GPII Discorsi 2000 1301


AI DIRIGENTI ED AL PERSONALE DELL'ISPETTORATO GENERALE DI PUBBLICA SICUREZZA PRESSO IL VATICANO

Venerdì, 14 gennaio 2000

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Signor Dirigente,
Signori Funzionari ed Agenti di Pubblica Sicurezza!

1. Anche quest'anno ho la gioia di incontrarvi e di manifestarvi gratitudine per il servizio che voi prestate alla Sede Apostolica ed alla mia persona. A tutti rivolgo il mio più cordiale saluto. Esprimo, in particolare, la mia riconoscenza al Dott. Carlo Fellicò per le cortesi espressioni che ha voluto rivolgermi anche a nome vostro, facendosi interprete dei comuni sentimenti.

A ciascuno di voi, che fate parte dell'Ispettorato di Pubblica Sicurezza presso il Vaticano, rinnovo l'espressione della mia stima e del mio apprezzamento per il qualificato lavoro che esplicate con senso di alta responsabilità. Grazie per la vigile e, nello stesso tempo, discreta ed intelligente presenza, con cui accompagnate il Papa nelle visite e nei viaggi in varie località d'Italia.

Il nostro odierno incontro è ancor più significativo perché si colloca nel contesto del Grande Giubileo dell'Anno Duemila, evento di singolare rilevanza spirituale, che ha visto già in questi primi giorni affluire a Roma schiere di pellegrini provenienti da ogni parte del mondo. Anche voi, Dirigenti, Funzionari e Agenti di Pubblica Sicurezza, siete chiamati ad un impegno più grande per far sì che le celebrazioni e gli eventi collegati con il Giubileo si svolgano in modo regolare e proficuo. L'ordine esteriore, sul quale voi vegliate con attenta premura, non mancherà di favorire quello interiore, permeato di serenità e di pace.

2. Abbiamo appena concluso il tempo natalizio. Ad ogni Natale, la memoria corre a Betlemme, a quel luogo ed a quella Famiglia che sono diventati la casa nella quale ha preso dimora l'eterno Figlio di Dio. Con particolare emozione il Natale ci ha riportato quest'anno a quel momento straordinario in cui si è realizzato il mistero dell'Incarnazione. Abbiamo spiritualmente incontrato Cristo, nato per noi nella Notte Santa, e da Lui abbiamo accolto il rinnovato invito a convertirci all'amore e al perdono.

Che questa spirituale esperienza ci accompagni durante l'intero Anno Santo! Che il Grande Giubileo sia un tempo forte dello spirito, tempo di riconciliazione con Dio e con i fratelli. In questa prospettiva, auguro a ciascuno di voi di vivere nel miglior modo possibile i prossimi mesi, accogliendo i doni di grazia che questo evento di salvezza ci offre. Vi auguro di sperimentare dentro di voi quella pace che gli angeli a Betlemme hanno annunciato per gli uomini di buona volontà.

Un pensiero speciale rivolgo alle vostre famiglie: l'Anno Santo del Duemila sia per esse, come per tutte le famiglie del mondo, un'occasione di grazia e di redenzione. Possa ogni cuore aprirsi con fiducia a Cristo, unico Redentore dell'uomo!

3. Carissimi Fratelli e Sorelle! Il Signore vi protegga nell'adempimento del compito che svolgete in collaborazione con le altre Forze di Sicurezza. Vi assista Maria Santissima, Madre di Gesù e nostra. Lei, che conosce le situazioni rischiose del vostro servizio, vi sia accanto nelle difficoltà, ottenga la benedizione divina sui vostri ideali, le vostre aspirazioni, i vostri progetti, e vi aiuti, con il suo esempio, a camminare sulle orme del suo Figlio Gesù.

Da parte mia, vi assicuro un costante ricordo nella preghiera e, mentre auguro a voi ed alle vostre famiglie un felice anno duemila, vi imparto con affetto una speciale Benedizione Apostolica.


ALLA COMUNITÀ DELL'ALMO COLLEGIO CAPRANICA

Sabato, 15 gennaio 2000

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Signor Cardinale,
Carissimi Alunni dell'Almo Collegio Capranica!

1. Sono lieto di rivolgervi il mio cordiale benvenuto. Saluto, anzitutto, il Signor Cardinale Camillo Ruini, e lo ringrazio per le gentili espressioni indirizzatemi a nome di tutti. Estendo il mio grato saluto al Rettore, Mons. Michele Pennisi, ed all'intera Comunità Capranicense che, con l'odierno incontro, rinsalda il legame che unisce questo antico Collegio al Successore di Pietro. Inscrivendosi, infatti, tra le prime istituzioni formative per candidati al Sacerdozio in Roma, il "Capranica" è secolare testimone di una salda comunione con la Sede Apostolica.

