GP2 Discorsi 2001 71

GIOVANNI PAOLO PP. II



DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II

AI PELLEGRINI CONVENUTI PER LA BEATIFICAZIONE

DI JOSÉ APARICIO SANZ E 232 COMPAGNI MARTIRI IN SPAGNA


Lunedì, 12 marzo 2001




Cari fratelli e care sorelle,

1. Sono lieto di tenere questo incontro con voi, amati pellegrini spagnoli che, accompagnati da un numeroso gruppo di Vescovi e sacerdoti, come pure dalle autorità civili delle vostre città e regioni, avete partecipato ieri alla solenne beatificazione di duecentotrentatré uomini e donne martiri della persecuzione religiosa che, negli anni 1936-1939, ha afflitto la Chiesa nella vostra Patria. Quella di ieri è stata la prima beatificazione del nuovo secolo e del nuovo millennio ed è significativo che sia stata di martiri. Di fatto, quello che si è appena concluso è stato un secolo in cui non sono mancate tribolazioni dove molti cristiani "hanno dato la propria vita per il nome di Nostro Signore Gesù Cristo" (cfr Ac 15,26).

72 Saluto con affetto i Signori Cardinali Antonio María Rouco, Arcivescovo di Madrid e Presidente della Conferenza Episcopale Spagnola, e Ricardo María Carles, Arcivescovo di Barcellona, come pure Monsignor Agustín García-Gasco, Arcivescovo di Valencia, Diocesi dalla quale proviene la maggior parte dei nuovi Beati, Monsignor Francisco Ciuraneta, Vescovo di Lleida, e gli altri Arcivescovi e Vescovi qui presenti. Parimenti, desidero dare il benvenuto alle autorità delle comunità autonome, provinciali e locali, che rappresentano i paesi che hanno fra i loro illustri figli i nuovi Beati. Questi nuovi martiri hanno seminato il loro messaggio in tutta la geografia spagnola. In effetti, se guardiamo alla loro origine, essi provengono da trentasette Diocesi e rappresentano tredici Comunità Autonome, ma la loro testimonianza abbraccia tutto il territorio spagnolo, per cui è stata l'intera Chiesa in Spagna a gioire ieri per questo riconoscimento.

2. Molti fra voi sono discendenti, familiari o vicini dei nuovi Beati. So che è presente la vedova di uno di essi, militante dell'Azione Cattolica, così come numerosi fratelli, figli e nipoti dei martiri. Alcuni fra voi sono fratelli, in religione, dei religiosi elevati alla gloria degli altari. Altri sono vicini dei loro luoghi d'origine, dei luoghi dove esercitarono il loro ministero, dove furono martirizzati o dove sono sepolti. Immagino l'emozione che provate in questo momento che avete atteso per tanti anni. Nella vostra vita di fede, senza alcun dubbio, il loro esempio vi ha incoraggiato poiché avete serbato la loro memoria e, in alcuni casi, anche ricordi personali.

La beatificazione di ieri è stata la più numerosa del mio Pontificato. In effetti, sono stati elevati agli onori degli altari duecentotrentatré martiri. Un numero così alto non fa però dimenticare le caratteristiche di ciascuno. Di fatto, in tutti vi è una storia personale, un nome e un cognome propri, circostanze che fanno di ciascuno un modello di vita, che diviene ancora più eloquente con la morte liberamente accolta come prova suprema della loro adesione a Cristo e alla sua Chiesa.

Questi martiri, che oggi ricordiamo con gratitudine e venerazione, sono come un grande quadro del Vangelo delle Beatitudini, un bel ventaglio della varietà dell'unica e universale vocazione cristiana alla santità (cfr Costituzione Dogmatica Lumen gentium, cap. V). Proclamando ieri la santità di questo numeroso gruppo di martiri, la Chiesa rende gloria a Dio.

La santità non è un privilegio riservato a pochi. Le vie della santità sono molteplici e si percorrono attraverso piccoli eventi concreti di ogni giorno, compiendo in ogni situazione un atto d'amore. Così come hanno fatto i nuovi Beati martiri. In ciò risiede il segreto del cristianesimo vissuto in pienezza. Il cristianesimo realmente vitale che tutti i cristiani, di qualsiasi classe o condizione, sono chiamati a vivere. Tutti siamo chiamati alla santità. Ciò che Dio in definitiva vuole da noi è che siamo santi (cfr
1Th 4,3). Cari fratelli e care sorelle di Spagna, anche a voi, come ho fatto a tutti i fedeli nella recente Lettera Apostolica Novo Millennio ineunte, devo proporre nuovamente con convinzione "questa "misura alta" della vita cristiana ordinaria" (n. 31). Che il vostro cammino personale, quello delle vostre famiglie e comunità parrocchiali sia, oggi più che mai, un cammino di santità!

