GP2 Discorsi 2001 301

301 Anche quest'anno mi è gradito far pervenire, attraverso Lei, venerato Fratello, il mio affettuoso saluto ai partecipanti al VII Simposio Intercristiano sul tema: "Prospettive soteriologiche nella tradizione orientale e occidentale", promosso nella città di Reggio Calabria dall'Istituto di Spiritualità del Pontificio Ateneo Antonianum di Roma e dalla Facoltà Teologica dell'Università Aristotele di Tessalonica (Grecia).

In passato ho già avuto modo di sottolineare l'importanza di questa iniziativa fra due Istituti, uno cattolico e uno ortodosso, che tengono regolari incontri per riflettere sulla comune eredità cristiana nella prospettiva di servire l'uomo del nostro tempo e di contribuire, con la preghiera, lo studio e il confronto, ad appianare il più possibile la via verso la piena unità tra i credenti in Cristo. E' pertanto quanto mai utile conoscersi reciprocamente sempre meglio per verificare convergenze e complementarietà in campo teologico e approfondire il dialogo sulle questioni di comune interesse, lasciandosi guidare dalla Sacra Scrittura e dalla Tradizione.

Ricordo, in questo momento, con viva emozione l'incontro che ho avuto, lo scorso mese di maggio, con Sua Beatitudine Christodoulos, Arcivescovo di Atene e di tutta la Grecia. Assieme abbiamo dichiarato: "Noi crediamo fermamente che le relazioni tra i cristiani, in tutte le loro manifestazioni, debbono essere caratterizzate dall'onestà, dalla prudenza e dalla conoscenza dei problemi" (Dichiarazione Comune, 2). Il Signore guidi i nostri passi sul cammino della Verità e dell'Amore. Si moltiplichino i momenti di dialogo e di riflessione fraterna tra i cristiani al fine di giungere, quanto prima, a quella piena unità per la quale il Signore ha pregato negli ultimi momenti della sua vita terrena.

Il tema, scelto per il Simposio di quest'anno, tocca un punto essenziale dell'annuncio evangelico: la redenzione operata da Cristo con la Sua morte e risurrezione, redenzione dell'uomo creato per essere partecipe della vita stessa di Dio, come afferma, in una ben nota espressione Sant'Atanasio: "Il Figlio di Dio si è fatto uomo, per farci Dio" (De Incarnatione, 54).

Volgendo lo sguardo al nuovo millennio che si apre carico di speranza dinanzi a noi, come non richiamare la provvidenziale realtà del dono immenso di Dio elargitoci in Cristo, nostro Redentore? Nella recente Lettera apostolica Novo millennio ineunte ricordavo che in ogni attività ecclesiale occorre "rispettare un principio essenziale della visione cristiana della vita: il primato della grazia" (n. 38), di quel favore gratuito, cioè, che Dio concede all'uomo perché risponda alla sua vocazione di figlio di Dio, entrando nell'intimità della vita trinitaria per essere partecipe della stessa vita divina (cfr Catechismo della Chiesa Cattolica
CEC 1996-1997).

Quello che affrontate perciò, in questi giorni, è un tema importante: approfondirlo, guardando allo sviluppo che esso ha avuto in Oriente ed Occidente, sarà sicuramente un'occasione preziosa per coglierne tutta la ricchezza.

Sono certo che un'intensa preghiera accompagnerà i lavori del Simposio e aiuterà la vostra ricerca, animata da sincera volontà di comprensione e di reciproca fraterna carità.

Anch'io, da parte mia, assicuro un orante ricordo, mentre con affetto invoco sugli organizzatori, sui relatori e su tutti i partecipanti la Benedizione del Signore.

Da Castel Gandolfo, 10 Agosto 2001

GIOVANNI PAOLO II




MESSAGGIO DI GIOVANNI PAOLO II


AL CARDINALE ROGER ETCHEGARAY


IN OCCASIONE DEL XV INCONTRO INTERNAZIONALE


DI PREGHIERA PER LA PACE IN CORSO A BARCELLONA


Al Signor Cardinale Roger Etchegaray

Presidente emerito dei Pontifici Consigli
302 Iustitia et Pax e Cor Unum

Mi è grato rivolgere, attraverso di Lei, il mio cordiale saluto agli illustri Rappresentanti delle grandi Religioni mondiali, che quest'anno si riuniscono a Barcellona per il XV Incontro Internazionale di Preghiera per la Pace sul tema: "Le frontiere del dialogo: religioni e civiltà del nuovo secolo".

