GPII 1980 Insegnamenti - L'incontro con i "chiamati" - Porto Alegre (Brasile)

L'incontro con i "chiamati" - Porto Alegre (Brasile)

Titolo: In ascolto del Signore il grande amico

Figli carissimi.

1. Certo non vi stupirete se vi confido che questo incontro era uno dei più desiderati tra i tanti che la provvidenza mi concede di avere in questa grande nazione. E' una gioia potere incontrarmi con voi giovani, disposti a seguire Gesù Cristo che chiama per un dono totale di sé nella testimonianza di amore a lui e di servizio ai fratelli; con voi, sacerdoti e religiosi, che avete la responsabilità della formazione di coloro che si preparano al sacerdozio, alla vita religiosa o a un impegno diretto nell'attività apostolica. Da voi dipende in buona misura il futuro della Chiesa in Brasile.

"Grazie a voi e pace da Dio Padre e dal Signore Gesù Cristo" (2Th 1,2).

Molte grazie per la cordialità e l'entusiasmo della vostra accoglienza, a cui sono molto sensibile. E' un'altra manifestazione della tradizionale ospitalità brasiliana che ho sperimentato in questi giorni.

In ogni momento di questo mio pellegrinaggio pastorale attraverso la vostra terra, con il cuore rivolto a Fortaleza e sintonizzato con il Popolo di Dio in Brasile, io mi chiedo: "Dove vai?". La bocca parla dall'abbondanza del cuore.

In tutte tappe del mio pellegrinaggio verso il congresso eucaristico nazionale, la domanda fu ed è attuale: attuale quando mi sono incontrato con le famiglie e i sacerdoti a Rio de Janeiro, attuale nell'incontro con i religiosi e le religiose a Sao Paulo e attuale nel contatto con il mondo del lavoro, con gli operai, a Sao Paulo. Qui pero, in questo incontro con voi, la domanda mi pare di particolare attualità. Effettivamente da voi dipende, in buona misura, il futuro della Chiesa in questa grande, bella e promettente nazione brasiliana. In questa, il Popolo di Dio pellegrino e gli uomini in generale si sentono interpellati e desiderano qualcuno che indichi loro le mete e la via per rispondere con precisione alla domanda: "Dove vai?".

E voi, non siete o volete essere questo qualcuno? 2. E' per voi il mio primo messaggio, carissimi giovani, per voi che conservate nel cuore come impulso poderoso il segreto della chiamata speciale di Cristo.

Siate sempre consapevoli della predilezione del maestro divino per voi: ogni vocazione fa parte di un grande disegno divino, nel quale ciascuno dei chiamati è molto importante. Lo stesso Cristo, Verbo di Dio, il "chiamato" per eccellenza "non si attribui la gloria di sommo sacerdote, ma gliela conferi colui che gli disse: "Mio figlio sei tu, oggi ti ho generato" (Ps 2,7). Come in un altro passaggio dice: "Tu sei sacerdote per sempre, alla maniera di Melchisedek" (Ps 110,4)" (He 5,5).

La vocazione è, dunque, un mistero che l'uomo accoglie e vive nel più intimo del suo essere. Dono e grazia, essa dipende dalla sovrana libertà divina e nella sua piena realtà, sfugge alla nostra comprensione. Non possiamo esigere spiegazioni dal donatore di tutti i beni - "perché mi hai fatto così?" (cfr. Rm 9,20) - perché colui che chiama è anche "colui che è" (cfr. Ex 3,14).

La vocazione di ciascuno si fonde, fino a un certo punto, col suo stesso essere: si può dire che vocazione e persona diventano una cosa sola. Ciò significa che nell'iniziativa creatrice di Dio entra un particolare atto di amore per i chiamati non solo alla salvezza, ma anche al ministero della salvezza. Perciò fin dall'eternità, da quando cominciammo a esistere nei disegni del Creatore, volle anche chiamarci, predisponendo in noi i doni e le condizioni per la risposta personale e cosciente all'appello di Cristo e della Chiesa. Dio che ci ama, che è amore, è anche "colui che chiama" (cfr. Rm 9,11).

Pertanto davanti a una vocazione adoriamo il mistero, rispondiamo con amore all'iniziativa di amore, diciamo si all'appello.


