GP2 Discorsi 2001 409

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Giovedì, 22 novembre 2001




"Gioiscano i cieli, esulti la terra,
frema il mare e quanto racchiude" (
Ps 96,11)

Cari Fratelli e care Sorelle in Cristo,

1. Da angoli remoti del mondo siete giunti fin qui, testimoni della nostra vita gloriosa in Cristo Gesù e, in particolare, testimoni della fede e dell'amore del popolo di Dio in Oceania. Con gratitudine per la riuscita celebrazione dell'Assemblea Speciale del Sinodo dei Vescovi per l'Oceania ci uniamo nel grande inno di lode che dal cuore della Chiesa si eleva incessantemente verso la Santissima Trinità.

Avrei voluto visitare l'Oceania ancora una volta per presentare il frutto dell'opera sinodale, l'Esortazione Apostolica post-sinodale Ecclesia in Oceania. Tuttavia non è stato possibile. Quindi il Pacifico si reca dal Vescovo di Roma e "nell'amore di Cristo Gesù" (Ph 1,8) saluto voi e coloro che rappresentate. In voi vedo l'oceano infinito risplendere nel sole, la Croce del Sud brillare nel cielo notturno, le isole grandi e piccole, le città e i villaggi, le spiagge e le foreste e soprattutto i popoli che sono la ricchezza autentica dell'Oceania: i melanesiani, i polinesiani e i micronesiani nel loro meraviglioso schieramento, gli aborigeni dell'Australia, i maori della Nuova Zelanda, i molti popoli immigrati che hanno fatto dell'Oceania il proprio Paese. Nella possente sinfonia dell'Oceania ascoltiamo come "Il Signore tuona sulle acque, il Dio della gloria scatena il tuono, il Signore, sull'immensità delle acque, il Signore tuona con forza, tuona il Signore con potenza" (Ps 29,3-4).

2. L'Assemblea Speciale è stata un'esperienza di intensa comunione e che tutti i Vescovi abbiano potuto parteciparvi è stata una delle sue molte grazie. I Padri del Concilio Vaticano II, ed io fra loro, sono rimasti segnati per sempre dall'esperienza di comunione di quell'evento che ha costituito senza dubbio la grande grazia concessa alla Chiesa nel XX secolo (cfr Novo Millennio ineunte NM 57). Nell'Assemblea Speciale per l'Oceania, una nuova generazione di Vescovi, che non ha partecipato al Concilio, ha potuto cogliere qualcosa della sua atmosfera e del suo effetto straordinario e quindi essere meglio preparata a realizzare il suo insegnamento come tutta la Chiesa deve fare più coraggiosamente che mai entrando nel nuovo millennio.

Lungi dall'aver esaurito il suo potenziale, il Concilio Vaticano II resta la luce guida del pellegrinaggio ecclesiale.

L'Assemblea Speciale, come il Grande Giubileo per il quale si è preparata, è stata sia "memoria del passato sia profezia dell'avvenire" (ibidem, n. 3). Insieme abbiamo ripercorso la storia dell'evangelizzazione in Oceania e reso grazie al Padre di ogni Misericordia per l'opera magnifica dei primi missionari e per l'accoglienza che i popoli dell'Oceania hanno riservato al Signore Gesù, percorrendo la Sua via, pronunciando la Sua verità e vivendo la Sua vita. Abbiamo ascoltato la storia del notevole sviluppo della Chiesa nelle vostre terre, riconoscendo con profonda gratitudine che è "Dio che fa crescere" (1Co 3,7). Il Sinodo ha gioito di nuovo per gli innumerevoli segni di santità e di giustizia presenti fra i popoli dell'Oceania, un pegno della primavera di fede alla quale aneliamo e per la quale operiamo.

Tuttavia, abbiamo riconosciuto anche che le numerose sfide che i popoli dell'Oceania devono affrontare in questo momento esortano la Chiesa a impegnare i popoli del Pacifico e le loro culture con vigore e convinzione rinnovati. Il Sinodo ha sentito narrare di crisi economiche, di instabilità politica, di corruzione, di conflitti etnici, di erosione delle forme tradizionali di organizzazione sociale, di collasso della legalità, di minaccia del surriscaldamento terrestre e, in particolare nelle società più ricche, di una crisi di significato autenticamente spirituale che si manifesta molto chiaramente nel venir meno del rispetto per la vita umana.

