GPII 1980 Insegnamenti - Al Cardinale Wyszynski - Castel Gandolfo (Roma)

Omelia a Castel Gandolfo - Domenica 24 Agosto 1980

La sequela di Cristo attraverso la "porta stretta"!

Carissimi fratelli e figli.

E' una gioia per me incontrarmi con voi in questa Chiesa del quartiere san Paolo, legato alla memoria del mio indimenticabile ed amato predecessore Paolo VI, che ho avuto modo di richiamare alla venerazione ed all'affetto di tutti, nel secondo anniversario della sua morte.

Gioia cristiana la nostra, che vuole esprimersi nella comune preghiera e nell'offerta del sacrificio eucaristico in questo tempio, eretto per la precisa volontà di quel grande pontefice, anche come concreto incoraggiamento a tutto il piano diocesano, teso a dotare di nuovi centri di preghiera e di animazione cristiana le molte zone di recente sviluppo. Egli aveva disposto di celebrarvi la santa messa nella festività dell'Assunta del 1978, nel desiderio di incontrarsi, davanti all'altare del Signore e nella intensa comunione dell'assemblea liturgica, con gli abitanti di questo quartiere, da lui incoraggiato.

La morte, avvenuta alcuni giorni prima, gli impedi, purtroppo il compimento di tale proposito pastorale.

Cari fratelli e figli, eccomi qui con l'animo e l'aspirazione di soddisfare quella promessa. Sono lieto di rivolgere, anzitutto, il mio cordiale saluto al Cardinale segretario di Stato, che ha voluto essere qui con noi, oggi.

Mi rivolgo, poi, al vostro Vescovo, monsignor Gaetano Bonicelli ed ai sacerdoti salesiani, che animano con zelo e con la loro tradizionale vivacità la vita ecclesiale della parrocchia, esprimendo, altresi, riconoscenza per il bene compiuto in questa ridente cittadina, a vantaggio dei suoi abitanti e dei numerosi turisti.

La nostra gioia cristiana vuol nutrirsi della parola di Dio, che, accolta nella fede, è fonte per il nostro spirito di interiori certezze, di cui abbiamo soprattutto bisogno nei momenti di difficoltà e di smarrimento.

1. Consideriamo, primariamente, la preghiera iniziale di questa santa messa. Essa, mentre si ricollega alle aspirazioni profonde espresse in quella della scorsa domenica, ci apre la porta all'accoglienza, senza vani timori, della parola del Vangelo, che, essendo divina, è fonte di infallibile certezza, anche se, ad una prima lettura, può apparire sconvolgente.

Mentre, nella scorsa domenica, abbiamo chiesto al Signore "la dolcezza del suo amore" per poterlo amare "in ogni cosa e sopra ogni cosa", al fine di ottenere "i beni promessi che superano ogni desiderio", oggi, con lo stesso spirito di umile supplica, chiediamo a Dio "di amare ciò che comanda e di desiderare ciò che promette", affinché i nostri cuori "siano fissi là dove è la vera gioia". Nelle due preghiere vi è l'identico orientamento fondamentale del cristiano verso i beni che oltrepassano ogni previsione ed esperienza, che nessun occhio può vedere e nessuna mente immaginare; vi è la stessa attesa del dono di Dio che solo può trasformare il cuore dei suoi fedeli, rendendolo sensibile alle sue promesse e disposto ad affrontare, per amore, la lotta richiesta contro lo spirito del mondo, ed oltrepassare, così, la "porta stretta".

Chiedendo a Dio, oggi, in particolare, di farci "amare ciò che egli comanda", domandiamo di penetrare il segreto della libertà cristiana, la quale induce a una scelta irrinunciabile e fedele del bene, anche se sia accompagnata, come spesso avviene, dalla fatica, dalla lotta e dalla sofferenza.

Il cristiano, infatti, non obbedisce ad una costrizione esterna, ma affrontando la "porta stretta", segue l'attrattiva posta nel suo cuore dallo Spirito Santo. Ecco perché quanti si sono impegnati ad obbedire al Signore con la più profonda e leale generosità, mettono in tale obbedienza una spontaneità ed un amore che i profani non sanno spiegarsi.

Preparati così dall'orazione ad accogliere nel cuore "ciò che Dio comanda", siamo pronti a non ribellarci, a non scoraggiarci, a non rifiutare, ma anzi ad intendere ed amare la parola evangelica che Gesù oggi ci rivolge.


2. Nel Vangelo Gesù ricorda che tutti siamo chiamati alla salvezza ed a vivere con Dio, perché di fronte alla salvezza non vi sono persone privilegiate. Tutti devono passare per la porta stretta della rinuncia e del dono di sé. La lettura profetica espone con vive immagini il disegno che Dio ha di raccogliere nell'unità tutti gli uomini, per farli partecipi della sua gloria. Quella tratta dal Nuovo Testamento esorta a sopportare le prove come purificazione proveniente dalle mani di Dio, "perché il Signore corregge colui che ama" (He 12,6 Pr 3,12). Ma i motivi di tali letture si possono dire concentrati tutti nel brano evangelico.

L'interpellanza circa il problema fondamentale dell'esistenza: "Signore, sono pochi quelli che si salvano?" (Lc 13,23), non ci può lasciare indifferenti. A tale domanda Gesù non risponde direttamente, ma esorta alla serietà dei propositi e delle scelte: "Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, vi dico, cercheranno di entrarvi, ma non vi riusciranno" (Lc 13,24). Il grave problema acquista sulle labbra di Gesù un'angolazione personale, morale, ascetica.