3. Voi, pero, sapete bene che all'origine di ogni vocazione c'è sempre Gesù, incarnazione suprema dell'amore di Dio; nell'amore di Cristo la vocazione trova il suo perché. Egli stesso lo disse: "Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto..." (Jn 15,16). Lasciatemi ripetere, come detto per voi soli, ciò che ho scritto recentemente: "Io, il Papa, sono l'umile e appassionato servitore di quello stesso amore dal quale era mosso Cristo, quando chiamava i discepoli alla sua sequela" (Ioannis Pauli PP. II "Nuntius oblata occasione diei, ad religiosas et sacerdotales vocationes fovendas quotannis toto orbe catholico dicati", 4, die 19 apr. 1980: "Insagnamenti di Giovanni Paolo II", III,1[1980] 954).

In fondo, chi ci chiama è il Padre, l'agricoltorc (Jn 15,1), e ci attira verso colui che egli ha mandato (cfr. Jn 6,44). La sua chiamata prolunga in noi l'opera di amore cominciata nella creazione. Ma è sempre Cristo - direttamente o mediante il suo "sacramento universale della salvezza" che è la Chiesa che fa percepire la chiamata divina a un lavoro che è collaborazione personale con lui.

Così egli ha fatto coi primi apostoli: "Chiamo a sé quelli che egli volle ed essi andarono da lui" (Mc 3,13 cfr. Mc 6,7).

La risposta dipende dalla generosità del cuore di chi è chiamato, perché colui che chiama lascia sempre la libertà di scelta: "Se vuoi..." (cfr. Mt 19,21).

In questo incontro con voi, pieno di riconoscenza, elevo lo spirito al Dio che sempre ci ama e ci dà conforto e speranza (cfr. 2Th 2,16) e imploro che "la vostra carità si arricchisca sempre più in conoscenza e in ogni genere di discernimento, perché possiate distinguere sempre il meglio" (Ph 1,7-8). Non temete come il giovane del Vangelo. Vale la pena di scambiare "molti beni" con "un tesoro nel cielo".

A questo punto non posso non fare a ciascuno di voi in particolare l'insistente invito che sono solito fare in circostanze analoghe ai giovani che hanno lo stesso ideale: mettetevi in ascolto del Signore, il grande amico. Egli vi guarda negli occhi e vi parla al cuore nell'intimità della preghiera personale (cfr. Ap 3,20), della preghiera comunitaria (cfr. Mt 18,20) e della liturgia, perché egli "è sempre presente nella sua Chiesa, specialmente nelle azioni liturgiche" (SC 7). State certi che egli vi illuminerà e vi aiuterà a scoprire e ad amare il senso e il valore della vocazione. Chi sa se oggi, in questo incontro "nel suo nome", egli non voglia dirvi qualcuno dei suoi segreti? Se così fosse, "non indurite i vostri cuori" (He 3,8). Solo nella disponibilità alla voce di Dio potrete trovare la gioia di una totale autorealizzazione.


4. Accanto a voi, come ministri di Cristo e interpreti delle sue interiori ispirazioni, stanno coloro ai quali la Chiesa ha affidato il compito delicato della vostra formazione. Nel rivolgere a essi il mio pensiero, mi è grato evocare anzitutto la lunga tradizione nell'impegno per la formazione sacerdotale, in Brasile, con alcune caratteristiche da tutti riconosciute: si risale alle prime esperienze nei collegi di Bahia, Sao Paulo e Rio de Janeiro, si passa per il periodo già designato come "era dei conventi" e per alterni momenti di prova e di fioritura, fino ad arrivare alla prima organizzazione ecclesiastica. Nel secolo XVIII appaiono i seminari propriamente detti, tra i quali hanno lasciato un nome nella storia del Brasile tra altri quelli di Mariana, di Olinda e di Caraca.

E come non riconoscere i meriti e apprezzare il ruolo importante degli ordini e delle congregazioni religiose? In seguito, con seminari quali furono raccomandati dal Concilio di Trento, instaurati in molte parti dell'immenso territorio, continuo la formazione di successive leve di sacerdoti, parecchi dei quali, in questo ultimo secolo, vennero a Roma per perfezionare gli studi e la formazione, prima nel collegio Pio latino-americano, poi nel collegio Pio brasiliano, o nelle case romane degli istituti religiosi, validi strumenti per mantenere i tradizionali vincoli tra il Brasile cattolico e la cattedra di san Pietro, nella comunione della Chiesa universale.


