Dio ci ama e ci riconosce, sapere che siamo liberi dal peccato, sapere che siamo stati elevati alla dignità insuperabile di figli di Dio, ricchi di fede, di speranza e di amore che lo Spirito Santo diffonde nei nostri cuori.

Festeggiamo, quindi, il nostro Dio e il nostro Padre, Gesù Cristo nostro Signore e nostro fratello, lo Spirito Santo che ci raccoglie! L'opzione per i più poveri, nella quale l'assemblea dei Vescovi a Puebla ha voluto impegnare la Chiesa nell'America latina, è essenzialmente questa: che i poveri siano evangelizzati, che la Chiesa raddoppi di nuovo tutte le sue energie perché Gesù Cristo sia annunciato a tutti, principalmente ai poveri, e che tutti abbiano accesso a questa fonte viva, alla mensa della parola e del pane, ai sacramenti, alla comunità dei battezzati. Sta tutto qui il senso di questa nostra comunione di oggi, della nostra festa cristiana. Usciremo da qui per il nostro compito di cittadini e di lavoratori con un nuovo entusiasmo; con una coscienza più chiara della nostra dignità, dei nostri diritti, delle nostre responsabilità, con una fede rinnovata nelle energie prodigiose con le quali, creandoci a sua immagine e somiglianza, ci ha arricchiti per poter affrontare le sfide del nostro secolo, le sfide di questa metropoli che e Sao Paulo.


3. Io vi parlo in nome di Cristo, in nome della Chiesa, della Chiesa intera. E' Cristo che invia la sua Chiesa a tutti gli uomini e a tutte le società con un messaggio di salvezza. Questa missione della Chiesa si compie in pari tempo sotto due prospettive: la prospettiva escatologica che considera l'uomo come un essere il cui destino futuro è Dio; e la prospettiva storica che guarda a questo stesso uomo nella sua situazione concreta, incarnato nel mondo di oggi.

Questo messaggio di salvezza che la Chiesa, in virtù della sua missione, fa arrivare a ogni uomo e anche alla famiglia, ai differenti ambiti sociali, alle nazioni e all'umanità intera è messaggio di amore e di fraternità, messaggio di giustizia e di solidarietà, in primo luogo per i più bisognosi. In una parola: è un messaggio di pace e d'un giusto ordine sociale.

Voglio ripetere qui, davanti a voi, ciò che dissi ai lavoratori a Saint-Denis, quartiere operaio di un'altra grande città, Parigi: partendo dalle parole così profonde del "magnificat" ho voluto considerare con loro che "il mondo voluto da Dio è un mondo di giustizia; che l'ordine che deve guidare i rapporti tra gli uomini si fonda nella giustizia; che quest'ordine deve essere continuamente istaurato nel mondo, sempre di nuovo, nella misura in cui aumentano e si sviluppano le situazioni e i sistemi sociali, nella proporzione in cui sorgono nuove condizioni e possibilità economiche, nuove possibilità della tecnica e della produzione e allo stesso tempo nuove possibilità e necessità di distribuzione di beni" (Ioannis Pauli PP. II "Homilia in "Saint-Denis" habita", 5, die 31maii 1980: "", III,1[1980] 1569).

La Chiesa, quando proclama il Vangelo, senza peraltro abbandonare il suo compito specifico di evangelizzazione, cerca di ottenere che tutti gli aspetti della vita sociale in cui si manifesta l'ingiustizia, subiscano una trasformazione verso la giustizia. Il bene comune della società richiede come esigenza fondamentale che la società sia giusta! La persistenza dell'ingiustizia, la mancanza di giustizia minaccia l'esistenza della società dal di dentro, alla stessa maniera con cui tutto ciò che attenta alla sua sovranità o cerca di imporle ideologie e modelli, ogni ricatto economico e politico, ogni forza delle armi può minacciarla dall'esterno.

Questa minaccia che viene dal di dentro esiste di fatto quando, nell'ambito della distribuzione dei beni ci si affida unicamente alle leggi economiche della crescita e del maggior lucro; quando i risultati del progresso toccano solo marginalmente, o non toccano affatto, i vasti strati sociali della popolazione; essa esiste anche mentre persiste un abisso profondo tra una minoranza molto forte di ricchi da una parte e la maggioranza di coloro che vivono nella necessità e nella miseria dall'altra.


4. Il bene comune della società, che sarà sempre il nuovo nome della giustizia, non può essere raggiunto per mezzo della violenza, perché essa distrugge ciò che intende creare, sia quando cerca di mantenere i privilegi di alcuni, sia quando tenta di imporre le trasformazioni necessarie. I cambiamenti richiesti da un giusto ordine sociale devono essere effettuati per mezzo di un'azione costante - molte volte graduale e progressiva ma sempre efficace - sulla strada di riforme pacifiche.