3. Incontriamo così sacerdoti, novelli o anziani, che esercitavano i più diversi ministeri: parroci, vicari, canonici, professori; religiosi provenienti dai vasti campi dell'esercizio della carità, per mezzo dell'insegnamento, dell'attenzione verso gli anziani e i malati; uomini e donne, celibi, nubili o sposati, genitori, lavoratori di vari settori. All'origine del loro martirio e della loro santità vi è lo stesso Cristo. Il denominatore comune di tutti è la loro opzione radicale per Cristo al di sopra di ogni cosa, anche della propria vita. Potevano ben dire con san Paolo: "Per me il vivere è Cristo e il morire un guadagno" (Ph 1,21). Con la loro vita, e soprattutto con la loro morte, ci insegnano che non bisogna anteporre nulla all'amore che Dio nutre per noi e che ci manifesta in Gesù Cristo.

In essi, come in tutti i martiri, la Chiesa ha trovato sempre un seme di vita, tanto che possiamo affermare che le comunità dei primi tempi si forgiarono con il sangue dei martiri. Tuttavia il martirio è una realtà che non appartiene solo al passato, ma anche al tempo attuale. Perciò nella recente Lettera Apostolica ho scritto: non lo sarà anche per il secolo e il millennio che stiamo iniziando? (cfr Novo Millennio ineunte NM 41).

In effetti è un dato di fatto che nel nostro tempo i martiri sono tornati. Come è certo che i tempi sono cambiati, lo è anche che ogni giorno sorge la possibilità di continuare a patire sofferenze per amore di Cristo. L'orizzonte che si presenta dinanzi a noi è quindi ampio e appassionante. I cristiani, sempre e in ogni luogo, devono essere disposti a diffondere la luce della vita, che è Cristo, fino a versare il proprio sangue (cfr Dignitatis humanae DH 14). Dobbiamo essere disposti a seguire le orme dei martiri e a vivere pienamente, come loro, la santità con Lui, per Lui e in Lui.

L'eredità di questi coraggiosi testimoni della fede, "archivi della Verità scritti a lettere di sangue" (Catechismo della Chiesa Cattolica CEC 2474), ci ha trasmesso un patrimonio che parla con voce più forte di quella della vergognosa indifferenza. È la voce che esige un'urgente presenza nella vita pubblica. Una presenza viva e serena che, con la meridiana trasparenza del Vangelo, ci porterà a presentare con naturalezza, ma anche con fermezza, la sua sempre attuale radicalità agli uomini e alle donne del nostro tempo.

Si tratta, quindi, di un'eredità il cui linguaggio è quello della testimonianza. Che questo patrimonio continui a recare frutti abbondanti attraverso la vostra vita e il vostro impegno e manifesti la straordinaria presenza del Mistero di Dio che, agendo sempre e in ogni luogo, ci invita alla riconciliazione e alla vita nuova in Cristo!

4. Cari fratelli: la loro testimonianza non si può né si deve dimenticare. Essi manifestano la vitalità delle vostre Chiese locali. Che il loro esempio faccia di ognuno un testimone vivo e credibile della Buona Novella per i nuovi tempi! Che la loro imitazione porti a produrre nella società attuale abbondanti frutti di amore e di speranza! Questo è il mio auspicio. Promuovete la cultura della vita.

73 Fatelo con le parole, ma anche con gesti concreti. La preghiera per la radicale e sincera conversione di tutti alla legge dell'Amore e l'impegno specifico e generoso a suo favore costituiscono il fondamento della convivenza fra gli uomini, le famiglie e i popoli. Ritornate nei vostri paesi e nelle vostre comunità disposti a lavorare apostolicamente nella Chiesa e per la Chiesa.

Trasformate in realtà le Beatitudini nei vostri luoghi di origine. Permeate con l'unico programma del Vangelo, che è il programma dell'amore, la realtà quotidiana. Portate Cristo nelle vostra vita, nelle vostre comunità, nei vostri paesi e nella vostra storia. Siate sempre e in ogni luogo testimoni vivi e credibili dell'amore, dell'unità e della pace. In questo compito vi accompagnano sempre la mia preghiera, il mio affetto e la benedizione che di cuore vi imparto.

AI PARTECIPANTI ALLA PLENARIA

DEL PONTIFICIO CONSIGLIO


DELLE COMUNICAZIONI SOCIALI


Venerdì, 16 marzo 2001




Eminenze,
Cari Fratelli Vescovi,
Cari amici in Cristo,

1. Sono lieto di salutarvi in occasione dell'Assemblea Plenaria del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali. Colgo questa opportunità per ringraziarvi per quanto state facendo a sostegno della presenza diversificata della Chiesa nel mondo dei mezzi di comunicazione sociale. In particolare desidero congratularmi con il vostro Consiglio per il contributo specifico che ha offerto al Grande Giubileo dell'Anno 2000.

