GP2 Discorsi 2001 293

GIOVANNI PAOLO II


MESSAGGIO DEL SANTO PADRE


ALLA CONGREGAZIONE DELLA PASSIONE DI GESÙ CRISTO


IN OCCASIONE DELLA TENDOPOLI AL SANTUARIO


DI SAN GABRIELE DELL’ADDOLORATA




294 Al Reverendissimo Padre

OTTAVIANO D'EGIDIO

Preposito Generale
della Congregazione della Passione di Gesù Cristo

Anche quest'anno si terrà, all'ombra del Santuario di San Gabriele dell'Addolorata, la tendopoli promossa dai Padri Passionisti, giunta ormai alla ventunesima edizione.

Saluto quanti vi prendono parte e coloro che l'hanno accuratamente preparata. In modo speciale, saluto il Signor Cardinale Agostino Cacciavillan, che presiederà la solenne celebrazione eucaristica, sabato 25 agosto. Spiritualmente partecipe, vorrei rivolgermi a ciascuno dei presenti con quella fiducia che ripongo nel loro giovanile entusiasmo.

Cari ragazzi e ragazze! Cristo vi chiede di essere protagonisti nell'odierna società d'un profondo rinnovamento religioso centrato sulla preghiera, sulla conversione personale e sulla costante ricerca della comunione ecclesiale. Molti di voi, come catechisti e animatori di gruppi, movimenti e associazioni, sono a vario titolo impegnati nelle parrocchie e in diverse diocesi, specie nel Centro e nel Sud d'Italia. Che questa vostra azione missionaria vi renda sempre più attenti ai "segni" e alle "sfide" del nostro tempo.

Il vostro raduno ha per tema: "Abita la terra e vivi con fede; globalizzazione o uomo globale?", e vi offre l'occasione di riflettere su uno degli argomenti più attuali. Il moderno sviluppo economico e tecnico tende a rendere l'umanità un "villaggio globale", con una fitta rete di interscambi e di comunicazioni. Siamo in presenza di un cambiamento epocale, che va però guidato, perché non risulti a detrimento della dignità dell'uomo e del bene comune. Al riguardo, i cristiani sono chiamati a offrire il loro contributo, permeando questo complesso processo con i valori evangelici. E' necessario "globalizzare" la solidarietà e l'amore, secondo il comandamento nuovo di Gesù. Tocca anche a voi, cari giovani, adoperarvi con ogni mezzo per costruire una civiltà e una cultura ispirate al Vangelo della carità. Il futuro del mondo sarà in gran parte nelle vostre mani.

Mi torna, in proposito, alla mente la consegna che ho affidato ai giovani del mondo intero, nel corso dell'indimenticabile veglia a Tor Vergata, in occasione della Giornata Mondiale della Gioventù, durante il Grande Giubileo del 2000. Dicevo: "Vedo in voi le sentinelle del mattino in quest'alba del terzo millennio".

Ripeto quest'invito a voi, cari partecipanti alla Tendopoli. Per portare a compimento quest'importante compito, seguite con fedeltà il cammino formativo della vostra tipica spiritualità, che vi chiede di essere "pellegrini, sentinelle e testimoni". Pellegrini alla ricerca di Dio, sentinelle che vegliano preparando il ritorno glorioso del Signore risorto, testimoni intrepidi e coraggiosi del suo messaggio di salvezza.

In questo itinerario spirituale, vi sostenga l'esempio di san Gabriele dell'Addolorata che, dalla grande Tenda del Santuario, vi protegge. Vi guidi sempre la Vergine Maria, Madre della Speranza e Stella della nuova evangelizzazione.

Con tali sentimenti, imparto di cuore a Lei, Reverendissimo Padre Preposito Generale, al Signor Cardinale Agostino Cacciavillan, agli organizzatori dell'incontro e a tutti i giovani tendopolisti l'implorata Benedizione Apostolica.