Tuttavia, i Vescovi non si sono fatti scoraggiare da tutto ciò. Al contrario, nel corso dell'Assemblea Speciale è apparso evidente che lo Spirito Santo chiama la Chiesa in Oceania a svolgere il grande compito di una nuova evangelizzazione. In questo senso il Sinodo è divenuto "una profezia per l'avvenire" e i Vescovi hanno percepito ancor più profondamente di essere "servitori del Vangelo di Gesù Cristo per la speranza del mondo", speranza della quale si è parlato con tanto fervore nella recente Decima Assemblea Ordinaria del Sinodo dei Vescovi.

410 3. Questa nuova avventura missionaria si radica nella "contemplazione del volto di Cristo", che è il nucleo della ricca eredità che l'esperienza del Grande Giubileo ci ha consegnato (cfr Novo Millennio ineunte NM 15). Che possa avere in tutti i battezzati, in ogni punto dell'Oceania, un grande e nuovo slancio di contemplazione! Che gli abitanti del Pacifico ripetano incessantemente: "Il tuo volto, Signore, io cerco" (Ps 26,8)! Che proclamino sempre gioiosamente con il Vangelo: "Abbiamo visto il Signore!" (Jn 20,25). Dalle profondità della contemplazione sgorgano quella spiritualità e quell'esperienza di comunione che i Vescovi hanno tanto sottolineato in occasione dell'Assemblea speciale. Avendo portato con sé la ricca gamma delle loro esperienze e dei loro tesori culturali, essi sono stati a loro volta rafforzati dal vincolo della communio, a livello locale e universale. Questa è stata per loro fonte di profondo rinnovamento e di incoraggiamento per il futuro (cfr Ecclesia in Oceania, n. 9). La comunione è la matrice della missione; essa conferirà le energie necessarie alla nuova evangelizzazione. Possa la Chiesa nei vostri Paesi dare prova di un'ingegnosità e di un coraggio sempre più grandi mentre si lancia nuovamente nelle profondità del Pacifico! Di fatto il comandamento del Signore è chiaro: "Prendete il largo!" (Lc 5,4).

4. Cari Fratelli e care Sorelle, mentre vi impegnante sulle onde del futuro, non siete soli. La Chiesa universale vi accompagna. Quel "gran numero di testimoni" (He 12,1), che costituisce la Comunione dei Santi, vi circonda. I santi dell'Oceania, riflessi della gloria di Dio "che rifulge sul volto di Cristo" (2Co 4,6), sono vicini a voi in questo momento: san Pierre Chanel, i Beati Diego Luis de San Vitores, Pedro Calungsod, Giovanni Mazzuconi, Mary MacKillop e Peter To Rot. Che essi non cessino mai di intercedere per i popoli fra i quali hanno vissuto e per i quali sono morti, ardenti d'amore! Al centro della Comunione dei Santi si trova la Madre di Cristo, Stella Maris, tanto venerata dai popoli del Pacifico. Affido a lei in particolare l'Esortazione Apostolica post-sinodale Ecclesia in Oceania. Che Maria, Soccorso dei cristiani e Regina della Pace, e tutti i santi vi sostengano, Vescovi, sacerdoti, religiosi e fedeli laici, mentre mettete in pratica gli insegnamenti e gli orientamenti di questo documento nei diversi contesti dei vostri vasti territori. In pegno di grazia e di pace nel Figlio di Dio, "che tiene le sette stelle nella sua destra" (Ap 2,1), vi imparto un'affettuosa Benedizione Apostolica.


AI VESCOVI DI EL SALVADOR IN VISITA


"AD LIMINA APOSTOLORUM"


Venerdì, 23 novembre 2001




Cari Fratelli nell'Episcopato,

1. Provo una grande gioia nel ricevervi questa mattina durante la visita Ad limina con la quale rinnovate i vincoli di comunione delle vostre Chiese particolari con il Vescovo di Roma. Vi saluto tutti con molto affetto e vi chiede di farvi interpreti della mia stima e vicinanza all'amato popolo salvadoregno, che servite con amore, generosità e dedizione, tenendo presente la testimonianza dell'Apostolo Paolo nel suo servizio alla comunità di Corinto: "consumerò me stesso per le vostre anime" (2Co 12,15).