La vostra visita assume, quest'anno, un preciso significato, poiché si pone all'interno dell'itinerario di conversione e di rinnovamento che è tipico dell'Anno Santo. Ci si potrebbe, pertanto, domandare, nel contesto del Grande Giubileo del Duemila, quale opportuna riflessione sia chiamato a compiere un ambiente educativo come il vostro, orientato alla formazione umana, spirituale e culturale dei candidati al ministero ordinato.

2. A questo proposito, il Giubileo non può non stimolarvi innanzitutto a riscoprire il senso profondo della vita come dono di sé. Il giovane che si prepara al Sacerdozio deve far proprio uno stile di amore oblativo, che si esprima in orientamenti di fondo e in scelte concrete di disponibilità verso Dio e verso i fratelli. Ma dove trovare la forza per questa costante offerta di se stessi, se non in un intimo ed intenso rapporto con Dio, sorgente inesauribile di amore verso il prossimo?

Fonte e culmine di tale primaria relazione spirituale è naturalmente l'Eucaristia, centro della vita e della missione di ogni comunità ecclesiale. A questo riguardo, esprimo vivo apprezzamento per la disponibilità da voi offerta ad animare l'Adorazione eucaristica nella basilica di Sant'Agnese in Agone, ogni giovedì sera nel corso di quest'Anno Santo. Offrendo ai pellegrini un prezioso servizio, non mancherete di ricevere da Cristo-Eucaristia abbondanza di grazia per la vostra formazione sacerdotale.

Voi siete chiamati ad essere, in un futuro non lontano, autentici "modelli del gregge" (
1P 5,3) che vi sarà affidato. E per essere tali è necessario che acquistiate disposizioni interiori e specifici atteggiamenti che, intrecciandosi e completandosi reciprocamente, formino il tessuto connettivo della vostra personalità sacerdotale. Penso alla formazione umana, con le sue dinamiche relazionali ed i suoi peculiari valori; alla formazione spirituale, che è lo sviluppo di tutta la vita con la forza che viene dallo Spirito Santo; alla formazione intellettuale, che permette, nella misura del possibile, di penetrare il mistero di Dio e il mistero dell'uomo; alla formazione al ministero ecclesiale, che è la condivisione della "carità pastorale" del cuore di Cristo nel servizio alla Chiesa e al mondo (cfr Pastores dabo vobis PDV 43-59).

3. Il vostro itinerario di preparazione al Sacerdozio si sviluppa in un contesto comunitario. Si tratta di una scelta non dettata da motivazioni pratiche e contingenti, ma legata alla natura stessa della Chiesa, comunità radunata dal Signore, in ascolto della Parola, stretta da vincoli di profonda comunione e proiettata nella missione evangelizzatrice verso il mondo.

Carissimi, vivete questa vostra esperienza comunitaria non come fase transitoria legata agli anni del Seminario, ma come struttura dell'intera vostra esistenza sacerdotale. Il progetto vocazionale, che abbraccia tutta la vita del presbitero, è progetto comunitario, essendo la vocazione sempre con-vocazione, cioè chiamata di Dio a vivere e ad "essere con gli altri e per gli altri".

Animati da queste intime convinzioni, proseguite con coraggio nel vostro cammino, rinnovando ogni giorno la fedeltà a Cristo ed aprendovi sempre più all'ascolto dei bisogni dei fratelli ed alla missione universale della Chiesa.

Vi protegga la Vergine Maria, che nella casa di Nazareth ha pronunciato a Dio il suo "" totale. Interceda per voi sant'Agnese, patrona del vostro Collegio, che, attraverso la sua testimonianza di verginità e di martirio, invita tutti a seguire fedelmente l'Agnello immolato per la salvezza del mondo.

Quanto a me, vi assicuro un ricordo nella preghiera e vi auguro un nuovo anno ricco di bene. Accompagno questi miei voti con la Benedizione Apostolica, che imparto a ciascuno di voi e volentieri estendo ai vostri familiari ed alle persone care.


AI PARTECIPANTI ALL'INCONTRO DEI RESPONSABILI PER LA PASTORALE GIOVANILE

PROMOSSO DAL PONTIFICIO CONSIGLIO PER I LAICI

Sabato, 15 gennaio 2000



Cari Amici,

1. siate i benvenuti! Cordialmente vi saluto e vi accolgo con gioia mentre, in rappresentanza delle Conferenze Episcopali e dei Movimenti, Associazioni e Comunità ecclesiali, state tenendo il secondo Incontro internazionale in vista della prossima Giornata Mondiale della Gioventù. Ringrazio il Pontificio Consiglio per i Laici ed il Comitato Italiano per la XV Giornata Mondiale della Gioventù per il lavoro di organizzazione e coordinamento che stanno svolgendo per preparare questo grande evento giubilare.

