GP2 Discorsi 2001 280

MESSAGGIO DEL SANTO PADRE


AI PARTECIPANTI ALL’OTTAVA SCUOLA DI ASTROFISICA


E AI BENEFATTORI DELLA SPECOLA VATICANA




Ai partecipanti all'Ottava Scuola di Astrofisica della Specola Vaticana

281 L'Ottava Scuola di Astrofisica della Specola Vaticana è l'ultima della serie di scuole che in questi quindici anni hanno riunito più di duecento giovani studenti e i loro insegnanti provenienti da ogni continente. Sono giunti da più di cinquanta nazioni, molte delle quali sono Paesi in via di sviluppo.

Fin dall'inizio le Scuole hanno inteso condividere i più recenti risultati della ricerca astrofisica con i giovani studenti in un momento importante della loro evoluzione professionale. Hanno voluto contribuire al progresso dei Paesi in via di sviluppo introducendo alcuni dei giovani più bravi alle migliori pratiche e teorie attuali in questo campo.

Il fulcro delle Scuola è lo scambio di conoscenze professionali e personali fra insegnanti e studenti. I vostri rapporti di amicizia personale e professionale che comprendono una varietà di diversità politiche, religiose e culturali sono fra i frutti più preziosi della scuola e io prego affinché questi vincoli durino negli anni.

Nella Scuola quest'anno avete studiato lo stadio finale delle stelle, quando esauriscono le loro fonti di energia. Ciò porta all'esame di alcune caratteristiche fondamentali dell'universo e inevitabilmente pensiamo al nostro destino nell'universo. Il desiderio di comprendere la creazione e il posto che occupiamo in essa secondo canoni rigorosamente scientifici è una delle aspirazioni umane più nobili.

Ho fiducia nel fatto che la Scuola vi spingerà a continuare la ricerca scientifica in modo che un mondo inquieto e in rapida trasformazione possa beneficiare della vostra dedizione alla comprensione dei suoi misteri.

In apparenza lo studio della natura astrofisica dei residui stellari ha poco a che fare con il miglioramento dell'umanità. Tuttavia chi esamina la realtà da vicino, gli scienziati, gli artisti, i filosofi o i teologi e chi lotta per migliorare le condizioni economiche, sociali e politiche dei popoli del mondo comprende subito che la fonte unica e definitiva di tutto ciò che è buono, bello e vero è Colui nel quale "viviamo, ci muoviamo ed esistiamo" (
Ac 17,28) La vostra ricerca astrofisica non è un lusso lontano dalle preoccupazioni quotidiane delle persone e irrilevante per l'edificazione di un mondo più umano. La vostra attività di scienziati è importante per tutti noi, in particolare quando la vostra visione della realtà basata sull'esperienza porta a un'interpretazione della persona umana quale elemento integrante dell'universo creato, ossia, quando conduce alla sapienza che è al centro di ogni umanesimo autentico.

Tuttavia la comprensione di noi stessi e dell'universo raggiungerà un momento di autentica sapienza solo se saremo aperti ai numerosi modi nei quali la mente umana giunge alla conoscenza: mediante la scienza, l'arte, la filosofia e la teologia. La vostra ricerca scientifica sarà più creativa e benefica per la società quando contribuirà a unificare il sapere derivante da queste diverse fonti e condurrà a un dialogo fecondo con quanti operano in altri campi di apprendimento. Ho fiducia nel fatto che le Scuole di Astrofisica della Specola Vaticana rendano un valido contributo a questa visione unificante del sapere.

In questa occasione desidero anche ringraziare quanti fra voi contribuiscono a sostenere l'opera della Specola Vaticana. Grazie al vostro interesse per la Specola, condividete il viaggio di questi giovani studiosi che cercano di comprendere un universo che si sta lentamente rivelando in tutta la sua vastità e in tutto il suo mistero. La scienza è stata certamente uno dei fari dell'umanità nel corso del tempo, ma, cercando di unificare il sapere scientifico con quello che ci deriva dall'essere umani, percepiamo di venire condotti verso realtà ancora più misteriose e che il nostro anelito alla conoscenza è incompleto se non accende in noi il desiderio di dare e ricevere amore.