295 Da Castel Gandolfo, 6 Agosto 2001

GIOVANNI PAOLO II




MESSAGGIO DI GIOVANNI PAOLO II


ALLA SUPERIORE GENERALE DELLA CONGREGAZIONE


DELLE RELIGIOSE FRANCESCANE DI SANT'ANTONIO




Alla Reverenda Madre

MARIA GORETTI MANZO

Superiora Generale della Congregazione
delle Religiose Francescane di Sant'Antonio

Con filiale devozione Ella, insieme con le Sorelle Capitolari, ha manifestato il desiderio di incontrare il Successore di Pietro durante il Capitolo Generale di codesta Fraternità, che si svolge in coincidenza con il centenario di fondazione dell'Istituto. Grato per l'affetto che la vostra presenza manifesta, saluto Lei, Reverenda Madre, e il Consiglio Generale che La coadiuva; saluto le Capitolari qui convenute ed invio, per mezzo vostro, l'espressione del mio paterno apprezzamento a tutte le Religiose Francescane di sant'Antonio impegnate a lavorare per il Signore in diverse parti del mondo. Vi incoraggio, carissime Sorelle, a continuare generosamente a "servire i fratelli più bisognosi, vivendo nella povertà, nella semplicità, nell'umiltà, nella carità, nel sacrificio, nella preghiera e nella letizia, secondo l'ideale di san Francesco d'Assisi", come recita la vostra Regola.

Commemorando il primo secolo dalla nascita della vostra Famiglia religiosa, come non elevare sentimenti di gratitudine a Dio che, per mezzo del suo Spirito, vi ha chiamate nell'umiltà a seguire Cristo, povero, casto e obbediente? Questa speciale ricorrenza è occasione propizia per rinnovare la vostra testimonianza di amore e di fedeltà al Signore e alla Chiesa, riaffermando adesione sincera e totale al vostro carisma.

2. Voi siete nate per servire i poveri e le persone bisognose. In chi bussa alle vostre porte chiedendo aiuto, sostegno, conforto nelle tribolazioni, è Cristo stesso che si fa presente e vi domanda di essere accolto. Così amava presentare il vostro apostolato la fondatrice, Madre Miradio Bonifacio, morta 65 anni or sono. Quante volte ricorreva a Gesù invocandone fiduciosa il santo nome! Si può dire che il nome di Gesù divenne sorgente inesauribile della carità e del bene da lei compiuto.

Essa vi ha pure indicato dove incontrare Cristo e trarre luce e sostegno per poter rispondere alle necessità dei fratelli. E' nel mistero dell'Eucaristia che si cela la sorgente dell'amore. Continuate, pertanto, a far scaturire dall'adorazione eucaristica ogni vostro slancio e impegno apostolico e missionario. Lavorate per la gloria di Dio servendo i più poveri e abbandonati. L'Eucaristia sia la fonte che vi alimenta e vi sostiene e alla quale per questo quotidianamente fate ricorso. Ricorda san Francesco, al cui carisma vi ispirate, che nulla "possediamo e vediamo corporalmente in questo mondo dello stesso Altissimo, se non il corpo e il sangue, i nomi e le parole mediante le quali siamo stati creati e redenti da morte a vita" (FF 207/a).

Accanto all'amore per il Santissimo Sacramento dell'altare, la vostra venerabile Fondatrice ha voluto lasciarvi un'altra peculiare consegna: l'incondizionata fiducia nella Provvidenza divina. Da Dio essa attendeva ogni sostegno per portare a compimento i progetti di carità che lo Spirito suscitava nel suo cuore. Da Gesù, Redentore dell'umanità, attingeva quello stile di concreta attenzione alla persona e a tutte le sue esigenze che ne contraddistinguevano l'attività apostolica. Si sforzava, in effetti, di operare per la gloria del Signore, al servizio dei fratelli, mediante un'esistenza vissuta nel totale amore a Cristo e alla sua Chiesa e nella dedizione senza riserve al servizio dei fratelli.

3. Carissime Francescane di Sant'Antonio! Percorrete senza sosta e fedelmente la strada iniziata dalla vostra Fondatrice. La Chiesa conta anche sul vostro contributo per annunciare Cristo agli uomini del nostro tempo. "La vita della Chiesa - ho scritto nell'Esortazione apostolica Vita consecrata - e la stessa società hanno bisogno di persone capaci di dedicarsi totalmente a Dio e agli altri per amore di Dio. La Chiesa non può assolutamente rinunciare alla vita consacrata, perché essa esprime in modo eloquente la sua intima essenza «sponsale»" (n. 105).