Il Giubileo infatti ha rappresentato una straordinaria esperienza di fede nella Città di Roma e nella Chiesa. Una parte significativa del suo impatto è stata dovuta all'attenzione che i mezzi di comunicazione sociale hanno prestato agli eventi giubilari. Il Pontificio Consiglio ha reso un servizio prezioso coordinando le trasmissioni televisive mondiali delle cerimonie dell'Anno Santo e offrendo assistenza professionale e pastorale a migliaia di uomini e di donne che operano nel campo della radio, della televisione, della stampa e della fotografia. Il Consiglio ha anche organizzato le memorabili celebrazioni giubilari per i giornalisti a giugno e il Giubileo del Mondo dello Spettacolo a dicembre. Il vostro impegno è stato senza dubbio sostenuto dal desiderio di offrire con l'Anno Giubilare una risposta autentica all'esortazione del Vangelo di "annunziare ai poveri un lieto messaggio, per proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista" (Lc 4,18).

2. Nel corso degli anni il Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali ha acquisito un'esperienza molto positiva di cooperazione con i mezzi internazionali di comunicazione sociale nel portare eventi importanti della vita della Chiesa a persone in tutte le parti del mondo. Ricordo l'inizio di questa attività e in particolare l'Anno Santo del 1975 quando il vostro Consiglio, sotto la guida del Cardinale Andrzej Maria Deskur e con la generosa assistenza dei Cavalieri di Colombo, stabilì un modello per questo tipo di trasmissione religiosa. Rendendo grazie a Dio per quanto è stato già ottenuto, incoraggio il vostro Consiglio a portare avanti il compito affidatovi dalla Costituzione Apostolica Pastor bonus.

3. L'opera svolta durante la vostra precedente Assemblea Plenaria nel 1999 ha reso possibile al Consiglio la pubblicazione lo scorso giugno del documento Etica nella Comunicazione che ha cercato di essere una guida morale sull'uso dei mezzi di comunicazione sociale, una realtà umana varia e complessa nella quale gli interessi etici vengono spesso sacrificati a quelli commerciali. Sono lieto che in questi giorni abbiate preso in considerazione un documento similare sul tema Etica in Internet, che sarebbe in effetti molto opportuno data la diffusione rapida delle cibercomunicazioni e le questioni morali che suscita. La Chiesa non può essere mera spettatrice dell'impatto sociale dei progressi tecnologici, che hanno effetti tanto determinanti sulla vita delle persone. La vostra riflessione su Etica in Internet può dunque essere di grande aiuto ai Pastori della Chiesa e ai fedeli nell'affrontare le numerose sfide poste dalla "cultura dei mezzi di comunicazione sociale" che sta emergendo.

I problemi e le opportunità creati dalla nuova tecnologia, dal processo di globalizzazione, dalla deregolazione e dalla privatizzazione dei mezzi di comunicazione sociale pongono nuove sfide etiche e spirituali a quanti operano nelle campo delle comunicazioni sociali. Queste sfide verranno affrontate in modo efficace da quanti accetteranno che "il servizio alla persona umana mediante l'edificazione di una comunità umana basata sulla solidarietà, sulla giustizia e sull'amore e la diffusione della verità sulla vita umana e sul suo compimento finale in Dio erano, sono e resteranno al centro dell'etica dei mezzi di comunicazione sociale" (Etica nelle Comunicazioni, n. 33).

74 Pregando affinché questi fini elevati guidino sempre l'opera del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali e affidando ogni vostro sforzo all'intercessione di Maria, Madre del Verbo Incarnato, imparto di cuore a voi e alle vostre famiglie la mia Benedizione Apostolica.
L'"Angelus" è la prima comunicazione, la più importante nella storia dell'umanità.

AI PRESULI DELLA CONFERENZA DEI VESCOVI LATINI

NELLE REGIONI ARABE (C.E.L.R.A.)


IN VISITA "AD LIMINA APOSTOLORUM"


Sabato, 17 marzo 2001




Beatitudine,
Cari Fratelli nell'Episcopato,

1. Sono felice di accogliervi in occasione della vostra visita ad limina Apostolorum, che esprime la vostra comunione con il Successore di Pietro. Il mio augurio è che, nei vostri incontri con il Vescovo di Roma e con i suoi collaboratori, possiate trovare il necessario incoraggiamento per dare rinnovato dinamismo spirituale e nuovo slancio apostolico al popolo per il quale avete ricevuto l'incarico pastorale.