Ringrazio Monsignor Fernando Sáenz Lacalle, Arcivescovo di San Salvador e Presidente della Conferenza Episcopale, per le parole che mi ha rivolto, per rinnovarmi la vostra adesione e rendere presente lo spirito con il quale esercitate il vostro ministero pastorale. Da parte mia, corrispondo manifestandovi la mia stima per l'opera che, con l'aiuto di Dio e la collaborazione di tanti servitori del Vangelo, svolgete nelle vostre Diocesi.

2. Nelle relazioni che avete presentato e negli incontri che ho avuto con ognuno di voi ho osservato il processo che la Chiesa porta avanti nella vostra Nazione. Nel congedarmi, al termine della mia seconda visita pastorale, vi ho detto: "Mi congedo con una grande fiducia nel futuro di questa amata terra; vivete alla luce della fede, con il vigore della speranza e la generosità dell'amore fraterno" (Discorso all'aeroporto di San Salvador, 8-2-1996, n. 5). Avevo presenti le aspirazioni e le speranze di questo amato popolo che ho potuto conoscere e apprezzare più a fondo; un popolo che aveva sofferto nei duri anni della guerra fratricida, dalla quale era felicemente uscito, e che stava assumendo con decisione il cammino del proprio sviluppo, per costruire un futuro sereno e solidale per i propri figli, che amano e desiderano la pace.

Continuate a stare accanto al vostro popolo come ministri della riconciliazione affinché il gregge che vi è stato affidato, superando le difficoltà del passato, proceda lungo le vie della concordia e dell'amore sincero fra tutti, senza eccezioni! Sapete bene che il futuro del Paese si deve costruire nella pace, il cui frutto è la giustizia (cfr Jc 3,18). Seguendo questo cammino, non svaniranno i tanti sforzi compiuti dalla firma degli Accordi di Pace del 1992, con i quali si è posto fine a quei terribili anni di guerra interna. Contribuite a costruire una società che favorisca la concordia, l'armonia e il rispetto per la persona e per ognuno dei suoi diritti fondamentali. Con la vostra parola, coraggiosa e opportuna, e tenendo sempre presenti le esigenze del bene comune, dovete incoraggiare tutti, a cominciare dai responsabili della vita politica, amministrativa e giuridica della Nazione, a promuovere migliori condizioni di vita, di lavoro e di alloggio.

3. Sono ben note la laboriosità, la forza morale e lo spirito di sacrificio dei salvadoregni dinanzi alla avversità. Li hanno dimostrati in occasione dell'uragano Mitch e dei due terremoti che, con un intervallo di un mese, hanno subìto all'inizio di quest'anno. In quelle occasioni ho subito manifestato la mia vicinanza, chiedendo solidarietà e aiuto per le vittime di quelle terribili disgrazie naturali che hanno ridotto l'esistenza di molti salvadoregni in condizioni precarie e hanno danneggiato tante strutture materiali.

Sebbene sia certo che gli aiuti esterni sono necessari, data l'entità del fenomeno, si deve tener presente che gli stessi salvadoregni, con le ricche qualità che li contraddistinguono, devono essere i protagonisti e gli artefici principali della ricostruzione del Paese, impegnandosi, con il loro sforzo e la loro costanza, a superare questa situazione tanto difficile, aggravata, fra le altre cose, dall'estrema povertà di molti, dalla disoccupazione e dalla mancanza di una abitazione degna. In questo compito, bisogna sottolineare l'azione della Caritas, che intende dare una risposta a queste necessità.

4. Come obiettivo principale della vostra opera pastorale vi proponete di dare impulso e di vivificare l'evangelizzazione. In effetti, una delle funzioni più importanti del Vescovo è quella di accrescere la fede dei fedeli, facendo maturare in essi gli insegnamenti del Vangelo mediante la predicazione integra del mistero di Cristo, affinché possano così glorificare Dio e seguire la via verso la felicità eterna (cfr Christus Dominus CD 12).

411 Nella nostra epoca in cui i mezzi di comunicazione moderni diffondono continuamente notizie molto diverse e il cuore e la mente si sentono attratti da tante novità, è necessario dare alla Parola di Dio e al suo annuncio il posto primordiale e privilegiato che corrisponde loro. Quando il credente accoglie Gesù Cristo e la sua Parola, mettendola in pratica, allora raggiunge veramente la sua pienezza, come Pietro confessa di fronte a Gesù: "Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna" (Jn 6,68). Per questo è di capitale importanza che non vengano mai meno il ministero della predicazione, la catechesi e l'insegnamento, affinché tutti i fedeli "abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza" (Jn 10,10).

