GP2 Discorsi 2001 84

IOANNES PAULUS II



AI PRESULI DELLA CONFERENZA EPISCOPALE

DELLA COREA IN VISITA


"AD LIMINA APOSTOLORUM"


Sabato, 24 marzo 2001




85 Cari Fratelli nell'Episcopato,

1. È con grande affetto nel Signore che porgo il benvenuto a voi, Vescovi della Corea, in occasione della vostra visita ad limina Apostolorum.Ancora una volta siete venuti in pellegrinaggio presso le tombe degli apostoli Pietro e Paolo per professare la fede apostolica e per pregare per il vostro ministero episcopale e per i bisogni della Chiesa nel vostro Paese. In questo incontro celebriamo insieme i vincoli di verità e di comunione che uniscono le vostre Chiese locali alla Sede di Pietro. Mentre contemplate la testimonianza offerta dagli apostoli usque ad effusionem sanguinis, potete riflettere sul vostro ministero alla luce del loro insegnamento e del loro esempio, e trarre nuova ispirazione per il vostro lavoro al servizio del Vangelo e per l'edificazione del Corpo di Cristo, la Chiesa.

Il mio pensiero ritorna alle due visite che ho compiuto nel vostro Paese, quando ho potuto verificare personalmente come la Chiesa sia cresciuta e fiorita dal tempo in cui fu gettato per la prima volta il seme del Vangelo oltre due secoli fa. Quest'anno, infatti, commemorate il duecentesimo anniversario della prima grande ondata di persecuzioni in Corea, che ha portato al martirio di oltre trecento fedeli. Questi uomini e donne santi avevano preso a cuore le parole dell'Apostolo delle Nazioni: "Tutto ormai io reputo una perdita di fronte alla sublimità della conoscenza di Cristo Gesù, mio Signore, per il quale ho lasciato perdere tutte queste cose e le considero come spazzatura, al fine di guadagnare Cristo" (
Ph 3,8). Il primo sacerdote indigeno coreano, san Andrea Kim Tae-gôn, che ho avuto la gioia di canonizzare nel 1984, esortò i fedeli ad accettare la persecuzione poiché la Chiesa in Corea non poteva essere estranea alle sofferenze di Cristo e degli Apostoli. Il sacrificio dei vostri martiri, accettato volentieri per Gesù Cristo che li aveva conquistati, come aveva fatto con san Paolo (cfr Ph 3,12), ha certamente recato un abbondante raccolto e dobbiamo pregare affinché continui a essere fonte di orgoglio, speranza, forza e ispirazione per tutti i cristiani nell'intera penisola.

2. Due eventi importanti sono alla base della vostra attuale visita ad Limina: l'Assemblea speciale per l'Asia del Sinodo dei Vescovi e l'esperienza, ricca di grazie, del Grande Giubileo dell'Anno 2000. Alcuni di voi hanno partecipato a tale Assemblea, che si è svolta ad aprile e maggio del 1998 ed è stata un'occasione per riflettere in modo fecondo ed edificante sulle sfide poste all'evangelizzazione in un continente in cui i cristiani rappresentano una piccolissima minoranza. Ispirato dal tema: Gesù Cristo il Salvatore e la sua missione di amore e servizio in Asia: "perché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza" (Jn 10,10), il Sinodo ha preso in esame i modi perché "si illustri e approfondisca la verità su Cristo come unico Mediatore tra Dio e gli uomini" (Tertio Millennio adveniente, TMA 38). Sulla base dell'Esortazione Apostolica Ecclesia in Asia e in seguito all'esperienza del Grande Giubileo dell'Anno 2000, il compito che vi si prospetta è quello di raccogliere i frutti di tali celebrazioni e di gettare solide fondamenta per una nuova primavera del cristianesimo nel vostro Paese e in tutto il continente.

Al termine dell'"anno di grazia" che è stato il Giubileo per l'intera Chiesa, nella Lettera Apostolica Novo Millennio ineunte ho offerto alcune riflessioni su come potremmo approfittare delle molte benedizioni, traducendo le grazie ricevute in pratica, risoluzioni e linee operative (cfr n. 3). Il successo di tutte le nostre iniziative dipenderà in definitiva dal loro essere basate su Cristo stesso, che continua ad accompagnare la Chiesa nel suo pellegrinaggio "fino alla fine del mondo" (Mt 28,20). In un certo senso il programma da attuare già esiste: lo si trova nel Vangelo e nella viva Tradizione della Chiesa. È incentrata su Cristo stesso, "da conoscere, amare, imitare, per vivere in lui la vita trinitaria, e trasformare con lui la storia fino al suo compimento nella Gerusalemme celeste" (Novo Millennio ineunte NM 29). Pur tenendo conto delle circostanze temporali e spaziali per un dialogo vero e una comunicazione efficace, questo programma non cambia col variare degli atteggiamenti prevalenti. Siete voi ad avere la responsabilità di individuare le linee di un piano pastorale adeguato alle esigenze e alle aspirazioni del popolo di Dio, un piano che permetta a tutti di udire in modo sempre più chiaro la Buona Novella di Cristo e che porti le verità e i valori del Vangelo ad essere sempre più incisivi sulla famiglia, sulla cultura e sulla società stessa. I successori degli apostoli non devono avere mai paura di proclamare la piena verità su Gesù Cristo, in tutta la sua realtà e le sue esigenze ricche di sfide, poiché la verità ha il potere intrinseco di attirare il cuore umano verso tutto ciò che è buono, nobile e bello.