Voi rappresentate, in un certo senso, le schiere dei giovani che, da ogni parte del mondo, da tempo ormai si sono messi idealmente in cammino verso Roma. Vorrei salutarli, per mezzo vostro, ad uno ad uno e dire loro: "Il Papa vi vuole bene, conta su di voi e vi aspetta per la grande festa di fede e di testimonianza, che celebreremo insieme nel prossimo agosto!".

2. Le Giornate Mondiali della Gioventù costituiscono ormai un significativo appuntamento nel pellegrinaggio delle giovani generazioni, che ormai dura dal 1985. Esse sono provvidenziali occasioni per proclamare e celebrare il mistero di Cristo, Salvatore e Redentore dell'uomo, proposto ai giovani del nostro tempo come fondamento della loro vita di fede e di impegno a servizio dei fratelli.

Quest'anno, poi, la Giornata Mondiale trova la sua collocazione nell'itinerario spirituale del Giubileo, e diventa così il "Giubileo dei giovani": una circostanza privilegiata per contemplare insieme il mistero dell'incarnazione del Figlio Dio, adorare e lodare l'Emmanuele, il Dio-con-noi, e scoprire quali conseguenze derivino per la vita di ogni giorno da così forte esperienza spirituale.

3. Prego il Signore perché la prossima Giornata Mondiale della Gioventù diventi per tutti i partecipanti uno stimolo a professare coralmente la fede all'inizio del terzo millennio. In questa Città e in questa Chiesa di Roma, rese feconde dal sangue degli Apostoli e dei martiri, i giovani del mondo si ritroveranno per fissare lo sguardo su Gesù, autore e perfezionatore della fede (cfr He 12 He 2) e per dare a Lui la risposta del loro impegno cristiano.

Sono certo che ripartiranno sulle strade della loro vita per essere gli operai della nuova evangelizzazione, i costruttori della civiltà dell'amore. Ad essi, infatti, spetta principalmente il compito di "traghettare" il Vangelo nel primo secolo del nuovo millennio (cfr Tertio millennio adveniente, 58), informando l'esistenza quotidiana dei valori immutabili contenuti in questo eterno ed immutabile "Libro della Vita".

Nell'invocare sul vostro lavoro la protezione materna della Vergine Santissima, vi porgo i miei auguri di buon anno Duemila e a tutti imparto la mia Benedizione.



SALUTO AD UNA DELEGAZIONE ECUMENICA DELLE CHIESE DI FINLANDIA

Lunedì, 17 gennaio 2000

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Cari amici in Cristo,

sono particolarmente contento di incontrare la Delegazione ecumenica delle Chiese di Finlandia alla vigilia della Settimana di preghiera per l'unità dei Cristiani.

La vostra visita è particolarmente significativa in quest'anno del Grande Giubileo, momento in cui da cristiani celebriamo con gioia e fervore il bimillenario della nascita del Salvatore. La vostra visita si basa sulle promettenti iniziative che recentemente hanno avvicinato i cristiani cattolici, luterani e ortodossi. Ciò mi incoraggia a proseguire il cammino verso l'unità che il Successore dell'Apostolo Pietro deve essere il primo a intraprendere.

Domani, presso la Basilica di san Paolo, apriremo la Porta Santa e canteremo lodi a Cristo che è la porta della vita (cfr
Jn 10,7). Che varcando la soglia della Porta Santa, possiamo compiere un passo ulteriore verso quell'unità in Cristo che Pietro e Paolo hanno proclamato e che il Signore stesso desidera tanto chiaramente! Vi sono profondamente grato per l'impegno del vostro pensiero e della vostra volontà con il quale svolgete il compito ecumenico.

Che Dio Padre benedica i nostri sforzi!


SALUTO ALLE DELEGAZIONI INTERVENUTE NELLA GIORNATA ECUMENICA

ALL'APERTURA DELLA PORTA SANTA IN SAN PAOLO FUORI LE MURA

Martedì, 18 gennaio 2000

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Prendo volentieri la parola per ringraziare ancora una volta il Signore, che ci ha dato di vivere insieme questa importante giornata ecumenica. Dopo esserci incontrati questi mattina per pregare nella Basilica di San Paolo, ci siamo ritrovati uniti intorno a questa mensa conviviale per una serena agape fraterna. A ciascuno di voi, venerati e cari Fratelli, l'espressione della mia più sentita riconoscenza.