L'annuncio della Parola assume particolare rilievo quando si proclama all'interno della liturgia, poiché Cristo "è presente nella sua parola, giacché è Lui che parla quando nella Chiesa si legge la Sacra Scrittura" (Sacrosanctum Concilium SC 7). Tuttavia, poiché l'azione della Chiesa non si esaurisce nella liturgia, occorre annunciare la Parola con perseveranza e con tutti i mezzi affinché il messaggio di salvezza giunga sia ai credenti sia ai non credenti. I mezzi di comunicazione sociale dei quali oggi si dispone per comunicare devono essere utilizzati anche per evangelizzare e catechizzare, al fine di approfittare del loro enorme potenziale per compiere meglio il mandato di Gesù di far giungere la Buona Novella a tutte le creature (cfr Mc 16,15). Vi incoraggio, quindi, a potenziare tali mezzi a vostra disposizione e a metterli al servizio della diffusione del Vangelo. Con essi il messaggio di salvezza può raggiungere tutti, nelle più diverse circostanze e nei luoghi di più difficile accesso.

5. Collaboratori diretti del Vescovo sono i presbiteri, che, a suo nome, presiedono le diverse comunità della Chiesa particolare, le alimentano con il Pane della Parola e dell'Eucaristia, celebrano i Sacramenti e, attraverso la loro vicinanza a tutti, devono essere immagine ed espressione della presenza viva di Gesù Cristo, il Buon Pastore, in mezzo al suo popolo. Per poter vivere con gioia e serenità il mistero che è stato affidato loro nell'ordinazione sacerdotale, devono custodire con zelo e intensità la grazia che è stata concessa loro. A tal fine, dovete incoraggiare sempre i vostri sacerdoti a essere uomini di preghiera assidua e frequente, poiché "nella preghiera si sviluppa quel dialogo con Cristo che ci rende suoi intimi" (Novo Millennio ineunte NM 32), ci fa penetrare nel profondo mistero di Dio e riempie di speranza l'esistenza dinanzi alle sfide del momento presente, che per il sacerdote rivestono spesso una particolare intensità.

Il sacerdote deve essere disponibile per tutti, sapere ascoltare, seguire la crescita nella fede dei suoi fratelli ed essere fonte di consolazione per i sofferenti e gli afflitti, essendo in ogni momento testimone dei valori del Regno, in quanto deve essere disposto ad offrire molte rinunce affinché risalti l'essenziale di fronte all'effimero. In definitiva, essere e presentarsi sempre come quello che è, ministro di Gesù Cristo e della sua grazia.

Lo stretto vincolo che unisce i sacerdoti al loro Vescovo esige che siate sempre vicini e attenti a ognuno di essi, affinché vi vedano come veri padri e maestri. Fondandovi sul carisma del vostro ministero episcopale, aiutateli in tutte le loro necessità, incoraggiateli a perseverare nel cammino dell'autentica santità sacerdotale e della carità pastorale. Offrite loro i mezzi più adeguati per poter continuare la formazione e per sviluppare quelle virtù necessarie per il loro stato e per affrontare con serenità e coraggio le difficoltà che si possono presentare loro.

6. Preoccupati per il numero del personale dedito alla missione, so che vi sforzerete di promuovere e seguire con attenzione la pastorale vocazionale, tanto necessaria per lo sviluppo della vita della Chiesa. In questo cammino, la prima cosa è il ricorso alla preghiera assidua, poiché è lo stesso Signore che ci ordina di chiedergli di inviare nuovi operai nella sua messe (cfr Mt 9,38). Inoltre, è necessario organizzare un'effettiva pastorale delle vocazioni, ampia e capillare, nelle parrocchie, nei movimenti, nei collegi e nelle famiglie, di modo che i giovani conoscano i valori e le esigenze del Regno di Dio e possano rispondere quando viene chiesto loro il completo dono di sé e delle proprie forze alla causa del Vangelo.

