GPII Discorsi 2000 340

GIOVANNI PAOLO PP. II


UDIENZA DI GIOVANNI PAOLO II


AI PARTECIPANTI AL GIUBILEO DEI VESCOVI


341
Sabato 7 Ottobre 2000

Carissimi Confratelli nell’Episcopato!


1. Quam bonum et quam iucundum habitare fratres in unum! (
Ps 133,1). La gioia del salmista, eco del giubilo dei figli di Israele, è oggi la nostra gioia. Lo spettacolo di tanti Vescovi riuniti insieme, da tutte le parti del mondo, non si verificava dai tempi del Concilio Vaticano II. Il nostro odierno raduno mi riporta con la mente a quegli anni di grazia, nei quali si sentì forte, come fremito di una nuova Pentecoste, la presenza dello Spirito di Dio. E’ bello che il Grande Giubileo ci abbia offerto l’occasione propizia per ritrovarci così numerosi. La comunione fraterna che ci lega, in forza della collegialità episcopale, si nutre anche di questi segni.

Vi ringrazio dei sentimenti di comunione che mi avete espresso per bocca del carissimo Mons. Giovanni Battista Re, che proprio in questi giorni, dopo anni di servizio come mio stretto collaboratore in Segreteria di Stato, ha assunto il delicato incarico di Prefetto della Congregazione per i Vescovi. Esprimo anche la mia gratitudine al Cardinale Lucas Moreira Neves per il prezioso lavoro svolto, con diligenza e saggezza, alla guida di tale Dicastero.

2. L’odierno raduno, a prima vista, potrebbe sembrare superfluo, dal momento che ciascuno di voi si è aperto ampiamente alla grazia del Giubileo, accompagnando i propri fedeli in vari luoghi giubilari della Diocesi e della Nazione. Ma abbiamo sentito il bisogno di una celebrazione, per così dire, tutta nostra, destinata ad accrescere il nostro impegno e, prima ancora, la gioiosa gratitudine per il dono della pienezza del Sacerdozio. È stato come riascoltare l'invito che il Maestro un giorno rivolse ai Dodici, segnati dalla stanchezza del lavoro apostolico: "Venite in disparte, in un luogo solitario, e riposatevi un po'" (Mc 6,31). Certo, venire oggi a Roma non è ritirarsi in un luogo solitario! In compenso, presso la Sede del Successore di Pietro ognuno di voi può sentirsi a proprio agio, come a casa sua, e tutti insieme possiamo vivere un'ora di "riposo" spirituale, raccogliendoci intorno a Cristo.

Avete lasciato per un momento i vostri assilli pastorali per vivere una pausa di interiore ricarica in un incontro speciale con quanti portano, come voi, la sarcina episcopalis. Con questo gesto avete, al tempo stesso, sottolineato di sentirvi membri dell'unico Popolo di Dio, in cammino con gli altri fedeli verso l'incontro definitivo con Cristo. Sì, anche i Vescovi, come tutti i cristiani, sono in cammino verso la Patria ed hanno bisogno dell'aiuto di Dio e della sua misericordia. In questo spirito siete qui ad implorare con me la grazia speciale del Giubileo.

Possiamo così sperimentare insieme tutta la consolazione della verità enunciata da sant'Agostino: "Per voi sono vescovo, con voi sono cristiano. Quello è nome di un ufficio assunto, questo di grazia; quello è nome di pericolo, questo di salvezza" (Sermo 340, 1: PL 38, 1483).

3. Dilexit Ecclesiam! (Ep 5,25). Emergono in questo momento nel nostro cuore di Pastori le parole di Paolo agli Efesini: esse ci ricordano che il nostro Giubileo è innanzitutto un invito a misurarci con l'amore che pulsa nel cuore di Cristo. Guardiamo a Lui, il Figlio eterno di Dio, che nella pienezza del tempo si è fatto uomo nel grembo di Maria. Guardiamo a Lui, Salvatore nostro e di tutto il genere umano. Guardiamo a Lui che, con l'Incarnazione, è diventato in certo senso "consanguineo" di ogni uomo. Il raggio del suo amore è vasto quanto il mondo. Dal suo sguardo di amore nessuno è escluso.