Salutandovi oggi, mi vengono in mente le parole del Salmo: "O Signore, nostro Dio, quanto è grande il tuo nome su tutta la terra: se guardo il cielo, opera delle tue dita, la luna e le stelle che tu hai fissate che cosa è l'uomo perché te ne ricordi, il figlio dell'uomo perché te ne curi?" (Ps 8,2-4). Ringraziandovi sinceramente per il contributo offerto alla nostra conoscenza del cosmo e dell'Amore che dona la vita, invoco su tutti voi le abbondanti benedizioni di Dio il cui nome è grande in tutto l'universo.

Dal Vaticano, 2 luglio 2001

GIOVANNI PAOLO II





AI PRESULI DELLA CONFERENZA EPISCOPALE


DI CUBA IN VISITA


"AD LIMINA APOSTOLORUM"


6 luglio 2001



282 Cari fratelli nell'Episcopato,

1. Con grande piacere vi ricevo oggi, Pastori della Chiesa di Dio pellegrina a Cuba, che in questi giorni compite la visita ad limina, con la quale rinnovate la vostra comunione con il Successore di Pietro e venerate con devozione le tombe dei Principi degli Apostoli, pilastri della Chiesa e fedeli a Cristo fino alla effusione del sangue. Inoltre, avete avuto importanti incontri con i Dicasteri della Curia Romana e, in un clima di preghiera e riflessione, avete espresso i motivi di gioia e speranza, preoccupazione e dolore, che vive la porzione di Popolo di Dio affidata alla vostra cura pastorale.
Ringrazio di cuore per le affettuose parole che, a nome di tutti, mi ha rivolto Mons. Adolfo Rodríguez Herrera, Arcivescovo di Camagüey e Presidente della Conferenza Episcopale, che mi ha così espresso l'unione vostra e delle vostre comunità ecclesiali. Infatti, conosco bene la vostra salda comunione con la Sede di Pietro e potete star certi del mio affetto e della mia vicinanza in tutte le vicissitudini del vostro lavoro pastorale.

2. La vostra presenza qui mi ricorda la visita pastorale a Cuba nel 1998. Sono stati giorni intensi in cui ho potuto apprezzare il calore e l'accoglienza del popolo cubano. In quella memorabile occasione, ho lasciato un messaggio pastorale, il quale continua a essere un aiuto per animare la vita della Chiesa e incoraggiare tutti nella speranza. Sono lieto nell'apprendere che da allora sono migliorate alcune cose di particolare importanza per voi come, ad esempio, il ripristino della solennità del Natale, la possibilità di realizzare alcune processioni - che fanno parte della ricca pietà popolare -, una maggiore partecipazione dei cattolici alla vita del Paese, la presenza di alcuni giovani cubani alla XV Giornata Mondiale della Gioventù a Roma, durante lo scorso Anno Giubilare o il considerevole aumento della partecipazione dei fedeli ai Sacramenti.

Tuttavia, vi sono altri aspetti per i quali non si sono ancora ottenuti risultati soddisfacenti, ma è auspicabile che, con la buona volontà di tutti, si arrivi alla soluzione giusta e opportuna.

3. In occasione della conclusione del Grande Giubileo dell'Incarnazione, ho invitato tutta la Chiesa a camminare partendo da Cristo, che "è lo stesso ieri, oggi e sempre" (
He 13,8), accogliendo con rinnovato entusiasmo le sue parole: "Duc in altum" (Lc 5,4) e aprendosi con fiducia al futuro. Ascoltando le mie parole, voi, cari Vescovi di Cuba, avete approvato il Piano Globale della Pastorale 2001-2006 con un dinamismo missionario pienamente in sintonia con la sete di Dio del vostro Popolo che, come ho avuto occasione di dirvi a La Habana, "ha un'anima cristiana" (cfr Omelia 25.1.1998). La fede e i valori che proclama il Vangelo sono una ricchezza che si deve preservare gelosamente, perché è alla radice dell'identità culturale nazionale, oggi minacciata, come in altri posti, da una cultura massificata e informe, che è insita in alcuni aspetti del processo di globalizzazione.

Grazie all'attuazione di questo Piano, in molti luoghi sono stati aperti centri di riunione per la comunità cattolica, soprattutto in quartieri e villaggi dove per molti anni non è stato possibile costruire nuove chiese. Ciò si è rivelato un metodo evangelizzatore in sintonia con il suddetto Piano Pastorale, con famiglie che aprono la loro casa e desiderano essere comunità vive e dinamiche. Il nome di "Case di Missione o di Preghiera" con il quale si designano questi centri, ben si addice alla chiamata a evangelizzare tutti gli ambienti; essi infatti devono essere vere scuole in cui trasmettere la fede ed educare ad essa, alimentandola al tempo stesso con la preghiera. Vi incoraggio, dunque, a continuare con creatività ad annunciare il Vangelo a tutti i cubani e a curare la dovuta formazione degli animatori di tali centri.

