GP2 Discorsi 2001 428

428 4. In Costa Rica, come in altri Paesi, gli uomini stanno vivendo un momento drammatico e, allo stesso tempo, affascinante. Da un lato sembra diffondersi ovunque uno stile di vita basato su criteri meramente materiali, che incitano al triviale consumismo, il che comporta tante conseguenze negative per la dignità delle persone e il bene comune della società. Dall'altro, si apprezza tuttavia il rinascere di un profondo spirito religioso, ben radicato nel popolo costaricense, e la ricerca di un significato profondo e consistente della vita. In questo contesto diventa ancora più attuale, se possibile, l'urgenza di "ricuperare e riproporre il vero volto della fede cristiana, che non è semplicemente un insieme di proposizioni da accogliere e ratificare con la mente. È invece una conoscenza vissuta di Cristo, una memoria vivente dei suoi comandamenti, una verità da vivere" (Veritatis splendor VS 88). In effetti, la Chiesa ha la missione di portare la luce del Vangelo a tutti gli ambiti dell'esistenza umana, affinché tutti gli uomini ottengano la salvezza (cfr Lumen gentium LG 24) e si realizzi in ognuno la vocazione universale alla santità.

Per questo è di somma importanza intraprendere con decisione un'azione evangelizzatrice che non solo raggiunga tutti i settori della società, ma che faccia anche crescere nei fedeli la gioia di credere e di celebrare la propria fede, la loro responsabilità di essere membri del Corpo di Cristo (cfr 1Co 12,27) e la loro partecipazione alla missione di proclamare la Buona Novella a tutte le creature (cfr Mc 16,15). A tal fine è necessario un decisivo impulso della catechesi affinché essa, lentamente ma in modo costante e ben articolato, offra una formazione sempre più consistente nella fede. Così facendo, si preparano i cristiani di oggi a dare una risposta a quanti chiedono ragione della speranza che è in loro (cfr 1P 3,15) fra le tendenze secolariste. Allo stesso tempo, facendosi eco fedele dell'insegnamento di Gesù che tanta meraviglia suscitava nella folla (cfr Mt 22,22-33), si offre il vero significato trascendente dell'esistenza, prevenendo così i progressi proselitisti delle sette e dei nuovi gruppi religiosi (cfr Ecclesia in America, n. 73).

5. Sono a conoscenza dei vostri sforzi per coinvolgere i laici in questo compito, come vi ho già indicato nella mia visita in Costa Rica (cfr Ai Vescovi dell'America Centrale, 2-3-1983, n. 3), e constato con soddisfazione l'aumento dei catechisti negli ultimi anni nelle vostre Diocesi. Essi sono spesso la via più diretta attraverso la quale il dono della fede cresce nei bambini e illumina le diverse fasi e situazioni della vita e dunque meritano una particolare attenzione da parte dei Pastori, di modo che non manchi loro la dovuta formazione teologica e spirituale, siano con la loro vita testimoni di ciò che insegnano e prendano pienamente coscienza dell'aspetto trascendente della loro missione nella Chiesa.

Inoltre, i catechisti laici, per il loro particolare vincolo con la parrocchia e con altre comunità ecclesiali, per la loro formazione teologica e la loro familiarità con la dottrina della Chiesa, devono essere anche cristiani impegnati nei diversi ambiti della vita quotidiana. In tal modo uniscono la loro collaborazione con i Pastori nei compiti più direttamente pastorali alla loro vocazione specifica, che li porta ad agire nell'ordine temporale "guidati dalla luce del Vangelo e dal pensiero della Chiesa e mossi dalla carità cristiana, ... direttamente e in modo concreto" (Apostolicam actuositatem AA 7 cfr Novo Millennio ineunte NM 46).

Le grandi speranze che in Costa Rica, come nel resto dell'America e nelle altre Chiese nel mondo, sono riposte nel laicato, devono richiamare l'attenzione dei Pastori affinché sentano come un'urgenza indifferibile l'occuparsi con sollecitudine della salda formazione nella vita spirituale e nei criteri cristiani che i fedeli laici devono rendere operativi nel mondo della famiglia, della società, della politica, del lavoro e della cultura (cfr Ecclesia in America, n. 44). A tal fine sarà di grande aiuto seguire da vicino e promuovere movimenti e associazioni specifiche, che fungano da via per un aiuto reciproco dei loro membri, un più facile inserimento delle nuove generazioni e un'attuazione più organizzata e stabile dei loro membri.