Aperto sul mondo, quello di Cristo è al tempo stesso un amore di predilezione. Amore universale e amore di predilezione non si contraddicono, ma sono come due cerchi concentrici. E' in forza dell'amore di predilezione che Cristo genera la Chiesa come suo corpo e sua sposa, facendone il sacramento della salvezza per tutti. Dilexit eam! Noi oggi ci sentiamo nuovamente raggiunti, con tutto il popolo di Dio, da questo sguardo di amore.

In quel dilexit Ecclesiam ciascuno di noi trova il modello e la forza del suo ministero, il fondamento e la radice viva del mistero che lo abita. In quanto persone configurate sacramentalmente a Cristo, Pastore e Sposo della Chiesa, noi siamo chiamati, carissimi Confratelli nell'Episcopato, a "rivivere" nei nostri pensieri, nei nostri sentimenti, nelle nostre scelte, l’amore e la donazione totale di Gesù Cristo per la sua Chiesa. L’amore per Cristo e l’amore per la Chiesa sono, in definitiva, un unico e indivisibile amore. In questo diligere Ecclesiam, imitando e condividendo il dilexit Ecclesiam di Cristo, stanno la grazia e l’impegno di questa nostra celebrazione giubilare.

3. La finalità suprema del dilexit Ecclesiam è indicata in modo luminoso dall'Apostolo: "Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei, per renderla santa" (Ep 5,25-26). Così è anche del nostro servizio episcopale: esso è a servizio della santità della Chiesa.

342 Ogni nostra attività pastorale ha come obiettivo ultimo la santificazione dei fedeli, a cominciare da quella dei sacerdoti, nostri diretti collaboratori. Deve, pertanto, mirare a suscitare in loro l’impegno di rispondere con prontezza e generosità alla chiamata del Signore. E non è forse la nostra stessa testimonianza di santità personale l’appello più credibile e più persuasivo che i laici ed il clero hanno diritto di aspettarsi nel loro cammino verso la santità? E’ appunto per "suscitare in ogni fedele un vero anelito alla santità" che è stato indetto il Giubileo (Tertio millennio adveniente TMA 42).

Occorre riscoprire quanto il Concilio Vaticano II dice sull'universale vocazione alla santità. Non a caso il Concilio si rivolge innanzitutto ai Vescovi, ricordando che devono "compiere con santità e slancio, con umiltà e fortezza il proprio ministero, il quale, così adempiuto, sarà anche per loro un eccellente mezzo di santificazione" (Lumen gentium LG 41). E' l'immagine - come si vede - di una santità che cresce non accanto al ministero, ma attraverso il ministero stesso. Una santità che si sviluppa come carità pastorale, trovando il suo modello in Cristo Buon Pastore, e spingendo ciascun Pastore a farsi "modello del gregge" (cfr 1P 5,3).

5. Questa carità pastorale deve vivificare i tria munera in cui si articola il nostro ministero. Innanzitutto il munus docendi, il servizio cioè dell'insegnamento. Quando rileggiamo gli Atti degli Apostoli, restiamo impressionati dal fervore con cui il primo nucleo apostolico spargeva a piene mani, con la forza dello Spirito, il seme della Parola. Dobbiamo ritrovare l'entusiasmo pentecostale dell'annuncio. In un mondo che, per l'azione dei mass media, conosce una sorta di inflazione delle parole, la parola dell'Apostolo può distinguersi e farsi strada solo se si presenta, con tutta la luminosità evangelica, come parola carica di vita. Non temiamo di annunciare il Vangelo, "opportune et importune" (2Tm 4,2). Oggi soprattutto, in mezzo alle tante voci discordi che creano confusione e perplessità nelle menti dei fedeli, il Vescovo ha la grave responsabilità di fare chiarezza. L'annuncio del Vangelo è l'atto di amore più alto nei riguardi dell'uomo, della sua libertà e della sua sete di felicità.

Questa stessa carità, attraverso la Liturgia, fonte e culmine della vita ecclesiale (cfr Sacrosanctum Concilium SC 10), si fa segno, celebrazione, azione orante. Qui il dilexit Ecclesiam di Cristo diventa memoria viva e presenza efficace. In quest'opera, più che in ogni altra, il ruolo del Vescovo si delinea come munus sanctificandi, ministero di santificazione, grazie alla presenza operante di Colui che è il Santo per eccellenza.