5. Di fronte a queste gloriose tradizioni del passato, una domanda si impone al cuore del Papa assillato dalla "sollecitudo omnium ecclesiarum" (2Co 11,28): in un'ora decisiva per il suo destino e per quello del mondo, qual è l'attuale, avrà il Brasile seminari, case religiose o altre istituzioni ecclesiastiche, avrà soprattutto superiori e docenti capaci di preparare sacerdoti e religiosi, che siano all'altezza dei problemi posti da una popolazione in continuo aumento e con esigenze pastorali sempre più vaste e complesse? La domanda tocca un punto fondamentale della vita ecclesiale. Vorrei soffermarmi per qualche istante a parlarne con voi, che dei seminari e delle case di formazione avete, a diversi titoli, la responsabilità. La secolare esperienza e la ponderata riflessione della Chiesa dimostrano l'assoluta necessità di queste strutture per la preparazione dei sacerdoti e dei religiosi. Il Concilio Vaticano II ha confermato che la via seguita dalla Chiesa nei secoli è quella buona e che, perciò, non può essere abbandonata.

La formazione di un sacerdote e di un religioso non può essere lasciata all'improvvisazione. E' la grazia di Dio che ispira la vocazione, è la grazia di Dio che crea il sacerdote ed il religioso. Ma questa grazia è donata nella Chiesa e per la Chiesa: spetta dunque alla Chiesa provare l'autenticità di una chiamata e guidarne lo sviluppo fino alla meta degli ordini sacri e dei voti religiosi. Ora, per la Chiesa, in base alla sua tradizione ed alla sua esperienza, tutto ciò non può essere pienamente attuato senza una istituzione chiamata con nome altamente significativo: seminario, e altre analoghe istituzioni per la formazione religiosa.


6. Certo, il seminario e le altre istituzioni educative hanno bisogno di aggiornamento. La Chiesa lo sa. Questa è una sua preoccupazione continua. La Chiesa sa che la realtà cambia secondo i tempi e i luoghi; essa riflette sulla realtà e segue la realtà, che reca in sé i segni della provvidenza divina. Perciò propone norme precise, e così cerca di aiutare i responsabili della formazione sacerdotale e religiosa nel loro arduo lavoro, che per essere efficace deve essere svolto sempre nella Chiesa e per la Chiesa.

Per questa ragione i miei venerati predecessori si sono preoccupati, con ammirevole sollecitudine, di affrontare i temi della formazione sacerdotale e religiosa, quale era richiesta dalle necessità pastorali moderne. Per la medesima ragione la santa Sede non ha mancato di richiamare, commentare ed esplicitare le esigenze segnalate dal Concilio, attraverso una serie di documenti, nei quali i responsabili della formazione sacerdotale e religiosa devono vedere una rinnovata testimonianza di fiducia, di comprensione e di amore.


7. Mentre vi parlo, ho presenti le difficoltà che turbano il mondo moderno e si ripercuotono nella vita della Chiesa. I seminari e le altre istituzioni formative non potevano essere risparmiati. La stessa proposta della vita sacerdotale e religiosa ha trovato ostacoli, non poche volte, anche in coloro che dovevano annunciarla coraggiosamente o potevano accoglierla generosamente.

Anche se le difficoltà fossero più grandi di quelle che conosciamo, il nostro sacro dovere resta quello di evangelizzare il Popolo di Dio sulla divina grandezza del sacerdozio ministeriale e sull'altissimo ideale della vita consacrata. Per questo motivo, carissimi sacerdoti e religiosi, vi invito a rimeditare la costituzione "Lumen Gentium" e i decreti "Presbyterorum Ordinis" e "Perfectae Caritatis" del Concilio Vaticano II; in modo particolare vi invito a rileggere la lettera da me indirizzata a tutti i sacerdoti della Chiesa in occasione del Giovedi Santo 1979, per riaffermare la santa dottrina della Chiesa sul sacerdozio ministeriale, che è partecipazione al sacerdozio di Cristo, mediante l'ordine sacro e dono di Cristo alla sua e nostra comunità (cfr. Ioannis Pauli PP. II "Epistula ad universos Ecclesize Sacerdotes adveniente Feria V in Cena Domini anno MCMLXXIX, 3 et 4, die 8 apr. 1979: "Insegnamenti di Giovanni Paolo II", II [1979] 844-847).

Quando di questa verità noi siamo intimamente coinvolti, quando integralmente la comunichiamo al Popolo di Dio, quando ad essa rendiamo testimonianza con la nostra vita, allora le difficoltà dei nostri tempi non ci faranno paura.


