GP2 Discorsi 2001 173


INCONTRO ECUMENICO NELLA CATTEDRALE GRECO-ORTODOSSA


Sabato, 5 maggio 2001





Beatitudine Ignazio,
Santissimo Padre Zakka,
174 Beatitudine Gregorio III,
Cari Vescovi e dignitari delle Chiese
e delle Comunità ecclesiali di Siria e di altri Paesi,
vi ringrazio per la vostra presenza e vi accolgo,
pellegrini uniti davanti a questa assemblea come fratelli.

1. "Quando giunse e vide la grazia del Signore, (Barnaba) si rallegrò... esortava tutti a perseverare con cuore risoluto nel Signore" (
Ac 11,23). Tale era la meraviglia gioiosa dell'apostolo ad Antiochia, dove era stato inviato dalla Chiesa di Gerusalemme. Tali sono anche la mia gioia e il mio messaggio oggi. Questa visita in Siria mi riporta, in effetti, all'aurora della Chiesa, al tempo degli Apostoli e delle prime comunità cristiane. Completa i pellegrinaggi in terra biblica che ho potuto effettuare all'inizio dell'anno 2000. Mi offre anche la gioiosa occasione di incontrarvi in Siria e di rendervi le visite che avete fatto alla Chiesa e al Vescovo di Roma.

In questa cattedrale, dedicata alla Dormizione della Vergine Maria, desidero salutare in modo particolare il Patriarca Ignazio IV Hazim. Beatitudine, la ringrazio di tutto cuore per l'accoglienza fraterna che oggi mi riserva e per questa Liturgia della Parola che abbiamo la gioia di celebrare insieme. L'interesse e l'attività che Sua Beatitudine svolge, da tanti anni, per la causa dell'unità del popolo di Dio, sono noti a tutti. Li apprezzo profondamente e ne rendo grazie a Dio. Imploro, amato Fratello, la benedizione del Signore sul suo ministero, come pure sulla Chiesa di cui Lei è il Pastore.

2. Costruita sul fondamento degli Apostoli Pietro e Paolo, la Chiesa in Siria non ha tardato a manifestare una straordinaria fioritura di vita cristiana. Non senza motivo il Concilio di Nicea riconobbe il primato di Antiochia sulle Chiese metropolitane della regione. Menzionando qui in modo particolare Ignazio di Antiochia, Giovanni Damasceno e Simeone, come possiamo non ricordare i numerosi confessori e martiri che hanno fatto risplendere, in questa regione, gli esordi della Chiesa con la loro fedeltà alla grazia, fino all'effusione del sangue! Quanti monaci e monache si sono ritirati in solitudine, popolando i deserti e le montagne della Siria di eremi e di monasteri, per vivervi una vita di preghiera e di sacrificio, a lode di Dio, al fine, come diceva Teodoro di Edessa, "di acquisire lo stato di bellezza" (Discorso sulla contemplazione)! Quanti teologi siriani hanno contribuito allo sviluppo delle Scuole teologiche di Antiochia e di Edessa! Quanti missionari sono partiti dalla Siria per dirigersi verso l'Oriente, proseguendo così quel grande movimento di evangelizzazione che ebbe luogo in Mesopotamia e anche oltre, fino al Kerala, in India. La Chiesa in Occidente non è forse ampiamente debitrice ai numerosi Pastori di origine siriana che vi assunsero il ministero episcopale, ossia il ministero di Vescovo di Roma? Che Dio sia lodato per la testimonianza e l'irradiamento dell'antico Patriarcato di Antiochia!

Nel corso dei secoli, purtroppo, l'illustre Patriarcato di Antiochia perse la sua unità; è auspicabile che i diversi Patriarcati attualmente esistenti ritrovino le vie più adatte a condurli alla piena comunione.

3. Fra il Patriarcato greco-ortodosso e il patriarcato greco-cattolico di Antiochia è stato avviato un processo di riavvicinamento ecumenico per il quale rendo grazie al Signore di tutto cuore. Esso deriva al contempo dal desiderio del popolo cristiano, dal dialogo fra teologi, come pure dalla collaborazione fraterna fra Vescovi e Pastori dei due Patriarcati. Esorto tutte le persone coinvolte a continuare questa ricerca dell'unità, con coraggio e prudenza, con rispetto ma senza confusione, traendo dalla Divina Liturgia la forza sacramentale e lo sprone teologico necessari a questo percorso. La ricerca dell'unità fra il Patriarcato greco-ortodosso e il patriarcato greco-cattolico di Antiochia s'inscrive chiaramente nel quadro più ampio del processo di riunione fra la Chiesa cattolica e le Chiese ortodosse. Perciò tengo a formulare nuovamente il mio sincero auspicio che la Commissione mista internazionale per il dialogo teologico fra la Chiesa cattolica e le Chiese ortodosse possa proseguire le sue attività, nel modo più appropriato. Più questo dialogo affronterà questioni centrali, più sarà laborioso. Ciò non deve meravigliare, e tanto meno far stancare. Chi potrebbe impedirci di riporre la nostra speranza nello Spirito di Dio che non cessa di risvegliare la santità fra i discepoli della Chiesa di Cristo? Tengo a ringraziare vivamente il Patriarca Ignazio IV, per il contributo positivo ed efficace che il Patriarcato di Antiochia e i suoi rappresentanti non hanno mai smesso di apportare al progresso di questo dialogo teologico. Parimenti, sono grato al Patriarca Gregorio III e al suo predecessore, il Patriarca Maximos V, per il loro costante contributo al clima di fraternità e di comprensione, necessario per il buono sviluppo di questo dialogo.