Ringrazio Sua Beatitudine Michel Sabbah, Patriarca di Gerusalemme dei Latini per le cordiali parole che mi ha rivolto a nome vostro. Esse esprimono la profondità del vostro impegno al servizio dell'annuncio del Vangelo. Attraverso voi, Vescovi latini delle regioni arabe, mi unisco, col pensiero e con il cuore, ai sacerdoti, ai religiosi e alle religiose, come anche a tutti i fedeli delle vostre Diocesi, che, in situazioni diverse, rendono una coraggiosa testimonianza al Signore Gesù. Dio li sostenga e li guidi ogni giorno!

È con grande emozione che conservo il ricordo dei pellegrinaggi che ho avuto la gioia di compiere nel corso dell'anno giubilare nella terra in cui Dio si è manifestato agli uomini, dal Sinai fino a Gerusalemme, la Città Santa dove il Cristo è morto e risorto per la salvezza dell'umanità. Chiedo a Dio di concedermi la grazia di poter continuare, prossimamente, il mio cammino di pellegrino recandomi in Siria, nei luoghi che evocano la conversione dell'Apostolo Paolo e lo slancio missionario delle prime comunità cristiane.

2. Come ho già scritto nella Lettera apostolica Novo Millennio ineunte che ho rivolto a tutta la Chiesa alla conclusione del grande Giubileo, è giunto il tempo in cui "ciascuna Chiesa, riflettendo su ciò che lo Spirito ha detto al Popolo di Dio in questo speciale anno di grazia, ed anzi nel più lungo arco di tempo che va dal Concilio Vaticano II al grande Giubileo, compia una verifica del suo fervore e recuperi nuovo slancio per il suo impegno spirituale e pastorale" (n. 3). È fondamentale, infatti, che le comunità cristiane prendano il largo risolutamente, forti delle grazie ricevute dal Signore durante l'anno giubilare e animate da una speranza solidamente radicata nella contemplazione del volto di Cristo.

Un anno fa si concludeva il Sinodo pastorale che vedeva riuniti, per la prima volta, i membri di tutte le comunità cattoliche della Terra Santa. Vi incoraggio vivamente a portare a termine il programma pastorale emerso dal vostro cammino ecclesiale: "Fedeli a Cristo, corresponsabili nella Chiesa, testimoni nella società".

Le vostre comunità, che vivono come realtà minoritarie in società la cui cultura e vita quotidiana sono profondamente segnate dalla presenza di altre religioni, devono continuare instancabilmente ad approfondire la loro identità cristiana per mantenerne l'autenticità evangelica. Esse non devono mai dimenticare che il cristiano trae la sua identità personale ed ecclesiale dal suo intimo rapporto con Cristo, che aiuta a vivere ogni situazione e illumina le proprie scelte, e non dal proprio agire o dalle scelte personali in seno alla società. In questo modo esse potranno aprirsi agli altri senza timore e contribuire a far risplendere il volto d'amore di Dio tra le nazioni. Ricordino sempre che volgere lo sguardo a Cristo, Verbo Incarnato, e camminare con Lui per le vie della santità, porta a rifiutare ogni forma di mediocrità e di religiosità superficiale per penetrare sempre più profondamente il suo mistero!

75 La testimonianza resa a Cristo e la partecipazione all'edificazione del suo Corpo esigono che si sviluppi un'autentica comunione anche all'interno della Chiesa, in particolare attraverso rapporti sempre più fiduciosi tra Pastori e fedeli, e attraverso una ordinaria collaborazione pastorale tra le diverse comunità cattoliche, in una generosa apertura di spirito e di cuore. Le parrocchie e le famiglie siano focolari viventi di unità e amore autentico! In effetti "fare della Chiesa la casa e la scuola della comunione: ecco la grande sfida che ci sta davanti nel millennio che inizia, se vogliamo essere fedeli al disegno di Dio e rispondere anche alle attese profonde del mondo" (Lettera Apostolica Novo Millennio ineunte NM 43). È realizzando questa comunione che la Chiesa si manifesta come segno e strumento dell'intima unione con Dio e dell'unità di tutto il genere umano (cfr Lumen gentium LG 1).

3. In questa stessa prospettiva, i laici sono invitati a prendere parte in modo sempre più attivo alla vita e alla testimonianza della Chiesa, per rispondere in modo effettivo a chiunque domandi ragione della speranza che è in loro (cfr 1P 3,15). La presa di coscienza da parte dei laici della loro vocazione e della loro missione è fonte di consolazione e di profonda gioia. È opportuno, dunque, testimoniare loro una fiducia che li stimoli a vivere fedeli al Vangelo e al Magistero della Chiesa, e ad assumersi le responsabilità che spettano loro, partecipando attivamente alla vita delle loro comunità ai diversi livelli. Inoltre, il loro impegno nella gestione degli affari pubblici, laddove sia possibile, riveste una grande importanza, specialmente nel campo della giustizia e della pace.