8. Riaffermati questi principi fondamentali che nascono dalla fede, permettete che accenni a qualche aspetto pratico, che merita prudente considerazione per il bene della Chiesa e della vita sacerdotale e religiosa.

La Chiesa desidera che si cerchino i mezzi e i metodi più adeguati per la formazione del sacerdote e del religioso di oggi. Le direttive del Concilio e quelle successive della santa Sede sono tutte orientate in questo senso.

Giustamente il Concilio ha suggerito di dividere le comunità seminaristiche troppo numerose; ha invitato gli aspiranti al sacerdozio a mantenere i contatti con la comunità e ad offrire aiuto all'attività pastorale nei luoghi dove si svolge la loro formazione. Non si può dubitare del valore pedagogico di questi orientamenti.

Tuttavia, dopo un sufficiente periodo di esperienza si dovrebbero ripensare alcune iniziative intraprese certamente con buone intenzioni, ma che possono deformare gli orientamenti del Concilio e portare a risultati deludenti e dannosi. Che cosa si deve correggere o completare, ad esempio, nelle varie iniziative non sempre felici, miranti a sostituire i seminari, specialmente mediante le cosiddette "piccole comunità"? Quali i pro e i contro nel formare i futuri sacerdoti esclusivamente nell'ambito delle comunità in cui dovranno poi svolgere il loro ministero? Come evitare di ridurre al minimo il programma degli studi e del "curriculum" seminaristico, con danno evidente della specifica formazione intellettuale e spirituale che compete al nuovo ministro di Dio? Occorre, soprattutto da parte dei Vescovi, lucidità e coraggio per orientare chiaramente tutti i punti concernenti la formazione dei nuovi ministri, specialmente dei presbiteri. Ci rallegriamo osservando che le norme lungimiranti del Concilio Vaticano II sono prese nuovamente nella dovuta considerazione, accettate e messe in pratica, mentre vengono ridimensionate, relativizzate e, quando è il caso, abbandonate esperienze che non hanno dato frutto o si sono rivelate negative.


9. Ma soprattutto mi preme sottolineare che in questo lavoro resta sempre fondamentale l'opera dei sacerdoti e dei religiosi, siano essi superiori, docenti o maestri di novizi. La vostra missione è meravigliosa, ma difficile. I pastori delle diocesi e i responsabili della vita religiosa avranno riflettuto e pregato prima di fare cadere la scelta sulle vostre persone e affidarvi uno dei ministeri più delicati che esistano nella Chiesa: formare i futuri formatori del Popolo di Dio.

Accettata questa missione, dovete sentirvi responsabili della vostra personale preparazione. Il Concilio ha insistito su questo punto (cfr. OT 5). Il primo Sinodo dei Vescovi ha dato orientamenti precisi. I vostri Vescovi e superiori religiosi vi aiuteranno. Ma la vostra continua qualificazione spirituale, intellettuale e pastorale dipende da voi, dalla coscienza del vostro dovere.

La vostra spiritualità deve attingere alla fonte pura che è Cristo.

Maestro dei maestri, pastore delle nostre anime, modello supremo di ogni educatore e di ogni educazione. La vostra preparazione intellettuale deve sempre essere aggiornata, in piena fedeltà al magistero e alla tradizione viva della Chiesa, in umile e affettuosa accoglienza della parola di Dio che supera ogni sapienza umana.

La vostra efficienza pastorale guadagnerà con l'inserimento nel presbiterio diocesano, la cui esperienza vi arricchisce e che voi arricchite con la vostra esperienza.

Con questa preparazione completa la vostra missione si realizzerà con fatica, ma anche con gioia, con la benedizione di Dio che non lascia senza aiuto chi gli offre la sua incondizionata collaborazione. così preparati, troverete la luce e la forza per svolgere un'azione di autentica pedagogia evangelica.

Guiderete gli aspiranti a voi affidati a conquistare il primato dello spirituale, quel primato che li sosterrà poi nelle fatiche del ministero apostolico e nella fedeltà agli impegni assunti di fronte alla Chiesa. Li guiderete a discernere con chiarezza la loro vocazione, a fortificare il loro carattere, ad accettare il sacrificio di vita totalmente consacrata a Dio e alla Chiesa. Li guiderete nel farsi una cultura solida, sana, aperta, quale oggi si esige da chi dovrà essere a sua volta maestro del Popolo di Dio. Li guiderete nell'acquisizione della scienza e sapienza pastorale, che è proclamazione della parola di Dio, celebrazione dei misteri divini, cura spirituale della comunità e delle singole anime. In una parola: i vostri discepoli attingeranno dalla vostra ricchezza, come voi attingerete dalla ricchezza inesauribile del cuore di Cristo.