Ringrazio specificamente
- la Delegazione del Patriarcato ecumenico, in rappresentanza di Sua Santità Bartholomaios I, Patriarca ecumenico;

- la Delegazione del Patriarcato greco-ortodosso di Alessandria, in rappresentanza di Sua Beatitudine Petros VII, Patriarca greco-ortodosso d'Alessandria e di tutta l'Africa;

- la Delegazione del Patriarcato greco-ortodosso d'Antiochia, in rappresentanza di Sua Beatitudine Ignace IV Hazim, Patriarca greco-ortodosso d'Antiochia e di tutto l'Oriente;

- la Delegazione del Patriarcato greco-ortodosso di Gerusalemme, in rappresentanza di Sua Beatitudine Diodoros, Patriarca greco-ortodosso di Gerusalemme;

- la Delegazione del Patriarcato di Mosca, in rappresentanza di Sua Santità Alessio II, Patriarca di Mosca e di tutte le Russie;

- la Delegazione del Patriarcato di Serbia, in rappresentanza di Sua Beatitudine Pavle, Patriarca serbo;

- la Delegazione del Patriarcato ortodosso di Romania, in rappresentanza di Sua Beatitudine Teoctist, Patriarca della Chiesa ortodossa Romena;

- la Delegazione della Chiesa ortodossa di Grecia, in rappresentanza di Sua Beatitudine Christódoulos, Arcivescovo di Atene e di tutta la Grecia;

- la Delegazione della Chiesa ortodossa di Polonia, in rappresentanza di Sua Beatitudine Sawa, Metropolita ortodosso di Varsavia e di tutta la Polonia;

- la Delegazione della Chiesa ortodossa di Albania, in rappresentanza di Sua Beatitudine Anastas, Arcivescovo di Tirana e di tutta l'Albania;

- la Delegazione della Chiesa ortodossa di Finlandia, nella persona dello stesso Arcivescovo di Karelia e di tutta la Finlandia;

- la Delegazione del Patriarcato copto-ortodosso d'Alessandria, in rappresentanza di Sua Santità Shenouda III, Papa d'Alessandria e Patriarca della Sede di San Marco;

- la Delegazione del Patriarcato siro-ortodosso d'Antiochia, in rappresentanza di Sua Santità Mar Ignatius Zakka I Iwas, Patriarca siro-ortodosso d'Antiochia e di tutto l'Oriente;

- la Delegazione della Chiesa Apostolica Armena, in rappresentanza di Sua Santità Karekin II, Catholicos e Patriarca supremo di tutti gli Armeni, ricordando anche il predecessore Karekin I;

- la Delegazione del Catholicossato di Cilicia degli Armeni (Atelias, Libano), in rappresentanza di Sua Santità Aram I, Catholicos di Cilicia;

- la Delegazione della Chiesa assira dell'Oriente, in rappresentanza di Sua Santità Mar Dinkha IV, Catholicos e Patriarca della Chiesa assira dell'Oriente;

- la Delegazione della Comunione Anglicana, nella persona dello stesso Arcivescovo di Canterbury;

- e, infine, le Delegazioni

- della Chiesa vetero cattolica - Unione di Utrecht;

- della Federazione Luterana Mondiale;

- del Consiglio Metodista Mondiale;

- dei Discepoli di Cristo;

- della Chiesa Pentecostale;

- del Consiglio ecumenico delle Chiese.

Un grazie, infine, rivolgo all'Abate Generale, all'Abate ed alla Comunità monastica di San Paolo, che con grande generosità ci hanno ospitati, predisponendo con cura ogni cosa per la buona riuscita dell'odierno nostro incontro. Su tutti e ciascuno invoco la protezione e la benedizione divina, ricordando che nella Basilica di San Paolo Giovanni XXIII ha annunciato il Concilio Vaticano II.


AI MEMBRI DELLE POLIZIE MUNICIPALI D'ITALIA NEL GIORNO DELLA CELEBRAZIONE DEL LORO GIUBILEO

Giovedì, 20 gennaio 2000

2001

Carissimi Fratelli e Sorelle!

1. Con grande gioia rivolgo un cordiale benvenuto a ciascuno di voi, membri delle Polizie Municipali d'Italia, che celebrate il Giubileo nel giorno della Festa del vostro celeste Patrono, San Sebastiano.

Saluto anzitutto il Cardinale Camillo Ruini, Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, che ha presieduto la vostra Eucarestia Giubilare. Il mio pensiero va altresì al Signor Ministro dell'Interno, l'Onorevole Enzo Bianco, ai Sindaci ed alle Autorità presenti, che ringrazio per la loro partecipazione a questo significativo e intenso momento di fede. Con loro saluto le vostre famiglie e tutti i presenti.

Voi rendete alla comunità un non facile, ma indispensabile servizio, spendendo le vostre energie per assicurare l'ordinato svolgimento della vita nelle città. Grazie a voi, gli abitanti dei centri urbani e del territorio circostante vengono aiutati a rispettare le leggi che presiedono ad una convivenza serena ed armoniosa; le persone svantaggiate e i minori possono trovare un prezioso aiuto nelle loro difficoltà; l'ambiente, i beni pubblici e privati vengono salvaguardati e la stessa salute dei cittadini trova nella vostra costante azione di prevenzione una significativa difesa. Inoltre, le singole persone sono da voi agevolate nei rapporti con l'Autorità comunale ed i suoi Uffici. In particolari momenti di difficoltà, poi, la vostra presenza diventa tramite della fattiva solidarietà dell'intera comunità.