È dunque indispensabile continuare a impegnarsi per garantire la formazione dei laici al fine di aiutarli ad acquisire vere competenze, anche per quanto riguarda la vita sociale, economica e politica. Impegnandosi nella ricerca intellettuale e nello studio, essi contribuiranno anche a sviluppare una vera cultura cristiana, in collaborazione con le altre Chiese, proponendo così alla società la visione cristiana dell'uomo e dei principi che possono guidare l'azione di coloro che si mettono al servizio dei loro fratelli. L'accompagnamento pastorale degli studenti universitari cattolici è importante per aiutarli a tradurre la loro fede nella loro cultura e a occupare il loro posto nella missione della Chiesa.

4. Nel vostro ministero al servizio della comunione nella Chiesa, i sacerdoti sono i vostri primi collaboratori. Attraverso voi, li saluto cordialmente invitandoli ad avere una fiducia incondizionata in Colui che li ha chiamati e che non cessa di stare al loro fianco per guidarli nel compito di annunciare il Vangelo e di educare la fede dei fedeli. Di fronte alle grandi sfide dell'evangelizzazione, non abbiano paura di puntare tutta la loro vita su Cristo e di abbandonarsi a Lui con generosità! Spalancando il loro cuore all'amore di Dio, mettendosi all'ascolto dei loro fratelli, diventeranno sempre più uomini della speranza e dell'incontro con Dio.

Pertanto, i sacerdoti devono incessantemente tornare alla fonte del loro ministero per ritrovarvi nuovo slancio apostolico. La loro attività missionaria produrrà frutto nella misura in cui rafforzeranno la loro vita spirituale attraverso la celebrazione e la frequenza assidua ai sacramenti dell'Eucaristia e della Riconciliazione, luoghi privilegiati della comunione. Grazie a un'intensa vita di preghiera personale e comunitaria, anima della vita sacerdotale e condizione di ogni vita pastorale fruttuosa e fedele allo Spirito, essi entreranno in un dialogo sempre più intimo con il Signore, che, per loro missione, devono annunciare ai fratelli. Acquisendo una grande familiarità personale con la Parola di Dio, accolta con cuore docile e nella preghiera, essi potranno annunciare il Vangelo in modo autentico e portare i fedeli a una conoscenza sempre più profonda del mistero di Dio.

La formazione permanente, in particolare attraverso la lettura, gli incontri di riflessione e di preghiera, come anche la partecipazione a programmi di insegnamento teologico e pastorale, rappresenta, per ogni sacerdote, un dovere fondamentale al fine di restare fedele alla sua identità e alla sua missione nella Chiesa e per la Chiesa.

Cari fratelli nell'Episcopato, conosco il vostro zelo nel sostenere le vocazioni sacerdotali e religiose, e nel trasmettere l'appello di Cristo. Vi incoraggio a continuare nel vostro impegno nella formazione iniziale dei candidati al sacerdozio. Siate solleciti nell'assicurare loro una buona formazione intellettuale, teologica, biblica e spirituale! Ma, è indispensabile che ciò si fondi su una formazione umana "che li aiuti ad acquisire una maturità personale e che li renda attenti alla complessità culturale nella quale saranno chiamati a svolgere il ministero" (Esortazione apostolica Una speranza nuova per il Libano, n. 62).

5. Gli Istituti religiosi sono presenti in numerosi ambiti della vita delle vostre Diocesi in cui i loro membri operano generosamente e collaborano attivamente nella pastorale giovanile. Assicurateli della mia preghiera e trasmettete loro il mio affettuoso incoraggiamento! In certe regioni, i religiosi e le religiose sono una presenza fondamentale per la visibilità della Chiesa. Attraverso il loro diverso impegno, essi contribuiscono alla promozione umana e spirituale delle persone, senza distinzioni di origine o di religione, in particolare nei campi dell'educazione, della sanità o dei servizi sociali. Rendo grazie a Dio per quanto hanno svolto e per ciò che continuano a realizzare, assieme alle persone che collaborano con loro, al servizio di tutti, in uno spirito esemplarmente disinteressato. Con la loro vita donata tutta a Dio e ai fratelli, essi sono un punto di riferimento per i giovani che frequentano i loro istituti scolastici, così come per tutte le persone che possono beneficiare del loro sostegno e della loro devozione. Continuino a testimoniare con tutta la loro vita una Chiesa che sia vero luogo di fraternità, di condivisione, di ritorno alle fonti, di speranza e apertura agli altri!

Cari fratelli nell'Episcopato, la presenza della Chiesa negli ambienti scolastici ed educativi riveste un'importanza particolarmente significatica. Le scuole cattoliche sono luoghi in cui i giovani possono acquisire una formazione per preparare il loro avvenire. Esse sono anche il luogo del dialogo di vita tra giovani di tradizioni religiose e ambienti sociali diversi. Vi incoraggio a favorire sempre maggiormente, in collaborazione con le altre comunità cattoliche, un rinnovamento della catechesi e a sviluppare una pastorale fondata su valori solidi, per contribuire a formare il tipo di uomo e di donna di cui la Chiesa e la società hanno bisogno.