4. Desidero menzionare con eguale gratitudine e speranza l'approfondimento dei rapporti fraterni fra il Patriarcato siro-ortodosso e il Patriarcato siro-cattolico. Saluto in modo particolare il Patriarca Zakka I nel quale la Chiesa cattolica, dal Concilio Vaticano II, a cui ha assistito come osservatore, ha sempre trovato un fedele promotore dell'unità dei cristiani. Durante la sua visita a Roma nel 1984, Santità, abbiamo avuto la gioia di poter compiere un reale progresso lungo il cammino dell'unità, avendo professato insieme Gesù Cristo come nostro Signore, Lui che è vero Dio e vero uomo. In quella stessa occasione, abbiamo potuto anche autorizzare un progetto di collaborazione pastorale, in particolare a livello di vita sacramentale, quando i fedeli non possono accedere a un sacerdote della propria Chiesa. Anche con la Chiesa siro-malankarese in India, che dipende dalla sua autorità patriarcale, la Chiesa cattolica intrattiene buoni rapporti. Imploro il Signore affinché non tardi a venire il giorno in cui scompariranno gli ultimi ostacoli che impediscono ancora la piena comunione fra la Chiesa cattolica e la Chiesa siro-ortodossa.

175 5. Nel corso dei tempi, e soprattutto all'inizio del ventesimo secolo, comunità armene, caldee e assire, costrette a lasciare le proprie città e i propri villaggi di origine dinanzi alla violenza e alla persecuzione, raggiunsero i quartieri cristiani di Damasco, Aleppo, Homs e altre località della regione. Fu dunque in Siria che esse trovarono un rifugio, un luogo di pace e di sicurezza. Ringrazio il Signore Dio per l'ospitalità che la popolazione siriana ha offerto, in diverse occasioni, ai cristiani perseguitati della regione. Superando qualsiasi divisione ecclesiale, questa ospitalità era il pegno di un riavvicinamento ecumenico. Era il Cristo del Venerdì Santo che si riconosceva e si voleva accogliere nel fratello perseguitato.

Da allora, per convinzione come anche per necessità, i cristiani della Siria hanno imparato l'arte della condivisione, della convivialità e dell'amicizia. Il riavvicinamento ecumenico a livello delle famiglie, dei bambini, dei giovani e dei responsabili sociali, è promettente per il futuro dell'annuncio del Vangelo in questo Paese. Spetta a voi, Vescovi e Pastori, seguire con saggezza e coraggio questa felice dinamica di riavvicinamento e di condivisione. La cooperazione di tutti i cristiani, sia essa sul piano della vita sociale e culturale, della promozione del bene della pace o dell'educazione dei giovani, manifesta chiaramente il grado di comunione già esistente fra di essi (cfr Enciclica Ut unum sint
UUS 75).

In virtù della successione apostolica, il sacerdozio e l'Eucaristia uniscono di fatto mediante vincoli molto stretti le nostre Chiese particolari che si chiamano, e amano chiamarsi Chiese sorelle (cfr Decreto Unitatis redintegratio UR 14). "Questa vita di Chiese sorelle, noi l'abbiamo vissuta durante secoli, celebrando insieme i Concili ecumenici, che hanno difeso il deposito della fede da ogni alterazione. Ora, dopo un lungo periodo di divisione e incomprensione reciproca, il Signore ci concede di riscoprirci come Chiese sorelle, nonostante gli ostacoli che nel passato si sono frapposti tra di noi. Se oggi, alle soglie del terzo millennio, noi ricerchiamo il ristabilimento della piena comunione, è all'attuazione di questa realtà che dobbiamo tendere ed è a questa realtà che dobbiamo far riferimento" (Ut ununt sint, n. 57).