Si tratta, come è facile intuire, di una grande mole di lavoro, che richiede fermezza ed abnegazione al servizio del bene comune, come anche attenzione alle persone, senso di responsabilità, continua pazienza e spirito di accoglienza verso tutti. Sono qualità non facili, per le quali è importante poter contare sull'aiuto di Dio.

2.In questa prospettiva di fede, voi siete oggi venuti da varie parti d'Italia per celebrare il Giubileo, che è tempo di misericordia, nel quale il Signore offre l'opportunità di percorrere un intenso itinerario di purificazione interiore e di corroboramento dei buoni propositi. Intimamente riconciliato con Dio, il credente può diventare autentico artefice di pace con i fratelli e le sorelle che incontra sul suo cammino.

Questa dimensione profonda e spirituale dell'evento giubilare deve condurre ciascuno ad interrogarsi sul suo reale impegno nel rispondere alle esigenze di fedeltà al Vangelo, a cui il Signore lo chiama a partire dal suo stato di vita.

L'Anno giubilare diventa in tal modo straordinaria occasione di verifica personale e comunitaria, in ordine ad un rinnovato impegno per l'edificazione della nuova civiltà che nasce dal Vangelo, la civiltà dell'amore.

La consapevolezza che suscitano nel cristiano le parole del Signore: "Ogni volta che avrete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avrete fatto a me" (
Mt 25,40) non può non indurlo al corretto esercizio della propria professione, come atto di amore verso Cristo ed il prossimo.

3. Carissimi Fratelli e Sorelle! Il Giubileo, invitando a varcare la Porta Santa, simbolo di Cristo che ci accoglie ed introduce nella vita nuova, apre davanti a ciascuno prospettive di umanità autentica e di fede più salda nell'esercizio delle quotidiane attività professionali. In modo speciale, interpella voi a rispettare ed a far rispettare la legge degli uomini quando non è in contrasto con quella di Dio; vi chiede di essere artigiani di quell'armonia che scaturisce dall'adempimento dei doveri quotidiani e dall'eliminazione dei conflitti tra le persone; vi spinge a farvi in ogni circostanza promotori di solidarietà, specialmente verso i più deboli ed indifesi; vi domanda di essere custodi del diritto alla vita, attraverso l'impegno per la sicurezza della circolazione stradale e per l'incolumità delle persone.

Nello svolgimento di questa missione vi sia sempre presente che ogni persona è amata da Dio, è sua creatura e merita accoglienza e rispetto. Ogni essere umano racchiude in sé un patrimonio di tenerezza e di speranza, che spesso purtroppo viene ad essere menomato a causa dell'ingiustizia e della sopraffazione. Siamo tutti chiamati a volgerci all'altro con sguardo di responsabile benevolenza, perché soltanto l'amore che nasce da Dio è capace di trasformare e di far crescere l'individuo. Possa la grazia del Giubileo rinnovare lo spirito di fede con cui vi dedicate alla vostra professione, inducendovi a viverla con un supplemento di attenzione, di dedizione e di generosità.

4. Sono certo che, se così agirete, oltre a riscoprire l'importanza del vostro prezioso servizio ai cittadini, sperimenterete come a voi sia affidato un ruolo educativo che, garantendo la qualità della convivenza cittadina, costruisce una comunità più vivibile e serena per tutti.

Con tali auspici, invoco sulle vostre persone e sul vostro lavoro l'assistenza divina, perché possiate essere autentici artefici di concordia e di giustizia. Vi accompagni nel quotidiano lavoro il vostro Patrono, San Sebastiano, che seppe coniugare mirabilmente la fedeltà a Dio con la fedeltà ai legittimi ordinamenti dello Stato e non disdegnò di donare la vita e di subire il martirio per realizzare i valori perenni, appresi nella sequela di Cristo. Il suo esempio vi incoraggi e vi sostenga sempre!

Vi affido alla materna protezione della Vergine Santissima, e volentieri imparto a ciascuno di voi, ai vostri colleghi ed alle vostre famiglie una speciale Benedizione Apostolica.


AGLI OFFICIALI E AVVOCATI DEL TRIBUNALE DELLA ROTA ROMANA,

PER L'INAUGURAZIONE DELL'ANNO GIUDIZIARIO

Venerdì, 21 gennaio 2000

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Monsignor Decano,
Illustri Prelati Uditori ed Officiali della Rota Romana!

1. Ogni anno la solenne inaugurazione dell'attività giudiziaria del Tribunale della Rota Romana mi offre la gradita occasione di incontrare personalmente tutti voi, che costituite il Collegio dei Prelati Uditori, degli Officiali e degli Avvocati patrocinanti presso questo Tribunale. Mi dà, altresì, l'opportunità di rinnovarvi l'espressione della mia stima e di manifestarvi viva riconoscenza per il prezioso lavoro che generosamente e con qualificata competenza svolgete a nome e per mandato della Sede Apostolica.