A tale proposito, è anche importante la testimonianza di vita dei sacerdoti e dei consacrati, testimonianza che deve essere tanto radicale ed eloquente da spingere altri, giovani e meno giovani, a voler seguire questo cammino, come ha indicato San Paolo: "Fatevi miei imitatori, come io lo sono di Cristo" (1Co 11,1).

7. La celebrazione dell'Eucaristia, in un mondo tanto spesso afflitto da divisioni e squilibri, consolida la comunione e la speranza, è fonte di armonia e di pace, e fa sì che tutti si sentano membri di una stessa famiglia dove a ognuno è riconosciuta la propria dignità. Occorre pertanto promuovere la pratica domenicale, poiché nel processo di rafforzamento della fede, l'Eucaristia è il momento privilegiato per l'incontro con Gesù Cristo vivo. Tenendo presente che la Messa domenicale deve essere impegno e pratica costante di tutti i fedeli, non smettete di impegnarvi insieme ai vostri sacerdoti nel promuovere questo aspetto tanto importante della vita ecclesiale, come ho raccomandato nella Lettera Apostolica Dies Domini (cfr capitolo II). Più di recente ho segnalato anche che occorre dare "particolare rilievo all'Eucaristia domenicale e alla stessa domenica, sentita come giorno speciale della fede, giorno del Signore risorto e del dono dello Spirito, vera Pasqua della settimana" (Novo Millennio ineunte NM 35).

Nella vita ecclesiale della vostra nazione, come mettete in evidenza nelle Relazioni quinquennali, è molto diffusa la devozione eucaristica; voi indicate come in quasi tutte le parrocchie si celebri, in particolare il giovedì, l'adorazione del Santissimo Sacramento. Mi rallegro del fatto che si conservi questa pratica fra i fedeli, poiché in tal modo non solo si proclama apertamente la fede nella presenza reale di Cristo nell'Eucaristia, ma si incrementa anche l'unione e la fiducia in Colui che ha promesso di stare con i suoi "tutti i giorni, fino alla fine del mondo" (Mt 28,20).

8. Una delle urgenze del nostro tempo, come ho sottolineato nella Lettera Apostolica Novo Millennio ineunte, è l'attenzione alla famiglia, poiché si sta registrando "una crisi diffusa e radicale di questa fondamentale istituzione" (n. 47), a causa delle gravi minacce che oggi attentano contro di essa: le rotture matrimoniali, la piaga dell'aborto, la mentalità contraccettiva, la corruzione morale, le infedeltà e le violenze domestiche, fattori che mettono in pericolo la famiglia, cellula primaria della società e della Chiesa.

Nel matrimonio, elevato dal Signore alla dignità di Sacramento, non solo si esprime il grande mistero dell'amore sponsale di Cristo per la sua Chiesa (cfr Ep 5,32), ma, secondo il piano di Dio, l'uomo e la donna realizzano anche la vocazione coniugale e collaborano con Lui alla creazione.

412 Una salda preparazione per quanti si apprestano a contrarre matrimonio e un'assistenza alle famiglie cristiane faranno sì che si possano offrire esempi convincenti di come deve essere la famiglia e del suo ruolo insostituibile nella società e nella Chiesa. Occorre quindi formare i giovani chiamati al matrimonio, come pure le famiglie già costituite, affinché vincano le pressioni di una cultura contraria al matrimonio e all'istituzione familiare, di modo che vivano secondo il piano di Dio e le vere e autentiche esigenze dell'uomo e della donna. L'umanità investe molto nell'istituzione familiare, giungendo a ipotecare il suo futuro se non viene difesa e promossa adeguatamente. Non si può cedere dinanzi a mode e teorie che, sotto un'apparenza di falsa modernità e progresso, si rivoltano poi contro l'uomo e creano tante vittime, a iniziare dai figli o dagli stessi coniugi abbandonati.

9. I laici sono chiamati a svolgere un ruolo di somma importanza di fronte alla sfide che il presente e il futuro di El Salvador pongono. Nella misura in cui vivranno sempre più aperti alla presenza e alla grazia nel profondo del loro cuore, i laici cristiani saranno maggiormente capaci di offrire ai loro fratelli la testimonianza di una vita rinnovata, avranno la libertà e la forza di spirito necessarie per trasformare le relazioni sociali e la società stessa secondo il disegno di Dio.