6. Solo qualche settimana fa, abbiamo avuto la grande gioia di poter celebrare nello stesso giorno la festa di Pasqua. Ho vissuto questa felice coincidenza dell'anno 2001 come un pressante invito della Provvidenza, rivolto a tutte le Chiese e Comunità ecclesiali, affinché ripristinino senza indugio la celebrazione comune della festa pasquale, festa fra tutte le feste, mistero centrale della nostra fede. I nostri fedeli insistono, a giusto titolo, affinché la celebrazione di Pasqua non sia più un fattore di divisione. Dal Concilio Vaticano II, la Chiesa cattolica si è dichiarata favorevole a ogni tentativo in grado di ristabilire la celebrazione comune della festa pasquale. Questo processo appare tuttavia più laborioso del previsto. Occorre forse prevedere tappe intermedie o differenziate, per preparare le menti e i cuori all'applicazione di un computo accettabile per tutti i cristiani d'Oriente e di Occidente? Spetta ai Patriarchi e ai Vescovi del Medio Oriente assumersi insieme questa responsabilità verso le loro comunità, nei diversi Paesi di questa regione. Dal Medio Oriente potrebbero nascere e diffondersi un nuovo slancio e una nuova ispirazione a tale proposito.

7. Da qui a qualche settimana, celebreremo insieme la festa della Pentecoste. Preghiamo affinché lo Spirito Santo susciti "in tutti i discepoli di Cristo il desiderio e l'azione, affinché tutti, nel modo da Cristo stabilito, pacificamente si uniscano in un solo gregge sotto un solo pastore" (Costituzione Lumen gentium LG 15). Imploriamo lo Spirito di farci crescere in santità, poiché non vi è unità duratura che non sia edificata sull'umiltà, sulla conversione, sul perdono e pertanto sul sacrificio.

Quando lo Spirito della Pentecoste discese sugli Apostoli, la Vergine Maria era presente in mezzo a loro. Il suo esempio e la sua protezione ci aiutino ad ascoltare insieme ciò che, ancora oggi, lo Spirito dice alle Chiese e ad accogliere le sue parole con gioia e fiducia!

INCONTRO CON I PATRIARCHI ED I VESCOVI DELLA SIRIA

NEL PATRIARCATO GRECO-MELKITA A DAMASCO

DISCORSO DEL SANTO PADRE GIOVANNI PAOLO II

Domenica, 6 maggio 2001




Santità,
Beatitudini,
Signori Cardinali,
Cari Fratelli nell'Episcopato,

176 1. Il mio pellegrinaggio sulle orme di San Paolo, amati Fratelli, mi conduce oggi in Siria, a Damasco, ed è con grande gioia che mi trovo in mezzo a voi. Vi ringrazio per la calorosa accoglienza ed esprimo, in particolare, la mia gratitudine a Sua Beatitudine il Patriarca Gregorio III, per le cordiali parole di benvenuto che mi ha rivolto nella sua residenza patriarcale.

Ogni pellegrinaggio è un'occasione per ritornare alle fonti della nostra fede, per consolidare il nostro amore verso Cristo e la Chiesa e per lanciarci nuovamente nella missione che Gesù ci ha affidato. Qui, su questa terra benedetta da Dio dalla presenza, nel corso dei secoli, di testimoni eminenti che, con la loro vita e i loro scritti, sono figure della tradizione di tutta la Chiesa, la storia santa si legge come un libro aperto sul paesaggio, sui siti biblici e sui santuari cristiani. Tuttavia questo pellegrinaggio vuole essere evidentemente anche un incontro con gli uomini e le donne che abitano in questa terra, in particolare con i nostri fratelli e sorelle nella fede nell'unico Signore, vissuto Egli stesso in Medio Oriente, che ci ha rivelato il volto del Padre di ogni tenerezza. Non è forse su questa terra, nella città di Antiochia, che è uno dei fari dell'Oriente, che i discepoli di Gesù di Nazareth sono stati chiamati per la prima volta "cristiani" (
Ac 11,26), ossia coloro che professano che Cristo è il Signore, il Messia di Dio, e che essi sono membra del suo Corpo? È dunque con profonda gioia che vi rivolgo lo stesso saluto di Cristo dopo la risurrezione: "Pace a voi!" (Jn 20,19).

2. La situazione della Chiesa cattolica in Siria è di una grande diversità, per la simultanea presenza di molteplici Chiese sui iuris che rappresentano altrettante grandi e ricche tradizioni dell'Oriente cristiano. Pazientemente, superando pian piano un secolare ripiegamento dovuto alle contingenze storiche, le vostre comunità e i vostri fedeli si sono aperti gli uni agli altri. Pur restando fermamente radicati nel vostro patrimonio ecclesiale e anche valorizzandolo, avete imparato a unire i vostri sforzi. L'Assemblea della Gerarchia cattolica in Siria, o, più ampiamente, il Consiglio dei Patriarchi del Medio Oriente, simboleggiano questo coordinamento indispensabile che vi invito a proseguire, a estendere e a intensificare ulteriormente, malgrado le difficoltà che ne risulteranno, per un migliore servizio pastorale ai fedeli a voi affidati e per una reale condivisione dei tesori spirituali delle vostre rispettive tradizioni. Se è vero, infatti, che la comunione è innanzitutto un dono di Dio alla sua Chiesa, è anche certo che a questo dono devono corrispondere, da parte nostra, il discernimento, il rispetto, la stima reciproca e la pazienza. Questi diversi elementi fanno sì che la diversità concorra all'unità; testimoniano la cattolicità della Chiesa e soprattutto glorificano il nome di Dio e servono all'annuncio del Vangelo, rendendo sempre più credibile la parola dei fratelli uniti nella fede e nell'amore.