La carità del Vescovo deve, infine, brillare nel grande ambito della guida pastorale: nel munus regendi. Molte sono le cose che ci vengono richieste. In tutte dobbiamo operare "come buoni pastori che conoscono le loro pecorelle e sono da esse conosciuti; come veri padri che si distinguono per spirito di carità e di sollecitudine verso tutti" (Christus Dominus CD 16). E' un servizio di carità che non deve trascurare nessuno, ma deve prestare particolare attenzione agli "ultimi", con quella "scelta preferenziale dei poveri", che, vissuta sull'esempio di Gesù, è espressione insieme di giustizia e di carità.

6. Il Giubileo, carissimi Confratelli, è il tempo della "grande indulgenza". Le gravi responsabilità che ci sono affidate e le non poche difficoltà che incontra oggi il nostro ministero episcopale rendono più acuta e sofferta la coscienza della nostra pochezza spirituale, e quindi più forte e insistente l’invocazione all’amore indulgente del Padre. Ma la misericordia che giunge a noi dal sacrificio di Cristo, ogni giorno reso presente nell'Eucaristia, ci infonde una solidissima speranza. Questa speranza noi dobbiamo annunciare e testimoniare a un mondo che l’ha persa o deformata. E' speranza fondata sulla certezza che Cristo è sempre presente e operante nella sua Chiesa e nella storia dell'umanità.

Può sembrare, talvolta, come nell'episodio evangelico della tempesta sedata (Mc 4,35-41 Lc 8,22-25), che Cristo dorma e ci lasci in balia delle onde agitate. Noi sappiamo però che Egli è sempre pronto a intervenire con il suo amore onnipotente e salvifico. Egli continua a dirci: "Abbiate fiducia; io ho vinto il mondo" (Jn 16,33).

Ci sostiene in ogni nostra fatica la vicinanza di Maria, la Madre che Cristo ci ha dato dalla Croce dicendo all'Apostolo prediletto: "Donna, ecco il tuo figlio" (Jn 19,26). A Lei, Regina apostolorum, affidiamo le nostre Chiese e le nostre vite, aprendoci con fiducia all'avventura e alle sfide del nuovo Millennio.

UDIENZA DI GIOVANNI PAOLO II


AI PARTECIPANTI AL PELLEGRINAGGIO GIUBILARE


DAL GUATEMALA


Sabato, 7 Ottobre 2000

Cari figli e figlie guatemaltechi,


1. È per me motivo di gioia incontrarvi, voi che vi siete riuniti a Roma per celebrare il Grande Giubileo e per condividere così, come fratelli nella fede, questa profonda esperienza di riconciliazione con Dio e con i fratelli. Con il significativo gesto di attraversare la Porta Santa, la Chiesa invita i suoi fedeli a lasciarsi dietro ogni traccia di peccato, ad assaporare l'infinita misericordia di Dio e, incoraggiati dalla sua grazia, a volgere lo sguardo a Cristo, unico Salvatore del genere umano. Per questo il Giubileo rafforza e dà nuovo impulso alla nostra speranza, liberandoci del peso delle schiavitù passate e permettendoci di levare lo sguardo verso l'alto, dove, come nel cielo stellato indicato ad Abramo, si manifesta la grandezza incommensurabile delle promesse divine e l'autentico futuro dell'umanità liberata.

343 2. Voi avete voluto vivere questa esperienza nel vostro cuore, come figli della Chiesa, e anche come comunità nazionale che desidera camminare saldamente insieme a tutto il popolo del Guatemala. Porgo quindi un cordiale benvenuto a Monsignor Victor Hugo Martínez Contreras, Arcivescovo di Los Altos-Quetzaltenango-Totonicapán e Presidente della Conferenza Episcopale del Guatemala, come pure agli altri Vescovi e alle numerose persone che hanno compiuto il loro pellegrinaggio giubilare a Roma, per sostare presso le tombe degli Apostoli Pietro e Paolo. Vi invito a ispirarvi all'esempio di questi grandi testimoni del Vangelo, fedeli al punto di versare il proprio sangue per esso, per affrontare con rinnovata energia i compiti della nuova evangelizzazione nel vostro Paese.