Il presente Incontro costituisce una tappa importante, non solo perché è giunto alla sua XV edizione, ma anche perché con esso volete sottolineare come entrare in questo nuovo tempo. Non solo con i dibattiti e le riflessioni che si sono tenuti in questi giorni, ma anche e soprattutto con la vostra presenza, mostrate al mondo che è bene iniziare il XXI secolo non con dissidi bensì con una visione comune: il sogno dell'unità della famiglia umana.

Ho fatto mio questo sogno quando, nell'ottobre del 1986, ho invitato ad Assisi i miei fratelli cristiani e i responsabili delle grandi Religioni mondiali al fine di pregare per la pace: uno insieme all'altro e non uno contro l'altro. In effetti, volevo che tutti, giovani e adulti, donne e uomini, in un mondo diviso ancora in due blocchi e condizionato dalla paura della guerra nucleare, si sentissero chiamati a costruire un futuro di pace e di prosperità. Avevo davanti agli occhi una grande visione: tutti i popoli del mondo in cammino da diversi punti della terra per riunirsi presso l'unico Dio come una sola famiglia. Quel pomeriggio memorabile, nella città natale di san Francesco, quel sogno diveniva realtà: era la prima volta che rappresentanti di diverse religioni del mondo si ritrovavano insieme.

Sono trascorsi quindici anni da allora. Colgo l'occasione per ringraziare vivamente la Comunità di Sant'Egidio per aver assecondato quell'iniziativa e aver continuato a proporla con speranza, anno dopo anno, affinché gli sforzi per la pace proseguano senza indebolirsi, anche fra grandi avversità. Queste giornate si svolgono in un clima di fraternità, che ho voluto denominare lo "spirito di Assisi".

In questi anni è cresciuta un'amicizia profonda che si è estesa a tante parti del mondo e ha recato non pochi frutti di pace. Molte personalità religiose si sono unite ai primi che sono venuti, attraverso la preghiera e la riflessione. Vi hanno assistito anche persone non credenti che, ricercando onestamente la verità, hanno partecipato con il dialogo a quegli incontri, traendone grande aiuto.

Rendo grazie a Dio, ricco di misericordia e benedizione, per il cammino realizzato in questi anni. Mi congratulo con tutti voi per questa iniziativa. Gli uomini e le donne del mondo vedono come avete imparato a stare insieme e a pregare, ognuno secondo la propria tradizione religiosa, senza confusione e nel rispetto reciproco, conservando integre e salde le proprie credenze. In una società in cui convivono persone di religione diversa, questo incontro rappresenta un segno di pace. Tutti possono constatare come, in questo spirito, la pace fra i popoli non sia più una lontana utopia.

Oso pertanto affermare che questi Incontri sono divenuti un "segno dei tempi", come avrebbe detto il Beato Giovanni XXIII, di venerata memoria. Un segno opportuno per il XXI secolo e per il terzo millennio, caratterizzati sempre più dal pluralismo culturale e religioso, affinché il loro futuro sia illuminato fin dall'inizio dal dialogo fraterno e si schiuda così all'incontro pacifico. Voi mostrate in modo visibile come superare una delle frontiere più delicate e urgenti del nostro tempo. Di fatto, il dialogo fra le diverse religioni, non solo allontana "lo spettro funesto delle guerre di religione che hanno rigato di sangue tanti periodi nella storia dell'umanità" (Novo millennio ineunte
NM 55), ma stabilisce anche e soprattutto condizioni più sicure per la pace. Tutti noi, come credenti, abbiamo un dovere serio e al contempo appassionante, oltre che urgente: "Il nome dell'unico Dio deve diventare sempre di più, qual è, un nome di pace e un imperativo di pace" (Ibidem).

Vi siete riuniti in questa città della Catalogna, a me tanto cara, che si affaccia sul Mediterraneo e guarda verso orizzonti più vasti. In questa circostanza rivolgo un fraterno saluto all'Arcidiocesi di Barcellona e al suo benemerito Arcivescovo, il Cardinale Ricardo María Carles Gordó, per avere collaborato alla realizzazione di questo Incontro. Parimenti, porgo il mio deferente saluto alla Generalitat della Catalogna e al suo Presidente, al Comune di Barcellona e al suo Sindaco, i quali hanno reso possibile questa lodevole iniziativa.

Insieme, cari fratelli e sorelle, "prenderemo il largo" nel dialogo ecumenico. Che il terzo millennio sia quello dell'unione attorno all'unico Signore: Gesù Cristo! Non si può tollerare più lo scandalo della divisione: è un ripetuto "no" all'amore di Dio. Diamo voce alla forza dell'amore che Egli ci ha dimostrato per avere l'audacia di camminare insieme.