Incarnate in voi le Beatitudini evangeliche con gioia, semplicità e carità, in atteggiamento di abbandono fiducioso all'amore provvidente e misericordioso di Dio, secondo l'ideale di san Francesco d'Assisi. Questo attende da voi il popolo cristiano, per essere aiutato a crescere nell'adesione incondizionata al suo divino Maestro e Pastore.

296 Siate sempre unite da fraterna comunione, sorrette dalla speranza che non delude (cfr Rm 5,5). Sensibili al comando del Signore, che invia i discepoli a proclamare il Vangelo a tutte le genti, anche voi coltivate una profonda ansia missionaria. Siate dappertutto testimoni dell'amore misericordioso di Dio.

Guardate alla Vergine Immacolata, a cui rinnovo l'affidamento della vostra Famiglia religiosa e degli scopi che le sono propri. Maria, a cui si rivolgeva con umile e filiale devozione la Fondatrice, sostenga con la sua potente intercessione il vostro apostolato. Vi proteggano, altresì, i santi Francesco e Antonio, come pure l'illustre schiera di amici di Dio scaturiti dall'albero minoritico.

Vi accompagni anche il mio augurio di pace e bene, avvalorato da una speciale Benedizione Apostolica.

Da Castel Gandolfo, 20 Agosto 2001

GIOVANNI PAOLO II



AI MEMBRI DEL CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE


DELLA ISTITUZIONE "PERDONANZA CELESTINIANA"


Giovedì, 23 agosto 2001




Venerato Fratello nell'Episcopato,
Illustri Signori e Signore!

1. Sono lieto di accogliere in Voi i membri della Giuria del premio internazionale "Perdonanza". Avete voluto pensare a me come primo destinatario di questo premio legato alla memoria del santo mio predecessore Celestino V. Nell'esprimerVi la mia gratitudine, saluto ciascuno di Voi, con un particolare pensiero per Mons. Giuseppe Molinari, Pastore dell'Arcidiocesi, per il signor Biagio Tempesta, Sindaco della città de L'Aquila, e per il Presidente della Giuria, Dott. Antonio Cicchetti, che ringrazio per le cordiali parole rivoltemi a nome di tutti.

Con gioia constato che, al termine del Grande Giubileo dell'Anno Duemila, quasi per prolungarne lo spirito in collegamento con l'antico privilegio concesso da san Celestino V, avete dato vita a questo Premio, da assegnare annualmente a una personalità distintasi nel promuovere la pace, la riconciliazione e la solidarietà. A questi valori infatti si ispirò, settecento anni or sono, il santo eremita del Morrone, Pietro Angelerio. Divenuto Papa in un periodo non facile della storia della Chiesa, egli, come si legge nel regolamento che istituisce il Premio, volle indelebilmente legare all'amata Abbazia di Collemaggio il dono di una indulgenza plenaria, della quale potevano fruire tutti i cristiani "rispettando la semplice regola di una triplice riconciliazione: con il Creatore, con le creature e con sé stessi" (art. 2).

2. Il Premio "Perdonanza" contiene un messaggio in perfetta sintonia con il coraggioso impegno di rinnovamento spirituale a cui è chiamata la Chiesa in quest'inizio del terzo millennio. L'Indulgenza, accordata da Celestino V "universis Christi fidelibus", proponeva infatti alla cristianità di quel tempo, segnata da profondi contrasti, il rimedio dell'umile e sincera conversione a Cristo. Non è questa la "terapia" giusta anche per i cristiani di oggi, travagliati spesso da non meno gravi dissidi?

C'è nella "Perdonanza" un contenuto non solo religioso, ma culturale e sociale, che il Premio da Voi istituito mette in giusta evidenza. Agli uomini del nostro tempo, anelanti alla giustizia e alla solidarietà, all'amore e alla pace, essa ricorda che senza un saldo riferimento a Dio non è possibile recuperare questi alti valori morali universalmente validi.

297 3. Nel ricevere questo riconoscimento faccio voti, pertanto, che la vostra iniziativa contribuisca a mantener viva la memoria di san Celestino, ponendone in luce l'insegnamento spirituale con i suoi concreti risvolti sociali. Possa essa contribuire a diffondere e consolidare un'autentica cultura di pace e di solidarietà, frutto di vera e stabile riconciliazione "con il Creatore, con le creature e con se stessi".