Questa comunione fra le istanze delle vostre diverse Chiese non toglie nulla, anzi al contrario, alla comunione episcopale che regna in seno ai vostri rispettivi Sinodi. È un'espressione della più ampia comunione cattolica che va sempre ripresa e ravvivata.

3. Nel considerare le realtà concrete che contrassegnano la vita delle vostre comunità, vorrei invitarvi a ripartire da Cristo, a fondare su di Lui tutta la vostra vita. Ritornando a Lui, attingendo ogni giorno alla fonte viva della sua Parola e dei suoi Sacramenti, la Chiesa trova la forza che la fa vivere e che la sostiene nella sua testimonianza. L'esempio di San Paolo, nella lettera ai Galati: "Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me" (Ga 2,20), ci fa comprendere sempre di più questo mistero della presenza di Cristo nella nostra vita: "Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo" (Mt 28,20). Presenza consolatrice che ci tranquillizza e ci rassicura lungo la nostra strada, poiché Cristo è con noi, presenza esigente che ci obbliga a non tenere per noi il tesoro che abbiamo ricevuto: "Guai a me se non predicassi il vangelo!" (1Co 9,16).

Cari Fratelli, troveremo così un cammino di vita spirituale forte, un cammino di santità, da proporre a tutti i battezzati delle nostre comunità. Fedeli alla gioia di celebrare l'Eucaristia, che ha costituito e ha riunito la comunità cristiana dalla Risurrezione del Signore, i credenti vi trovano il nutrimento per la loro fede: riunendosi attorno alla mensa della Parola e del Pane di vita, superano la dispersione del quotidiano e si fortificano, scoprono sempre di più la loro identità di figli di Dio e la consolidano per essere testimoni autentici nella Chiesa e nel mondo. Nella misura in cui è radicata nella preghiera, nell'ascolto attento della Parola e nel gusto per la liturgia, la nostra vita si apre ampiamente agli appelli dello Spirito per diffondersi e annunciare coraggiosamente il Vangelo della pace (cfr Ep 6,15) e renderne testimonianza in tutte le realtà familiari, culturali e sociali della vita della città umana. San Paolo, colto dalla grazia della chiamata di Cristo, ha testimoniato, più di chiunque altro, la novità cristiana e l'ha abbondantemente insegnata. Egli stesso si è lasciato portare verso una vita interamente nuova, tutta dedita a Cristo e all'annuncio del Vangelo.

4. Desidero esprimere ancora tutta l'ammirazione che provo nel vedere la concordia che regna fra i cristiani di Siria. La presenza di Sua Santità Mar Ignazio e Zakka I e di Sua Beatitudine il Patriarca Ignazio IV ne è il segno eloquente. Beatitudine Ignazio IV, mi hanno commosso le sue recenti dichiarazioni sulla profondità della comunione fraterna che esiste in questo Paese fra le Chiese cristiane e che Lei intende rafforzare sempre di più. Colgo l'occasione per salutare fraternamente anche Sua Beatitudine il Cardinale Ignazio Moussa Daoud, Prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, che ho appena chiamato a Roma per essere qui degno rappresentante di tutto l'Oriente cattolico. Saluto anche Sua Beatitudine il Patriarca siro-cattolico Ignace Pierre VIII, come pure gli altri Patriarchi, Cardinali e Vescovi presenti. L'autentica intesa che esiste fra Patriarchi, Vescovi e dignitari delle Chiese e delle Comunità ecclesiali del vostro Paese, è una bella testimonianza di amore cristiano in un Paese in cui la maggioranza dei cittadini è di religione musulmana.

Ricordiamo, infatti, che è in Siria che la Chiesa di Cristo scoprì il suo autentico carattere cattolico e assunse la sua missione universale. Gli Apostoli Pietro e Paolo, ciascuno secondo la propria grazia, hanno operato qui per radunare l'unica famiglia di Cristo, accogliendo fedeli provenienti da culture e nazioni diverse. È con soddisfazione che possiamo vedere svilupparsi la collaborazione fra le Chiese e le Comunità ecclesiali. Essa non può che contribuire a servire la riconciliazione e la ricerca dell'unità. Possa, questo riavvicinamento, aiutarvi a testimoniare con maggiore credibilità Gesù Cristo, morto e risorto per "riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi" (Jn 11,52). Che questa collaborazione contribuisca anche a rendere più bella e più autentica la Chiesa di Cristo, di fronte ai fedeli delle altre religioni!