Desidero salutare cordialmente anche il Signor Ambasciatore presso la Santa Sede, che si è prodigato tanto per rendere possibile questo pellegrinaggio nazionale, così come gli altri rappresentanti del Guatemala presenti a Roma e i guatemaltechi residenti in Italia che hanno voluto celebrare con i loro concittadini i riti giubilari. Vi esorto ad avvalervi del legittimo sentimento patrio per promuovere l'impegno comune di costruire un futuro migliore per tutto il popolo, libero da tensioni interne e discriminazioni, solidale con i bisogni di ogni persona o gruppo, forte di fronte alle avversità e creatore di nuovi spazi per la civiltà dell'amore. Questo sarà un prezioso frutto giubilare, poiché aprirà le porte a nuove speranze di trasformare il mondo e far sì, con la grazia e il potere di Dio, che "le lance si mutino in falci e al fragore delle armi succedano i canti della pace", come dice la Preghiera del Giubileo.

3. Che Dio benedica abbondantemente il vostro impegno ad essere fedeli a Dio e alla Chiesa, e che la Vergine Maria, Nostra Signora dell'Assunzione, custodisca in voi con materna premura le grazie e i buoni propositi di questo pellegrinaggio! La invoco di cuore affinché vi protegga e vi accompagni, mentre vi imparto volentieri la Benedizione Apostolica.

SANTO ROSARIO ALLA PRESENZA DELL'IMMAGINE

DELLA BEATA VERGINE MARIA DI FATIMA

DISCORSO DI SUA SANTITÀ GIOVANNI PAOLO II

Sabato 7 Ottobre 2000

1. Al termine di questo intenso momento di preghiera mariana, desidero rivolgere a tutti voi, carissimi Fratelli nell'Episcopato, un cordiale saluto, che estendo di cuore ai numerosi fedeli presenti stasera con noi qui, in Piazza San Pietro, o con noi collegati mediante la radio e la televisione.


Riuniti a Roma per il Giubileo dei Vescovi, il primo sabato del mese di ottobre non poteva non portarci a pregare insieme ai piedi della Vergine, che il Popolo di Dio venera in questo giorno col titolo di Regina del Santo Rosario.

In particolare, la nostra preghiera di questa sera si colloca nella luce del "messaggio di Fatima", i cui contenuti aiutano la nostra riflessione sulla storia del secolo ventesimo. A rafforzare tale prospettiva spirituale concorre felicemente la presenza tra noi della venerata immagine della Vergine di Fatima, che ho la gioia di accogliere nuovamente in Vaticano, nella cornice solenne di tanti miei Fratelli nell'Episcopato e di tanti sacerdoti, religiosi, religiose e fedeli, convenuti stasera in questa Piazza.

2. Abbiamo meditato i "misteri gloriosi". Dal Cielo, dove il Signore l'ha assunta, Maria non cessa di orientare i nostri sguardi alla gloria del Cristo Risorto, in cui si rivela la vittoria di Dio e del suo disegno di amore sul male e sulla morte. Come Vescovi, partecipi delle sofferenze e della gloria di Cristo (cfr 1P 5,1), siamo i primi testimoni di questa vittoria, fondamento di sicura speranza per ogni persona e per tutto il genere umano.

Gesù Cristo, il Risorto, ci ha inviati in tutto il mondo ad annunciare il suo Vangelo di salvezza, e da Gerusalemme, nell'arco di venti secoli, il messaggio ha raggiunto i cinque continenti. Questa sera, la nostra preghiera ha spiritualmente riunito tutta la famiglia umana intorno a Maria, Regina Mundi.

3. Nel contesto del Grande Giubileo dell'Anno 2000, abbiamo voluto esprimere la riconoscenza della Chiesa per la materna sollecitudine che Maria ha sempre mostrato verso i suoi figli, pellegrini nel tempo. Non vi è secolo, non vi è popolo in cui Ella non abbia fatto sentire la sua presenza portando ai fedeli, specialmente piccoli e poveri, luce, speranza, conforto.

Fiduciosi nella sua materna sollecitudine, domani, al termine della Concelebrazione eucaristica, compiremo in modo collegiale il nostro "Atto di affidamento" al Cuore Immacolato di Maria. Questa sera, meditando insieme sui misteri gloriosi del Santo Rosario, ci siamo preparati interiormente a tale gesto, ponendoci nell'atteggiamento degli Apostoli nel Cenacolo, riuniti con Maria in unanime e concorde preghiera.

344 Per ciascuno di voi, cari Confratelli, e per il vostro ministero ho invocato ed invoco la speciale intercessione della Madre della Chiesa. Ella vi assista sempre nel compito arduo ed entusiasmante di portare il Vangelo in ogni parte della terra, perché ogni uomo, a partire dai piccoli e dai poveri, riceva la Buona Novella di Cristo Salvatore.