Con questi auspici, mentre invoco l'intercessione di Maria Assunta in Cielo, venerata nella Basilica aquilana di Collemaggio, di san Giovanni Battista e di san Celestino V, volentieri imparto a Voi qui presenti, alle persone a Voi care e all'intera Comunità aquilana una speciale Benedizione Apostolica.

PAROLE DEL SANTO PADRE DI INTRODUZIONE


ALLA S. MESSA DEL MATTINO


Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo

Sabato, 25 agosto 2001




"Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna..." (Ga 4,4). Questo salutare mistero, in cui un ruolo insostituibile Dio ha assegnato alla donna - Maria di Nazareth, si fa presente continuamente nell’Eucaristia. Quando celebriamo la Santa Messa in mezzo a noi sta la Madre del Figlio di Dio e ci introduce nel mistero della sua Offerta di redenzione. In questo modo Ella diventa mediatrice delle grazie che scaturiscono per la Chiesa e per tutti i fedeli da quest’Offerta.

Domani occorre la commemorazione liturgica della Santissima Vergine Maria di Czestochowa. Il mio pensiero va a Jasna Góra, dove da secoli la Madonna Nera è venerata come Madre e Regina del popolo polacco. Di nuovo affido alla Sua protezione la nostra Patria e tutti i connazionali.

La memoria della Madonna di Czestochowa fa venire in mente la figura del Suo grande devoto, il cardinale Stefan Wyszynski. Quest’anno la Chiesa in Polonia solennemente ricorda il centenario della sua nascita. Desidero oggi in modo particolare prendere parte a queste celebrazioni, ringraziando Dio per ogni bene che ho sperimentato dall’indimenticabile Primate del Millennio.

Sono lieto di poter offrire questo ringraziamento insieme alle sue figlie spirituali dell’Istituto Secolare delle Ausiliarie di Maria Chiaromontana Madre della Chiesa. Vi saluto cordialmente e vi ringrazio perché cercate di continuare l’opera del vostro padre fondatore.

Saluto tutti i qui presenti. Tutti affido alla protezione della Madonna di Jasna Góra.


AI RETTORI E AI DOCENTI DI UNIVERSITÀ DELLA POLONIA


Giovedì 30 agosto 2001




Illustrissimi Signori e Signore,

298 1. Vi do il benvenuto e vi saluto di cuore. Sono lieto di poter nuovamente ricevere i magnifici rettori delle scuole superiori polacche. Ringrazio il prof. Wonicki, il presidente del Collegio dei Rettori Accademici delle Scuole Polacche, per l’introduzione e le benevoli parole rivolte nei miei riguardi.

I nostri incontri appartengono già ad una tradizione e sono in qualche modo un segno del dialogo che si svolge tra il mondo della scienza e quello della fede. Sembra che irrevocabilmente siano passati i tempi, in cui si cercava di contrapporre questi due mondi. Grazie agli sforzi di tanti ambienti di intellettuali e di teologi, facilitati dalla grazia dello Spirito Santo, sempre di più cresce la coscienza che la scienza e la fede non sono estranee, ma hanno invece bisogno l’una dell’altra e a vicenda si completano. Mi sembra che la buona accoglienza dell’enciclica Fides et ratio sia stata dettata proprio dalla sempre più profonda coscienza della necessità del dialogo tra la cognizione intellettuale e l’esperienza religiosa. Ringrazio Dio per ogni ispirazione che ci conduce in questa direzione.

2. Durante i nostri incontri ho già sollevato diversi temi riguardanti l’università, la scuola superiore degli studi o l’istituto scientifico quale ambiente che fortemente influisce sulla esistenza nel tempo dell’uomo, della società e dell’umanità. La consapevolezza dello straordinario ruolo dell’università e della scuola superiore è sempre viva in me ed è per questo che mi sta molto a cuore l’attenzione per tale sua forma, così che l’influsso che esercita sul mondo e sulla vita di ogni uomo significhi sempre il bene - possibilmente il più grande bene in ogni settore. Solo allora l’università e la scuola superiore sono apportatrici di vero progresso, e non di pericolo per l’uomo.