3. A tale riguardo, mi fa particolarmente piacere di apprendere degli sforzi compiuti per promuovere l'apostolato biblico. La disponibilità di una traduzione coreana moderna della Bibbia, progetto che voi avete intrapreso per il bicentenario dell'avvento della fede nel vostro Paese, fa sì che tutti i fedeli possano accedere direttamente alla Parola salvifica di Dio. In modo particolare occorre raccomandare l'antica pratica della lectio divina come strumento potente di evangelizzazione poiché questa lettura devota delle Sacre Scritture ci fa cogliere "la parola viva che interpella, orienta, plasma l'esistenza" (Novo Millennio ineunte NM 39). Occorre in particolare introdurre i giovani alle Scritture - la "scuola di fede" - già in tenera età, di modo che scoprano la figura autentica di Gesù che li ama, che risponde ai loro desideri più profondi e che li chiama a seguirlo con cuore generoso e indiviso.

Per mandato di Cristo, il Vescovo è chiamato a insegnare - "in ogni occasione opportuna e non opportuna" (2Tm 4,2) - la fede immutabile della Chiesa, così come va applicata e vissuta oggi. Nella sua diocesi, il Vescovo insegna la fede con l'autorità derivante dall'ordinazione episcopale e dalla comunione con il Collegio Episcopale sotto il suo capo (cfr Lumen gentium LG 22). Egli insegna in modo pastorale, cercando di gettare la luce del Vangelo sui problemi attuali e aiutando i fedeli a vivere una vita pienamente cristiana tra le sfide della società contemporanea. A tale riguardo è importante che voi sosteniate e incoraggiate il lavoro dei teologi in quanto essi riflettono nell'ambito della fede sui modi di comunicare il messaggio cristiano in maniera sempre più efficace e appropriata alla situazione locale. Al contempo dovete preoccuparvi di salvaguardare l'interpretazione autentica della dottrina della Chiesa e quindi di assicurare che la Chiesa locale persista nella fede che sola salva e libera. Occorre un discernimento soprannaturale per difendere "il buon deposito con l'aiuto dello Spirito Santo che abita in noi" (2Tm 1,14).

4. Nella vostra patria dovete affrontare la sfida di una mentalità sempre più materialistica che sta minando molti dei valori umani autentici sui quali tradizionalmente si fonda la società coreana. Ciò esige un rinnovato impegno per affrontare la crisi molto sentita dei valori e rafforzare il senso del trascendente nella vita dei fedeli. La vostra iniziativa recente per promuovere il Vangelo della vita mediante l'istituzione di uno speciale sottocomitato del Comitato per la Dottrina della Fede nella vostra Conferenza, che tratti le questioni relative alla bioetica, è lodevole, come anche la vostra ferma opposizione all'aborto, non solo perché questo è una terribile offesa al dono di Dio della vita, ma anche perché introduce nella società un atteggiamento relativistico verso tutti i principi morali ed etici fondamentali.

In questo come in molti altri ambiti della vita della Chiesa, il ruolo dei fedeli laici è indispensabile. È significativo che la fede sia stata introdotta nella vostra patria alla fine del diciottesimo secolo grazie agli sforzi persistenti di laici impegnati. Tra coloro che sono morti nelle persecuzioni del 1801 vi era la prima catechista donna della Corea, Colomba Kang Wan-suk, che senza paura ha promosso il Vangelo a Seoul e in tutto il Paese prima di essere giustiziata insieme a altre quattro persone che si erano convertite grazie alla sua influenza. Dei 103 martiri canonizzati nel 1984, vittime soprattutto delle persecuzioni del 1839 e del 1866, 92 erano laici. Quale migliore ispirazione di questi testimoni e di questa eredità per i fedeli laici della Corea nel loro generoso impegno per l'evangelizzazione, la catechesi, la promozione della dottrina sociale cattolica e l'opera caritativa! A voi spetta il compito di discernere i doni dei laici, di promuovere in loro una consapevolezza più profonda della missione alla quale partecipano in comunione con la Chiesa, e di incoraggiarli a utilizzare le loro capacità per il rinnovamento della società e la diffusione di una cultura basata sul rispetto per ogni persona umana.