ATTO DI AFFIDAMENTO A MARIA SANTISSIMA


Domenica, 8 Ottobre 2000




1. "Donna, ecco il tuo figlio!" (Jn 19,26)
Mentre volge al termine questo Anno Giubilare,
in cui Tu, o Madre, ci hai nuovamente offerto Gesù,
il frutto benedetto del tuo grembo purissimo,
il Verbo fatto carne, il Redentore del mondo,
risuona particolarmente dolce per noi questa sua parola
che a Te ci rinvia, facendoti nostra Madre:
"Donna, ecco il tuo figlio!".
Affidando a Te l'apostolo Giovanni,
345 e con lui i figli della Chiesa, anzi gli uomini tutti,
Cristo non attenuava, ma piuttosto ribadiva,
il suo ruolo esclusivo di Salvatore del mondo.
Tu sei splendore che nulla toglie alla luce di Cristo,
perché esisti in Lui e per Lui.
Tutto in Te è "fiat": Tu sei l'Immacolata,
sei trasparenza e pienezza di grazia.
Ecco, dunque, i tuoi figli, raccolti intorno a Te,
all’alba del nuovo Millennio.
La Chiesa oggi con la voce del Successore di Pietro,
a cui s’unisce quella di tanti Pastori
346 qui convenuti da ogni parte del mondo,
cerca rifugio sotto la tua protezione materna
ed implora con fiducia la tua intercessione
di fronte alle sfide che il futuro nasconde.

2. Tanti in questo anno di grazia
hanno vissuto, e stanno vivendo,
la gioia sovrabbondante della misericordia
che il Padre ci ha donato in Cristo.
Nelle Chiese particolari sparse nel mondo,
e ancor più in questo centro della cristianità,
le più svariate categorie di persone
347 hanno accolto questo dono.
Qui ha vibrato l'entusiasmo dei giovani,
qui si è levata l'implorazione degli ammalati.
Qui sono passati sacerdoti e religiosi,
artisti e giornalisti,
uomini del lavoro e della scienza,
bambini e adulti,
e tutti, nel tuo Figlio diletto, hanno riconosciuto
il Verbo di Dio, fatto carne nel tuo seno.
Ottienici, o Madre, con la tua intercessione,
che i frutti di quest'Anno non vadano dispersi,
348 e i semi di grazia si sviluppino
fino alla piena misura della santità,
a cui tutti siamo chiamati.

3. Vogliamo oggi affidarti il futuro che ci attende,
chiedendoti d’accompagnarci nel nostro cammino.
Siamo uomini e donne di un'epoca straordinaria,
tanto esaltante quanto ricca di contraddizioni.
L'umanità possiede oggi strumenti d’inaudita potenza:
può fare di questo mondo un giardino,
o ridurlo a un ammasso di macerie.
Ha acquistato straordinarie capacità d’intervento
349 sulle sorgenti stesse della vita:
può usarne per il bene, dentro l'alveo della legge morale,
o può cedere all'orgoglio miope
di una scienza che non accetta confini,
fino a calpestare il rispetto dovuto ad ogni essere umano.
Oggi come mai nel passato,
l'umanità è a un bivio.
E, ancora una volta, la salvezza è tutta e solo,
o Vergine Santa, nel tuo figlio Gesù.

4. Per questo, Madre, come l'Apostolo Giovanni,
noi vogliamo, prenderti nella nostra casa (cf
Jn 19,27),
350 per imparare da Te a conformarci al tuo Figlio.
"Donna, ecco i tuoi figli!".
Siamo qui, davanti a Te,
per affidare alla tua premura materna
noi stessi, la Chiesa, il mondo intero.
Implora per noi il Figlio tuo diletto,
perché ci doni in abbondanza lo Spirito Santo,
lo Spirito di verità che è sorgente di vita.
Accoglilo per noi e con noi,
come nella prima comunità di Gerusalemme,
stretta intorno a Te nel giorno di Pentecoste (cf
Ac 1,14).
351 Lo Spirito apra i cuori alla giustizia e all'amore,
induca le persone e le nazioni alla reciproca comprensione
e ad una ferma volontà di pace.
Ti affidiamo tutti gli uomini, a cominciare dai più deboli:
i bimbi non ancora venuti alla luce
e quelli nati in condizioni di povertà e di sofferenza,
i giovani alla ricerca di senso,
le persone prive di lavoro
e quelle provate dalla fame e dalla malattia.
Ti affidiamo le famiglie dissestate,
gli anziani privi di assistenza
352 e quanti sono soli e senza speranza.