Mi ricordo che, quando più di vent’anni fa ho scritto la mia prima enciclica Redemptor hominis, la mia riflessione era accompagnata dalla domanda sul mistero della paura che sperimenta l’uomo odierno. Tra le diverse fonti di essa mi è sembrato giusto sottolinearne una: l’esperienza della minaccia da parte di ciò che è il prodotto dell’uomo, il frutto del lavoro delle sue mani, e ancor più, del lavoro del suo intelletto, delle tendenze della sua volontà. Sembra che oggi, all’inizio del terzo millennio, quest’esperienza accresca ancora. Troppo spesso infatti succede che ciò che l’uomo riesce a produrre grazie alle sempre nuove possibilità del pensiero e della tecnica diventa l’oggetto di «alienazione» - se non del tutto, almeno parzialmente sfuggono al controllo dell’artefice e si rivolgono contro di lui (cf. Redemptor hominis
RH 15). Gli esempi di tale situazione sono molti. Basta citare le conquiste nel campo della fisica, soprattutto della fisica nucleare, o nel campo della trasmissione dell’informazione, del processo d’esplorazione delle risorse naturali della terra, o infine delle sperimentazioni nel campo della genetica e biologia. Questo riguarda purtroppo anche quei settori della scienza che sono connessi più con lo sviluppo del pensiero che con i mezzi tecnici. Sappiamo quali minacce sono nate nel secolo scorso dalla filosofia posta a servizio dell’ideologia. Siamo consapevoli di quanto sia facile usare contro l’uomo, contro la sua libertà e l’integrità personale, i successi nel settore della psicologia. Sempre più frequentemente arriviamo alla conoscenza di quali distruzioni nella personalità - soprattutto di un giovane - può provocare la letteratura, l’arte o la musica, se nel loro formarsi viene iscritto un contenuto ostile all’uomo.

Sperimentando i risultati dell’«alienazione» dell’opera nei riguardi dell’operante, sia a livello personale che sociale, l’umanità in qualche modo si trova a un bivio. Da una parte è chiaro che l’uomo è chiamato ed equipaggiato dal Creatore affinché crei, affinché soggioghi la terra. E’ noto anche che il compimento di questa chiamata è diventato il motore dello sviluppo nei vari settori della vita – di uno sviluppo che dovrebbe essere mantenuto a servizio del bene comune. Dall’altra parte però l’umanità teme che i frutti dello sforzo creativo possano essere diretti contro di essa, e perfino diventare mezzi di distruzione.

3. Nel contesto di questa tensione tutti ci rendiamo conto che l’università ed ogni istituto superiore di studi, come ambiente che direttamente promuove lo sviluppo nelle diverse sfere della vita, gioca un ruolo chiave. Quindi bisogna domandare quale dovrebbe essere l’intrinseca forma di queste istituzioni, affinché un ininterrotto processo di creazione si compia così che i suoi frutti non siano passibili di «alienazione», non siano rivolti contro lo stesso artefice, contro l’uomo.

Sembra che alle basi dell’aspirazione a tale orientamento dell’università sia la sollecitudine per l’uomo, per la sua umanità. Qualsiasi sia il campo della ricerca, del lavoro scientifico o creativo, chiunque impegni in esse la propria scienza, il talento e gli sforzi, dovrebbe chiedersi in quale misura la sua opera formi prima la sua propria umanità; e in seguito, se essa renda la vita umana più umana sotto ogni aspetto, più degna dell’uomo; e infine, se nel contesto dello sviluppo, di cui è l’autore, l’uomo "diventa veramente migliore, cioè più maturo spiritualmente, più cosciente della dignità della sua umanità, più responsabile, più aperto agli altri, in particolare verso i più bisognosi e più deboli, più disponibile a dare e portare aiuto a tutti?" (Redemptor hominis RH 15).

Tale impostazione della scienza, compresa in senso largo, manifesta suo carattere di servizio. Infatti la scienza, se non è esercitata con il senso di servizio all’uomo, facilmente può diventare un elemento di gara d’appalto economico, con conseguente disinteresse per il bene comune, oppure – ancor peggio – può essere utilizzata per dominare gli altri e inserita tra le aspirazioni totalitari degli individui e dei gruppi sociali. Ecco perché sia gli scienziati maturi che gli studenti principianti dovrebbero tener in considerazione se il loro giusto desiderio di approfondire i misteri della conoscenza si inserisce nei fondamentali principi della giustizia, della solidarietà, dell’amore sociale, del rispetto dei diritti del singolo uomo, del popolo o della nazione.