Nel Messaggio Giubilare affermavate che Cuba vive "un'ora storica". Pertanto, come Pastori di tutto il popolo fedele dovete continuare a illuminare le coscienze dei cubani, orientandoli verso un dialogo perserverante e una riconciliazione sincera. Non bisogna lasciarsi vincere dallo scoraggiamento dinanzi a questo arduo compito, anche qualora la vostra voce dovesse essere l'unica o foste "segni di contraddizione" (cfr Lc 2,34). Sebbene voi non desideriate scontri, la Chiesa è cosciente del fatto che i progetti del Signore non sempre coincidono con i criteri del mondo anzi, a volte, persino li contraddicono.

Accogliendo con rinnovato vigore ogni giorno le parole del Signore, "Duc in altum", guidate con audacia i destini di quella Chiesa così fervente, che in passato ha dato così tante prove di fedeltà.

Incoraggiate i sacerdoti, i diaconi, i religiosi e le religiose, i seminaristi e i laici a "prendere il largo" nel loro servizio alla Chiesa e al popolo, rimanendo fedeli a Cristo e alla loro Patria, che tanto ha bisogno di loro. Che tutti camminino senza scoraggiarsi, anzi, andando avanti sempre con nuovi progetti che diano senso e speranza alla loro vita.

4. Siete ben consapevoli della vostra responsabilità di trasmettere il messaggio di Cristo come "veri e autentici maestri della fede, i pontefici e i pastori" (Christus Dominus CD 2). Questo messaggio deve essere proclamato in tutta la sua interezza e bellezza, senza tralasciare le sue esigenze e tenendo presente che la croce fa parte della via intrapresa da Cristo, via che percorrono anche i suoi discepoli. Guidati dall'unico Maestro che ha "parole di vita eterna" (Lc 6,68) gli uomini e le donne di Cuba devono saper trovare un rinnovato senso trascendente da dare alle loro vite, accogliendo l'amore divino e constatando l'aprirsi, dinanzi a loro, di tante possibilità di realizzazione personale e sociale.

283 La fede in Gesù Cristo, lo sapete bene, agisce nell'essere umano in modo totalmente diverso dalle ideologie, che sono fugaci e consumano le energie degli uomini e dei popoli con mete terrene, molte delle quali, tra l'altro, irraggiungibili. Pertanto, è sempre più urgente presentare la ricchezza insondabile della spiritualità cristiana in questo inizio di millennio, dinanzi a un mondo stanco delle vecchie ideologie, le quali, avendo perso il loro fascino iniziale, hanno lasciato in tanti un profondo vuoto e una mancanza di senso della propria vita.

5. Nell'esercizio del "munus docendi", la Chiesa, attraverso i suoi ministri, è chiamata a illuminare anche con la luce del Vangelo i temi temporali e sociali (cfr Lumen gentium
LG 31), facendo in modo che i suoi membri siano "testimoni e operatori di pace e giustizia" (cfr Sollicitudo rei socialis ).

Pertanto, essa promuove un'educazione ai valori autentici, che sia liberatrice e partecipativa, come voi stessi avete indicato nel vostro Piano Globale. A tal riguardo, ho già avuto modo di segnalare a Camagüey che "la Chiesa ha il dovere di dare una formazione morale, civica e religiosa" realizzando così "una semina di virtù e di spiritualità per il bene della Chiesa e della Nazione" (Omelia 23.1.1998, n. 3). I laici, da parte loro, beneficiando di questa attività della Chiesa, potranno perseverare nel loro nobile impegno di proporre e promuovere nuove iniziative per la società civile, senza mai cercare lo scontro, ma la giustizia. I loro sforzi saranno sostenuti dall'esempio del Servo di Dio P. Félix Varela, che si dedicò senza risparmiarsi alla formazione di uomini di coscienza con due preoccupazioni principali: che la vita sociale e politica si fondassero sull'etica e l'etica fosse alimentata dalla fede cristiana.

6. Come dissi in occasione del mio viaggio pastorale a Cuba, la Chiesa deve presentare ai cristiani e a quanti sono interessati al bene del popolo cubano gli insegnamenti della sua Dottrina Sociale. La sua proposta di un'etica sociale, che esalti la dignità umana, mostra le possibilità e i limiti dell'essere umano, e anche delle istituzioni pubbliche o private, all'interno di un progetto di crescita e sviluppo orientato al bene comune e al rispetto dei diritti umani.