5. O Madre, che conosci le sofferenze
e le speranze della Chiesa e del mondo,
assisti i tuoi figli nelle quotidiane prove
che la vita riserva a ciascuno
e fa’ che, grazie all’impegno di tutti,
le tenebre non prevalgano sulla luce.
A Te, aurora della salvezza, consegniamo
il nostro cammino nel nuovo Millennio,
perché sotto la tua guida
tutti gli uomini scoprano Cristo,
353 luce del mondo ed unico Salvatore,
che regna col Padre e lo Spirito Santo
nei secoli dei secoli. Amen.


AI PARTECIPANTI


AL PELLEGRINAGGIO GIUBILARE DELL’UNGHERIA


Lunedì, 9 Ottobre 2000

Carissimi Fratelli e Sorelle in Cristo!


1. Desidero rivolgere un cordiale benvenuto a ciascuno di voi, carissimi pellegrini ungheresi. Saluto con fraterno affetto il Cardinale László Paskai, Monsignor István Seregély, Presidente della Conferenza Episcopale ungherese, che ringrazio per le nobili parole che ha voluto indirizzarmi a nome dei presenti e dell'intera Chiesa che sta in Ungheria. Con loro saluto i venerati Fratelli nell'Episcopato, che vi guidano in questa speciale esperienza di fede e di grazia.

Il mio deferente saluto va al Signor Ambasciatore Pál Tar che con la sua presenza offre una rinnovata testimonianza della positiva collaborazione tra la Chiesa cattolica e l'Autorità statale nel vostro Paese, dopo gli anni difficili della dittatura comunista.

Grazie per questa visita che rinnova e consolida l'antica fedeltà del Popolo magiaro alla Sede di Pietro! Grazie per l'affetto che, anche in questa circostanza, manifestate alla mia Persona!

2. Il vostro pellegrinaggio nazionale ha preso inizio davanti alla Sagrestia della Basilica Vaticana, con la benedizione della lapide. Essa ricorda il luogo dove si trovava la prima casa dei pellegrini ungheresi, fondata mille anni or sono dal Re Santo Stefano, che volle questa casa vicino alla tomba dell'apostolo San Pietro, proprio perché desiderava che i pellegrini ungheresi, venendo a Roma, rinnovassero la fedeltà e l'amore a Pietro. Tale atto solenne stabilisce un felice collegamento tra i due straordinari eventi da voi celebrati nell'anno 2000: il Grande Giubileo del Cristianesimo e il Millennio Ungherese, che costituiscono, altresì, le speciali motivazioni di codesto pellegrinaggio.

Siete venuti in tanti nella Città eterna per visitare le Tombe degli Apostoli e per confermare la vostra fede nell'incontro con il Successore di Pietro. La vostra presenza così numerosa testimonia la costante adesione del popolo magiaro alla Santa Sede, che, a partire dalla consegna della corona dal Papa Silvestro II al Santo Re Stefano, costituisce un elemento fondamentale della vostra storia e della vostra cultura.

Come ricordavo nel Messaggio inviatovi in occasione della Celebrazione del Millennio magiaro, la vostra "è una storia che inizia con un Re santo, anzi con una famiglia santa..., un seme che germoglierà e susciterà una schiera di nobili figure che illustreranno la Pannonia Sacra", che nel corso dei secoli diventerà un saldo "baluardo di difesa della cristianità contro l'invasione dei tartari e dei turchi" (Messaggio di Giovanni Paolo II al Popolo magiaro, 20 agosto 2000, n. 1).

354 Tali vicende hanno lasciato nella vostra cultura tracce profonde, che trovano espressione in alcuni comportamenti quotidiani, come il suono delle campane a mezzogiorno che, sin dalla vittoria sui Turchi islamici, invita i cristiani ungheresi ad interrompere il lavoro per dedicarsi alla preghiera. Lo speciale rapporto che lega il vostro Popolo alla Sede di Pietro trova una significativa espressione nella Cappella Ungherese delle Grotte Vaticane, che io stesso ho avuto la gioia di benedire venti anni fa nella festa della Magna Domina Hungarorum, cui avete voluto affidare anche il vostro pellegrinaggio giubilare.