Per rendere presente nel mondo i valori del Vangelo, i cristiani hanno bisogno di essere fermamente radicati nell'amore di Dio e nella fedeltà a Cristo. Per questo desidero esortarvi a intensificare gli sforzi nella formazione di un laicato adulto, che collabori attivamente alla vita e alla missione della Chiesa; in tal senso sono utili organismi come l'Istituto Superiore di Catechesi, a San Salvador, per l'adeguata preparazione dei catechisti. In questa opera di formazione, vi incoraggio parimenti a prestare particolare attenzione ai giovani che, per la loro situazione, si trovano più facilmente esposti ai pericoli e alle seduzioni di cammini facili e illusori. Presentate loro, in tutta la loro autenticità e ricchezza, gli alti ideali della vita e della spiritualità cristiane, affinché apprendano i valori e i modelli di comportamento più atti ad affrontare le sfide del presente.

10. Nel concludere questo incontro desidero esprimervi la mia gratitudine per l'instancabile lavoro che svolgete in tutti gli ambiti dell'azione pastorale. Vi incoraggio a proseguire con rinnovata speranza nel compito di guidare il Popolo di Dio che vi è stato affidato verso la meta della patria celeste mediante l'esercizio del vostro ministero apostolico, offrendo anche così un eccellente servizio a tutta la comunità nazionale. Trasmettete il mio saluto affettuoso e la mia benedizione a tutti i vostri sacerdoti, religiosi, religiose e ai fedeli, soprattutto a quanti collaborano con maggiore dedizione all'opera di evangelizzazione e a quanti soffrono per qualunque causa e che, per questo, occupano un posto particolare nel cuore del Papa. In questi giorni si celebra la festa di Nostra Signora Regina della Pace, patrona di El Salvador. Nell'invocare la sua materna protezione, le chiedo di intercedere per la santità di tutti i fedeli, per il benessere delle famiglie e per la prosperità del vostro Paese in giustizia e pace, e al contempo imparto a tutti di cuore la Benedizione Apostolica.




AI PARTECIPANTI ALLA PLENARIA


DELLA CONGREGAZIONE PER IL CLERO


Venerdì, 23 novembre 2001


Signori Cardinali,
Venerati Fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio,
Carissimi Fratelli e Sorelle!

1. Con grande gioia vi accolgo, in occasione della Plenaria della Congregazione per il Clero. Saluto cordialmente il Cardinale Dario Castrillón Hoyos, Prefetto del Dicastero, e lo ringrazio per le cortesi parole che mi ha indirizzato a nome di tutti i presenti. Saluto i Signori Cardinali, i venerati Fratelli nell’Episcopato e i partecipanti alla vostra Congregazione Plenaria, che ha dedicato la sua attenzione a un tema tanto importante per la vita della Chiesa: il presbitero, pastore e guida della comunità parrocchiale.Ponendo l’accento sulla funzione del presbitero nella comunità parrocchiale, si mette in luce la centralità di Cristo che sempre deve risaltare nella missione della Chiesa.

Cristo è presente alla sua Chiesa nel modo più sublime nel Santissimo Sacramento dell’Altare. Insegna il Concilio Vaticano II, nella Costituzione dogmatica Lumen gentium, che il sacerdote in persona Christi celebra il Sacrificio della Messa ed amministra i Sacramenti (cfr n. 10). Cristo, inoltre, come osservava opportunamente sulla scorta della Costituzione Sacrosanctum Concilium, n, 7, il mio venerato predecessore Paolo VI nella Lettera enciclica Mysterium fidei, è presente attraverso la predicazione e la guida dei fedeli, compiti ai quali il presbitero è personalmente chiamato (cfr AAS 57 [1965] 762 s.).

2. La presenza di Cristo, che in tal modo si attua in maniera ordinaria e quotidiana, fa della parrocchia un’autentica comunità di fedeli. Per la parrocchia avere un sacerdote quale proprio pastore è pertanto di fondamentale importanza. E quello di pastore è un titolo specificamente riservato al sacerdote. Il sacro Ordine del presbiterato rappresenta in effetti per lui la condizione indispensabile ed imprescindibile per essere nominato parroco validamente (cfr Codice di Diritto Canonico, can. 521, § 1). Altri fedeli possono certo collaborare con lui attivamente, perfino a tempo pieno, ma poiché non hanno ricevuto il sacerdozio ministeriale, non possono sostituirlo come pastore.