6. Avete anche manifestato la vostra preoccupazione per la situazione della famiglia nel vostro Paese, che non è stato immune dalla "crisi diffusa e radicale di questa fondamentale istituzione" (Novo Millennio ineunte NM 47). Forse in alcune delle vostre Diocesi questo fenomeno può aver esercitato un impatto particolare, sia per la rapidità con cui si è prodotto sia per la grande stima in cui tradizionalmente la famiglia è tenuta, provocando un certo scoraggiamento dinanzi a un fenomeno inatteso e in apparenza inesorabile. Desidero perciò ricordarvi le confortanti parole di Gesù dinanzi alla titubanza dei suoi discepoli più vicini: " Coraggio sono io, non abbiate paura" (Mt 14,27). Con queste parole nella mente e nel cuore allontaneremo la tentazione di vacillare nel dovere di vegliare sul grande tesoro di amore e di vita che Dio ci ha dato con l'istituzione della famiglia, fondata sul matrimonio indissolubile.

Di fatto, la Chiesa non può restare indifferente quando vengono messi in discussione il dono e il diritto fondamentale alla vita fin dall'inizio o quando s'impoverisce l'amore dei coniugi, si sminuisce il valore della fedeltà reciproca o s'infrange il naturale rapporto fra uomo e donna, che raggiunge la sua autentica pienezza nel matrimonio. Per la fedeltà al Vangelo e la radicale stima della dignità di ogni essere umano, non si può restare neutrali dinanzi a fenomeni che denotano una cultura edonistica, di egoismo e di morte, per quanto grandi siano le difficoltà e potenti le influenze esterne.

A tale proposito, è necessario rivitalizzare costantemente una pastorale familiare che prepari adeguatamente i giovani a formare una nuova famiglia, che segua anche i coniugi nelle difficoltà che potranno incontrare, aiutandoli ad accogliere gioiosamente i figli, a educarli con tenerezza e a trasmettere loro la fede. Sarà altresì necessario dare impulso alle condizioni sociali, economiche e legali atte a salvaguardare l'unità e la stabilità dei focolari domestici, invitando le famiglie a "farsi soggetti attivi di un'efficace presenza ecclesiale e sociale a tutela dei loro diritti" (Novo Millennio ineunte NM 47).

7. Desidero parimenti ricordare in questo incontro con voi un settore tanto decisivo per la Chiesa come è quello degli istituti religiosi e delle persone consacrate. Essi hanno contribuito in modo determinante, non solo all'evangelizzazione delle vostre terre, ma anche a forgiare in buona misura l'identità culturale di Costa Rica, potenziando significativamente l'attuale azione pastorale in diversi settori.

La Chiesa rende continuamente grazie allo Spirito Santo per la vita consacrata che Egli suscita al suo interno, la quale "affonda le sue radici nel Vangelo e produce frutti copiosi in ogni stagione" (Vita consecrata VC 5). Alcuni di questi frutti sono ben visibili attraverso numerose opere e istituzioni dedite all'educazione, all'apostolato giovanile, alla cura dei malati o all'attenzione per le molteplici forme di povertà e di emarginazione. Tuttavia, al di là delle sue attività concrete, la comunità ecclesiale deve apprezzare il fatto che sia "una manifestazione particolarmente ricca dei beni evangelici e un'attuazione più compiuta del fine della Chiesa" (Ibidem, n. 5). Lo sviluppo della vita consacrata in ogni Chiesa particolare denota in un certo modo la sua capacità di presentare Cristo con un vigore e un fascino tali da suscitare in molti dei suoi membri il desiderio di seguirlo con totale radicalità evangelica.

I Pastori hanno dunque il dovere di promuovere le vocazioni anche alla vita consacrata e di vegliare affinché venga rispettata l'identità propria di ogni Istituto (cfr C.I.C., cc. 385 e 586), per la qual cosa devono promuovere fra i fedeli la stima di una vita totalmente consacrata a Dio e stabilire forme di pastorale vocazionale che mostrino "l'impegno corale di tutta la Chiesa" in questo campo (cfr Vita consecrata VC 64).

429 8. Vi incoraggio dunque, cari Fratelli Vescovi di Costa Rica, a continuare a dare un nuovo impulso ai compiti dell'evangelizzazione, per soddisfare con il messaggio di Cristo gli aneliti più profondi di tutti i settori del Popolo di Dio: bambini e giovani, malati e anziani, donne e uomini, famiglie e popoli, persone povere e abbandonate. Affido alla protezione di Nuestra Señora de los Ángeles, Madre e Avvocatessa del popolo costaricense, i propositi pastorali che vi animano e che, in stretta collaborazione con i sacerdoti, con le persone consacrate e i laici impegnati, devono rivitalizzare, in questo inizio di millennio, la solidità della fede nelle Chiese particolari che vi sono state affidate.