Tutti vi saluto con affetto, riservando un particolare saluto al nuovo Decano, che ringrazio per il devoto omaggio testé indirizzatomi a nome suo personale e di tutto il Tribunale della Rota Romana. Desidero, in pari tempo, rivolgere un pensiero di gratitudine e di ringraziamento all'Arcivescovo Mons. Mario Francesco Pompedda, recentemente nominato Prefetto del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica, per il lungo servizio da lui reso con generosa dedizione e singolare preparazione e competenza presso il vostro Tribunale.

2. Questa mattina, quasi sollecitato dalle parole di Mons. Decano, desidero soffermarmi a riflettere con voi sull'ipotesi di valenza giuridica della corrente mentalità divorzista ai fini di una eventuale dichiarazione di nullità di matrimonio, e sulla dottrina dell'indissolubilità assoluta del matrimonio rato e consumato, nonché sul limite della potestà del Sommo Pontefice nei confronti di tale matrimonio.

Nell'Esortazione apostolica Familiaris consortio, pubblicata il 22 novembre 1981, mettevo in luce sia gli aspetti positivi della nuova realtà familiare, quali la coscienza più viva della libertà personale, la maggiore attenzione alle relazioni personali nel matrimonio e alla promozione della dignità della donna, sia quelli negativi legati alla degradazione di alcuni valori fondamentali, e all'"errata concezione teorica e pratica dell'indipendenza dei coniugi fra di loro", rilevando la loro incidenza sul "numero crescente dei divorzi" (n. 6).

Alla radice dei denunziati fenomeni negativi, scrivevo, "sta spesso una corruzione dell'idea e dell'esperienza della libertà, concepita non come la capacità di realizzare la verità del progetto di Dio sul matrimonio e la famiglia, ma come autonoma forza di affermazione, non di rado contro gli altri, per il proprio egoistico benessere" (n. 6). Per questo sottolineavo il "dovere fondamentale" della Chiesa di "riaffermare con forza, ­ come hanno fatto i Padri del Sinodo, la dottrina dell'indissolubilità del matrimonio" (n. 20), anche al fine di dissipare l'ombra che, sul valore dell'indissolubilità del vincolo coniugale, sembrano gettare alcune opinioni scaturite nell'ambito della ricerca teologico - canonistica. Si tratta di tesi favorevoli al superamento dell'incompatibilità assoluta tra un matrimonio rato e consumato (cfr CIC, can.
CIC 1061 ' 1) e un nuovo matrimonio di uno dei coniugi, durante la vita dell'altro.

3. La Chiesa, nella sua fedeltà a Cristo, non può non ribadire con fermezza "il lieto annuncio della definitività di quell'amore coniugale, che ha in Gesù il suo fondamento e la sua forza (cfr Ep 5,25)" (FC 20), a quanti, ai nostri giorni, ritengono difficile o addirittura impossibile legarsi ad una persona per tutta la vita e a quanti si ritrovano, purtroppo, travolti da una cultura che rifiuta l'indissolubilità matrimoniale e che deride apertamente l'impegno degli sposi alla fedeltà.

Infatti, "radicata nella personale e totale donazione dei coniugi e richiesta dal bene dei figli, l'indissolubilità del matrimonio trova la sua verità ultima nel disegno che Dio ha manifestato nella sua Rivelazione: Egli vuole e dona l'indissolubilità matrimoniale come frutto, segno ed esigenza dell'amore assolutamente fedele che Dio ha per l'uomo e che il Signore Gesù vive verso la sua Chiesa" (FC 20).

Il "lieto annuncio della definitività dell'amore coniugale" non è una vaga astrazione o una bella frase che riflette il comune desiderio di coloro che si determinano al matrimonio. Questo annuncio si radica piuttosto nella novità cristiana, che fa del matrimonio un sacramento. Gli sposi cristiani, che hanno ricevuto "il dono del sacramento", sono chiamati con la grazia di Dio a dare testimonianza "alla santa volontà del Signore: "Quello che Dio ha congiunto, l'uomo non lo separi" (Mt 19,6), ossia all'inestimabile valore dell'indissolubilità ... matrimoniale" (FC 20). Per questi motivi - afferma il Catechismo della Chiesa Cattolica - "la Chiesa sostiene, per fedeltà alla parola di Gesù Cristo (Mc 10,11-12 Mc 10, Mc 10, ), che non può riconoscere come valida una nuova unione, se era valido il primo matrimonio" (n. 1650).