5. I vostri più stretti collaboratori nell'opera di evangelizzazione sono i vostri sacerdoti, chiamati con l'ordinazione ad essere autentici Pastori del gregge, predicatori del Vangelo della salvezza e degni ministri dei sacramenti. La Corea è benedetta da un numero elevato di vocazione sacerdotali, con Pastori la cui vita è profondamente caratterizzata dalla fedeltà a Cristo e dalla generosa dedizione ai loro fratelli e alle loro sorelle. È importante che i fedeli vedano i loro sacerdoti come uomini le cui menti e i cui cuori sono volti alle cose profonde dello Spirito (cfr Rm 8,5), come uomini di preghiera, impegnati nel loro ministero sacerdotale e che si distinguono per la loro rettitudine morale. Il nuovo Pontificio Collegio Coreano qui a Roma è un segno della vostra decisione a garantire ai vostri sacerdoti una salda formazione permanente che li aiuterà a recare una testimonianza convincente a Cristo e a svolgere i compititi del loro ministero con dedizione e gioia.

Vi incoraggio a prestare particolare attenzione alla formazione di coloro che insegneranno nei seminari. Non devono avere solo una profonda formazione nelle scienze sacre, ma anche una formazione specifica negli ambiti della spiritualità sacerdotale, nell'arte della direzione spirituale e negli altri aspetti del difficile e delicato compito che li attende nella formazione dei futuri sacerdoti (cfr Ecclesia in Asia, n. 43). Ancora una volta rivolgo parole di pio incoraggiamento alla Korean Foreign Mission Society, chiedendo al Signore di benedire il suo lavoro e di concederle un aumento di vocazioni per l'abbondante raccolto che si prospetta alla Chiesa nel Terzo Millennio cristiano.

86 6. I documenti del Concilio Vaticano II contengono numerosi riferimenti circa l'importanza per la Chiesa universale e per ogni Chiesa particolare della testimonianza e dell'apostolato degli uomini e delle donne consacrati.Attraverso l'osservanza dei consigli evangelici, essi rendono visibile nella Chiesa la forma che il Verbo Incarnato ha assunto nella sua vita terrena (cfr Vita consecrata VC 14). Essi sono un segno della nuova creazione inaugurata da Cristo e resa possibile in noi dalla grazia e dalla forza dello Spirito Santo, e testimoniano la supremazia di Dio e la sublimità della conoscenza di Cristo (cfr Ph 3,8). Oltre alle diverse e inestimabili forme di servizio che gli uomini e le donne consacrati svolgono nelle opere caritative, nell'apostolato intellettuale, nell'assistenza sanitaria e in altri ambiti dell'attività ecclesiale, è loro carisma speciale offrire una risposta alla richiesta, oggi molto diffusa, di un'autentica spiritualità, che si esprime in larga parte come ricerca di preghiera e di direzione spirituale. Vi invito a custodire la vita consacrata come dono speciale di Dio alle vostre comunità locali e a dare agli uomini e alle donne consacrati il sostegno del vostro ministero e della vostra amicizia.

7. Cari Fratelli nell'Episcopato, la vostra terra natale è spesso nelle mie preghiere. Gioisco ogni volta che apprendo dei progressi nel promuovere la riconciliazione, la comprensione reciproca e la cooperazione tra tutti i membri della famiglia coreana. Questo è un ambito di azione e di servizio che la Chiesa che voi presiedete deve perseguire risolutamente, giorno dopo giorno, discernendo e seguendo i segni che offre la Provvidenza. Offrire solidarietà materiale e spirituale alla comunità cattolica e all'intero popolo della Corea del Nord, in modi appropriati e con carità pastorale, si dimostrerà indubbiamente un passo positivo verso la riconciliazione. Prego affinché Dio Onnipotente continui a benedire gli sforzi di coloro che operano per il bene di tutto il popolo della penisola.

Vi ringrazio ancora una volta per la vostra generosità e il vostro impegno nell'assolvere ai doveri del vostro ministero episcopale, e per la comunione spirituale e il sostegno che mi avete sempre dimostrato. Ai sacerdoti, ai religiosi e ai laici della Corea, esprimo ancora una volta il mio sentito incoraggiamento e, in modo particolare, prego per gli anziani e i malati la cui sofferenza in unione con il Signore Crocefisso è una fonte d'immensa ricchezza spirituale per tutto il Popolo di Dio. Con questi sentimenti, raccomando tutti voi a Maria, Madre del Redentore, e affido a Lei le esigenze della Chiesa in Corea, nonché le gioie e le difficoltà del vostro ministero. Chiedo allo Spirito Santo di riversare sulle vostre diocesi nuove grazie e energie per la missione ancora da compiere. A ognuno di voi e ai membri della Chiesa nel vostro Paese imparto di cuore la mia Benedizione Apostolica.

MESSAGGIO DI GIOVANNI PAOLO II


ALL'ORDINE DEL CARMELO






Ai Reverendissimi Padri

JOSEPH CHALMERS

Priore Generale dell'Ordine dei Fratelli
della Beata Vergine Maria del Monte Carmelo (O. Carm.)
e CAMILO MACCISE
Preposito Generale dell'Ordine del Fratelli Scalzi
della Beata Vergine Maria del Monte Carmelo (O.C.D.)