Egli afferma con vigore che il raggiungimento della salvezza richiede sacrificio e lotta. Per entrare per quella porta stretta, bisogna, afferma letteralmente il testo greco, "agonizzare", cioè lottare vivacemente con ogni forza, senza sosta, e con fermezza di orientamento. Il testo parallelo di Matteo sembra ancor oggi più categorico: "Entrate per la porta stretta, perché larga è la porta e spaziosa la via, che conduce alla perdizione, e molti sono quelli che entrano per essa; quanto stretta, invece, è la porta e angusta la via che conduce alla vita e quanti pochi sono quelli che la trovano" (Mt 7,13-14).

La porta stretta è anzitutto l'accettazione umile, nella fede pura e nella fiducia serena, della parola di Dio, delle sue prospettive sulle nostre persone, sul mondo e sulla storia; è l'osservanza della legge morale, come manifestazione della volontà di Dio, in vista di un bene superiore che realizza la nostra vera felicità; è l'accettazione della sofferenza come mezzo di espiazione e di redenzione per sé e per gli altri, e quale espressione suprema di amore; la porta stretta è, in una parola, l'accoglienza della mentalità evangelica, che trova nel discorso della montagna la più pura enucleazione.

Bisogna, insomma, percorrere la via tracciata da Gesù e passare per quella porta che è egli stesso: "Io sono la porta; se uno entra attraverso di me sarà salvo" (Jn 10,9). Per salvarsi bisogna prendere come lui la nostra croce, rinnegare noi stessi nelle nostre aspirazioni contrarie all'ideale evangelico e seguirlo nel suo cammino: "Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua" (Lc 9,23).

Cari figli e fratelli, è l'amore che salva, l'amore che è già sulla terra beatitudine interiore di chi, nei modi più svariati, nella mansuetudine, nella pazienza, nella giustizia, nella sofferenza e nel pianto, si dimentica di sé e si dona. Il cammino può sembrare erto e difficile, la porta può apparire troppo stretta? Come ho già detto all'inizio, una tale prospettiva supera le forze umane, ma la perseverante preghiera, la fiduciosa implorazione, l'intimo desiderio di compiere la volontà di Dio, ci otterranno di amare ciò che egli comanda.

E' questo che chiedo per tutti voi. E sui vostri propositi, sulle vostre persone, sulle vostre famiglie scenda la mia affettuosa benedizione apostolica.



Angelus Domini - Città del Vaticano (Roma)

Lo spirito del buon samaritano nell'opera di Giovanni Paolo I

1. "Io sono la via, la verità, e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me" (Jn 14,6).

Queste parole dell'odierna liturgia domenicale ci aiutano a rivolgerci, nella nostra memoria, verso il Papa Giovanni Paolo I, che proprio in questi giorni - due anni fa - fu chiamato mediante i voti del collegio cardinalizio, alla cattedra di Pietro. Questo, come sapete, accadde il 26 agosto 197 8.

Ricordando questa data, desideriamo ancora una volta meditare gli inscrutabili decreti della provvidenza divina. Ecco. infatti, che, dopo appena trentatré giorni di lavoro pastorale sulla sede romana, gli fu dato di "venire al Padre" per la via che è Cristo stesso: via, verità e vita. Quindi, per mezzo di Cristo, è venuto al Padre quell'insolito servo dei servi di Dio, al quale Cristo, in quest'ultima tappa della vita - tappa di pochi giorni - affido la sua Chiesa, il suo ovile in terra, perché si manifestasse sia pure in un così breve periodo, quella bontà e quella sollecitudine pastorale, di cui fu ricolmo il suo cuore. Un cuore di buon samaritano.

2. Quando, nel corso del Concilio, egli, Albino Luciani, essendo ancora Vescovo di Vittorio Veneto, predicava ai sacerdoti gli esercizi spirituali, era solito basarli completamente sulla parabola evangelica del misericordioso samaritano. E certamente in questo spirito - nello spirito del buon samaritano egli saliva anche sulla sede romana di san Pietro - desiderava di servire tutta la Chiesa. Questo fu il suo spirito. Lo poterono intuire, senza sbagliare, tutti coloro che hanno incontrato, prima, il Cardinale Albino Luciani e, poi, il Papa Giovanni Paolo I. E benché il suo servizio pontificale sia durato tanto poco, tuttavia mediante lui, lo spirito del buon samaritano si è manifestato di nuovo, ed è rimasto nella Chiesa.

Nella ricorrenza ormai prossima del secondo anniversario della sua elezione ne rendiamo grazie a Dio.


3. Non posso anche non ricordare, nella circostanza odierna, la visita, che un anno fa - la domenica 26 agosto - mi fu dato di compiere nel luogo natio di Giovanni Paolo I, a Canale d'Agordo, visitando inoltre Belluno, la diocesi dalla quale egli proveniva, ed anche, sulla via del ritorno, la città di Treviso.

Sulla Marmolada ho benedetto, in quella occasione, la statua della Madonna - regina delle Dolomiti - affinché, sul suo esempio, le nostre anime si elevino in alto quando i nostri occhi si rivolgono verso le catene dei monti e verso le vette.