Dal carattere di servizio della scienza nascono obblighi non solo nei riguardi dell’uomo o della società, ma anche, o forse soprattutto, nei riguardi della stessa verità. Lo scienziato non è un creatore della verità, ma il suo esploratore. Nella misura in cui le è fedele, nella stessa misura essa gli si rivela. Il rispetto per la verità obbliga lo scienziato o il pensatore a fare tutto il possibile per approfondirla e, nei limiti del possibile, per presentarla con esattezza agli altri. Certo – come dice il Concilio – "le cose create e le stesse società hanno leggi e valori propri, che l’uomo graduatamente deve scoprire, usare e ordinare" e in connessione con questo bisogna riconoscere le esigenze di metodo proprie di ogni singola scienza e arte (GS 36). Tuttavia ci si deve ricordare che la ricerca della verità unicamente giusta è quella che procede secondo un esame metodico, in maniera veramente scientifica e rispettando le norme morali. La giusta aspirazione alla conoscenza della verità non può mai trascurare quello che appartiene all’essenza della verità: il riconoscimento del bene e del male.

Tocchiamo qui la questione dell’autonomia delle scienze. Oggi spesso viene sollevato il postulato dell’illimitata libertà delle ricerche scientifiche. Al riguardo, se da una parte - come ho detto - bisogna riconoscere il diritto delle scienze ad applicare i metodi della ricerca ad esse propri, non si può dall’altra essere d’accordo con l’affermazione che il campo delle ricerche stesse non sia soggetto ad alcuna limitazione. Il confine è indicato proprio dalla fondamentale distinzione fra il bene ed il male. Questa distinzione si compie nella coscienza dell’uomo. Si può pertanto dire che l’autonomia delle scienze finisce là dove la retta coscienza dello scienziato riconosce il male - il male del metodo, dell’esito o dell’effetto. Ecco perché è così importante che l’università e l’istituto superiore delle scienze non si limitino solo a trasmettere lo scibile, ma siano il luogo della formazione della retta coscienza. Qui infatti, e non nello scibile, sta il mistero della sapienza. E "l’epoca nostra - come dice il Concilio - più ancora che i secoli passati, ha bisogno di questa sapienza, perché diventino più umane tutte le sue nuove scoperte. E’ in pericolo, di fatto, il futuro del mondo, a meno che non vengano suscitati uomini più saggi" (GS 15).

4. Oggi si parla molto della globalizzazione. Sembra che questo processo tocchi anche la scienza e non sempre abbia un influsso positivo. Una delle minacce connesse con la globalizzazione è una non sana rivalità. Ai ricercatori, anzi a interi ambienti scientifici, può sembrare che, per reggere il confronto nell’ambito del mercato mondiale, la riflessione, le ricerche e le sperimentazioni non possano essere condotte solo con l’applicazione dei metodi giusti, ma debbano essere adeguate agli scopi anticipatamente indicati e alle aspettative del più largo pubblico possibile, anche se questo richiedesse una trasgressione degli inalienabili diritti umani. In tale prospettiva le esigenze della verità lasciano il posto alle così dette regole del mercato. Questo può facilmente condurre alla reticenza di alcuni aspetti della verità o addirittura alla manipolazione di essa, solo per renderla accettabile dalla così detta opinione pubblica. Tale accettazione a sua volta sembra una sufficiente prova della fondatezza di questi metodi non giustificabili. E’ difficile in tale situazione mantenere anche solo le regole basilari dell’etica. Se dunque giusta e desiderabile è la rivalità dei centri scientifici, essa non può svolgersi a costo della verità, del bene e del bello, a costo di valori come la vita umana dal concepimento fino alla morte naturale oppure le risorse dell’ambiente naturale. L’università pertanto ed ogni centro scientifico, insieme alla trasmissione dello scibile, dovrebbe insegnare come chiaramente riconoscere la onestà dei metodi ed anche come aver coraggio di rinunciare a quello che è metodologicamente possibile, ma eticamente biasimevole.