4.Certo, "la Chiesa può, dopo esame della situazione da parte del tribunale ecclesiastico competente, dichiarare "la nullità del matrimonio", vale a dire che il matrimonio non è mai esistito", e, in tal caso, le parti "sono libere di sposarsi, salvo rispettare gli obblighi naturali derivati da una precedente unione" (CEC 1629). Le dichiarazioni di nullità per i motivi stabiliti dalle norme canoniche, specialmente per il difetto e i vizi del consenso matrimoniale (cfr CIC cann. CIC 1095-1107), non possono però contrastare con il principio dell'indissolubilità.

E' innegabile che la corrente mentalità della società in cui viviamo ha difficoltà ad accettare l'indissolubilità del vincolo matrimoniale ed il concetto stesso di matrimonio come "foedus, quo vir et mulier inter se totius vitae consortium constituunt" (CIC, can. CIC 1055 ' 1), le cui essenziali proprietà sono "unitas et indissolubilitas, quae in matrimonio christiano ratione sacramenti peculiarem obtinent firmitatem" (CIC, can. CIC 1056). Ma tale reale difficoltà non equivale "sic et simpliciter" ad un concreto rifiuto del matrimonio cristiano o delle sue proprietà essenziali. Tanto meno essa giustifica la presunzione, talvolta purtroppo formulata da alcuni Tribunali, che la prevalente intenzione dei contraenti, in una società secolarizzata e attraversata da forti correnti divorziste, sia di volere un matrimonio solubile tanto da esigere piuttosto la prova dell'esistenza del vero consenso.

La tradizione canonistica e la giurisprudenza rotale, per affermare l'esclusione di una proprietà essenziale o la negazione di un'essenziale finalità del matrimonio, hanno sempre richiesto che queste avvengano con un positivo atto di volontà, che superi una volontà abituale e generica, una velleità interpretativa, un'errata opinione sulla bontà, in alcuni casi, del divorzio, o un semplice proposito di non rispettare gli impegni realmente presi.

5. In coerenza con la dottrina costantemente professata dalla Chiesa, si impone, perciò, la conclusione che le opinioni contrastanti con il principio dell'indissolubilità o gli atteggiamenti contrari ad esso, senza il formale rifiuto della celebrazione del matrimonio sacramentale, non superano i limiti del semplice errore circa l'indissolubilità del matrimonio che, secondo la tradizione canonica e la normativa vigente, non vizia il consenso matrimoniale (cfr CIC, can. CIC 1099).

Tuttavia, in virtù del principio dell'insostituibilità del consenso matrimoniale (cfr CIC, can. CIC 1057), l'errore circa l'indissolubilità, in via eccezionale, può avere efficacia invalidante il consenso, qualora positivamente determini la volontà del contraente verso la scelta contraria all'indissolubilità del matrimonio (cfr CIC, can. CIC 1099)).

Ciò si può verificare soltanto quando il giudizio erroneo sulla indissolubilità del vincolo influisce in modo determinante sulla decisione della volontà, perché orientato da un intimo convincimento profondamente radicato nell'animo del contraente e dal medesimo con determinazione e ostinazione professato.

6. L'odierno incontro con voi, membri del Tribunale della Rota Romana, è un contesto adeguato per parlare anche a tutta la Chiesa sul limite della potestà del Sommo Pontefice nei confronti del matrimonio rato e consumato, che "non può essere sciolto da nessuna potestà umana e per nessuna causa, eccetto la morte" (CIC, can. CIC 1141 CIC, can. 1141; CCEO, can. 853). Questa formulazione del diritto canonico non è di natura soltanto disciplinare o prudenziale, ma corrisponde ad una verità dottrinale da sempre mantenuta nella Chiesa.

Tuttavia, va diffondendosi l'idea secondo cui la potestà del Romano Pontefice, essendo vicaria della potestà divina di Cristo, non sarebbe una di quelle potestà umane alle quali si riferiscono i citati canoni, e quindi potrebbe forse estendersi in alcuni casi anche allo scioglimento dei matrimoni rati e consumati. Di fronte ai dubbi e turbamenti d'animo che ne potrebbero emergere, è necessario riaffermare che il matrimonio sacramentale rato e consumato non può mai essere sciolto, neppure dalla potestà del Romano Pontefice. L'affermazione opposta implicherebbe la tesi che non esiste alcun matrimonio assolutamente indissolubile, il che sarebbe contrario al senso in cui la Chiesa ha insegnato ed insegna l'indissolubilità del vincolo matrimoniale.