La via del buon samaritano ci ordina di chinarci sull'uomo sofferente. E ciò facendo il nostro cuore si eleva verso Dio - infatti l'amore, che si dimostra all'uomo, trova sempre la sua fonte definitiva in Dio, che è amore (cfr. 1Jn 4,16) [Omissis. Seguono i saluti ai membri del movimento dei "Cursillos de Cristiandad" delle diocesi di Albano e Frascati; ai giovani della parrocchia del Cuore Immacolato di Maria; ad un gruppo di vietnamiti; ai giovani provenienti dalle Filippine].

Data: 1980-08-24 Data estesa: Domenica 24 Agosto 1980.


Alle missionarie della scuola - Castel Gandolfo (Roma)

Titolo: Insegnare significa esercitare la carità della verità

Carissime figlie, missionarie della scuola, Abbiamo celebrato assieme il Santo Sacrificio della Messa. Abbiamo ricevuto in noi il Verbo di Vita, Gesù Cristo, nostro Salvatore, fratello ed amico. E ora, voi desiderate anche sentire la parola del Papa, per essere incoraggiate e confermate nella fede e nel fervore.

Prima di tutto vi voglio esortare a mantenere in voi sempre una grande e profonda gioia spirituale. Infatti, la vostra caratteristica essenziale è l'insegnamento nelle scuole; il contenuto primo dell'insegnamento, che deve unificare tutte le varie materie di studio, è la verità salvifica; il movente della vostra attività è il "mandato" avuto dalla Chiesa in forma giuridica e pubblica. Sempre e per tutti deve essere fonte di immensa letizia e di consolazione incontrarsi con la fanciullezza e la gioventù per insegnare la verità, per portare il senso di Dio, per far conoscere la "storia della Salvezza" in cui siamo inseriti, per svelare alle menti che si aprono alla vita i sublimi ideali cristiani e gli eterni destini a cui l'Altissimo ci ha chiamati. Ma voi lo fate come a mandate" dalla Chiesa, partecipando così alla stessa missione del Verbo, che si incarno prima di tutto per rivelare la Verità.

In nome della Chiesa, la vostra prima ed essenziale radice parte dalla missione del Cristo Redentore, che vi manda ad insegnare, ad esercitare la "carità della verità", tanto che nelle vostre Costituzioni giustamente si legge: "Dobbiamo sentire l'insegnamento come un ministero sacerdotale, nel quale consumiamo la nostra offerta a Dio e comunichiamo alle anime la parola di verità, per mandato della Chiesa e di Dio" (art. 186). Perciò siate sempre liete di questa vostra missione: la prima carità è quella della Verità! "Testimoni della verità e dell'amore" (Paolo VI), andate avanti serene e coraggiose: ogni volta che entrate nelle vostre aule, portate la vostra gioia convinta e riconoscente! Ancora: portate sempre in voi un senso di sofferta responsabilità.

Ricordate l'esclamazione di Gesù: "Sono venuto a portare il fuoco sulla terra; e come vorrei che fosse già acceso!" (Lc 12,49). Questa è la seconda radice evangelica della vostra consacrazione: voi dovete sentire, in certo qual modo, il tormento della salvezza dell'umanità! Voi dovete essere totalmente illuminate circa la verità cristiana e cattolica, non cedendo mai a nessun falso "giovanilismo" e a nessuna irenica concessione, ben convinte che i giovani a voi affidati e i loro genitori hanno fiducia in voi e pongono le loro speranze nella vostra sicura testimonianza. Ricordate anche San Paolo: "Non è per me un vanto predicare il Vangelo; è per me un dovere: guai a me se non predicassi il Vangelo!" (1Co 9,16).

Infine, desidero esortarvi ad avere sempre una totale fiducia nell'azione della grazia divina. Anche questa può dirsi una radice evangelica della vostra donazione. Infatti Gesù insiste di rimanere in Lui, di restare nel suo amore, di essere tralci innestati nella Vite, per portare frutti abbondanti; Gesù avverte chiaramente: "Senza di me non potete far nulla" (Jn 15,5) ed invita a pregare sempre, senza mai stancarci (Lc 18,1). Nelle varie crisi odierne delle idee e dei costumi si può talvolta essere delusi e sconfitti; sentire come l'ora del Getsemani, l'ora della Croce. Ma deve anche essere l'ora della suprema fiducia nella "grazia", che agisce in modo invisibile, imprevedibile, misterioso, proprio anche mediante il travaglio della nostra umana impotenza. Ricordiamo San Paolo: "Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi? Egli che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha dato per tutti noi, come non ci donerà ogni cosa insieme con lui?" (Rm 8,31-32). Siate perciò sempre e soprattutto anime che pregano, che adorano, che amano. Santa Caterina in una delle sue preghiere diceva: "Nella tua natura, Deità Eterna, conoscero la natura mia". E si domandava: "Qual è la natura mia? E' fuoco!".

Carissime figlie! La radice della vostra consacrazione è certo profondamente evangelica: si tratta di vivere ogni giorno questo particolare "radicalismo", sulle tracce e con l'esempio di Santa Caterina da Siena. Siate come lei e con lei devote di Maria Santissima "Madre della Sapienza"; camminate con Maria per le vie affidatevi dalla vostra missione; ripetete spesso la stupenda "Orazione" a Maria proferita dalla Santa nella Festa dell'Annunciazione del 1379, che così termina: "A te ricorro, o Maria, e a Te offro la petizione mia per la dolce Sposa di Cristo, dolcissimo tuo figliolo, e per il Vicario suo in terra...".