10. Ecco, figli carissimi, l'esortazione che sale dal fondo del mio animo, ecco la consegna che desidero affidare a ciascuno di voi: mettete generosamente a disposizione di Cristo la vostra mente, il vostro cuore, le vostre energie. Lo dico a voi, superiori ed educatori, che nella quotidiana dedizione al vostro compito delicato siete chiamati ad essere segno e strumento del servizio di Cristo che edifica il suo corpo. Lo dico a voi, giovani che avete accolto la chiamata e avete accettato di mettervi in cammino sulle orme di Cristo, per essere domani testimoni del suo amore tra i vostri fratelli.

Il mio pensiero e la mia esortazione si rivolgono anche alle famiglie cristiane, che il Concilio Vaticano II ha indicato come "primo seminario" della vocazione (cfr. OT 2): spetta ad esse creare al proprio interno quel clima di fede, di carità, di preghiera, che orienti i figli a confrontarsi in atteggiamento di generosa disponibilità, con l'iniziativa di Dio e col suo progetto sul mondo. Accanto alla famiglia ha un suo ruolo importante la scuola, nella quale gli insegnanti, specialmente se cattolici, devono sentire l'impegno non solo di arricchire la mente degli alunni con i contenuti della cultura, ma anche di sensibilizzarne l'animo all'appello dei valori morali ed al fascino entusiasmante dei grandi ideali.

Una parola particolare voglio riservare alla parrocchia. il cui contributo a questo riguardo resta determinante. In essa, infatti, i giovani vivono la loro esperienza cristiana, in essa ascoltano la proclamazione della parola di Dio e partecipano alla celebrazione dei segni della salvezza, in essa inoltre si incontrano con la testimonianza delle diverse vocazioni e dei diversi ministeri. E' evidente, perciò, l'importanza che rivestono le associazioni, i gruppi, i movimenti ecclesiali, per non parlare della persona dei sacerdoti preposti alla cura pastorale della comunità, come normale tramite della chiamata di Dio ad un servizio più generoso per l'avvento del regno. Esorto pertanto ogni elemento della comunità cristiana a farsi carico delle proprie responsabilità in questo essenziale settore della vita ecclesiale.

Cristo ha bisogno dell'apporto di tutti per far giungere ad altri cuori la parola che "non tutti possono capire" (cfr. Mt 19,11), la parola dell'invito alla donazione senza riserve alla causa del regno.

Nel rinnovare a ciascuno l'espressione della mia gratitudine, della mia fiducia e del mio affetto, affido alla Vergine santissima Aparecida le vostre intenzioni ed i vostri propositi. A lei chiedo, in particolare, che prenda sotto la sua materna protezione voi giovani in questo periodo decisivo della vostra esistenza e vi conduca, con mano sicura, verso l'incontro con Cristo; che vi ama, che vi chiama, che vi attende, che sarà il vostro gaudio, oggi e sempre.

Data: 1980-07-05 Data estesa: Sabato 5 Luglio 1980.


L'incontro con la comunità polacca e altri gruppi di immigrati - Curitiba (Brasile)

Titolo: Contributo di fede e di coraggio alla civiltà e alla cultura del Brasile

Carissimi fratelli e sorelle.

Sia lodato Gesù Cristo! 1. Vorrei che il mio saluto cristiano davanti a questa simpatica assemblea risuonasse con una intensità di amore simile alla parola di san Pietro, di cui sono umlie successore. Una volta, a Gerusalemme, davanti a numerosi uditori "di ogni nazione che è sotto il cielo" (Ac 2,5) nel suo primo discorso, san Pietro proclamava che Gesù è il Signore, il Messia; e tutti miracolosamente lo capivano "nella propria lingua", del paese d'origine.

Desidererei, quindi, che ciascuno dei presenti potesse captare, non già prodigiosamente nella lingua del suo paese di origine ma con tutta la propria capacità di intendere, il significato dell'acclamazione e l'affetto che l'accompagna come saluto. Si, anch'io voglio proclamare il Signore Gesù Cristo, dirigendo cordialmente il mio saluto a tutti e a ciascuno in particolare, brasiliani di nascita o brasiliani di adozione. E, in voi, io saluto tutti i diversi gruppi etnici, sparsi e armoniosamente integrati in questo caro Brasile, immenso e bello.