Insieme a voi, Rappresentanti delle grandi Religioni mondiali, dobbiamo anche "prendere il largo" verso il grande oceano di questo mondo per aiutare tutti a levare lo sguardo e a rivolgerlo verso l'Alto, verso l'unico Dio e Padre di tutti i popoli della terra. Riconosceremo che le differenze non ci spingono allo scontro ma al rispetto, alla collaborazione leale e all'edificazione della pace. Tutti dobbiamo puntare sul dialogo e sull'amore come le uniche vie che ci permettono di rispettare i diritti di ognuno e di affrontare le grandi sfide del nuovo millennio.

303 Dal Vaticano, 28 agosto 2001, festa di Sant'Agostino

GIOVANNI PAOLO II



AI MEMBRI DELLE PONTIFICIE OPERE MISSIONARIE


DI AACHEN (GERMANIA)


Lunedì 3 settembre 2001




Care sorelle e cari fratelli,

1. È con grande gioia che vi do il benvenuto, collaboratrici e collaboratori di MISSIO Aachen, che in questi giorni svolgete un pellegrinaggio a Roma. Rivolgo un saluto particolare al vostro Presidente, Padre Hermann Schalück, che vi accompagna lungo questo percorso spirituale nella Città Eterna. Mentre vi guardo penso inevitabilmente ai meriti grandi e inestimabili della Pontificia Opera Missionaria in Germania. Per questo, nel salutarvi, faccio volentieri mie le parole che Paolo, l'Apostolo delle Genti, rivolse ai Tessalonicesi: "Ringraziamo sempre Dio per tutti voi, ricordandovi nelle nostre preghiere, continuamente memori davanti a Dio e Padre nostro del vostro impegno nella fede, della vostra operosità nella carità e della vostra costante speranza nel Signore nostro Gesù Cristo" (1Th 1,3).

Sì, fede, speranza e carità hanno fatto in modo che MISSIO Aachen divenisse nel corso della sua storia un capolavoro della Chiesa missionaria.

2. Come si evince dal programma del vostro pellegrinaggio, dalla visita sulle tombe dei Principi degli Apostoli vi aspettate soprattutto di ricevere impulsi spirituali per la vostra opera futura. Colgo dunque volentieri l'occasione, in considerazione della vostra missione ecclesiale, di "rammentarvi sempre questo, benché le sappiate e stiate saldi nella verità che possedete" (2P 1,12).

Nel mondo moderno l'uomo corre il rischio di limitare il progresso alla dimensione orizzontale. Tuttavia, che cosa ne è dell'uomo, se non si volge anche verso l'alto, verso l'Assoluto? Una "nuova umanità" senza Dio è destinata a finire rapidamente, come dimostrano le orme sanguinose, che la storia delle ideologie e dei regimi totalitari dello scorso secolo ci ha lasciato.

Per questo i cristiani del terzo millennio appena iniziato hanno più che mai "il compito stupendo ed esigente di esserne il "riflesso". È un compito, questo, che ci fa trepidare se guardiamo alla debolezza che ci rende tanto spesso opachi e pieni di ombre. Ma è compito possibile, se esponendoci alla luce di Cristo, sappiamo aprirci alla grazia che ci rende uomini nuovi" (Novo Millennio ineunte, NM 54).

3. Di fronte a questo orizzonte, al quale Cristo, sole della nostra salvezza, conferisce la sua luce, si delinea un "segno dei tempi", che va riletto e valutato: la Chiesa ha un compito missionario nei confronti dei popoli, al quale non può sottrarsi. Fra i compiti più urgenti della Missio ad gentes c'è l'annuncio del fatto che l'uomo alla ricerca di libertà e di senso trova la pienezza di vita nel Mysterium di Gesù Cristo, che è "via, verità e vita" (Jn 14,6).

Per questo la missione non può consistere solo nell'aiuto allo sviluppo, ma deve anche e in primo luogo essere annuncio del Vangelo con le parole e con le azioni. Per questo vi esprimo, rappresentanti di MISSIO Aachen, il mio apprezzamento e la mia stima per il fatto che avete sempre considerato la vostra attività un'opera di ampliamento della fede e anche in futuro volete mantenere questo orientamento. Di certo e a ragione la Chiesa missionaria è impegnata su molti fronti, dedicandosi alla riduzione delle necessità materiali e alla liberazione degli oppressi, alla difesa giusta dei beni della terra e alla tutela dei diritti dell'uomo. Tuttavia i suoi compiti principali sono altri: alimentare gli affamati non solo con il pane e la libertà, poiché hanno bisogno soprattutto di Dio in quanto "non di solo pane vivrà l'uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio" (Mt 4,4).