E accompagni sempre voi e tutte le vostre consorelle la mia Benedizione Apostolica.

Data: 1980-08-25 Data estesa: Lunedi 25 Agosto 1980.


Intervento della santa Sede alle Nazioni Unite - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La speranza costruttiva criterio della strategia dello sviluppo

A sua eccellenza Salim Ahmed Salim presidente dell'assemblea generale dell'Organizzazione delle Nazioni Unite.

1. L'importanza di questa sessione speciale e del contenuto dei suoi lavori mi sollecita ad indirizzare a questa ragguardevole assemblea alcuni pensieri e riflessioni su di un argomento che è stato di costante interesse per la santa Sede, specialmente nell'ultimo ventennio. Con questo messaggio la santa Sede intende assicurare nel futuro il suo continuo interesse in questo campo. Il lavoro preparatorio a questa sessione è stato lungo e impegnativo. Esso ha assorbito le energie e le risorse dei maggiori organi delle Nazioni Unite ed è stato oggetto di un vasto impegno e di grandi speranze da parte di popoli di tutto il mondo. La santa Sede ha seguito tutto questo lavoro da vicino e con un vivo desiderio di servire.

Qualunque abbiano potuto essere i vantaggi o le mancanze degli sforzi passati, questa sessione speciale dovrebbe essere vista come una nuova opportunità di stabilire una linea che possa giovare ai popoli e alle nazioni. E' giustamente una nuova opportunità a motivo del lavoro che è stato fatto, ma ancor più per le necessità e le giuste aspirazioni di tantissimi uomini che a ragione continuano a cercare un futuro migliore e più umano per se stessi e per i propri figli.


2. Per essere un'opportunità nuova, questa sessione delle Nazioni Unite non deve affondare nel passato. Essa dovrebbe essere piuttosto un'occasione per ognuno di noi di imparare dal passato e di fare nuovi passi avanti, coscienti di ciò che può aver ostacolato il progresso nel passato, così che possano essere evitati fallimenti nel futuro. Questo lavoro non può ricadere nei vecchi polarismi, deve trascenderli. Non può essere prigioniero di tristi ideologie, deve invece superarle. Se i partecipanti di questa assemblea sono uomini nel desiderio di esaminare nuovamente i problemi comuni, allora è già stata creata l'atmosfera che renderà questa sessione una delle più produttive delle Nazioni Unite.


3. In queste discussioni la Chiesa cattolica ha un suo ruolo da svolgere. Essa non cerca di parlare di questioni meramente economiche o tecnologiche. Non cerca di dare soluzioni concrete alle realtà complesse che sono sotto la sua particolare responsabilità. Questo non significa che la Chiesa sia ignara della complessità dei problemi che stanno davanti a questa assemblea, né essa è inconsapevole dell'essenza e del contenuto delle questioni che devono essere qui affrontate dagli esperti di varie parti del mondo. Ma qui la Chiesa parla anzitutto per testimoniare la sua sollecitudine per tutto ciò che riguarda la condizione umana.

Molti di voi già sanno che la santa Sede ha preso parte in vari modi alla maggior parte del lavoro preparatorio a questa sessione speciale, così come ha partecipato ai lavori di varie organizzazioni le cui preoccupazioni trovano ampio spazio in questa assemblea.

La santa Sede, mentre lascia giustamente i problemi puramente tecnologici ed economici a coloro che ne sono direttamente responsabili, continua ad essere presente a queste riunioni per unire la sua voce nel corso delle discussioni. Fa questo al fine di offrire una visione della persona umana e della società. Fa questo per proporre dei criteri utili ad assicurare che i valori umani, i valori dello spirito, i valori dei popoli e delle culture non siano inavvertitamente asserviti a qualche scopo meno alto, che dia un vantaggio meramente economico o materiale e che in definitiva non si rivelerebbe degno della persona e della società che noi tutti cerchiamo di promuovere.


4. Come è stato riconosciuto, oggi viene attribuita una importanza sempre maggiore alle considerazioni di carattere non economico per quanto riguarda la creazione di nuove strutture dei rapporti internazionali. A questo proposito i fattori religiosi ed etnici, l'educazione e l'opinione pubblica hanno una parte importante. La pace stessa diventa la forza motrice di tantissimi ambiti della comunità umana, quella pace che è irriconciliabile con le guerre militari ed economiche.

Una tale prospettiva si apre davanti a noi in questa sessione speciale.

E se vi parlo in virtù della mia eredità cristiana ed uso un vocabolario familiare a coloro fra voi che seguono Colui che chiamiamo il Principe della Pace, faccio questo con la convinzione che le mie parole possano essere facilmente comprese ovunque dagli uomini e dalle donne di buona volontà e siano loro di beneficio.


5. La cosa per me più importante è un appello a tutti voi che siete qui e a tutti i popoli in ogni parte del mondo. E' un appello ad andare oltre ogni posizione statica che derivi da una particolare ideologia. Bisogna che ogni sistema ed ogni parte funzionante di un sistema guardi a ciò che in realtà può fare, per chiedere come in realtà esso possa contribuire, per vedere come in realtà possa favorire i veri scopi della vita umana, senza riguardo per qualunque posizione le consuete dispute basate su pregiudizi ideologici vogliano imporre artificialmente - posizioni e pregiudizi che ostacolano invece di promuovere un reale progresso e una fraterna collaborazione.