2. Per Gesù Cristo, Signore nostro, con voi e per voi io vorrei ringraziare Dio: per la gioia di questo incontro, per quello che siete e per ciò che rappresentate: quindi riaffermare il mio grato apprezzamento. Effettivamente anche voi, come coloro che un tempo sentivano san Pietro in Gerusalemme, proveniente da varie nazioni e, col ricordo più o meno vivo della patria distante e con peculiari caratteristiche ataviche, rappresentate qui l'ecumenicità, l'ospitalità e la cordialità di questo paese che vi ha accolto e dove formate un unico popolo brasiliano: sia ringraziato Dio.

E ora, in questo incontro di famiglia - la famiglia brasiliana, la famiglia umana e la famiglia dei figli di Dio - voi rappresentate bene l'universalità della Chiesa. Il Papa, qui con voi, come successore di san Pietro "visibile fondamento dell'unità di tutti i fedeli" della medesima Chiesa, si rallegra per la vostra professione di unità. Desidererei lasciarvi un ricordo che perpetui l'amicizia di questo incontro: un ricordo che portiate sempre con voi nel cuore e che rimanga ben presente in tutta la vostra vita. E quale? 3. Questo semplice messaggio: Gesù Cristo, nostro fratello in umanità, è il Signore. Promettete di portare sempre con voi questo ricordo? Certamente. Per questo vi manifesto la mia grata soddisfazione.

Si, fratelli e sorelle, Gesù Cristo è il Signore! Egli è l'unico orientamento dello spirito, l'unica direzione dell'intelligenza, della volontà e del cuore per tutti noi; egli è il redentore dell'uomo; egli è il redentore del mondo; in lui sta la nostra salvezza e "in nessun altro c'è salvezza" fuori di lui (cfr. Ac 4,12). Egli ci insegno con l'esempio e con la parola che il cammino della salvezza è l'amore: primo e sopra tutte le cose l'amore di Dio; e poiché Dio ha cura paternamente di tutti e ha voluto che gli uomini costituissero una sola famiglia e si trattassero come buoni fratelli, abbiamo il dovere di amarci gli uni gli altri come Gesù Cristo ci ha amati e ci ha insegnato. Egli è il Signore! Che la comunità umana e cristiana che voi formate, in esemplare buona intesa e unione di "brasilità", sia illuminata sempre più dall'amore di Dio e del prossimo e continui a prosperare con le benedizioni divine! 4. E adesso, a voi. fratelli e sorelle di origine portoghese, che avete qui la vostra seconda patria, desidero dire in particolare: Sono sicuro che, con il vostro lavoro, come immigrati voi avete posto qui al servizio di questa comunità nazionale le vostre nobili tradizioni e qualità umane e cristiane. Conservate come principale tesoro di queste tradizioni la fede cristiana dei vostri padri. E che il vostro senso del dovere verso Dio e la vostra radicata devozione alla Madonna continuino ad essere forza della vita religiosa personale e luce per la vostra testimonianza di cristiani! Con questi auguri di perseverante fedeltà a Cristo e alla Chiesa, per voi tutti qui presenti esprimo la mia stima, e desidero per gli immigranti portoghesi nel Brasile le migliori gioie e li benedico di cuore.

Amati connazionali, cari fratelli e sorelle! 1. Mi rallegro di potermi incontrare oggi con voi, miei connazionali, in questa terra brasiliana, a Curitiba, e ne ringrazio Dio. A questo incontro avevate diritto voi, qui presenti, e tutti coloro che rappresentate; vi avevo diritto anch'io come figlio di quella terra che è presso la Vistola, terra alla quale voi siete, in diverso modo, legati per la provenienza e per il legame di sangue; ed ha avuto diritto, a questo incontro, proprio quella terra, che è la nostra patria.

Molti di voi certamente non l'hanno vista mai; ci sono forse alcuni che hanno di essa e della sua storia una idea vaga, ma ciò non cambia il fatto che di là venite, alcuni già da molte generazioni, e là avete le vostre radici. Ciò costituisce una chiave, una tra tante, ma importante, per il mistero del vostro cuore; è un documento di identità, che non soltanto parla del passato millennio, ma parla anche di ciò che è in voi, che forma voi stessi e che in un certo grado decide del perché voi siete così e non diversi; ed è anche il vostro compito, che deve crescere e disegnare il profilo della vostra vita. Questa realtà più profonda, iscritta nei vostri cuori, è il mistero della croce di Cristo. Mi trovo dinanzi a voi come vostro connazionale, ma mi trovo anche come successore di san Pietro e pastore della Chiesa universale; mi trovo quindi come testimone particolare di Cristo e della sua croce.