3. Le solenni celebrazioni del Grande Giubileo dell'Incarnazione e del Millennio Ungherese vi esortano a rendere grazie al Signore per le meraviglie operate nel vostro Popolo. Esse costituiscono, altresì, una preziosa occasione di conversione e di impegno a costruire un futuro degno della vostra fede e del vostro glorioso passato, che trova nella famiglia uno degli elementi imprescindibili.

Questa fondamentale istituzione dell'umana società vive oggi una difficile crisi, che sembra manifestare l'oblio di fondamentali valori umani e cristiani, fattori indispensabili per il progresso civile e morale dell'umanità. Essa, tuttavia, rivela anche trasformazioni profonde in atto nella società, che possono preludere ad un nuovo inizio. Occorre, pertanto, che i cristiani guardino a tale crisi con fedeltà e speranza. Infatti, le complesse problematiche che investono l'istituto familiare devono portare i credenti a riscoprire ed a vivere i valori del matrimonio e della famiglia, così come vengono proposti dalla Chiesa, per imprimere un nuovo slancio alla costruzione della civiltà dell'amore. In proposito, desidero ripetervi l'invito rivoltovi in occasione della celebrazione del vostro Millenario: "Siate consapevoli della centralità della famiglia per una società ordinata e florida. Promuovete, pertanto, sapienti iniziative per proteggerne la saldezza e l'integrità. Solo una Nazione che possa contare su famiglie sane è capace di sopravvivere e di scrivere una grande storia, come è stato nel vostro passato" (Ibid., 4).

Tale particolare cura per la famiglia vi porterà a promuovere ad ogni livello la cultura della vita, che esige la difesa della persona umana dal concepimento al tramonto, la promozione del valore della paternità e della maternità, come pure il riconoscimento del fondamentale ruolo svolto dalla donna nel lavoro domestico e nella educazione dei figli.

4. Le solenni celebrazioni del Millennio Ungherese sono coincise con la XV Giornata Mondiale della Gioventù, che ha visto una straordinaria partecipazione di giovani di tutto il mondo. A tale incontro era presente anche un considerevole numero di giovani ungheresi, che hanno voluto condividere la loro fede e la loro ricerca di Cristo, Colui che dà senso alla vita, insieme ai loro coetanei.

La testimonianza di questi giovani, il loro entusiasmo, la loro fede gioiosa rappresentano un segno di speranza per tutti, che infonde coraggio ed esorta a non aver paura del futuro.

La loro presenza nelle vostre Chiese schiude anche alla vostra Patria un orizzonte pieno di promesse e annuncia un futuro migliore.

5. Carissimi pellegrini ungheresi, formulo voti che, fortificati dalla grazia del Giubileo, possiate costruire nella vostra Nazione una società più giusta e più fraterna, degna della vostra fede e delle vostre profonde radici cristiane.

Con tali auspici, mentre vi affido alla materna protezione della Magna Domina Hungarorum, come un giorno ha fatto Santo Stefano, imparto a ciascuno di voi ed all'amato Popolo Ungherese una speciale Benedizione Apostolica.

UDIENZA DI GIOVANNI PAOLO II


AI MEMBRI DELL’ASSOCIAZIONE DEL BENELUX


PRO PETRI SEDE


Giovedì 12 Ottobre 2000

Signore, Signori,


355 Vi saluto cordialmente in occasione del pellegrinaggio dell'associazione Pro Petri Sede. In questo anno giubilare continuate la vostra tradizione di venire a portare al Santo Padre l'offerta dei generosi donatori del Belgio, del Lussemburgo e dei Paesi Bassi, che si uniscono così in maniera più stretta alla carità della Chiesa universale e del Successore di Pietro.

Il Giubileo è un invito alla conversione del cuore, per ritornare a Dio e per fare una profonda esperienza dell'amore del nostro Padre dei cieli, che ci accoglie e che vuole fare di noi un popolo santo. Questo amore che riceviamo dal Signore siamo chiamati a trasmetterlo attorno a noi, rendendo così una testimonianza della nostra fede, che è un segno eloquente agli occhi del mondo.