E' questo il dovere di tutti. E' questo specialmente il dovere di coloro che hanno in mano il potere nella società, sia che si tratti del potere economico sia che si tratti di quello politico. Ogni potere trova la sua giustificazione unicamente nel bene comune, nella realizzazione di un ordine sociale giusto. Di conseguenza, il potere non dovrà mai servire per proteggere gli interessi di un gruppo a scapito degli altri.

La lotta di classe a sua volta non è la strada che porta all'ordine sociale, perché essa reca con sé il rischio di invertire le condizioni dei contendenti, creando nuove situazioni di giustizia. Nulla si costruisce su una base di mancanza di amore e, meno ancora, su una base di odio che miri alla distruzione degli altri.

Respingere la lotta di classe è anche optare risolutamente per una nobile lotta a favore della giustizia sociale. I diversi centri di potere e i diversi rappresentanti della società devono essere capaci di unirsi, di coordinare i propri sforzi e di arrivare a un accordo su programmi chiari ed efficaci. In questo consiste la formula cristiana per creare una società giusta! La società intera dev'essere solidale con tutti gli uomini e, in primo luogo, con l'uomo che più ha bisogno di aiuto, il povero. L'opzione per i poveri è una opzione cristiana; è anche l'opzione della società che si preoccupa del vero bene comune.


5. Ascoltiamo ciò che proprio Cristo ci dice a riguardo di questo, quando si rivolge alla folla venuta da ogni regione e d'oltre frontiera per vederlo. Seduto in mezzo ai suoi discepoli Gesù incomincio la sua istruzione con queste parole: "Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli" (Mt 5,3). Al di là dei suoi ascoltatori è anche a noi, riuniti qui a Sao Paulo, nel Brasile, che egli rivolgeva queste parole. Venti secoli di storia non hanno tolto nulla dell'importanza pressante, della gravità e della speranza contenuta in queste parole del Signore. "Beati i poveri in spirito"! Queste parole sono valide per ciascuno di noi. Questo invito grida dentro ciascuno di noi. Acquistare lo spirito del povero: è questo ciò che Cristo chiede a tutti.

Coloro che stanno economicamente bene devono acquistare lo spirito del povero, devono aprire il loro cuore ai poveri, perché se non lo facessero, le situazioni ingiuste non cambieranno; potrà cambiare la struttura politica o il sistema sociale; ma senza cambiamento nel cuore e nella coscienza l'ordine sociale giusto e stabile non sarà ottenuto. Quelli invece che non stanno bene economicamente, coloro che si trovano nel bisogno devono pure acquistare lo "spirito del povero", non permettendo che la povertà materiale li privi della loro dignità umana, perché questa dignità è più importante di tutti i beni.

E' in questo contesto che la dottrina cristiana sull'uomo, alimentata dal Vangelo, dalla Bibbia e da secoli di esperienza, valorizza in maniera singolare il lavoro umano. La dignità del lavoro. La nobiltà del lavoro. Voi conoscete la dignità e la nobiltà del vostro lavoro, voi che lavorate per vivere, per vivere meglio, per guadagnare il pane per le vostre famiglie, il pane di ogni giorno, voi che vi sentite feriti nel vostro affetto di padri e di madri al vedere i vostri figli mal nutriti, voi che siete così contenti e fieri quando potete offrire loro una tavola abbondante, quando potete vestirli bene, dar loro una casa decente e accogliente, procurare loro una scuola e un'educazione in vista di un futuro migliore. Il lavoro e un servizio, un servizio alle vostre famiglie e a tutta la città, un servizio nel quale l'uomo stesso cresce nella misura in cui si dà per gli altri. Il lavoro è una disciplina nella quale si fortifica la personalità.

La prima e fondamentale vostra aspirazione è, quindi, lavorare. Quante sofferenze, quante angustie e miserie non causa la disoccupazione! Per questo la prima e fondamentale preoccupazione di tutti e di ciascuno, uomini di governo, politici, dirigenti di sindacati e padroni di imprese dev'essere questa: dar lavoro a tutti. Aspettare la soluzione del problema come il risultato più o meno automatico di un ordine e di uno sviluppo economico, qualunque essi siano, nei quali l'occupazione appaia come una conseguenza secondaria. non è realistico e quindi non è ammissibile. Teoria e prassi economiche devono avere il coraggio di considerare l'occupazione e le sue moderne possibilità come un elemento centrale dei loro obiettivi.