1. Il provvidenziale evento di grazia, che è stato per la Chiesa l'Anno giubilare, la induce a guardare con fiducia e speranza al cammino appena intrapreso nel nuovo millennio. "Il nostro passo, all'inizio di questo nuovo secolo - ho scritto nella Lettera apostolica Novo millennio ineunte - deve farsi più spedito... Ci accompagna in questo cammino la Vergine Santissima, alla quale... ho affidato il terzo millennio" (n. 58).

Con profonda gioia ho pertanto appreso che l'Ordine del Carmelo, nei suoi due rami, antico e riformato, intende esprimere il proprio amore filiale verso la sua Patrona, dedicando l'anno 2001 a Lei, invocata quale Fiore del Carmelo, Madre e Guida nel cammino della santità. Al riguardo, non posso non sottolineare una felice coincidenza:  la  celebrazione  di  quest'anno  mariano  per  tutto  il Carmelo avviene, secondo quanto tramanda una venerabile tradizione dell'Ordine stesso, nel 750E anniversario della consegna dello Scapolare. E' quindi una celebrazione che costituisce per l'intera Famiglia carmelitana una meravigliosa occasione per approfondire non solo  la  sua  spiritualità  mariana,  ma  per  viverla  sempre  più  alla luce del posto che la Vergine Madre di Dio e degli uomini occupa nel mistero di Cristo e della Chiesa e, pertanto, di seguire Lei che è la "Stella dell'evangelizzazione" (cfr Novo millennio ineunte NM 58).

87 2. Le varie generazioni del Carmelo, dalle origini fino ad oggi, nel loro itinerario verso la "santa montagna, Gesù Cristo nostro Signore" (Messale Romano, Colletta della Messa in onore della B.V. Maria del Carmelo, 16 luglio), hanno cercato di plasmare la propria vita sugli esempi di Maria.

Per questo nel Carmelo, e in ogni anima mossa da tenero affetto verso la Vergine e Madre Santissima, fiorisce la contemplazione di Lei che, fin dal principio, seppe essere aperta all'ascolto della Parola di Dio e obbediente alla sua volontà (
Lc 2,19 Lc 2,51). Maria, infatti, educata e plasmata dallo Spirito (cfr Lc 2,44-50), fu capace di leggere nella fede la propria storia (cfr Lc 1,46-55) e, docile ai suggerimenti divini, "avanzò nella peregrinazione della fede e serbò fedelmente la sua unione col Figlio sino alla croce, dove, non senza un disegno divino, se ne stette (cfr Jn 19,25), soffrendo profondamente col suo Unigenito e associandosi con animo materno al sacrificio di Lui" (Lumen gentium LG 58).

3. La contemplazione della Vergine ce la presenta mentre, come Madre premurosa, vede crescere il suo Figlio a Nazaret (cfr Lc 2,40 Lc 2,52),  lo  segue  lungo  le  strade  della  Palestina,  lo  assiste  alle nozze di Cana (cfr Jn 2,5) e, ai piedi della Croce, diventa la Madre associata alla sua offerta e donata a tutti gli uomini nella consegna che lo stesso Gesù fa di Lei al suo discepolo prediletto (cfr Jn 19,26). Quale Madre della Chiesa, la Vergine Santa è unita ai discepoli "in continua preghiera" (Ac 1,14) e, quale Donna nuova che anticipa in se ciò che si realizzerà un giorno per tutti noi nella piena fruizione della vita trinitaria, è assunta in Cielo, da dove stende il manto di protezione della sua misericordia sui figli pellegrinanti verso il monte santo della gloria.

Un simile atteggiamento contemplativo della mente e del cuore porta ad ammirare l'esperienza di fede e di amore della Vergine, che già vive in sé quanto ogni fedele desidera e spera di realizzare nel mistero di Cristo e della Chiesa (cfr Sacrosanctum Concilium SC 103 Lumen gentium LG 53). Per questo giustamente carmelitani e carmelitane hanno scelto Maria come propria Patrona e Madre spirituale ed hanno sempre dinanzi agli occhi del cuore Lei, la Vergine Purissima che guida tutti alla perfetta conoscenza ed imitazione di Cristo.

Fiorisce  così  un'intimità  di  rapporti  spirituali  che incrementano sempre più la comunione con Cristo e con Maria. Per i Membri della Famiglia carmelitana Maria, la Vergine Madre di Dio e degli uomini, non è solo un modello da imitare, ma anche una dolce presenza di Madre e Sorella in cui confidare. Giustamente santa Teresa di Gesù esortava: "Imitate Maria e considerate quale debba essere la grandezza di questa Signora e il beneficio di averla per Patrona" (Castello interiore, III, 1,3).