Mentre vi ringrazio per la generosità con cui svolgete il vostro ministero, vi chiedo di trasmettere alle comunità che vi attendono, dopo questa visita ad Limina, il saluto cordiale e la vicinanza affettuosa del Papa, insieme alla Benedizione Apostolica, che vi imparto di cuore.


AI PARTECIPANTI AL SIMPOSIO INTERNAZIONALE


PROMOSSO DALLA CONGREGAZIONE


PER LA DOTTRINA DELLA FEDE


SUL CARD. FRANJO ŠEPER


Venerdì, 30 novembre 2001

Signori Cardinali,

Venerati Fratelli nell'Episcopato e nel Sacerdozio,
carissimi Fratelli e Sorelle!

1. Molto opportunamente avete voluto ricordare il compianto Card. Franjo Šeper, già Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, nel ventesimo anniversario della morte. Per questo vi siete ritrovati dapprima a Zagabria ed ora qui a Roma, dove siete convenuti numerosi anche voi, cari fedeli dell'amata terra di Croazia. Vi saluto tutti con affetto e ringrazio l'Arcivescovo di Zagabria, Mons. Josip Bozanic, per il cordiale indirizzo che mi ha rivolto a nome di tutti. Un particolare saluto desidero riservare al Card. Joseph Ratzinger, che da vent'anni dirige la Congregazione per la Dottrina della Fede nel ruolo prestigioso che fu già del Card. Šeper.

2. Misao se tako vraca k uglednome Pastiru, koji je zauzimao istaknuto mjesto u životu Crkve zagrebacke, posebno od 1954. do 1968., u vremenu vrlo osjetljivu za odnose izmedu Crkve i države, prvo kao nadbiskup koadjutor a potom kao nadbiskup metropolit i isto tako predsjednik Biskupske konferencije Jugoslavije, kada je 1960. naslijedio blaženoga Alojzija Stepinca.

U ono tako mucno doba za život kršcana u njegovoj zemlji, u vrijeme što je uslijedilo odmah poslije Drugoga svjetskog rata, on nije sustao pred teškocama nego je naprotiv bio promicatelj važnih, prije svega dušobrižnickih, karitativnih i kulturnih podhvata, ukljucujuci i podhvate na podrucju sredstava društvenoga priopcivanja, na korist svih hrvatskih katolika.

Njegova je djelatnost takoder bila posebno obilježena ekumenizmom, pa je tako bio djelatno zauzet za promaknuce jedinstva kršcana. U tome okviru želim spomenuti njegovu pozornost posvecivanu Zajednici iz Taizéa. On istodobno nije zapostavio održavanje vezâ sa Židovskom zajednicom ni nakon Drugoga svjetskog rata, što ih je bio uspostavio za vrijeme samoga rata, slijedeci primjer svojega hrabrog Predhodnika.

[Il pensiero torna così all'illustre Pastore, che tanto rilievo ebbe per la vita della Chiesa di Zagabria, in particolare dal 1954 al 1968, in un periodo molto delicato per le relazioni fra Chiesa e Stato, dapprima come Arcivescovo coadiutore e poi dal 1960, succedendo al Beato Alojzije Stepinac, come Arcivescovo metropolita e anche Presidente della Conferenza Episcopale di Jugoslavia.

430 In quella fase così travagliata della vita dei cristiani nel suo Paese, all'indomani della seconda guerra mondiale, egli non si arrese davanti ai problemi, ma fu anzi promotore di importanti iniziative innanzitutto pastorali, caritative e culturali, anche nell'ambito dei mezzi di comunicazione sociale, a vantaggio di tutti i cattolici croati.

Il suo ministero ha avuto pure un ampio respiro ecumenico, che lo vide impegnato attivamente per la promozione dell'unità dei cristiani. Vorrei ricordare, in questo contesto, la sua attenzione nei confronti della Comunità di Taizé. Nello stesso tempo egli non tralasciò di mantenere contatti con la Comunità ebraica, anche dopo la fine della seconda guerra mondiale, come li aveva intrattenuti durante la guerra stessa, seguendo l'esempio del suo eroico Predecessore.]

3. L'attività del Card. Šeper, durante quegli anni, non si limitò alla cura della sua diocesi e della Chiesa nel suo Paese. Partecipò ai preparativi del Concilio Vaticano II quale membro della Commissione per i Sacramenti e della Commissione centrale preparatoria. Durante il Concilio stesso fu poi membro della Commissione centrale. In qualità di Padre conciliare si adoperò per l'introduzione del diaconato permanente, della lingua viva nella liturgia, della comunione sotto le due specie e della concelebrazione. Si impegnò inoltre per la valorizzazione del ruolo dei laici nella Chiesa e per la promozione delle relazioni dei cristiani con il popolo ebraico.