Da parte loro, i fedeli apprezzano enormemente le occasioni che vengono offerte loro di partecipare ad una preghiera ecumenica comune. Una simile apertura dovrà prevalere sempre più e promuovere tutte quelle iniziative in cui le Chiese possono cooperare in tutti i campi. In effetti la divisione dei cristiani è un ostacolo al Vangelo. Inoltre, "l'ecumenismo non è soltanto una questione interna delle Comunità cristiane. Esso riguarda l'amore che Dio destina in Gesù cristo all'insieme dell'umanità, e ostacolare questo amore è un'offesa a Lui e al suo disegno di radunare tutti in Cristo" (Ut unum sint UUS 99). Avendo vissuto così vicino ai credenti musulmani per secoli, i cristiani di Siria colgono immediatamente l'intimo legame esistente fra l'unità della comunità e la testimonianza che nasce dalla comunione fraterna.

Anche in questo ambito, vi incoraggio ad un dialogo autentico nella vita quotidiana, improntato al rispetto reciproco e all'ospitalità. Abramo e Sara non hanno forse ricevuto il dono del figlio della promessa, per aver mangiato, secondo una tradizione piena di poesia riportata da Sant'Efrem Siro, i resti del pasto offerto ai tre Angeli?

5. Di certo, ai Pastori non mancano le preoccupazioni. La più pressante è, senza alcun dubbio, l'emigrazione di tante famiglie cristiane e di molti giovani. Tutti sperano di trovare altrove un futuro più agiato. Sono certo che ognuno di voi si è posto spesso l'angosciosa domanda: che cosa posso fare? Potete fare molto. Innanzitutto, offrendo il vostro contributo alla costruzione di una patria economicamente prospera, dove ogni cittadino abbia gli stessi diritti e doveri davanti alla legge, dove tutto il popolo desideri vivere una pace equa all'interno delle sue frontiere e con tutti i suoi vicini. Contribuire ad accrescere la fiducia nel futuro della vostra patria è uno dei maggiori servizi che la Chiesa può rendere alla società. Incoraggiare i cristiani alla solidarietà, nella condivisione delle difficoltà e nelle sofferenze del vostro popolo, costituisce un altro strumento d'azione. La vostra influenza sui giovani è grande: parlate al loro cuore generoso spiegando, correggendo, incoraggiando, e soprattutto inculcando loro, con il vostro esempio personale, la convinzione che i valori cristiani del cuore e della mente possono rendere felice l'uomo più di tutti i beni materiali. Trasmettete ai giovani un ideale umano e cristiano e fate scoprire loro, come diceva l'autore dell'epistola a Diogneto, che "Dio ha assegnato loro un posto così sublime e a essi non è lecito abbandonarlo" (VI, 10).

177 In questo spirito, il dialogo inter-religioso e la collaborazione reciproca, in particolare fra cristiani e musulmani, sono un contributo importante alla pace e all'intesa fra gli uomini e fra le comunità. Devono portare anche a una testimonianza comune a favore del pieno riconoscimento della dignità della persona umana.

6. Amati Fratelli in Cristo! Non posso concludere queste parole di conforto fraterno in modo migliore che facendo mie le raccomandazioni di san Paolo agli Anziani della Chiesa di Efeso: "Vegliate su voi stessi e su tutto il gregge, in mezzo al quale lo Spirito Santo vi ha posti come vescovi a pascere la Chiesa di Dio, che egli si è acquistata con il suo sangue" (
Ac 20,28).

Che questo stesso Spirito Santo ve ne dia la forza, per la Pasqua di nostro Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio e figlio dell'uomo, per la gloria di Dio, nostro Padre! Vi affido alla Vergine Maria, la Théotokos che la vostra bella liturgia non smette di lodare, Ella che è "nostra sorella piena di prudenza [...] il tesoro della nostra felicità" (Sant' Efrem Siro, Opera II, 318) e che veglia maternamente sulla Chiesa dall'Ultima Cena! Amen.

INCONTRO CON IL CLERO, I RELIGIOSI E I LAICI

NELLA CATTEDRALE SIRO-ORTODOSSA

DISCORSO DEL SANTO PADRE GIOVANNI PAOLO II

Domenica, 6 maggio 2001




Santità,
Beatitudini,
Eminenze ed Eccellenze,
Fratelli e Sorelle in Cristo,

1. All'approssimarsi della sera del giorno del Signore, siamo riuniti in questo luogo sacro, la Cattedrale Siro-Ortodossa di San Giorgio, per celebrare la luce inestinguibile della Santissima Trinità. La pienezza della luce del "Signore Dio, Colui che è, che era e che viene" (Ap 1,8) risplende sul volto di Gesù Cristo (cfr 2Co 4,6). Mediante Lui, nello Spirito Santo, rendiamo gloria a Dio, per la nostra sublime eredità di fede e per la chiamata al ministero di verità e di amore che ci rende servi del Vangelo.