4. Grazie alla generosità di innumerevoli fedeli, in tutto il mondo, i responsabili di MISSIO Aachen sono riusciti in diversi ambiti missionari a soddisfare le varie necessità materiali e spirituali. I singoli progetti non prevedono solo l'edificazione e l'allestimento di chiese, scuole e abitazioni, ma anche la promozione della carità, dell'educazione e della formazione al fine di rafforzare la dignità personale di tutti, in particolare dei bambini e delle donne. Quindi, nell'ambito del sostegno materiale è importante prestare attenzione allo spirito, con cui si dà. La generosità del dono dovrà essere sempre illuminata dalla fede e misurata con il metro dell'amore. Solo allora il dare sarà più santo del prendere.

304 Collaborare alla missione significa essere in grado non solo di dare, ma anche di ricevere. Proprio la storia della vostra istituzione dimostra che la Missio riesce se è radicata nella Communio. Tutte le Chiese partecipanti, le giovani e le meno giovani, sono chiamate a dare e a ricevere nello svolgimento della loro vasta missione. La Chiesa come Communio è sì una comunità, che vive dello scambio reciproco dei suoi doni, come il Concilio Vaticano II ha esaurientemente spiegato: "In virtù di questa cattolicità, le singole parti portano i propri doni alle altre parti e a tutta la Chiesa, di maniera che il tutto e le singole parti si accrescono con l'apporto di tutte, che sono in comunione le une con le altre, e coi loro sforzi verso la pienezza dell'unità" (Costituzione Dogmatica, Lumen gentium, LG 13).

5. Il numero di persone che non hanno ancora sentito parlare di Gesù è tutt'ora infinitamente grande. Gli spazi culturali non ancora raggiunti dall'annuncio del mysterium della salvezza, sono così vasti che la Communio della Chiesa li esige con tutte le sue forze. Dunque, all'inizio del terzo millennio, la missione della Chiesa consiste nell'alimentare lo zelo apostolico per portare la luce e la gioia della Buona Novella a quanti non conoscono ancora l'amore di Dio, che si è manifestato in Gesù Cristo per salvare tutti gli uomini (cfr Tt 2,11 Tt 3,4).

A questa missione ecclesiale MISSIO Aachen offre un contributo generoso e prezioso. Rendendo grazie a Dio per averci donato questa istituzione, affido quanti vi sono legati mediante l'attività, le donazioni e la preghiera, alla Vergine Maria affinché conceda loro la sua protezione materna. Volentieri vi imparto la mia Benedizione Apostolica.


AI VESCOVI DELL' URUGUAY IN VISITA


"AD LIMINA APOSTOLORUM"


Giovedì, 6 settembre 2001

Cari Fratelli nell'Episcopato


1. Con molto affetto vi do oggi il benvenuto in occasione della visita ad limina Apostolorum, con la quale desiderate rinnovare come Pastori della Chiesa pellegrina in Uruguay la comunione con il Successore di Pietro e condividere apostolicamente i motivi di gioia e di speranza, di preoccupazione e di tristezza che vive la amatissima porzione del Popolo di Dio affidata alla vostra cura pastorale.

Desidero prima di tutto esprimere il mio vivo ringraziamento a Mons. Carlos Maria Collazzi Irazábal, Vescovo di Mercedes e Presidente della Conferenza episcopale per le affettuose parole che mi ha rivolto a nome di tutti. Con esse ha affrontato inoltre la situazione del vostro Paese e l'azione della Chiesa che anima la vita dei fedeli e il suo progresso nella fede all'inizio del terzo millennio.

2. Serbo anche un grato ricordo del pellegrinaggio nazionale che voi e un gran numero di cattolici uruguaiani avete effettuato l'anno scorso a Roma come "momento privilegiato del Grande Giubileo". Quell'incontro giubilare coincise inoltre con l'anniversario della morte di "Mons. Jacinto Vera, primo vescovo dell'Uruguay che seppe portare, non senza difficoltà, la presenza della Chiesa in tutti gli angoli del Paese" (Discorso del 12-6-2000).

La grande eredità di questo Giubileo l'avete sviluppata nel vostro documento collettivo Orientamenti Pastorali 2001-2006, incentrandola "sulla contemplazione del volto di Cristo: lui considerato nei suoi lineamenti storici e nel suo mistero, accolto nella sua molteplice presenza nella Chiesa e nel mondo, confessato come senso della storia e luce del nostro cammino" (Novo Millennio ineunte, NM 15). Con ciò desiderate indicare una meta verso cui tutti devono procedere: la santità.