Questa grande assemblea è composta di uomini e donne di diversi, addirittura opposti, sistemi ed ideologie. Non possiamo tuttavia permettere che i limiti dei pregiudizi ideologici ostacolino la nostra sollecitudine per l'uomo - l'uomo nella realtà, tutto l'uomo, ogni uomo (cfr. Ioannis Pauli PP. II RH 13). Perciò non possiamo permettere che queste categorie ideologiche ci imprigionino. Non possiamo lasciarci dominare da vecchi conflitti in modo tale da non poter rispondere ai bisogni dei popoli ovunque.


6. In luogo degli indugi ideologici che hanno prevalso in passato, vorrei suggerire un criterio che è un atteggiamento e un principio guida, il quale misura ogni decisione concreta che tutti voi, membri di questa assemblea, prenderete: è la speranza, una solida, realistica speranza per ogni uomo, donna e bambino e per la società stessa.

Questa speranza non è un desiderio, non un vago sentimento. E' una categoria nata dalla nostra esperienza storica e nutrita dai nostri desideri comuni per il futuro. Come tale, questa speranza accetta la storia come il luogo della propria azione e dichiara abbastanza apertamente e realisticamente che il futuro è una storia che deve essere fatta, fatta da noi con l'aiuto di Dio onnipotente. E' un futuro che va costruito con gli sforzi di tutti, per assicurare il bene comune attraverso la reciproca cooperazione e collaborazione. Questa speranza è allora il criterio guida: esso ci dice che, se c'è una storia che va realizzata e se siamo responsabili del bene comune ora e nel futuro dobbiamo esaminare insieme e mettere in pratica ora le modifiche necessarie, così che il futuro a cui aneliamo corrisponda alla speranza che condividiamo per tutti gli individui, i popoli e le nazioni di questa terra.


7. La considerazione di questo atteggiamento della speranza come nostra prospettiva comune e come principio guida nei lavori di questa assemblea mi consente di porre in rilievo alcuni punti che meritano di essere considerati seriamente in questa sessione e fuori di essa. I problemi di cui parlo non sono gli unici ad avere grande importanza. Essi costituiscono tuttavia alcune delle preoccupazioni più urgenti che sono già state discusse in varie riunioni delle Nazioni Unite ed esigono la nostra attenzione, sia in ragione del lavoro che ad essi è già stato dedicato, sia perché lo richiedono le condizioni del mondo attuali.

- C'è un bisogno estremo di una maggiore e più equa distribuzione delle risorse. Questo implica l'inclusione della scienza e della tecnologia, che fu l'argomento dell'assemblea delle Nazioni Unite a Vienna lo scorso anno. Ciò significa una tecnologia adatta alle necessità e ai migliori interessi dei popoli e delle nazioni in questione. Ma significa molto di più di una semplice distribuzione materiale. C'è bisogno urgente di distribuire le risorse della mente e dello spirito, della conoscenza scientifica e dell'espressione culturale ed artistica. Una tale distribuzione non è a senso unico. E' reciproca e multilaterale e comporta che i valori culturali, etici e religiosi dei popoli debbano essere sempre rispettati dalle parti implicate in questa distribuzione.

Essa comporta una reciproca disposizione ad imparare l'uno dall'altro e a condividere l'uno con l'altro.

In questa distribuzione non c'è dubbio che lo sviluppo tecnologico e la crescita economica comportino cambiamenti nei modelli sociali e culturali di un popolo. In certa misura questo è inevitabile e deve essere affrontato realisticamente per la crescita di un popolo. Ma, e siamo onesti, quando diciamo che l'uomo non è solo "homo oeconomicus" noi tutti dobbiamo premurarci di vedere che ogni cambiamento dannoso, in cui i valori positivi vengono sacrificati, sia ridotto al minimo e che i valori etico-morali, culturali e religiosi siano anteposti agli indicatori di crescita puramente economica.

In questa distribuzione infine è bene riconoscere ed appoggiare i numerosi metodi nuovi di cooperazione tra i popoli e le nazioni. Non solo vi è una condivisione fra un gruppo e un altro; anche le nazioni in via di sviluppo stanno imparando a dividere fra loro, e gruppi regionali si aiutano l'un l'altro nella ricerca dei mezzi migliori per favorire i loro interessi reciproci.

- Voi membri di questa assemblea non potete accontentarvi solo di altre prospettive o di ideali etici. Voi avete la responsabilità di negoziare insieme in buona fede e rispetto reciproco. I negoziati che voi conducete dovrebbero essere il più possibile completi, prendendo in considerazione i vantaggi che si dovrebbero ottenere da accordi di grande portata su tutti i punti che dovrete trattare. Questo tipo di realismo illuminato farà molto per creare le modificazioni necessarie al nostro futuro comune, costruito sulla nostra comune speranza.

- Il mio predecessore Paolo VI esorto le nazioni sviluppate a contribuire per l'1% del loro prodotto nazionale lordo alla causa dello sviluppo.