4. Questa intensa vita mariana, che si esprime in preghiera fiduciosa,  in  entusiastica  lode  e  in  diligente  imitazione,  conduce a  comprendere  come  la  forma  più  genuina  della  devozione  alla Vergine  Santissima,  espressa  dall'umile  segno  dello  Scapolare,  sia la consacrazione al suo Cuore Immacolato (cfr PIO XII, Lettera Neminem profecto latet [11 febbraio 1950: AAS 42, 1950, pp. 390-391]; Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen gentium LG 67). E' così che nel cuore  si  realizza  una  crescente  comunione  e  familiarità  con  la Vergine Santa, "quale nuova maniera di vivere per Dio e di continuare qui in terra l'amore del Figlio Gesù a sua madre Maria" (cfr Discorso all'Angelus, in Insegnamenti XI/3, 1988, p. 173). Ci si pone così, secondo l'espressione del Beato martire carmelitano Tito Brandsma, in profonda sintonia con Maria la Theotokos, diventando come Lei trasmettitori della vita divina: "Anche a noi il Signore manda il suo angelo ... anche noi dobbiamo ricevere Dio nei nostri cuori, portarlo dentro i nostri cuori, nutrirlo e farlo crescere in noi in modo tale che egli sia nato da noi e viva con noi come il Dio-con-noi, l'Emmanuele" (Dalla relazione del B. Tito Brandsma al Congresso Mariologico di Tongerloo, agosto 1936).

Questo  ricco  patrimonio  mariano  del  Carmelo  è  divenuto, nel tempo, attraverso la diffusione della devozione del Santo Scapolare, un tesoro per tutta la Chiesa. Per la sua semplicità, per il suo valore antropologico e per il rapporto con il ruolo di Maria nei confronti della Chiesa e dell'umanità, questa devozione è stata profondamente e ampiamente recepita dal popolo di Dio, tanto da trovare espressione nella memoria del 16 luglio, presente nel Calendario liturgico della Chiesa universale.

5. Nel  segno  dello  Scapolare  si  evidenzia  una  sintesi  efficace  di spiritualità  mariana,  che  alimenta  la  devozione  dei  credenti,  rendendoli sensibili alla presenza amorosa della Vergine Madre nella loro vita. Lo Scapolare è essenzialmente un ‘abito’. Chi lo riceve viene aggregato o associato in un grado più o meno intimo all'Ordine del Carmelo,  dedicato  al  servizio  della  Madonna  per  il  bene  di  tutta  la Chiesa (cfr Formula dell'imposizione dello Scapolare, nel "Rito della Benedizione e imposizione dello Scapolare", approvato dalla Congregazione per  il  Culto  Divino  e  la  Disciplina  dei  Sacramenti,  5/1/1996).  Chi riveste  lo  Scapolare  viene  quindi  introdotto  nella  terra  del  Carmelo, perché "ne mangi i frutti e i prodotti" (cfr Jr 2,7), e sperimenta la presenza dolce e materna di Maria, nell'impegno quotidiano di rivestirsi interiormente  di  Gesù  Cristo  e  di  manifestarlo  vivente  in  sé  per  il bene della Chiesa e di tutta l'umanità (cfr Formula dell'imposizione dello Scapolare, cit.).

Due,  quindi,  sono  le  verità  evocate  nel  segno  dello  Scapolare: da una parte, la protezione continua della Vergine Santissima, non solo lungo il cammino della vita, ma anche nel momento del transito verso la pienezza  della  gloria  eterna;  dall'altra,  la  consapevolezza  che  la devozione verso di Lei non può limitarsi a preghiere ed ossequi in suo onore  in  alcune  circostanze,  ma  deve  costituire  un  ‘abito’,  cioè  un indirizzo  permanente  della  propria  condotta  cristiana,  intessuta  di preghiera  e  di  vita  interiore,  mediante  la  frequente  pratica  dei Sacramenti  ed  il  concreto  esercizio  delle  opere  di  misericordia spirituale e corporale. In questo modo lo Scapolare diventa segno di ‘alleanza’  e  di  comunione  reciproca  tra  Maria  e  i  fedeli:  esso  infatti traduce in maniera concreta la consegna che Gesù, sulla croce, fece a Giovanni, e in lui a tutti noi, della Madre sua, e l'affidamento dell'apostolo  prediletto  e  di  noi  a  Lei,  costituita  nostra  Madre spirituale.

6. Di  questa  spiritualità  mariana,  che  plasma  interiormente  le persone  e  le  configura  a  Cristo,  primogenito  fra  molti  fratelli,  sono uno splendido esempio le testimonianze di santità e di sapienza di tanti Santi  e  Sante  del  Carmelo,  tutti  cresciuti  all'ombra  e  sotto  la  tutela della Madre.

Anch'io porto sul mio cuore, da tanto tempo, lo Scapolare del Carmine! Per l'amore che nutro verso la comune Madre celeste, la cui protezione  sperimento  continuamente,  auguro  che  quest'anno  mariano aiuti  tutti  i  religiosi  e  le  religiose  del  Carmelo  e  i  pii  fedeli  che la venerano filialmente, a crescere nel suo amore e a irradiare nel mondo la presenza di questa Donna del silenzio e della preghiera, invocata come Madre della misericordia, Madre della speranza e della grazia.

88 Con  questi  auspici,  imparto  volentieri  la  Benedizione Apostolica  a  tutti  i  frati,  le  monache,  le  suore,  i  laici  e  le laiche  della  Famiglia  carmelitana,  che  tanto  operano  per diffondere tra il popolo di Dio la vera devozione a Maria, Stella del mare e Fiore del Carmelo!