A tal riguardo, desidero ricordare che tali diritti devono essere considerati integralmente, dal diritto alla vita del nascituro fino alla morte naturale, senza escludere alcun diritto individuale o sociale, sia che si tratti del diritto all'alimentazione, alla salute, all'istruzione, sia che si tratti del diritto di esercitare le libertà di movimento, espressione o di associazione.

In tutto il mondo i diritti umani sono un progetto ancora non perfettamente realizzato, ma non per questo si deve rinunciare al proposito deciso e serio di rispettarli, poiché essi provengono dalla speciale dignità dell'uomo in quanto essere creato da Dio a sua immagine e somiglianza (cfr Gn Gn 1,26). Quando la Chiesa si occupa della dignità della persona e dei suoi diritti inalienabili, non fa altro che vigilare affinché l'uomo non sia danneggiato o degradato in nessuno dei suoi diritti da altri uomini, dalle proprie autorità o da autorità straniere. Ciò impone la giustizia che la Chiesa promuove nei rapporti tra gli uomini e i popoli. In nome di questa giustizia ho detto chiaramente nel vostro Paese che le misure economiche restrittive imposte dall'esterno erano "ingiuste ed eticamente inaccettabili" (cfr Discorso di Congedo, 25.1.1998) e continuano ad esserlo. Ma, con altrettanta chiarezza desidero ricordare che l'uomo è stato creato libero e, nel difendere questa libertà, la Chiesa agisce in nome di Gesù, che è venuto a liberare la persona da ogni forma di oppressione.

Quando voi, in qualità di Vescovi cattolici di Cuba, reclamate la giustizia, la libertà o una maggiore solidarietà, non pretendete di sfidare nessuno, ma svolgete la vostra missione, promuovendo per il popolo cubano una vita solidamente fondata sulla verità sull'uomo. Pertanto, vi incoraggio a continuare nel lavoro paziente a favore della giustizia, della vera libertà dei figli di Dio e della riconciliazione tra tutti i cubani, quelli che vivono nell'Isola e quelli che si trovano altrove, senza lesinare sforzi di riconciliazione che permettano di ampliare sempre il lavoro caritatevole della Chiesa nella promozione umana del popolo.

7. Con voi, e sotto la vostra autorità pastorale e guida, lavorano sacerdoti, religiosi e religiose, il cui numero è purtroppo ancora insufficiente per soddisfare a tutte le necessità. Pensando a loro tornano spontaneamente alla mente le parole del Signore: "La messe è molta e gli operai sono pochi" (Mt 9,38). Penso a loro spesso e desidero esprimere il mio ringraziamento per tutto ciò che fanno per la crescita della Chiesa e per le necessità del popolo cubano. Lo spirito missionario, così vivo in molti figli della Chiesa, fa auspicare che si faciliti sempre più l'ingresso di nuovi sacerdoti e religiosi che desiderino consacrarsi alla missione nella loro bella isola, la qual cosa certamente tornerà a vantaggio di tutti.

Preoccupati per il numero di personale dedito alla missione, vi sforzate di promuovere e seguire con attenzione una pastorale vocazionale. Questa deve essere accompagnata, in primo luogo, da un'assidua preghiera, poiché bisogna chiedere al Signore di mandare nuovi operai nella sua messe (cfr Ibidem). D'altra parte, i candidati devono essere guidati con prudenza e competenza affinché possano percorrere tutte le tappe che richiede la sequela del Signore nella vita sacerdotale o religiosa. La crescita consistente delle vocazioni è motivo di speranza. A tal riguardo, e per facilitare questo processo, bisognerebbe pensare, laddove fosse possibile, alla creazione di Seminari minori che accolgano i giovani prima che inizino gli studi filosofici-teologici, in modo da offrire loro una formazione completa a partire dai principi morali cristiani. La costruzione, ormai prossima, del nuovo Seminario nella Capitale - di cui ho benedetto la prima pietra - e i progressi dei Seminari propedeutici e filosofici esistenti faciliteranno una preparazione spirituale e intellettuale dei futuri sacerdoti nativi, in migliori condizioni e faranno sì che i seminaristi di tutto il Paese possano prepararsi adeguatamente a servire il loro popolo.