Da questo punto di vista, il vostro gesto è particolarmente importante e necessario per manifestare la misericordia di Dio; esso procede dalla "carità, che apre i nostri occhi ai bisogni di quanti vivono nella povertà e nell'emarginazione" (Incarnationis mysterium, n. 12), e ci spinge a vivere come fratelli, al di là della diversità di razze, di culture e di religioni. Il vostro intervento s'inscrive in questa ottica e sono sicuro che i generosi donatori della vostra associazione sono consapevoli di tendere, mediante questo gesto, la mano ai più poveri affinché si rialzino, possano vivere con la dignità propria alla loro natura, divengano ogni giorno di più artefici del loro sviluppo e creino una fraternità e una solidarietà sempre più grandi fra tutti gli uomini. La condivisione e anch'essa un'opera importante a favore della giustizia e della pace.

Vi chiedo dunque di porgere il mio vivo ringraziamento e la mia gratitudine a tutti i membri dell'Associazione Pro Petri Sede e ai fedeli del Belgio, del Lussemburgo e dei Paesi Bassi che, attraverso l'accoglienza dei poveri e degli stranieri, vivono l'ideale evangelico di reciproco aiuto spirituale e materiale. Affidandoli all'intercessione della Vergine Maria, che onoriamo in modo particolare in questo mese del Rosario, imparto di cuore a tutti la mia Benedizione Apostolica.



UDIENZA DI GIOVANNI PAOLO II


AI PARTECIPANTI


ALL’8° COLLOQUIO INTERNAZIONALE DI MARIOLOGIA


Venerdì 13 Ottobre 2000




Carissimi Fratelli e Sorelle!

1. Sono lieto di accogliervi quest'oggi, in occasione dell'ottavo Colloquio Internazionale di Mariologia sul tema «San Luigi Maria Grignion de Montfort: Spiritualità trinitaria in comunione con Maria». Saluto tutti con affetto: gli organizzatori, i relatori, i partecipanti. Un particolare ringraziamento rivolgo a Mons. François Garnier, Vescovo di Luçon, per le calorose espressioni con cui ha interpretato i comuni sentimenti.

L'odierno incontro richiama alla memoria quello che nel 1706 avvenne qui a Roma tra il mio venerato predecessore Clemente XI ed il missionario bretone, Grignion de Montfort appunto, venuto a domandare al Successore di Pietro luce e conforto per il cammino apostolico che aveva intrapreso. Ripenso, altresì, con gratitudine al pellegrinaggio che la Provvidenza mi ha dato di compiere alla tomba di questo grande Santo a Saint-Laurent-sur-Sèvre il 19 settembre 1996.

Per me san Luigi Maria Grignion de Montfort costituisce una significativa figura di riferimento, che mi ha illuminato in momenti importanti della vita. Quando da seminarista clandestino lavoravo nella fabbrica Solvay di Cracovia, il mio direttore spirituale mi consigliò di meditare sul Trattato della vera devozione alla Santa Vergine. Lessi e rilessi più volte e con grande profitto spirituale questo prezioso libretto ascetico dalla copertina azzurra che si era macchiata di soda. Ponendo la Madre di Cristo in relazione al mistero trinitario, il Montfort mi ha aiutato a capire che la Vergine appartiene al piano della salvezza per volontà del Padre, come Madre del Verbo incarnato, da Lei concepito per opera dello Spirito Santo. Ogni intervento di Maria nell'opera della rigenerazione dei fedeli non si pone in competizione con Cristo, ma deriva da lui ed è al suo servizio. L'azione che Maria svolge nel piano della salvezza è sempre cristocentrica, fa cioè direttamente riferimento ad una mediazione che avviene nel Cristo. Capii allora che non potevo escludere la Madre del Signore dalla mia vita senza disattendere la volontà di Dio-Trinità, che ha voluto «iniziare e compiere» i grandi misteri della storia della salvezza con la collaborazione responsabile e fedele dell'umile Serva di Nazaret.

Rendo anche ora grazie al Signore per aver potuto sperimentare quanto anche voi avete avuto modo di approfondire in questo colloquio, che cioè l'accoglienza di Maria nella vita in Cristo e nello Spirito introduce il credente nel cuore stesso del mistero trinitario.

2. Fratelli e Sorelle carissimi, durante il vostro Simposio vi siete soffermati sulla spiritualità trinitaria in comunione con Maria: aspetto, questo, caratterizzante dell'insegnamento di Montfort.


GPII Discorsi 2000 340