Il mistero della croce e della risurrezione si è iscritto profondamente nella storia della nostra patria. Infatti, sappiamo che, grazie alla ammirabile disposizione della provvidenza di Dio, siamo entrati, come nazione, nell'arena della storia del mondo proprio mediante il santo battesimo, che immerge ogni uomo in Cristo, nella sua morte, e mediante questo battesimo siamo stati sepolti insieme con Cristo nella sua morte. E questa sepoltura non è un annientamento, è la vita. Chi in questo modo viene sepolto in Cristo diventa libero dal peccato ed entra nella vita nuova, così come Cristo è sorto dai morti grazie alla gloria del Padre. Con questa morte l'uomo viene unito insieme a Cristo e diventa partecipe della sua risurrezione (cfr. Rm 6,3-7). così, dunque, la storia della nostra nazione, storia ricca e difficile, è nata mediante il battesimo e nel battesimo è nata la nostra nazione. Alla base della sua storia vi è la croce, sulla quale si muore per vivere: per vivere in Dio e con Dio, per vivere nella verità, nella libertà e nell'amore, per vivere eternamente. Dall'inizio stesso, la storia fugace e terrestre della patria e della nazione si sono intrecciate con la storia della salvezza. E qui sta la chiave fondamentale di questa storia e del cuore umano che ha formato, forma e formerà questa stessa storia. E qui sta anche la chiave dei vostri cuori, e benché viviate così lontano, tuttavia là presso la Vistola e l'Odra c'è la terra, dalla quale siete cresciuti. Là sono le vostre radici ed il vostro inizio. A queste radici e a questo inizio, che prende il via dal battesimo e dal sangue dei santi Wojciech e Stanislaw, bisogna continuamente ritornare per capire sempre meglio se stessi e gli altri, e in questa luce costruire meglio l'oggi e il domani in questo paese lontano, che è il Brasile, in cui, per disposizione della provvidenza di Dio, è capitato a voi di vivere, di agire, di creare la sua storia e la storia della salvezza.


2. La croce di Cristo, segno in cui si sono manifestati una volta per sempre l'amore di Dio Padre e l'unità penetrante del Figlio di Dio con i figli umani, segno in cui lo Spirito Santo è diventato il soffio che ravviva l'uomo, è presente nella storia delle nazioni, delle società, dei paesi e dei continenti mediante ogni cuore umano, in cui quel segno viene innestato.

Questa croce fu profondamente innestata nei cuori dei vostri antenati, nonni, padri e madri, dei quali voi siete eredi, e i quali vivono in voi oggi.

Centocinquanta anni fa hanno cominciato a lasciare la patria. Molti di loro l'hanno lasciata per necessità, perché non hanno trovato in essa pane a sufficienza. Cercavano la terra in questo immenso paese, il pane che la loro non aveva potuto dare. Ma sappiamo bene come fu difficile la loro vita in questa terra straniera. Hanno lasciato il loro paese a mani vuote, spesso forse affamati.

Tuttavia, andavano con la fede profonda innestata dai loro padri, con la croce,.

segno della salvezza radicata profondamente nei loro cuori; e ciò fu la loro forza e la loro vittoria.

Si sa che, quando essi vennero qua, i terreni migliori erano già occupati. Si stabilirono, in buona parte, nelle parti più interne del paese, nell'interno, che dava terra più abbondante: Paranà, Rio Grande do Sul, Santa Catarina. Bisognava prima disboscare la terra. Alcuni terreni erano fertili, altri pietrosi e montagnosi. Inoltre, essi non erano preparati ad una agricoltura nel nuovo clima e nelle nuove condizioni. Lavorarono duramente sui pezzi di terreno ricevuto, vivendo sparsi su grandi territori. Con il loro sudore e il loro sangue hanno bagnato questa terra, sulla quale voi vivete ora. E solo il fruscio delle pinacee locali ricordava loro i pini nativi e suscitava la nostalgia della terra abbandonata. Ma la Polonia, che avevano portato qui nel cuore, fu la loro forza ed ispirazione. Hanno conservato la lingua, la fede, i riti e le consuetudini. Dopo aver costruito la loro casa, costruirono la chiesa o cappella nel luogo più comodo per le singole colonie. L'hanno fatto con enorme sacrificio. Costruivano da soli, offrendo il lavoro e il materiale. Importante fu che Cristo potesse abitare tra di loro. I sacerdoti erano pochi. Lavorarono con dedizione. Abitavano presso una colonia, girando per le altre. Le colonie a volte combattevano per decidere dove dovesse abitare il sacerdote. Ed anche questo fu una manifestazionc del bisogno del loro cuore. Poi a cavallo del nostro secolo, sono giunti qui i sacerdoti del Verbo di Dio e i missionari religiosi della Società di Cristo per gli emigrati dalla Polonia.