3. Nell'esercizio del vostro ministero episcopale, come Maestri della fede, affrontate le diverse priorità pastorali seguendo con fedeltà gli insegnamenti del Concilio Vaticano II nel quale "ci è offerta una sicura bussola per orientarci nel cammino del secolo che si apre" (ibid., n. 57). Tenendo conto delle esigenze attuali della nuova evangelizzazione, nella prospettiva soteriologica, si deve presentare anzitutto la persona e la missione di Cristo.

Nella cattedrale Metropolitana di Montevideo, durante la mia prima visita pastorale in Uruguay affermai: "Signore (...) dobbiamo proclamare senza alcun timore la verità completa e autentica sulla tua Persona, sulla Chiesa che tu hai fondato, sull'uomo e sul mondo che tu hai redento con il tuo sangue, senza riduzioni né ambiguità" (Discorso del Santo Padre ai religiosi, 31-3-1987, n. 3).

305 In effetti non è sufficiente promuovere ""i cosiddetti valori del regno", quali la pace, la giustizia, la libertà, la fraternità" (Redemptoris missio, RMi 17), se non si proclama che "Cristo è l'unico mediatore tra Dio e gli uomini (..). Questa sua mediazione unica e universale, (...) è la via stabilita da Dio stesso" (ibid. n. 5).

Il mistero di Cristo, oltre ad essere l'elemento centrale dell'annuncio, aiuta ad illuminare il mistero dell'uomo (cfr Gaudium et spes, GS 22). Testimonianza e annuncio sono pertanto realtà complementari e profondamente legate tra loro che come programma di evangelizzazione devono tendere a "Cristo stesso, da conoscere, amare, imitare per vivere in lui la vita trinitaria, e trasformare con lui la storia fino al suo compimento nella Gerusalemme celeste" (Novo Millennio ineunte, NM 29). L'evangelizzazione, inoltre, "costituisce il primo servizio che la Chiesa può rendere a ciascun uomo e all'intera umanità nel mondo odierno, il quale conosce stupende conquiste, ma sembra aver smarrito il senso delle realtà ultime" (Redemptoris missio, RMi 2).

4. Un avvenimento importante della vostra vita ecclesiale è stata anche la celebrazione, a Colonia del Sacramento, del IV Congresso Eucaristico Nazionale, dal tema "Gesù Cristo, pienezza di vita per l'Uruguay". Questo è stato un momento speciale di grazia che deve continuare, incoraggiando i fedeli cattolici a vivere più intensamente il mistero dell'Eucaristia, a partecipare attivamente alla Messa domenicale e accostandosi a ricevere la Santa Comunione nelle dovute condizioni. Ciò li aiuterà a impegnarsi più generosamente nel servizio ai fratelli, in particolar modo i più sfortunati.

A questo Sacramento si deve dare "la sua piena dimensione ed il suo essenziale significato. Esso è nello stesso tempo Sacramento-Sacrificio, Sacramento-Comunione e Sacramento presenza. E benché sia vero che l'Eucaristia fu sempre e deve essere tuttora la più profonda rivelazione e celebrazione della fratellanza umana dei discepoli e confessori di Cristo, non può essere trattata soltanto come un'"occasione" per manifestare questa fratellanza. Nel celebrare il Sacramento del Corpo e del Sangue del Signore, bisogna rispettare la piena dimensione del mistero divino, il pieno senso di questo segno sacramentale" (Redemptor hominis, RH 20).

5. Per quanto riguarda gli studi teologici e il mondo della cultura, è da lodare il lavoro della Facoltà di Teologia dell'Uruguay "Mons. Mariano Soler", fondata recentemente nell'Arcidiocesi di Montevideo, così come il Centro Superiore di Teologia Pastorale e il Triennio di Teologia per Laici. Questi centri offrono formazione filosofica e teologica non solo ai sacerdoti, ma anche alle religiose, ai religiosi e ai laici.

In questo modo si può arricchire la cultura uruguaiana con il metodo della prima evangelizzazione che non alterò il messaggio cristiano di fronte alle difficoltà e al rifiuto dell'ambiente al quale si rivolgeva, ma che con la parola e la testimonianza volse a orientare e facilitare il cambiamento della cultura stessa. L'evangelizzazione della cultura esige inoltre che "ogni germe di bene che si trova nel cuore e nella mente degli uomini o nei riti e nelle culture proprie dei popoli, non solo non vada perduto, ma sia purificato, elevato e perfezionato per la gloria di Dio (...) e la felicità dell'uomo". (Lumen gentium, LG 17).