6. La divisione tra cristiani è un'infedeltà alla volontà del Signore che oscura la loro identità di discepoli di Cristo. Ora che abbiamo appena varcato le soglie del terzo millennio, dobbiamo manifestare con determinazione l'impegno della Chiesa cattolica a favore della promozione dell'unità, consapevoli che se non cerchiamo ardentemente di essere fedeli alla preghiera intensa del Signore "che tutti siano uno", rischiamo di indebolire la nostra identità cristiana e la nostra credibilità nell'annunciare il Vangelo di pace e di riconciliazione. La divisione dei cristiani separa spesso persone che vivono l'una accanto all'altra tutti i giorni, che si amano e che, su alcuni punti essenziali, condividono una stessa fede in Cristo e nel Battesimo; ciò è causa di grandi sofferenze nelle famiglie. Queste situazioni difficili non devono scoraggiare ma stimolare ad agire con convinzione a favore della comunione e del perdono. In tutte le regioni arabe, la Chiesa latina deve continuare coraggiosamente i suoi sforzi di incontro fraterno e di collaborazione con le altre Chiese e Comunità ecclesiali, certa che il dialogo ecumenico potrà progredire solo se esso coinvolgerà la vita concreta dei fedeli.

Il desiderio ardente dell'unità sia presente nel vostro cammino personale, in particolare nel portare avanti la vostra riflessione e il vostro impegno nelle questioni di interesse comune, nella preghiera e agendo insieme ogni volta che ciò sia possibile! L'apertura ecumenica dell'anno giubilare a Betlemme è stata motivo di grande speranza che deve permettere di far crescere un clima fraterno tra le Chiese e Comunità ecclesiali, per progredire verso l'unità tanto attesa, nella serenità, nella fiducia e nella stima reciproca.

76 7. Le condizioni in cui deve vivere la comunità cristiana in Medio Oriente, soprattutto in Terra Santa, non permettono sempre ai suoi membri di condurre una vita personale e familiare come essi desidererebbero per se stessi e per i loro figli. Incoraggio vivamente i cristiani ad avere fiducia in loro stessi e a restare saldamente attaccati alla terra che fu anche quella dei loro antenati. Ripeto a tutti loro con forza: "Non temete di preservare la vostra presenza e il vostro patrimonio cristiani nel luogo stesso in cui il Salvatore è nato!" (Omelia a Betlemme, 22 marzo 2000, n. 5). La permanenza dei cristiani a Gerusalemme e nei Luoghi Santi della Cristianità è particolarmente importante, poiché la Chiesa non può dimenticare le sue radici. Essa deve testimoniare la vitalità e la fecondità del messaggio evangelico nella terra della Rivelazione e della Redenzione.

Cari fratelli nell'Episcopato, affinché i fedeli possano continuare a vivere serenamente in queste situazioni, Voi avete compiuto degli sforzi lodevoli nel trasmettere loro motivazioni profonde, evangeliche ed ecclesiali, in modo che essi non cedano alla tentazione di abbandonare la propria terra ma siano sempre più certi dell'importanza della loro presenza e della bellezza della loro testimonianza. Non vi rassegnate al pensiero di un'inevitabile partenza! Sono consapevole dei sacrifici e dell'ascesi che ciò richiede per le famiglie e le persone che accettano generosamente di resistere alla tentazione di cercare altrove un benessere economico e una tranquillità sociale. In nome della Chiesa sono loro caldamente riconoscente. Esse possono contare sul sostegno della grazia di Dio e su un fratello nella fede che le guarda con ammirazione.

Vi incoraggio altresì nel vostro zelo apostolico verso i cattolici, sempre più numerosi, originari da altri Paesi e giungono nella vostra regione molto spesso per trovare un lavoro; essi hanno bisogno di un aiuto pastorale specifico. La loro testimonianza di fede vissuta coraggiosamente in mezzo agli uomini e alle donne del vostro Paese è una manifestazione dell'universalità della salvezza in Gesù Cristo.