Dal Vaticano, 25 marzo 2001

AI MEMBRI DEL SENATO ACCADEMICO

DELL'UNIVERSITÀ DI POZNAN


Lunedì, 26 marzo 2001

Illustri Signori e Signore,


Vi ringrazio di cuore per essere venuti. Saluto l’Arcivescovo Juliusz e il Vescovo Marek. Do il mio benvenuto agli illustri Professori, agi Studenti e al personale non docente dell’Università. Ringrazio il Signor Rettore per le benevole parole rivoltemi.

Siete venuti qui come rappresentanti dell’intera comunità dell’Università “Adam Mickiewicz” di Poznan, per onorarmi con il titolo di dottore della vostra benemerita Università. Accetto con gratitudine tale privilegio. Benché i miei contatti diretti con l’Università di Poznan non siano stati frequenti, sempre mi sentivo unito ad essa. Ritenevo infatti L’ambiente scientifico creatosi intorno ad essa un importante centro di formazione della cultura della nostra Nazione, intesa ampiamente. Come non ricordare in questo istante le parole pronunciate da Adam Poszwinski, durante la cerimonia di apertura dell’Università, nel 1919: “Il nostro desiderio è che da questa scuola escano non soltanto dei bravi professionisti, ma dei cittadini di cuore e di spirito nazionale, cittadini con altissimo senso del servizio civico, che intendano la propria professione come servizio alla nazione”! Se è così, se la sollecitudine per il bene spirituale della nazione è il principio fondamentale di questa Alma Mater, essa non può non essere a me cara.

Oggi questo bene spirituale della nazione, va visto nella prospettiva dell’unificazione dell’Europa. E anche in un’impostazione di questo genere è difficile sopravalutare il ruolo dell’Ateneo dei Piast. Nel 1983 dissi a Poznan, che questa città aveva avuto un ruolo significativo nella formazione della cultura polacca in modo da farle acquisire i contrassegni caratteristici soprattutto dell’occidente europeo (cfr. 20.06.1983). La vostra Università, sin dai suoi lontani albori uniti alla figura del vescovo Jan Lubranski, e più tardi a quella del vescovo Adam Konarski, fino ai giorni nostri si è inserita attivamente ed efficacemente nell’opera di costruzione di ponti tra il patrimonio della dinastia dei Piast, di quella degli Jagelloni e delle epoche successive, e lo spirito dell’Europa. Spero che anche nel futuro l’Università di Poznan continui ad essere luogo d’incontro tra la cultura polacca consolidata nella sua identità e la cultura europea rispettosa dei valori perenni.

Un pensiero ancora. Non vorrei che il significato di questo dottorato honoris causa si limitasse solamente alla mia persona. L’accetto come segno di una coesistenza creativa di scienza e di religione e di una fruttuosa cooperazione degli ambienti scientifici e ecclesiastici. Sembra che questo sia un segno tanto più eloquente perché il conferimento di questo titolo è stato proposto da tutte le facoltà dell’Università. Mi rallegra il fatto che da poco tempo tra esse si trovi anche la Facoltà di Teologia. Che questa presenza sveli sempre più la forma spirituale della scienza, aperta all’infinito, e allo stesso tempo aiuti a scoprire i solidi, scientifici fondamenti della fede.

Ringrazio ancora una volta per la benevolenza. Chiedo di trasmettere i miei cordiali saluti ai Professori, agli Studenti e al Personale non docente dell’Università, che non sono potuti venire qui. Porto tutti nel mio cuore e ricordo tutti nella preghiera. Chiedo a Dio l’abbondanza della sua benedizione per voi qui presenti e per tutta la comunità dell’Università “Adam Mickiewicz” di Poznan.


AGLI EDITORI DEL TERZO VOLUME


DEI MESSAGI PER LE ANNUALI


GIORNATE DELLA PACE


Mercoledì, 28 marzo 2001




Illustre Signor Nunzio!
89 Cari Fratelli nell'Episcopato e nel Sacerdozio!
Cari Fratelli e Sorelle!

1. "Grazia a voi e pace da Dio, Padre nostro, e dal Signore Gesù Cristo" (
Ph 1,2). Con questo auspicio di san Paolo, Apostolo delle Nazioni, vi porgo il benvenuto nel Palazzo Apostolico, dove abbiamo appena avuto occasione di celebrare insieme l'Eucaristia e di scambiarci il saluto di pace.

Riprendo volentieri le cortesi parole che mi ha rivolto il Nunzio Apostolico Arcivescovo Donato Squicciarini a nome di tutti voi. Come lui che, guardando a questo incontro, ha parlato di un grande onore, così anch'io desidero esprimere la profonda gioia che l'occasione odierna mi dà: la consegna del terzo volume dei miei Messaggi per la Giornata della Pace degli anni 1993-2000.