Nel compimento di questa missione, la Chiesa in Uruguay, attraverso questi quasi cinque secoli di presenza, ha offerto un grande contributo alla costruzione del Paese. In effetti, i cristiani hanno collaborato in ogni ambito della vita nazionale. In questo substrato culturale cattolico si sono formati i costruttori della nuova nazione i quali hanno dato solide basi alla cultura della patria. Questo ci dimostra come per la evangelizzazione della cultura abbiano particolare importanza le istituzioni cattoliche, dalla scuola all'Università.

Nella sua azione evangelizzatrice, la Chiesa non può prescindere, inoltre, dai mezzi di comunicazione sociale per raggiungere le persone di oggi, soprattutto i bambini e i giovani, con linguaggi adeguati che trasmettano fedelmente il messaggio evangelico. "Ecco dunque l'audacia nello stesso tempo umile e serena che ispira la presenza cristiana in seno al dialogo pubblico e ai mass media" (Messaggio del Santo Padre per la XXIII Giornata Mondiale delle Comunicazioni, 7-5-1989, n. 5).

6. Tramite voi desidero salutare anche con grande affetto e con spirito di comunione tutti i sacerdoti delle vostre Chiese particolari. Questi ultimi direttamente e attraverso la predicazione e la vita sacramentale dirigono le comunità ecclesiali, che costituiscono la realtà diocesana. Ad ognuno di loro dovete dedicare le attenzioni e le cure che Gesù prestava ai suoi apostoli.

Nello stesso tempo, tenendo conto che la preparazione intellettuale non termina con il seminario, è necessario accompagnarli e fornirgli ogni tipo di aiuto tra cui la formazione permanente come "processo di continua conversione" (Pastores dabo vobis, PDV 70), che comprende la dimensione umana, spirituale, intellettuale e pastorale del presbitero. In questo modo saranno capaci di orientare adeguatamente il popolo di Dio, in particolar modo quando si diffondono in maniera nascosta modelli di vita e comportamenti che portano alla confusione e al relativismo dei principi dottrinali e morali come avete evidenziato negli Orientamenti Pastorali.

Inoltre, al presbiterio diocesano appartengono anche tutti i sacerdoti degli Istituti di vita consacrata e delle Società di vita apostolica che collaborano nelle Diocesi. Essi devono vivere i propri carismi nell'unità, nella comunione tra i Vescovi e tutti i presbiteri affinché siano per il popolo fedele esempio di unità voluta da Cristo (cfr Gn 17,21). Nel contempo l'azione pastorale si vedrà arricchita dalla partecipazione fraterna ai diversi carismi.

306 7. Preoccupati per lo scarso numero di persone che si dedicano alla missione, vi sforzate nel promuovere e proseguire con cura una pastorale vocazionale che deve essere accompagnata prima di tutto dalla preghiera (cfr Mt 9,38). I candidati devono essere guidati con prudenza e competenza affinché possano percorrere tutte le tappe che richiede la sequela del Signore nella vita sacerdotale o religiosa.

A questo riguardo, "è necessario perciò che la Chiesa del terzo millennio stimoli tutti i battezzati e cresimati a prendere coscienza della propria attiva responsabilità nella vita ecclesiale. Accanto al ministero ordinato, altri ministeri, istituiti o semplicemente riconosciuti, possono fiorire a vantaggio di tutta la comunità, sostenendola nei suoi molteplici bisogni: dalla catechesi all'animazione liturgica, dall'educazione dei giovani alle più varie espressioni della carità" (Novo Millennio ineunte, NM 46).

Tutti devono sentirsi chiamati a collaborare in questo sforzo di promozione delle vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata, anche in ambienti poco propizi e caratterizzati da indifferenza religiosa. "È necessario ed urgente impostare una vasta e capillare pastorale delle vocazioni, che raggiunga le parrocchie, i centri educativi, le famiglie, suscitando una più attenta riflessione sui valori essenziali della vita, che trovano la loro sintesi risolutiva nella risposta che ciascuno è invitato a dare alla chiamata di Dio, specialmente quando questa sollecita la donazione totale di sé e delle proprie energie alla causa del Regno" (ibid.).

8. Fra le vostre priorità pastorali percepiate anche come dovere impellente l'essere d'aiuto ai genitori nell'essere buoni pastori della "chiesa domestica". In effetti, quando la famiglia partecipa profondamente alla missione della Chiesa non solo si trasforma in sacramento di salvezza per i suoi membri, ma realizza anche con pienezza "la missione di custodire, rivelare e comunicare l'amore e la vita" (Familiaris consortio, FC 17).