6. E' richiesto dalla giustizia che le condizioni di lavoro siano le più degne possibili, che si perfezioni la previdenza sociale in modo da permettere a tutti, sulla base di una crescente solidarietà, di affrontare i rischi, le ristrettezze e gli oneri sociali. Aggiustare il salario, nelle sue diverse e complementari modalità fino al punto in cui si possa dire che il lavoratore partecipa realmente ed equamente a quella ricchezza alla cui creazione egli contribuisce in modo solidale nell'impresa, nella professione e nell'economia nazionale, è un'esigenza legittima. Su tutti questi punti la Chiesa, specialmente a partire dalla prima grande enciclica sociale, la "Rerum Novarum", non si stanco di sviluppare un insegnamento molto ricco. Vi invito, lavoratori e responsabili politici, professionali e sindacali, a prestare rinnovata attenzione a questo insegnamento.

Nessuno andrà ad incontrare li soluzioni già pronte, ma potrà vedervi chiarimenti e stimoli per la propria riflessione e pratica. Il compito è delicato, e questo complesso di problemi, nel quale tutti i fattori - occupazione, investimenti, salario - reagiscono gli uni sugli altri, non deve essere regolato né per mezzo della demagogia, né con sortilegi ideologici, né con uno scientismo freddo e teorico che, al contrario del vero spirito scientifico, lasciasse per un futuro incerto la rettifica dei suoi presupposti. Torno ad affermare qui ciò che ho già espresso a riguardo dell'occupazione: aspettare che la soluzione del salario, della previdenza sociale e delle condizioni di lavoro scaturisca da una specie di estensione automatica di un ordine economico non è realistico e perciò stesso non è ammissibile. L'economia è valida unicamente se sarà umana, fatta dall'uomo e per l'uomo.


7. Per questo è molto importante che tutti i protagonisti della vita economica abbiano la possibilità effettiva di partecipare liberamente ed attivamente all'elaborazione e al controllo delle decisioni che li riguardano a tutti i livelli. Già il Papa Leone XIII nella "Rerum Novarum" aveva affermato chiaramente il diritto dei lavoratori di riunirsi in associazioni libere con la finalità di far sentire la loro voce, di difendere i loro interessi e contribuire in maniera responsabile al bene comune, le cui esigenze e la cui disciplina si impongono a tutti nell'ambito di leggi e contratti sempre perfezionabili.

La Chiesa proclama e sostiene questi diversi diritti dei lavoratori perché è in gioco l'uomo e la sua dignità. E lo fa con profonda e ardente convinzione tanto più quanto per essa l'uomo che lavora si fa cooperatore di Dio.

Fatto a immagine di Dio, egli ricevette la missione di governare l'universo per svilupparne le ricchezze e garantirne la destinazione universale, per unire gli uomini in un servizio mutuo e nella creazione comune di un sistema di vita degno e bello, per la gloria del Creatore.

Lavoratori, non dimenticatevi mai della grande nobiltà che, come uomini e come cristiani, voi dovete imprimere al vostro lavoro, anche al più umile e insignificante. Non lasciatevi mai degradare dal lavoro; piuttosto procurate di vivere a fondo la vostra vera dignità che la parola di Dio e l'insegnamento della Chiesa mettono in evidenza. Infatti il lavoro fa di voi, prima di tutto, collaboratori di Dio nel proseguimento dell'opera della creazione. Portino avanti - col sudore della fronte, si, ma soprattutto col giusto orgoglio di essere creati a immagine dello stesso Dio - il dinamismo contenuto nell'ordine dato da Dio al primo uomo di popolare la terra e di dominarla (cfr. Gn 1,28). Il lavoro vi associa più strettamente alla redenzione che Cristo realizzo per mezzo della croce, quando vi porta ad accettare tutto ciò che c'è di penoso, di pesante, di mortificante, di crocifiggente nella monotonia quotidiana: quando vi invita ancora ad unire le vostre sofferenze a quelle del Salvatore "per completare quello che manca ai patimenti di Cristo, a favore del suo corpo che la Chiesa" (Col 1,24).

Per questo il lavoro vi porta infine a sentirvi solidali con tutti i fratelli - qui nel Brasile e in tutto il mondo -. Esso fa di voi dei costruttori della grande famiglia umana, più ancora, di tutta la Chiesa nel vincolo della carità, perché ciascuno è chiamato ad aiutare l'altro (cfr. Ga 6,2), nell'esigenza sempre rinnovata di una reciproca collaborazione per la quale noi uomini siamo necessari gli uni agli altri, senza escludere nessuno.

E' questa la concezione cristiana dl lavoro; parte dalla fede in Dio Creatore e, mediante Cristo redentore, arriva all'edificazione della società umana, alla solidarietà con l'uomo. Senza questa visione, qualunque sforzo, anche il più tenace, è carente e caduco. E' destinato a deludere, a finire. Costruite, quindi, sopra questo fondamento. E se vi dicessero che per difendere le conquiste del lavoro è necessario mettere da parte o perfino cancellare questa visione cristiana dell'esistenza, non vi credete. L'uomo senza Dio e senza Cristo costruisce sulla rena. Tradisce la propria origine e la propria nobiltà. E, infine, arriva a danneggiare l'uomo, a offendere il fratello.