2. Ringrazio il mio rappresentante in Austria per l'impegno che si è assunto come editore di questa notevole opera e per il prezioso contributo che in tal modo offre per la diffusione dei Messaggi di pace. Allo stesso tempo esprimo il mio ringraziamento a tutti coloro che si sono dedicati con studi intensi ai miei pensieri sulla pace, diventando così loro interpreti competenti. Non per ultimo desidero esprimere i miei sentimenti di stima anche a coloro che con grande cura hanno pubblicato e realizzato tecnicamente questo utile libro.

3. Il messaggio di pace è più attuale che mai in un tempo in cui i popoli si avvicinano sempre più dal punto di vista dello spazio, cosicché si ha l'impressione che il globo terrestre si riduca sempre più a un "mondo-paese". Con tutti i rischi e i pericoli che senza alcun dubbio si celano nel processo di globalizzazione, non si deve però ignorare un fenomeno che rappresenta un segno di speranza: la crescente consapevolezza della reciproca dipendenza tra le singole persone, i gruppi etnici, le nazioni.

Il fatto che gli uomini e le donne in diverse parti del mondo percepiscano le ingiustizie e le violazioni dei diritti umani - anche se perpetrate in Paesi lontani - come se le avessero subite loro stessi, indica una crescente sensibilizzazione dei cuori. Vi è però al contempo un motivo di preoccupazione, quando gli interessi nazionalistici crescono in modo tale che l'incontro tra le culture non è più percepito come arricchimento bensì come minaccia. Gli sviluppi dovuti alla globalizzazione devono quindi anche colpire le coscienze. In tal modo il messaggio di pace ottiene una risonanza nuova.

4. Il crescente intreccio delle relazioni reciproche tra gli uomini, nelle grandi come nelle piccole cose, esige risolutamente la solidarietà. La pace, infatti, è possibile solo se la dipendenza reciproca alimenta il superamento di qualsiasi esclusione, la rinuncia a ogni forma d'imperialismo economico, militare o nazionale e la trasformazione della diffidenza reciproca in una amichevole collaborazione. Proprio in questo sta il particolare atto di solidarietà tra le singole persone e tra i popoli.

In questo contesto vorrei ricordare il motto sotto il quale ha posto il suo Pontificato il mio compianto e stimato predecessore Papa Pio XII: Opus iustitiae pax. La pace è frutto della giustizia. Oggi lo stesso motto può essere rivisto dalla stessa prospettiva biblica (Cfr Is 32,17 Jc 3,18): Opus solidarietatis pax. La pace è frutto della solidarietà.

Affinché la "pace delle armi" possa crescere e durare nel tempo, l'uomo deve affidarsi alle "armi della pace": tra queste vi sono il rispetto della dignità umana, nonché la pratica della giustizia e della solidarietà. Queste "armi della pace" si levano quando non viene rispettata la dignità della persona umana, quando viene oppresso il debole e sfavorito il povero.

5. Possa questa opera aiutare molti lettori a comprendere in modo sempre più profondo il messaggio di pace e a attuarlo nella propria vita! Il discorso della pace non deve restare solo parola; deve diventare anche azione. Nel cuore nutro la speranza che la "cultura della pace" si diffonda ulteriormente, affinché il globo terrestre sia avvolto dalla "rete della pace", intrecciata dalla "globalizzazione della solidarietà". Il volume da voi preparato e ora pubblicato può certamente contribuire al conseguimento di questo obiettivo. In segno di gratitudine e di riconoscenza per la realizzazione del progetto di questo libro, vi imparto di cuore la Benedizione Apostolica.




AI PARTECIPANTI ALL'INCONTRO PROMOSSO


DALLA COMMISSIONE DEGLI EPISCOPATI


DELLA COMUNITÀ EUROPEA (COMECE)


90
Venerdì, 30 marzo 2001


Signori Cardinali,
Venerati Fratelli nell'Episcopato,
Carissimi Fratelli e Sorelle!

1. Sono lieto di rivolgere un cordiale benvenuto a ciascuno di voi, che siete venuti a Roma per l'Assemblea plenaria di primavera della Commissione degli Episcopati della Comunità Europea. Ringrazio, in particolare, Mons. Josef Homeyer, Vescovo di Hildesheim, per le cordiali espressioni indirizzatemi a nome vostro. Saluto, inoltre, i Rappresentanti delle Conferenze Episcopali degli Stati candidati all'Unione Europea e i Membri della Presidenza del Consiglio delle Conferenze Episcopali d'Europa, che prendono parte al vostro incontro di studio e di fraternità. Rivolgo, altresì, il mio pensiero ai sacerdoti e ai laici che con generosità e competenza vi affiancano nella quotidiana vostra missione.

L'odierna riunione, segno dell'intensa e profonda comunione che vi unisce al Successore di Pietro, mi consente di conoscere più da vicino i progetti e le prospettive del lavoro di collaborazione delle Comunità ecclesiali europee. La vostra Commissione si propone poi di affrontare dal punto di vista pastorale le tematiche di crescente rilievo connesse con le competenze e l'attività dell'Unione Europea e di favorire la cooperazione tra gli Episcopati per quanto concerne le questioni di comune interesse.