413 A determinare questa peculiare fisionomia ecclesiale del sacerdote è la relazione fondamentale che egli ha con Cristo Capo e Pastore, quale sua ripresentazione sacramentale. Notavo nell’Esortazione apostolica Pastores dabo vobis, che «il riferimento alla Chiesa è inscritto nell’unico e medesimo riferimento del sacerdote a Cristo, nel senso che è la "rappresentanza sacramentale" di Cristo a fondare e ad animare il riferimento del sacerdote alla Chiesa» (n. 16). La dimensione ecclesiale appartiene alla sostanza del sacerdozio ordinato. Esso è totalmente al servizio della Chiesa, tanto che la comunità ecclesiale ha assoluto bisogno del sacerdozio ministeriale per avere Cristo Capo e Pastore presente in essa. Se il sacerdozio comune è conseguenza del fatto che il Popolo cristiano è scelto da Dio come ponte con l’umanità e riguarda ogni credente in quanto inserito in questo popolo, il sacerdozio ministeriale invece è frutto di una elezione, di una vocazione specifica: «Gesù chiamò a sé i suoi discepoli e ne scelse dodici» (Lc 6,13-16). Grazie al sacerdozio ministeriale i fedeli sono resi consapevoli del loro sacerdozio comune e lo attualizzano (cfr. Ef Ep 4,11-12); il sacerdote infatti ricorda loro che sono Popolo di Dio e li abilita all’«offerta di quei sacrifici spirituali» (cfr 1P 2,5), mediante i quali Cristo stesso fa di noi un eterno dono al Padre (cfr 1P 3,18). Senza la presenza di Cristo rappresentato dal presbitero, guida sacramentale della comunità, questa non sarebbe in pienezza una comunità ecclesiale.

3. Dicevo prima che Cristo è presente nella Chiesa in maniera eminente nell’Eucarestia, fonte e culmine della vita ecclesiale. E’ presente realmente nella celebrazione del santo Sacrificio, come pure quando il pane consacrato viene custodito nel tabernacolo «come il cuore spirituale della comunità religiosa e parrocchiale» (Paolo VI, Lettera enciclica Mysterium fidei, AAS 57 [1965], 772).

Per questa ragione, il Concilio Vaticano II raccomanda che «i parroci abbiano cura che la celebrazione del Sacrificio Eucaristico sia il centro e il culmine di tutta la vita della comunità cristiana» (Decr. Christus Dominus CD 30).

Senza il culto eucaristico, come proprio cuore pulsante, la parrocchia inaridisce. Giova a tal proposito ricordare quanto scrivevo nella Lettera apostolica Dies Domini: «Tra le numerose attività che una parrocchia svolge, nessuna è tanto vitale o formativa della comunità quanto la celebrazione domenicale del giorno del Signore e della sua Eucarestia» (n. 35). Nulla sarà mai in grado di supplirla. La stessa liturgia della sola Parola, quando sia effettivamente impossibile assicurare la presenza domenicale del sacerdote, è lodevole per mantenere viva la fede, ma deve sempre conservare, come meta verso cui tendere, la regolare celebrazione eucaristica.

Dove manca il sacerdote si deve, con fede ed insistenza, supplicare Iddio perché susciti numerosi e santi operai per la sua vigna. Nella citata Esortazione apostolica Pastores dabo vobis ribadivo che «oggi l’attesa orante di nuove vocazioni deve diventare sempre più un’abitudine costante e largamente condivisa nell’intera comunità cristiana e in ogni realtà ecclesiale» (n. 38). Lo splendore dell’identità sacerdotale, l’esercizio integrale del conseguente ministero pastorale unitamente all’impegno dell’intera comunità nella preghiera e nella penitenza personale, costituiscono gli elementi imprenscindibili per un’urgente e indilazionabile pastorale vocazionale. Sarebbe errore fatale rassegnarsi alle attuali difficoltà, e comportarsi di fatto come se ci si dovesse preparare ad un Chiesa del domani, immaginata quasi priva di presbiteri. In questo modo, le misure adottate per rimediare a carenze attuali risulterebbero per la Comunità ecclesiale, nonostante ogni buona volontà, di fatto seriamente pregiudizievoli.