Il mio cuore è pieno di gratitudine verso Dio che mi ha permesso di giungere a Damasco come pellegrino sulle orme di San Paolo. Fu proprio sulla via di Damasco che l'Apostolo delle Genti fu chiamato da Gesù Cristo, ricevette la luce dello Spirito Santo e fu battezzato. Qui, lo Spirito Santo ci ha ora riuniti per questa preghiera comune, per ascoltare la Parola di Dio, per implorare il suo perdono per i nostri peccati e le divisioni e per lodare la sua infinita misericordia. Nella pace di Cristo Risorto preghiamo con un solo cuore e con una sola mente, desiderosi di ascoltare il grande mistico e teologo siriano Ab al-Faraj, che esorta i credenti a "distruggere nella profondità del cuore le radici dell'ostilità fra cristiani" (Libro della Colomba, IV).

2. Con affetto fraterno, saluto Sua Santità Moran Mor Ignatius Zakka I Iwas, del quale siamo ospiti in questa splendida cattedrale. Sono particolarmente lieto di poter ricambiare le visite compiute a Roma da Sua Santità e dal suo predecessore Moran Mor Ignatius Jacoub III. Contatti reciproci di questo tipo contribuiscono a sostenere e ad approfondire il nostro amore fraterno. Suggellano l'accordo delle nostre Chiese sulla comune professione di fede nel mistero del Verbo incarnato, Dio vero e uomo vero, e ci incoraggiano a perseguire ulteriormente la cooperazione pastorale che abbiamo cominciato diciassette anni fa con la Dichiarazione Comune. Santità, la grande apertura ecumenica della sua Chiesa è fonte di profonda gioia per molti ed è un incoraggiamento a percorrere costantemente il cammino verso la piena comunione (cfr Ut unum sint UUS 62-63). E' un segno della vitalità spirituale e pastorale della sua Chiesa, della quale rendono testimonianza molte vocazioni al sacerdozio e alla vita monastica.

178 Con lo stesso vincolo fraterno saluto Sua Beatitudine il Patriarca Ignatius IV e Sua Beatitudine il Patriarca Gregorio III così come i Metropoliti e i Vescovi che li accompagnano. Do il benvenuto ai Patriarchi e ai Vescovi giunti da Paesi vicini e li ringrazio perché ci onorano con la loro presenza. Con amore fraterno saluto Sua Beatitudine il Patriarca Emerito Ignazio Moussa Daoud I. Quando l'ho nominato Prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali e l'ho creato Cardinale non ho voluto solo trarre insegnamento dalla sua esperienza e dalla sua saggezza, ma anche rendere onore alle Chiese d'Oriente e alla Chiesa in Siria in particolare.

Porgo saluti affettuosi ai sacerdoti, ai monaci e alle suore, ai religiosi e alle religiose e a tutti i fedeli qui presenti: sono veramente felice di essere fra voi!

3. La gioia della Pasqua è sbocciata sul legno della Croce. Qui a Damasco al discepolo Anania fu detto durante una visione di seguire Saulo, il persecutore della Chiesa. Nonostante i dubbi e le paure Anania obbedì al Signore e senza esitazione chiamò il nemico dei cristiani "fratello" (
Ac 9,17). Qui osserviamo due caratteristiche essenziali della missione della Chiesa: obbedienza coraggiosa alla Parola di Dio e volontà di perdonare e di riconciliarsi. Quando Dio agisce, l'impossibile diviene possibile. Abbiamo il compito di dire "sì" alla volontà salvifica di Dio e di accettare con tutto il nostro essere il suo disegno misterioso.

Quando Anania lo chiamò, Paolo stava pregando (cfr Ac 9,11). In un certo senso si stava preparando a ricevere la missione che lo avrebbe vincolato per sempre alla Croce: "io gli mostrerò quanto dovrà soffrire per il mio nome" (Ac 9,16). Vi sono altre due caratteristiche della nostra chiamata alla sequela di Cristo: preghiera e resistenza di fronte alle difficoltà. Forse, oggi più che mai, queste saranno le caratteristiche della nostra fedeltà a Dio: pregare, portare la Croce, obbedire alla volontà di Dio e onorare tutti come fratelli o sorelle. Nel seguire questo cammino, ripercorreremo le orme di una "gran numero di testimoni" (cfr He 12,1), inclusi innumerevoli monaci e suore venuti prima di voi in queste terre. Grazie alla Divina Provvidenza tutto il Medio Oriente è profondamente segnato dalla cultura del monachesimo siriano e dalla sua ardente testimonianza.

4. Qui a Damasco desidero rendere omaggio a tutta la tradizione siriana con la sua ricca unità nella diversità. I santi Paolo, Ignazio di Antiochia, Efrem, Giovanni Crisostomo, Simeone lo Stilita, Giovanni Damasceno e molti altri, sono maestri luminosi per tutti noi. In loro vediamo che l'obbedienza di fede e la sofferenza della croce non smettono mai di recare frutti di salvezza.