Altri punti particolari da lui sottolineati nei suoi interventi furono: l'accentuazione della maternità della Chiesa come dimensione che coinvolge tutti i fedeli, il maggior radicamento della devozione alla Madre di Dio nelle fonti bibliche e nella grande tradizione, il riconoscimento delle responsabilità anche dei cristiani nella genesi dell'ateismo contemporaneo.

4. I temi, esposti dal Card. Šeper nei suoi interventi, trovarono espressione sia nei documenti conciliari che in quelli postconciliari e si comprende pertanto perché nel 1968 Papa Paolo VI lo abbia nominato Prefetto della Sacra Congregazione per la Dottrina della Fede. Muovendosi con grande saggezza e prudenza in quegli anni difficili, il Card. Šeper provvide innanzitutto alla riorganizzazione del lavoro del Dicastero, rinnovato nelle sue finalità e nei suoi metodi. In questo contesto si colloca in particolare la pubblicazione dello Statuto provvisorio della Commissione Teologica Internazionale appena istituita e i primi passi della medesima Commissione, nonché della nuova Pontificia Commissione Biblica. Sotto la guida del Card. Šeper, la Sacra Congregazione per la Dottrina della Fede, di fronte agli errori e alle deviazioni che si diffondevano, emanò tutta una serie di documenti per promuovere e difendere la dottrina cattolica.

Fu durante questi anni della sua permanenza a Roma che potei approfondire la conoscenza del Card. Šeper. Ebbi anche la gioia di ospitarlo nella mia Arcidiocesi di Cracovia, e durante uno di questi incontri amichevoli ebbi anche l'occasione di accompagnarlo in visita al campo di concentramento di Auschwitz.

Riandare ora a venti anni dalla sua morte, alla testimonianza del Card. Šeper, costituisce per noi un significativo impulso a continuare con impegno rinnovato nel servizio al Vangelo di Cristo, secondo l'esempio eloquente che egli ci ha lasciato.

5. Al riguardo, vorrei innanzitutto rilevare il suo radicamento nella Chiesa locale e insieme il suo senso di appartenenza alla Chiesa universale. Questi due aspetti, lungi dal contrapporsi, traevano anzi, nell'itinerario religioso del Card. Šeper, l'uno dall'altro linfa vitale. Anche in questo egli ci è di esempio: il cristiano deve immergersi nel popolo e nella cultura in cui vive per accoglierne tutti gli elementi validi, e al tempo stesso mai deve perdere la consapevolezza di appartenere ad un popolo più grande, il Popolo di Dio, che attraversa tutti i tempi, tutti i continenti e trova nella Sede di Pietro un fondamentale strumento di unità.

Želim, osim toga, spomenuti i dušobrižnicki stav kardinala Šepera, koji je uistinu znao biti »uzor stada« (usp.
1P 5,3) te je koracao zajedno sa svojim vjernicima, dajuci im životom, rijecima i radom onaj evandeoski biljeg koji Gospodin traži od svojih slugu. On je u tome smislu poticaj za nas današnje pastire da se ne odvajamo od povjerenoga nam puka, nego da zajedno s tim istim pukom idemo putovima povijesti, pazeci da uvijek svima navješcujemo poruku Kristove muke i slave. Same pak vjernike kardinal Šeper istodobno nastavlja pozivati da se pouzdaju u svoje pastire te pozorno slušaju njihov nauk i velikodušnom spremnošcu prihvacaju dušobrižnicke upute što ih daju skladno povezani s glavom Biskupskoga zbora, Petrovim nasljednikom.

Uz želju da ovaj znakoviti spomen potakne na obnovljeno zalaganje za kršcansko svjedocenje, svima s ljubavlju udjeljujem apostolski blagoslov.

Hvaljen Isus i Marija!

431 [Vorrei, inoltre, ricordare l'atteggiamento pastorale del Card. Šeper, il quale seppe veramente farsi "forma gregis" (cfr 1P 5,3), camminando insieme ai suoi fedeli, ai quali con la vita, le parole e le iniziative dava quell'impronta evangelica che il Signore chiede ai suoi servitori. In questo senso egli è stimolo per noi, Pastori di oggi, a non distaccarci dal popolo a noi affidato, ma a percorrere con esso i cammini della storia, sempre attenti a comunicare a tutti il messaggio della passione e della gloria del Cristo. Al tempo stesso, col suo esempio il Card. Šeper continua ad essere per i fedeli un invito a fidarsi dei Pastori, ponendosi in ascolto del loro insegnamento ed accogliendo con generosa disponibilità le indicazioni pastorali da essi date in sintonia con il Capo del Collegio episcopale, il Successore di Pietro.