8. A Cuba non mancano i laici impegnati che si sforzano, nel loro ambiente, di condurre una vita coerente con la fede. Sono consapevole delle difficoltà che molti di loro devono affrontare a motivo del loro essere credenti, poiché, come accade anche in altri luoghi, i condizionamenti esterni non facilitano la pratica degli insegnamenti della Chiesa. Pertanto è vostro dovere incoraggiarli e aiutarli a mettere in pratica le loro scelte cristiane.

Così dunque, continuate a proclamare loro con forza gli insegnamenti sul matrimonio e la famiglia, l'accoglienza dei figli come dono di Dio e primavera della società, invitandoli tutti a collaborare, senza esclusione alcuna, al bene comune e al progresso della Nazione. Tengano sempre presenti le parole del Signore "Voi siete il sale della terra... Voi siete la luce del mondo" (Mt 5,13-14) e, di conseguenza, continuino a essere, ciascuno secondo le proprie possibilità, entusiasti missionari, annunciatori e testimoni di Cristo, morto e risuscitato, sapendo che così contribuiscono alla missione della Chiesa e all'elevazione morale del loro popolo, sempre più assetato di spiritualità e degli alti valori religiosi.

284 9. Cari fratelli, ho voluto riflettere con voi su alcuni aspetti della vostra attività pastorale. Rientrando a Roma - dal mio viaggio apostolico nella vostra terra - vi dicevo che lo facevo "con grande speranza nel futuro, vedendo la vitalità di questa Chiesa, consapevole delle sfide che vi attendono, ma anche dello spirito giusto che vi anima e della vostra capacità di affrontarle" (cfr Incontro con i membri della Conferenza dei Vescovi cattolici di Cuba, 25.1.1998). Oggi vi rinnovo questi sentimenti e vi prego inoltre di far pervenire il mio affettuoso saluto a tutti i sacerdoti, i religiosi, le religiose e fedeli, così come a tutto il popolo cubano. In modo speciale, esprimete la mia vicinanza e la mia preoccupazione pastorale a tutti coloro che soffrono, agli anziani e ai malati, ai prigionieri, alle famiglie divise, a coloro che si sentono scoraggiati o sono privi di speranza. Ciascuno di essi occupa un posto nel cuore e nella preghiera del Papa.

Rivolgendomi spiritualmente al Santuario del Cobre e prostrato davanti all'immagine della Virgen de la Caridad, Madre e Regina di Cuba, che ho avuto la gioia di incoronare: "il tuo nome e la tua immagine sono scolpiti nella mente e nel cuore di tutti i cubani, dentro e fuori la Patria, come segno di speranza e centro di comunione fraterna" (Omelia a Santiago, 24.1.1998, n. 6), imparto di cuore, a Voi e ai vostri Diocesani, speciale Benedizione Apostolica.


AI MONACI DELLA CONGREGAZIONE


ARMENA MECHITARISTA


Sabato, 7 luglio 2001

Cari Religiosi della Congregazione Mechitarista armena!


1. Sono particolarmente lieto di accogliervi oggi, in occasione del terzo centenario della fondazione del vostro Istituto. Il pensiero va all'insigne figura dell'Abate Mechitar, che si staglia in modo tutto originale e, direi, profetico nel quadro dell'Oriente cristiano e dei suoi rapporti con la Chiesa di Roma. Lo sentiamo spiritualmente presente a questo nostro incontro. Egli ha certamente gioito dal Cielo per la recente riunificazione dei due rami della vostra Congregazione, frutto del desiderio di ricercare insieme le radici del carisma della vostra vita monastica per servire, in spirito rinnovato e concorde, il popolo armeno nelle sue nuove necessità.

Con la vicenda di Mechitar di Sebaste la storia della spiritualità monastica armena tocca un suo vertice. In un periodo di forte decadenza, dovuto anche a precise circostanze socio-politiche, Mechitar comprese che nella santità stava il mezzo più alto ed efficace per ridare dignità, vigore e impegno morale e civile al suo popolo. Egli fu anzitutto un cercatore di Dio, come ogni monaco è chiamato ad essere. Volle esserlo nel contesto preciso della vita monastica armena, riconoscendo in essa un inesauribile serbatoio di santità e insieme un singolare ambito di approfondimento culturale dei valori della tradizione, grazie alle celebri accademie e all'istituzione del "vardapet", il monaco-dottore, incaricato di diffondere, mediante la predicazione e il discepolato, la dottrina cristiana.