La creatività meravigliosa della vostra tradizione si rivela nella figura di Sant'Efrem di Nisibi, l'"arpa dello Spirito Santo", le cui opere sono state prontamente tradotte in tutte le lingue dell'antichità cristiana.

Che questi scambi di doni non cessino mai! Spero con fervore che i cristiani aprano ancora una volta il loro cuore ovunque ai tesori spirituali e dottrinali delle Chiese della tradizione siriana!

Nella grande schiera di quanti seguirono l'Agnello c'è stato il santo incomparabile del vostro Paese, Simeone lo Stilita, che fu ai suoi tempi un'icona vivente di santità e ora è venerato dalla Chiesa in tutto il mondo. La sua preghiera era incessante e la sua carità universale, poiché accoglieva chiunque si recasse da lui da vicino e da lontano, il più grande e il più piccolo. Inoltre recava sul corpo le ferite del Signore Crocifisso (cfr Teodoreto di Ciro, Historia religiosa, n. 26). Nella biografia, scritta da uno dei suoi discepoli quindici anni dopo la sua morte, la straordinaria vocazione di San Simeone è descritta in questi termini: "per mezzo delle sofferenze del suo servo, Dio desiderava risvegliare il mondo dal suo profondo torpore". Il mondo di oggi ha bisogno di essere risvegliato all'amore di Dio e al suo piano salvifico. La lettura del Vangelo ci ha esortato: "Levate i vostri occhi e guardate i campi che già biondeggiano per la mietitura" (Jn 4,35). E' ora di mietere il raccolto perché il cuore dell'uomo ha sempre fame della "via, la verità, la vita" (Jn 14,6). Una testimonianza più unita da parte dei cristiani è essenziale se il mondo del terzo millennio deve credere (cfr Jn 17,21). Che lo Spirito Santo acceleri il giorno della nostra unione completa!

5. Alla fine del nostro breve incontro faccio mie le parole pronunciate dal Vescovo o dal sacerdote al termine della Liturgia Divina nel Rito siro occidentale: "Andate in pace, mie cari, poiché vi affidiamo alla grazia e alla misericordia della santa e gloriosa Trinità... salvati dalla Croce vittoriosa del Signore e suggellati dal santo Battesimo, che la Santa Trinità perdoni i vostri peccati, rimetta i vostri debiti e doni pace alle anime dei vostri defunti!". Che tutte queste benedizioni vi siano concesse per potente intercessione dei Santi e dei Martiri e della Santissima Madre di Dio, la Theotokos - Yoldat Aloho. Amen.

INCONTRO CON LA COMUNITÀ MUSULMANA

NEL CORTILE DELLA GRANDE MOSCHEA OMAYYADE DI DAMASCO

DISCORSO DEL SANTO PADRE GIOVANNI PAOLO II

Domenica, 6 maggio 2001




Cari Amici Musulmani,

179 As-salámu ‘aláikum!

1. Di cuore rendo lode a Dio Onnipotente per la grazia di questo incontro. Vi sono molto grato per la vostra calorosa accoglienza nella tradizione dell'ospitalità tanto cara al popolo di questa regione. Ringrazio in modo particolare il Ministro del Waqf e il Gran Mufti per i loro cordiali saluti, che hanno espresso con le parole il grande desiderio di pace che riempie il cuore di tutte le persone di buona volontà. Il mio pellegrinaggio giubilare è stato caratterizzato da numerosi incontri importanti con i capi musulmani al Cairo e a Gerusalemme e ora sono profondamente commosso per il fatto di poter essere vostro ospite nella Grande Moschea degli Omayyadi, tanto ricca di storia religiosa. La vostra terra è cara ai cristiani: qui la nostra religione ha vissuto momenti fondamentali della sua crescita e del suo sviluppo dottrinale, e qui vi sono comunità cristiane che hanno vissuto in pace e armonia con i loro vicini musulmani per molti secoli.

2. Ci incontriamo nei pressi di quella che sia i cristiani sia i musulmani considerano la tomba di Giovanni Battista, noto come Yahya nella tradizione musulmana. Il figlio di Zaccaria è un personaggio che riveste un'importanza fondamentale nella storia del cristianesimo, poiché da Precursore preparò la via a Cristo. La vita di Giovanni, dedicata interamente a Dio, è stata coronata dal martirio. Possa la sua testimonianza illuminare tutti coloro che qui venerano la sua memoria, affinché essi possano - e affinché anche noi possiamo - comprendere che il grande compito della vita è la ricerca della verità e della giustizia di Dio!