Nell'auspicare che questa significativa commemorazione susciti un rinnovato impegno di testimonianza cristiana, a tutti imparto con affetto la Benedizione Apostolica.

Siano lodati Gesù e Maria!]

Dicembre 2001



AI PARTECIPANTI AL SIMPOSIO INTERNAZIONALE


SUL "VOLONTARIATO CATTOLICO IN SANITÀ"


Sabato, 1° dicembre 2001




Carissimi Fratelli e Sorelle!

1. Rivolgo un cordiale saluto a tutti voi, a conclusione del Simposio Internazionale sul Volontariato Cattolico in Sanità, promosso e organizzato dal Pontificio Consiglio per la Pastorale della Salute.

Il mio affettuoso pensiero va, anzitutto, a Mons. Javier Lozano Barragán, Presidente del vostro Pontificio Consiglio, che ringrazio per le cortesi parole indirizzatemi a nome di tutti. Saluto gli altri Presuli, i sacerdoti, i religiosi e le religiose, i rappresentanti di Stati e di Governi, gli studiosi, i ricercatori, nonché i delegati delle numerose Associazioni del Volontariato che, con la loro presenza e il contributo scientifico, hanno voluto onorare quest'importante manifestazione.

Attraverso ciascuno di voi desidero far giungere il mio grato ricordo a tutti i volontari che, impegnati in molteplici forme di solidarietà, operano in nome della Chiesa accanto ai poveri e ai sofferenti.

2. Questo vostro Simposio, che ha come tema le parole del Vangelo "Vade et tu fac similiter - Va' e anche tu fa lo stesso" (Lc 10,37), si colloca nel contesto dell'Anno Internazionale del Volontariato, proclamato ufficialmente dalle Nazioni Unite. Costituisce, pertanto, un'occasione preziosa per riflettere sul servizio volontario, che la Chiesa ha sempre fortemente incoraggiato.

In una società, che risente dell'influenza del materialismo e dell'edonismo, la vitalità del Volontariato costituisce un promettente segno di speranza. L'azione dei volontari pone in luce il valore della solidarietà, insostituibile contributo per rispondere alle attese profonde della persona e per risolvere gravi ed urgenti problemi dell'umanità. Il Volontariato si caratterizza proprio per la sua capacità di testimoniare amore gratuito al prossimo, contribuendo in tal modo a realizzare l'auspicata civiltà dell'amore.

3. "Va' e anche tu fa lo stesso"! Come modello di riferimento della vostra azione, voi avete scelto, cari volontari, il buon Samaritano, di cui parla la nota parabola evangelica. Parabola quanto mai eloquente, che interpella ogni credente e ogni uomo di buona volontà a testimoniare in prima persona l'amore, specialmente verso chi soffre. E' Gesù il modello per eccellenza del volontario cristiano. Egli è "venuto non per essere servito, ma per servire" (Mt 20,28), e "da ricco che era, si è fatto povero per noi, affinché noi divenissimo ricchi per mezzo della sua povertà" (cfr 2Co 8,9). Nel Cenacolo, nel corso dell'ultima Cena, dopo aver lavato i piedi ai discepoli, il Maestro disse loro: "Vi ho dato infatti l'esempio perché, come ho fatto io, facciate anche voi" (Jn 13,15). Seguendo le sue orme, i volontari recano ad ogni persona nel dolore il balsamo dell'amore divino.

432 Per assolvere questa missione fedelmente, occorre che essi mantengano fisso lo sguardo su Cristo, perché solamente dal suo cuore viene quel vigore spirituale che trasforma l'esistenza. Nelle nostre moderne società socialmente avanzate, che pur prevedono specifiche istituzioni per sovvenire alle esigenze dei poveri e dei sofferenti, è fortemente avvertito il bisogno di un "supplemento d'anima" che infonda speranza anche all'esperienza amara del soffrire e della precarietà, pienamente rispettando la dignità d'ogni essere umano. Le istituzioni possono certo rispondere alle necessità sociali della gente, ma nessuna di esse è in grado di sostituire il cuore dell'uomo, la sua compassione, il suo amore e la sua iniziativa.

4. Grazie a Dio, tanti fedeli laici sono oggi impegnati in molteplici forme di Volontariato. La Comunità cristiana mette in atto, attraverso la loro opera, una profetica "fantasia della carità", richiamando lo spirito della prima Comunità di Gerusalemme, che "offriva lo spettacolo commovente di uno scambio di doni fino alla comunione dei beni, a favore dei più poveri" (Novo millennio ineunte
NM 53).