4. La parrocchia è inoltre luogo privilegiato dell’annuncio della Parola di Dio. Questo si articola in diverse forme e ciascun fedele è chiamato a prendervi parte attiva, specialmente con la testimonianza della vita cristiana e l’esplicita proclamazione del Vangelo, sia ai non credenti per condurli alla fede, sia a quanti sono già credenti per istruirli, confermarli ed indurli ad una vita più fervente. Quanto al sacerdote, egli «annuncia la Parola nella sua qualità di "ministro", partecipe dell’autorità profetica di Cristo e della Chiesa» (Pastores dabo vobis PDV 26). E per assolvere fedelmente a questo ministero, corrispondendo al dono ricevuto, egli per «primo deve sviluppare una grande familiarità personale con la Parola di Dio» (ibid.). Quand’anche egli fosse superato da altri fedeli non ordinati nella facondia, ciò non cancellerebbe il suo essere ripresentazione sacramentale di Cristo Capo e Pastore, ed è da questo che deriva soprattutto l’efficacia della sua predicazione. Di questa efficacia ha bisogno la comunità parrocchiale, specialmente nel momento più caratteristico dell’annuncio della Parola da parte dei ministri ordinati: proprio per questo la proclamazione liturgica del Vangelo e l’omelia che la segue, sono entrambe riservate al sacerdote.

5. Anche la funzione di guidare come pastore la comunità, funzione propria del parroco, deriva dal suo peculiare rapporto con Cristo Capo e Pastore. E’ funzione che riveste carattere sacramentale. Non è affidata al sacerdote dalla comunità, ma, per il tramite del Vescovo, proviene a lui dal Signore. Riaffermare ciò con chiarezza ed esercitare tale funzione con umile autorevolezza costituisce un’indispensabile servizio alla verità e alla comunione ecclesiale. La collaborazione di altri, che non hanno ricevuto questa configurazione sacramentale a Cristo, è auspicabile e spesso necessaria. Questi, tuttavia, non possono surrogare in alcun modo il compito di pastore proprio del parroco. I casi estremi di penuria di sacerdoti, che consigliano una collaborazione più intensa ed estesa di fedeli non insigniti del sacerdozio ministeriale, nell’esercizio della cura pastorale di una parrocchia, non costituiscono affatto eccezione a questo criterio essenziale per la cura delle anime, come in modo inequivocabile risulta stabilito dalla normativa canonica (cfr Codice di Diritto Canonico, can. 517, § 2). In questo campo, oggi molto attuale, l’Esortazione interdicasteriale Ecclesiae de mysterio, che ho approvato in modo specifico, costituisce la sicura traccia da seguire.

Nell’adempimento del proprio dovere di guida, con responsabilità personale, il parroco trarrà sicuro giovamento dagli organismi di consultazione previsti dal Diritto (cfr Codice di Diritto Canonico, cann. 536-537); ma questi ultimi dovranno mantenersi fedeli alla propria finalità consultiva. Sarà pertanto necessario guardarsi da qualsiasi forma che, di fatto, tenda ad esautorare la guida del presbitero parroco, perché verrebbe ad essere snaturata la fisionomia stessa della comunità parrocchiale.

6. Rivolgo ora il mio pensiero pieno di affetto e di riconoscenza ai parroci sparsi nel mondo, specialmente a coloro che operano negli avamposti dell’evangelizzazione. Li incoraggio a proseguire nel loro compito faticoso, ma veramente prezioso per l’intera Chiesa. Raccomando a ciascuno di ricorrere, nell’esercizio del quotidiano "munus" pastorale, all’aiuto materno della Beata Vergine Maria, cercando di vivere in profonda comunione con Lei. Nel sacerdozio ministeriale, come scrivevo nella Lettera ai sacerdoti, in occasione del Giovedì Santo del 1979, "c’è la dimensione stupenda e penetrante della vicinanza alla Madre di Cristo" (n. 11). Quando celebriamo la santa Messa, cari Fratelli sacerdoti, accanto a noi sta la Madre del Redentore, che ci introduce nel mistero dell’offerta redentrice del suo divin Figlio. "Ad Jesum per Mariam": sia questo il nostro quotidiano programma di vita spirituale e pastorale!

Con tali sentimenti, mentre assicuro la mia preghiera, imparto a ciascuno una speciale Benedizione Apostolica, che volentieri estendo a tutti i sacerdoti del mondo.


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