Negli Orientamenti Pastorali avete anche messo in evidenza che nel mondo contemporaneo esiste un deterioramento generalizzato del significato naturale e religioso del matrimonio, con conseguenze preoccupanti sia nella sfera personale sia nella sfera pubblica. Per questo si deve prestare particolare attenzione a tutte le famiglie: non solo a quelle che compiono la propria missione al servizio della vita dal concepimento fino alla morte naturale, sempre nell'amore coniugale e familiare. È anche necessario operare un discernimento pastorale sulle forme alternative di unione che oggi gravano sull'istituzione della famiglia in Uruguay, in particolar modo quelle che considerano come realtà famigliari le semplici unioni di fatto, disconoscendo l'autentico concetto di amore coniugale.

Su questo aspetto feci presente che "ogni legge che danneggi la famiglia e attenti alla sua unità e alla sua indissolubilità oppure dia validità legale a unioni tra persone, anche dello stesso sesso, che pretendano di surrogare con gli stessi diritti la famiglia fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna (...), non è una legge conforme al disegno divino" (Discorso di Papa Giovanni Paolo II all'Assemblea dei parlamentari del mondo, 4-11-2000, n. 4).

9. Di fronte ai gravi e diffusi problemi di ordine sociale, la Chiesa, seguendo la sua Dottrina Sociale, cerca di dare risposte e di trovare soluzioni concrete. Attraverso la Pastorale Sociale cerca di promuovere la cultura della solidarietà, mantenendo l'opzione preferenziale per i poveri con la pratica di un amore attivo e concreto verso ogni essere umano, di fronte ad ogni tentazione di indifferenza o inibizione. Questo è un ambito che "senza mai cedere alla tentazione di ridurre le comunità cristiane in agenzie sociali" (Novo Millennio ineunte, NM 52) caratterizza in modo decisivo la vita cristiana, lo stile ecclesiale e la programmazione pastorale.

So che la Chiesa in Uruguay, nonostante le limitate risorse materiali, è in prima fila nel prestare attenzione alle persone e alle famiglie che vivono in condizioni molto al di sotto della soglia minima di dignità umana, e nella lotta contro "le nuove povertà". La Chiesa, attraverso i sacerdoti, i religiosi e religiose, le persone consacrate e i laici impegnati, è presente nei quartieri ai margini delle città e attiva mediante le scuole e tante altre forme di aiuto ai più poveri e indigenti.

10. Alla fine di questo incontro fraterno vi prego di invitare i sacerdoti, le religiose, i religiosi, i seminaristi e i laici impegnati a "prendere il largo" nel proprio servizio alla Chiesa e al popolo uruguaiano, senza abbandonarlo e rimanendo fedeli a Cristo e ai suoi fratelli.

Invoco la materna protezione della Vergine dei Trentatré e Madre del Popolo Uruguaiano lodando tutto ciò che abbiamo condiviso in questi giorni. Lasciatevi guidare da Maria, Stella della Evangelizzazione, che indica sempre il cammino sicuro. Al tempo stesso e come espressione del mio grande affetto nel Signore imparto la Benedizione Apostolica che volentieri estendo ad ognuno dei vostri cari fratelli diocesani.


AI PARTECIPANTI AL CONGRESSO DELLA CONFEDERAZIONE


DEI CANONICI REGOLARI DI SANT' AGOSTINO


Giovedì, 6 settembre 2001




307 Reverendo Abate Primate,
cari Canonici Regolari di sant'Agostino!

1. Sono lieto di accogliervi in occasione del Congresso internazionale della vostra Confederazione e a ciascuno di cuore porgo il mio benvenuto. Saluto il caro Abate Primate e lo ringrazio per essersi fatto interprete dei comuni sentimenti. Saluto tutti coloro che hanno preso parte a questo vostro incontro appena conclusosi, che ha avuto come tema Partecipazione dei laici al nostro carisma.

Si tratta di un'importante occasione a voi offerta per riflettere sull'antica forma di vita religiosa, che trova le sue radici nella tradizionale formula: "Contemplare, et contemplata aliis tradere". La veneranda tradizione agostiniana unisce lo spirito contemplativo all'attività apostolica e questo stile di vita ancora oggi caratterizza le vostre comunità presenti in ogni continente. Voi siete così i continuatori di una spiritualità capace di parlare alla mente e al cuore degli uomini d'oggi alla ricerca di modelli spirituali a cui validamente ispirarsi. Mentre con gioia mi congratulo per la vostra vitalità, vi esorto a perseverare nell'impegno di offrire a quanti incontrate nel vostro apostolato il perenne annuncio evangelico, tradotto nella quotidiana testimonianza di fedeltà al vostro carisma.