Sia sempre questo il vostro stile di servizio, cari volontari, specialmente quando dovete accudire ai malati e ai sofferenti. Fate in modo che le vostre attività siano espressione visibile di quella carità delle opere, attraverso la quale l'annuncio del Vangelo, che è la prima carità, non rischia di "affogare in quel mare di parole a cui l'odierna società della comunicazione quotidianamente ci espone". "La carità delle opere", infatti, "assicura una forza inequivocabile alla carità delle parole" (ibid., n. 50).

E quando con volontari di religioni diverse, o che si dichiarano non credenti, vi trovate a svolgere un'azione comune a favore dell'uomo, considerate provvidenziale quest'opportunità per attuare il dialogo e la collaborazione interreligiosa e interculturale. La difesa e la promozione della vita non sono, infatti, monopolio di nessuno; costituiscono piuttosto un compito che è affidato a tutti.

Insieme è più facile combattere e sconfiggere le gravi forme di ingiustizia e di miseria che offendono l'umana dignità; insieme è possibile offrire un contributo decisivo alla crescita della società civile, le cui istituzioni risultano spesso impari alla domanda di aiuto che sale dai bisognosi. Insieme si può dar vita a un mondo più accogliente.

E', pertanto, interesse delle stesse pubbliche strutture incoraggiare e sostenere le attività del Volontariato, sia quelle realizzate da singoli individui, sia quelle promosse da associazioni organizzate per accelerare il cammino verso la costruzione d'una società solidale, dove regni la giustizia e la pace.

5. Il vostro interessante Simposio si conclude quest'oggi, un giorno ricco di significato, in cui si celebra la Giornata Mondiale di lotta all'AIDS. In questa ricorrenza l'opinione pubblica è invitata a prendere consapevolezza delle cause e delle conseguenze di questa grave malattia.

Cari Fratelli e Sorelle malati di AIDS, non sentitevi soli! Il Papa vi è vicino con affetto e vi sostiene nel difficile vostro cammino. La Chiesa si affianca agli uomini della scienza, e incoraggia tutti coloro che si adoperano instancabilmente per guarire e sconfiggere questa grave forma di infermità. Sull'esempio di Cristo, essa considera l'assistenza a chi soffre una componente fondamentale della sua missione, e sente di essere interpellata in prima persona da questo nuovo ambito della sofferenza umana. Consapevole che ogni ammalato è "via particolare" per l'accoglienza della Parola, si china con amore su ogni fratello e sorella colpiti dal male.

Cari Operatori della Sanità e cari volontari! A voi è affidato il compito di far sentire a chi è nel dolore l'amore e la consolazione di Cristo. Attraverso di voi risuoni nel cuore di questi nostri fratelli e sorelle doloranti l'invito, pieno di amore, di Gesù: "Venite a me voi tutti che siete affaticati e oppressi, ed io vi ristorerò" (Mt 11,28).

Maria, la Vergine della Consolazione e della Misericordia, con la sua materna tenerezza vi accompagni e vi sostenga in ogni passo.

Con tali voti, imparto di cuore a ciascuno di voi, a quanti condividono il vostro lodevole impegno ed a coloro che servite e consolate nel nome di Cristo una speciale Benedizione Apostolica.


AI PARTECIPANTI ALL’INCONTRO INTERNAZIONALE


DELLA PASTORALE DEI NOMADI


433
Sabato, 1° dicembre 2001




1. Desidero ora salutare i Partecipanti all'Incontro Internazionale di Studio dei Direttori Nazionali ed Esperti della Pastorale dei Nomadi, promosso dal Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, presieduto dall'Arcivescovo Stephen Fumio Hamao, che ringrazio per le sue parole.

Carissimi Fratelli e Sorelle! Dai Paesi dell'Europa Occidentale e Orientale, nonché dagli Stati Uniti d'America, dal Messico e dall'India, siete convenuti in questi giorni a Roma per approfondire insieme scopi e metodi del vostro specifico apostolato.

Mi è caro ribadire, in questa circostanza, la costante attenzione che la Chiesa rivolge alla vita delle comunità dei Nomadi. Essi hanno trovato un posto "nel cuore della Chiesa", come amava dire il mio predecessore, il Servo di Dio Paolo VI, e i lavori di questo vostro incontro internazionale ne sono un'ulteriore e significativa conferma.

Occorre riscoprire i valori tipici dei Nomadi. Anche gli inizi d'Israele, come ricorda la Bibbia, furono caratterizzati dal nomadismo. I Nomadi sono poveri di sicurezze umane, costretti ogni giorno a fare i conti con la precarietà e l'incertezza del futuro. Proprio per questo approfondiscono il senso dell'ospitalità e della solidarietà e, contemporaneamente, si rafforzano nella fede e nella speranza nell'aiuto di Dio.