2. Il processo di integrazione europea, nonostante alcune difficoltà, prosegue il suo cammino ed altri Stati chiedono di associarsi all'Unione dei Quindici. Quella che si sta consolidando non deve, però, essere solamente una realtà geografica ed economica continentale, ma deve proporsi innanzitutto un'intesa culturale e spirituale, forgiata mediante un fecondo intreccio di molteplici e significativi valori e tradizioni. A così importante processo di integrazione la Chiesa continua ad offrire con animo partecipe il proprio specifico contributo. I miei venerati Predecessori hanno salutato il cammino come un sicuro itinerario verso la pace e la concordia tra i popoli, vedendovi una via più spedita per raggiungere il "bene comune europeo".

Io stesso ho più volte evocato l'immagine di un'Europa che respira a due polmoni, non soltanto dal punto di vista religioso, ma anche culturale e politico. Non ho mancato sin dall'inizio del mio ministero petrino di sottolineare che la costruzione della civiltà europea deve fondarsi sul riconoscimento della "dignità della persona umana e dei suoi inalienabili diritti fondamentali, l'inviolabilità della vita, la libertà e la giustizia, la fratellanza e la solidarietà" (cfr Discorso ai partecipanti al 76E raduno di Bergedorf sul tema "La divisione dell'Europa e la possibilità di superare tale situazione", 17 dicembre 1984, Insegnamenti di Giovanni Paolo II, VII/2 [1984], 1607).

3. Ho voluto pure che alla missione della Chiesa in Europa fossero dedicate due Assemblee Speciali del Sinodo dei Vescovi, quella del 1991 e quella del 1999. Soprattutto quest'ultima, che aveva come tema "Gesù Cristo vivente nella sua Chiesa, sorgente di speranza per l'Europa", ha ribadito con vigore come il cristianesimo possa offrire al continente europeo un determinante e sostanziale apporto di rinnovamento e di speranza, proponendo con slancio rinnovato l'annuncio sempre attuale di Cristo unico Redentore dell'uomo.

La Chiesa trova "nella virtù del Signore risorto la forza per vincere con pazienza e carità le sue interne ed esterne afflizioni e difficoltà e per rivelare al mondo con fedeltà il mistero di Lui" (Lumen gentium
LG 8). E' con tale consapevolezza che anche voi, cari Fratelli e Sorelle, siete chiamati ad assumere il compito di risvegliare e coltivare nei cristiani europei l'impegno a testimoniare la speranza evangelica. E' necessaria, a questo scopo, una rinnovata stagione missionaria che coinvolga tutte le componenti del popolo cristiano. Opportunamente la vostra Commissione e gli Episcopati del continente si stanno dedicando alla formazione religiosa e culturale dei fedeli e al permanente accompagnamento delle persone che, a ogni livello, sono responsabili dell'unificazione europea. La costruzione di una nuova Europa, infatti, ha bisogno di uomini e donne dotati di umana saggezza, di un senso vivo del discernimento, ancorato a una solida antropologia non disgiunta dall'esperienza personale della trascendenza divina.

4. Talora emerge nel mondo contemporaneo il convincimento che l'uomo possa stabilire da se stesso i valori di cui ha bisogno. La società non di rado vorrebbe delegare la determinazione delle proprie mete al calcolo razionale, alla tecnologia o all'interesse di una maggioranza. Occorre ribadire con forza che la dignità della persona umana è radicata nel disegno del Creatore, così che i diritti da essa fluenti non sono soggetti ad interventi arbitrari delle maggioranze, ma vanno da tutti riconosciuti e mantenuti al centro di ogni disegno sociale e di ogni decisione politica. Solo una visione integrale della realtà, ispirata ai perenni valori umani, può favorire il consolidarsi d'una comunità libera e solidale.

91 All'essere umano e alle sue fondamentali esigenze devono guardare costantemente soprattutto coloro che sono preposti al governo, alla formulazione delle leggi e all'amministrazione della cosa pubblica. In questo campo la Chiesa non mancherà di offrire il suo contributo specifico. Esperta in umanità, essa sa che primo compito d'ogni società è tutelare l'autentica dignità umana e il bene comune che, come afferma il Concilio Vaticano II, "si concreta nell'insieme di quelle condizioni sociali che consentono e favoriscono negli esseri umani, nelle famiglie e nelle associazioni il conseguimento più pieno e più spedito della propria perfezione" (Gaudium et spes GS 74).

5. Carissimi Fratelli e Sorelle, perché questo sforzo sia efficace, esso va costantemente preceduto e accompagnato dalla preghiera. E' dall'umile e confidente ricorso a Dio che possiamo trarre la luce e il coraggio indispensabili per comunicare ai fratelli il Vangelo della speranza e della pace. Solo a partire da Cristo e dal suo messaggio di salvezza è possibile costruire la civiltà dell'amore. La Vergine Maria, venerata in tanti santuari sparsi per il continente europeo, vi sostenga nella vostra azione apostolica e missionaria.

Con tali voti, mentre vi incoraggio a proseguire nel vostro lodevole servizio alla causa europea, di cuore tutti vi benedico.


GP2 Discorsi 2001 84