299 Tale esigenza non può essere realizzata altrimenti che sulla base della lungimiranza, cioè della capacità di prevedere gli effetti degli atti umani e di avere responsabilità per la situazione dell’uomo non solo qui e in questo momento, ma anche nel più lontano angolo del mondo e nell’indefinito futuro. Sia uno scienziato che uno studente sempre deve imparare a prevedere le direzioni dello sviluppo e gli effetti per l’umanità che possono scaturire dalle sue ricerche scientifiche.

5. Ecco solo alcuni suggerimenti che nascono dalla premura per la forma umana delle scuole di carattere universitario. Sembra che il compimento di questi postulati si verifichi più facilmente, se sarà intrapresa una stretta collaborazione e lo scambio di esperienze tra i rappresentanti delle scienze tecniche e umanistiche, inclusa la teologia. Ci sono tante possibilità di contatti nell’ambito delle strutture universitarie già esistenti. Credo, che gli incontri come questo aprano nuove prospettive di cooperazione per lo sviluppo della scienza e per il bene dell’uomo e di intere società.

Se oggi parlo di tutto questo, lo faccio perché "la Chiesa, che è animata dalla fede escatologica, considera questa sollecitudine per l'uomo, per la sua umanità, per il futuro degli uomini sulla terra e, quindi, anche per l'orientamento di tutto lo sviluppo e del progresso, come un elemento essenziale della sua missione, indissolubilmente congiunto con essa. Ed il principio di questa sollecitudine essa lo trova in Gesù Cristo stesso, come testimoniano i Vangeli. Ed è per questo che desidera accrescerla continuamente in Lui, rileggendo la situazione dell'uomo nel mondo contemporaneo, secondo i più importanti segni del nostro tempo" (Redemptor hominis
RH 15).

Illustri Signori e Signore, vi ringrazio per la vostra presenza e per la vostra volontà di larga collaborazione per lo sviluppo della scienza polacca e mondiale, che manifestate non solo in occasioni così solenni, ma anche nel vostro quotidiano universitario. Voi formate un particolare ambiente che - spero - troverà il suo equivalente nelle strutture dell’Europa che si unisce.

Portate, vi prego, ai vostri collaboratori, agli stimati professori, agli addetti scientifici ed amministrativi, a tutta la moltitudine degli studenti il mio cordiale saluto e l’assicurazione del mio costante ricordo nella preghiera. La luce dello Spirito Santo accompagni tutto l’ambiente degli scienziati, degli intellettuali e degli uomini di cultura in Polonia! Vi sostenga sempre la benedizione di Dio!



PAROLE DEL SANTO PADRE


IN OCCASIONE DELLA PROIEZIONE DEL FILM "QUO VADIS"


Giovedì 30 agosto 2001

1. Desidero esprimere la mia più viva riconoscenza a quanti hanno reso possibile questa sera la visione in anteprima di un'opera, sotto molti aspetti, così significativa. Mi congratulo anzitutto con il regista, Signor Jerzy Kawalerowicz, e con il produttore, Signor Miroslaw Slowinski, per aver realizzato un lavoro di grande respiro, che sta a dimostrare l'attualità del romanzo di Henryk Sienkiewicz, scritto più di un secolo fa e che gli valse il Premio Nobel nel 1905.


Questa nuova riduzione cinematografica è stata approntata in occasione dell'anno 2000. Durante il Grande Giubileo, Cristo in un certo senso ha attraversato nuovamente le strade di Roma e del mondo intero. E noi Gli abbiamo ripetuto le parole dell'apostolo Pietro, riportate da sant'Ambrogio (Serm. c. Auxentium, 13): "Domine, quo vadis? Signore, dove vai?". E Gesù come allora ci ha risposto: "Venio iterum crucifigi.Vengo per essere di nuovo crocifisso". Cioè, vengo a rinnovare il mio dono di salvezza a tutti gli uomini, all'alba del terzo millennio. In questa prospettiva assume un profondo significato l'intenzione del regista, di ripensare la domanda di Pietro come rivolta all'uomo contemporaneo: "Quo vadis, homo? Dove vai, uomo?". Vai incontro a Cristo, o segui altre vie, che ti portano lontano da Lui e da te stesso?