La cifra che effettivamente viene destinata oggi a questo scopo sembra molto più bassa. Riconosco che l'inflazione è un problema mondiale, che tocca sia i paesi industrializzati che quelli in via di sviluppo. Tuttavia la santa Sede desidera ripetere l'appello di Paolo VI, secondo cui l'1% del prodotto nazionale lordo non è un traguardo irrealistico. Il contributo di questa percentuale aiuterebbe in larga misura il fondo comune concordato attraverso i negoziati Unctad e allo stesso modo un possibile fondo mondiale di sviluppo.

- Perché iniziative di questo genere siano effettive, deve esserci uno sforzo rinnovato da parte di tutte le nazioni, sviluppate e in via di sviluppo, per porre fine ad ogni spreco, sia materiale che umano.

Sul piano materiale i problemi dell'ambiente esaminati dall'Unep e da altre organizzazioni meritano un rinnovato studio ed azione. L'intero problema dell'energia potrebbe essere ben visto in questo contesto, così da rendere utilizzabili le risorse energetiche effettive senza un inutile spreco e uno sfruttamento delle materie.

Sul piano umano molte conferenze delle Nazioni Unite hanno dimostrato sollecitudine per i bambini, per le donne, per gli handicappati, per tante categorie e popoli le cui risorse vengono sfruttate o non utilizzate per il loro bene e per il bene della società. Ancora una volta l'impegno sui vari aspetti dello sviluppo umano per il bene comune può riaccendere le speranze dei popoli, dando loro la prospettiva di un'esistenza più piena e feconda.

- Infine, non sarei fedele al mio compito se non richiamassi l'attenzione sui poveri e su coloro che sono ai margini della società in tutto il mondo. Ci sono paesi ricchi di risorse culturali, spirituali ed umane, ma che sono fra i più poveri economicamente e si trovano fra quelli che soffrono maggiormente per la situazione attuale. Noi tutti conosciamo le statistiche impressionanti riguardo alla terribile carestia che affligge così tanti popoli sulla terra. I popoli che soffrono in varie regioni gridano a noi di portar loro soccorso ora, affinché possano sopravvivere.

Tutti noi che abbiamo così tanto, possiamo almeno impegnarci per dare nuova speranza a questi poveri del mondo attuando l'impegno anzitutto di alleviare la loro condizione, quindi di provvedere ai loro bisogni fondamentali, come il cibo, l'acqua, la salute, l'abitazione. Alleviare le sofferenze immediate e procurare quegli elementi che aiuteranno i popoli a diventare più autosufficienti sarebbe una sicura indicazione che stiamo contribuendo alla speranza che questa terra e i suoi abitanti hanno bisogno.


8. In tante questioni simili ciò che è necessario è la volontà politica che vada oltre l'interesse immediato. Una tale volontà politica ha condotto in passato a grandi risultati, quali la dichiarazione universale dei diritti dell'uomo. Una tale volontà deve essere costantemente guidata da criteri che esaltino l'umano e il sociale, l'etico e il culturale; il morale e lo spirituale al di sopra dell'economico e del tecnologico soltanto.

Una tale volontà ha bisogno di essere sviluppata non solo fra i governanti, ma fra tutti i popoli ad ogni livello di vita. Molti problemi possono essere risolti solo a livello globale ed in questa assemblea voi avete questi compiti davanti a voi. Ma su molti altri si può e si dovrebbe trovare un accordo proficuo a livello continentale o regionale o a qualche altro livello intermedio.

La necessità di soluzioni globali a molti problemi non dovrebbe renderci ciechi alle possibilità di risolverli e di costruire un futuro migliore a livelli di vita inferiori a quelli globali. Infatti, applicando la nozione di sussidiarietà, possiamo vedere che ci sono molti gruppi e popoli che possono risolvere meglio i loro problemi ad un livello locale o intermedio e che tale azione dà loro inoltre un senso diretto di partecipazione ai loro stessi destini. Questo è un passo positivo, a cui noi tutti dovremmo essere sensibili.


9. Nelle mie visite pastorali in Europa, in nord e sud America e in Africa ho parlato spesso e in vari modi del bisogno della conversione dei cuori. Ho sottolineato la necessità che ognuno di noi si converta e veda nell'altra persona un fratello o una sorella uniti dal legame di una comune umanità davanti a Dio. Il mio predecessore Paolo VI nella sua enciclica "Populorum Progressio", un documento che resta uno dei contributi validi e durevoli all'opera di sviluppo, disse: "Non può esserci alcun progresso verso lo sviluppo completo dell'uomo senza il simultaneo sviluppo di tutta l'umanità in uno spirito di solidarietà... "L'uomo deve incontrare l'uomo, la nazione deve incontrare la nazione, come fratelli e sorelle, come figli di Dio. In questa reciproca comprensione ed amicizia, in questa comunione sacra, dobbiamo anche incominciare a lavorare insieme per costruire il futuro comune della razza umana"" (Pauli VI PP 43). Termino questo messaggio rivolto a voi oggi richiamando alla vostra riflessione queste parole e questa prospettiva. Chiedo che, mentre cercate un cambiamento nelle strutture affinché possano meglio servire il bene comune nella giustizia, non dimentichiate l'educazione e l'ispirazione dei vostri popoli, che aiuteranno a raggiungere la conversione dei cuori. Solo tramite la conversione dei cuori fratelli e sorelle possono "costruire il futuro comune della razza umana" e costruire il grande e stabile edificio della pace. Ed è verso questa pace - il cui nuovo nome appropriato rimane "sviluppo" (cfr. Pauli VI PP 87) - che tutti gli sforzi di questa sessione speciale devono essere diretti. Con l'aiuto di Dio possa essere così! [Traduzione dall'inglese]

Data: 1980-08-26 Data estesa: Martedi 26 Agosto 1980.