7. Questa dottrina, della non estensione della potestà del Romano Pontefice ai matrimoni rati e consumati, è stata proposta molte volte dai miei Predecessori (cfr, ad esempio, Pio IX, Lett. Verbis exprimere, 15 agosto 1859: Insegnamenti Pontifici, Ed. Paoline, Roma 1957, vol. I, n. 103; Leone XIII, Lett. Enc. Arcanum, 10 febbraio 1880: ASS 12 (1879-1880), 400; Pio XI, Lett. Enc. Casti connubii, 31 dicembre 1930: AAS 22 (1930), 552; Pio XII, Allocuzione agli sposi novelli, 22 aprile 1942: Discorsi e Radiomessaggi di S.S. Pio XII, Ed. Vaticana, vol. IV, 47). Vorrei citare, in particolare, un'affermazione di Pio XII: "Il matrimonio rato e consumato è per diritto divino indissolubile, in quanto che non può essere sciolto da nessuna autorità umana (can. 1118); mentre gli altri matrimoni, sebbene intrinsecamente siano indissolubili, non hanno però una indissolubilità estrinseca assoluta, ma, dati certi necessari presupposti, possono (si tratta, come è noto, di casi relativamente ben rari) essere sciolti, oltre che in forza del privilegio Paolino, dal Romano Pontefice in virtù della sua potestà ministeriale" (Allocuzione alla Rota Romana, 3 ottobre 1941: AAS 33 (1941), pp. 424-425). Con queste parole Pio XII interpretava esplicitamente il canone 1118, corrispondente all'attuale canone 1141 del Codice di Diritto Canonico, e al canone 853 del Codice dei Canoni delle Chiese Orientali, nel senso che l'espressione "potestà umana" include anche la potestà ministeriale o vicaria del Papa, e presentava questa dottrina come pacificamente tenuta da tutti gli esperti in materia. In questo contesto conviene citare anche il Catechismo della Chiesa Cattolica, con la grande autorità dottrinale conferitagli dall'intervento dell'intero Episcopato nella sua redazione e dalla mia speciale approvazione. Vi si legge infatti: "Il vincolo matrimoniale è dunque stabilito da Dio stesso, così che il matrimonio concluso e consumato tra battezzati non può mai essere sciolto. Questo vincolo, che risulta dall'atto umano libero degli sposi e dalla consumazione del matrimonio, è una realtà ormai irrevocabile e dà origine ad un'alleanza garantita dalla fedeltà di Dio. Non è in potere della Chiesa pronunciarsi contro questa disposizione della sapienza divina" (n. 1640).

8. Il Romano Pontefice, infatti, ha la "sacra potestas" di insegnare la verità del Vangelo, amministrare i sacramenti e governare pastoralmente la Chiesa in nome e con l'autorità di Cristo, ma tale potestà non include in sé alcun potere sulla Legge divina naturale o positiva. Né la Scrittura né la Tradizione conoscono una facoltà del Romano Pontefice per lo scioglimento del matrimonio rato e consumato; anzi, la prassi costante della Chiesa dimostra la consapevolezza sicura della Tradizione che una tale potestà non esiste. Le forti espressioni dei Romani Pontefici sono soltanto l'eco fedele e l'interpretazione autentica della convinzione permanente della Chiesa.

Emerge quindi con chiarezza che la non estensione della potestà del Romano Pontefice ai matrimoni sacramentali rati e consumati è insegnata dal Magistero della Chiesa come dottrina da tenersi definitivamente, anche se essa non è stata dichiarata in forma solenne mediante un atto definitorio. Tale dottrina infatti è stata esplicitamente proposta dai Romani Pontefici in termini categorici, in modo costante e in un arco di tempo sufficientemente lungo. Essa è stata fatta propria e insegnata da tutti i Vescovi in comunione con la Sede di Pietro nella consapevolezza che deve essere sempre mantenuta e accettata dai fedeli. In questo senso è stata riproposta dal Catechismo della Chiesa Cattolica. Si tratta d'altronde di una dottrina confermata dalla prassi plurisecolare della Chiesa, mantenuta con piena fedeltà e con eroismo, a volte anche di fronte a gravi pressioni dei potenti di questo mondo.

E' altamente significativo l'atteggiamento dei Papi, i quali, anche nel tempo di una più chiara affermazione del primato Petrino, mostrano di essere sempre consapevoli del fatto che il loro Magistero è a totale servizio della Parola di Dio (cfr Cost. dogm. Dei Verbum DV 10) e, in questo spirito, non si pongono al di sopra del dono del Signore, ma si impegnano soltanto a conservare e ad amministrare il bene affidato alla Chiesa.

9. Queste sono, illustri Prelati Uditori ed Officiali, le riflessioni, che, in materia di tanta importanza e gravità, mi premeva parteciparvi. Le affido alle vostre menti e ai vostri cuori, sicuro della vostra piena fedeltà e adesione alla Parola di Dio, interpretata dal Magistero della Chiesa, e alla legge canonica nella più genuina e completa interpretazione.

Invoco sul vostro non facile servizio ecclesiale la costante protezione di Maria, Regina familiae. Nell'assicurarvi che vi sono vicino con la mia stima ed il mio apprezzamento, di cuore imparto a tutti voi, quale pegno di costante affetto, una speciale Apostolica Benedizione.


GPII Discorsi 2000 1301