8. Voi lavorate nell'ambiente di una grande città, che continua a crescere rapidamente. Essa è un riflesso delle incredibili possibilità del genere umano, capace di realizzazioni mirabili, ma capace anche, quando mancano l'animazione spirituale e l'orientamento morale, di stritolare l'uomo.

Molte volte, una logica economica esclusivista, depravata ulteriormente da un materialismo crasso, ha invaso tutti i campi dell'esistenza, compromettendo l'ambiente, minacciando le famiglie e distruggendo ogni rispetto per la persona umana. Le fabbriche lanciano i loro rifiuti, deformano e contaminano l'ambiente, rendono l'aria irrespirabile. Ondate di immigrati si ammucchiano in stamberghe indegne, dove molti perdono la speranza e finiscono nella miseria. I bambini, i giovani, gli adolescenti, non trovano spazi vitali per sviluppare pienamente le loro energie fisiche e spirituali, molte volte ridotti in ambienti malsani o costretti in strada dove scorre il traffico, tra edifici di cemento e l'anonimato della folla che si logora senza mai conoscersi. Accanto a quartieri dove si vive con tutte le comodità moderne ne esistono altri dove mancano le cose più elementari, e alcune periferie vanno crescendo disordinatamente. Molte volte lo sviluppo si trasforma in una versione gigantesca della parabola del ricco e di Lazzaro. La prossimità del lusso e della miseria accentua il sentimento di frustrazione dei diseredati. Si impone qui una domanda fondamentale: come trasformare la città in una città veramente umana, nel suo ambiente naturale, nelle sue costruzioni e nelle sue istituzioni? Una condizione essenziale è quella di dare all'economia un senso e una logica umani. Vale qui ciò che si disse a riguardo del lavoro. E' necessario liberare i diversi campi dell'esistenza dal dominio di un economismo soggiogatore.

E' necessario mettere le esigenze economiche al loro giusto posto e creare un tessuto sociale multiforme, che impedisca la massificazione. Nessuno è dispensato dal collaborare a questo compito. Tutti possono fare qualcosa in se stessi e attorno a sé. Non è forse vero che i quartieri più sprovvisti sono molte volte il luogo dove la solidarietà suscita gesti di maggior disinteresse e generosità? Cristiani, dovunque voi siate, assumete la vostra parte di responsabilità in questo immenso sforzo per la ristrutturazione umana della città. La vostra fede ve ne fa un dovere. Fede ed esperienza, insieme, daranno a voi luce ed energia per camminare.


9. I cristiani hanno il diritto e il dovere di contribuire nella misura della loro capacità alla costruzione della società. E lo fanno attraverso i quadri associativi e istituzionali che la libera società elabora con la partecipazione di tutti. La Chiesa come tale non ha la pretesa di amministrare la città né di occupare il posto dei legittimi organi di deliberazione e di azione. Vuole solo servire tutti coloro che, a qualunque livello, assumono le responsabilità del bene comune. Il suo servizio è essenzialmente di ordine etico e religioso. Ma per garantire questo servizio, d'accordo con la sua missione, la Chiesa esige a pieno titolo uno spazio di libertà indispensabile e procura di mantenere la sua specificità religiosa.

Così, tutte le comunità di cristiani, tanto le comunità di base come le parrocchie, le diocesi o tutta la comunità nazionale, devono dare il loro contributo specifico per la costruzione della società giusta. Tutte le preoccupazioni dall'uomo devono essere prese in considerazione, poiché l'evangelizzazione, ragion d'essere di qualunque comunità ecclesiale, non sarebbe completa se non tenesse presenti le relazioni esistenti tra il messaggio del Vangelo e la vita personale e sociale dell'uomo, tra il comandamento dell'amore al prossimo che soffre e si trova in necessità e le situazioni concrete di ingiustizia da combattere e di giustizia e di pace da istaurare.

Che da questo nostro incontro di oggi, attorno a Gesù Cristo, possiate portare con voi la certezza che la Chiesa vuole essere presente, con tutto il suo messaggio evangelico, nel cuore della città, nel cuore delle popolazioni più povere della città, nel cuore di ciascuno di voi. Voi siete amati da Dio, lavoratori di Sao Paulo e del Brasile. E voi dovete amare Dio. Questo è il segreto della vostra gioia, di una gioia che, sgorgando dai vostri cuori, si irradierà sui vostri volti e sul volto della città come segno che essa è una città umana.

Data: 1980-07-03 Data estesa: Giovedi 3 Luglio 1980.



GPII 1980 Insegnamenti - L'incontro con esponenti della comunità ebraica del Brasile - San Paolo