Ai giovani di Dublino - Castel Gandolfo (Roma)

Capi della prossima generazione attraverso

Cari giovani di Dublino,

1. L'amore di Cristo ci ha riuniti insieme questa mattina! Niente altro può spiegare in modo adeguato la nostra meravigliosa unità. Ci siamo radunati nel nome di Gesù ed egli è presente con noi. Gesù Cristo è in mezzo a noi (cfr. Mt 18,20).


2. Voi siete venuti a Roma come rappresentanti dei giovani di Dublino: avete voluto ricambiare la visita che io vi feci in Irlanda. Nello stesso tempo mi offrite un'altra occasione di parlarvi di Cristo, di ricordarvi la vostra dignità cristiana e di annunciarvi una compagnia che lo Spirito Santo ha dato a tutti noi: una compagnia con il Padre e col Figlio suo Gesù Cristo (cfr. 1Jn 1,3).


3. Siete venuti qui, inoltre, affinché tutti insieme possiamo celebrare la nostra vita in Cristo e per i meriti della sua redenzione trovare una comunione sempre più grande con la santissima Trinità. Un meraviglioso aspetto della nostra eucaristia è che in essa noi portiamo a Cristo il tessuto delle nostre vite quotidiane. Egli accetta la nostra offerta, la unisce alla propria oblazione e la presenta all'eterno suo Padre. Al tempo stesso durante la messa ascoltiamo la parola di Dio annunciata dalla Chiesa - un annuncio che raggiunge la sua espressione più alta nel rinnovo stesso del sacrificio di Cristo. Celebrando questo sacrificio eucaristico noi compiamo un'azione che è al culmine delle nostre vite cristiane; qui la nostra dignità cristiana è realizzata in pieno. E tutto questo è qualcosa che stiamo facendo insieme come comunità, una comunità in Cristo e con Cristo, come membri del suo corpo, membri della sua santa Chiesa.

Da questa celebrazione eucaristica ve ne andrete per compiere la vostra vocazione, le attività della vostra vita e infine il vostro destino. Per alcuni istanti dunque riflettiamo, nel contesto sacro della parola di Dio, su questi elementi importanti della vita cristiana.


4. Ognuno di voi è chiamato individualmente da Cristo a far parte del suo regno ed a svolgere un ruolo nella sua missione della salvezza. Queste sono le grandi realtà del vostro battesimo e della vostra cresima. Avendovi chiamati per nome, Dio vi manda a compiere ciò che egli vuole che facciate. Egli dice a ciascuno di voi ciò che disse al profeta Geremia: "Io sono con te per proteggerti". Egli suggella la sua protezione sopra di voi mettendo le sue parole sulla vostra bocca.

Nell'espressione del salmista la parola di Dio diventa per voi una lampada per i vostri passi e come una luce sul vostro cammino (cfr. Ps 119,105).

Cristo vi chiama a condurre una nuova vita basata sulle beatitudini, con nuovi criteri di giudizio, una vigorosa prospettiva spirituale e un modello di vita trasformato. Incorporati nella novità della vita di Cristo, solo un costante volgersi a lui vi darà compimento e gioia. Una ripetuta conversione del cuore diventa la condizione per l'utilità della vostra attività e per il compimento del vostro destino.


5. Perseguendo la vostra fondamentale vocazione cristiana, sarete chiamati a compiere con gioia e lealmente le occupazioni di ogni momento, di ogni giorno, di ogni settimana. Per la maggior parte di voi il campo delle vostre attività è il mondo secolare, che ha bisogno del lievito del Vangelo. Il vostro compito è chiaro come il cristallo: portare Cristo al mondo e portare il mondo a Cristo. Sono sicuro che avete già capito tutto ciò. Non è questo il contenuto del vostro motto: "fare di più, amare di più, servire di più"? Questo "fare", questo "amare", questo "servire" deve essere espresso in molti modi. Voi siete chiamati, per esempio, ad essere uomini e donne onesti ed integri: "a vivere nella verità e nell'amore", secondo la preghiera della messa di questa mattina. Voi siete chiamati ad aprire i vostri cuori alla giustizia del Vangelo, affinché possiate essere a vostra volta strumenti di giustizia e costruttori di pace.

Voi siete giovani e giustamente cercate comprensione dagli altri - dagli adulti, dai sacerdoti, dai vostri amati genitori, da tutti coloro che costituiscono le precedenti generazioni della società - e sperate nell'amicizia.

Ma proprio perché siete giovani e forti della grazia di Cristo e siete entusiasti del suo messaggio, sapete che c'è qualcosa di ancor più alto e più nobile; di qui diventa possibile per voi chiedere "non tanto di essere compresi quanto di comprendere; non tanto di essere amati quanto di amare". così voi siete chiamati ad essere le guide della futura generazione attraverso la comprensione e l'amore.