Questo interrogativo ci colpisce maggiormente, considerando che il luogo in cui ci troviamo in questo momento è proprio quello in cui, duemila anni or sono, avvennero alcuni fatti narrati dal romanzo e dal film Quo vadis.Siamo, infatti, nell'area del circo di Nerone, dove non pochi cristiani subirono il martirio, compreso san Pietro. Muto testimone di quegli eventi, tragici e gloriosi, è l'obelisco, quello stesso obelisco che allora si trovava nel mezzo del circo e che dal XVI secolo si erge al centro di Piazza San Pietro, cuore del mondo cattolico. Su quell'obelisco campeggia la Croce, quasi a ricordare che cielo e terra passeranno, con gli imperi e i regni umani, ma Cristo rimane: Egli è lo stesso: ieri, oggi e sempre.

Parole pronunciate in lingua polacca:

2. Bardzo dziekuje za ten szczególny wieczór wszystkim tu obecnym, a zwlaszcza twórcom filmu: rezyserowi panu Jerzemu Kawalerowiczowi, wspanialym aktorom i tym, którzy w jakikolwiek sposób przyczynili sie do powstania tego dziela.

300 Artystyczna ocena filmu zajma sie niebawem krytycy. Ja chce jedynie podziekowac za pietyzm z jakim film ten zostal zrealizowany - pietyzm nie tylko dla dziela Sienkiewicza, ale nade wszystko dla chrzescijanskiej tradycji, z jakiej ono wyrasta. Nie mozna zrozumiec dzisiejszego ksztaltu Kosciola i chrzescijanskiej duchowosci bez powracania do religijnych przezyc ludzi, którzy porwani nowina o Jezusie Chrystusie stawali sie Jego swiadkami. Trzeba wracac do tego dramatu, jaki rozgrywal sie w ich duszach, gdy zmagaly sie ze soba ludzki lek i nadludzka odwaga, wola zycia i pragnienie wiernosci az po smierc, poczucie osamotnienia wobec bezdusznej nienawisci i równoczesnie doswiadczenie mocy plynacej z bliskiej, niewidzialnej obecnosci Boga i wspólnej wiary rodzacego sie Kosciola. Trzeba wracac, chocby po to, by zrodzilo sie pytanie: czy cos z tego dramatu dokonuje sie we mnie? Film Quo vadis pozwala powrócic do tej tradycji przezyc i pomaga w niej sie odnalec.

Raz jeszcze wszystkim Panstwu dziekuje.

Traduzione delle parole pronunciate in lingua polacca:

Tante grazie per questa particolare serata a tutti i qui presenti, e soprattutto ai produttori del film: al regista Jerzy Kawalerowicz, ai bravissimi attori e a coloro che in qualsiasi modo hanno contribuito al completamento di quest’opera.

Una valutazione artistica del film la faranno tra poco i critici. Io voglio soltanto ringraziare per il riguardo con cui il film è stato realizzato - riguardo non solo per il capolavoro di Sienkiewicz, ma soprattutto per la tradizione cristiana, dalla quale esso nasce. Non si può capire l’odierno quadro della Chiesa e della spiritualità cristiana non ritornando alle vicende religiose degli uomini che, entusiasmati dalla "buona notizia" su Gesù Cristo, divennero i Suoi testimoni. Bisogna ritornare a questo dramma che si verificò nelle loro anime, in cui si confrontarono l’umano timore e il sovrumano coraggio, il desiderio di vivere e la volontà di essere fedele fino alla morte, il senso della solitudine davanti all’impassibile odio e nello stesso tempo l’esperienza della potenza che scaturisce dalla vicina, invisibile presenza di Dio e dalla comune fede della Chiesa nascente. Bisogna ritornare a quel dramma perché nasca la domanda: qualcosa di quel dramma si verifica in me? Il film Quo vadis rende possibile ritornare a questa tradizione di prove emozionanti e aiuta ritrovarsi in essa.

Ancora una volta ringrazio tutti.

3. Ringrazio nuovamente quanti hanno offerto ed organizzato l'anteprima di questa sera, e di cuore imparto a tutti voi ed ai vostri cari una speciale Benedizione Apostolica.

Settembre 2001


MESSAGGIO DI GIOVANNI PAOLO II


AI PARTECIPANTI AL VII SIMPOSIO INTERCRISTIANO




Al venerato Fratello
Cardinale WALTER KASPER
Presidente del Pontificio Consiglio
per la Promozione dell'Unità dei Cristiani


GP2 Discorsi 2001 293