2. Giovane ancora, Mechitar intraprese un pellegrinaggio che lo portò in numerosi monasteri d'Armenia. Egli sapeva che cosa cercava, e quando le sue attese andavano deluse, perché la proposta cristiana, o la modalità del vivere comune, o la qualità dell'impegno intellettuale non gli parevano all'altezza di quelle che egli considerava le necessità spirituali del suo popolo, si spostava altrove alla ricerca di ulteriori arricchimenti.

In questo pellegrinare egli incontrò anche religiosi latini, traendo dalla conoscenza della loro spiritualità nuovi spunti di riflessione, senza tuttavia intaccare la piena fedeltà all'autentica tradizione armena. Questo contatto tra Oriente e Occidente non costituì solo un tratto della sua esperienza personale, ma segnò in profondità la vicenda culturale e la stessa identità profonda del popolo armeno. Non poco giovarono a questo le circostanze storiche che portarono Mechitar a stabilirsi, insieme con i monaci da lui fondati, a Venezia, ponte naturale di un Occidente proteso verso l'Oriente. Da allora l'Isola di San Lazzaro divenne la "piccola Armenia", ancor oggi meta di pellegrinaggi e luogo ove cresce e si corrobora l'identità nazionale, portando copiosi frutti spirituali e culturali.

3. Elemento caratteristico della spiritualità mechitarista è la ricerca della santità, attraverso un'intensa vita di preghiera e un non meno esigente impegno di approfondimento culturale, incentrato soprattutto sulle grandi fonti patristiche armene. Mechitar voleva salvaguardare il monaco-dottore armeno dal perdersi in una vita randagia, smarrendo il senso profondo della propria identità. Per questo stabilì che i monaci facessero vita comune nella casa monastica, sotto l'egida dell'obbedienza. I monasteri divennero così centri di formazione spirituale e di approfondimento culturale, ed esercitarono uno straordinario influsso su quell'aristocrazia intellettuale che fu in gran parte all'origine della rinascita culturale, politica e sociale del popolo armeno nei periodi successivi.

A Mechitar ed ai suoi monaci va riconosciuto in particolare il merito di aver operato e di operare per la piena ricomposizione dell'unità tra la Chiesa d'Occidente e le Chiese d'Oriente. La comunione con la Sede di Roma era per Mechitar un elemento imprescindibile della fede, anche perché in tale comunione vedeva il compimento di un'aspirazione da sempre presente in molti Armeni, tra i quali non pochi ecclesiastici di elevata dignità. Egli era convinto che la fede della Chiesa armena, al di là delle diverse terminologie teologiche e delle incomprensioni storiche, godesse di piena ortodossia, così che la comunione con Roma non poteva che esserne il logico suggello. Per questo egli si attenne sempre con fedeltà scrupolosa ed esemplare alla teologia, alla liturgia e alla spiritualità dei Padri armeni, preoccupandosi di tramandarne integro il ricco patrimonio alle generazioni successive.

4. Cari figli di Mechitar, spetta a voi raccogliere questa eredità e farla rivivere. Voi venite da periodi difficili, che hanno messo a dura prova la vostra comunità. Occorre adesso assecondare con lungimiranza i segnali di rinascita che si intravedono nei vari ambiti della compagine ecclesiale.

285 Il primo impegno è di approfondire la conoscenza del vostro popolo, per saper rispondere in modo adeguato alle sue attese. Non abbiate paura di aprirvi a nuovi orizzonti, rivedendo e aggiornando antiche presenze, se le urgenze dei tempi lo richiedono. A questo proposito, nel condurre alcune delle vostre attività, potrà essere opportuno ricorrere alla collaborazione dei fedeli laici, che vedrebbero così meglio valorizzato il loro apporto specifico.

Al centro della vostra esistenza quotidiana resti sempre la vita monastica: la personale ricerca di Dio, la consuetudine amorosa con la Sacra Scrittura, il riferimento costante agli scritti dei Padri armeni, la celebrazione fedele, piena, distesa, completa della preghiera della Chiesa armena siano le sorgenti a cui attingere quotidiano vigore. In questo cammino di comune riscoperta monastica, molto gioverà la collaborazione con i vostri fratelli della Chiesa armena apostolica. Ciò costituirà un ulteriore esempio di quell'"ecumenismo di frontiera" che il monachesimo può realizzare, se non si chiude nell'isolamento o nel fondamentalismo, ma sa accogliere, nel nome della comune ricerca del volto del Padre, il fratello che incontra sullo stesso cammino.