8. Conosco le grandi difficoltà che devono affrontare le popolazioni della vostra regione. Vorrei in particolare esprimere ancora una volta la mia vicinanza e il mio affetto a tutti coloro che soffrono e sono vittime della violenza. Con voi soffre e patisce tutta la Chiesa, nella speranza di poter gioire presto con voi della realizzazione di un unico desiderio al quale non si può rinunciare: la pace! "La Terra Santa deve essere la terra della pace e della fraternità. Così Dio vuole!" (Appello per la pace, 2 ottobre 2000). Gli avvenimenti che si svolgono attualmente in Terra Santa, e che seguo con attenzione, sono preoccupanti e mettono a dura prova le speranze di pace. Auspico vivamente che i negoziati possano riaprirsi rapidamente, mettendo al centro di ogni preoccupazione il rispetto della dignità di ogni uomo che ha il dirittto di vivere, nel proprio territorio, in pace e sicurezza. Ciò si realizzerà solamente nel rispetto delle leggi internazionali e con il rifiuto della violenza che non può che inasprire gli odi e i sentimenti di rancore, accentuando ancora più profondamente i divari tra le persone e le comunità. In tali circostanze, è più che mai necessario un appello al dialogo e all'incontro, all'amore che ciascuno sente per i propri fratelli e per tutti gli uomini, al fine di non trascurare alcuna possibilità di aprire uno spiraglio verso una pace giusta e duratura. L'importanza che riveste questa speranza non permette di cedere alla tentazione dello scoraggiamento.

La Chiesa latina che si trova in Terra Santa e nelle regioni limitrofe deve rendersi disponibile per essere sempre portatrice e ispiratrice di sentimenti di comprensione reciproca, di dialogo e di solidarietà. È attraverso una vera educazione alla pace che i cuori potranno infine aprirsi e le menti impegnarsi decisamente nell'edificazione di società fondate sulla fraternità e il rispetto reciproco nella giustizia.

Il dialogo interreligioso è anche un mezzo privilegiato per progredire sulla via della pace. La ricerca di un dialogo vero e fiducioso con l'Ebraismo e con l'Islam è una delle grandi urgenze alle quali la Chiesa non può sottrarsi, per il bene di tutti i popoli della regione. Una tale disposizione deve anche contribuire a garantire una vera libertà religiosa, affinché nessuno possa essere oggetto di discriminazione ed emarginazione a causa del proprio credo religioso, e che lo statuto speciale accordato a una religione non danneggi le altre.

Vorrei infine ricordare ancora una volta le situazioni drammatiche che conoscono altri Paesi della vostra regione. In Iraq l'embargo continua a mietere vittime, troppi innocenti pagano le conseguenze di una guerra nefasta i cui effetti continuano a ricadere sulle persone più deboli e indifese. Il flusso di profughi dal Sudan verso l'Egitto è in forte aumento. Urge dunque trovare delle soluzioni per accogliere dignitosamente le persone rifugiate e per permettere a queste popolazioni una buona integrazione, oltre a fornire un'assistenza spirituale ai numerosi cristiani che si trovano tra di esse. Il mio pensiero va anche alla comunità cattolica in Somalia, che in passato è stata vittima di numerose violenze, nella speranza che si possa finalmente riprendere un'attività ecclesiale normale in questo Paese. A tutte queste comunità, a tutti i popoli della regione esprimo nuovamente l'attenzione e l'affetto che nutre per loro il Successore di Pietro.

9. Cari fratelli nell'Episcopato, alla fine del nostro incontro vi esprimo la mia viva gratitudine per il lavoro pastorale che ciascuno di voi svolge con devozione e profondo amore per la Chiesa, al servizio del popolo che gli è stato affidato, spesso trovandosi ad affrontare situazioni molto difficili e a volte nella solitudine. Ritornando a casa vostra, portate a tutti i fedeli cattolici, siano essi di rito latino o orientale, il saluto e l'affetto del Papa. Egli vi accompagna con la sua preghiera e vi invita a coltivare sempre più i legami d'amore e di collaborazione tra le comunità cattoliche. Che questo augurio sia il migliore incoraggiamento per il vostro rientro nelle vostre Chiese particolari!

Affido voi e le vostre Diocesi all'intercessione della Vergine Maria, Regina della Pace. Ella vi protegga e vi guidi nel vostro cammino! A ciascuno di voi, ai sacerdoti, ai religiosi, alle religiose e ai fedeli laici delle vostre Diocesi, imparto di cuore particolare benedizione apostolica.

AI PARTECIPANTI ALL’INCONTRO

SULLA NOVO MILLENNIO INEUNTE


PROMOSSO DALLA PRELATURA DELL’OPUS DEI


Sabato, 17 marzo 2001

Carissimi Fratelli e Sorelle!


77 1. Siate i benvenuti! Saluto di cuore ciascuno di voi, sacerdoti e laici, convenuti a Roma per partecipare alle giornate di riflessione sulla Lettera Apostolica Novo millennio ineunte e sulle prospettive che in essa ho delineato per il futuro dell'evangelizzazione. E saluto specialmente il vostro Prelato, il Vescovo Mons. Javier Echevarría, che ha promosso quest'incontro allo scopo di potenziare il servizio reso dalla Prelatura alle Chiese particolari, ove i suoi fedeli sono presenti.