2. Nell'elaborare i principi e gli orientamenti della pastorale per i Nomadi occorrerà, pertanto, porre la dovuta attenzione a questi valori spirituali e culturali, offrendo loro un sostegno concreto per affrontare le complesse problematiche che accompagnano il loro cammino nelle varie parti del mondo. Penso, ad esempio, alla difficoltà di reciproca comprensione con l'ambiente circostante, alla carenza di strutture di accoglienza adeguate, all'istruzione, all'integrazione nel territorio. Solo un impegno pastorale attento e lungimirante può offrire un contributo determinante per dare soluzioni adeguate a tali problemi.

Carissimi Fratelli e Sorelle, grazie per il servizio che rendete alla comunità nomade! Nel vostro quotidiano apostolato vi accompagni l'esempio e l'intercessione del beato Ceferino Giménez Malla, detto "El-Pelé", che ho avuto la gioia di elevare agli onori degli altari nel 1997. Egli ci ricorda che sempre dobbiamo operare a favore della pacifica convivenza fra popoli diversi per origine etnica e cultura.

Con questi sentimenti, di cuore vi benedico insieme con le vostre Comunità di provenienza e tutti i Gruppi nomadi sparsi nel mondo.

MESSAGGIO DEL SANTO PADRE


AL VESCOVO DI FIESOLE


IN OCCASIONE DEL VII CENTENARIO


DELLA NASCITA DI SANT’ANDREA CORSINI




Al Venerato Fratello

LUCIANO GIOVANNETTI

Vescovo di Fiesole

1. Ho appreso con gioia che quest’anno nella Diocesi di Fiesole si celebra il VII° centenario della nascita di sant’Andrea Corsini, Vescovo dal 1349 al 1374. In tale felice occasione desidero unirmi all’intera Comunità diocesana, che rende grazie al Signore per i benefici di cui l’ha arricchita mediante la testimonianza e l’intercessione di questo suo insigne Compatrono. Mentre saluto con affetto Lei, venerato Fratello, e il popolo cristiano affidato alle Sue cure pastorali, vorrei cogliere l’occasione per porre in luce alcuni aspetti della poliedrica personalità di un così illustre figlio di codesta Regione.

434 Nel 1349, quando Andrea Corsini, allora Provinciale dell’Ordine dei Carmelitani in Toscana, fu nominato Vescovo di Fiesole, la fama della sua carità e della sua pietà già travalicava il territorio di Firenze, dove era nato il 30 novembre 1301, da una delle più insigni famiglie e dove, a 15 anni, aveva vestito l’abito religioso nel Convento del Carmine. Diventato presbitero, nei numerosi ed importanti incarichi ricoperti si distinse per il fervore con cui viveva l’ideale carmelitano e per l’impegno profuso nella formazione dei Confratelli. L’amore di Dio e del prossimo, da lui costantemente posto al centro dalla vita, rifulsero di particolare splendore in occasione della terribile peste di Firenze del 1348, quando, insieme con i suoi frati, si pose con eroica dedizione al servizio degli appestati.

2. Nella Bolla di nomina alla sede di Fiesole, pubblicata in Avignone il 13 ottobre 1349, il mio venerato predecessore Clemente VI sottolineava "lo zelo per la religione, la cultura e la purezza della vita e dei costumi, l’abilità nel governare le anime" e "la circospezione nelle cose temporali e gli altri meriti di molte virtù" dell’Eletto. Questi, per parte sua, confermò subito tali favorevoli apprezzamenti accettando l’incarico con spirito di fede e ponendo la sua missione nelle mani della Madre di Dio, da lui teneramente amata.

Gli anni che seguirono recarono nuove prove delle singolari virtù del Presule. Egli scelse di vivere a Fiesole, rinunciando al comodo palazzo fiorentino, sede dei suoi predecessori a partire dal 1225, e manifestò singolare zelo nella predicazione, nell’assiduità alla preghiera, nell’austerità della vita, nella visita alle parrocchie, nell’abolizione degli abusi e nella difesa della libertà della Chiesa contro soprusi e indebite ingerenze, come pure nell’accogliere con carità gli umili e i diseredati che bussavano alla porta della sua casa.

3. Speciale cura sant’Andrea Corsini dedicò ai suoi preti, ai quali chiedeva di vivere in modo conforme alla santità ed alla responsabilità del loro stato. A tale scopo, fondò una Confraternita intitolata alla santissima Trinità e, anticipando i decreti del Concilio Tridentino, emanò precise norme circa il reclutamento e la preparazione culturale e spirituale dei candidati al presbiterato.

Fu chiamato a ricoprire numerosi ed importanti uffici al servizio della Sede Apostolica. In occasione della legazione a Bologna del 1368, egli ebbe a rivelarsi uomo di pace, capace di comporre le discordie, dirimere le contese e placare gli animi esacerbati dall’odio. Doti che gli furono ampiamente riconosciute e fecero di lui un apprezzato servitore della Chiesa, animato da profonda spiritualità.