Il fatto che il nostro incontro avvenga in questo famoso luogo di preghiera ci ricorda che l'uomo è un essere spirituale, chiamato a riconoscere e a rispettare la priorità assoluta di Dio in ogni cosa. I cristiani e i musulmani concordano sul fatto che l'incontro di Dio nella preghiera è il nutrimento necessario per la nostra anima, senza il quale il nostro cuore appassisce e la nostra volontà non cerca più il bene ma cede al male.

3. Sia i musulmani sia i cristiani hanno cari i loro luoghi di preghiera, come oasi in cui incontrano il Dio Misericordioso lungo il cammino per la vita eterna, e i loro fratelli e le loro sorelle nel vincolo della religione. Quando, in occasione di matrimoni o funerali o di altre celebrazioni i cristiani e i musulmani portano un silenzioso rispetto alle preghiere dell'altro, recano testimonianza di ciò che li unisce senza nascondere o negare ciò che li separa.

È nelle moschee e nelle chiese che le comunità musulmane e cristiane forgiano la loro identità religiosa ed è lì che i giovani ricevono una parte significativa della loro educazione religiosa. Quale senso di identità viene instillato nei giovani cristiani e nei giovani musulmani nelle nostre chiese e moschee? Auspico vivamente che i responsabili religiosi e gli insegnanti musulmani e cristiani presentino le nostre due grandi comunità religiose come comunità in un dialogo rispettoso e mai più come comunità in conflitto. È importante che ai giovani vengano insegnate le vie del rispetto e della comprensione, affinché non siano portati ad abusare della religione stessa per promuovere o giustificare odio e violenza. La violenza distrugge l'immagine del Creatore nelle Sue creature e non dovrebbe mai essere considerata il frutto delle convinzioni religiose.

4. Auspico vivamente che l'incontro odierno, nella Moschea degli Omayyadi, sia segno della nostra determinazione a portare avanti il dialogo interreligioso tra la Chiesa cattolica e l'Islam. Questo dialogo ha acquisito maggiore slancio negli ultimi decenni; e oggi possiamo essere grati per il cammino finora percorso. Ai massimi livelli, la Chiesa cattolica in questo compito è rappresentata dal Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso. Per oltre trent'anni il Consiglio ha inviato un messaggio ai musulmani in occasione dell'Îd al-Fitr al termine del Ramadan e sono lieto che questo gesto sia stato accolto da molti musulmani come un segno di crescente amicizia tra noi. Negli ultimi anni il Consiglio ha istituito un comitato di collegamento con le Organizzazioni Islamiche internazionali, nonché con l'al-Azhar in Egitto, che ho avuto il piacere di visitare lo scorso anno.

È importante che i musulmani e i cristiani continuino a esplorare insieme questioni filosofiche e teologiche, al fine di ottenere una conoscenza più obiettiva e completa delle credenze religiose dell'altro. Una migliore comprensione reciproca certamente porterà, a livello pratico, a un modo nuovo di presentare le nostre due religioni, non in opposizione, come è accaduto fin troppo nel passato, ma in collaborazione per il bene della famiglia umana.

Il dialogo interreligioso è più efficace quando nasce dall'esperienza del "vivere gli uni con gli altri", ogni giorno, in seno alla stessa comunità e cultura. In Siria, i cristiani e i musulmani hanno vissuto per secoli fianco a fianco ed è stato portato incessantemente avanti un ricco dialogo di vita. Ogni individuo e ogni famiglia conosce momenti di armonia e momenti in cui il dialogo viene meno. Le esperienze positive devono rafforzare le nostre comunità nella speranza della pace; e non si dovrebbe permettere alle esperienze negative di minare tale speranza. Per tutte le volte che i musulmani e i cristiani si sono offesi reciprocamente dobbiamo cercare il perdono dell'Onnipotente e offrire il perdono gli uni agli altri. Gesù ci insegna che dobbiamo perdonare le offese altrui se vogliamo che Dio perdoni i nostri peccati (cfr
Mt 6,14).

Come membri della famiglia umana e come credenti, abbiamo degli obblighi verso il bene comune, la giustizia e la solidarietà. Il dialogo interreligioso porterà a molte forme di cooperazione, soprattutto nel compiere il dovere di assistere i poveri e i deboli. E' questo che testimonia l'autenticità del nostro culto di Dio.

5. Nel percorrere il cammino della vita verso il destino celeste, i cristiani sentono la vicinanza di Maria, Madre di Gesù; e anche l'Islam rende omaggio a Maria e la saluta come "eletta tra tutte le donne del mondo" (Corano, III, 42). La Vergine di Nazareth, Signora di Saydnâya, ci ha insegnato che Dio protegge gli umili e "ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore" (Lc 1,51). Possano i cuori dei cristiani e dei musulmani volgersi gli uni verso gli altri con sentimenti di fraternità e amicizia, affinché l'Onnipotente ci benedica con la pace che solo il cielo può dare! All'Unico Dio Misericordioso sia lode e gloria in eterno. Amen.



GP2 Discorsi 2001 173