Cari giovani, non è quasi la metà della vostra arcidiocesi composta di giovani al di sotto dei ventun anni? Potete avere alcun dubbio sul fatto che il futuro di Dublino e del resto dell'Irlanda dipenda realmente dalla vostra generosità, dalla vostra dedizione a Cristo e dal vostro servizio ai fratelli e alle sorelle? Voi siete chiamati a comprendervi reciprocamente, a lavorare insieme, a percorrere insieme il cammino della vita - insieme tra di voi e con Cristo - a rispettare l'umanità di ciascuno, anche di quanti hanno smarrito il senso della loro dignità. Dovete trovare Cristo negli altri e dare Cristo agli altri, il Cristo che è l'unica speranza del mondo! In ogni circostanza della vostra vita siete chiamati ad essere portatori di un messaggio di speranza, ad essere pronti, secondo le parole di san Pietro, a rispondere a chiunque "vi domandi ragione della speranza che è in voi" (1P 3,15). Con questa speranza, con la comprensione e l'amore, arricchiti di tutti i principi della vostra fede cattolica, sarete capaci di affrontare serenamente tutti i problemi della vita quotidiana. E potete essere sicuri che Maria, Madre di Gesù e luminoso "sole della stirpe irlandese" vi assisterà sempre con la sua intercessione.

I complicati problemi sociali ed economici non sono di facile soluzione.

Tuttavia, una perseveranza nata dalla speranza e una dedizione fraterna ai bisogni dei propri fratelli e sorelle sono condizioni indispensabili per un reale progresso in questi campi. La vostra vocazione cristiana vi spinge a dare il vostro contributo - grande o piccolo, ma sempre unico e irripetibile - alla costruzione di una società giusta e pacifica. E questa stessa vocazione cristiana vi invita, individualmente e tutti insieme, ad aiutare - attraverso la preghiera, il sacrificio, una personale pratica cristiana e una serie di modi aperti alla vostra iniziativa creativa - a portare il Vangelo di salvezza nella vita di molta gente. La parrocchia ha bisogno di voi e del vostro contributo di vita cristiana.

La comunità ha bisogno della vostra vitalità, della vostra gioia, dei vostri sforzi nel lavorare insieme per il bene di tutti. Anche lo stesso Creatore ha chiesto la vostra cooperazione nel sostenere la sua creazione. Siate sempre convinti che il vostro lavoro quotidiano ha grande valore agli occhi di Dio. Fate ogni sforzo per assicurare che la sua qualità sia degna di Cristo e dei suoi membri. E ricordate anche che Cristo vuole accettare il dono del vostro lavoro e delle vostre vite ed offrirli a suo Padre.

Egli sta facendo questo proprio ora, in questa eucaristia. Ho già accennato alla necessità del volgersi costantemente a Cristo e di convertirsi sempre di nuovo a lui. La vita cristiana non è completa senza questa rinnovata conversione e la conversione non è pienamente autentica senza il sacramento della penitenza. Cari giovani di Dublino: Cristo vuol venire a incontrarvi regolarmente, di frequenza, in modo personale, in un incontro personale di misericordia, di perdono e di salvezza. Egli vuole sostenervi nella vostra debolezza e continuare a rialzarvi, attirandovi più vicino al suo cuore. Come ho spiegato nella enciclica "Redemptor Hominis", l'incontro di questo sacramento è un diritto che appartiene a Cristo e a ciascuno di voi (cfr. Ioannis Pauli PP. II RH 20).

Così il Papa con profonda convinzione ora vi esorta: Non private Cristo del suo diritto nel sacramento e non rinunciate mai al vostro.


6. Infine, cari giovani, da questa eucaristia voi andrete a compiere il vostro destino. Questo compimento dipende dalla grazia di Dio, come la festa di sant'Agostino oggi ci ricorda con forza. Ma ciò richiede anche il consenso della vostra volontà libera. Dovete dire ripetutamente si a Cristo, per poter realizzare il vostro ruolo unico nel disegno di Dio per la salvezza del mondo. Qui dobbiamo riflettere di nuovo sull'importanza della fedeltà alla vostra chiamata. In altre occasioni ho ricordato quanto il corso della storia è stato segnato in Irlanda e nel mondo della fedeltà di un uomo, la fedeltà di san Patrizio. La proporzione può essere diversa, ma il principio è lo stesso: Cristo ha uno speciale lavoro per ognuno di voi, un lavoro che solo voi potete fare. Senza la vostra cooperazione esso non verrebbe svolto. Cristo guida ciascuno di voi, in un modo personale, verso il destino, per il raggiungimento del quale siete interdipendenti. Guardate a lui oggi, guardate a Cristo. Accogliete la sua proposta mentre egli tende la mano verso di voi, vi abbraccia con la forza del suo braccio e vi rivela l'amore del Sacro Cuore.




7. Ed ora, per concludere, lasciatemi aggiungere solo una parola. Quando venni a Galway dissi a tutti coloro che erano presenti che io credo nei giovani con tutto il mio cuore, che credo nei giovani irlandesi, in ognuno di voi. Oggi vorrei aggiungere qualcosa a quel messaggio, ed è questo: per ciò che egli vi ha dato, per il suo dono libero della vita e della grazia, Cristo crede in voi. Cristo crede nei giovani, nei giovani irlandesi, in ciascuno di voi. E vi ama. Giovani di Dublino, Cristo vi ama! Cristo vi ama e vuole amare attraverso di voi! Amen. [Traduzione dall'inglese]

Data: 1980-08-28 Data estesa: Giovedi 28 Agosto 1980.



GPII 1980 Insegnamenti - Al Cardinale Wyszynski - Castel Gandolfo (Roma)