Le prime religiose della Famiglia di Maria sono arrivate nel 190 9. Poi le suore della Carità fatte venire dai padri missionari, e recentemente le suore orsoline grigie, le feliciane e le ancelle dell'Immacolata Concezione della Beata Maria Vergine. Se ho omesso qualcuno chiedo scusa.

Altri sono stati gettati qui dal destino dell'ultima guerra mondiale, e abitano principalmente a Rio de Janeiro, a Sao Paulo ed anche a Curitiba. Il corpo di spedizionc brasiliana ha combattuto alla fine della guerra in Italia.

A tutti questi uomini, ai vostri nonni e bisnonni, alle vostre madri che vi hanno insegnato la preghiera e vi hanno parlato di Dio, di Cristo, della croce, della salvezza dell'uomo, a tutti i sacerdoti e le suore, a voi tutti e a ciascuno di voi che vivete qui oggi, desidero dare, in questo momento insolito, una particolare testimonianza. In una piazza di Curitiba vi è un monumento al seminatore, che simboleggia e ricorda il contributo che gli emigrati polacchi, accanto ad altre nazioni, hanno dato e danno nella costruzione di questo enorme e giovane paese: un contributo alla sua civiltà e cultura, un contributo alla sua fede.

Non cessate di guardare la croce di Cristo; in essa ritroverete voi stcssi, il vostro oggi e il vostro domani. Con un appello particolarmente caldo mi rivolgo alla generazione più giovane, a voi bambini e giovani. Prendete questa eredità conquistata e ripagata con la fatica, col lavoro, col sacrificio e con la preghiera dei vostri antenati. Prendetela e sviluppatela. Lavorate per la gloria di Dio, per il bene vostro, per il bene della società e del paese in cui vivete.

Per il bene della Chiesa in questo paese. Dio è con voi, la Chiesa è con voi e, conformemente alla missione affidatale da Cristo, cercherà di andare incontro ai vostri bisogni. Il Papa è con voi.


3. Come ricordo di questo odierno incontro storico. Vi lascio una copia dell'immagine della Madonna di Czestochowa. So che vi preparate ad una peregrinazione di quest'immagine. La Madre di Cristo e Madre di ogni uomo, colei che stava presso la croce quando agonizzava su di essa il suo figlio, colei che era assidua nella preghiera insieme con gli apostoli nel cenacolo quando discese su di essi lo Spirito Santo come frutto della redenzione, visiterà mediante questa immagine chiaromontana, così come fa da anni in Polonia, le vostre parrocchie, chiese, cappelle, i vostri ambienti, le vostre famiglie, le vostre case, i vostri campi segnati dalla croce, che sono il terreno e i testimoni di un duro lavoro, spesso superiore alle forze umane, del sacrificio, della sofferenza, della nostalgia, della dedizione, della fede, della preghiera dei vostri avi e della vostra fatica quotidiana.

Quindi a lei, alla Madre del Redentore e alla Madre della nostra speranza affido voi tutti: sacerdoti, suore, padri e madri di famiglia, bambini, genitori, malati, coloro che vivono in solitudine, abbandonati, le persone anziane, i sofferenti. Coloro che lavorano sui campi, nelle fabbriche, nelle università, nelle scuole, negli uffici. Tutti insieme e ciascuno singolarmente, voi che siete qui presenti e tutti coloro che si uniscono spiritualmente con noi.

A lei vi affido, e voi affidatevi a lei. Affidatele il vostro oggi e il vostro domani, la vostra fede, speranza e carità. Il vostro lavoro, gioie, preoccupazioni e inquietudini. In modo particolare le affido la generazione dei giovani ed il suo futuro.

Data: 1980-07-05 Data estesa: Sabato 5 Luglio 1980.



GPII 1980 Insegnamenti - L'incontro con i "chiamati" - Porto Alegre (Brasile)