Voi siete qui, in rappresentanza delle componenti in cui la Prelatura è organicamente strutturata, cioè dei sacerdoti e dei fedeli laici, uomini e donne, con a capo il proprio Prelato. Questa natura gerarchica dell'Opus Dei, stabilita nella Costituzione Apostolica con la quale ho eretto la Prelatura (cfr Cost. ap. Ut sit, 28-XI-82), offre lo spunto per considerazioni pastorali ricche di applicazioni pratiche. Innanzitutto desidero sottolineare che l'appartenenza dei fedeli laici sia alla propria Chiesa particolare sia alla Prelatura, alla quale sono incorporati, fa sì che la missione peculiare della Prelatura confluisca nell'impegno evangelizzatore di ogni Chiesa particolare, come previde il Concilio Vaticano II nell'auspicare la figura delle Prelature personali.

La convergenza organica di sacerdoti e laici è uno dei terreni privilegiati sui quali prenderà vita e si consoliderà una pastorale improntata a quel «dinamismo nuovo» (cfr Lett. ap. Novo millennio ineunte, 15) cui tutti ci sentiamo incoraggiati dopo il Grande Giubileo. In questo contesto va richiamata l'importanza di quella «spiritualità di comunione» sottolineata dalla Lettera Apostolica (cfr ivi, 42-43).

2. I laici, in quanto cristiani, sono impegnati a svolgere un apostolato missionario. Le loro specifiche competenze nelle diverse attività umane sono in primo luogo uno strumento affidato loro da Dio per consentire "all'annuncio di Cristo di raggiungere le persone, plasmare le comunità, incidere in profondità mediante la testimonianza dei valori evangelici nella società e nella cultura" (ivi, 29). Essi, dunque, vanno stimolati a porre fattivamente le proprie conoscenze al servizio delle «nuove frontiere», che si annunciano come altrettante sfide per la presenza salvifica della Chiesa nel mondo.

Sarà la loro testimonianza diretta in tutti questi campi a mostrare come solo in Cristo i valori umani più alti raggiungono la propria pienezza. Ed il loro zelo apostolico, l'amicizia fraterna, la carità solidale faranno sì che essi sappiano volgere i rapporti sociali quotidiani in occasioni per destare nei propri simili quella sete di verità che è la prima condizione per l'incontro salvifico con Cristo.

I sacerdoti, dal canto loro, esercitano una funzione primaria insostituibile: quella di aiutare le anime, una ad una, nei sacramenti, nella predicazione, nella direzione spirituale, ad aprirsi al dono della grazia. Una spiritualità di comunione valorizzerà al meglio i ruoli di ciascuna componente ecclesiale.

Vi esorto, carissimi, a non dimenticare in tutto il vostro lavoro il punto centrale dell'esperienza giubilare: l'incontro con Cristo. Il Giubileo è stata una continua, indimenticabile contemplazione del volto di Cristo, Figlio eterno, Dio e Uomo, crocifisso e risorto. Lo abbiamo cercato nel pellegrinaggio verso la Porta che dischiude all'uomo la via del cielo. Ne abbiamo sperimentato la dolcezza nell'atto umanissimo e divino di perdonare il peccatore. Lo abbiamo sentito fratello di tutti gli uomini, ricondotti all'unità nel dono dell'amore che salva. La sete di spiritualità che si è destata nella nostra società non può essere placata che da Cristo.

"No, non una formula ci salverà, ma una Persona, e la certezza che essa ci infonde: Io sono con voi!" (Lett. ap. Novo millennio ineunte, 29). Al mondo, ad ogni uomo nostro fratello, noi cristiani dobbiamo aprire la strada che conduce a Cristo. "Il tuo volto, Signore, io cerco" (
Ps 27 [26], 8). Quest'aspirazione tornava spesso alle labbra del Beato Josemaría, uomo assetato di Dio e perciò grande apostolo. Egli ha scritto: "Nelle intenzioni, Gesù sia il nostro fine; negli affetti, il nostro amore; nella parola, il nostro argomento; nelle azioni, il nostro modello" (Cammino, 271).

4. E' tempo di deporre ogni timore e di lanciarci verso traguardi apostolici audaci. Duc in altum! (Lc 5,4): l'invito di Cristo ci stimola a spingerci al largo, a coltivare sogni ambiziosi di santità personale e di fecondità apostolica. L'apostolato è sempre il traboccare della vita interiore. Certo, esso è anche azione, ma sostenuta dalla carità. E la fonte della carità sta sempre nella dimensione più intima della persona, dove si ascolta la voce di Cristo che ci chiama a prendere con lui il largo. Possa ciascuno di voi accogliere questo invito di Cristo a corrispondervi con generosità ogni giorno nuova.

Con questo auspicio, mentre affido all'intercessione di Maria il vostro impegno di preghiera, di lavoro, di testimonianza, vi imparto con affetto la mia Benedizione.


GP2 Discorsi 2001 71