5. La vostra storia e le intuizioni del vostro Fondatore vi pongono in una situazione privilegiata nel dialogo ecumenico. Voi siete amati e stimati da tutti i vostri fratelli armeni, che guardano a voi con fiducia e venerazione. Siate all'altezza di tale straordinaria vocazione. Mettete a disposizione della Chiesa armena cattolica gli strumenti della vostra conoscenza e siate con essa fermento di apertura pastorale, nella piena fedeltà allo spirito dei vostri Padri. Con il vostro contributo il dialogo fra gli Armeni apostolici e gli Armeni cattolici si rafforzerà, anche alla luce di nuove e più ardite acquisizioni spirituali.

Riscoprite in pienezza l'impegno dell'approfondimento del patrimonio teologico e, più ampiamente, della ricchezza culturale della vostra nazione, come fu volontà esplicita del vostro Fondatore. Garantitevi strumenti aggiornati e competenze nuove, per conservare e rinnovare l'amore allo studio che san Nerses di Lambron considerava segno dell'amore divino e che Mechitar volle come carattere distintivo della sua istituzione monastica. Sono certo che la vostra Patria, l'Armenia, e la stessa Chiesa armena apostolica questo si aspettano da voi in spirito di collaborazione e di apertura ecumenica.

6. Ricordate che la povertà è caratteristica imprescindibile della vita monastica. La vostra ricchezza sia il Signore che portate nel cuore. Considerate i tesori di arte e di storia, che il vostro popolo vi ha affidato, come vere e proprie reliquie, in particolare quei manoscritti che recano incisa la storia viva di uomini ed avvenimenti, conservandone il ricordo per i posteri. Le vicende del passato vi insegnino a non confondere la prosperità materiale con la profondità della vita spirituale: la prosperità spesso suscita bramosie idolatriche, che minano alla base la stessa esperienza religiosa. E' una lezione che non va dimenticata. Educate i vostri giovani alla sobrietà che, sola, rende leggero il cuore e lo abilita a volgersi in alto, per cercare Dio. Abbiate ferma coscienza di essere i custodi fedeli e disinteressati di quanto appartiene alla Chiesa e alla storia del vostro popolo.

Privilegiate in particolare la formazione dei giovani monaci, con una selezione attenta, prudente e graduale, possibilmente esercitata, almeno nelle sue prime fasi, negli stessi territori d'origine dei giovani, per evitare dispersioni e falsi miraggi. Educateli alla profondità nella libertà, per creare persone responsabili. Preparate i vostri giovani ad assumere gradualmente compiti adatti alla formazione ricevuta, così da divenire guide autorevoli del Popolo di Dio.

7. Carissimi Monaci, questi trecento anni di storia della vostra Congregazione sono una ricchezza per la Chiesa universale. Essa vi ama, vi stima e non cesserà di adoperarsi per la vostra crescita spirituale e morale, riconoscendo in voi i figli del venerato abate Mechitar, al quale va la sua ammirazione e la sua gratitudine.

Vi affido alla materna intercessione della Vergine Santissima, che tanto fu vicina al vostro Fondatore. Ella vi assista e vi protegga, ottenendo per voi dal Signore ogni grazia e consolazione celeste.

Con questi auspici tutti di cuore vi benedico.



MESSAGGIO DEL SANTO PADRE


AI PARTECIPANTI AL VERTICE DEL G8


Nel momento in cui, come Responsabili delle otto Nazioni più sviluppate del mondo, vi accingete a riflettere sui più importanti problemi della vita internazionale, desidero esprimervi la mia vicinanza umana e spirituale. Nello stesso tempo formulo il voto che durante questi intensi giorni di lavoro nessuna persona e nessuna nazione siano escluse dalle vostre preoccupazioni! Senza lasciarvi schiacciare dal peso delle singole questioni, sono sicuro che vi impegnerete a promuovere una cultura della solidarietà che permetta soluzioni concrete ai problemi che più assillano i nostri fratelli nella vita e nei rapporti con gli altri: la pace, la povertà, la salute e l'ambiente.


Nell'augurare di cuore un buon risultato al vostro incontro, invoco su di voi la benedizione di Dio onnipotente.