2. Nella storia della Chiesa il vostro benemerito Ordine, che si ispira al grande Pastore e Dottore sant'Agostino, ha svolto un ruolo significativo. Nella misura in cui si andava affermando il celibato del clero, la vita in comune dei Canonici Regolari attorno ai Vescovi permise di creare le migliori condizioni per una dedizione totale alla causa del Regno di Dio. L'espansione rapida di tale pratica tra il clero, dall'Africa nord-occidentale alla Spagna, dall'Italia alla Francia e a tutto il nord Europa, ne testimonia la validità.

Si tratta di una tipica forma di vita consacrata caratterizzata dalla comunione fraterna, dall'apostolato e da un intenso respiro liturgico. Questi tre elementi conservano intatta la loro validità, anche se domandano di essere sapientemente adeguati alle esigenze dei tempi che mutano rapidamente. Al riguardo, vi è di grande aiuto la stessa Regola che, pur legata alla spiritualità delle primitive comunità canonicali, resta sempre attuale perché presenta il carisma comunitario legato a principi evangelici intramontabili, quali la carità, l'unità, la libertà.

3. Nella vostra Regola, che raccoglie il cuore, la mente, lo spirito, la personalità, la maturità umana e religiosa di sant'Agostino, tutto è centrato su Cristo, tutto si articola intorno a Cristo, sublime Maestro interiore. Tutto invita alla riscoperta di un'ascesi che si caratterizza come obbedienza e fedeltà allo Spirito.

Da qui scaturisce la particolare accentuazione posta da sant'Agostino sul valore della contemplazione e sul suo stretto legame con la vita comunitaria. La contemplazione, che sgorga da un radicale orientamento verso Cristo, consiste nel mantenere fisso lo sguardo su di Lui per lasciarsi pervadere e trasformare dal suo Spirito. Ciò esige uno sforzo incessante nell'approfondire il Vangelo e nel metterlo in pratica, vivendo in comunità un'autentica carità fraterna, sincera e generosa, frutto e al tempo stesso mezzo per progredire nell'itinerario interiore contemplativo. La carità fraterna, che ha origine dall'intimo contatto con il Signore, diventa in tal modo dono e grazia da condividere con i fratelli.

Ecco il contributo che la Chiesa attende da voi. Sono certo che, vivendo appieno il vostro carisma, potrete aiutarla a raggiungere i traguardi missionari verso i quali è proiettata, imprimendo, per quanto vi compete, un valido impulso alla nuova evangelizzazione.

4. Il tema stesso del Congresso, concernente la partecipazione dei laici al carisma dell'Ordine, sottolinea un aspetto importante del vostro apporto all'azione evangelizzatrice della Comunità ecclesiale. Nella misura in cui essa cerca di valorizzare il sacerdozio comune a tutti i battezzati e invita i fedeli laici a essere missionari nel complesso mondo moderno, la vostra proposta di vita rappresenta già un modello da seguire. Infatti, voi presentate un'esperienza di comunità nella quale i laici assumono con responsabile partecipazione il loro specifico ruolo ecclesiale, rafforzati dalla grazia che proviene da una approfondita spiritualità liturgica. Tutto ciò crea le condizioni per un efficace servizio all'evangelizzazione, facendo rivivere il clima della prima comunità cristiana, dove "tutti erano perseveranti nell'ascoltare l'insegnamento degli Apostoli, nella comunione fraterna, nella divisione del Pane e nella preghiera" (2,42).

Carissimi Fratelli! Mentre muoviamo i primi passi nel nuovo millennio, avendo dinanzi a noi molteplici sfide sociali e religiose, testimoniate con coraggio la vostra fedeltà alla missione che il Signore vi affida, seguendo l'esempio di sant'Agostino, coraggioso e zelante Pastore. Come lui, affidatevi all'azione dello Spirito e non temete di aprirvi con evangelico ottimismo ai bisogni dell'uomo, "pronti sempre a rispondere a chiunque vi domanda ragione della speranza che è in voi" (
1P 3,15).

308 La Vergine Santissima, da voi venerata con speciale slancio filiale, vi accompagni e faccia fruttificare il vostro quotidiano ministero. Vi sia di aiuto anche la benedizione, che di cuore imparto a voi, ai Confratelli ed a quanti fanno riferimento alla vostra spiritualità agostiniana.




GP2 Discorsi 2001 301