La costante unione con Dio, tratto dominante della sua esistenza, non impedì a sant’Andrea Corsini di dedicarsi con diligenza all’amministrazione dei beni ecclesiastici. Questo gli permise di profondere ingenti somme nella costruzione e nel restauro di monasteri, chiese e cappelle e soprattutto della cattedrale e dell’episcopio, da secoli in stato di squallore.

Il santo Vescovo morì la sera dell’Epifania del 1374. I suoi resti, tumulati nella cattedrale di Fiesole, furono successivamente, trasferiti nella Basilica fiorentina del Carmine. Lì la famiglia Corsini fece erigere nel 1386 una splendida cappella, non inferiore a quella che nel 1734 gli sarebbe stata dedicata da Clemente XII, del suo stesso casato, nella Basilica di san Giovanni in Laterano.

La fama di santità che ne circondò la vita, dopo la sua morte si diffuse rapidamente in Italia ed in Europa. Il culto popolare, sviluppatosi sin dai primi anni del 1400, attraverso i conventi carmelitani, ebbe autorevole conferma dal papa Eugenio IV, il quale lo proclamò beato e dal pontefice fiorentino Urbano VIII, che lo dichiarò Santo il 22 aprile 1629.

4. A partire da questo 30 novembre 2001 le sue spoglie mortali sosteranno nella cattedrale di Fiesole per alcuni giorni. Possa questo "pellegrinaggio", con cui si aprono le celebrazioni centenarie della sua nascita, offrire all’intera Comunità diocesana l’opportunità di incontrarsi con questo grande Santo per riscoprire la propria vocazione e annunciare ai fratelli con nuovo ardore la buona notizia che "Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna" (
Jn 3,16).

Sostenuta ed incoraggiata dagli esempi e dagli insegnamenti dell’antico Pastore, codesta Comunità, scorgendo nei segni della santità di sant’Andrea Corsini preziose indicazioni per il presente, è chiamata ad un rinnovato slancio apostolico e a un più intenso fervore spirituale, come è stato sottolineato anche nel recente Sinodo Diocesano.

Guardando all’ardente zelo che spinse sant’Andrea Corsini a consacrarsi alla crescita umana e spirituale del Popolo di Dio, essa è invitata a ripensare, alla luce della centralità del Mistero eucaristico, l’importanza dei ministeri ordinati per una feconda vita liturgica e un incisivo annuncio della Parola di Dio, come pure a porre in luce altre forme di servizio, che ne esprimono la presenza sul territorio, l’attenzione verso le sfide emergenti e la sollecitudine per i lontani ed i poveri.

435 5. Seguendo gli esempi dell’antico Pastore, la Diocesi fiesolana continuerà a privilegiare la formazione del Clero e porrà ogni cura perché il Seminario diocesano sia sempre più adeguato alla preparazione dei candidati al sacerdozio, nel contesto di un’ampia e articolata pastorale vocazionale, aspetto irrinunciabile di ogni autentica programmazione ecclesiale.

Come non vedere, poi, nell’azione paziente e generosa di sant’Andrea Corsini per la ricomposizione delle contese, un incoraggiamento a fare della ricerca della concordia e della giustizia, come della promozione del dialogo tra culture diverse, un distintivo costante della vita cristiana?

E che dire della sollecitazione ad amministrare con saggezza i beni terreni, e in particolare quelli della Chiesa, come occasione per sovvenire alle necessità pastorali e per provvedere ai bisogni dei poveri, che accompagneranno sempre la vita della Comunità dei discepoli del Signore (cfr
Jn 12,8)?

6. Tutta la vita di sant’Andrea Corsini testimonia che il mutato rapporto tra Chiesa e società, lungi dall'estraniare il credente dalle vicende del mondo, lo spinge ad un coraggioso annuncio di Gesù Cristo per animare in senso cristiano la convivenza civile.

Le celebrazioni giubilari della nascita del figlio della nobile famiglia Corsini, che si fece povero per amore di Cristo e, come Vescovo di Fiesole, si adoperò a plasmare i cuori dei suoi contemporanei agli ideali evangelici, siano stimolo per i fedeli di codesta Diocesi a rendersi strumenti attivi e consapevoli di progresso religioso e civile nella loro Terra.

Con tali auspici, affido Lei, venerato Fratello, e l’intera Comunità diocesana alla celeste protezione di sant’Andrea Corsini e di cuore imparto a tutti una speciale Benedizione Apostolica.

Dal Vaticano, 30 novembre 2001.


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