286 Dal Vaticano, 19 Luglio 2001.

IOANNES PAULUS PP. II


SALUTO DEL SANTO PADRE


AL PERSONALE DEI SERVIZI DI SICUREZZA


Venerdì, 20 luglio 2001

Il mio soggiorno estivo in Valle d'Aosta volge ormai al termine, e sono lieto di questo incontro con voi, che avete assicurato i vari servizi: l'Ispettorato di Pubblica Sicurezza presso il Vaticano, la Polizia di Stato, i Carabinieri, la Guardia di Finanza, la Polizia Penitenziaria, il Corpo Forestale della Regione, il Corpo di Vigilanza della Città del Vaticano. Vi sono vivamente grato, perché tutti, secondo le diverse competenze, avete contribuito a garantire ancora una volta una permanenza tranquilla e serena a me ed ai miei collaboratori.


Pur breve, questo soggiorno fra gli incantevoli monti della Valle d'Aosta è stato proficuo. Mi ha permesso di gustare intensamente la pace e l'amenità di questi luoghi suggestivi. Mi auguro che, benché impegnati nell'adempimento dei vostri doveri, anche voi abbiate potuto riceverne qualche beneficio.

Penso in questo momento alle vostre famiglie, che le esigenze del servizio vi portano talvolta a lasciare per qualche tempo. Assicuro per loro una preghiera, perché siano sempre in armonia, solide nei valori umani e cristiani, rallegrate da figli buoni e generosi. Prego, in particolare, per i vostri cari che, per l'età o la malattia, si trovano forse ad attraversare un momento difficile.

Grazie ancora a tutti voi! Il Signore ricompensi il vostro diligente servizio. La Vergine Santa vegli su di voi e sui vostri familiari e sempre vi accompagni. Con questi sentimenti, a tutti imparto la mia Benedizione, pegno di pace e di spirituale letizia.

PAROLE DI SALUTO DEL SANTO PADRE


AL SUO ARRIVO A CASTEL GANDOLFO


Venerdì, 20 luglio 2001

Saluto Castel Gandolfo. Una volta dissi che il Vaticano non è solamente uno, ma sono tre: il primo è quello che sta a San Pietro, il secondo è Castel Gandolfo, il terzo è il Policlinico Gemelli. Questa volta non sono dovuto passare per il Policlinico Gemelli prima di arrivare a Castel Gandolfo. Vengo qui dalle montagne della Valle d’Aosta e ringrazio tutti i valdostani per la buona accoglienza che mi hanno riservato. Stasera incontro voi, cittadini e ospiti di Castel Gandolfo, e vi auguro ogni bene per le vacanze. Saluto il signor Sindaco e tutte le autorità; la parrocchia e il parroco; il Vescovo di Albano con il suo Ausiliare, e tutti i presenti. Buona continuazione e arrivederci presto.



AL TERMINE DEL CONCERTO OFFERTO


DALLA "ACADEMIA MUSICAE PRO MUNDO UNO"


Domenica, 29 luglio 2001

L'ascolto della bella esecuzione ha suscitato nel mio animo sentimenti di riconoscenza al Signore ed a quanti hanno voluto offrirmi questo gradito dono. Il mio pensiero va, in particolare, al Maestro Giuseppe Juhar, Presidente dell'"Academia Musicae Pro Mundo Uno", che ringrazio per le cortesi espressioni rivoltemi e per la fedele premura con cui da diversi anni propone questi appuntamenti musicali, occasione di sempre rinnovato godimento spirituale. Con lui ringrazio la gentile Consorte e quanti hanno collaborato per l'organizzazione dell'odierna manifestazione artistico-musicale.


Con viva riconoscenza mi congratulo poi con il Maestro Justus Frantz, con i giovani musicisti dell'Orchestra "Philarmonie der Nationen" e, in particolare, con il pianista Christopher Tainton. Le melodie di Ciaikovski, eseguite con consumata perizia, ci parlano di un'Europa "sinfonica", in cui le differenti tradizioni si possono significativamente incontrare e armonizzare. Anche l'arte può essere un prezioso canale per incentivare la conoscenza, l'intesa e la solidale cooperazione fra i popoli. So che questo è proprio lo spirito che anima la vostra Orchestra, formata da talenti di diverse parti del mondo. Con i concerti e altre iniziative voi intendete contribuire alla causa della pace e dell'unità fra gli uomini e le nazioni. Vi auguro di restare fedeli a questo vostro ideale, soprattutto quando le responsabilità si fanno più esigenti e l'impegno è messo alla prova. Siate sempre artefici di amicizia e di fraternità. Siate sempre "pro mundo uno"!


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